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Anno 108 - n. 7-8 - Luglio/Agosto 2017 7-8 - Luglio Agosto 7-8 - Luglio Agosto La Rivista Anno 108 - n.7-8 - Luglio/Agosto 2017 Si chiama Compass È il nuovo SUV compatto di Jeep Accelera l' export made in Italy: +4% nei prossimi quattro anni

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EditoreCamera di CommercioItaliana per la Svizzera

Direttore - GIANGI CRETTI

CollaboratoriC. BIANCHI PORRO, G. CANTONI, M. CARACCIOLO DI BRIENZA, V. CESARI LUSSO, M. CIPOLLONE, P. COMUZZI, D. COSENTINO, A. CROSTI, L. D’ALESSANDRO, F. DOZIO, M. FORMENTI, F. FRANCESCHINI, P. FUSO, T. GAUDIMONTE, R. GEISER, T. GATANI, G. GUERRA, M. LENTO, R. LETTIERI, F. MACRÌ, G. MERZ, A. ORSI, V. PANSA, C. RINALDI, G. SORGE, N. TANZI, I. WEDEL

La RivistaRedazione e Pubblicità Vittorio BIANCHI, Andrea LOTTI Seestrasse 123 - Cas. post. 1836 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 289 23 19 Fax ++41(0)44 201 53 57 e-mail: [email protected], [email protected] www.ccis.ch

Abbonamento annuoFr. 60.- Estero: 50 euroGratuito per i soci CCISLe opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte.Periodico iscritto all’USPI(Unione Stampa Periodica Italiana). Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all’Estero)Appare 11 volte l’anno.

Progetto graficoCMSGRAPHICS83048 – Montella (Av) – [email protected] De StefanoEmanuela BurliGianni Capone

Stampa e confezioneNastro & Nastro srl21010 Germignaga (Va) - ItalyTel. +39 0332 531463Fax +39 0332 510715www.nastroenastro.it

Le previsioni, va da sé autorevoli, sono rosee. A quelle, con legittima speranza, ci affidiamo. Raccontano di un export, rigorosamen-te targato Made in Italy, proiettato in crescita del 4% annuo a valere per il prossimo quadriennio. Chimica, mezzi di trasporto e agro-alimentare tra i settori più dinamici; segnalato in aumento, seppur con le dovute cautele viste le avversità con-giunturali degli ultimi tempi, anche quello della meccanica strumentale, che resta il primo settore per valore di esportazioni. Uno scenario che può apparire sor-prendente, ma sul quale osservatori ed operatori concordano: nonostante gli allarmi circa le limitazioni al commercio e la persistente incertezza, le opportu-nità offerte dall’interscambio globale non sono affatto destinate a perdere d’attualità. Condizione necessaria, per cogliere al meglio il potenziale che si profila all’o-rizzonte: le imprese (ma, forse, anche il governo) devono dotarsi di una chiara strategia sulle destinazioni da privile-giare e di adeguati strumenti per valu-tare rischi e opportunità. Sbaglia, sostengono gli esperti, chi, vagheggiando un ritorno a forme di protezionismo, demonizza la globaliz-zazione. Se ne faccia una ragione: non ci stiamo avviando verso la sua fine, ma piuttosto verso una sua nuova fase. Ancora più interconnessa, in cui alcuni mercati si chiudono ma molti altri si aprono, spostando il baricentro della competizione globale dai singoli Stati ad aree più estese, che gli addetti ai lavori chiamano Global Value Chain. Una fase in cui, accanto all’interscam-bio di merci, anche quello di servizi, progetti e idee assumerà un ruolo sempre più preponderante, e l’export si riconfermerà un fattore imprescindi-bile di crescita per l’Italia. Al contempo, gli stessi analisti avver-tono: almeno per l’anno in corso, tut-tavia, il rallentamento degli scambi e le spinte protezionistiche saranno temi attuali per quasi tutti i settori indu-striali a livello internazionale, a fronte dei quali le imprese dovranno diven-tare più attente e selettive nella scelta delle destinazioni per l’export e gli in-vestimenti, includendo i rischi politici e normativi come elementi primari dei propri piani strategici. Dentro questo quadro, ulteriore testi-monianza di quanto sia grande la do-

manda d’Italia in giro per il mondo, si colloca il fenomeno del cosiddetto Ita-lian sounding. Da solo vale circa 60 mi-liardi l’anno: di prodotti contraffatti e falsamente italiani, naturalmente a sca-pito di quelli autenticamente nostrani. È fra le più subdole forme di comu-nicazione ingannevole per il consu-matore e di concorrenza sleale non facilmente contrastabile. Sfrutta una falsa evocazione di italianità: basta un richiamo nel nome (o un elemento grafico nella confezione: monumento o bandiera) per far diventare tricolore ciò che non lo è. Il falso Made in Italy a tavola colpisce in misura diversa tutti i prodotti: dai sa-lumi alle conserve, dal vino ai formag-gi, ma anche olio extravergine, sughi o pasta e riguarda tutti i continenti. Con una particolarità: a differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi a partire proprio dagli Stati Uniti e dall’Australia. A questo stato di cose se ne aggiunge un altro, per certi versi altrettanto insi-dioso ed inquietante: quello dell’italian sounding di matrice italiana, che im-porta materia prima (latte, carni, olio) dai paesi più svariati, la trasforma e ne ricava prodotti che successivamente vende come italiani senza lasciare trac-cia, innescando un meccanismo di du-mping che danneggia e incrina il vero Made in Italy. Nella consapevolezza che il futuro (an-che quello tratteggiato di rosa) riserva sfide difficili: dalle crisi economiche ai mutamenti climatici, dai conflitti ai flussi migratori, l’Italia si deve attrez-zare per affrontarle con le sue speci-fiche debolezze e i suoi mali antichi: non solo il debito pubblico, ma la di-seguaglianza nella distribuzione della ricchezza, la mancanza di lavoro, il peso delle mafie e della corruzione, una burocrazia spesso soffocante, il Sud che perde contatto. A maggior ragione fondamentale, par-tire dai suoi punti di forza. Un’Italia competitiva sorretta da un’im-prenditoria responsabile, che può dare risposte in sintonia con le domande dei consumatori globali del XXI secolo, de-clinando equità, sostenibilità, bellezza.

EDITORIALE

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Sommario

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19PRIMO PIANO

INCONTRI

CULTURA

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19

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Accelera l’export italiano: +4% nei prossimi quattro anni, € 490 miliardi nel 2020

Viva Arte Viva A Venezia fino al 26 novembre

Si chiama CompassLa nuova Jeep disponibile in Svizzera dall’8 luglio

Tutto è fatto per il futuroIncontro con Paolo Barilla

Sostenibilità come nuova opportunità di business

Siamo vittime del pregiudizio maschilistaDonne in carriera: Barbara Bonansea

La Svizzera centro di qualificate attività culturali e artisticheDalla Svizzera degli Stati a quella federale

Le afflizioni del leone di Lucerna

Le forme in nero di Ivo Soldini alla Pinacoteca Comunale di Casa Rusca

Immagini ataviche di un mondo naturale“Fra le mani delle Janas” è il titolo della singolare mostra personale di Renzo Ugas

Carlo Mattioli in mostraFino al 24 settembre al Labirinto della Masone di Fontanellato (Parma)

Nastassja Kinski ospite d’onore a Locarno

Il cinema italiano a Locarno70

Il coraggio e l’incoscienza della sperimentazioneExperimental Film Festival – Videoexa

Approvata una risoluzione volta a contrastare l’iniziativa No-BillagA Lugano l’assemblea della CORSI

Eleganza, musica e tradizione al Basel TattooDal 21 al 29 luglio nello spazio della caserma della città sul Reno

Editoriale

Sommario

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Sommario

IL MONDO IN CAMERA

Le Rubriche

In copertina : La nuova nata in casa Jeep

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77

DOLCE VITA

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Taste of Italy: il vino italiano in degustazione a Lugano

Cocktails Geschichte - Barkultur - Rezepte

Whisky Geschichte, Herstellung, Marken

Osterie d’ Italia 2017/18

Sizilien Genießen wie auf Italiens sonnigster Insel

Contatti Commerciali

Benvenuto ai nuovi soci

Servizi Camerali

In arrivo la DOCG per i vini del CollioL’annuncio in occasione dell’anteprima dei vini del Collio

Cronaca di un WineTour nel Sannio dove si coltivano emozioni

Anteprima del Brunello di Montalcino 2017

Aperto un nuovo ristorante-pizzeria Molino nel cuore di Zurigo

I Sapori Anticiclonici Sono i piatti freddi, i migliori amici dell’estate in cucina

Nuova Fiat 500L – la prova Più crossover e ancor più tecnologicae connessa

WAVE Trophy 2017 Le nuove automobili elettriche sconfiggono l’ansia d’autonomia e divertono molto

Abarth Rivale 695 - eleganza nautica

Iveco Defence Vehicles per l’esercito svizzero Consegnate le prime 400 unità di autocarri Euro 6

Angolo legale Svizzera35

7 In breve

Di lavoro e dintorni

Burocratiche

Cultura d’impresa

Internazionali

Europee

Elvetiche

Italiche

77

73

70

61

57

55

39

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36

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Convenzioni Internazionali

L’elefante invisibile

Scaffale

Sequenze

Benchmark

Diapason

Convivio

La dieta rivista

MotoriAngolo Fiscale

32

30

27

15

13

11

9

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6 - La Rivista luglio - agosto 2017

In Breve

aumento, il primo dal 2012 dopo anni di stagnazione”. La Lombardia, spiega Baumann, “ha un ruolo centrale nello scambio transfron-taliero: da sé rappresenta un terzo, il 33%, del commercio bilaterale Italia e Svizzera”. Tanto che “secondo dati Istat (Istituto nazionale di statistica, ndr), le esportazioni di merci dalla Lombardia verso la Svizzera, lo scorso anno, sono state quasi il doppio di quelle verso la Cina: 6,4 miliardi di euro contro 3,4 mi-liardi”. Lo stesso vale “per i servizi alle imprese, la Svizzera rappresenta il primo mercato, con un volume doppio rispetto alle esportazioni verso la Germania, 2,4 mld di euro l’anno”. Quanto ai traspor-ti, la “solidità del rapporto transfronta-liero” tra Italia e Svizzera è andata ul-teriormente a rafforzarsi con l’entrata in esercizio della galleria ferroviaria di base del San Gottardo. Tappa fondamentale che vedrà il suo compimento con l’apertura della gal-leria del Monteceneri entro la fine del 2020, quando Milano e Zurigo saranno raggiungibili in meno di tre ore.

Il nuovo direttore del Museo d’arte della Svizzera italiana è Tobia Bezzola. Attual-mente alla direzione del Folkwang Museum di Essen, Bezzola entrerà in carica il 1. gen-

punti di confine. La comunità di lavoro Regio Insubrica, cos-tituita nel 1995, è attualmente composta dal Canton Ticino e dalle Regioni italiane Piemonte e Lombardia. Il suo scopo è di promuovere la cooperazione transfrontaliera nella regione italo-svizzera dei laghi Prealpi-ni e di favorire la presa di coscienza dell’ap-partenenza a una dimensione comune a livello di geografia, storia, cultura e lingua.

I rapporti bilaterali tra la Regione italia-na e la Confederazione sono in crescita: nel 2016 scambio delle merci per 20 mi-liardi di euro “I rapporti bilaterali tra la Lombardia e la Svizzera sono molto intensi e in cre-scita. Basti pensare che lo scambio delle merci, lo scorso anno, ammontava a cir-ca 20 miliardi di euro, pari al 65% degli scambi totali tra Italia e Svizzera, di ol-tre 30 miliardi”. Con queste parale Félix Baumann, con-sole generale di Svizzera a Milano ha aperto il suo intervento o alla presenta-zione del seminario sulla cooperazione transfrontaliera organizzato dalla com-missione Coter del Comitato europeo delle Regioni e dal Consiglio regionale della Lombardia, in programma doma-ni a Varese, sottolinea: “Lo scorso anno il commercio bilaterale ha segnato un

In accordo con le regioni Lombardia e Piemonte, il Consiglio di Stato ha designato Francesco Quattrini – attuale Delegato per le relazioni esterne del Canton Ticino – quale nuovo segretario della Comunità di lavoro Regio Insubrica. L’entrata in funzione definita lo scorso 1. giugno, è stata formalizzata con il passaggio del testimone dall’attuale seg-retario Giampiero Gianella durante l’Assem-blea generale dello scorso 23 giugno. Nella stessa occasione la presidenza è pas-sata dalla Regione Lombardia alla Regione Piemonte Con questa nomina, il Consiglio di Stato ha confermato la propria volontà di rafforzare le relazioni transfrontaliere. L’assunzione da parte di Francesco Quattrini del ruolo di seg-retario della Regio Insubrica è inoltre coer-ente con la nuova impostazione adottata per la figura del Delegato alle relazioni esterne, incaricato di curare tanto i rapporti confed-erali quanto gli interessi del Cantone sulla scena transfrontaliera e internazionale. Negli scorsi mesi, la Regio Insubrica ha di-mostrato a più riprese le sue potenzialità quale spazio privilegiato di discussione e concertazione su temi transfrontalieri, fra i quali l’albo delle imprese artigianali in-trodotto nel Canton Ticino, la gestione dei materiali inerti, l’inquinamento lacustre e la collaborazione in ambito di sicurezza dei

Francesco Quattrini nuovo segretario della Comunità di lavoro Regio Insubrica

Lombardia-Svizzera: cresce l’interscambio commerciale

Tobia Bezzola è il nuovo direttore del MASI

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naio 2018, succedendo a Marco Franciolli che a fine 2016 aveva annunciato la sua volontà di dare avvio al processo per la sua successione. Il Consi-glio di Fondazione del Museo d’arte della Svizzera italiana lo ha nominato all’unanimità su indica-zione della Commissione scientifica del museo, la quale ha condotto il processo di selezione. Tobia Bezzola, nato nel 1961 a Berna, è cit-tadino svizzero con origini ticinesi. Dal 2013 dirige il Folkwang Museum di Essen, uno dei più importanti musei d’arte in Germania e a livello europeo. Lungo la sua carriera ha ricoperto incarichi prestigiosi come il ruolo di assistente di Harald Szeeman (1992-1995) e, per oltre quindici

anni, quello di curatore e poi di responsabile dei progetti espositivi, delle collezioni Nuovi Media e Fotografia al Kunsthaus di Zurigo. Du-rante il periodo zurighese, ha curato e co-cu-rato una trentina di esposizioni tra le quali si annoverano mostre su Paul Gaugin, Pablo Pi-casso, Max Beckmann, Alberto Giacometti, Jo-seph Beuys, Christian Marclay, Thomas Struth, progetti espositivi tematici e collaborazioni con altre autorevoli realtà come il MoMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi, la National Gallery di Londra e il Reina Sofia di Madrid. Il concorso per il nuovo direttore del MASI ha at-tratto un’ottantina di candidature, delle quali oltre il 70% provenienti da fuori i confini nazionali, a conferma dell’interesse crescente presso la co-munità scientifica museale dell’istituto luganese.

Nel corso degli ultimi anni ha maturato una vasta esperienza nel settore automobilistico

ed in particolare nel mercato svizzero, dove ha sviluppato molteplici competenze in diverse posizioni in ambito Finance & Con-trolling, recentemente è stato Country Head of Finance & Controlling di PSA Peugeot Ci-troen in Svizzera. Klarin-Smiljanic ha un master in Business Administration (Università di Lugano) e Ma-ster of Science in Corporate Finance (Univer-sità di Liverpool, UK). Il suo predecessore, Gregorio Cozzo, intra-prenderà un’altra sfida professionale sempre all’ interno del gruppo in un altro mercato.

Slaven Klarin-Smiljanic è il nuovo CFO di Fiat Chrysler Automobiles Switzerland

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CENA IN FAMIGLIA?

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È ben vero che questo è il terzo anno di moderata ripresa, grazie agli sforzi intrapresi dalla politica delle riforme, da quella monetaria accomodante della BCE e in virtù de bassi prezzi dell’energia. La disoccupazione è pure in calo ma resta a livelli elevati. Allo stesso modo, dimi-nuiscono le sofferenze nelle banche, ma i tempi di risoluzione delle crisi restano troppo lunghi e così si diffonde nel sistema la sensazione di una fragilità strutturale del credito. Secondo la grande istituzione mondiale, l’Italia ha un sistema bancario ancor troppo frammen-tato che deve aumentare in efficienza e solidità. Ci si attende, per esempio, che dall’universo delle 300 banche cooperative emergano, per la fine del 2008, almeno tre nuovi gruppi bancari che li consolidino in un nucleo di robusta Governance, con una visione redditizia sul lungo termine. Insomma, un buon cammino è stato fatto, ma i rischi al ribasso del sistema restano significativi e risultano legati alle fragilità finanziarie, alle perduranti incertezze politiche e ad una possibile frenata del programma governativo di riforme. L’elevato debito pubblico in Italia è stato stabilizzato, ma permane ad un livello ancora elevato. Di conseguenza a fronte di ogni pericolo incombente di choc, permane il rischio di dover ef-fettuare correzioni di bilancio in tempi meno propizi. L’incertezza sulle negoziazioni post Brexit potrebbe ad esempio complicare il cammino di riforme in Europa e mentre altri Paesi dell’UE hanno ritrovato la crescita e i livelli di reddito pre-crisi, ciò per l’Italia potrebbe richiedere an-cora alcuni anni. In un contesto economico e politico complesso, le autorità di Governo, avverte l’FMI, hanno avanzato importanti iniziative di riforma che son riuscite a confermare la ripresa arrestando squilibri destabilizzanti. Ma ora sono necessarie ulteriori misure per ridurre le lacune della com-petitività coi partner dell’area dell’euro, riducendo i divari e aumentando i redditi, specie a fa-vore dei cittadini meno favoriti. Il contesto attuale di recupero ciclico e di supporto monetario offre dunque una finestra favorevole per spingere urgentemente le riforme. Un aggiustamento graduale, come annunciato nei piani pluriennali di bilancio del Governo in aprile e che mira ad un disavanzo globale dell’1,2% del PIL nel 2018 e un bilancio sostanzialmente equilibrato entro il 2019, è atto a garantire che il debito sia in una traiettoria decisamente in declino. Successivamente, un piccolo surplus strutturale di circa lo 0,5% del PIL fornirà un’assicura-zione preziosa per un declino dello stock di debito. La massima priorità dovrà dunque essere indirizzata verso misure permanenti e favorevoli alla crescita per sostenere il consolidamento. Nonostante gli sforzi degli ultimi anni, sono necessari ulteriori passi per ridurre la spesa corren-te. Ciò include la piena attuazione della riforma degli appalti e il miglioramento dell’efficienza della spesa sanitaria. L’Italia ha fatto ben più della maggior parte dei Paesi UE per ancorare il suo sistema pensionistico su basi stabili. Tuttavia, occorre considerare come la riduzione degli alti livelli di spesa avverrà nel medio periodo e dunque è opportuno risolvere le pressioni fi-scali che persistono prima che i risparmi derivanti dalle riforme si concretizzino. Eccessi legati a benefici generosi persistono nel sistema pensionistico che deve essere razionalizzato. Se necessario, i parametri della pensione potrebbero esser riesaminati e adeguati. D’altra parte, conclude l’FMI, la quota dei trasferimenti a quelli con redditi inferiori resta ancor oggi la più bassa in Eurolandia.

Quest’anno la crescita dell’Italia, afferma, dopo la

sua ultima missio-ne nella Penisola, il Fondo Moneta-rio Internazionale (FMI), si attesterà all’1,3%. E tutta-via è opportuno

non esultare per-ché non prosegui-ranno all’infinito

condizioni così favorevoli sotto il punto di vista

monetario, fiscale e commerciale come quelle in

uso quest’anno. Se infatti qualcosa dovesse mutare, la

crescita potrebbe rallentare attorno all’1% nel triennio

2018-2020.

Ridurre i divari aumentare i redditi

di Corrado Bianchi PorroItaliche

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 11

Chi ha la fortuna, durante la settimana, di passeggiare nei quartieri residenziali, fra casette e villette, villone e residence più o meno di lusso, è inevitabilmente accompagnato da un sot-tofondo sonoro. No, non si tratta di musica, né di canti, molto più semplicemente e prosaica-mente, trattasi di rumori molesti. Giardinieri professionisti (niente contro l’onorata categoria!), amanti del pollice verde, oppure semplici casalinghe/i che accudiscono prati, siepi, aiuole, sentieri e vialetti. I mezzi del mestiere sono soprattutto tre: tosaerba, zacky boy e soffiatori. Tutti accomunati da una caratteristica: fanno rumore, molto rumore. La pubblicità di un efficacissimo soffiatore, per esempio, recita che “con i potenti apparecchi S. per la pulizia il faticoso lavoro con scopa e pala appartiene al passato”. La falce e il rastrello sono stati sostituiti dallo zacky boy (e non jackyboy!), il decespugliatore, mosso da motore a due tempi che fa concorrenza al frastuono degli elicotteri: è un attrezzo che si presta per interventi accaniti contro erbe, cespugli e bordi vegetali. In ogni caso, per disciplinare e arginare il rumore, considerato un vero e proprio inquinamen-to ambientale, ci sono leggi e ordinanze. L’ordinanza federale sull’inquinamento fonico che intende proteggere i cittadini dai “rumori dannosi e molesti” risale al 1986 e non fissa limiti particolari per quanto riguarda gli attrezzi di giardinaggio. Si accontenta di indicare che le emissioni devono essere limitate nella “maggior misura possibile dal punto di vista tecnico” e “in modo che il benessere fisico della popolazione colpita non sia sensibilmente disturbato”. Inoltre l’autorità “ordina provvedimenti che assicurano una manutenzione a regola d’arte”. Certo, bisogna ammettere che il baccano è una sensazione anche soggettiva. C’è chi abita in palazzi che danno su strade di grande traffico e non se ne accorge. Ma c’è anche chi non sopporta un brusio, causato da una pompa del riscaldamento, e perde il sonno e si ammala. Per sensibilizzare sull’inquinamento fonico si tiene ogni anno, a fine aprile, la “Giornata contro il rumore”. Quest’anno ha avuto come slogan “La quiete stimola”, ed era dedicata all’atten-zione da prestare nei confronti dei bambini. “Il rumore disturba e può far ammalare le perso-ne, anche i bambini. - si legge nella presentazione della giornata - Il chiasso può influenzare negativamente il loro sviluppo e il rendimento scolastico. La tranquillità, per contro, favorisce il benessere, la salute e l’apprendimento”. Si sottolinea inoltre che qualsiasi fenomeno acustico crea forti emozioni. La musica induce sensazioni positive, i rumori metallici creano “nervosi-smo, spesso ansia e paura”. L’autorità interviene per disciplinare, fissando dei valori limite, soprattutto i rumori più impor-tanti e inquinanti: l’autostrada e le strade, la ferrovia, i campi di aviazione, i poligoni di tiro e gli impianti delle industrie e delle arti e mestieri. Per gli apparecchi e le macchine mobili, come detto, ci si affida al buon senso. Anche in mon-tagna, le scene bucoliche di contadini muniti di falce e di ragazzi e ragazze intenti a rastrellare il fieno diffondendo un sussurro sui prati appartengono al passato. Falce e rastrello sono stati messi in soffitta, o nella stalla, sostituiti da tosaerba performanti e soffiatori possenti. Che fare, per contrastare queste diavolerie della tecnica moderna? In diverse ordinanze co-munali in tema di protezione contro l’inquinamento fonico si sottolinea che: “Le macchine agricole e da giardino (tagliaerba, soffiatrici, nebulizzatori, macchine per il taglio della legna, ecc.) sono ammesse solo se munite di silenziatori efficaci”. D’accordo, ma si controlla se i silenziatori ci sono e, se è il caso, sono efficaci?

Falce e rastrello

di Fabio DozioElvetiche

Secondo l’Ufficio federale dell’am-

biente, in Svizzera, più di un milione di persone vive in

aree in cui il rumo-re ambientale è

superiore ai valori massimi vigenti. Si tratta soprattutto

di rumore stradale, ma non solo.

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 13

In un clima completamente mutato rispetto a quello in cui si era svolto il referendum sull’uscita o meno del Regno Unito dall’Unione Europea, la spinta nazionalistica si è notevolmente attuti-ta, lasciando emergere le contraddizioni di un voto che aveva ragioni sociali ben più complesse e che disegnano ora un Paese diviso e un governo conservatore estremamente indebolito, tanto da minacciare la permanenza stessa della May alla carica di primo ministro. Di certo, poi, la spinta all’isolamento, favorita dal risultato del referendum, non giova e non gioverà nella lotta alla minaccia terroristica, riesplosa in questi ultimi mesi e che mette in luce anch’essa un serio problema di coesione della società britannica. Dopo il voto dell’8 giugno, dunque, non ci è possibile dire cosa sarà della “hard Brexit”, né tantomeno l’avvio ufficiale dei negoziati a Bruxelles ha fatto luce sulla questione, se non certificando che si tratta di un percorso in sal-ita, come ben dimostrano i regali (un bastone da montagna e un libro sulla cima himalayana dell’Annapurna) che si sono scambiati in questa occasione Michel Barnier, negoziatore capo dell’Ue, e David Davis, ministro britannico per la Brexit.Il primo, nella conferenza stampa a palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea, ha specificato come non ci si possa definire “ottimisti né pessimisti”, ma “determinati” sul per-corso che porterà all’uscita dal Regno Unito dall’Unione, e come il Paese non potrà comunque continuare a godere degli stessi benefici accordati allo status dei membri. Il conto per Londra si preannuncia salato, e quantificato tra i 60 e i 100 miliardi di euro da versare alla casse dell’Uni-one. La prima questione sul tavolo è quella dei cittadini europei che risiedono in Gran Bretagna e di quelli inglesi residenti nel continente, perché possano continuare a godere entrambi degli stessi diritti e doveri fino ad ora maturati. Molto dipenderà da cosa si deciderà di fare in merito ai tre pilastri sui cui si fonda l’Europa unita: libera circolazione di persone, beni e capitali. Ma Davis ha già avvertito che “lasceremo sia il mercato unico che l’unione doganale”, prefiguran-do la sua preferenza per un’uscita netta ed è nota l’avversione della May per l’immigrazione (nel corso della conferenza annuale del partito conservatore, cui appartiene, ha precisato di ritenere i “cittadini del mondo” in realtà “cittadini del nulla”).L’alternativa alla hard Brexit potrebbe essere invece la negoziazione di un patto con quello in essere con la Norvegia, l’Islanda e il Liechtenstein, l’ingresso cioè in un’Area economica eu-ropea, che impone obblighi e spese in cambio dei benefici commerciali derivanti dal mercato unico. In questo modo, guardando alla libertà di circolazione delle persone come condizione di reciprocità a fronte di un’analoga possibilità concessa ai cittadini britannici, l’esecutivo potreb-be venire incontro alla fascia di popolazione più giovane e convintamente europeista.Superare le incertezze della Brexit gioverebbe anche ai mercati e alla tenuta della ripresa eco-nomica, specie a fronte di un incremento del protezionismo sul versante americano. E dell’im-portanza di mantenere buoni rapporti con Londra ha parlato anche la cancelliera tedesca Angela Merkel che, proprio in questi giorni, apre alle proposte del nuovo presidente francese Emmanuel Macron sull’Unione – un ministro delle Finanze e un bilancio dell’Eurozona. La vittoria schiacciante del suo partito En Marche alle elezioni legislative alimenta la speranza in un futuro diverso anche per l’Unione, ma non vanno sottovalutati i livelli record raggiunti dall’astensione (oltre il 55% degli aventi diritto non si è recato alle urne).

Negoziato in salita per la Brexit

di Viviana PansaEuropee

Si sono rivelate un fallimento per la premier inglese Theresa May le

elezioni anticipate indette nella prima

metà dello scorso mese di giugno

per rafforzare la maggioranza di governo in vista dell’avvio delle trattative sulla

Brexit.

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VIA NASSA 5 - 6900 LUGANOTEL: 0041 91 910 27 50

[email protected]

IN PARTNERSHIP CON:

Il Gruppo SEAL opera a Lugano dal 2005 ed offre servizi inte-

grati sia a privati che ad imprese, attraverso le seguenti società:

–SEAL Consulting SA, attiva nella consulenza fiscale / societa-

ria / contabile, sia domestica che internazionale, oltre che nel

"Cor po rate Services Manage ment" (costituzione di società,

governance, regulatory and tax reporting).

–SDB Financial Solutions SA, gestore patrimoniale indipen-

dente Svizzero che fornisce servizi di Multi-Family Office in

completa "open architecture" (strutturazione di prodotti tai-

lor made di ogni natura, asset consolidation, risk monitoring).

Collabora sulla piazza con le più importanti istituzioni banca-

rie locali ed internazionali ed è autorizzata FINMA alla distri-

buzione di fondi di investimento.

–Interacta Advisory SA, una so cietà di consulenza di diritto

svizzero che opera in ambito tributario domestico ed inter-

nazionale con servizi di compliance fiscale dedicati alle perso-

ne fisiche e alle società. In particolare nella sfera della consu-

lenza privata può assistere i propri clienti nella corretta orga-

nizzazione del patrimonio fa miliare attraverso istituti giuridi-

ci dedicati per scopo e tipologia d’investimento.

Oltre che a Lugano, il Gruppo SEAL opera con proprie strut-

ture a Zurigo, Singa pore e Dubai. Tramite partnerships, il

Grup po opera anche a Malta, Nuova Zelanda, Lussemburgo,

Italia e Spa gna.

ITALIA - Imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’esteroIl nuovo articolo 24-bis nel Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cuial D.P.R. n. 917 del 1986 consente alle persone fisiche che trasferiscono la resi-denza fiscale in Italia di optare per l’applicazione di una imposta sostitutiva suiredditi prodotti all’estero.Destinatari della norma sono le persone fisiche che:- trasferiscono la residenza fiscale in Italia (i.e. che per la maggior parte del

periodo di imposta sono iscritte nell’anagrafe della popolazione residente ohanno in Italia la residenza o il domicilio ai sensi del codice civile), e

- non sono state residenti in Italia in almeno nove dei dieci periodi d’impostache precedono l’inizio del periodo di validità dell’opzione.

L’imposta sostitutiva si applica ai redditi prodotti all’estero, individuati ai sensidell’articolo 165, comma 2 del TUIR, norma che rinvia ai criteri di cui all’arti-colo 23 TUIR e viene calcolata in via forfettaria, a prescindere dall’importo deiredditi percepiti, nella misura di EUR 100'000. - per ciascun periodo d’imposta.L’imposta deve essere versata in un’unica soluzione entro la data prevista per ilversamento del saldo delle imposte sui redditi. L’imposta sostitutiva non si applica alle plusvalenze realizzate mediante cessionea titolo oneroso di partecipazioni qualificate (di cui all’articolo 67, comma 1, let-tera c) TUIR), realizzate nei primi cinque periodi d’imposta di validità dell’op-zione che rimangono soggette al regime ordinario di imposizione.Il beneficiario dell’opzione può:- chiedere che essa venga estesa, nel corso di tutto il periodo di validità, a uno o

più familiari individuati dall’articolo 433 del codice civile: ossia il coniuge, ifigli anche adottivi (in loro mancanza, i discendenti prossimi), i genitori (inloro mancanza, gli ascendenti prossimi) e gli adottanti, i generi e le nuore, ilsuocero e la suocera, i fratelli e le sorelle. In questo caso l’importo dell’impostasostitutiva è ridotto a EUR 25'000. - per ciascun periodo d’imposta per cia-scuno dei familiari.

- scegliere di non avvalersi dell’applicazione dell’imposta sostitutiva con riferi-mento ai redditi prodotti in uno o più Stati o territori esteri, dandone specificaindicazione in sede di esercizio dell’opzione, ovvero con successiva modificadella stessa. Soltanto in tal caso, per i redditi prodotti nei suddetti Stati o ter-ritori esteri espressamente indicati si applica il regime ordinario e compete ilcredito d’imposta per i redditi prodotti all’estero.

I soggetti che esercitano l’opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi esteri:- non sono tenuti agli obblighi di dichiarazione (QUADRO RW) di attività e

investimenti esteri (cui all’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167);- sono esenti dall’imposta sul valore degli immobili situati all’estero - IVIE e

dall’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei librettidi risparmio - IVAFE, rispettivamente previste dall’articolo 19, commi 13 e 18,del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201;

- non scontano l’imposta sulle successioni e donazioni limitatamente ai beni ediritti esistenti all’estero al momento della successione o della donazione.

Il nuovo regime si applica ai redditi relativi all’anno d’imposta 2017 (dunque apartire dagli adempimenti dichiarativi per l’anno successivo). I consulenti di SEAL Consulting SA sono a disposizione per assistere coloro iquali fossero interessati ad approfondire la nuova norma in parola.

NEWS LUGLIO/AGOSTO 2017

seal_AdV_1_210x297mm_luglio_agosto 2017.qxp_Annuario CVLL 23/06/17 10:05 Pagina 1

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 15

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periodo di imposta sono iscritte nell’anagrafe della popolazione residente ohanno in Italia la residenza o il domicilio ai sensi del codice civile), e

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più familiari individuati dall’articolo 433 del codice civile: ossia il coniuge, ifigli anche adottivi (in loro mancanza, i discendenti prossimi), i genitori (inloro mancanza, gli ascendenti prossimi) e gli adottanti, i generi e le nuore, ilsuocero e la suocera, i fratelli e le sorelle. In questo caso l’importo dell’impostasostitutiva è ridotto a EUR 25'000. - per ciascun periodo d’imposta per cia-scuno dei familiari.

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I soggetti che esercitano l’opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi esteri:- non sono tenuti agli obblighi di dichiarazione (QUADRO RW) di attività e

investimenti esteri (cui all’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167);- sono esenti dall’imposta sul valore degli immobili situati all’estero - IVIE e

dall’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei librettidi risparmio - IVAFE, rispettivamente previste dall’articolo 19, commi 13 e 18,del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201;

- non scontano l’imposta sulle successioni e donazioni limitatamente ai beni ediritti esistenti all’estero al momento della successione o della donazione.

Il nuovo regime si applica ai redditi relativi all’anno d’imposta 2017 (dunque apartire dagli adempimenti dichiarativi per l’anno successivo). I consulenti di SEAL Consulting SA sono a disposizione per assistere coloro iquali fossero interessati ad approfondire la nuova norma in parola.

NEWS LUGLIO/AGOSTO 2017

seal_AdV_1_210x297mm_luglio_agosto 2017.qxp_Annuario CVLL 23/06/17 10:05 Pagina 1

“Quando si è imprenditori si sa che, una volta raggiunta la vetta della montagna, bisogna con-tinuare ad arrampicarsi.” Ha iniziato così la conferenza Jean-Claude Biver. Questo rende il suc-cesso così difficile. È più facile salire e arrivare in cima che passare al successo seguente e restare in vetta. In molti credono che quando si arrivi in vetta poi ci si possa rilassare. In realtà non è possibile godere del successo se non il fine settimana... Guai ad adagiarsi sugli allori. Bisogna continuare a scalare una volta che si arriva in cima. Molte persone si dimenticano di farlo, per fortuna lasciando così lo spazio ai nuovi e più intraprendenti. La zona di comfort porta all’abitudine del successo ed è il primo passo verso la sconfitta e la perdita dei risultati. Il comfort porta all’arroganza. Diventa normale avere tante persone che lavo-rano nella propria impresa oppure spostarsi in aereo privato oppure avere degli assistenti. Questo è il miglior momento in cui l’insuccesso arriva poiché si diventa arroganti. Nel mondo degli affari ciò avviene con molta frequenza e permette un bel ricambio. La menta-lità imprenditoriale, secondo Biver, è come la mentalità dell’atleta vincente. Disciplina, sacrificio per superare le ferite e i fallimenti. Più le società vanno bene e più si strutturano. Si strutturano in informatica, che diventa una complessità assurda. Poi si strutturano in finanza e i finanzieri diventano come le vespe: dove ce n’è uno ne arriva un altro e così via. L’altro problema del successo di un’azienda è che attira i mediocri. La mediocrità nasce nel comfort. Un’azienda in condizioni difficili e che ha perdite non attira i mediocri. I mediocri sono mediocri, non scemi. Sono attirati dalle aziende che vanno bene, poiché non sono esposti. Se le persone non contribuiscono è necessario che escano dall’azienda. I mediocri poi attirano altri mediocri e allontano i migliori. Questo atteggiamento è abbastanza diffuso. Biver racconta che quando arrivò presso Tag Heuer chiese a tutti i dirigenti della società di dormire in ufficio. Questa bizzarra richiesta fu fatta per rendere chiaro ai dirigenti cosa volesse dire essere imprenditori. In un’azienda la vera ricchezza è spesso la memoria storica. Non ci si rende conto di cosa è stato fatto prima di noi e delle ragioni per cui le cose vanno bene. Solo i pesci morti nuotano seguendo la corrente, continua Biver. Il 90% delle persone nuota nel senso della corrente. L’abitudine è deleteria. Nuotare controcorrente domanda uno sforzo distruttivo. Ci si libera di ciò che si fa per abitudine. C’è bisogno di avere allora il coraggio di sbagliare per innovare. Sbagliare è la migliore qualità di un imprenditore. Un imprenditore che sbaglia è uno che impara e che si sviluppa. Se sbaglia due volte è un cretino, dice Biver, e fa un regalo alla concorrenza. Fare due volte lo stesso errore vuol dire che non s’impara e non s’avanza. Le scuole insegnano a non sbagliare. L’educazione ci fa aver paura di sbagliare. Biver racconta che quando rilevò la marca Hublot ogni tre mesi faceva delle riunioni di errori. Ogni dirigente doveva raccontare tre errori di lavoro. Alla fine queste riunioni servivano a confrontarsi e ad im-parare anche dagli errori degli altri. Solo coloro che dormono non fanno degli errori. Il buon metodo è anche l’umorismo, il sorriso. L’avvenire oggi si trova nella passione di coloro che sono nati nell’anno 2000. Quando queste persone saranno dirigenti allora comincerà il ven-tunesimo secolo. A partire dal 2030, dice Biver, queste persone arriveranno in posizioni di rilievo e solo allora comincerà il nuovo secolo. L’istruzione universitaria e di apprendistato contribuiscono tantissimo allo sviluppo di un pae-se. L’apprendistato è utile e gli apprendisti sono come dei lingotti d’oro, poiché sono formati dall’azienda e sono immediatamente operativi in ciò di cui l’azienda ha bisogno. La Svizzera è un piccolo paese che ha puntato tutto sull’istruzione di questo tipo e con successo. Il mondo è diventato il mercato per i prodotti svizzeri. Guardiamo il caso del caffè. Nespresso è stato inventato dagli svizzeri. Il caffè solubile è stato anche inventato dagli svizzeri. La liofilizzazione del caffè è un’invenzione svizzera. Nespresso avrebbe dovuto essere inventato dagli italiani, dai brasiliani o dai colombiani e non da uno sviz-zero a Vevey.

Jean-Claude Biver e la tensione per l’eccellenza

di Michele Caracciolo di BrienzaInternazionali

L’anno scorso a maggio presso il

Graduate Insti-tute di Ginevra ha avuto luogo una splendida conferenza di

Jean-Claude Bi-ver, attuale Chief

Executive Offi-cer della marca

di orologi Tag Heuer. Merita la pena riprendere

e commentare le sue affermazioni

sul lavoro, l’im-prenditorialità e

il successo.

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16 - La Rivista luglio - agosto 2017

Accelera l’export italiano:+4% nei prossimi quattro anni, € 490 miliardi nel 2020

Andamento dell’export italiano di

beni 2014-2016 e

previsioni 2017-2020 (€ miliardi,

variazioni %)

Fonte: SACE; Istat

È un futuro in accelerazione, tra ripresa e profondi cambiamenti, quello che attende l’export italiano nei prossimi quattro anni.Questo il quadro delineato da “Export Unchained. Dove la crescita attende il Made in Italy”, l’ultimo Rapporto annuale sull’export di SACE (Gruppo CDP), presentato lo scorso 21 giugno a Milano.

Lo studio include le previsioni 2017-2020 sull’andamento delle es-portazioni italiane per Paesi e settori e fornisce alcuni approfondi-menti monografici sui fenomeni globali a maggiore impatto apren-do a un cauto ottimismo.“Nonostante gli allarmi circa le limitazioni al commercio e la per-sistente incertezza, le opportunità offerte dall’interscambio globale non sono affatto destinate a perdere d’attualità – ha dichiarato il Presidente di SACE, Beniamino Quintieri. - Per il 2017-2020, prevedi-amo una crescita del nostro export a un tasso medio annuo del 4%, un netto cambio di passo rispetto alla performance del quadriennio precedente (+1,7%). Le imprese che si doteranno di una chiara strategia sulle destinazioni da privilegiare e di adeguati strumenti per valutare rischi e opportunità, potranno cogliere al meglio il po-tenziale che si profila all’orizzonte”.“Non ci stiamo avviando verso la fine della globalizzazione, ma piuttosto verso una sua nuova fase – rilancia Roberta Marracino, Di-rettore Area Studi e Comunicazione di SACE –. Una fase ancora più interconnessa, in cui alcuni mercati si chiudono ma molti si aprono, spostando il baricentro della competizione globale dai singoli Stati alle Global Value Chain. Una fase in cui, accanto all’interscambio di merci, anche quello di servizi, progetti e idee assumerà un ruolo

sempre più preponderante, e l’export si confermerà un fattore im-prescindibile di crescita per l’Italia”.Almeno per l’anno in corso, tuttavia, il rallentamento degli scambi e le spinte protezionistiche saranno temi attuali per quasi tutti i settori industriali a livello globale, a fronte dei quali le imprese dovranno diventare più attente e selettive nella scelta delle destinazioni per l’export e gli investimenti, includendo i rischi politici e normativi come elementi primari dei propri piani strategici.Per liberare tutto il potenziale del nostro Paese, il Rapporto di SACE identifica 15 geografie prioritarie su cui concentrare gli sforzi di svi-luppo internazionale e segnala le migliori opportunità e i rischi da presidiare, settore per settore, nei prossimi quattro anni.Di seguito una sintesi dei principali risultati.

Export italiano | Prospettive 2017-2020Si apre finalmente una fase molto più favorevole della precedente per le esportazioni italiane di beni. Complice la ripresa degli inves-timenti in alcuni mercati emergenti, la neutralizzazione del ciclo avverso del petrolio e il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, il nostro export si prepara dunque a un cambio di marcia sostan-ziale, mettendo a segno, dopo la performance moderata del 2016 (+1,2%), una crescita a un tasso medio del 4% nei prossimi quattro anni, fino a raggiungere nel 2020 il valore di 489 miliardi di euro. Di pari passo, aumenterà l’incidenza dell’export di beni e servizi sul Pil, che, già salita dal 25,8% del 2010 al 30,4% del 2016, arriverà al 32,4% entro il 2020.

Dinamiche dell’export italiano per area geograficaPer l’anno in corso, i tradizionali mercati europei, nordamericani e asiatici contribuiranno in modo significativo alla crescita dell’ex-port italiano. La performance migliore è attesa per il Nord America

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 17

(+4,9%), trainato dagli Stati Uniti e seguito dall’Asia (+4,6%), dove Cina, India e Indonesia, garantiranno ottime opportunità alle nostre imprese esportatrici. Positive le prospettive per il nostro export an-

che nell’ Europa avanzata (3,4%) ed emergente (2,9%); cresceran-no le vendite di prodotti italiani anche in Medio Oriente e Nord Africa (2,1%) e America Latina (1,6%), nonostante le difficoltà dell’ultimo

Mercati prioritari per l’export italiano 2017-2020 e indici di opportunitàMercati Esportazioni

2016 (€ mld)Previsione crescita media

2017-2020Export

Opportunity Index(min 0 max 100)

Investment Opportu-nity Index

(min 0 max 100)Stati Uniti d’America 37 5,5 % 76 72

Cina 11 6,2 % 80 71

Russia 6,7 0,8 % 65 55

Emirati Arabi Uniti 5,4 3,5 % 70 62

Repubblica Ceca 5,3 5,7 % 72 67

Arabia Saudita 4,2 3,7 % 71 59

Messico 3,7 5,6 % 67 62

India 3,3 6,2 % 77 80

Brasile 3,2 2,3 % 61 57

Sudafrica 1,6 1,6 % 65 51

Indonesia 1,2 5,8 % 65 61

Vietnam 1 6,5 % 68 69

Qatar 0,9 3,1 % 64 51

Perù 0,5 3,4 % 69 66

Kenia 0,2 6,3 % 65 54

Totale 85,2Fonte: SACE; Istat

Export italiano di beni per settori 2016 e previsioni 2017, 2018-2020Settori Esportazioni 2016 (€ mld) Previsione crescita 2017 Previsione crescita media 2018-2020

Chimica 42,0 6,3% 5,8%

Mezzi di trasporto 45,2 5,0% 5,4%

Alimentari e bevande 21,7 4,6% 4,6%

Altra agricoltura 16,7 4,2% 4,6%

Estrattiva 11,6 4,1% 4,3%

Apparecchi elettrici 25,0 2,8% 4,1%

Altri investimenti 11,8 3,5% 4,1%

Tessile e abbigliamento 39,2 2,8% 4,0%

Prodotti in legno 21,1 2,8% 4,0%

Gomma e plastica 21,3 3,8% 3,5%

Meccanica strumentale 85,0 2,2% 3,3%

Altri consumi 36,4 1,3% 3,3%

Altri consumi 36,3 3,4% 4,1%

Fonte: SACE; Istat

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18 - La Rivista luglio - agosto 2017

anno. Le criticità di diversi Paesi africani, invece, non consentiranno di andare oltre una stabilizzazione delle nostre vendite nell’area subsahariana (-0,4%), con alcune economie in controtendenza.Nel 2018-2020, in media, l’export crescerà in ogni area geografica a ritmi superiori al 3,5%, con un miglioramento quindi anche nelle aree che hanno mostrato maggiore debolezza nel 2016, quali l’Afri-ca subsahariana, l’America Latina e il Medio Oriente e Nord Africa; i mercati europei costituiranno una fonte di domanda importante, sia in termini di peso sia di solidità e stabilità. In Asia si profilano ottime opportunità anche in economie “minori”, ma in forte sviluppo, come le Filippine, la Malaysia e il Vietnam. Dove esportare | I 15 mercati ad alto potenziale per l’export Made in ItalyIn base agli indicatori di rischio, alla crescita dell’economia e del-la domanda, alle dinamiche dell’export italiano negli ultimi anni e al posizionamento competitivo rispetto ai nostri tradizionali con-correnti, SACE ha identificato 15 geografie ad alto potenziale per le esportazioni e gli investimenti italiani: una selezione di mercati target – sia emergenti sia avanzati – che ha intercettato comples-sivamente 85 miliardi di euro di vendite italiane nel 2016 (pari al 20% dell’export  complessivo) e che potrà intercettarne oltre 100 nel 2020, in virtù della crescente domanda di beni proveniente da questi Paesi (+5,7% medio annuo nei prossimi quattro anni).

Le 15 aree geografiche sono: Arabia Saudita, Brasile, Cina, Emirati Arabi Uniti, India, Indonesia, Kenya, Messico, Perù, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Stati Uniti, Sudafrica e Vietnam.Settori | Comparti in crescita e rischi all’orizzonteTra i diversi settori dell’industria italiana a vocazione internazionale, il Rapporto di SACE segnala performance molto positive per la chim-ica e per i mezzi di trasporto; buone prospettive per i comparti del Made in Italy tradizionale, tra cui spicca l’agroalimentare; alcune cautele per la metallurgia, comunque in ripresa dopo le avversità congiunturali dell’ultimo anno.La chimica (42 miliardi di euro di export nel 2016) registrerà il tas-so di crescita più sostenuto nelle vendite estere (6,3% nel 2017 e 5,8% nel 2018-2020), grazie al rilancio degli investimenti nei settori industriali in cui trova applicazione, dal petrolchimico al farmaceu-tico. La meccanica strumentale (primo settore per l’export italiano, con 85 miliardi di euro nel 2016) riuscirà a mantenere un vantaggio competitivo che le consentirà di replicare il tasso di crescita dell’ex-port 2016 anche per l’anno in corso (+2,2%), accelerando nel tri-ennio successivo. I mezzi di trasporto (45,2 miliardi di euro di export nel 2016) metteranno a segno una crescita estera del 5% nell’anno in corso e del 5,4% nel 2018-2020, grazie alla performance di tutti i comparti - automotive, navi e velivoli - destinati alla clientela retail o legati a settori strategici dell’economia.

INTERSCAMBIO ITALO-SVIZZERO 2016Italia>Svizzera (mio.fr.sv.)

INTERSCAMBIO ITALO-SVIZZERO 2016Svizzera>Italia (mio.fr.sv.)

Categorie Prodotti 2015 2016 % +/- Categorie Prodotti 2015 2016 % +/-Prodotti agricoli, silvicoltura 1.800,7 1.886,8 4,8 Prodotti agricoli, silvicoltura 536,0 556,5 3,8

Prodotti energetici 563,5 493,3 -12,5 Prodotti energetici 1.290,1 957,4 -25,8

Tessile e abbigliamento 1.358,9 1.477,5 -8,7 Tessile e abbigliamento 312,0 362,8 16,3

Carta e prodotti cartotecnici 348,0 375,0 7,8 Carta e prodotti cartotecnici 170,7 154,2 -9,7

Cuoio, pelli, gomma e mate-rie plastiche 785,2 863,2 9,9 Cuoio, pelli, gomma e materie

plastiche 331,4 325,5 -1,8

Prodotti chimico-farmaceutici 3.467,5 3.994,2 15,2 Prodotti chimico-farmaceutici 5.352,4 5.478,9 2,4

Materiali da costruzione, ceramiche e vetro 515,5 512,9 -0,5 Materiali da costruzione, cera-

miche e vetro 55,3 50,6 -8,5

Metallo e articoli in metallo 1.617,8 1.622,0 0,2 Metallo e articoli in metallo 855,9 821,1 -4,1

Macchine industriali, agri-cole, ufficio, uso domestico, industria elettrica /elettroni-ca, tecnologie di difesa

2.018,9 2.067,3 2,4

Macchine industriali, agricole, ufficio, uso domestico, industria elettrica /elettronica, tecnologie di difesa

1.312,6 1.338,1 1,9

Veicoli 1.132,0 1.003,6 -11,3 Veicoli 177,4 211,8 19,4

Strumenti di precisione, orologeria, gioielleria e bigiotteria

1.806,0 1.817,2 0,6Strumenti di precisione, orolo-geria, gioielleria e bigiotteria 2.357,8 2.207,5 -6,4

Altri Prodotti 679,4 662,2 -2,5 Altri Prodotti 60,6 61,3 1,2

Totale 16.093,4 16.775,2 4,2 Totale 12.812,2 12.525,7 -2,2

N.B. Questa tabella, i cui dati possono essere soggetti ad eventuali variazioni, tiene conto anche delle importazioni ed esportazioni di “metalli e pietre preziose, oggetti d’arte e antiquariato, contemplati nella voce “altri prodotti”.

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 19

Resterà aperta al pubblico fino a domenica 26 novembre 2017, ai Giardini e all’Arsena-le, la 57a Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo Viva Arte Viva, curata da Christine Macel e organizzata dalla Biennale di Vene-zia presieduta da Paolo Baratta. L’esposizione si sviluppa intorno a nove capitoli o famiglie di artisti, con due primi universi nel Padiglione Centrale ai Giar-dini e sette altri universi che si snodano dall’Arsenale fino al Giardino delle Vergi-ni. 120 sono gli artisti partecipanti, pro-venienti da 51 paesi; di questi, 103 sono presenti per la prima volta nella Mostra Internazionale del curatore. La Mostra è affiancata da 85 Partecipazioni Nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Ar-senale e nel centro storico di Venezia. Sono 3 i paesi presenti per la prima volta: Antigua e Barbuda, Kiribati, Nigeria.

quasi a render grazie, all’esistenza stessa dell’arte e degli artisti, che ci offrono con i loro mondi una dilatazione della nostra prospettiva e dello spazio della nostra esistenza». «Con questa Biennale poi, - ha continuato il presidente - l’incontro diretto con l’artista assume un ruolo strategico, tanto da costituire uno dei pilastri della Mostra, con un programma che per dimen-sione e per impegno è senza precedenti. Attorno alla Mostra principale della cura-trice, 86 padiglioni dei paesi partecipanti daranno vita ancora una volta a quel plu-ralismo di voci che è tipico della Biennale di Venezia.» «Una Mostra ispirata all’umanesimo - dice la curatrice Christine Macel. - Un umanesi-mo non focalizzato su un ideale artistico da inseguire, né tanto meno caratteriz-zato dalla celebrazione dell’uomo come

Viva Arte Viva

A Venezia fino al 26 novembreIl Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dal Mini-stero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Direzione Generale Arte e Archi-tettura Contemporanee e Periferie Urbane, è curato quest’anno da Cecilia Alemani. Anche per questa edizione sono inclusi se-lezionati eventi collaterali, proposti da enti e istituzioni internazionali, che allestiscono le loro mostre e le loro iniziative a Venezia in concomitanza con la 57a Esposizione.

«La Biennale si deve qualificare come luo-go che ha come metodo, e quasi come ra-gion d’essere, il libero dialogo tra gli artisti e tra questi e il pubblico.» Con queste parole il Presidente della Bien-nale Paolo Baratta ha presentato la Bien-nale Arte 2017, spiegando che «questa Biennale è proprio dedicata a celebrare, e

La sede centrale della Biennale ai Giardini

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20 - La Rivista luglio - agosto 2017

essere capace di dominare su quanto lo circonda; semmai un umanesimo che celebra la capacità dell’uomo, attraverso l’arte, di non essere dominato dalle forze che governano quanto accade nel mondo, forze che se lasciate sole possono gran-demente condizionare in senso riduttivo la dimensione umana. È un umanesimo nel quale l’atto artistico è a un tempo atto di resistenza, di liberazione e di generosità». «L’arte di oggi, - puntualizza Macel - di fronte ai conflitti e ai sussulti del mondo, testimonia la parte più preziosa dell’uma-nità, in un momento in cui l’umanesimo è messo in pericolo. Essa è il luogo per ec-cellenza della riflessione, dell’espressione individuale e della libertà, così come degli interrogativi fondamentali. L’arte è l’ultimo baluardo, un giardino da coltivare al di là

delle mode e degli interessi specifici e rappresenta anche un’alternativa all’indi-vidualismo e all’indifferenza.» Ecco pertanto che Viva Arte Viva diventa così un’esclamazione, un’espressione della passione per l’arte e per la figura dell’artista.

I nove Trans-padiglioni Ognuno dei nove capitoli o famiglie di ar-tisti della Mostra costituisce di per sé un Padiglione o un Trans-padiglione, in sen-so transnazionale, che riprende la storica suddivisione della Biennale in padiglioni, il cui numero non ha mai cessato di cresce-re dalla fine degli anni ‘90. Dal Padiglione degli artisti e dei libri al Padiglione del tempo e dell’Infinito, que-sti nove episodi propongono un racconto, spesso discorsivo e talvolta paradossale, con delle deviazioni che riflettono la com-plessità del mondo, la molteplicità delle posizioni e la varietà delle pratiche. La Mo-stra si propone così come una esperienza che disegna un movimento di estrover-sione, dall’io verso l’altro, verso lo spazio comune e le dimensioni meno definibili, aprendo così alla possibilità di un neou-manesimo. Viva Arte Viva vuole infondere un’energia positiva e prospettica rivolta ai giovani arti-sti e al contempo dedica una nuova atten-zione agli artisti troppo presto scomparsi o ancora misconosciuti al grande pubblico, malgrado l’importanza della loro opera.» Partendo dal Padiglione degli artisti e dei libri, la Mostra pone come premessa una dialettica che attiene alla società contem-poranea, al di là dell’artista stesso, e che interroga tanto l’organizzazione della so-cietà quanto i suoi valori. L’arte e gli artisti vengono quindi collocati al centro della Mostra che inizia da un’in-dagine sulle loro pratiche e il modo di fare arte, tra ozio e azione, tra otium e negotium.

Gli artisti al centro della mostra l’intera Mostra è animata quest’anno da una serie di progetti paralleli e di performance che seguono lo stesso postulato, quello di mettere gli artisti al centro della Mostra. Il venerdì e il sabato di ogni settimana, durante i sei mesi di Esposizione, un ar-

tista terrà una Tavola Aperta (Open Table), incontrando il pubblico durante un pranzo da condividere, al fine di descrivere il pro-prio lavoro e dialogare. Due sono i luoghi dedicati a questi eventi, la parte antistante del Padiglione Centrale dei Giardini e del-le nuove Sale d’Armi dell’Arsenale, mentre la trasmissione in streaming sul sito della Biennale consentirà a chiunque di seguir-ne lo svolgimento. Nel Padiglione Centrale dei Giardini e nel-le Sale d’Armi dell’Arsenale, uno spazio parimenti dedicato al Progetto Pratiche d’Artista raccoglie un insieme di brevi video realizzati dagli artisti stessi, per far scoprire il loro universo e il loro modo di lavorare. Questi due progetti sono aperti a tutti gli artisti della Biennale Arte. Infine, il progetto La Mia Biblioteca - ispi-rato al saggio di Walter Benjamin pub-blicato nel 1931 - permette agli artisti di riunire in una lista le loro letture preferite, offrendo agli stessi una fonte di reciproca conoscenza e d’ispirazione per il pubblico. Il progetto è visibile nella Mostra del Pa-diglione Centrale, così come nel catalogo. Il Padiglione Stirling ai Giardini ospita la biblioteca costituita dagli artisti e messa a disposizione del pubblico. È confermata per il secondo anno conse-cutivo la collaborazione con il Victoria and Albert Museum di Londra per il Padiglione delle Arti Applicate, sito alle Sale d’Armi dell’Arsenale. Il padiglione, intitolato Di-splay – between art and arts & crafts, è realizzato dalla Biennale di Venezia, advi-sor Bice Curiger, e curato da Jorge Pardo, artista e scultore cubano-americano il cui lavoro fonde arte e design. La Biennale rinnova l’apertura del Padi-glione di Forte Marghera dopo la prima esperienza positiva dell’anno passato, in occasione della Biennale di Architettura. Mentre nel 2016 fu dedicato a un tema specifico, quest’anno il Padiglione è parte integrante dell’Esposizione Internazionale: l’artista Marie Voignier presenta due opere video che consentono un dialogo esclu-sivo e diretto dell’artista con i visitatori. Il padiglione accoglie anche tutti gli artisti che partecipano alla 57. Esposizione, che saranno presenti ciascuno con un breve

Gli spazi dell’Arsenale

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 21

video realizzato per il progetto Pratiche d’Artista, col quale descrivono la loro ope-ra e le loro attitudini. Si rinnova per l’ottavo anno consecutivo, e dopo il successo delle edizioni prece-denti, il progetto Biennale Sessions che La Biennale dedica alle istituzioni operanti nella ricerca e nella formazione nel cam-po dell’architettura, delle arti e nei campi affini, Università e Accademie. L’obiettivo è quello di offrire una facilitazione a visite di tre giorni da loro organizzate per gruppi di almeno 50 tra studenti e docenti, con vitto a prezzo di favore, la possibilità di orga-nizzare seminari in luoghi di mostra offerti gratuitamente, assistenza all’organizza-zione del viaggio e soggiorno. Anche per il 2017 è prevista l’attività Edu-cational che si rivolge a singoli e gruppi di studenti delle scuole di ogni ordine e grado, delle università e delle accademie d’arte, professionisti, aziende, esperti, ap-passionati e famiglie. Le iniziative mirano a un coinvolgimento attivo dei partecipan-ti e si suddividono in Percorsi Guidati e Attività di Laboratorio.

I Festival e Biennale College Nel tempo di durata della Mostra sono

previste le manifestazioni correlate agli altri settori della Biennale: dopo l’11o Festival Internazionale di Danza Contem-poranea (diretto da Marie Chouinard), che si è svolto in giugno, in luglio e agosto è previsto il 45. Festival Internazionale del

Teatro (diretto da Antonio Latella), a fine agosto - primi di settembre sarà la volta della 74a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (diretta da Alberto Bar-bera), in ottobre il 61° Festival Internazio-nale di Musica Contemporanea (diretto dal compositore Ivan Fedele), nonché le attività di Biennale College previste in tutti questi settori. Molte di queste iniziative si svolgeranno all’Arsenale, all’interno degli spazi stessi dell’Esposizione Internaziona-le d’Arte.

Sito web ufficiale della Biennale Arte 2017: www.labiennale.org

Particolare del padiglione Italia

Particolare del Padiglione Svizzera

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22 - La Rivista luglio - agosto 2017

Si chiama Compass La nuova Jeep disponibile in Svizzera dall’8 luglio

I fari posteriori con inserti a LED dalla forma rettangolare e allunga-ta, inseriti nella struttura del portellone, rafforzano l‘aspetto sportivo ed elegante. Su Limited e Trailhawk si può avere il portellone con apertura elettronica. I cerchi in lega (da 16, 17, 18 o da 19”) assi-curano una trazione sicura. All’interno materiali pregiati, attenzione ai dettagli e contenuti tecnologici avvolgono pilota e passeggeri in un ambiente sofisticato. Spicca il display touchscreen del sistema Uconnect (da 5.0, 7.0 o 8.4”) e nella consolle centrale gli elementi funzionali come cambio, Selec-Terrain, freno di stazionamento elettronico, comandi Stop&-Start, le manopole del volume e del climatizzatore, le prese di ricari-ca e connettività multimediale. Il ben curato quadro strumenti ha un display a LED. Di serie da 7” a colori sulla Limited. I nuovi Uconnect hanno funzioni di comunicazione, intrattenimento e navigazione. Il 7.0 (di serie su Limited e Trailhawk) o l’8.4NAV (opzione su Limited) hanno schermo tattile capacitivo e le funzioni Apple CarPlay e An-droid Auto. Per la Limited c’è Uconnect 8.4 con l’applicazione intuitiva Jeep Skills, che offre indici specifici per il fuoristrada, con monitoraggio della prestazione sullo sterrato. Le capacità off-road sono garantite dai sistemi 4x4 full-time: Jeep Active Drive e Jeep Active Drive Low, quest’ultimo con un rapporto di riduzione di 20:1. Se necessario,

Il comportamento della nuova nata di casa Jeep è stato sempre sopra le aspettative. Difficile trovare criticità, forse nella dimensione dell’impugnatura del volante, peraltro dal diametro azzeccatissi-mo. Insomma, nulla da eccepire: sa rendere felice sia il nomade connesso sia l’avventuriero. Per l’eccellente dinamica su strada, la leggendaria capacità off-road e una serie di tecnologie intuitive per connettività e sicurezza - più di 70 i sistemi di sicurezza attiva e pas-siva. Il design può piacere o no, ma è autenticamente Jeep. Molto equilibrato tra linea dinamica e proporzioni è subito riconoscibile per alcuni elementi tipici, come la griglia a sette feritoie e i passa-ruota trapezoidali.

(Grr) - L’organizzazione tutta italiana della presenta-zione internazionale alla stampa in sessione dinamica, sempre precisa e senza confronti, aveva sapientemente previsto tutte le possibilità d’impiego del moderno user, e ha spedito i giornalisti sia nella giungla urbana sia in un percorso inter-city. Senza tralasciare una vera e propria esperienza fuori-strada.

Autentico design Jeep, moderno e distintivo, abbinato a caratteristiche esclusive e alla libertà della migliore dinamica di guida in ogni condizione e nelle leggendarie capacità 4x4.

Quattro livelli di potenza per un auto superconnessa

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 23

sono in grado di inviare il 100% della coppia disponibile a qualsiasi ruota. Entrambi con Jeep Selec-Terrain per le modalità Auto, Snow, Sand e Mud. La nuova arriva con due motori a benzina e due diesel - 140/170 CV - e due trasmissioni, un’automatica a nove rapporti e una ma-nuale a sei. In listino a partire da CHF 30’000, sarà disponibile nelle concessionarie ufficiali anche con tetto a contrasto Gloss Black su Limited: Redline, Laser Blue, Billet Silver, Granite Crystal, Diamond Black, Pearl White (vernice tristrato solo su Limited), Bright White, Rhino e Jazz Blue - nelle versioni Longitude, Limited e Trailhawk. In prova la Limited - top di gamma – con motore a benzina MultiAir2 Turbo 1,4 l, Stop&Start, 170 CV, 250 Nm di coppia a 2.500 giri/minuto, e cambio automatico a nove marce AWD.

Jeep Compass e il mercato Piatto ricco mi ci ficco! Infatti, il nuovo modello si colloca in quel segmento C dei SUV compatti che conta più di 6,3 milio-ni di unità l’anno a livello globale. E gli analisti prevedono una crescita di quasi il 20%, pari a circa 7,5 milioni di esemplari entro il 2020. Solo in Europa conta più di 1,6 milioni di unità e si prevede che supererà i 2 milioni nel 2020. In Svizzera pesa il 40% del mercato dei SUV, con circa 36.000 vetture immatricolate nel 2016 e una crescita prevista nel 2017 a circa 40.000 vetture. Con Compass, Jeep entra alla grande pure nel merca-to delle flotte. Impresari, occhio alle offerte “fleet”!

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24 - La Rivista luglio - agosto 2017

Paolo Barilla ospite aZurigo della CCIS

Con passione e senso di responsabilitàL’incontro d’affari italo svizzero è stato or-ganizzato, a Zurigo presso la Zunfthaus zur Meisen, a margine dell’Assemblea generale (nr 108) della Camera di Commercio Italia-na per la Svizzera. Il vice presidente di Baril-la Holding, intervenuto come ospite d’ono-re, ha parlato dell’esperienza dell’azienda di famiglia (che festeggia i suoi primi 140 anni) ha posto l’accento sull’importanza di quella che può essere sintetizzata come la responsabilità etico-sociale di un’impresa.

Paolo Barilla (che precisa non essere un dottore, e ricordando la sua breve esperien-za di pilota di formula 1, con una simpa-tica dose di autoironia dice che semmai avrebbe desiderato di laurearsi campione del modo) apre con un assunto che figura sottotraccia a tutto il suo intervento: siamo eredi di un passato che hanno costruiti altri prima di noi, al contempo siamo portatori di un patrimonio che dobbiamo tramandare a chi verrà dopo di noi. Poi via, annotando che la storia dell’Azien-da coincide con la storia della sua famiglia. Giunti ormai alla quarta generazione, da 140 anni hanno la fortuna di continuare a fare ancora pane e pasta come fu all’inizio, in quel piccolo negozio nel centro storico di Parma dove, a quel tempo, non c’era nep-pure l’acqua corrente. Oggi, dopo 25 anni di lavoro (“ho iniziato tardi in azienda, dopo aver tentato di affer-marmi come pilota”) in quella che chiama la “nostra magnifica Impresa”, si dice sem-pre più consapevole dell’importanza della storia e di come questa rappresenti un grande privilegio. Guarda con sempre più rispetto le genera-zioni di persone che lo hanno preceduto, le fatiche fisiche, l’impegno, le difficoltà che

hanno saputo superare, ma soprattutto il fatto che non siano mai scese a compromessi cercando una scorciatoia per il successo. Tutto questo è molto importante per poter condurre l’Azienda oggi e in futuro, per chi verrà dopo. Si dice convinto che alla base di ogni attività che voglia durare nel tempo ci deve essere un forte senso etico e la volontà di rispettare le regole. Ed è qui che la storia dell’azienda funge da volano straordinario.

Quale azienda per il futuro? Alla base delle strategie, la prima considerazione da fare è chiedersi che tipo di Azienda si vuole, che tipo di qualità di prodotto si vuol progettare, che tipo di rapporto si vuole avere con le persone con cui si lavora, siano esse dipendenti, fornitori o clienti, e che relazione si vuole instaurare con la comunità in cui si vive. Oggi ci troviamo davanti ad uno scenario con problematiche ampie e complesse a cui van-no fornite delle risposte: i prodotti devono essere buoni, equilibrati dal punto di vista nutritivo, sostenibili da un punto di vista ambientale e della salute. Si potrebbe dire che non c’è nulla di nuovo, che così è sempre stato fatto, partendo forse da presupposti diversi. L’evoluzione della scienza continua a dimostrare che le singole cono-scenze che ci hanno accompagnato nel corso dei decenni non sono più adeguate a risol-vere i problemi legati alla malnutrizione e alla sostenibilità ambientale. Oggi e sempre più in futuro, occorre coniugare le diverse conoscenze e pratiche in modo sempre più integrato e connesso creando una vera e propria “rete delle conoscenze”. Per cui, Barilla, che aspira ad essere un’Azienda di qualità eccellente, si trova ad operare ben oltre quello che le singole conoscenze imporrebbero.

Paolo Barilla durante il suo intervento

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 25

Quello che stanno cercando di fare è correlare tutte le attività dell’Impresa: partendo dal campo, dove viene coltivata la materia prima, attraverso la lavorazione industriale per portar-la sulle nostre tavole, fino agli effetti che la stessa ha sulla nutrizione e sulla salute.

Il primo anello di una lunga catena di responsabilità Il primo anello di una lunga catena di responsabilità sono i fornitori che devono essere messi in condizione di poter svolgere un lavoro sostenibile qualitativamente ed economicamente. Un caso concreto è lo sviluppo della coltivazione di grano duro sostenibile: un percorso iniziato alcuni anni fa in collaborazione con università e agricoltori, con lo sviluppo di un software che aiuta il singolo agricoltore a prendere le corrette decisioni nel suo lavoro quoti-diano, grazie all’elaborazione di dati sulla varietà di grano duro coltivata, sulla composizione del terreno e sulle condizioni meteorologiche. Da quei campi sperimentali oggi Barilla rea-lizza una produzione annua di 160000 tonnellate di grano duro sostenibile, ovvero qualità e quantità volute, riduzione di emissioni di anidride carbonica (-20%), uso di fertilizzanti (-

20%) e aumento della redditività per ettaro per l’agricoltore (+ 20%). Dal punto di vista organizzativo l’Impresa si è dotata di figure professionali in grado di rendere ogni azione più consapevole per raggiungere l’obiettivo finale. Ne consegue un arricchimento straordinario di cono-scenze che oggi fanno parte del percorso decisionale quotidiano.

Aperti a nuove competenze Un altro aspetto molto importante da valo-rizzare è l’apertura verso l’esterno per tro-vare le competenze migliori, per avere os-servatori che possano consigliare in quali settori si possa migliorare anche in termini di comunicazione sulle attività e sulle ini-ziative promosse dall’azienda. In conclusione, - precisando in risposta da una sollecitazione che il bio è buono ma costoso, pertanto non è accessibile a tutti – Paolo Barilla si è detto convinto che ogni generazione abbia il diritto di creare le proprie tradizioni e che ogni epoca abbia le proprie sfide. Ieri come oggi non sem-pre facili da affrontare, ma il continuare a guardare avanti per riempire di contenuti quel termine bellissimo che è “qualità”, è l’unica strada possibile per vivere il pro-prio mestiere coniugando due termini che in casa Barilla piacciono molto a tutti: passione e responsabilità.

Sostenibilità come nuova opportunità di business

di Chiara Rinaldi*

Come nel caso di Barilla, molte aziende in tutto il mondo si stanno rendendo conto che l’attenzione al prodotto/servizio oggi non è più sufficiente. Le varie parti interessate con cui un’azienda entra in contatto (“stakeholders” ad es. dipendenti, clienti, fornitori, comunità, ecc.) pretendono molto di più e diventa dovere delle aziende di rispondere a queste esigenze agendo in modo etico e tenendo conto considerazioni ambientali e sociali - la cosiddetta responsabilità d’impresa (“Corporate Social Responsibility”, “CSR” o “sostenibilità” in senso ampio). Oltre l’80% delle società parte dello S&P 500 Index pubblica un bilancio di sostenibilità (nel 2011 erano solo il 20%). Anche in Svizzera oltre il 65% delle più grosse società e quasi l’80% delle società quotate (SMI Expanded) pubblica queste informazioni (EY, Targeting transparency, 2016). La pubblicazione di queste informazioni non garantisce che l’azienda effettivamente gestisca questi aspetti in modo appropriato, ma senz’altro da un’indicazione di quanto queste tematiche siano diventate imprescindibili. La vera integrazione di considerazioni ambientali e sociali nel modo in cui l’azienda fa business quotidianamente permette di passare da una prospettiva di breve termine che vede la sostenibilità come costo e gestione del rischio (es. reputazionale), a quella di investi-mento a medio/lungo termine in cui la sostenibilità rappresenta nuove opportunità di business (es. innovazione di prodotto/servizio) e creazione di vero valore per l’azienda e la società nel suo insieme.

*Senior manager presso EY (Ernst & Young) nel team di Climate Change and Sustainability Services. Da oltre 20 anni EY offre consulenza in sostenibilità in tutto il mondo grazie ad oltre 800 professionisti specializzati in tematiche ambientali e sociali e nella loro integrazione nell’attività aziendale.

Paolo Barilla con il presidente della CCIS Vincenzo Di pierri

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 27

di Enrico PerversiCultura d’impresa

Anche le profon-de trasformazioni

richieste dalla digitalizzazione richiedono una

leadership collaborativa

Nelle ultime settimane mi sono ritrovato più volte ad osservare situazioni dove le decisioni ed i com-portamenti del CEO erano determinanti per il buon esito dei progetti in corso ed ho verificato non solo stili molto diversi nei singoli manager ma anche richieste ed aspettative da parte delle aziende molto variegate e qualche volta addirittura in contrasto le une con le altre. La riflessione su come la realtà sia più ricca e articolata dei modelli che gli studi sulla leadership propongono rafforza la convinzione che questi siano solo strumenti di lettura della realtà molto utili per definire le soluzioni individuali nello specifico contesto in cui ci si trova. Questo è quello che avviene nei percorsi di coaching in cui accompagno i manager nel loro percorso di sviluppo, un dato tuttavia mi sembra assolutamente certo: l’approccio individuale non può prescindere dal considerarsi parte di una squadra, un amministratore delegato ha un ruolo importante nella costru-zione dei risultati che però vengono conseguiti attraverso un team. Questi aspetti risultano evidenti in un recente articolo su BCG Perspective che discute uno dei temi caldi del momento, la digitalizzazione, che impone alle aziende la definizione di nuovi modi di lavorare proponendo 5 regole auree che i CEO dovrebbero seguire per la trasformazione digitale. La prima suona come “impara dal nuovo che viene da fuori ma non rinnegare il tuo DNA”, in molti settori nuove aziende hanno creato modelli di business originali, chi opera sul mercato da decenni in maniera tradizionale ha molto da apprendere senza sottovalutare l’opportunità ma contempo-raneamente deve preservare la propria cultura ed i fattori di successo di cui ha fruito per decenni. Lego è un esempio riconosciuto di questa capacità. La seconda raccomandazione è “segui la mappa ma abbi fiducia nel campo”. Strategie e piani sono indispensabili per una trasformazione digitale ma è necessario essere capaci di raccogliere rapidamente i feedback dai collaboratori e dai clienti, quindi il leader deve indicare la direzione, creare un contesto favorevole e poi imparare dalla pratica confrontandosi con la sua squadra con una frequenza più elevata di quella tradizionale. Metodologie cosiddette agili per la gestione dei progetti, per esempio SCRUM, sono state create per utilizzare questo approccio. “Piazza molte scommesse” è la terza regola che nasce dal fatto che nessuno conosce con certezza cosa funzionerà. Sperimentare ed imparare rapidamente è quindi la risposta operando in due dire-zioni fondamentali: la prima è quella dell’innovazione aperta che consenta di operare anche fuori dai confini tradizionali, la seconda è lanciare molte iniziative scegliendo poi quelle più promettenti con modalità che evitino la de-focalizzazione e lo spreco di risorse. Molta attenzione deve essere posta al quarto punto: “costruisci anche una organizzazione digi-tale”: il nuovo modo di lavorare e fare business genera la necessità di intervenire anche sull’or-ganizzazione. L’avvio della trasformazione, per esempio, spesso richiede la creazione di un ruolo specifico di leader del digitale ed anche la creazione di una struttura separata dal business tradi-zionale con un riporto ai livelli più alti dell’azienda. A questo si aggiunge la necessità di un corretto equilibrio tra la centralizzazione iniziale ed il successivo decentramento quando la trasformazione procede e penetra ed infine è bene avere consapevolezza che stili di leadership e professionalità saranno completamente diversi privilegiando velocità, cross-funzionalità e auto controllo; tutto ciò va preparato per tempo. Questo conduce all’ultima raccomandazione “crea una fucina di talenti”. La trasformazione richie-derà tempo e gli adattamenti non avranno un corso lineare, diffondere in tutta l’organizzazione a tutti i livelli persone con potenziale è l’unica garanzia di massimizzare le probabilità di successo. Nuove tecnologie, nuovi mercati, nuovi modi di lavorare, tuttavia analizzare con attenzione queste cinque regole rende evidente che esiste una tradizionale regola-zero: “Caro CEO, crea una squadra efficace e chiedi ad ognuno dei membri di fare la stessa cosa nei loro ambiti di responsabilità”.

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28 - La Rivista luglio - agosto 2017

Ho avuto il piacere di vederla in televisione, su Rai 1, in occasione di una sua intervista. Ho cercato quindi di contattarla per conoscere più da vicino il Capita-no della squadra femminile del Brescia calcio, visto che questo sport appassiona tanto sia uomini, e quanto pare, anche donne in tutto il mondo! È certamente un percorso difficile, che solo la passione per questa disciplina può indurre ad intraprendere, visto che le calciatrici non possono contare sugli incentivi che derivano dagli ingaggi astronomici riservate solamente ai calciatori di sesso maschile! Personalmente mi auguro che la passione possa sostenere queste coraggiose at-lete fino ad arrivare ad ottenere il riconoscimento professionale che le equipari ai loro colleghi maschi. Lascio ora a Barbara il compito di “raccontarsi” e di rispondere poi, alle nostre domande. “Ho 26 anni (li ha compiuti lo scorso 13 giugno – ndr) nata a Pinerolo in provincia di Torino. Ho un fratello, Giorgio, di tre anni più vecchio di me. Ho iniziato a giocare a calcio all’età di 6 anni, perché nei pomeriggi a casa giocavo sempre con mio papà è mio fratello in cortile fino a che mio papà ha deciso di portarmi nella squadra maschile del mio paese (Bricherasio). Sono diplomata al liceo scientifico tecnologico e studio economia all’università di Torino, mi mancano pochi esami per laurearmi. Ho vinto due scudetti con la squadra Primavera (giovanile) del Torino femminile e poi mi sono trasferita al Brescia calcio femminile con cui ho vinto 2 scudetti, 2 Coppa Italia, 3 Supercoppe italiane. La mia ambizione è quella di riuscire a vincere la Champions League e il campionato europeo con l’Italia. Sono fidanzata con Daniele e se penso al futuro vedo sicuramente dei figli nella mia vita anche se le tutele nel mondo dello sport femminile, sotto questo punto di vista, non sono adeguate”. Ed ora spazio alle nostre consuete domande.

Cosa significa essere donna in un settore sportivo che ha una tradizione sostanzialmente maschile? Parlando del mio caso specifico, rilevo che la differenza più grande è che l’uomo calciatore è professionista, la donna no. Stiamo lottando per far sì che ci vengano riconosciuti uguali diritti anche se la burocrazia italiana è molto complicata e pre-senta degli iter non indifferenti.

È dura venir apprezzata per i propri meriti? Non possiamo sottovalutare che noi donne calciatrici siamo molto meno conosciute degli uomini che giocano a calcio e, questo mondo, soprattutto qui in Italia vige ancora una mentalità maschilista, secondo al quale le donne non sono in grado

o non possono giocare a calcio. Sicu-ramente essere apprezzate non è sem-plice anche se devo dire che nel caso della mia squadra abbiamo un buon seguito di tifosi. Personalmente cerco di farmi conoscere attraverso i social ormai strumento comune di diffusione e comunicazione.

Come si manifesta questa diffiden-za nei confronti delle donne calcia-trici? Con il pregiudizio. Mi è capitato parec-chie volte di parlare con appassionati di calcio femminile , e tutti mi raccontano la stessa storia: “Ero diffidente e pen-savo che voi donne non foste in grado di giocare, ma da quando sono venuto a vedervi il mio pensiero è totalmente cambiato e ora vi seguo sempre.” Il no-stro calcio appassiona perché è caratte-rizzato da lealtà è pura passione.

Vi sono ostacoli particolari che vi penalizzano? Gli ostacoli principali sono la discrimi-nazione e le soprattutto le poche strut-ture per poter praticare questo sport nel migliore dei modi. Qui in Italia ci sono poche strutture e squadre che ti permettano di giocare fin da quando sei bambina con altre femmine. Que-sta situazione sta lentamente cambian-do anche se la strada da fare è ancora molto lunga.

Quali sono gli svantaggi nell’essere una donna calciatrice? Quelli che derivano dalle cose che ho

Donne in carriera: Barbara Bonansea

Siamo vittime del pregiudizio maschilistadi Ingeborg Wedel

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 29

detto: il pregiudizio e la scarsa conoscenza di questo particolare ambito sportivo, a cui si sommano le poche tutele di cui godiamo, la non adeguata preparazione delle persone che fanno parte di questo mondo (ovviamente parlo in generale, ma non generalizzo) e la scarsità delle strutture.

Vantaggi ce ne sono? I vantaggi sono principalmente personali, perché sono convinta che fare sport ti consenta di crescere con sani principi e ti porti a conoscere persone che diventeran-no tue amiche. Penso che il bello del nostro sport sia questo.

Si è soliti affermare che l’intuito femminile sia più sviluppato di quello ma-schile. Concordi? Penso che la donna sia, nelle cose che fa, più caparbia e seria dell’uomo (per quel-lo che riguarda il mio campo) ed è anche molto più ricettiva e attenta quando le vengono insegnati nuovi schemi nuove situazioni di gioco. Grazie a questa sua at-tenzione penso anche che intuitivamente sia più rapida a percepire certe situazioni e adattarsi.

Quanto conta nel suo ambito spor-tivo l’arte della seduzione? Nel mondo del calcio l’arte della sedu-zione sia utile solamente per farsi co-noscere al di fuori del campo. Ma non è un’arma che possa portarti vantaggio mentre giochi.

Qual è la soddisfazione maggiore? Personalmente, calcisticamente parlan-do, come ho già detto, sarebbe quel-la di vincere la Champions League o il campionato europeo. Inoltre, sarebbe una grande soddisfazione per tutto il calcio italiano arrivare ad essere consi-derate delle sportive professioniste.

A che cosa ha dovuto rinunciare per affermarsi? Per essere una calciatrice bisogna si-curamente fare dei sacrifici, però per la passione che mi contraddistingue non riesco a parlare di rinunce. Io non rinuncio quasi a nulla. Nel senso che sono felice come sono. La calciatrice fa sicuramente fatica a trovare un lavoro, perché ci si allena tutti i giorni e per giocare le partite a volte si sta via anche 2 giorni; se fossimo professioniste non esisterebbe il problema di cercarmi un lavoro, perché saremmo tutelate sotto questo punto di vista; ma così come siamo adesso molte mie amiche hanno dovuto smettere di giocare a calcio per lavorare. Essendo dilettanti abbiamo dei contratti di rimborso spese fisso, ma non tutte le società sono in grado di dare un compenso alle proprie gio-catrici. Il vestiario non è sponsorizzato, solamente alcune calciatrici hanno lo sponsor e solamente adesso la Nike sta iniziando a sponsorizzare le calciatrici italiane.

Quali hobby riesce a coltivare? Penso che una sportiva che sappia or-ganizzarsi possa coltivare qualsiasi hob-by. Nel mio caso penso che la cosa più difficile sia viaggiare, perché lo si può fare solamente nel mese di pausa esti-va. Per gli altri hobby non c’è nessuna complicazione anche se, in attesa di un’evoluzione, il mio hobby preferito rimane il giocare a calcio e quindi sono fortunata.

Buono a sapersi

Nella serie A Italiana giocano 12 squadre; la serie B divisa in 4 gironi ciascuna di 12 squadre; la serie C e D hanno carattere regionale. Queste le squadre che hanno disputato il campionato di Serie A 2016/17: Firenze womens (che hanno vinto il campionato) ACF Brescia femminile (seconda classificata) Agsm Verona Mozzanica (Bergamo) Res Roma (Roma) Tavagnacco (Udine) San Zaccaria (Ravenna ) Chieti Jesina (Jesi)* San Bernardo Luserna (Torino)* Como Cuneo

*Retrocesse in serie B

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30 - La Rivista luglio - agosto 2017

di Manuela Cipollone

Le novità in Gazzetta Ufficiale

In vigore dal 18 giugno la nuova legge sul cyberbullismo, definito come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’iden-tità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzio-nale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Contrastare il cyberbullismo in tutte le sue forme L’obiettivo della legge è quello di contrastare il fenomeno in tutte le sue manifestazioni, sia con la prevenzione che con un maggior controllo sulla rete. La legge disciplina la figura del “gestore del sito internet”, che è la persona che cura la gestione dei contenuti di un sito, e dà la possibilità alla vittima di cyberbullismo – o ai suoi genitori – di chiedere al “persecutore”, al gestore del sito internet o del social media di oscurare, rimuovere o bloccare tutti i suoi dati. Se questi non provvedono entro 48 ore, l’interessato può rivolgersi al Garante della Privacy che interviene direttamente entro le successive 48 ore. Importante il ruolo della scuola: la legge, infatti, prevede la nomina in ogni istituto di un referente – di norma un professore – per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo. Al preside il compito di vigilare e di informare le famiglie dei minori eventualmente coinvolti. Ogni scuola, poi, dovrà stabilire un percorso formativo di educazione alla legalità e uso consapevole di internet. Per queste attività, la legge stanzia 200mila euro l’anno. Viene estesa al cyberbullismo la procedura di ammonimento del questore prevista in materia di stalking. La legge, infine, sancisce la nascita entro trenta giorni dalla sua entrata in vigore di un Tavolo tecnico interministeriale presso la Presidenza del Consiglio, con il compito di coordinare i vari interventi e di mettere a punto un Piano integrato contro il cyberbullismo.

Vaccinazioni obbligatorie gratuite Molto discusso il provvedimento sulle vaccinazioni obbligatorie. Il decreto del Ministro della Salute Lorenzin parte da un assunto: in Italia la copertura media delle vaccinazioni – alla data del dicembre 2016 – era “pericolosamente sotto le soglie raccomandate dall’OMS”. Secondo i dati del Ministero, ad esempio, dall’inizio del 2017 sono stati segnalati 2851 casi di morbillo, con un incremento di oltre il 500% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il decreto - Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale – rende quindi alcune vaccinazioni obbligatorie per i minori da zero a 16 anni; questo, con l’obiettivo di “assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epide-miologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, nonché di garantire il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale”.

Cyber bullismo, vaccini obbliga-tori, ma anche

lavoro autonomo e smart working. Questi alcuni dei

provvedimenti pubblicati nell’ul-timo mese in Gaz-

zetta Ufficiale.

Burocratiche

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 31

Le vaccinazioni obbligatorie e gratuite sono 12: anti-poliomielitica; anti-difterica; anti-tetanica; anti-epatite B (queste prime quattro, in realtà, erano già obbligatorie); anti-pertosse; anti-Haemophilus influenzae tipo b; anti-meningococcica B; anti-meningococcica C; anti-morbillo; anti-rosolia; anti-parotite; anti-varicella. Le dodici vaccinazioni obbligatorie divengono un requisito per l’ammissione all’asilo nido e alle scuole dell’in-fanzia (per i bambini da 0 a 6 anni); la violazione dell’obbligo vaccinale comporta l’applicazione di “significa-tive sanzioni pecuniarie”. Il decreto stabilisce che le dodici vaccinazioni devono essere tutte obbligatoriamente somministrate ai nati dal 2017. Quanto ai nati dal 2001 al 2016, devono essere somministrate le vaccinazioni contenute nel Calendario Vaccinale Nazionale relativo a ciascun anno di nascita. Senza il vaccino, non si potrà iscrivere il proprio bambino all’asilo nido e alle scuole dell’infanzia; diverso il caso della scuola elementare – che è scuola dell’obbligo. In questo caso i bambini possono iscriversi, ma il dirigente scolastico segnalerà la mancata vaccinazione alla Asl che convocherà i genitori. Il decreto, come dicevamo, ha generato non poche polemiche e anche la reazione di alcuni consigli regionali che hanno impugnato le norme.

Previdenza e nuove forme di lavoro Di tutt’altro tenore la legge sul lavoro autonomo e smart working, nata per adeguare la previdenza alle nuove forme di lavoro. Le norme (Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazio-ne flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato) – subito ribattezzate il “jobs act degli autonomi” - sono entrate in vigore il 14 giugno scorso. La legge è composta da 26 articoli divisi in due capi: il primo sulle tutele per i lavoratori autonomi che svol-gono la loro attività in forma non imprenditoriale (capo I), il secondo per sviluppare, all’interno dei rapporti di lavoro subordinato, “modalità flessibili di esecuzione delle prestazioni lavorative, allo scopo di promuovere la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. Nel dettaglio, viene riconosciuta ai professionisti la possibilità di dedurre le spese sostenute per la frequenza di corsi di formazione, convegni o master, per massimo 10mila euro l’anno. Come le piccole e medie impre-se, anche i lavoratori autonomi potranno accedere ai fondi europei per il periodo 2014-2020. Inoltre, essi, qualora costituiscano reti di imprese, consorzi stabili professionali o associazioni temporanee, potranno anche partecipare a bandi di gare al fine di ottenere l’assegnazione di incarichi o di appalti privati. Le amministrazioni pubbliche, in qualità di stazioni appaltanti, devono agevolare la parteci-pazione dei lavoratori autonomi agli appalti pubblici o a bandi per l’assegnazione di incarichi di ricerca o consulenza, favorendo il loro accesso alle informazioni.

Indennità di disoccupazione per collaboratori iscritti alla gestione separata Dal 1° luglio 2017 è resa strutturale la DIS-COLL, cioè l’indennità di disoccupazione rico-nosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla gestione separata; la DIS-Coll viene estesa anche agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca con borsa di studio. Alle lavoratrici e ai lavoratori iscritti alla gestione separata sarà riconosciuto un trattamento economico per congedo parentale per un periodo massimo pari a 6 mesi entro i primi tre anni di vita del bambino. Quanto allo Smart Working – il cosiddetto lavoro agile, che può essere svolto sia all’in-terno dell’azienda, che fuori – la legge prevede che esso dovrà essere rego-lamentato per iscritto e dovrà individuare sia i tempi di riposo del lavoratore che “le misure necessarie al fine di consentire la disconnessione del lavora-tore dalle strumentazioni tecnologi-che di lavoro”. Infine, il lavoratore “agile” dovrà avere lo stesso trat-tamento economico e normativo dei colleghi che svolgono le stesse mansioni.

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32 - La Rivista luglio - agosto 2017

di Paola Fuso CappelaniaDi lavoro e dintorni

Di importazione straniera, per molti ha rappresentato il motore del cambiamento del mercato del lavoro anche se, tirando le somme, più che per il contenuto la fattispecie è famosa per gli sgravi fiscali cui si accompagna. Ne è la riprova il messaggio 2243 del 2017, con cui l’INPS ha reso operativa la previsione dell’art. 47 co. 4 del Dlgs. 81/2015 (cd. Jobs act): si può essere assunti con contratto di apprendistato professionalizzante anche oltre i 29 anni di età, dando diritto al datore di fruire di incentivi contributivi (aliquota al 10% per 18 mesi) ed economici (50% della indennità di mobilità residua spettante eventualmente al lavoratore). Le assunzioni senza limiti di età (minimo 17 anni e massimo 29 anni) sono possibili a patto che i soggetti siano beneficiari della indennità di mobilità oppure di uno dei trattamenti di disoccupazione: Naspi, ex Aspi, e Mini-Aspi, Dis-Coll. In questi casi le assunzioni sono collegate al riconoscimento di incentivi per il datore di lavoro, oltre a quelli ricevuti perché si ricorre al contratto di apprendistato. Particolare importanza riveste il periodo temporale di applicazione degli incentivi. Per la mobilità occorre ricordare che la legge Fornero ha abolito le liste di mobilità e le relative assunzioni agevolate dal 1 gennaio 2017. A riguardo l’INPS ha precisato che la suddetta abrogazione non impatta sulle assunzioni in ap-prendistato di soggetti con età superiore a 29 anni, almeno fino a quando saranno erogate le indennità di mobilità. In merito alle assunzioni di percettori di mobilità con contratto di apprendistato senza limiti di età le regole sono differenti. Se questa fattispecie contrattuale ha durata triennale o quinquennale per il settore dell’artigianato, nel caso l’apprendista percepisca la mobilità, il regime contributivo agevolato si applica per i primi 18 mesi con aliquota contributiva ridotta al 15,84%: 10% a cari-co del datore e il restante 5,84% a carico del lavoratore. Dal 19mo mese in poi la contribuzione del datore è piena, mentre quella del lavoratore resta al 5,84% fino allo spirare del contratto. Inoltre, qualora il contratto da apprendistato confluisse in un contratto di lavoro subordinato, il nuovo accordo è soggetto a contribuzione piena, non trovando applicazione l’agevolazione prevista per la trasformazione del contratto di apprendistato. Per le assunzioni di percettori di disoccupazione (Naspi, Aspi, Mini-Aspi, indennità speciale di disoccupazione edile, Dis-Coll) il regime di incentivi appare più conveniente, fosse solo perché coincide con la durata del contratto di apprendistato (3, 5 anni). Inoltre la contribuzione da pagare per i datori con al massimo 9 dipendenti è pari a 8,95% (3,11% per il datore e 5,84% per l’apprendista) per i primi 12 mesi, 4,61% per il secondo (per il lavoratore la contribuzione è sempre al 5,84%) e 11,61% fino alla fine dell’apprendistato. Per i datori con più di 9 dipendenti la contribuzione è di 11,61% per i datori e di 5,84% per i lavoratori per tutta la durata del contratto. Anche in questo caso, in caso di trasformazione, si applicherebbe la contribuzione piena. Va da sé che sarebbe interessante capire se l’uso dell’apprendistato sia stato incoraggiato per far inserire soggetti con più di 29 anni da formare per settori diversi da quelli di provenienza o sem-plicemente per allungare i tempi di concessione delle agevolazioni contributive. Nel primo caso andrebbe ripensata, da parte di coloro che hanno speso anni per studiare e promuovere questa tipologia contrattuale (specialmente secondo e terzo tipo) la ratio della fattispecie o meglio la lungimiranza o meno di quegli studi; nel secondo caso si assisterebbe ancora una volta alle tante declinazioni di un Welfare che più che progettare, cura in maniera estemporanea e limitata le patologie del sistema.

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Apprendisti senza limiti di età? Si ma solo per certe categorie…

Il contratto di apprendistato è uno delle strut-ture giuridiche maggiormente studiate negli

ultimi anni.

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 33

La terza riforma dell’imposizione

delle imprese s’ha da fare.

Dopo che il popolo svizzero aveva chiaramente bocciato il primo progetto andato in votazione nel febbraio scorso perché considerato svantaggioso per troppi gruppi di interesse (dalle imprese che dovevano rinunciare ai privilegi fiscali cantonali ai lavoratori o indipendenti che non potevano fruire della tassazione privilegiata sui dividendi, ai Cantoni a piattaforma internazionale che temevano la partenza delle grandi holding internazionali) il Dipartimento federale delle finanze una volta sondati più approfonditamente interessi e umori a tutti i livelli ha rilanciato la riforma ribat-tezzandola “Progetto fiscale 17”.

I parametri fissati dal Dipartimento delle finanze su indicazione di un organo di co-ordinamento incaricato di completare la consultazione per garantire il successo della riforma risultano lievemente smussati e limitati rispetti al primo progetto, ma in so-stanza sono gli stessi. E soprattutto si è ritardata l’entrata in vigore della riforma, che certamente non avverrà prima del 2020, con sollievo dei più.

I nuovi parametri “corretti” sono i seguenti: – Eliminazione dei privilegi fiscali cantonali (società holding, domicilio, mista) e/o federali (finance branch, principal) – Introduzione di un patent box obbligatorio a livello cantonale secondo lo standard OCSE, escludendo privilegi per lo sviluppo di software; – Deduzione per ricerca e sviluppo (R&S) fino al 150% dei costi effettivi; – Limitazione dello sgravio massimo conseguito con patent box e R&S al 70% dell’utile conseguito (nel primo progetto: 80%); – Limitazione dello sgravio di dividendi da partecipazioni qualificate al 30% (quindi tassazione minima a livello federale e cantonale del 70%); – Correzione della perequazione Confederazione/Cantoni (21.2% a favore dei Cantoni; nel primo progetto 17%); – Aumento di 30 franchi dell’importo minimo degli assegni familiari e di formazione.

Nell’ambito del Progetto fiscale 17 i Cantoni vengono di fatto obbligati a procedere contemporaneamente alla Confederazione. Il messaggio del Consiglio Federale è previsto per la primavera del 2018. L’entrata in vigore della riforma, salvo un referen-dum che ad oggi non appare del tutto improbabile, non è prevista prima del 2020.

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Il rilancio della terza riforma dell’imposizione delle imprese

di Tiziana MarencoAngolo Fiscale

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 35

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L’imprenditore diligente, prima di procedere al deposito di un marchio, vuole ottenere una certa consapevolezza di tutte le tappe ed eventualità della procedura. A chi rivolgersi? Qual è la tem-pistica? Quali sono gli ostacoli procedurali? Quanto costa? La seguente panoramica si riduce alla protezione di un marchio a livello nazionale svizzero. Innanzitutto, va detto che l’IPI, quale autorità competente in materia di marchi in Svizze-ra, ha costituito l’utilissima piattaforma elettronica eTrademark (https://e-trademark.ige.ch), grazie a cui un marchio può essere depositato comodamente sul web. Infatti, guidando l’utente da un formulario online all’altro, l’IPI raccoglie tutte le informazioni necessarie per effettuare il deposito. Tuttavia, è sempre possibile l’inoltro di un’istanza “vecchio stampo”, ossia in forma cartacea. Per registrare un marchio, l’IPI riscuote una tassa base di CHF 550, che comprende la protezio-ne del marchio quale contrassegno di prodotti e/o servizi di 3 classi, definiti in ossequio della Classificazione di Nizza – a titolo d’esempio frutta (classe 31), bevande di frutta e succhi di frutta (classe 32), e servizi di catering (classe 43). Ogni classe supplementare costa CHF 100. In rete, l’IPI offre assistenza alla classificazione (https://wdl.ige.ch), di cui un richiedente può avvalersi gratuitamente. Depositata l’istanza di registrazione, la procedura può prendere due direzioni: se l’IPI ritiene che l’istanza sia completa ed è palese che non porrà problemi (in particolare per quanto riguarda la classificazione), può essere ammessa all’esame anticipato. In tal caso, l’IPI esamina l’istanza nel giro di 6 giorni, ed effettua la registrazione del marchio – se effettivamente non vi sono impedi-menti – appena il richiedente ha pagato le tasse. L’esame di tutte le altre istanze, invece, prende il proprio corso con il pagamento di dette tasse ed è di regola conclusa entro 3 mesi. Per una tassa supplementare di CHF 400, l’IPI sottomette l’istanza ad un esame accelerato di max. 2 mesi. In ogni caso, se il marchio adempie sia i criteri formali che quelli materiali, l’IPI iscrive il marchio al registro e lo pubblica su www.swissreg.ch. Altrimenti, l’IPI rilascia una decisione di rigetto, contro cui il richiedente può ricorrere presso il Tribunale amministrativo federale entro 30 giorni. La pubblicazione del marchio dà il via al cosiddetto periodo di opposizione di 3 mesi, durante il quale il titolare di un marchio anteriore può opporsi alla registrazione facendo valere il fatto per cui il marchio depositato sia identico al suo marchio o crei un rischio di confusione. La procedura di opposizione si svolge dinanzi all’IPI in forma scritta e sfocia o nella cancellazione del marchio contestato o nella reiezione dell’opposizione. Pertanto, per minimizzare il rischio di opposizione, è raccomandabile condurre una ricerca di marchi approfondita prima di procedere al deposito. Dall’altro lato, il titolare di un marchio dovrebbe continuamente monitorizzare le pubblicazioni al fine di potersi opporre alla registrazione di un marchio identico o simile entro la scadenza. La tassa per l’opposizione ammonta a CHF 800. Alla scadenza dei 3 mesi senza che sia stata presentata opposizione, il marchio beneficia di pro-tezione giuridica per un periodo di 10 anni, a partire della data di deposito. È sempre possibile rinnovare la registrazione per altri 10 anni, al costo di CHF 700. Infine, va detto che il titolare di un marchio, dopo un periodo di grazia di 5 anni, ha l’obbligo di utilizzo, ovvero l’obbligo di contrassegnare effettivamente i prodotti e/o servizi per i quali il marchio è stato registrato – altrimenti rischia di perdere la proprietà intellettuale.

[email protected]

Nel momento in cui l’imprenditore decide di deposi-tare un marchio

in Svizzera, la sua educazione giuridica in ma-

teria di proprietà intellettuale

non è di grande rilievo. Piuttosto,

da un punto di vista imprendi-toriale, si pre-

sentano rilevanti gli aspetti pratici della procedura

di deposito presso l’Istituto federale

della proprietà intellettuale (IPI).

Depositare un marchio in Svizzera – 2a parte

di Riccardo GeiserAngolo legale Svizzera

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36 - La Rivista luglio - agosto 2017

Beneficiario effettivo: un tema mai chiuso

di Paolo Comuzzi Convenzioni Internazionali

Certamente raggiungere una conclusione certa circa la condizione di beneficiario effettivo del percipiente è una cosa che possiamo definire impossibile per il soggetto erogante il quale non dispone di tutti gli elementi che prende in considerazione la Amministrazione Finanzia-ria (il percipiente fonda il suo convincimento su alcuni documenti che gli vengono prodotti e che sono il minimo indispensabile per raggiungere la conclusione circa la condizione del percipiente) e questo incide in modo pesante al momento della erogazione del reddito al soggetto non residente.

Commenti Il termine “beneficiario effettivo” presente nella quasi totalità degli accordi internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi stipulati tra l’Italia e gli altri Stati nel mondo, costi-tuisce un valido strumento giuridico per arginare il fenomeno denominato treaty shopping. Dicesi Treaty Shopping uno schema elusivo che si realizza in modo chiaro interponendo, tra un soggetto fiscalmente residente in uno Stato contraente (es. l’Italia) ed un soggetto resi-dente in un altro Stato (es. Paese extra-UE reale percettore dei flussi reddituali), una conduit company, ossia una società che non opera come beneficiario effettivo dei redditi ma è stata costituita, nell’ambito delle tipiche operazioni “back to back”, al solo scopo di ottenere un indebito risparmio fiscale, attraverso l’applicazione di un regime convenzionale non spettan-te che prevede l’esenzione o comunque l’indebita riduzione della ritenuta alla fonte prevista dalla normativa domestica (D.P.R. 600/1973)1. Importante dire che proprio l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 6/E del 30 marzo 2016, ha pienamente confermato la sostenibilità delle contestazioni relative all’assenza della qua-lifica di “beneficiario effettivo” o la natura di interposto reale in capo ad un determinato veicolo societario, operate sulla base di un’analisi caso per caso ed avente ad oggetto, prin-cipalmente, la natura back to back dei finanziamenti, ad esempio in termini di importo, condizioni, tassi, termini di pagamento e clausole “non recourse”2. In tale contesto, le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi ispirate al modello OCSE, contengono specifiche clausole antiabuso necessarie a contrastare feno-meni di pianificazione fiscale internazionale e prevenire forme di “abuso convenzionale” e

1 In questo senso Bargagli in Euroconference del giorno 20 Giugno 2017. 2 La questione richiede complesse analisi dei documenti per determinare il rischio esistente in capo al percettore. 3 Sempre Bargagli.

Abbiamo sempre indicato che il tema

del beneficiario effettivo è uno

dei temi centrali delle convenzioni contro le doppie

imposizioni e che di questo non esiste

alcuna definizione nella norma inter-

na (salvo volersi riferire alla norma

di cui all’articolo 37 del d.P.R.600/1973

in tema di interposizione).

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 37

Convenzione internazionale stipulata tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popola-re ungherese tesa ad evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio ed a preveni-re le evasioni fiscali, ratificata con la L. 509/1980 non contiene la clausola del beneficiario effettivo. Resta che detta clausola ormai deve considerarsi un principio immanente del dettato convenzionale e quindi, a prescindere dalla sua inclusione o meno nell’ambito della convenzione la stessa esiste e si considera presen-te nella normativa convenzionale che deve essere interpretata tenendo con-to anche di questo elemento. Possiamo certamente dire che pensare di resistere in giudizio invocando l’as-senza della previsione nell’ambito del-la convenzione si rivela un argomento debole e di “difficile comprensione” per una giustizia sostanziale e legata alla evoluzione del commentario OCSE come è quella tributaria sulle materie internazionali.

Conclusioni Torneremo sul punto anche tenendo conto di quanto avviene con riferi-mento ai documenti del cd BEPS ma possiamo certamente concludere che questo elemento (beneficiario effet-tivo) è ormai un elemento vitale per qualsiasi consulente che si occupi della tassazione di flussi reddituali che par-tono dal nostro paese e raggiungono un soggetto non residente.

dobbiamo dire che la “clausola del beneficiario effettivo” è presente nella gran parte dei trattati internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi stipulati dall’Italia con altri Paesi, nella Direttiva comunitaria n. 2003/49/CE (interessi ca-noni) e, simmetricamente, anche in talune disposizioni domestiche (es. articolo 26-quater del citato D.P.R. 600/1973). Come indicato dalla dottrina (Bargagli) possiamo accettare che lo scopo della clausola è proprio quello di contrastare l’interposizione di un soggetto terzo (es. Alfa B.V. Olanda) tra l’erogante dei redditi (es. Beta S.p.A. residente in Italia) ed il beneficiario finale degli stessi (es. Gamma Inc. USA), al fine di sfruttare, indebita-mente, la Convenzione bilaterale. Attualmente questa nozione mobile si è attestata, dopo varie modifiche ed inte-grazioni come da l’edizione 2014 del modello OCSE di Convenzione (cfr. articoli 10, 11 e 12) e del relativo Commentario nel prevedere che è considerato il bene-ficiario effettivo dei flussi reddituali un soggetto (percettore dei redditi) quando lo stesso gode del diritto di utilizzo dei flussi reddituali (right to use and enjoy) e non sia, conseguentemente, obbligato a retrocedere gli stessi ad altro soggetto, sulla base di obbligazioni contrattuali o legali, desumibili anche in via di fatto (un-constrained by a contractual or legal obligation to pass on the payment received to another person). Ciò detto, giova ricordare3 che nel panorama convenzionale di riferimento non tutti gli accordi bilaterali contengono la specifica clausola antiabuso del bene-ficial owner e si pensi, per fare un esempio che la convenzione tra l’Italia e l’Ir-landa per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, ratificata con la L. 583/1974 non contiene la clausola del beneficiario effettivo.

Infatti, esaminando l’accordo internazionale, possiamo rilevare che: i dividendi pagati da una società residente di uno Stato contraente ad un re-sidente dell’altro Stato contraente sono tassabili in detto altro Stato (Irlanda); tuttavia, tali dividendi possono essere tassati nello Stato contraente di cui la società che li paga è residente (es. Italia), ed in conformità alla legislazione di questo Stato, ma l’imposta così applicata non può eccedere il 15 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi; gli interessi provenienti da uno degli Stati contraenti e pagati ad un residente dell’altro Stato contraente sono tassabili in questo altro Stato; tuttavia, tali interessi possono essere tassati nello Stato contraente dal qua-le essi provengono, e in conformità della legislazione di questo Stato, a condizione che l’imposta così applicata non ecceda il 10 per cento dell’am-montare degli interessi stessi; i canoni (royalties) provenienti da uno Stato contraente e pagati ad un residente dell’altro Stato con-traente non sono tassabili che in detto altro Stato.

In modo del tutto analogo, anche la

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La Svizzera prima della SvizzeraNon si può parlare di Storia della Svizzera senza conoscere gli avvenimenti che precedettero la formazione del primo nucleo della Confederazione Elvetica, nel lontano 1291. Bisogna, infatti, avere un quadro, anche se solo per sommi capi, di quei fatti che furono all’origine del lungo e difficile percorso che, dopo oltre cin-que secoli, avrebbe portato all’unità geografica e politica di questo Paese nei suoi confini attuali. Storia molto complessa e ancora più affascinante, se si considera che il suo territorio non ha costituito «mai un’unità né politica né linguistica», né «culturale o economica». C’è dunque una Storia della Svizzera prima della Svizzera, che bisogna conoscere per capire a fondo gli avvenimenti che hanno portato poi alla formazione e al duraturo mantenimento, nei secoli, della Confederazione Elvetica. Tindaro Gatani, nostro prezioso collaboratore, ricercatore e appassionato studio-so dei rapporti italo-svizzeri, ha raccolto l’invito di realizzare una sintesi della storia di questo Paese dalle origini alla fondazione della Confederazione. Il risultato di questo lavoro sono le 13 puntate apparse sulla Rivista da gennaio 2012 a febbraio 2014, che, dopo un’attenta revisione, rispondendo anche alla richiesta di molti lettori, vedono la luce sotto forma di un volume.

Chi fosse interessato può richiedere copia del volume al prezzo di CHF 25.— (+ costi di spedizione) inviando una mail a: [email protected] oppure telefonando allo 044 289 23 19

La Svizzera: da Morgarten (1315) a Marignano (1515) Le puntate apparse su «La Rivista», dal marzo 2014 a settembre 2015, sono state adesso raccolte in un volume curato dallo stesso autore, Tindaro Ga-tani, con il titolo La Svizzera: da Morgarten (1315) a Marignano (1515), nel quale si narrano gli avvenimenti di quei duecento anni che videro la Nazione elvetica diventare la più grande potenza militare europea. La pubblicazione si aggiunge al primo volume La Svizzera prima della Svizzera, edito sempre dalla Camera di Commercio Italiana di Zurigo.

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Giacomo Casanova in SvizzeraIl nostro collaboratore Tindaro Gatani ha pubblicato un interessante volume sulle avven-ture amorose di Giacomo Casanova in Svizzera, la prima opera in italiano che tratta delle gesta del grande libertino e avventuriero veneziano in Terra elvetica. Nella premessa, tra l’altro, l’autore scrive: «Tutte le pubblicazioni sulle avventure di Giacomo Casanova sono coronate da successo, non sempre, però, per merito dei vari curatori ma, piuttosto, per il brillante racconto che, nella sua Storia della mia vita o Memorie, ne fa lo stesso avventu-riero veneziano, che ha saputo unire l’arte di grande amatore con quella di consumato affabulatore. Per non appropriarmi della sua forza narrativa ho voluto che fosse lui stesso, con il suo racconto, a condurre i lettori attraverso la Svizzera del suo tempo. Per questo mi sono limitato solo a riassumere, a chiosare, a soffermarmi su alcune alte personalità dell’Ancien Régime elvetico, il periodo storico che precedette la Rivoluzione francese e la bufera napoleonica che avrebbe, poi, investito, sovvertendola, la vecchia Confederazione. (…) Da parte mia ho seguito le sue gesta servendomi dell’aiuto di quanti mi hanno pre-ceduto sulle sue orme nello stesso itinerario e, soprattutto, della guida esperta di Pierre Grellet (1881-1957) che, con Les aventures de Casanova en Suisse, pubblicate a Losanna nel 1919, ha saputo tracciare con maestria un quadro puntuale e fedele delle sue imprese in Terra elvetica. (…)».

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 39

Giustamente i media di tutto il mondo hanno dato grande rilievo alla recente elezione del giovane presi-dente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Una figura dall’apparenza pragmatica, colta ed equili-brata. Uno spiraglio di speranza per molti in mezzo a tempeste planetarie portatrici di crisi, odi, deliri ideolo-gici, attacchi e minacce di ogni tipo. Accanto alla dimensione politica di tale elezione, un’altra più personale ha avuto molta risonanza sui media e sui social: la moglie del nuovo presidente, Brigitte, ha ben 24 anni più del marito!

La singolare accoppiata è salutata da alcuni come un ulteriore progresso in direzione della parità dei sessi, una testimonianza di come il valore della donna non sia più soltanto legato alla freschezza delle sue curve e alle funzioni riproduttive. Un contrappunto insomma al costume praticato da molti maschi della terza età (e oltre) in posizione di potere che amano da sempre esibire compagne giovani e avvenenti, come simbolo di riuscita sociale e mezzo per mostrare di potersi permettere ciò che di meglio offre il mercato. La storia e l’attualità sono piene di esempi di questo tipo: Berlusconi e le sue finte nipoti; Trump affiancato da una statuaria modella coetanea della figlia; Woody Allen che convola a nozze con la figlia adottiva, Soon-Yi, della sua ex-moglie cinquantenne Mia Farrow. E la lista di potenti, big della finanza e star dello spettacolo che inseguono lo stesso modello è quasi infinita.

Il maschio molto più attempato della compagna è considerato un fenomeno quasi normale, mentre i casi di mogli molto più anziane rimangono stigmatizzati. Lo charme innegabile della sessantaquattrenne Brigitte contribuirà probabilmente a valorizzare l’attrattiva e il carisma di molte donne avanti con gli anni, ma rimarrà un’eccezione. I costumi hanno radici storico-sociali-ideologiche (elefanti spesso invisibili) che non si rivoluzio-nano in pochi decenni di qualche conquista sul piano dell’uguaglianza dei sessi.

Cosa alimenta l’innamoramento di un partner di un’altra generazione? Per i maschi che applicano la legge dell’inversamente proporzionale (più divento vecchio più mi scelgo una partner giovane) si parla in genere del bisogno di dimostrare a se stessi, e soprattutto agli altri, di essere ancora al top sessualmente e fisicamente. Per loro è stato persino creato un neologismo: papi-boys, uomini convinti che la giovinezza si trasmetta come un virus attraverso il rapporto sentimentale con una donna molto più giovane. Molte donne e molti uomini avanti con l’età possono inoltre cercare attraverso conquiste nel fiore degli anni di rivivere le passioni amorose della giovinezza. Freud e il complesso di Edipo sono altresì spesso evocati nei casi di grandi differenze di età tra lui e lei. Come è noto, tale complesso spiega la maturazione affettiva e sessuale del fanciullo(a) attraverso l’identificazione con il genitore del proprio sesso e il desiderio nei confronti del genitore di sesso opposto. Si basa sul mito greco di Edipo: questi a sua insaputa, uccise il padre Laio e, altrettanto inconsapevolmente, sposò la propria madre Giocasta. Nel campo delle scienze dell’educazione si ritiene che il fenomeno, non infrequente, dell’innamora-mento di allievi e studenti nei confronti di questo o quell’insegnante sia nient’altro che un riemergere di tale dinamica sotterranea. Dinamica presente nella storia d’amore dei Macron? Domanda forse poco discreta. Ciò che si può constatare è che Emmanuel e Brigitte ci tengono a inviare una grande quantità di segnali (verbali e non verbali) per mo-strare al mondo che la differenza di età non pesa a nessuno dei due e che formano una coppia solidale e forte.

La cultura francese ha in sé inoltre alcune tracce che possono favorire una lettura valorizzante dell’amore tra un giovane Romeo e una matura Giulietta. Un film di qualche anno fa, “Belle-maman” (suocera), ha avuto un largo successo raccontando come Catherine Deneuve, affascinante sessantenne madre della futura sposa, soffia il fidanzato alla figlia! Tempo prima, la relazione tra Edith Piaf e il suo ultimo amante Théo Sarapo di quattro lustri più giovane non aveva suscitato grandi scandali. In un passato ben più lontano, nel Cinquecento, la storia narra il mitico amore tra Enrico II, re di Francia (sposato a Caterina de’ Medici) e Diana di Poitiers: vent’anni più di lui, bellissima, colta, raffinata. Quarantenne eccezionalmente seducente a un’epoca in cui le donne sfiorivano nello spazio di poche primavere. Nonostante la differenza di età non c’era donna che potes-se competere con lei e il cuore del sovrano era saldamente in pugno della leggiadra Diana. Ciò fin dalla tenera età di Enrico, quando la futura amante seppe mostrargli affetto e riconforto in occasione della sua partenza per l’esilio in Spagna come merce di scambio richiesta dall’Imperatore Carlo V per liberare il padre Francesco I. Amori da leggenda dunque e non certo avvisaglie di nuovi costumi.

Quando Giulietta ha qualche lustro più di Romeo…

di Vittoria Cesari LussoL’elefante Invisibile1

1 Una vecchia leggen-da indiana narra di un elefante che pur

muovendosi tra la folla con al sua impo-

nente mole passava comunque inosser-

vato. Come se fosse invisibile…

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La Svizzera centro di qualificate attività culturali e artistiche

Uomini illustri di respiro europeo La lunga serie di mediatori si apre con il medico e naturalista Phlipp Theophrast Bombast von Hohenheim (Einsiedeln 1493-Salisburgo 1541), conosciuto come Paracelso, il maggiore e più caratteristico rappresentante del naturalismo tedesco. Definito anche dai moder-ni storici uomo geniale con una concezione nuova della dottrina e della pratica medica, perché ha osato, tra i primi, combattere le antiche credenze. Paracelso fu un innovatore di respiro europeo. Studiò a Vienna, fu chirurgo a Venezia, esercitò la professione di medico, tra l’altro, a San Gallo, a Strasburgo, a Norimberga, a Colmar, a Klagenfurt e a Salisburgo. Ci lasciò ponderate opere di grande valore scienti-fico. Carl Gustav Jung (1875-1961), lo ha considerato «un padre delle scienze naturali, un pioniere della scienza medica e del nuovo spirito», divenuto «simbolo di un importante mutamento nella concezione della malattia e della vita in genere» (JUNG

Carl Gustav, Conferenza del giugno 1929, al Ponte del Diavolo, casa natale di Paracelso). Contemporaneo di Paracelso è stato Conrad Gesner ,anche Konrad Gessner (1516-1565), uno dei più grandi naturalisti del Cinquecen-

La storia svizzera, dall’avvento della Riforma (1525) alla formazione dello Stato federale (1848), non fu solo un susseguirsi di guerre, di scontri interni e internazio-nali, di lotte fratricide, ma è stata contrassegnata, anco-ra una volta, da qualificate attività culturali, artistiche e commerciali. La Svizzera ha continuato a svolgere la funzione di cassaforte della cultura europea, di cui molti scienziati e letterati di questo Paese ne divennero intelligenti mediatori. Un ruolo, quello dell’Helvetia me-diatrix, che diede i suoi frutti soprattutto nelle relazioni tra Germania e Italia.

Dalla Svizzera degli Stati a

quella federale

di Tindaro Gatani

Josias Simler o Simmler (1530-1576), teologo e naturalista zurighese, autore del De Alpibus commentarius, in una stampa d’epoca

Johann Jakob Bodmer (1698-1783), scrittore e letterato svizzero del XVIII secolo, un quadro d’epoca.

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to. Fu teologo, bibliografo ed erudito poliedrico, che si occupò di fi-losofia, di filologia, di botanica, di zoologia e anche di medicina. Per la sua Bibliotheca Universalis è considerato il primo autore di una bibliografia ragionata delle opere in greco, in latino e in ebraico. La sua è un’opera monumentale che mette insieme tutto lo scibile delle tre maggiori culture europee del suo tempo. Anche Gesner è stato scienziato di largo respiro europeo: dopo Zurigo aveva proseguito i suoi studi a Strasburgo, a Basilea e a Montpellier. Era stato quindi insegnante di greco a Losanna e di fisica aristotelica al Carolinum nella sua città natale, della quale divenne anche medico. «Si stampa in quella e in altre terre dell’Helvetia comunemen-te in latino, tedesco, italiano e francese, né proibiscono libro di qualsivoglia sorte, benché toccante la fede». Così, come ab-biamo già detto, l’inviato veneziano Giovanni Battista Padavino scriveva nel 1608 da Zurigo al Doge per informarlo sulla fervida attività culturale della città (Giovanni Battista Padavino, Del go-verno e stato dei signori svizzeri, a cura di Vittorio Ceresole, Vene-zia, tipografia Antonelli, 1875, p. 9). E con il Padavino anche gli altri viaggiatori italiani, che arrivavano sulle rive della Limmat si meravigliavano per i numerosi gabinetti scientifici, per le ricche biblioteche private, per le raccolte di opere d’arte. Tra gli altri, anche Alessandro Volta, nel 1777, ammira quelle che lui chiama «le stupende collezioni di Storia naturale» presso i privati e gli istituti di Zurigo (Alessandro Volta, Lettera a Marsilio Landriani, datata Como 18 novembre). La cosa che maggiormente impressionava gli Italiani era tuttavia l’alto numero di scienziati e letterati che vi fiorivano. A dieci anni di distanza dal passaggio del Volta, un altro italiano, Aurelio de’

Giorgi Bertola, tra l’altro, notò: «I letterati di questa città sono in numero che non è proporzionale alla popolazione, sono quanti ne potrebbe avere una grande città...» (Aurelio de’ Giorgi Berto-la, Diari del viaggio in Svizzera e in Germania (1787), a cura di Michèle e Antonio Stäuble, Firenze 1982, p. 114).

L’Atene della Limmat La Zurigo del Settecento, tutta rinchiusa nella cerchia delle vecchie mura, più simile a un modesto paese della provincia italiana che a una grande città, era diventata il centro di una cultura che si irradia-va in tutta l’Europa. Una cultura «il cui splendore — come nota Wil-liam Martin — fu grande» e «soprattutto protestante». Quello splen-dore culturale era la diretta conseguenza dello sviluppo economico: «Una volta di più — aggiunge il Martin — si verificò la legge che afferma non darsi cultura senza benessere» (MARTIN William, op. cit., p. 139). La Zurigo del XVIII secolo, per il suo fervore in ogni campo delle let-tere e delle scienze, si era addirittura meritata l’appellativo di Atene della Limmat. A dare particolare lustro alle sue molteplici attività cul-turali erano state le feconde attività di Johann Jacob Bodmer (Grei-fensee 1698 - Zurigo 1783), fondatore, tra l’altro, della Gesellschaft der Mahlern (1720), che divenne un famoso circolo letterario. Sulle orme del Bodmer ben presto altri studiosi fondarono nuove società e circoli di lettura. Nacquero e si svilupparono così, nel corso del secolo dei lumi, la Società scientifica (Wissenschaftliche Gesellschaft), la Società di medicina (Medizinische Gesellschaft), la Società dei naturalisti (Naturforschende Gesellschaft) e quella giuridica (Juristische Gesellschaft), senza contare poi i vari circoli di lettura e di musica che, sul modello francese, avevano sede nei salotti delle famiglie più agiate. Grande amico di Johann Jacob Bodmer fu il suo concittadino Johann Jacob Breitinger (1701-1776). I due zurighesi collaborarono ai celebri Discourse der Mahlern, in cui, sull’esempio dello Specta-tor dell’inglese Giuseppe Addison, le discussioni letterarie si alterna-vano alle dispute sulla morale e sul costume. Fu sui Discourse der Mahlern che i due zurighesi elaborarono, in difesa della «poesia per eccellenza» dell’inglese John Milton (1608-1674), quella teoria del meraviglioso o meglio della abstractio imaginationis («verosimile mascherato»), che li contrappose al tedesco Johann Christoph Gott-sched, capo della cosiddetta Scuola sassone e propugnatore di una poesia fondata sulla natura e sulla ragione. L’animosa disputa con-tro «la prosaica e pedantesca prepotenza del Gottsched» porterà Bodmer e Breitinger alla fondazione, nel 1740, della rivista Kritische Dichtkunst. Il motivo del dissidio tra le due Scuole è così riassunto da G. Vittorio Amoretti: mentre il Gottsched «era convinto di poter dettare le norme secondo le quali si diventava capaci di far poesia, i due zurighesi davano maggior peso all’ispirazione, alla natura, alla fantasia» (AMORETTI Giovanni Vittorio, Storia della letteratura tede-sca, Casa editrice Giuseppe Principato, Milano - Messina, 1970, p. 144). Così ai modelli francesi del Gottsched, Bodmer e Breitinger contrapponevano quelli inglesi, dal Milton allo stesso Shakespeare. La disputa con il Gottsched e la possibilità di una poesia al di fuori

Albrecht von Haller (1708-1777), medico, botanico e poeta bernese, autore di un poemetto sul Le Alpi.

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dei canoni e dei modelli da lui dettati condurranno i due zurighesi ad avvicinarsi alla poesia medievale germanica del Nibelungenlied, del Parzival e del Minnesang. La Scuola di Zurigo si rifaceva alle reminiscenze letterarie dei greci antichi, ai poeti e ai teorici inglesi, ma anche al pensiero degli stu-diosi di estetica italiani come il Gravina, il Muratori e Pietro Calepio (1693-1762) con il quale, per oltre un trentennio, il Bodmer fu lega-to da fraterna amicizia. Poiché «i grandi uomini — come sottolinea il Martin — non sono mai soli» (MARTIN William, op. cit., p. 139). Accanto a quelli citati, nella Zurigo del Settecento fiorirono a Zurigo molti altri personaggi di alta cultura. Basta ricordare il celebre pastore riformato Johann Kaspar La-vater; il poeta-pittore Salomon Gessner; Johann Heinrich Lips, incisore amico e collaboratore del Lavater, di Angelica Kauffmann e del Goe-the, che lo volle all’Accademia del disegno di Weimar.

Grande centro culturale Nella Zurigo del Settecento fiorirono anche Leonardo Usteri, diret-tore della Biblioteca civica e fondatore di una scuola femminile; Johann Kaspar Hirzel, medico e scienziato di fama; lo scrittore Leonardo Meister, amico del Pindemonte; e poi ancora tutta una miriade di altri scrittori, pittori, scultori che frequentemente si re-cavano e soggiornavano in Italia. Come grande centro culturale, l’Atene della Limmat potenziò il suo ruolo di mediatrice di cultura

tra i diversi Stati europei. Il fervore intellettuale del Settecento zurighese non fu un fenomeno passeggero, ma la continuità di lusinghieri precedenti e un presup-posto dell’intensa attività culturale che attraverso il XIX secolo si è protratta, arricchendosi di sempre nuove iniziative e manifestazioni, sino ai giorni nostri. Una così intensa attività culturale ha avuto il supporto di ben fornite biblioteche private e pubbliche. Con il pas-sare del tempo le prime andarono ad arricchire le seconde. Infatti: le raccolte personali delle famiglie e degli uomini illustri della città sono spesso confluite, sotto forma di lasciti o fondi, nella Bibliote-ca Civica (Stadtbibliothek), nata come Società privata su iniziativa di un gruppo di intellettuali e commercianti zurighesi nel lontano 1629 e, dal 1631, ebbe come sede i locali della Wasserkirche. Accanto alla Civica e ai Circoli di lettura fiorirono a Zurigo, dalla se-conda metà del Settecento, alcune biblioteche private, appartenenti a librai e stampatori che, oltre a vendere i libri, li prestavano ai lettori die-tro un modesto compenso. Con la fondazione dell’Università (1833) e quindi per soddisfare l’esigenza di insegnanti e studenti, nel 1835, la città e il Cantone di Zurigo istituirono la Biblioteca Universitaria e Can-tonale (Universität und Kantonsbibliothek) con sede nel Coro della Chiesa dei Predicatori (Chor der Predigerkirche). L’università era stata fondata grazie all’iniziativa, tra gli altri, anche di Johann Caspar von Orelli, già insegnante ai figli degli Svizzeri di Bergamo, e amico di Ugo Foscolo e di Alessandro Manzoni del quale aveva officiato, a Milano, le nozze con la ginevrina Enrichetta Blondel. L’anno prima, nel 1834, era stata fondata sulle rive della Limmat la Museumsgesellschaft, un importante centro di lettura che, accanto ai libri, offriva ad un pubblico raffinato la possibilità di consultare riviste e giornali non solo svizzeri, ma anche tedeschi, inglesi e fran-cesi. Tra il XVI e il XIX secolo, mentre la Confederazione si andava faticosamente formando nei suoi confini attuali, accanto a Zurigo tante altre città furono centro di rigogliose attività culturali di ca-rattere europeo. Basilea, sede della più antica università svizzera, fondata nel 1459 sul modello di quella di Bologna, dopo essere stata la città di Erasmo da Rotterdam (1466-1536), diede i natali a Daniel Bernoulli (1700-1772) e a Leonard Euler o Eulero (1707-1783), due dei massimi matematici e fisici del loro tempo. Di Berna basta ricordare Albrecht von Haller (1708-1777), medi-co, scienziato e «massiccio alpino dell’erudizione» cantore delle Alpi. Tra i più famosi figli di Ginevra ci sono Jean-Jacques Rosseau (1712-1778), filosofo, scrittore e musicista e Horace-Bénédict de Saussure scienziato e naturalista che fu l’antesignano dell’alpi-nismo europeo. Tutta la Svizzera fu un fervore culturale e artistico che si irradiò in tutta Europa. Ai ginevrini Jean-Jacques Rosseau e Horace-Bénédict de Saussure, al bernese Albrecht von Haller e allo zurighese Salomon Gessner, a cui si aggiunse il suo concittadino Johann Heinrich Füssli (1741-1825), letterato e pittore famoso in Inghilterra con il nome di Henry Fuseli, dobbiamo l’invenzione mo-derna del paesaggio. Parlando del soggiorno nella Confederazione di Giacomo Casanova del 1760, Pierre Grellet nota che il paesaggio elvetico, come quello di tutti gli altri paesi visitati e descritti dal veneziano, come in tutti i racconti degli altri scrittori di allora e di prima di allora, è com-

Salomon Gessner (1730-1788), poeta e pittore zurighese, in suo autoritratto.

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pletamente assente. Non c’era ancora una «visione geografica dei paesaggi». Il veneziano aveva attraversato nel suo viaggio di andata a Einsiedeln la stessa vallata che presto sarebbe divenuta famo-sa in tutta Europa con gli Idilli di Salomone Gessner (1730-1788), pubblicati per la prima volta già quattro anni prima del suo arrivo in Svizzera, senza, tuttavia notare le bellezze naturali dei luoghi.

L’invenzione del paesaggio In tutto questo, afferma giustamente il Grellet, non c’è nulla di sor-prendente: «Nel 1760, il paesaggio non era stato ancora inventato, La Nouvelle Héloïse [di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778)], che ha dato origine al turismo sentimentale vent’anni prima della creazione da parte di Horace-Bénédict de Saussure [1740-1799] del turismo scientifico generalizzato poi sotto il nome di alpinismo, comparirà nel 1761». Cioè a dire l’anno dopo il soggiorno svizzero di Casanova, mentre «il grande poema Le Alpi di Albrecht von Haller [1708-1777], data, è vero, del 1731, ma i quadri che il sapiente ber-nese ha tracciato da filosofo piuttosto che da pittore, sono destinati più a illustrare un pensiero di ordine sociale e morale che a piacere. Più che la bellezza grandiosa della natura alpestre, egli celebra la virtù dei contadini opposta alla rilassatezza di una società pervasa dalla corruzione» (GRELLET Pierre, Les aventures de Casnaova en Suisse..., Losanna 1919). Merito degli Svizzeri fu quello di elevare dall’orrido al sublime le loro montagne. Le Alpi fino allora fattori di paure e maledizioni di tutti coloro che le dovevano attraversare si trasformarono in luo-ghi affascinanti, ricchi di miti, di storia, di cultura e di arte. Dopo gli Svizzeri, furono i visitatori stranieri, primi gli Inglesi a cantare la «saggezza delle montagne» ovvero la saggezza che l’uomo riceve in dono dalle montagne che abita, che studia, che frequenta. Agli Svizzeri si aggiunsero, dunque, molti scrittori e naturalisti europei, facendo a gara tra loro nell’elogio delle montagne. Fu un fiorire di studi per ricordare che esse, come luoghi più vicini al cielo e quindi sede degli immortali, sono state care a tutte le religioni. I greci elessero a dimora dei loro dei la cima dell’Olimpo. La stessa Bibbia testimonia la scelta di un monte, il Sinai, per il patto tra Dio e Mosè codificato nelle tavole dei Dieci comandamenti. Buddisti e taoisti in Asia costruirono sulle montagne più alte i loro luoghi di culto ancora oggi meta di pellegrinaggi dei fedeli. E che dire del culto delle montagne da parte delle tribù dell’America settentriona-le e ancor più degli indios dell’America meridionale con in testa gli Incas della cordigliera andina con i loro più alti villaggi della Terra? Grazie agli scrittori e ai poeti svizzeri le montagne furono conside-rate l’origine del Mondo perché da esse scaturiscono i corsi d’ac-qua che, come elemento vitale per flora e fauna, stanno alla base di molti miti naturalistici sulla nascita dell’Universo. Tra i primi a seguire gli Svizzeri nell’elogio delle Alpi troviamo il francese Jules Michelet (1798-1874), che le chiamò «il castello d’acqua d’Eu-ropa». Esse con i loro ghiacciai, i loro torrenti, i loro laghi e i loro fiumi immensi riversano infatti la vita sul nostro Continente. Il mito della montagna non nacque, però, improvvisamente per caso nel Settecento. Già due secoli prima un altro svizzero, Josias Simler o Simmler (1530-1576), parlando della sua misteriosa attrazione

per i monti, nell’introduzione al suo De Alpibus, tra l’altro, aveva scritto: «In tutte le latitudini terrestri si trovano ugualmente pianure e montagne. Ma non so per quale ragione la vertiginosa altezza delle seconde colpisce e attrae il nostro animo stupefatto più che l’immensa distesa delle prime. Perciò gli antichi mortali giudica-rono come luoghi più convenienti al culto divino le vette, poiché incutevano uno stupore non ignobile, e anche il volgo riteneva che punti così eccelsi del globo avessero la presenza divina... Cer-tamente il nome di Alpi fu attribuito alle montagne altissime che separano l’Italia dalla Francia e dalla Germania, per il loro cando-re, poiché albicano (biancheggiano) di nevi quasi eterne. Infatti i Sabini, come annota Festo Pompeo, dicevano alpus quello che poi fu l’albus dei Latini; e di qui il nome delle Alpi» (SIMLER Iosia, Com-mentario delle Alpi, a cura di Carlo CARENA, Locarno 1998, 25-27).

La scuola pedagogica svizzera Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, la Svizzera fu anche sede di alti studi pedagogici. Tra i primi maestri conosciuti per il loro impegno culturale ci fu il luganese Francesco Soave (1743-1806), della congregazione dei padri somaschi che fu, tra l’altro, professore a Milano e direttore delle scuole elementari di

Johann Heinrich Pestalozzi (1746-1827), pedagogista zurighese in un dipinto attribuito a F.G.A. Schöner.

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tutta la Lombardia, insegnante al collegio dei somaschi di Luga-no, dove ebbe alunno Alessandro Manzoni, a Napoli, di nuovo a Milano al liceo di Brera, al Collegio nazionale di Modena, all’u-niversità di Pavia. Fu autore di accurate pubblicazioni destinate all’insegnamento e di una raccolta di Novelle morali, che, con più di 100 edizioni tra il 1782 e il 1909, rappresentano un classico della letteratura per l’infanzia. Tra i pedagogisti svizzeri di allora si erge su tutti il nome dello zurighese Johann Heinrich Pestalozzi (1746-1827), grande edu-catore che si dedicò, insieme alla moglie, la concittadina Anne Schulthess, a vasti progetti per migliorare le condizioni degli strati più poveri della popolazione. Nonostante le delusioni, i fallimenti e la derisione dei suoi stessi concittadini, continuò imperterrito a meditare e a trovare delle soluzioni a tutte le questioni educative e sociali che investivano tutto il Paese in quel particolare momen-to storico. Mentre infuriavano gli scontri militari, la Repubblica el-vetica gli affidò la direzione dell’orfanotrofio di Stans, capoluogo del Canton Nidvaldo, che ospitava alcuni bambini orfani a causa degli scontri militari e civili. Dopo il fallimento dell’esperienza di Stans per motivi bellici, fondò una sua scuola a Yverdon, divenu-ta famosa in tutta Europa. Il suo fu un vero e proprio manifesto di contrasto alla povertà e all’ignoranza delle classi più deboli. Alla predica della solidarietà verso gli altri, Pestalozzi aggiunse il concetto di educazione del cuore, cioè dell’affettività e del sen-timento, e una proposta educativa allargata a tutti. La Svizzera moderna, e con essa l’Europa, deve molto al suo insegnamento. Altro grande pedagogista svizzero fu il friburghese padre Grégoi-

re Girard (1765-1850), un francescano che dedicò tutta la sua vita all’istruzione dei bambini più poveri, assegnando al maestro il compito di allargare tutte le implicazioni educative con un suo Project d’instruction pour toute la Suisse (1798). La necessità di garantire l’insegnamento gratuito ai più poveri portò, in quel lasso di tempo, il filantropo bernese Filippo von Fellenberg (1771-1844), a fondare, nel 1807, accanto a un asilo per bimbi bisognosi, un Istituto di Istruzione per i figli di alta condizione sociale, dove si insegnavano, insieme a una buona cultura generale e alla cono-scenza delle lingue, le tecniche agricole più avanzate. I proventi di questo Istituto venivano poi reinvestiti nelle scuole per i poveri. Fu tale la fama dell’Istituto di Hofwyl che la nobiltà di mezza Europa vi mandò i propri figli a studiare o a farvi pratica di educazione alla democrazia, tanto da essere considerato da parte di alcuni governi reazionari del tempo una culla di «sette politiche del libe-ralismo». Diversi Stati europei, con in testa la Russia dello zar Ales-sandro I, vietarono ai loro sudditi di mandare i figli a studiare «in quel pericoloso nido di corruzione politica del Fellenberg». Molti furono gli Italiani agiati che, nonostante le proibizioni, inviarono i loro figli a Hofwyl. Lungo è l’elenco dei visitatori giunti dalla vicina Penisola: Pellegrino Rossi, Tullio Dandolo, Carlo Cattaneo, Filippo Ciani, i fratelli Ricasoli di Firenze, Camillo Cavour, il barone Fridani di Sicilia e tanti altri ancora. Anche da Napoli, alcuni rampolli della nobiltà erano mandati a studiare a Hofwyl. Studente a Hofwyl fu anche il futuro Ferdinando II re delle Due Si-cilie. Anche per questo egli era molto amato dagli svizzeri a Napoli, con i quali manteneva un particolare rapporto di reciproca stima, parlando con loro in bärndütsch.

Jean Baptiste Girard, conosciuto come Padre Grégoire Girard (Friburgo 1765-1850), pedagogista svizzero.

Horace-Bénédict de Saussure (1740-1799), scienziato ginevrino fondatore dell’alpinismo, qui, in una incisione di Christan von Mechel, raffigurante la prima scalata del Monte Bianco nel 1787.

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 45

L’amore, quello vero, quando arriva te ne accorgi. Ti prende dritto al cuore e alla testa, e a quel punto è già troppo tardi: il tempo, la distanza, le tempeste piccole e grandi, non c’è più nien-te che possa fermarlo. Ed è impossibile da di-menticare. Lo sa bene Leonardo, che l’ha sen-tito bruciare sulla pelle e ancora non riesce a liberarsi dai ricordi. Da quando Angela se n’è andata ha avuto tante donne, ma nessuna può sperare di prendere il suo posto. L’amore, adesso, Leonardo lo cerca nelle cose semplici: nei sorrisi soddisfatti dei clienti quando ripara le loro auto; nella musica che ascolta sulla sua Duetto d’epoca o nelle serate con gli amici di una vita. E poi c’è Laura, la figlia di diciassette anni, sempre più bella, ma anche terribilmen-te distante. Lei l’amore lo impara su internet, nelle parole di blogger che sanno sfiorarle il cuore come quel padre così silenzioso non potrebbe mai fare. Se sua mamma è fuggita, si dice, un motivo ci sarà pure. Emanuelli è un autore cresciuto nel web, dove si è fatto largo grazie alla sua capacità di scrivere, prima di approdare ad una prima prova letteraria (Davanti agli occhi - Edizioni Efesto, 2016). Il suo nuovo romanzo non è una semplice storia d’amore. L’amore è cer-tamente il cuore del racconto, il sentimento che muove i fili del destino dei protagonisti, ma attorno ad essa ruotano i sentimenti con-trastanti di una giovane adolescente e di un padre silenzioso e forse ancora immaturo. Una storia da leggersi in un battibaleno, gra-zie ad una scrittura fluida infarcita di discorsi diretti, arricchita dall’uso del linguaggio gio-vanile, mai fine a se stesso, ma funzionale allo svolgimento della trama.

La Vigàta di Montalbano è in subbuglio: si sta girando una fiction ambientata nel 1950. Per rendere lo scenario quanto più verosimile la produzione italo-svedese ha sollecitato gli abitanti a cercare vecchie foto e filmini. Scar-tabellando in soffitta, l’ingegnere Ernesto Sabatello trova alcune pellicole: sono state girate dal padre anno dopo anno sempre nello stesso giorno, il 27 marzo, dal 1958 al 1963. In tutte si vede sempre e soltanto un muro, sembra l’esterno di una casa di cam-pagna; per il resto niente persone, niente di niente. Perplesso l’ingegnere consegna il tut-to a Montalbano che, incuriosito, comincia una indagine solo per il piacere di venire a capo di quella scena immobile e apparen-temente priva di senso. Fra sopralluoghi e ricerche, poco a poco in quel muro si apre una crepa: un fatto di sangue di tanti anni fa, una di quelle storie tenute nell’ombra. Ma non c’è tempo per arrivare a una con-clusione del mistero, perché il clima d’allegra sovraeccitazione che regna a Vigàta invasa dalla troupe della fiction viene sconvolto da un episodio tanto grave quanto indecifra-bile: nella scuola media irrompono uomini armati e mascherati, si dirigono nella III B, minacciano; poi, in fuga, esplodono alcuni colpi di pistola. Il Questore coinvolge l’anti-terrorismo, ma Montalbano, che sa indagare fra le pieghe dell’animo umano, capisce che tutto potrebbe avere a che fare proprio con la scuola, frequentata tra gli altri da Salvuz-zo, il figlio di Mimì Augello. Eccolo allora im-mergersi nel mondo per lui nuovo dei social, fra profili facebook, twitter e blog, dimo-strando, anche senza l’aiuto di Catarella, di sapersi districare a dovere.

La Vigàta di Montalbano è in subbuglio: si sta girando una fiction ambientata nel 1950. Per rendere lo scenario quanto più verosimile la produzione italo-svedese ha sollecitato gli abitanti a cercare vecchie foto e filmini. Scar-tabellando in soffitta, l’ingegnere Ernesto Sabatello trova alcune pellicole: sono state girate dal padre anno dopo anno sempre nello stesso giorno, il 27 marzo, dal 1958 al 1963. In tutte si vede sempre e soltanto un muro, sembra l’esterno di una casa di cam-pagna; per il resto niente persone, niente di niente. Perplesso l’ingegnere consegna il tut-to a Montalbano che, incuriosito, comincia una indagine solo per il piacere di venire a capo di quella scena immobile e apparen-temente priva di senso. Fra sopralluoghi e ricerche, poco a poco in quel muro si apre una crepa: un fatto di sangue di tanti anni fa, una di quelle storie tenute nell’ombra. Ma non c’è tempo per arrivare a una con-clusione del mistero, perché il clima d’allegra sovraeccitazione che regna a Vigàta invasa dalla troupe della fiction viene sconvolto da un episodio tanto grave quanto indecifra-bile: nella scuola media irrompono uomini armati e mascherati, si dirigono nella III B, minacciano; poi, in fuga, esplodono alcuni colpi di pistola. Il Questore coinvolge l’anti-terrorismo, ma Montalbano, che sa indagare fra le pieghe dell’animo umano, capisce che tutto potrebbe avere a che fare proprio con la scuola, frequentata tra gli altri da Salvuz-zo, il figlio di Mimì Augello. Eccolo allora im-mergersi nel mondo per lui nuovo dei social, fra profili facebook, twitter e blog, dimo-strando, anche senza l’aiuto di Catarella, di sapersi districare a dovere.

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46 - La Rivista luglio - agosto 2017

di Giuseppe Muscardini

Le afflizioni del leone di Lucerna

Il Comune di Lucerna affidò la ripulitura a Vitus Wey, qualificato restauratore di materiali lapidei a cui si deve il ripristino della situ-azione originaria.La notizia dello sfregio al leone morente di Lucerna fu ripetuta-mente diffusa dagli organi di stampa. Ad inorridire per quanto ac-cadde in quella notte piovosa non furono solo gli amanti dell’arte e i lucernesi, legati indissolubilmente al loro passato e alle loro tradizioni storiche, ma il mondo intero, visto che Mark Twain, nel XXVII capitolo del libro di viaggi A tramp abroad, edito nel 1880 ad Hartford dalla American Publishing Company, definì il leone morente di Lucerna come il monumento in roccia più commoven-te e più triste del mondo.

Una prodezza inutile nel cuore di una notte lucernese In una notte gelida di gennaio del 2009 fu versata intenzional-mente della vernice rossa sul celebre Löwendenkmal, simbolo del-la città di Lucerna. Avvenne ad ora tarda fra il 18 e il 19 gennaio, e durante la settimana molti zurighesi, favoriti dalla breve distanza fra le due città, poterono rendersi conto dell’effettivo danno ar-recato al monumento.Il gesto irragionevole, attribuito ad un sedicente movimento politico, in realtà fu opera di alcuni scalmanati che, mascherandosi dietro l’egida di una corrente ideologica, vollero esprimere solidarietà nei confronti di nove giovani, indagati per atti terroristici messi a segno nel 2008 sui TGV della rete ferroviaria francese. Non a caso fu scelta dai vandali una parte precisa della statua monumentale, insudician-do di proposito, nella parete di roccia a nord est della Löwenplatz, il simbolo istoriato del giglio francese sullo scudo posto sotto il muso del leone, e su cui l’animale poggia la zampa destra. Dallo scudo imbrattato di rosso il liquido scese lungo il basamento macchiando le scritte sottostanti.L’atto vandalico comportò un costoso intervento di restauro per la rimozione del colore, penetrato nelle porosità della scultura.

Nel 1975 il professor Andreas Arnold dell’Istituto dei Beni Monumentali con sede presso l’ETH di Zurigo, evi-denziava i problemi di conservazione del Löwendenkm-al di Lucerna, a causa della vicinanza del Giardino dei ghiacciai. Non poteva certo prevedere che trentacinque anni più tardi, a provocare ulteriori danni al leone di pietra, si sarebbe aggiunta l’ottusità di uno sparuto gruppo di invasati.

Il leone morente simbolo della città di Lucerna

Il Löwendenkmal di Lucerna nel gennaio 2009, dopo l’attacco vandalico

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 47

Lealtà e coraggio degli Svizzeri. Valori da ricompensareA distanza di otto anni, il ricordo di quel gesto insensato offre l’oc-casione per un excursus sulla valenza simbolica del leone di pietra, eretto a ricordo dell’eccidio di oltre settecento svizzeri mobilitati per difendere nell’agosto 1792 il Re di Francia Luigi XVI, assediato con la sua Corte nel Palazzo Reale delle Tuileries. Il povero leone, vilipeso due volte dalla Storia, reca i segni di una sofferenza antica, mesco-lati a quelli di una contemporaneità che il colonnello lucernese Karl Pfyffer d’Altishofen non poteva presagire nel 1819, quando ne com-missionò l’esecuzione su disegno del noto scultore danese Bertel Thorvaldsen al capacissimo Lukas Ahorn. L’opera fu completata fra il 1820 e il 1821, non senza difficoltà di ordine politico. Affrontando il corale dissenso di liberali e progressisti, l’ufficiale, la cui famiglia vantava ben undici componenti di diverse generazioni arruolati nel-la Guardia Svizzera, voleva ricordare l’eccidio del 1792 innalzando un’opera scultorea che appariva ai suoi occhi come un doveroso tributo al coraggio e alla fedeltà degli Svizzeri. Helvetiorum fidei ac virtuti (Alla lealtà e al coraggio degli Svizzeri), fece incidere nella roccia liscia che sovrasta l’antro dove il leone agonizza.L’impresa, caldeggiata da un conservatore che per formazione ed incarichi assunti remava contro l’ondata liberale, poté attuar-si malgrado le molte proteste. Agendo sulle coscienze individuali e riproponendo il simbolo allusivo dell’animale colpito a morte, si rievocava l’atto disumano compiuto 27 anni prima, rendendo onore così ai militari deceduti in battaglia. Si aggiungeva poi un docu-mentato fatto storico, rivelato in quell’occasione: ben consapevoli del precipitare degli eventi, per restare accanto al Re gli Svizzeri avevano rinunciato al periodo di congedo semestrale e al conseg-uente trasferimento in patria previsto dal loro contratto di ingaggio. E il Re seppe essere riconoscente: il 10 agosto 1792, quando ormai si annunciava la sua destituzione, patteggiò con i rivoluzionari dichi-arando di voler cessare ogni resistenza purché ai soldati superstiti della Guardia Svizzera addetti alla sua sicurezza fosse stato garan-tito il rientro in caserma.

Il Löwendenkmal di Thorvaldsen, scultore danese ma romano di adozioneTutto questo indusse il colonnello Karl Pfyffer d’Altishofen a farsi promotore della realizzazione della scultura commemorativa, per convogliare l’attenzione dell’opinione pubblica su una storica per-suasione: L’amnistie du passé n’exclut pas la mémoire des grands services, come si legge nelle pagine iniziali di una rarissima pub-blicazione intitolata Récit de la conduite du Régiment des Gardes Suisses à la journée du 10 Août, Par le Colonel Pfyffer d’Altishofen, Chevalier des ordres militaires de St. Louis et de St. Laurice et Lazare. Stampato a Ginevra da Abraham Cherbuliez e venduto a Lucerna presso il Magasin de l’invalide au bénéfice du Monument, il volume riporta con puntualità e rigore storiografico tutti i momenti della cru-enta giornata del 10 agosto 1792, dettagliando ciò che accadde nelle ore in cui i settecento uomini persero la vita.Il clima morale che pervadeva il proposito di Karl Pfyffer d’Altis-hofen, è reso grazie all’inserimento nel testo di incisioni e racconti

in effigie: dal ritratto del colonnello, racchiuso in un medaglione sul frontespizio, all’accorata raffigurazione di un soldato che, ab-bandonando la sciabola e reggendosi il fianco con la mano (nello stesso punto del corpo in cui il leone di pietra ha conficcata un freccia spezzata), si abbandona al suo destino lasciandosi morire sulla canna di una bocca da fuoco.Non meno efficace l’incisione a piena pagina con l’immagine di una famiglia in gita sul lago: il padre, in piedi al centro di una barca, indica il leone e spiega al figlio il significato storico del Löwendenkmal.Fuori da ogni retorica, fuori da ogni convinzione ideologica sui fatti del passato e del presente, il gesto vandalico del 2009, soste-nuto da improbabili presupposti politici, suona come insulto non solo alla Storia, ma anche all’arte, al buon senso, alla tolleranza e alla municipalità lucernese, costretta a porre rimedio agli effetti di un’azione stupida e inutile voluta da chi, è facile pensarlo, la Storia non la conosce o non sa interpretarla. E per di più manca di sensibilità per il presente.Se un minimo di sensibilità si fosse manifestata in loro, quella notte i vandali non avrebbero deturpato il monumento. Anche solo nel rispetto di un’opera d’ingegno ideata da un noto scultore danese formatosi in Italia durante un lungo soggiorno a Roma, dove peraltro aveva assunto il nome di “Scultore Alberto”.C’è un dato significativo che oggi ci interessa, icona di quella civ-iltà e tolleranza di cui i vandali, tutti i vandali e di tutte le epoche, dimostrano di essere totalmente privi: pur essendo Thorvaldsen un convinto protestante, guadagnò credito e notorietà presso il Vatica-no per aver realizzato la tomba di Pio VII Chiaramonti, posta all’in-terno della Basilica di San Pietro. Segno evidente che due fazioni contrapposte possono convivere senza il ricorso a gesti aberranti e offensivi, e senza ledere i beni che rappresentano l’evoluzione civile della stessa società alla quale, pur nel contrasto delle idee, le due rispettive fazioni afferiscono.

Carl Joseph Begas, Ritratto di Bertel Thorvaldsen, 1820 circa, olio su tavola, San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage

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48 - La Rivista luglio - agosto 2017

Nella fiorente primavera artistica della Pinacoteca Comunale di Casa Rusca, Ivo Soldini scultore fonda-mentalmente umanista dialoga con Robert Indiana uno dei grandi della Pop Art

Mentre l’antologica di Robert Indiana, il creatore di LOVE ed altri im-magini iconiche, sintesi eclatanti del segno e della parola, si affer-ma sempre più come una delle mostre più mediatiche in assoluto a livello anche di visitatori, la Pinacoteca di Casa Rusca completa la sua offerta espositiva primaverile con una mostra dedicata all’ar-tista luganese che vive a Ligornetto, Ivo Soldini, pittore e scultore di “consolidata fama in Svizzera”. Le forme in nero titolo della mostra, che si ammanta di suggestività per la polivalenza della parola nero, si inserisce nel riuscito progetto Locarno Arte, giunto al quinto appuntamento, volto a valorizzare le ricerche espressive di artisti del territorio. La Sinopia o più prosaicamente “spazio sotterraneo” della Pinacote-ca, ospita per la prima volta la scultura. Fin ora a Locarno Arte si sono ammirate solo opere di pittura. Infatti, vi hanno esposto con succes-so pittori giovani e meno giovani quali Fausto Tomasina, Klaus Prior, Marco, Verzasconi, Nando Snozzi. Ora, allargando gli orizzonti anche la scultura, a giusto titolo, entra a far parte del progetto Locarno Arte, che, come ha affermato Rudy Chiappini, Direttore dei Musei Civici e ideatore del progetto “Made” in Casa Rusca, è “una finestra aperta su quanto avviene nel mondo dell’arte in Ticino, e inoltre, permette agli espositori dello spazio sotterraneo di dialogare con gli artisti dei piani di sopra anche se i linguaggi espressivi sono diversi come nel caso di Robert Indiana e Ivo Soldini”. L’esposizione - fondamentale per conoscere lo scolpire espressioni-

sta e umanistico di Ivo Soldini, che per astrazioni materiche è giunto all’essenzialità della forma senza rinunciare pertanto alla classicità ereditaria - ha avuto la sua dovuta presentazione ai media, che ha preceduto l’inaugurazione, nel cortile della Pinacoteca. La mostra si avvale di un elegante catalogo illustrato a cura di Rudy Chiappini, definito “…bello e perfetto” dallo stesso scultore. Testi

di Augusto Orsi

Le forme in nero di Ivo Soldini alla Pinacoteca Comunale di Casa Rusca

Prendere la luce, 2007-2013; bronzo 80 x 62 x 93 © Cosimo Filippini

Verticale Maschile, 199-2006; bronzo 195 x 52 x 38 © Cosimo Filippini

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 49

introduttivi del curatore, di Giuseppe Cotti, Capo dicastero Cultura, con il corredo di un sostanzioso saggio critico di Guido Magnagua-gna: Ivo Soldini “solitaire e solidaire”, che termina con queste parole “L’opera di Ivo Soldini ci insegna che la solidarietà non è una parola vuota. Più che un’affinità terminologica, contiene anche solitaire”. Quattordici bronzi, un enorme disegno a carboncino - creato per la personale - e un olio dai colori vivi e dal segno in sintonia con le sculture compongono l’esposizione. Le forme in nero è guida al visitatore attraverso la carriera di Soldini e ai suoi soggetti prediletti legati alla figura umana. Il disegno a carboncino, che fa da introduzione alla mostra, presenta, in sintesi, ma con il tratto forte del graffito, i momenti maggiori della creatività dell’artista che è magistralmente ambivalente nell’esprimere i suoi sentimenti, le sue visioni sia nella plasticità dell’olio, sia nella forza del bronzo.

In esposizione si ammirano le “Verticali” nelle creazioni sia al ma-schile che al femminile, gli “Inclinati”, i busti e le diverse versioni di “teste”. La mostra oltre ad affermare l’abilità e il talento di Soldini, dice anche la sua predilezione in assoluto della figura e la sua soli-darietà di artista e di uomo per l’essere umano.

Ivo Soldini Le forme in nero Pinacoteca Comunale Casa Rusca Piazza Sant’Antonio – Locarno Fino al 13 agosto www.museocasarusca.ch

Testa eclettica, 2000 – 2001; bronzo 64 x 34 x 37 © Cosimo Filippini

Sala espositiva alla Pinacoteca Comunale Casa Rusca, 2017 © Cosimo Filippini

Ivo Soldini nel suo atelier © Cosimo Filippini

Sala espositiva alla Pinacoteca Comunale Casa Rusca (con graffiti), 2017 © Cosimo Filippini

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50 - La Rivista luglio - agosto 2017

(AO) - Le Janas, secondo leggende sarde, “sono un piccolo popolo di fatine, sono minute, alte poco più o poco meno di un palmo, vestono di rosso vivo, hanno il capo coperto da un variopinto fazzoletto, rica-mato con fili d’oro e d’argento, e portano pesanti collane d’oro lavorato. Dicono che siano molto belle; ed il loro corpo sia eva-nescente, luminoso, a volte tanto luminoso da abbagliare”. Sono loro che, fino alla fine di settembre, hanno preso “alloggio” nella pasticceria di Piazza Sant’Antonio a Locarno. Le ha portate nei suoi arazzi, dipinti su tela di juta il pittore e gallerista sardo Renzo

Ugas, ben conosciuto in Città Vecchia, tra-sformando l’interno del tea-room in una “Domus de Janas”. La vernice inaugurale, allietata da un tempo splendido si è svolta alla presenza di un fol-to pubblico. Il critico d’arte Dario Bianchi ha fatto scoprire agli invitati in modo dotto ed elegante sia le Janas, sia le caratteristiche pittoriche della mostra. Gli arazzi su tela risplendono di colori pa-stello sfumati e di immagini ataviche di un mondo naturale e non sempre visibile: quello delle Janas, quello di Nuraminis (Ca-gliari) che Renzo Ugas conosce profonda-mente, e che ricorda non con rimpianto ma

con nostalgia per la sua terra. Della pittura dell’artista sardo che vive a Locarno, Il critico Giorgio Sambonet ha scritto “…La pittura di Renzo Ugas è mediterranea. Di quel Mediterraneo che è al centro della Sardegna, nuragica e ventosa. Un’arte ispirata dal respiro del mare… Arte anche della terra, con i suoi ulivi, la macchia profumata e cespuglio-sa, i campi di papaveri e fiordalisi nel grano. E infine sopra quel mare, sopra quella terra, arte del cielo azzurro ed estatico… Un’arte che piacerebbe ai flutti, agli ulivi, ai gabbiani e che sareb-be piaciuta ad Ulisse”.

“Fra le mani delle Janas” è il titolo della singolare mostra personale di Renzo Ugas alla Pasticcieria Marnin di Piazza Sant’Antonio Locarno

Immagini ataviche di un mondo naturale

Gli arazzi su tela risplendono di colori pastello sfumati e di immagini ataviche di un mondo naturale e non sempre visibile

L’artista sardo con il Critico Dario Bianchi e Franca Antognini della pasticceria Marnin

Le Janas di Ugas

La locandina della mostra

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 51

La mostra dedicata al grande pittore Carlo Mattioli (1911-1994), curata da Fondazione Franco Maria Ricci e Archivio Mattioli, è in programma al Labirinto della Masone a Fontanellato (Parma) fino al 24 settembre.

Carlo Mattioli in mostra

Modenese di nascita ma parmigiano d’adozione, Mattioli è stato una delle figure più rilevanti nell’arte italiana del Novecento. Costituita da una sessantina di opere, molte delle quali inedite, accuratamente scelte nella vasta produzione del pittore da Sandro Parmiggiani e Anna Zaniboni Mattioli, nipote dell’artista e responsa-bile dell’Archivio, la mostra copre trent’anni dell’opera del Maestro, dal 1961 al 1993 e presenta i dipinti più rappresentativi dei cicli che hanno reso noto Mattioli: dagli intensi Nudi alle materiche Na-ture morte, dai rivisitati Cestini del Caravaggio ai poetici Alberi e ai personalissimi Ritratti, dai sublimi Paesaggi alle luminose Spiagge della Versilia, dalle Aigues Mortes ai Campi di grano e papaveri. Grande attenzione nella mostra al Labirinto è rivolta ai Ritratti che occupano una grande parte nell’opera di Mattioli fin dagli esordi. Ac-canto al celebre Autoritratto con Anna del 1982 sono esposti alcuni ritratti dedicati a De Chirico, Guttuso, Manzù, Carrà, Longhi, Rosai, insieme a quattro ritratti di Giorgio Morandi del 1969 per la prima volta affiancati. Ritratti meditati e su cui Mattioli ha molto lavorato, restituendoci nei tratti e nei colori l’anima dell’artista rappresentato. La mostra celebra l’uscita del Catalogo Generale dei dipinti, re-alizzato da Franco Maria Ricci con la prefazione di Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, i testi critici di Vittorio Sgarbi e Marco Vallora, la biografia aggiornata dell’artista a cura di Marzio Dall’Acqua. Contiene inoltre la bibliografia completa, l’indice di tutte le esposizioni personali e collettive, l’elenco di tutti i 2700 dipin-ti schedati e circa 150 riproduzioni a colori di grandi dimensioni delle opere più rappresentative dell’artista, selezionate dall’Editore stesso. Ecco quanto scrive in proposito Franco Maria Ricci. “Il mio desiderio - oggi esaudito grazie anche alla attenta partecipazione della fami-glia Mattioli - è quello di presentare una mostra e un libro che, attra-verso una scelta dei risultati più alti, conservi il profumo seducente ed elusivo di questo pittore appartato e incline alla contemplazione. Un’intenzione simile a quella che ebbi quando, molti anni fa, pub-blicai nel numero 67 della mia rivista FMR l’affascinante serie degli Alberi di Carlo Mattioli”. Lo Studio Museo del pittore nel Secentesco Palazzo Smeraldi accan-to al Duomo di Parma è stato conservato nello spirito e nell’atmo-sfera originale così come l’artista lo ha lasciato: “…ecco davanti a

noi, come se Mattioli ne fosse appena uscito, le tavolozze, i pennelli, la giacca imbrattata di mille colori, i tubetti ancora aperti e le opere compiute ed incompiute. Le grandi stanze, vibranti di memorie, visi-tate dai più grandi intellettuali del Novecento, trasmettono ancora il soffio vitale della sua carismatica personalità”. Grazie all’impegno delle Istituzioni di Parma e dell’Archivio Mattioli, è in programma anche una mostra collaterale, Nella pagina e nello spazio. Mattioli illustratore e scenografo, alla Biblioteca Palatina di Parma (fino al 22 settembre), dove sono esposti i libri, vere edizio-ni d’arte, affiancate dai disegni originali realizzati da Mattioli per la casa editrice Guanda negli anni Quaranta e Cinquanta. E per la prima volta escono dallo studio dell’artista i bozzetti di scene e co-stumi di un inedito Mattioli artista per il teatro. La mostra dedicata a Carlo Mattioli rappresenta dunque un’occasio-ne imperdibile per scoprire o riscoprire l’opera di un artista sorpren-dente, moderno e, come scrive Sgarbi: “con autenticità di visioni e di emozioni […] e sempre a cavallo tra figurazione e astrazione”.

di Augusto Orsi

Fino al 24 settembre al Labirinto della Masone di Fontanellato (Parma)

Carlo Mattioli, Paesaggio d’estate, 1981, olio su tela 64x63

Carlo Mattioli, Ritratto di Renato Guttuso, 1962, olio su tela 150x120

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52 - La Rivista luglio - agosto 2017

Nastassja Kinski sarà ospite d’onore alla 70.esima edizione del Locarno Festival. L’attrice tedesca per l’occasione presenterà Cat People di Paul Schrader, rielaborazione del capolavoro del regista francese Jacques Tourneur, a cui Locarno dedica quest’anno la sua Retrospettiva.

Nastassja Kinski sin dai suoi esordi ha contribuito a opere cinemato-grafiche che appartengono alla storia del cinema. È stata musa per registi come Wim Wenders, in Falsche Bewegung (1975) e Paris, Texas (1982) o Roman Polanski in Tess (1979) e ha duettato con grandi attori come Marcello Mastroianni, Gérard Depardieu, Harvey Keitel, Robert Mitchum e Al Pacino. Nella rielaborazione del capolavoro di Jacques Tourneur, Cat People (1982), con cui Paul Schrader porta a rilettura il film del 1942, l’at-trice tedesca declina in modo straordinario il carattere mutante e ambiguo del personaggio interpretato da Simone Simon. La Retrospettiva del Locarno Festival dedicata al regista france-se Jacques Tourneur (1904 – 1977), sarà ospitata nello storico cinema locarnese, che per la 70esima edizione del Festival si presenterà con una nuova veste, completamente restaurato e ri-battezzato GranRex.

Il futuro delle sale cinematografiche nell’era delle piattaforme di-gitali. Le nuove forme di fruizione dell’audiovisivo, dovute alla ri-voluzione digitale, pongono sfide all’industria cinematografica ora come non mai. Piattaforme come Netflix e Amazon hanno cambiato tutti i modelli presenti di produzione e, soprattutto, di distribuzione. Rappresentano un’opportunità o una minaccia per il cinema d’au-tore e le sale cinematografiche? Su questo tema si confronteranno quest’anno circa un migliaio di addetti ai lavori durante gli Industry Days di Locarno70.

Durante la quinta edizione di StepIn, importanti relatori provenienti da realtà internazionali come Bobby Allen di MUBI, piattaforma di streaming dedicata al cinema d’autore, Tim League, CEO dell’inno-vativa catena di cinema americana Alamo Drafthouse, e importanti esercenti e distributori internazionali discuteranno l’esperienza del-le sale cinematografiche e il loro futuro: un dialogo necessario tra tutti gli attori dell’industria. “Le piattaforme globali hanno un ruolo chiave nella produzione e distribuzione dei film. Qualunque sia l’opinione sul tema, questo panorama completamente nuovo, è una realtà che ogni professio-nista all’interno dell’industria cinematografica deve affrontare. La tendenza digitale ha un impatto sulle esperienze delle sale cine-matografiche, introducendo nuove strategie di distribuzione e nello stesso tempo la necessità di innovarsi da parte degli esercenti. È importante che i festival assumano le proprie responsabilità nell’e-splorare questi temi. Incoraggiando un dialogo interdisciplinare, Ste-pIn segna l’inizio di nuove idee, strategie, soluzioni e opportunità”, afferma Nadia Dresti, Vice-direttrice artistica e Head of International del Locarno Festival. StepIn aprirà gli Industry Days giovedì 3 agosto 2017 in collaborazio-ne con Europa Cinemas, Europa Distribution ed Europa International.

L’attrice in una scena del film Cat People del 1982 StepIn Networking / © Locarno Festival

Nastassja Kinski ospite d’onore a Locarno StepIn 2017

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 53

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Locarno70 rinnova il suo legame con il cinema italiano che al Fe-stival sarà presente in tutte le sue forme. Dalla Piazza Grande con il nuovo film di Francesca Comencini al Concorso Cineasti del pre-sente con l’esordio di Andrea Magnani, dal Prefestival con un’opera di Marco Tullio Giordana al Fuori Concorso con il corto di Daniele Gaglianone.

Domenica 6 agosto Piazza Grande sarà il teatro di Amori che non sanno stare al mondo, di Francesca Comencini. Trasposizione dell’omonimo libro scritto dalla regista, il film è una commedia che guarda con ironia tagliente e grande lucidità al modo in cui le don-ne affrontano la fine di una storia d’amore. Sempre Piazza Grande, il 31 luglio, in Prefestival, riaccoglierà un amico del Locarno Festival – Pardo d’oro nel 1980 – Marco Tullio Giordana, con il suo nuovo film per la TV Due soldati. L’autore sarà protagonista della piazza con l’attento occhio sulla vita del suo pae-se: un piccolo centro vicino a Napoli spaccato in due, tra delinquen-za e il desiderio di una vita normale. Altro film, altro cinema italiano, altro ritorno. Locarno70 sarà di nuo-vo palcoscenico anche per Daniele Gaglianone, già protagonista della 61esima edizione con Rata nece biti! (David di Donatello come miglior documentario, 2008) e della 63esima con Pietro (2010). Quest’anno il regista e documentarista sarà a Locarno con un cortometraggio fuori concorso. Granma, co-regia con Alfie Nze, è una storia di migranti, drammatica realtà internazionale, che qui i due registi raccontano con uno sguardo e un viaggio locale, nel cuore della Nigeria. Tornando al Concorso, la sezione Cineasti del presente ospiterà Easy, opera prima di Andrea Magnani, alle prese con il lungome-traggio dopo apprezzati documentari e cortometraggi, tra cui Basta Guardarmi (2006), selezionato al Montréal World Film Festival e al Giffoni Film Festival. Il film racconta la storia di Easy (Isidoro), un ex pilota costretto al divano di casa da obesità e relativa depressione, che ritroverà il volante grazie all’affermato fratello per un trasporto “eccezionale”: portare una bara dall’Italia a un piccolo villaggio nei Carpazi, in Ucraina. La proiezione pubblica del Prefestival è offerta alla popolazione gra-zie al sostegno di Press&Books della società Valora. Prevendita biglietti Piazza Grande: www.pardo.ch/tickets

Francesca Comencini / © Andrea Pirrello

Il cinema italiano a Locarno70

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54 - La Rivista luglio - agosto 2017

Il coraggio e l’incoscienza della sperimentazione

Experimental Film Festival – Videoex

diGiovanni Sorge

Ha attaccato un foglio svolazzante, ma neanche troppo, all’obiettivo della telecamera e se n’è andato in giro in un giorno ventoso per le strade della Tunisia, dov’è nato, e a chi gli chiedeva che diamine combinasse spiegava: “è un esperimento artistico: il vento muove il foglio e io lo seguo con la telecamera”. Allo spettatore si presentano quindi uno schermo bianco, sagome indistinte, qualche sprazzo d’immagine concesso dal vento e, so-prattutto, i dialoghi – parecchi, dato che da quelle parti anziché allettarsi ai tablet per strada s’interagisce e ci s’infervora – dialo-ghi che vanno dall’esilarante al filosofico fino al surreale – del tipo: “perché non usi anche un ombrello bianco?” – ma anche al politico, come quando lo ferma la polizia tempestandolo di domande ma poi, guardato perplessa al di qua dell’obiettivo, si augura che quel bianco mostri l’altra faccia della Tunisia, quella monda dalla mac-chia del terrorismo. È il plot di Foyer, un film di Ismaïl Bahri premiato alla competizio-ne internazionale della diciannovesima edizione dell’Experimental Film Festival (www.videoex.ch) tenutosi tra il 20 e il 28 maggio in quella fucina di sperimentazioni artistico-musicali che è la Walche-turm di Zurigo (http://www.walcheturm.ch/). E bene ha scelto la giuria (formata dall’artista multimediale Richard Bott, dal Creative Director dell’Alchemy Festival di Edimburgo Ri-chard Ashrowan e dalla video-artista messicana Ximena Cuevas); perché Bahri ha fatto con la camera un po’ quel che fece Lucio Fon-tana coi suoi famosi tagli. Bucando la tela, base dell’arte pittorica, “ho creato una dimensione infinita, un buco che per me è la base di tutta l’arte contemporanea, per chi la vuole capire, sennò continua a dire che l’è un büs, e ciao…” – Fontana dixit. E noi di Foyer potremmo dire che proprio velando – di bianco – la vista alla telecamera ne ha moltiplicato la visibilità, creando un (s)oggetto paradossale che per di più – a differenza dei metafisici (e stratosfericamente quotati) Concetti spaziali – è interattivo perché punta non all’immagine che parla da sé, ma alla non-immagine che fa parlare (la gente) anche di sé. Unico nel suo genere nella Svizzera tedesca e capace d’attrarre un pubblico giovane e numeroso, Videoex è ormai un’istituzione per

il cinema sperimentale, un ambito in vertiginosa evoluzione le cui origini risalgono perlomeno ai surrealisti, Duchamp e Man Ray. Per quest’edizione il direttore Patrick Huber assieme a un team inter-nazionale ha visionato oltre 1700 pellicole. Ospite speciale, il Messi-co, con diversi film anche storici che intrecciavano Eros, Thanatos e consumismo. Vi son state performances, tavole rotonde come pure un workshop in cui ognuno ha realizzato il proprio film in pellicola 16mm. Non è mancato un omaggio a Jean Rouch, il pioniere della cosiddetta ethnofiction e tra i padri del Cinéma vérité (a partire dal quando, nel 1964 in Niger, perse lo stativo e iniziò a filmare con camera a mano) con una retrospettiva e un intenso ricordo da parte del suo collaboratore e biografo Jean-Pierre Touati. Tra i tanti lavori, vanno segnalati i magistrali psychotriller dell’israe-liano Omer Fast, definito “ein echter Alchemist“ dalla Süddeutsche Zeitung. Molto apprezzato è stato inoltre William, el nuevo maestro del judo dei giovani messicani R. Silva and O. Guzmán, una medita-zione poetica e dissacrante tempo, sesso e identità articolata in una rutilante serie di piani spazio-temporali e impreziosita da un’eccel-lente fotografia. Mentre il corto On The Origin of Fear dell’indone-siano Bayu Prihantoro Filemon mette in scena il sentimento della paura attraverso il doppio ruolo di un doppiatore in veste prima di aguzzino e poi di vittima. Infine, il premio della competizione sviz-zera è andato (ex aequo con 38 River Road di Josh Weissbach) a Transitions di Aurèle Ferrier: che è riuscito a fare l’improbabile: mostrare Las Vegas deserta. Alla luce del mattino, tra grattacieli e insegne non si vede moto di persona, la metropoli dell’edonismo sembra incantata, spettrale. E ci si arriva a passo lento e sospeso, come di un animale preistorico, dal deserto che la circonda. Al pub-blico incredulo ha detto: “C’è voluta molta, molta pazienza”.

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 55

Sequenzedi Jean de la Mulière

Romanzo del 1966, già film nel 1971 (di-retto da Don Siegel e con Clint Eastwood nel ruolo del maschio solitario), The Begui-led racconta la storia del caporale nordi-sta John McBurney (oggi è Colin Farrell in gran forma), in piena Guerra civile ameri-cana, si ritrova catapultato all’improvviso in un internato di sole donne (sudiste), un gineceo esclusivo e isolato, al riparo dagli spari e dalla mattanza. Rimasto ferito a una gamba durante un combattimento in Virginia, McBurney fug-ge dal fronte e si rifugia in un bosco, dove viene trovato da una ragazzina in cerca di funghi. La giovane decide di aiutarlo e lo riporta con sé in istituto, dove, nonostante lo scetticismo iniziale delle altre ragazze e della direttrice (Miss Martha/Nicole Kid-man), il «nemico» viene accolto e curato. Rimesso in piedi, ripulito, rifocillato, il sol-datino è sexy da far paura, tutte le ragazze incominciano a farci un pensierino. Così, ragazze che fino a un attimo prima era-no solo amiche e complici, all’improvviso si ritrovano rivali, concorrenti «spietate» di quella battaglia antica, vanitosa e pri-mordiale che è la seduzione, capace di innescare una serie di dinamiche “esplo-sive” all’interno di quel frivolo e innocente microcosmo, dove, prima del suo arrivo, le giornate erano scandite unicamente da lezioni di francese, ricamo, preghiere e suonate al piano. Ciascuna adottando le armi che le sono proprie: chi in maniera civettuola (Elle Fan-ning), chi con sensibilità e timidezza (Kir-sten Dunst), chi con apparente impertur-babilità (Nicole Kidman), ma tutte intente a pavoneggiarsi davanti all’ospite inatteso.

Cattivi si nasce, non si diventa. Semmai si ritorna. E infatti Gru protagonista di Despicable me 3, dopo aver voltato pa-gina e seguito l’adorata Lucy tra le fila della Lega Anti Cattivi – dalla quale però è stato licenziato reo di aver fallito nella cattura dell’ennesimo villain che minac-ciava l’umanità - si lascia intrigare anco-ra una volta dal fascino della malvagità. Soprattutto dopo la grande rivelazione: il desiderio di predare, conquistare, com-portarsi in maniera meschina e disonesta con il prossimo, è scritto nel suo DNA; il fiuto per le macchine corazzate e i missili a lunga gittata è una dote ereditaria che ha scoperto di condividere con il facolto-so fratello gemello Dru, di cui da poco ha saputo l’esistenza. Dru è identico al cattivissimo originale, ma con una setosa chioma bionda e una risatina civettuola che non manca di sfoderare per ottene-re quel che vuole. E lui vuole formare un duo di cattivissimi che sia in grado di ru-bare un diamante rubato, strappandolo dalle grinfie del perfido Balthazar Bratt, ex bambino prodigio cresciuto con l’os-sessione del malefico personaggio tele-visivo da lui interpretato negli anni ’80. Gru, nel bel mezzo di una crisi d’identità dovrà così scegliere se percorrere la retta via sulle orme della moglie Lucy e dalle adorabili figliolette adottive Margo, Edith e Agnes, o cedere al retaggio familiare appena riemerso e tornare al perfido go-dimento che deriva dalla cattiveria. Inutile puntualizzare per quale delle due ipotesi fanno il tifo, quel piccolo concen-trato di appetito e malvagità che sono i Minions.

Dopo la morte di un immigrato calabrese in Svizzera, due impiegati delle pompe funebri – Jovan, zigano ed ex cantante di Belgrado che crede nella vita dopo la morte, e José, portoghese che crede solo in ciò che vede – percorrono l’Italia da nord a sud per rimpatriarne la salma. I due improbabili compagni si ritrovano così uniti da una missione comune: ri-portare il corpo di quest’uomo apparen-temente senza identità né passato, nella sua patria. Malgrado esperienze e una cultura diver-se Josè e Jovan condividono un sentimen-to di smarrimento. La Svizzera, loro paese d’adozione, diventa il teatro della loro “nuova” vita, sorta di zona franca dove ricominciare tutto da capo, senza voltarsi indietro. Insieme dovranno affrontare le sorprese e gli imprevisti del viaggio, che offriranno loro anche l’occasione per ren-dere omaggio al morto e godersi la vita. Il film di Pierre-François Sauter è una sorta di road movie esistenzialista con il quale il regista svizzero riflette in modo implicito, con grande sensibilità e una sana dose di humour, sull’immigrazione e sul sentimento di perdita delle proprie origini. L’auto diventa una sorta di diva-no freudiano sul quale sdraiarsi lasciando galoppare il proprio subconscio. I paesag-gi che fanno da cornice al viaggio di José e Jovan diventano un non luogo geogra-fico ed emotivo dove liberare i fantasmi del passato, dove anche i silenzi, spesso accompagnati da maestose immagini di strade innevate, autostrade che ricorda-no il deserto o spiagge notturne, espri-mono più delle parole stesse.

The Beguileddi Sofia Coppola

Despicable me 3di Kyle Balda e Pierre Coffin

Calabriadi Pierre-François Sauter

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56 - La Rivista luglio - agosto 2017

Approvata una risoluzione volta a contrastare l’iniziativa No-Billag

A Lugano l’assemblea della CORSI

Il presidente Luigi Pedrazzini ha aperto l’assemblea rendendo omag-gio a Claudio Generali, già presidente CORSI, scomparso lo scorso 19 maggio. “Claudio Generali - ha ricordato Pedrazzini - non è solamente stato, all’interno della SSR, un punto di riferimento per la Svizzera ita-liana, ma per tutta l’azienda e per la coesione nazionale in un mo-mento di grandi ristrutturazioni.” Il presidente ha poi ripercorso le attività della CORSI intraprese nel 2016. La CORSI continua a essere una presenza necessaria per as-sicurare un servizio pubblico radiotelevisivo indipendente e attento agli interessi del pubblico. Sono molte le sfide con cui la SSR e la RSI dovranno confrontarsi nei prossimi anni: la nuova legge sui media, il rinnovo della concessione e soprattutto l’iniziativa No-Billag. Quello sul futuro del servizio pubblico è “un confronto epocale, dal cui esito potranno dipendere le sorti della vita democratica svizzera, delle cul-ture regionali, in particolare di quelle minoritarie”. Pedrazzini ha sottolineato la funzione fondamentale della CORSI, che si attende un riconoscimento del proprio impegno anche da parte della RSI. “Il modello SSR, per quanto complesso, rappresenta una risposta equilibrata, in grado di garantire l’indipendenza della radio-televisione e, al contempo, una corretta partecipazione dell’opinione pubblica alle scelte strategiche del suo servizio pubblico”. Le grandi sfide del servizio pubblico sono state al centro anche delle riflessioni di Beat Schneider, Segretario centrale SSR SRG. Il futuro del-

le radiotelevisioni svizzere e delle associazioni regionali è nelle mani delle nuove generazioni. La rivoluzione digitale sta producendo un cambiamento epocale nella fruizione del pubblico più giovane. Le nuove generazioni continuano a manifestare interesse per le que-stioni sociali o politiche, ma lo fanno in comunità dinamiche. “Questa nuova forma di partecipazione ai processi sociali e politici tramite comunità e movimenti più informali – ha spiegato Beat Schneider - potrebbe rappresentare anche per la SSR un nuovo approccio per convincere i giovani svizzeri dell’importanza dei media indipendenti e della solidarietà tra regioni linguistiche”. Perché il plurilinguismo, come ha sottolineato la vicepresidente Anna Biscossa, è un elemento fondante dell’identità della Svizzera. La SSR SRG è uno degli ultimi pilastri della pluralità e della collaborazione fra le diverse regioni. Il coordinatore del Forum per l’italiano in Svizze-ra, Diego Erba, ha espresso l’auspicio che la CORSI possa sostenere l’impegno della RSI quale vettore culturale per la lingua italiana in Svizzera. Contrastare l’iniziativa No-Billag significa difendere la Sviz-zera italiana, la sua cultura e la sua lingua. Per questo l’assemblea ha dedicato grande attenzione all’iniziativa No-Billag. A larga maggioranza i soci della CORSI hanno approvato una risoluzione che:

- Invita a votare con determinazione NO all’iniziativa No-Billag; - Invita i soci a impegnarsi a fondo nella campagna contro l’inizia-

tiva anche con la raccolta di contributi finanziari; - Conferma di considerare essenziale per il funzionamento della

democrazia e per il consolidamento delle identità regionali sviz-zere un servizio pubblico forte.

All’unanimità sono stati inoltre approvati il Rapporto d’attività 2016 e i relativi conti della società, che alla fine del 2016 hanno registrato un risultato sostanziale parità, senza particolari oggetti di rilievo. All’assemblea generale è intervenuto anche il direttore della RSI Mau-rizio Canetta che ha risposto alle questioni poste dai soci presenti in sala. L’assemblea si è conclusa con un momento conviviale durante il qua-le i soci hanno avuto modo di confrontarsi personalmente con i vertici della società e dare sostanza a quegli importanti scambi umani che garantiscono la freschezza e la forza della società cooperativa per la radiotelevisione Svizzera di lingua italiana.

Convocati in assemblea generale ordinaria sabato 10 giugno 2017 all’Auditorio Stelio Molo RSI a Lugano-Bes-so, oltre 160 soci CORSI (Società cooperativa per la ra-diotelevisione della Svizzera di lingua italiana) in rap-presentanza di 242 voti hanno adottato un’importante risoluzione volta a sottolineare l’impegno per la difesa del servizio pubblico volto a contrastare l’iniziativa po-polare No-Billag.

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 57

Di interattività si parla da molti

anni. Eravamo addirittura nel

secolo scorso quando la BBC

ha lanciato il suo red button, il ta-sto rosso che da

allora è diven-tato il simbolo

della possibilità per gli spettatori

di “dialogare” direttamente

con il program-ma che stanno

guardando. Da allora il

tasto rosso si è ulteriormente evoluto, e si è

diffuso al di fuori del Regno Unito. Anche in Svizze-

ra, dove la SSR proprio quest’an-no sta lanciando una forte offerta

“interattiva”.

Da elemento di rottura con il passato, l’interattività è quindi entrata a far parte della vita quotidiana. Ed è diventata una componente essenziale del consumo di contenuti digitali. In fondo, l’esempio più lampante è la facilità estrema offerta dai social network nell’instaurare connessioni istantanee con il mondo esterno, che si trasforma così in uno sconfinato insieme di contenuti. Nell’ambito della fiction, invece, l’interattività ha vissuto una parabola diversa e meno “li-neare”. Già negli anni ’80 la diffusione del computer e dell’”ipertesto” (la possibilità di “navigare” in un testo in una modalità non-lineare, legata alle scelte personali del lettore) avevano portato a diversi tentativi di narrativa interattiva, in cui il lettore poteva determinare lo svolgimento della storia. Tentativi rimasti tuttavia in un ambito ristretto, lontani da una diffusione di massa. Ben diverso, e dirompente, è stato l’impatto dell’interattività nell’ambito dei videogiochi, che hanno raggiunto un livello tale da proporre veri e propri “mondi alternativi” in cui i giocatori possono vivere storie avventurose e avvincenti. Negli ultimi anni un ulteriore im-pulso a questa tendenza è giunto dallo sviluppo della virtual reality e della realtà aumentata, con la messa a punto di visori e accessori che immergono completamente i giocatori nella dimensione virtuale. Con tutti i sensi potenzialmente coinvolti nell’azione, e con il risultato di potersi estraniare del tutto dalla realtà esterna. Non a caso in prima fila nello sviluppo di esperienze virtuali sempre più realistiche è l’universo del porno, dove cominciano a prolife-rare estensioni tattili, maschere olfattive e altri accessori su cui il buon gusto suggerisce di non indagare oltre. L’ultimo baluardo di resistenza alle tentazioni dell’interattività è la fiction TV. Che rappre-senta pur sempre la tipologia di contenuti più consumata, soprattutto dopo lo straordinario sviluppo qualitativo delle serie di ultima generazione. Nonostante la sofisticazione narrativa e tecnologica delle fiction più recenti, finora, con poche (e poco significative) eccezioni, in quest’ambito la narrazione è rimasta “tradizionale”, senza concessioni all’interattività. Finora, dicevo: perché proprio qualche settimana fa, e proprio da Netflix – la piattaforma di video on demand di maggiore successo per questo genere di contenuti – è giunto il grande annuncio: sono in arrivo le prime storie interattive. Storie il cui svolgimento può essere mo-dificato da chi guarda. Storie in cui lo spettatore può decidere quali decisioni prenderà il pro-tagonista, e modificare la trama di conseguenza attraverso il touch-screen o il telecomando. Certo, siamo agli inizi, e quindi non è un caso che le storie in questione siano destinate ai bambini. “Abbiamo deciso di partire da qui – spiegano a Netflix – perché i più piccoli amano giocare con i loro personaggi preferiti, sanno già come toccare lo schermo e farlo scorrere, si rivolgono al video come se i personaggi potessero sentirli”. Ma la strada ormai è tracciata. Se l’esperimento, come è ampiamente prevedibile, avrà successo, i creatori delle grandi serie TV avranno presto una sfida in più con cui confrontarsi. E chissà, fra qualche anno potremo essere noi a decidere il destino dei protagonisti di Grey’s Anatomy, Criminal Minds o Game of Thrones.

Derek non deve morire, ovvero: come l’interattività sta cambiando le serie TV

di Nico TanziBenchmark

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58 - La Rivista luglio - agosto 2017

Dal 21 al 29 luglio nello spazio della caserma dell

città sul Reno

Eleganza, musica e tradizione al Basel Tattoo

Il Basel Tattoo è l’evento più famoso nel suo genere, secondo solo al Royal Edinburgh Military Tattoo. Con oltre 1 milione di visitatori viene cosiderato dal Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport della Confederazione il Tattoo ufficiale svizzero. Ma di cosa si tratta esattamente? Allo show sfilano formazioni militari di casate reali, band e gruppi musicali, fra gli altri anche straordinari suo-natori di cornamuse guarniti di attrezzature e vestiti tradizionali, ma non solo. Lo show si rivolge a grandi e piccini e comprende musica commer-ciale, i grandi classici, marce militari a ritmi incalzanti e solenni, costumi e uniformi ufficiali e tradizionali e, crème de la crème, il celebre Massed Pipes and Drums. Il tutto inquadrato in suggestivi effetti luminosi, fuochi d’artificio e imponenti impianti adibiti alle performance. Ad entusiasmare il pubblico ci sarà anche quest’anno il celebre Reg-gimento Corazzieri, Guardia d’onore del Presidente della Repubblica Italiana. Anche gli organizzatori dell’evento si mostrano soddisfatti per questa partecipazione. “ Sono molto contento che il Tattoo di Basilea possa presentare i Corazzieri a cavallo o in motocicletta” dichiara Erik Julliard, produttore del Basel Tattoo. Un aneddoto interessante: per di-

ventare Corazziere è necessario soddisfare alcune condizioni, fra cui un’altezza minima di 1 metro e 90 che sembra destinata ad alzarsi ai 2 metri. Quest’anno anche la Russia prenderà parte all’evento. Gli organizzatori del Basel Tattoo si sono accordati con Igor Moiseyev fondatore della State Academic Ensemble of Popular Dance, la prima e unica scuola al mondo per musica popolare. Moiseyev è un grande coreografo e inse-gnante di balletto e ha vinto numerosi premi nazionali e internazionali nel corso della sua carriera. “Al Basel Tattoo 2017 saranno in grado di emozionare il pubblico con un programma molto variegato e con balli e coreografie dinamiche” conferma Julliard. La tradizione di danza russa sarà dunque per la prima volta protagonista sul palco del Basel Tattoo in Svizzera!

Queste le altre formazioni che si esibiranno al Basel Tattoo - The United States Army Old Guard Fife and Drum Corps, U.S.A. - His Majesty The King’s Guard of Norway Band and Drill Team, Norvegia - Rekrutenspiel der Schweizer Militärmusik, Svizzera - The Australian Army Band, Australia - The Band of The King’s Division, Gran Bretagna - Lochiel Marching Drill Team, Nuova Zelanda - Musique de la Brigade de Sapeurs-Pompiers de Paris, Francia - Basel Tattoo Chor, Svizzera - The Band of the Corps of Royal Electrical and Mechanical Engineers, Gran Bretagna - OzScot Highland Dancers, Australia - Basel Tattoo Garde, Svizzera - Massed Pipes and Drums, Internazionale

Vale la pena di segnalare che gli spettacoli si svolgeranno con qualsisai tempo e che attorno all’area della caserma che ospita la

Chi non è mai stato al Basel Tattoo Show avrà di che stupirsi. Si tratta di un festival annuale che si svolge dal 2006 a Basilea e che porta sotto i riflettori musiche e formazioni militari di tutto il mondo. Queste, che nel pomeriggio di sabato 22 luglio sfileranno in parata per le strade della città, dal 21 al 29 luglio assicurano un evento spettacolare, con oltre 1000 protagonisti, nel piazzale della caserma in cui a distinguersi sono in particolare le tradizioni musicali militari, con tutti i tratti distintivi che vi ruotano attorno, dunque anche folclori-stici e di carattere culturale.

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 59

minafestazione è allestita al cosiddeta Tatto-Street dov’è possibile rifocillarsi, vedre ed essere visti. E poi a due passi c’è la lunga e vivace passeggiata sul Reno.

Giorni e date degli spettacoli - Venerdì, 21 luglio ore 21.30 - Sabato, 22 luglio ore 17.30 e 21.30 - Domenica, 23 luglio ore 21.30 - Lunedì, 24 luglio ore 21.30 - Martedì, 25 luglio ore 21.30 - Mercoledì, 26 luglio ore 21.30 - Giovedì, 27 luglio ore 21.30 - Venerdì, 28 luglio ore 21.30 - Sabato, 29 luglio ore 21.30

Informazioni e acquisto biglietti: www.baseltattoo.ch

VUOI VINCERE DUE BIGLIETTI PER UNO SPETTACOLO DEL BASEL TATTOO? VAI SU: www.go-italy.ch

Chi sono i Corazzieri?Le prime tracce di un corpo di Arcieri e Scudieri addetto alla sicurezza della residenza e degli esponenti della Casa Savoia risalgono al XIV secolo, ma fu soltanto sotto il ducato di Emanuele Filiberto Testa di Ferro (1553-1580) che si costituì una “Guardia d’Onore del Principe”, una cinquantina di uomini comandati da un capitano che conobbero il battesimo del fuoco nella vittoriosa battaglia di San Quintino, il 10 agosto 1557. Costantemente aumentato nell’organico e nelle specialità, il reparto contava, intorno al 1630, almeno quattrocento uomini divisi in quattro compagnie, fra le quali una Compagnia Corazze di Sua Altezza che iniziò a portare sul petto delle corazze il monogramma dell’autorità statuale. Una tradizione che è giunta fino ai nostri giorni, pur nel mutare delle forme istituzionali. Sotto la lunga sovranità di Vittorio Amedeo II (1675-1730), le varie componenti dei servizi di sicurezza e rappresentanza furono riunite in un’unica struttura, le Guardie del Corpo, suddivisa in quattro Compagnie. Le due campagne d’Italia, condotte da Napoleone nel 1796 e nel 1800, sconvolsero l’equilibrio degli antichi Stati: in seguito all’occupazione del Piemonte, il Re Carlo Emanuele IV, insieme a poche Guardie, riparò in Sardegna, dove il 4 giugno 1802 abdicò in favore del fratello Vittorio Emanuele I. La maggior parte del corpo passò, invece, alle dipendenze del governo francese, formando lo Squadrone Carabinieri Piemontesi. Vittorio Emanuele I, esule per più di un decennio, poté riprendere possesso dei suoi territori soltanto il 20 maggio 1814, ristabilendo gli antichi istituti: anche le Guardie del Corpo furono ripristinate, nel medesimo organico settecentesco. La prima guerra d’indipendenza vide, per l’ultima volta, la presenza delle Guardie del Corpo, affiancate nella protezione del sovrano dai Carabinieri, protagonisti a Pastrengo, il 30 aprile 1848, della valorosa carica che scrisse la prima eroica pagina corale della storia della Benemerita. La soppressione formale di ciò che rimaneva delle antiche Guardie del Corpo risale al 1867, ma già da vent’anni una sola compagnia superstite continuava a svolgere attività di sicurezza, limitata, però, al Palazzo Reale di Torino. Compiti e prerogative vennero assorbiti dai Carabinieri, divenuti Arma il 24 gennaio 1861. Il 7 febbraio 1868, il Principe ereditario Umberto sposava Margherita di Savoia, figlia del Duca di Genova. Per l’occasione, 80 carabinieri a cavallo tra i più prestanti furono prelevati per formare uno squadrone di rappresentanza e di scorta d’onore: ad esso furono affidati compiti di sorveglianza degli appartamenti reali e di protezione dei sovrani. Nascono, così, i moderni Corazzieri, con un organico che prevedeva, in origine, un capitano comandante, 4 ufficiali, 9 sottufficiali (presto elevati a 12) e 69 carabinieri (poi 88). Numerose furono, nei primi anni di vita, le denominazioni del Reparto: Guardie d’Onore di Sua Maestà, Carabinieri Reali Guardie del Corpo di Sua Maestà, Drappello Guardie di Sua Maestà e, fino al 1946, Squadrone Carabinieri del Re. Ma si andava già consolidando nella gente il più familiare appellativo di Corazzieri, il termine che, al termine di un lungo cammino, oggi designa il Reggimento al servizio del Presidente della Repubblica. Dispongono di un’unità per la sicurezza delle persone, di due squadroni a cavallo, che guidano anche le moto della scorta, un’unità del personale e un’unità per l’approvvigionamento.

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 61

Diapasondi Luca D’Alessandro

Il clarinettista ticinese Marco Santilli, nell’ambito del proget-to Che Roba e con il suo quintetto Il Fiato Delle Alpi, ulti-mamente ha pubblicato due dischi: La Stüa e L’Occhio della Betulla. Il secondo è una raccolta di undici brani composti dal band-leader stesso. I titoli in parte fanno riferimento al dialetto ticinese, come ad esempio Serenada in Minur, altri invece sono ispirati dalla letteratura e dalla cultura tedesca. Per citare due esempi: Variationen über den Namen Hesse e Musik des Einsamen. Hanno collaborato a questo progetto jazzisti affermati come Lorenzo Frizzera alla chitarra e Ivan Tibolla alla fisarmonica, mentre il batterista Fulvio Maras, nel brano Agasul - un riferimento ad un paesino della campagna argoviese - conduce il hang, uno strumento di brevetto sviz-zero. Un disco che rispecchia, in modo realistico, la diversità culturale della Svizzera.

Con il brano Ti Avrei Voluto Dire, Federica Carta, in arte Federica, ha riscontrato successo presso il pubblico del pro-gramma Amici di Maria De Filippi. Un brano scritto da Rosario Canale, concorrente di Amici 16, e che figura tra i nove bra-ni incisi sull’album debutto Federica distribuito con etichetta Universal Music. La playlist ha un tocco pop-soul, presentata da una cantante sicura di sé stessa e delle proprie capacità. Le basi di lavoro della diciottenne sono il neo soul, il pop soul e il pop. La sua intenzione è quella di fare sognare ed emo-zionare il grande pubblico con dei suoni ispirati ai suoi idoli Paolo Nutini e Alicia Keys. Firmano alcuni brani, tra cui Scon-finata Eternità e Lo Sbaglio, Federica Camba e Daniele Coro, entrambi rappresentanti importanti del panorama musicale italiano. Responsabile della produzione del disco è stato An-drea Rigonat, chitarrista, compositore e marito di Elisa Toffoli.

La produzione di questa colonna sonora composta da dodi-ci brani e basata sul documentario From Clay To Ali è stata condotta in stretta collaborazione tra il compositore Remo Anzovino di Pordenone e il trombettista e compositore sici-liano Roy Paci in occasione del 75° anniversario dalla nascita del campione Muhammad Ali. In Fight For Freedom – Tribute to Muhammad Ali si incontrano, nel vero senso della parola, dei suoni e dei ritmi. È un confronto tra Anzovino e Paci, due musicisti originali, a loro volta visionari e importanti esponenti della scena jazzistica contemporanea. Entrambi sono profon-damente attratti dalla figura di Ali, un amore che trapela in ogni singolo brano. Un disco che si è posizionato al primo posto della classifica degli album più venduti su iTunes. Figura nella categoria colonne sonore e nella Top 20 della classifica generale.

Riccardo Marcuzzo, noto ai più come Riki, a metà maggio 2017 ha lanciato il suo extended play d’esordio dal titolo Per-do Le Parole. Un disco pop-elettronico che ha tutto il poten-ziale per entrare a far parte dei tormentoni di quest’estate. Sette tracce compongono questo disco. Sono melodie e testi semplici, coinvolgenti, cantati in maniera sincera. Marcuzzo li ha presentati all’interno della sedicesima edizione del pro-gramma Amici di Maria De Filippi. Ha ottenuto delle ottime posizioni su iTunes con i tre singoli Sei Mia, Diverso e Perdo le Parole che hanno raggiunto la vetta della classifica dei brani più scaricati. “Ho perso le parole quando abbiamo iniziato a lavorare concretamente a questo progetto, ovvero a questo mio sogno della vita”, viene citato in vari magazine musicali. C’è da augurare a Riki, dopo questo primo successo, che il suo sogno prosegua verso un proprio album integrale.

Marco Santilli L’Occhio della Betulla(Unit)

Remo Anzovino & Roy PaciFight For Freedom, Tribute To Muhammad Ali(Incipit)

Federica(Universal)

RikiPerdo Le Parole(Sony)

marzo 2017 La Rivista - 61

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62 - La Rivista luglio - agosto 2017

L’annuncio in occasione dell’anteprima dei vini del Collio

In arrivo la DOCG

per i vini del CollioI vini del Collio, famosi in tutto il mondo e con una produzione che si attesta su 6,5 milioni di bottiglie vendute all’anno, avran-no la massima tutela di qualità prevista in Italia. Il Consorzio presieduto da Robert Princic ha infatti ufficialmente avviato, con il Ministero per le politiche agricole, la pro-cedura per il riconoscimento della Docg all’intero territorio costituito da 1.450 ettari coltivati a vite. La decisione è maturata con i produttori, con le istituzioni locali e regio-nali ed è stata illustrata a giornalisti italiani e stranieri in occasione del nuovo evento speciale “Enjoy Collio Experience”. Cinque giornate dedicate alle persone, al vino e al territorio, caratterizzate da un ricco pro-gramma iniziato il 14 giugno e conclusosi domenica 18. Forti di un territorio meraviglioso, dove alla bellezza della natura si uniscono le opere che gli uomini hanno creato nei secoli, dal-le chiesette ai castelli, dai “vignali” ai frutteti ed oliveti, dai prodotti della cucina locale alla varietà delle lingue che si sentono par-lare dagli abitanti di queste colline. Un uni-cum che ha spinto a candidarsi a diventare Patrimonio Unesco un territorio delimitato da due corsi d’acqua dolce - l’Isonzo e lo Judrio - e che emerge per i suoi vini. Da queste premesse guardano alla DOCG, la denominazione di origine controllata e ga-rantita, che con uno specifico disciplinare di produzione in fase di definizione e di ap-provazione, formalizzerà ciò che nei fatti ha già da anni le caratteristiche di una Docg, esaltandone la qualità percepita e confe-rendole maggior valore. «Il riconoscimento a cui puntiamo ci rende

ovviamente molto orgogliosi – afferma Robert Princic, Presidente del Consorzio di Tutela – e credo di parlare a nome di tutto il Collio quando affermo che questo prossimo traguardo sarà una vittoria per tutto il territorio, la possibilità di legare a doppio filo la terra e i vini a cui dà vita». La denominazione di origine controllata e garantita è la massima qualificazione attribuibile ad un vino ed è un marchio di origine italiano che garantisce al consumatore l’area geo-grafica di produzione. Oltre a rispettare tutti i parametri stabiliti dal disciplinare per i DOC, i vini DOCG sono soggetti a maggiori controlli a garanzia della massima qualità, visivamente riconoscibili con la fascetta (il contrassegno di Stato) sul collo delle bottiglie. Motore di ogni attività del Consorzio di Tutela è senza dubbio lo stretto legame con le sue genti che lavorano la terra e tutelano giorno dopo giorno il territorio, la consapevolezza di arricchire, attraverso la cura delle vigne, il patrimonio ambientale e sostenere la tutela del paesaggio. L’introduzione del disciplinare di produzione DOCG si inserisce così nella strategia di cresci-ta dell’immagine e della peculiarità del prodotto contribuendo alla valorizzazione di tutto il patrimonio naturale del luogo. Di fatto, la produzione Collio Doc ha da anni le caratteristiche della Docg, infatti già adesso le rese per ettaro sono basse, garantendo la massima qualità. Le varietà, oggi riconosciute dal disciplinare in vigore, saranno le stesse, ma due sono le novità da non trascurare. La prima riguarda un “Collio Gran Selezione”, uvaggio 100% au-toctono al vertice della piramide qualitativa delle future etichette, che sarà a base di Friulano (Tocai), con in percentuale minore la Malvasia e/o la Ribolla gialla, e che avrà un periodo di invecchiamento di almeno 24 mesi. In altre parole un Collio bianco top. L’altra new entry sarà il Pinot grigio “Superiore”, soggetto ad una regolamentazione più restrittiva che preve-derà una resa per ettaro inferiore e un periodo di vinificazione più lungo. Non dimentichiamo che a Gorizia già 170 anni fa si produceva Pinot grigio e se ne analizzò il mosto il giorno 3 ottobre 1847, col pesa-mosto Wagner da poco brevettato! Le giornate di Enjoy Collio Time, sono state come un viaggio nel Tempo, che è il tema dell’evento di quest’anno, con l’idea di condividere con gli ospiti il passato, raccontar loro il presente e proiettare tutti verso il futuro del Collio. Alla stampa internazionale è stata data l’opportunità di assaggiare con il palato, di cogliere i profumi della primavera, di ascoltare i racconti dei produttori e di master of wine, di ammirare i luoghi, di provare quelle emozioni che i sensi e l’intuito possono trasmettere. Anche gli amanti del vino e del cibo sono stati soddisfatti con una degustazione dal tardo pomeriggio alla sera di sabato 17, sotto il Teatro tenda del suggestivo Castello di Gorizia e con itinerari guidati fra le colline vinifere. Perchè – come scrisse nel 1877 un raffinato produttore, a proposito dei vini goriziani del tempo - “le cose opportune bisogna ripeterle fino all’importunità”, perseguitati e sedotti dalla bontà controllata e tra poco garantita dei vini del Collio.

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 63

Benevento: città delle streghe A guidare la delegazione Paul Balke, giornalista enoga-stronomico olandese trapiantato da qualche anno in Italia, grande conoscitore di vini e scrittore di libri, l’ulti-mo sul Piemonte. L’appuntamento per tutti era a Bene-vento e non possiamo cominciare a parlare di questo tour senza dare spazio a questa città “stregata” che ha una storia incredibile anche per la sua strategica posi-zione tra le strade più importanti del Sud. Posta nell’entroterra della Regione Campania, posizio-nata tra i fiumi Sabato e Calore, ha un passato ricco di storia, ove suggestivi e splendidi monumenti sono lì a testimoniare secoli e secoli di gloriosi eventi. È una città che può definirsi “museo a cielo aperto”. Conosciuta come la città delle “Streghe” anche per via del famoso liquore, la storia della magica città si sintetizza in tre pe-riodi principali: Romano, Longobardo, Pontificio. Ognuno di questi ha lasciato testimonianze storico – artistiche di notevole pregio. L’Arco Traiano, che si erge al centro della città, fu costruito tra il 114 e 117d.c. in onore dell’omonimo Imperatore, posto all’inizio della Via Tra-iana che abbreviava il percorso da Benevento a Brindisi;

il Teatro Romano, voluto da Caracalla, famoso per la sua ottima acustica; l’Arco del Sacramento. Nel periodo Lon-gobardo, a seguito della caduta del Regno di Pavia fu elevata a Principato da Arechi II che, amante delle arti e della cultura, realizzò numerose opere architettoniche, quali la chiesa di S.Sofia con il suo bellissimo chiostro, la “Civitas Nova” con le sue mura perimetrali. La fine della dominazione Longobarda segna il passag-gio di Benevento al dominio Pontificio: testimonianze architettoniche di tale periodo sono la maestosa Roc-ca dei Rettori, il Duomo, Palazzo Paolo V, Basilica di S. Bartolomeo, la Basilica della Madonna delle Grazie. Con l’Unità d’Italia, Benevento fu liberata dal dominio Pontificio e con decreto 25 ottobre 1860 di Giorgio Pallavicini fu dichiarata Provincia d’Italia. A causa della sua centralità nelle comunicazioni ferroviarie fra Roma e Puglia, la città venne colpita in maniera durissima dai bombardamenti angloamericani nel 1943. Il 21 agosto gli Alleati cominciarono a bombardare la città per sta-nare i tedeschi e spingerli a risalire la Penisola: il primo obiettivo centrato fu la stazione ferroviaria. Un secondo bombardamento degli angloamericani, nei giorni 11 e

Cronaca di un WineTour nel Sannio dove si coltivano emozioni

di Rocco Lettieri

Il Sannio Consorzio Tutela Vini ha ospitato una quindicina di giornalisti del settore enogastronomico, con un programma a tema: “Nel Sannio coltiviamo emozioni - Wine tour”, una prima vera iniziativa che ha dato

l’opportunità di scoprire il ricco territorio viticolo sannita e poter degustarne la variegata produzione enologica a Denominazione di Origine, con un’attenzione particolare rivolta anche alla gastronomia, le bellezze

paesaggistiche e architettoniche e le ricchezze artigianali.

Il Sannio: una panoramica del

territorio

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64 - La Rivista luglio - agosto 2017

12 settembre spianò per intero Piazza Duomo e Piazza Orsini. Il 2 ottobre 1943, i tedeschi lasciarono la città. Per il comportamento della cittadinanza in queste difficili circostan-ze, nel 1967 la città fu insignita della medaglia d’oro al valor civile. Pochi anni dopo la guerra, la terribile piena del fiume Calore del 2 ottobre 1949 portò ancora vittime e distruzione. Oggi la città vive anche intorno al “Premio Strega” istituito nel 1947, a Roma, da un gruppo di letterati che frequentavano il salotto di Goffredo e Maria Bellonci. Insieme alla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci ne è promotrice la ditta Alberti, produttore del liquore di Benevento, da cui il Premio prende il nome.

Distillato di erba e magia Scontato pertanto un riferimento al famoso liquore creato a Be-nevento nel 1860 da Giuseppe Alberti, che decise di creare una bevanda consapevole del fascino e dell’interesse popolare che ruotava intorno alla leggenda. Mise in relazione la nascita del suo liquore al mito popolare, secondo cui esisteva un filtro d’amore preparato dalle streghe per unire per sempre le coppie. Questa è la genesi leggendaria del liquore Strega, la cui fama è tutt’oggi legata alla leggenda e conserva un fascino sempre attuale. La ricetta del “distillato di erba e magia”, come recita uno slogan del liquore, non a caso è segreta e viene tramandata da generazioni nella famiglia Alberti. La distillazione coinvolge più di 50 erbe pro-venienti da varie parti del mondo: erbe sannite (menta selvatica), erbe mediterranee (lavanda, ginepro, corteccia d’arancio) e spe-zie esotiche orientali (cannella, pepe di Jamaica, chiodi di garo-fano, zafferano che ne dà il caratteristico colore giallo). Ritenuto eccellente dopo pasto, il liquore si esprime al meglio nelle più sva-riate modalità di consumo: ottimo bevuto liscio, non perde il suo gusto con ghiaccio, aggiunto a cocktails o nella preparazione di dolci. È proprio questa sua versatilità ad aver reso possibili prodotti che fossero intimamente legati allo Strega come il torrone, i babà al liquore, gli araldi allo strega, il gelato “mela stregata”, il pan Tor-rone e i cioccolatini con il cuore allo Strega chiamati “Goccioloni”. Filtro d’amore o no, è comunque indubbio ciò che diceva Sylva

Koscina in uno spot degli anni ‘60: “Il primo sorso affascina, il se-condo strega”. Dalle streghe ai Santi, il passo è breve<: nelle vicinanze c’è Pietrel-cina, nota in tutto il mondo per aver dato i natali il 25 maggio 1887 al civico 32 di Vico Storto Valle, a Francesco Forgione, noto come Padre Pio da Pietrelcina, battezzato il 26 maggio nella chiesa di S. Anna e proclamato Santo da Papa Giovanni Paolo II il 16 giugno 2002.

Comincia il tour Fatta questa doverosa presentazione di Benevento che ci ha dato il “benvenuto” nelle terre dei Sanniti, il gruppo si è spostato a Solo-paca, dov’era programmata la visita nei vigneti di una delle prime Denominazioni di Origine della Campania. Impossibile non par-lare dell’avvenuta alluvione del 15 ottobre 2015. Un disastro che nel giro di poche ore ha mandato un mare di fango nella Cantina che si apprestava a festeggiare i 50 anni dalla nascita. Un mare di bottiglie sotto un mare di fango, che solo con un’operazione lungimirante poteva portare al recupero e alla vendita in 5 giorni di 80.000 bottiglie #SporcheMaBuone, iniziativa della Cantina di Solopaca che ha messo in vendita le ottantamila bottiglie infanga-te tratte in salvo all’interno della struttura alluvionata. Un’iniziativa che, anche grazie allo spazio ottenuto sui media regionali e nazio-nali, ha ulteriormente contribuito a sensibilizzare l’opinione pub-blica sul dramma vissuto nel Sannio in quelle due settimane. Le bottiglie recuperate, ancora completamente infangate, non hanno fatto in tempo ad arrivare dalla bottaia al punto di vendita di via Bebiana, dove sono state immediatamente vendute. Una richie-sta enorme, soddisfatta anche attraverso la vendita in rete: ordini sono infatti giunti da tutt’Italia e dal mondo. Una cosa è certa: la Cantina di Solopaca, adesso sa di poter contare sulla vicinanza di migliaia di persone, che hanno potuto apprezzare il sacrificio e la volontà di rialzarsi da una calamità naturale di enorme portata. Anche il presidente Carmine Coletta ci ha voluto esternare i propri sentimenti. “Sono bastati solo cinque giorni. Cinque giorni in cui la generosità dell’Italia intera ha bussato incessantemente alla porta della nostra Cantina. Non posso fare altro che ringraziare di cuore tutte le persone che hanno partecipato a questa gara di solida-rietà. A loro dico: siete stati semplicemente meravigliosi. Grazie a questa iniziativa ci stiamo risollevando con maggiore forza e convinzione. Da oggi guardiamo al futuro con ottimismo”. Dalle parole del ricordo, ai fatti: ecco la visita ai luoghi di produzione e alle rinate vigne dopo l’alluvione. Viaggiando attraverso le sue col-line è possibile comprendere quanto la viticoltura caratterizzi il terri-torio, e quanto sia soggetto tutelante il paesaggio e fonte di sosten-tamento economico delle sue genti. Non deve sorprendere quindi, che nella provincia più agricola della Campania, il primo posto nella produzione di reddito in agricoltura spetta proprio al comparto vitivi-nicolo. In alcune aree la vite e la sua epoca vegetativa, scandiscono il tempo della vita della comunità locale, in particolare nelle aree tra il massiccio del Matese e il Taburno, e dalle pendici del Taburno al fiume Calore. Oggi l’intero comparto, sostenuto da un rinnovato entusiasmo, sta trasformando un’area che storicamente era viticola

L’arco di Traiano a Benevento

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in area vinicola, con la nascita di nuovi imprenditori e nuove tecni-che di conduzione agricola, nel segno di una rinnovata tradizione. Non a caso operano nella provincia strutture associative sotto forma di cooperative, che riuniscono insieme quasi duemilacinquecento viticoltori, realtà uniche in ambito regionale e meridionale. La vite, in definitiva, è il segno che consente di leggere l’identità culturale e sociale dell’intera comunità sannita.

La scoperta del territorio Dalla visita ai vigneti al primo seminario condotto magistralmente da tre personaggi che hanno fatto da guida per tutto il tour: Libero Lillo (presidente del Consorzio Sannio DOP), Nicola Matarazzo (di-rettore) e Pasquale Carlo (addetto stampa Sannio Dop). Con l’ausilio di diapositive ben realizzate e mai banali abbiamo po-tuto scoprire la storia dei vini sanniti e del paesaggio beneventano: “La provincia di Benevento è nel cuore dell’Appennino Sannita che fa parte dell’Appennino meridionale. Territorio di confine e di transito naturale quando dalla costa tirrenica ci si sposta a quella Adriatica e viceversa: confina a sud con l’Irpinia, a ovest con il Casertano, a nord con il Molise e a Est con la Puglia. Le sue caratteristiche mor-fologiche, storiche e antropologiche sono talmente uniche che per un momento, dopo l’Unità d’Italia, si pensò di creare una regione a parte, Sannio appunto. Ha sicuramente inciso l’essere stata nel corso dei secoli una enclave dello Stato Pontificio. La valle del Calore, dove oggi si concentra la maggior parte delle aziende e della produzione di uva, in origine era un bacino chiuso occupato da un lago, di cui il Calore, il Tammaro ed il Sabato erano affluenti. I terreni sono costituiti in massima parte da elementi argil-loso- calcareo – silicei, con qualche raro masso erratico di granito nel Fortore. Non sono rare invece le concrezioni conchiliacee e le in-crostazioni ittiche (Pietraroja, Castelfranco in Miscano), i giacimenti di marmi colorati (Vitulano, Cautano, Paduli), e di selci trasparenti e calcedonio comune. Non mancano in zona, come in quasi tutta la Campania, i segni di attività vulcanica, come nelle aree Vitulane-se, Telesina e Galdina. Nell’area Telesina e Titernina, poi, oltre alle

sorgenti d’acqua termali e minerali, vi sono grandi giacimenti di tufo grigio, formati evidentemente da ceneri vulcaniche, e di ligni-te (Pietraroja), che è indizio dell’origine vulcanica di quei terreni. Nel settore nord-est, tra il Tammaro ed il Fortore, non vi è nessuna traccia di terreno vulcanico oltre al tufo di Monte Caffarello, in quel di San Marco dei Cavoti. Bisogna andare al di là del Fortore nella regione Galdina, per trovare un’altra zona vulcanica. Nel sito detto “Fontane Padule”, ad est di San Bartolomeo in Galdo e tra il bosco Montauro ed Alberona, si trovano ad una certa profondità pomici, scorie, pezzi d’ossido nero di manganese e di ferro fuso in forma spirale, oltre a strati di torba papiracea, un’immensa quantità di piriti e strati di ferro carbonati litoide. Il paesaggio sannita è caratterizzato da innumerevoli segni lasciati dalle culture che si sono succedute nel tempo – il suo “deposito di storia” che testimonia il passato, il presente e il futuro – ma anche da una forte vocazione vitivinicola, segni e vocazioni territoriali che identificano la sua impronta am-bientale e culturale. Diecimila ettari vitati, settemilanovecento vignaioli, circa cento aziende imbottigliatrici per oltre un milione di ettolitri di vino pro-dotto, tre denominazioni di origine e una indicazione geografica per più di sessanta tipologie di vini, un potenziale di cento milioni di bottiglie, sono gli elementi salienti del vigneto Sannio, che as-segnano alla provincia beneventana il primo posto nel comparto vitivinicolo della Campania (circa il 50% della superficie viticola e della produzione vinicola regionale). Aglianico, Sommarello, Piedi-rosso, Sciascinoso, Agostinella, Falanghina, Cerreto, Coda di volpe, Grieco, Malvasia, Fiano, ma anche Passolara di San Bartolomeo, Oli-vella, Carminiello, Palombina, Moscato di Baselice, sono solo alcuni esempi del patrimonio della biodiversità sannita”.

La degustazione di vini bianchi A seguire presso il Ristorante Locanda Radici di Melizzano si è te-nuta una degustazione di 5 vini bianchi Coda di Volpe, 5 Greco, 6 Fiano, 4 rossi da uve Piedirosso, 10 vini Sannio DOP e tre vini da des-sert Moscato di Baselice. Una scelta ben calibrata, vini che ci hanno aperto gli occhi su questa terra che ancora non ha avuto momenti per presentarsi al grande pubblico della carta stampata. Perché qui, a detta dei responsabili, di vini in cantina non se ne trovano. Pranzo spartano ma ben curato e con di prodotti locali di assoluta eccellenza; quindi partenza per Sant’Agata dei Goti, dove abbiamo visitato l’Antico borgo medievale con il ponte antico e cena a Casa Rainone della Famiglia Mustilli (una casa nella cantina, da vedere se si è in zona). A Guardia Sanframondi, abbiamo avuto l’opportunità di visitare i vigneti dell’area del Titerno e la locale Cantina La Guardiense, fondata nel 1960, che da 12 anni si avvale della consulenza di Riccardo Cotarella; 1000 soci che lavorano 2968 ettari dei 10.000 ettari totali di Falanghina. Una cantina tra le più importanti del territorio. Da tenere presenti i loro vini della linea base Janare (le streghe) e la selezione Cantari, da uve aglianico vendemmia tardiva che ha frutti freschi rossi, potenza, struttura, con tannini equilibrati e balsamicità da vendere. All’enoteca Castelvenere dell’azienda Castelle, si è tenuto il secon-Viti di aglianico vecchie di 200 anni.

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do seminario sulla Falanghina con la presentazione del libro: Nel Sannio coltiviamo emozioni, viaggio attraverso la storia, la cultura e i paesaggi della vitivinicoltura del Sannio Beneventano, corredata dalla degustazione dei vini a Denominazione di origine Falanghina del Sannio DOP. 31 vini di sola Uva Falanghina nelle annate 2016 e 2015 con qualche bottiglia anche di spumante, davvero in grado di competere con quelli di zone del Nord più conosciute. Al termine, il trasferimento a Puglianello, all’Osteria Pizzeria Il Foro dei Baroni, dove il maestro pizzaiolo partenopeo Gino Sorbillo ha dato vita, sa-pore e gusto con le sue pizze ‘Le mani in pasta’, per farci scoprire tutti i segreti dell’arte della pizza napoletana. Il tutto nell’ambito del progetto ‘Pizza&FalanghinadelSannio’ che ha visto lo stesso Sorbil-lo girare il mondo. Un’altra interessante tappa quella a Cerreto Sannita, con la visita della cittadina e dei laboratori delle ceramiche e del Museo Civico della Ceramica Cerretese. Assolutamente da suggerire per almeno una volta nella vita. Il ritorno a Benevento è stato delizioso grazie alla cena Da Nunzia, tipica trattoria, locale Slow Food. Si mangia come una volta con ricercatezza e attenzione mediterranea per una buona salute, confermando ciò che si legge sul biglietto da visita: “…la buona, sana, saporosa cucina di casa nostra, in trattamento familiare a prezzi contenuti”.

Una vigna di Aglianico di 200 anni La conclusione del tour ci ha portati in direzione Foglianise, con la visita ai vigneti storici dell’area del Taburno. La grande sorpresa è stata quella di poter visitare la vigna antica di Aglianico di circa 200 anni, in località Pantanella-Ponte Russo, di 1,4 ettari allevata a rag-giera etrusca, e ancora coltivata dal contadino Giuseppe Piazza di 99 anni, dalle cui uve si ricava il famoso vino Aglianico del Taburno DOCG Bue Apis, cru della Cantina del Taburno. Da sola questa visita vale un viaggio e se poi ti fanno anche provare il Bue Apis, l’immagi-nazione va oltre ogni vino che tu puoi avere nel bicchiere. La Cantina del Taburno, situata alle pendici del monte del Taburno, è di proprietà del Consorzio Agrario di Benevento. Quest’ultimo, fon-dato nel 1901, ha svolto nell’arco di un secolo un ruolo fondamen-tale per lo sviluppo dell’agricoltura sannita. Situata nel comune di Foglianise, è stata realizzata nel 1972. Per la filosofia produttiva che da sempre contraddistingue l’azienda e per le ricadute economiche sul territorio che essa determina, costituisce un punto di riferimento per la viticoltura della zona. Le uve vinificate dalla Cantina del Ta-burno provengono da circa 600 ettari distribuiti nei territori dei 13 comuni ubicati alle pendici della montagna: Foglianise, Torrecuso, Vitulano, Campoli del Monte Taburno, Castelpoto, Apollosa, Bonea, Montesarchio, Ponte, Tocco Caudio, Cautano, Paupisi e Benevento. L’ecosistema viticolo di tale territorio è molto singolare, sia per la natura e l’esposizione dei terreni, sia per le particolari condizioni climatiche, sia per i vitigni e le tecniche agronomiche adottate. I terreni collinari, argillosi e calcareo-marnosi, gli inverni miti con una regolare distribuzione delle piogge tra ottobre e marzo, le estati calde e asciutte, contribuiscono a creare condizioni estremamente favorevoli per una viticoltura di qualità. Infine, ci siamo spostati a Torrecuso, presso la Cantina Fontana-

vecchia, dove si è tenuto il terzo seminario-degustazione dei vini a Denominazione di origine “Aglianico Sannio Dop” e “Aglianico del Taburno Docg”. L’Aglianico è il vitigno a bacca nera più diffuso nel Sannio Be-neventano. Identifica perfettamente la vitivinicoltura sannita, es-sendo da secoli coltivato nelle aree a maggiore vocazione della provincia, dove si è adattato in maniera perfetta ai diversi ambienti collinari. La coltivazione secolare del vitigno ha selezionato l’A-glianico biotipo Amaro, da cui si ottengono alcuni dei vini sanniti più affermati e prestigiosi, primo fra tutti l’Aglianico del Taburno D.O.C.G. nelle tipologie rosso, rosato (l’unico rosato a D.O.C.G. ita-liano) e riserva, prodotto nei 13 comuni sanniti. Vitigno robusto di discreta fertilità delle gemme e abbondante produzione. Si adatta bene all’allevamento a spalliera ed ai diversi portainnesti. Vino im-portante, che si accompagna a pietanze strutturate, a carni rosse e formaggi stagionati non piccanti ma, se di grande qualità, è anche un ottimo vino da meditazione. A noi è stata riservata la degustazione pilotata di vini rossi: 9 Sannio Aglianico DOP e 25 Aglianico del Taburno DOCG. Un vero tour de force pieno di grandi soddisfazioni. Dopo la pausa “pran-zo contadino” con forme di formaggi diversi, con pane da antichi grani e con olio extravergine di oliva da cultivar “Ortice”, c’è sta-to il rientro a Benevento. In serata cena alla Locanda della Luna di San Giorgio del Sannio (chef Daniele Luongo) con alcuni produttori e alcuni rappresen-tati della comunità montana e amministratori locali. Momenti di riflessioni con scambi di visioni sui punti di forza e sulle criticità del territorio e del sistema-vino sannita visti da tredici giornalisti di varie testate. Un Tour sicuramente tra i più “intellettuali” e meglio organizzati, an-che tenendo conto dei giusti tempi e orari, cosa difficile da tener in considerazione in tour al Sud. Sicuramente da ripetere per ampliare ancor di più la conoscenza su questa terra “emozionale”.

Il nostro collaboratore, Rocco Lettieri, nella vigna del Bue Apis

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Con “I migliori ristoranti

d’Italia” la collaborazione

con la guida Michelin

sottolinea che l’importanza

del messaggio sta nella

condivisione di valori comuni

Anteprima del Brunello di Montalcino 2017

Cos’è successo? Il 28 e il 29 Aprile, in occasione della due giorni, per celebrare il 50° anniversario della costituzione del Consorzio del Brunello di Montalcino, la Guida Rossa più famosa al mondo ha presentato una guida nuova denominata: I migliori ristoranti d’Italia - Le stelle della Guida Michelin che comprende tutti i 342 ristoranti stellati della Guida Michelin Italia, immediatamente lo-calizzabili nella mappa d’Italia delle tavole stellate. È una guida creata apposta per l’occasione - informa una nota Michelin - che sancisce una partnership ormai consolidata tra il Consorzio e la Guida Michelin Italia. Nelle prime pagine (248 pagine, prezzo 12,90 euro) si trovano pe-raltro descrizioni dettagliate del Consorzio del Brunello di Montalci-no, delle denominazioni e delle norme disciplinari, della valutazione qualitativa delle annate e di Montalcino stessa, con il suo patrimo-nio inestimabile nato dal territorio, dal suolo e dal clima. “Sia il Consorzio del Brunello di Montalcino sia Michelin condivido-no la stessa passione e lo stesso savoir-faire, presupposti che ga-rantiscono il miglior vino per l’una e la migliore selezione culinaria per l’altra - osserva Marco Do, Direttore Comunicazione Michelin

Italia - I nostri ispettori applicano rigorosamente un unico metodo di giudizio in ogni paese, il Consorzio garantisce la tracciabilità di tutti i vini a denominazione di origine di Montalcino. Da questo con-nubio ideale di ottima cucina e buon bere nasce la Guida “I migliori ristoranti d’Italia - Le stelle della Guida Michelin”, che illustra tutti i ristoranti stellati italiani, con i nomi degli chef, la descrizione delle specialità, le foto degli chef dei ristoranti tre stelle e dei piatti”. “La collaborazione tra il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino e Michelin nasce da una visione comune che è fondata sulla con-tinua ricerca dell’eccellenza e della qualità e ci offre l’opportunità di consolidare la visibilità e l’importanza del Brunello nel mondo”. – ha affermato Patrizio Cencioni, presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino. A ogni ristorante tre stelle sono dedicate due pagine, illustrate dalle fotografie dello chef, del locale e di un piatto tipico. I ristoranti due stelle e una stella sono illustrati con la fotografia di un piatto tipico. Il significato delle stelle e i principi della Guida Michelin, uguali in tutto il mondo, sono descritti nelle pagine introduttive, in cui vengo-no anche spiegati i criteri di attribuzione delle stelle.

L’anteprima del Benvenuto Brunello di Montalcino è coincisa una iniziativa, esclusiva, che ha legato il vino al mondo del cibo (quello di eccellenza): la Guida Mi-chelin, che aveva già avuto un forte segnale quando il 18 Febbraio scorso, fu scoperta la famosa mattonella, dedicata proprio alla Guida Michelin.

di Rocco Lettieri

La posa della mattonella per la vendemmia 2016

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Il valore fondate dell’eccellenza Ritornando alla celebrazione della vendemmia 2016 che quest’an-no, per scelta della giuria di esperti incaricata della valutazione, me-rita le cinque stelle, la piastrella che le riporta, dal rosso immedia-tamente riconoscibile in tutto il mondo, altro non è che la copertina dell’ultima guida Italia, suggellando una partnership che ormai dura da alcuni anni. Un design semplice ed efficace scelto dalla “Rossa” a sottolineare che l’importanza del messaggio sta nella condivisio-ne di valori comuni. Come per le passate edizioni di Benvenuto Bru-nello, infatti, la firma della “piastrella”, al di là dell’aspetto estetico, ha un significato simbolico più profondo. Nel caso di Michelin è appunto l’incontro tra due realtà che hanno come valore fondante l’eccellenza. Secondo il Responsabile della Comunicazione Michelin Italia, Marco Do: “Abbiamo accettato con molto entusiasmo l’invito fattoci dal Consorzio del Brunello perché crediamo che ci sia un forte legame tra i nostri due brand. La missio-ne di entrambi è quella di garantire sempre e comunque il massimo della qualità perché la credibilità e la reputazione passano proprio dalla capacità di essere trasparenti e rigorosi adottando criteri e comportamenti condivisi e riconosciuti in tutto il mondo. Lo stesso vale per le partnership ed i progetti editoriali che portiamo avanti. Lo vogliono i nostri lettori, lo vogliono i wine lovers e gli appassionati. Non è un caso che da oltre 60 anni Michelin sia il riferimento asso-luto per la gastronomia mondiale, e lo stesso valga per il Brunello che è uno dei brandi italiani più conosciuti a livello internazionale”.

Assegnati anche i premi Leccio d’Oro 2017 Nella stessa occasione sono stati assegnati anche i premi Leccio d’Oro 2017. Per questa edizione, infatti, è stata allargata la giuria ed accorpate in una sola le categorie Ristorante ed Osteria, prima separate. I premi 2017 sono andati ai ristoranti Del Cambio di Torino ed Era Ora di Copenhagen. Per le enoteche invece il riconoscimento è andato a N’ Ombra de Vin di Milano e ad A. Litteri di Washington DC. Premi speciali per i 50 anni del Consorzio ai locali montalcinesi Bruno Dalmazio per la sezione enoteche e Il Giglio per la sezione ristoranti. Per quanto riguarda la Giuria, le new entry sono Enzo Viz-zari, giornalista e critico enogastronomico, Direttore dell’Area Guide

del Gruppo Editoriale L’Espresso, Luca Martini, miglior sommelier del mondo nel 2013 secondo la Wsa (Worldwide sommelier as-sociation) e fondatore di Sommelier Consulting che opera anche nel mondo della ristorazione, Charlie Arturaola, sommelier e critico enogastronomico di rilievo internazionale, protagonista del film the Duel of Wine, uscito nel 2016 nelle sale italiane. I nuovi giurati van-no ad aggiungersi al Presidente del Consorzio Patrizio Cencioni , dai componenti del Comitato di presidenza composto da Andrea Machetti, Tommaso Cortonesi e Riccardo Talenti e dagli esperti Allan Bay, illustre giornalista nel settore enogastronomico e collaboratore del Corriere della Sera per cui cura la rubriche “Vivi Milano”; l’e-nogastronoma e scrittrice di libri sul cibo per il mercato USA Faith Willinger, il Presidente dell’Associazione Italiana Sommelier (AIS) Antonello Maietta e il presidente del Gruppo del Gusto della Stampa Estera in Italia Alfredo Tesio.

Una vendemmia a 5 stelle Prosegue la spirale positiva del Brunello. Dopo quella del 2015, anche la vendemmia 2016 è stata giudicata a 5 stelle, sebbene abbia messo a dura prova i produttori per via di una stagione mol-to irregolare. “Siamo soddisfatti del risultato ottenuto e lo dobbia-mo senza dubbio al saper fare dei nostri produttori – commenta il Presidente del Consorzio Patrizio Cencioni. Dopo una primavera piovosa, l’autunno è stato caratterizzato da molto caldo di giorno e fresco di notte, un’escursione che ha reso le uve particolarmente ricche di acidità, colore e profumi. Ci aspettiamo grandi cose da quest’annata”. A confermare il giudizio del Presidente del Consorzio anche i commenti degli enologi che sono stati chiamati a valutare la vendemmia 2016. Tra questi Paolo Vagaggini, enologo di fama nazionale e uno dei massimi esperti mondiali di Sangiovese, che ha detto: “l’annata ha sviluppato profumi franchi, netti, fragranti, una spalla acida forte che è garanzia di un lungo invecchiamento e un colore intenso e vivace. Queste caratteristiche sono evidenti nono-stante la stagione non sia iniziata benissimo, ma il Sangiovese è un vitigno capace di reagire molto bene ai cambiamenti stagionali e ha portato a suo favore fattori che non erano del tutto positivi. Ci aspettiamo vini stilisticamente moderni”. Per Carlo Ferrini “la ven-

I giornalisti hanno potuto degustare nelle sale del Chiostro Museo di Via Ricasoli…

… comodamente seduti e serviti da sommelier

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demmia 2016 è stata perfetta, una delle più belle degli ultimi anni. A maggio e giugno il clima è stato freso, con una buona piovosità, mentre in estate il caldo è stato equilibrato, non eccessivo. Credo che questa vendemmia non sia molto distante dai risultati strepitosi raggiunti nel 2010 e nel 2015”.

Stabile l’export Sempre nella stessa giornata sono stati forniti alcuni dati importanti per giudicare il momento commerciale. Così sappiamo che stabile è il dato sull’export rispetto allo scorso anno, che si attesta sul 70% della produzione totale. A trainare il mercato estero si confermato i paesi target di USA (oltre 30%), seguiti da Europa (con UK, Germa-nia e Svizzera in testa) al 20%, i mercati asiatici (Cina, Giappone, Hong Kong ecc.) che realizzano il 15%, il Canada (12%) e il centro e sud America (8%). Il restante 15% è occupato dagli altri mercati. Per quanto riguarda la produzione, le bottiglie prodotte nel 2016 sono state 13.932.000, così suddivise: Brunello 9.100.000, Rosso 4.500.000, Sant’Antimo 300.000 e Moscadello 32.000. Una leg-gera contrazione rispetto all’anno scorso (-4,71%) dovuta al minor numero di bottiglie immesse sul mercato, a sua volta dovuto ad una minore produzione di uva nel 2011. Il giro d’affari del settore vitivi-nicolo a Montalcino si è attestato sui 170 milioni di euro. Continua invece a crescere di anno in anno il flusso turistico a Montalcino, che nel 2016 ha registrato +20% di presenze, passando dal milione dell’anno scorso ai 1.200.000 di persone di quest’anno, mentre i pernottamenti a Montalcino sono stati oltre 135.000, sui quali ci si attende un incremento a seguito dell’unione dei comuni di Montal-

cino e San Giovanni d’Asso. Questi numeri confermano che l’au-mento dei turisti, trainato dal settore enogastronomico, genera un effetto positivo per tutto l’indotto. Patrizio Cencioni eletto all’unani-mità è Presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino dal giugno 2016. 60 anni, titolare dell’azienda Capanna, era già stato Presidente nel 2008, e Vicepresidente nel triennio 2013 – 2016.

La degustazione La 25° edizione di Benvenuto Brunello, si è aperta anche all’insegna di una grande novità pensata per tutti gli appassionati di Brunello nel mondo: per la prima volta Benvenuto Brunello è stato aperto anche ai privati che hanno potuto accedere alla manifestazione ac-quistando il biglietto d’ingresso solo online sul sito www.consorzio-brunellodimontalcino.it. I visitatori privati hanno potuto accedere al Benvenuto Brunello nelle storiche sale del Complesso di Sant’Ago-stino, dove recentemente è stata trasferita definitivamente la nuova sede del Consorzio. Con questa operazione di recupero e ristruttura-zione, del valore di 1 milione di euro, Sant’Agostino mira a diventare il nuovo cuore pulsante per lo sviluppo di attività culturali della città e centro di aggregazione per i cittadini. I giornalisti hanno potuto degustare nelle sale del Chiostro Museo di Via Ricasoli, seduti e serviti da sommelier. I vini in esame: Bru-nello 2012, Riserva 2011, Rosso 2015, Moscadello e Sant’Antimo. Quella del 2012 è un’annata giudicata ottima – a 5 stelle - dalla giuria di esperti che ogni anno è chiamata a valutare la qualità della vendemmia. E a giudicare dai commenti raccolti durante le antepri-me americane che hanno preceduto l’evento di Montalcino (cosa che la maggior parte di noi contesta apertamente), la “stella” del Brunello continua a brillare in tutto il mondo. Kerin O’Keefe, italian editor del magazine Usa Wine Enthusiast, ma di casa a Lugano, ad esempio commenta così l’annata 2012: “se vi piacciono i Sangio-vese eleganti ma al tempo stesso longevi, allora riempite la vostra cantina di Brunello di Montalcino 2012”. Dopo 140 assaggi O’Keefe ha attribuito all’annata 2012 di Brunello punteggi molto elevati: 88 etichette hanno ricevuto 90 punti e oltre e, tra queste, ben 20 hanno superato i 94 punti. Per James Suckling “il Brunello 2012 è una “rockstar”. È un’annata che si avvicina molto alla “leggendaria” del 2010 e a quella altrettanto speciale del 2004. I frutti sono vibranti, gli aromi intensi, l’acidità è vivace e i tannini sono ultrafini”. Jeff Porter, Direttore Beverage dell’Hospitality Group Batali & Bastianich, che ha assaggiato l’annata durante il tasting tour di gennaio a New York, ha così commentato: “quello che amo di più del Brunello 2012 è l’eleganza, con un gusto di frutto rosso avvolto da note di erbe e terroir. Non ha quella forza che alcuni si aspetterebbero da una vendemmia a 5 stelle, ma è ciò che esprime la grandezza del Sangiovese”.

La mia personale valutazione I vini in degustazione erano così suddivisi: 133 Brunello 2012; 33 Brunello Vigna/Selezione 2012; 13 Brunello Riserva 2011; 112 Ros-so di Montalcino 2015; 28 Rosso di Montalcino 2014; 7 Moscadel-lo; una decina tra S. Antimo rosso e Vin Santo. Per mia personale Il presidente del Consorzio Patrizio Cencioni

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scelta ho degustato una trentina di Rosso di Montalcino DOC 2015 tra quelli meno stranoti (davvero molto interessanti, eleganti, freschi, fruttati, puliti, con note balsamiche e delicate note di nocciole to-state; in bocca freschezza e integrità, armonia e buona acidità ben integrata con i tannini; retrogusto di bella concentrazione). Questi i miei quindici preferiti: Brunelli; Castello Romitorio; Celestino Pecci; Cordella; Corte dei Venti; Il Bosco di Grazia; La Fortuna; La Poderina; Maté; Pian delle Querci; Podere Brizio; Ridolfi; Sasso di Sole; Solaria e Villa Poggio Salvi. Il tempo a nostra disposi-zione, una giornata e mez-za, mi ha costretto a fare una scelta che si è fermata ai Brunello di Montalcino DOCG 2012, ma solo di quelli, anche qui come per i Rossi, tra i meno co-nosciuti (quindi non se ne vogliano a male i “grandi nomi” dei soliti che volu-tamente non ho degustato per mancanza di tempo). 85 su 133 campioni che a dire il vero mi hanno anche dato belle soddisfazioni, segno evidente che anche tra i meno conosciuti si sta lavorando per la qualità. Un’annata la 2012 da prendersi con le pinze. Per chi conosce il ter-ritorio e non solo le etichette, le differenze ci sono e come. Quando i vigneti sono nelle zone basse e nebbiose sino alle 10 di mattino, i vini sono spigolosi con tannini duri e acidità elevate. Quando le vigne sono in alto, tra i 250 e i 450 metri, l’equilibrio e la suadenza tannica è “gustosamente” setosa e ben levigata. Ho fatto fatica a segnalare solo un quarto dei vini degustati. Questi i 30 produttori che mi sento di evidneziare tra gli 85 assaggi: Altesino; Barbi; Ca-nalicchio di Sopra; Caparzo; Caprili; Carpineto; Castiglion del Bosco; Cerbaia; Col d’Orcia; Corte dei Venti; Corte Pavone; Cortonesi-La Mannella; Ferrero; Greppone Mazzi-Ruffino; Il Paradiso di Manfredi; Il Poggiolo; La Fiorita; Le Macioche; Mocali; Pian delle Querci; Pian delle Vigne; Podere Brizio; Podere Le Ripi; Renieri; Scopetone; Sesti di Sopra; Tenuta di Sesta; Terre Nere; Tiezzi e Uccelliera. Parlando di questi ultimi segnalo che i colori lasciavano intravedere la vera colorazione del Sangiovese grosso, un po’ aranciato ma bril-lante; al naso la frutta rossa piccola anche sotto spirito era evidente nella maggior parte dei casi; i legni anche se presenti non davano segni di forte “boisé”; finali freschi e resinosi, con buone note di liquirizia. In bocca c’era tanto calore da alcol alto, rotondità, struttu-ra acida e tannica, bella carnosità del frutto; buona impressione di qualità e assenza di difetti. Vini comunque che se bevuti entro i 5/7 anni, potranno dare il massimo di sé.

Brunello: il rosso dei millennials La presentazione in esclusiva di Vivino sull’immagine del Brunello nel Mondo durante l’incontro condotto dal giornalista del Corriere

della Sera Luciano Ferraro con il fondatore della APP Vivino Heini Zachariassen, il responsabile di Wine Monitor per Nomisma Denis Pantini, Marcello Masi conduttore Linea Verde (RAI) e Giuseppe De Filippi vicedirettore TG5. Per i vini italiani sono molte le prospettive di crescita, soprattutto sui mercati esteri, in particolar modo intercettando i Millennials, cioè quei consumatori che hanno una fascia d’età compresa tra 18 e 35 anni e che sono i consumatori del futuro. Secondo i dati

di Wine Monitor presen-tati, sono loro i maggiori bevitori di vino rosso negli USA (62%) e tra i princi-pali in Canada (66%). Tra i rossi che in questi due paesi i Millennials hanno acquistato o consumato nell’ultimo anno spicca il Brunello (26% in Canada e 18% in USA), insieme alle altre grandi denominazioni nazionali quali il Barolo, il Chianti e l’Amarone. Stan-do alle diverse ricerche realizzate da Wine Monitor, per il futuro vanno tenuti in considerazione anche altri

aspetti che esulano dalla sola “denominazione” e che attengono principalmente i Millennials americani, per i quali nella scelta del vino contano soprattutto il brand e il packaging piuttosto che la tipo-logia e il vitigno del vino. Un’altra interessante sfida, che proietta il mondo dell’enologia nel futuro, e quella della commercializzazione attraverso le app. Heini Zachariassen fondatore di Vivino, il più grande mercato di vino online del mondo, alimentato da una comunità di 23 milioni di uten-ti ha tracciato un profilo aggiornatissimo sul consumatore di Brunel-lo così come emerge dall’utilizzo della sua app: “Vivino stimola la comunità di wine lovers a conoscere e apprezzare vini meravigliosi da tutto il mondo e lo fa attraverso la tecnologia e contenuti infor-mativi ed educativi che aiutano gli amanti del vino a tutti i livelli ad acquisire consapevolezza sul contenuto del loro prossimo bicchie-re. Quando penso all’eccellenza nella produzione vinicola, penso immediatamente all’Italia e all’incredibile contributo al settore da parte dei produttori del Brunello. Così come le aziende di Montalci-no guardano al futuro, allo stesso modo la comunità di Vivino segue i loro prossimi passi. Dopotutto, è l’opinione del consumatore quello che fa il futuro del vino”. (la ricerca completa scaricabile dal link: https://we.tl/XtVu0u8ret In chiusura segnalo l’interessante degustazione fatta in casa Biondi Santi- Tenuta Greppo alla presenza di Jacopo Biondi-Santi e solo altre 6 persone. Una storica verticale di tre annate: 2012, 2011 Ri-serva e 1997 Riserva. Per prepararci il palato ci è stato servito come primo vino il Rosso di Montalcino DOC 2014 Fascia Rossa. Queste verticali organizzate al Greppo permettono continuamente di verifi-care l’estrema gioventù dei vini ancora centenari.

La mappa del territorio di Montalcino

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 71

Buone nuove per gli amanti della cucina e della cultura italiana in Svizzera. Il 10 giugno è stato inaugurato il nuovo Ristorante-Pizzeria Molino nel Kreis 5 di Zurigo. Il locale si trova alla Gasometerstrasse, all’incrocio con la Josefstrasse e sintetizza, in una combinazione vin-cente, qualità gastronomica all’insegna dell’italianità, e un design unico nel suo genere.

Una storia di successo quella di Molino che ha inizio nel 1988 grazie ad un’intuizione di Alfred Steiner. Desideroso di avvicinare la cultura e la tradizione culinaria italiana alla realtà svizzera, decise di fondare il primo Ristorante-Pizzeria Molino a Uster. A distanza di trent’anni, con l’apertura del 18esimo ristorante nel suo genere, il Gruppo Ospena, gestore della catena di ristoranti targata appunto Molino, si conferma garante di qualità e italianità. Anche nella nuova location nel cuore del vivace Kreis 5 zurighese, Molino rimane fedele al motto “autentica italianità per tutti”. La no-vità è data dal design interno a cura dell’architetto e designer Ushi Tamburiello. “L’anno scorso abbiamo applicato un concetto simile ad Affortern am Albis che ha riscosso grande successo. Per questo moti-vo abbiamo deciso di seguire la stessa linea anche per il nuovo risto-rante nel Kreis 5 di Zurigo” dichiara Nicole Thurnherr, membro della Direzione di Ospena Group AG. Il nuovo ristorante pizzeria dispone di 74 posti al coperto e 52 all’esterno ed è caratterizzato da una strut-tura aperta e luminosa, realizzata con materiali naturali che lasciano trasparire una certa ricercata rusticità.

Semplice cucina italiana in un’atmosfera moderna Molino ha fatto dell’Italianità il suo marchio inconfondibile: ricette au-tentiche, cultura culinaria di alta levatura, selettività e qualità dei prodotti sono stati i tratti distintivi di quello che è diventato un punto di incontro per tutti gli appassionati delle specialità enogastronomiche italiane. Al primo posto fra tutte è doveroso citare le Pizze Selezione Molino, fatte in casa con prodotti freschi e di prima qualità, la cui pasta è il risultato di una ricetta speciale, che viene lasciata lievitare per 48 ore e rende la piz-za particolarmente leggera e digeribile. Oltre a queste, il menù offre risot-ti, antipasti, paste, carne, pesce e dolci, accompagnati da vini di qualità.

Un design «italiano» Per l’allestimento e l’arredamento la designer Ushi Tamburiello ha puntato sulla scelta di materiali naturali e ricercati, conferendo allo spazio carattere ed identità, ma allo stesso tempo anche funzionalità. Un’atmosfera di cordiale raffinatezza, raccolta nel legno, cuoio, mar-mo e ottone che danno forma al ristorante, invita quasi automatica-mente a prender posto di fronte ad un buon piatto di pasta. Un tocco di stile contemporaneo e discreto è stato inoltre integrato nella con-figurazione spaziale. Un forno a legna incorniciato nell’ottone funge da collegamento fra la zona ospiti e la cucina. Alle pareti le credenze di legno, tradizionali scaffali da cucina, trasmettono un senso di au-tenticità. “Sono come delle finestre che trasportano il nostro ospite in quei luoghi dove le nostre specialità sono state prodotte: in Italia” dice Ushi Tamborriello. Il pavimento di terrazzo chiaro si estende per tutto il locale, mentre pregiati candelabri conferiscono al locale un’aurea di nobiltà. L’ospite entra, prende posto all’entrata per un caffè e un dolce veloce o a tavola con la famiglia e gli amici: appunto, come in Italia.

Aperto 365 giorni all’anno Sotto la guida del giovane Andrea Pellanda la Pizzeria Ristorante Molino riceve i propri ospiti 7 giorni su 7, da lunedì a domenica, dalle 10.00 alle 24.00. La cucina è aperta con orario continuato dalle 11.30. È possibile prenotare i tavoli telefonicamente (044 272 62 62) oppu-re per e-mail: [email protected].

Aperto un nuovo ristorante-pizzeria Molino nel cuore di Zurigo

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72 - La Rivista luglio - agosto 2017

Conviviodi Domenico Cosentino

Li hanno definiti i Sapori Anticiclonici, perché quando il sole (solitamente sostenuto quello che gli esperti chiamano An-ticiclone delle Azzorre) d’estate picchia così forte, l’istinto è quello di girare alla larga dai fornelli. O di starci il minimo indispensabile. Si, è vero il caldo fiacca e svuota come un crudele aspiratore di energie e tutto diventa più faticoso, figuriamoci cucinare. Ne sa qualcosa il viaggiatore goloso quando è nella sua casa al mare di Pietragrande e deve cu-cinare per sé e per i suoi amici ospiti: la sola idea di avvici-narsi ai fornelli triplica, in lui, la sensazione di essere sotto un enorme asciugacapelli. Eppure far da mangiare e mangiare bisogna. E poi, chi l’ha mai detto che il caldo fa passare la fame o impedisce, ai buongustai, di preparare gustosi piatti, anche se sono freddi!

I migliori amici dell’estate I piatti freddi, che il viaggiatore goloso, adora, son i migliori amici dell’estate in cucina. Perché quando soffia il maledetto e soffocante Simun, che è il Vento torrido del deserto, è tem- po d’insalate, di macedonie, di panzanelle e verdure di sta-

gione da combinare con estro e fantasia. Anche se aggiunge il viaggiatore goloso, c’è freddo e freddo: non ci sono, in-fatti, solo le foglie di lattuga salata. L’insalata di pasta - ma anche quella di riso, orzo, farro, su su fino al couscous e al tabulé – che è sicuramente freddo, ma parte da una matrice calda: bisogna cuocere il carboidrato di turno, scolarlo, farlo raffreddare (possibilmente non ripassandolo nell’acqua fred-da perché gli toglie il sapore, ma allargandolo nella teglia e spruzzandolo con acqua e olio d’oliva extravergine. Nel frattempo – al viaggiatore goloso capita spesso durante il periodo estivo – la pressione cala fino sotto i calcagni e si può perdere la voglia di preparare la cena. Stesso discorso per vitel tonné, torte salate e bruschette.

Una via di mezzo: precotti e surgelati Anche se non è la stessa cosa, una pilatesca via di mezzo ci sarebbe: l’utilizzo di prodotti precotti, surgelati e conserve varie, diffusissime scorciatoie che permettono di concentrarsi

Sono i piatti freddi, i migliori amici dell’estate in cucinaI Sapori Anticiclonici

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esclusivamente su assemblaggi e rifiniture. In compenso la qualità della materia prima risulta spesso insoddisfacente – mai provato le verdure già pronte per preparare l’insalata russa? Immangiabili!! – e i costi di preparazione visibilmente lievitati. L’altra base per la verdura fredda soffre di un obbligatorio peccato originale, visto che pane e affini vengono si cotti in forno, ma quasi mai tra le mura di casa: pagnotte fresche e rafferme, e poi grissini, focacce, crackers, piadine, sono supporti meravigliosi per ogni tipo di companatico a disposi-zione, sia in versione salata che virata al dolce.

La cucina fredda per seguaci della nuova cucina… La tavola fredda, altrimenti detta: cucina a fuoco spento, per i seguaci della nuova cucina rappresenta il “baloccarsi” con la magia dell’azoto liquido, che grazie al suo bassissimo pun-to di ebollizione (-195°) consente di “cuocere” i cibi (creme, zuppette, praline) tramite semplice, rapidissima immersione . Più a portata di mano, ma nettamente più lenta (almeno tre ore di riposo) la marinatura compiuta con una miscela in par-ti uguali di sale e zucchero, che solidifica il tuorlo dell’uovo lasciandolo cremoso all’interno, per farne insalate gustose goduriose e perfino – prolungando il tempo in una notte intera – per creare della pasta alternativa (e a prova di celiaci) da condire a crudo.

…e quella figlia delle verdure di stagione Ma la cucina fredda, che il viaggiatore goloso ama portare a tavola, è soprattutto figlia di quegli ingredienti, felicemente modulabili tra di loro, grazie a palato e fantasia, a partire dal trionfo delle verdure di stagione che abbondano nelle ricette della cucina regionale italiana: cicorie, cime di rapa, pomo-dori, peperoni, melanzane, zucchine, da tagliuzzare, ritaglia-

re, grigliare, svuotare per poi riempire con ogni bendiddio. Scelti gli ingredienti, spesso il viaggiatore goloso prepara il Gazpacho, quella zuppetta fredda andalusa che è un inno al Mediterraneo: mollica di pane, aceto, olio, aglio, peperoni, cipolla e cetriolo, tutto frullato e messo a raffreddare in frigo. Il Carpaccio, la ricetta di Giuseppe Cipriani che vuole del con-trofiletto tagliato sottilissimo e sopra della maionese lavorata con latte, salsa Worcester e limone. Il Pinzimonio, olive verdi, acciughe, tuorlo d’uovo e panna, frullati e montati a filo con extravergine d’oliva. Accanto il viaggiatore goloso serve ver-dure crude. Ma anche i pomodori ripieni, quelli ramati matu-ri, tagliati a metà, svuotati e riempiti con polpa senza semi, tonno, capperi, prezzemolo e poca maionese. E poi i pepero-ni arrostiti, spellati e conditi con olio extravergine, scagliette d’aglio, foglie di basilico e sale; ma anche le Ceviche: il Bac-calà o pesce crudo in chiave “mammolese” (Mammola è un paesino dell’Aspromonte, conosciuto per i suoi piatti a base di Pesce Stocco o Baccalà - ndr), tagliato a fettine e marinato in una salsa di limone, peperoncino fresco e piccante, foglie di sedano e sale. Infine (nella cucina estiva del viaggiatore goloso non manca mai!), la Panzanella toscana: che si pre-para con il recupero di spesse fette di pane casareccio am-mollato in acqua e aceto, sbriciolato e mescolato con cipolla rossa di Tropea, olio extravergine d’oliva, pomodori, cetriolo, uova sode e foglie di basilico. E una volta scelto il menù, girando alla larga sempre dai for-nelli, sceglie anche il vino: rigorosamente anche lui fresco (non gelato), che di solito è bianco o rosato, giovane, frutta-to, secco; e, infine, sceglie anche un angolo del suo giardino, dove poter brindare adeguatamente la notte del 10 agosto, “Calici di Stelle”, che ogni anno festeggia la notte di San Lorenzo, e che tanto gli fanno dimenticare Simun e il Vento Caldo del deserto.

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Ingredienti per 4 persone:2 uova, 4 fette di pane raffermo, meglio se cotto a legna, 1 dl di aceto di vino bianco, 350 g di pomodori maturi, 1 pepero-ne giallo, una cipolla rossa di Tropea, 1 dl di olio extravergine d’oliva, 10 foglie di basilico, sale.

Come si preparano:Rassodo le uova in acqua bol-lente per 8 minuti, a fuoco bas-so. Bagno il pane raffermo in acqua e aceto, strizzando fino a sbriciolarlo e lo sistemo in una insalatiera; unisco i pomodori a spicchi, il peperone a listarelle la cipolla tagliata ad anelli sot-tili, le uova sgusciate e tagliate a spicchi. Condisco il tutto con una presa di sale e l’olio ex-travergine d’oliva e guarnisco

con le foglie di basilico ben lavate e sminuzzate a pezzi grossi. Completo la panzanella (detta anche “panmolle”) con altro filo d’olio e porto a tavola ben fresca.

Vino consigliato:Difficile! L’aceto non consente abbinamenti. Ma non si può brindare alle Stelle senza un Calice di Buon Vino. Al lettore la scelta e buona estate a tutti.

La Panzanella Toscana

nuovo

la gastronomia italiana in svizzera

Viva la cucina italiana!

Da noi vi offriamo le vere specialità italiane. Lasciatevi incantare dal nostro ambiente

mediterraneo, dalle nostre eccellenti pizze con il marchio « vera pizza napoletana DOC », dalle

tipiche pietanze a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta fresca e dai

succulenti dolci. Il tutto accompagnato da una vasta selezione di vini provenienti da tutte

le regioni d’Italia.

Buon appetito!

I nostri 20 pizzerie ristoranti in Svizzera vi accolgono 7 giorni su 7, 365 giorni all’anno. Inoltre,

offriamo a tutti i membri su presentazione della tessera della Camera di Commercio Italiana per la

Svizzera uno sconto del10% su tutte le consumazioni!

www.molino.ch

Molino affoltern am albis molino montreuxobstgartenstrasse 5 place du marché 68910 affoltern am albis 1820 montreuxT 044 762 40 30 t 021 965 13 34 molino basilea molino thônexsteinenvorstadt 71 rue de genève 1064051 basilea 1226 thônext 061 273 80 80 t 022 860 88 88

molino thurm berna molino usterwaisenhausplatz 13 poststrasse 203011 berna 8610 ustert 031 311 21 71 t 044 940 18 48

molino crans-montana molino veveyrue de pas-de-l’ours 6 rue du simplon 453963 crans-montana 1800 veveyt 027 481 90 90 t 021 925 95 45

molino dietikon molino winterthurbadenerstrasse 21 marktgasse 458953 dietikon 8400 winterthurt 044 740 14 18 t 052 213 02 27

molino friborgo molino seilerhaus zermatt93, rue de lausanne bahnhofstrasse 521700 friborgo 3920 zermattt 026 322 30 65 t 027 966 81 81

molino molard, ginevra molino zurigoplace du molard 7 gasometerstrasse 261204 ginevra 8005 zurigot 022 310 99 88 t 044 272 62 62

molino la praille, ginevra molino select, zurigocentre commercial la praille limmatquai 161227 carouge 8001 zurigot 022 307 84 44 t 044 261 01 17

molino glattzentrum molino stauffacher, zurigoeinkaufszentrum glatt stauffacherstrasse 318301 Glattzentrum 8004 zurigot 044 830 65 36 t 044 240 20 40

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 75

Uscire dalla propria zona di comfort può sembrare un ostacolo che va oltre le nostre forze, come una ripida parete di montagna da scalare a mani nude o una maratona percorsa a testa in giù. La prima cosa da fare, dunque, è cercare di ridimensionare il problema, cercando innanzitutto di capire bene qual è il punto di partenza, quale l’obiettivo che vogliamo raggiungere e in quali tempi. Il passo successivo sarà, quindi, frazionare questo percorso, cercando di individuare quali siano gli obiettivi intermedi più facilmente raggiungibili. Uno di questi potrebbe essere la lista della spesa. Non so voi, ma io, un po’ per como-dità, un po’ istintivamente, mi dirigo sempre allo stesso punto vendita e faccio sempre lo stesso percorso, prelevando i prodotti dagli scaffali senza nemmeno più guardarli. La spesa, insomma, è una delle tante “camere” che compongono la nostra zona di comfort che, a differenza di altre (per esempio fare colazione per chi non riesce a ingoiare altro che un caffè, o impostare un’ora di allenamento giornaliero per chi non fa un passo in più oltre al percorso casa/auto - auto/ufficio - ufficio/auto auto/casa), è sicuramente modificabile senza generare troppi traumi. Il primo passo verso la scalata della montagna, allora, potrà essere una spesa “avven-turosa”, in cui una volta alla settimana, sostituiremo uno (o tre) dei prodotti non pro-prio sani che finiscono abitualmente nel nostro carrello con altri, di valore nutrizionale più elevato. Per esempio un pacco di pasta integrale invece della pasta bianca, o un sacchetto di quinoa invece del solito riso brillato che più bianco non si può. Certo, ci vuole un minimo di spirito di avventura e di apertura a sapori ai quali non siamo avvezzi, ma va riconosciuto che, prima di abituarci ai “nostri” prodotti, c’è stato un tempo in cui li abbiamo provati per la prima volta. Il periodo vacanziero può essere un’ottima occasione per provare, allora, cibi esotici; con questo termine, però non andremo necessariamente, ad indicare cibi provati in Paesi lontani e che mai più riassaggeremo dopo il rientro dalle ferie. Introduciamo, piuttosto, un po’ di esotismo nel nostro quotidiano e in noi stessi! Non è necessario cercare il diverso in qualcosa di raro e irraggiungibile, ma possiamo scoprirlo giorno per giorno, nel percorso verso un nuovo approccio al cibo come strumento di benes-sere. A partire dal supermercato sotto casa.

Un augurio di buona estate dalla vostra consulente nutrizionale

[email protected]

Il mese scorso abbiamo parlato

di quanto può essere impegna-tivo cambiare le

proprie abitudini.

Gira la ruota…del carrello

di Tatiana GaudimonteLa Dieta Rivista

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76 - La Rivista luglio - agosto 2017

(Grr) - Quando sul mega schermo mi è ap-parso il bel faccione di Oscar Farinetti ho capito tutto. Nuova 500L come Eataly: il successo nel mondo delle cose buone d’Italia. E i tipi di Fiat han pensato bene di presentare la nuo-va 500L a Eataly di Torino, a due passi dal Lingotto, nell’Italia che avanza. Da Torino per la Svizzera, con il collega della Svizzera tedesca, come me invitato alla prima in sessione dinamica, delle tre versioni a di-sposizione – 500L, Wagon e Cross - abbiamo preferito l’aspetto più avventuroso della serie. La Cross si presenta in un inedito look cros-sover, caratterizzato da paraurti con skid pla-te, cerchi in lega da 17” bicolore diamantati e un’audace griglia anteriore. L’assetto è ri-alzato di 25 mm e il nuovo Mode Selector è di serie. Ruotando l’apposita manopola sulla consolle centrale si può scegliere fra tre ri-sposte: Normal, Traction+ e Gravity Control. La prima è mirata alla guida in condizioni normali. La seconda, attivabile sotto i 30 km/h, facilita la partenza su percorsi scivolo-si e distribuisce la coppia sull’asse anteriore frenando la ruota con minor presa e trasfe-

rendo la coppia su quella con più aderenza. La terza mantiene una velocità costante in discesa a elevata pendenza, si può abilitare se la funzione Traction+ è attiva. La modalità prescelta appare sullo schermo TFT. Non solo la Cross beneficia dal punto di vista tecnologico, tutta la gamma offre dotazioni all’avanguardia per qualità di guida, comfort e sicurezza. Su tutte, l’utilissimo Autonomous City Brake, che grazie a un sensore laser sistemato in alto sul parabrezza rileva i veicoli che precedono e sotto i 30 km/h, in caso di potenziale collisione imminente, frena in automatico. L’abitacolo è confortevole e luminoso, curato nei dettagli. Dietro al nuovo volante multifunzione si nota il design rinnovato con contagiri e tachimetro e, tra loro, un display a colori da 3,5”. Sempre connessa, è disponibile anche con predisposizione Apple Car Play e Android Auto. L’ultima generazione Uconnect ha interfaccia Bluetooth con vivavoce, streaming audio, lettore di SMS e riconoscimento vocale, porte Aux e USB per iPod, comandi al volante e, a richiesta, telecamera di parcheggio posteriore e il nuovo navigatore TomTom 3D. Grande lo spazio longitudinale dell’abitacolo; è lunga 4,28 m con un passo di 2,61 m, larga 1,80 m e alta 1,6 m. Il volume del bagagliaio, con il sedile posteriore avanzato, è di 455 litri, nella Cross può arrivare a 1480 litri. La famiglia 500L può avere motori a benzina, metano, gasolio con potenze fino a 120 CV, abbinati a cambi manuali a sei marce, o automatico robo-tizzato Dualogic. In Svizzera 500L è proposta a un prezzo promozionale di CHF 16’990, non male per una vet-tura con luci a LED, radio Uconnect touchscreen, climatizzatore, cerchi in lega da 16” e cruise control. In prova la 500L Cross 1.4 a benzina da 120 CV, in promozione da 19’290, con cambio manuale a 6 marce.

Nuova Fiat 500L – la provaPiù crossover e ancor più tecnologica e connessa

Nuova 500L - Prezzi e motori City Look Offroad Look

POP STAR5 porte

LOUNGE5 porte

CROSS5 porte

VERSIONI A BENZINA

0.9 8V TwinAir Turbo 105 CV Start & Stop Euro 6 18’990.– - 18’990.–

1.4 T-Jet 16V 120 CV Euro 6 20’990.– 23’290.– 23’290.–

VERSIONI DIESEL

1.3 16V MultiJet Diesel DualogicTM 95 CV Start&Stop (DPF) Euro 6 22’290.– 24’590.– 24’590.–

120 CV Start & Stop (DPF) Euro 6 22’390.– 24’690.– 24’690.–

VERSIONE A GAS METANO

0.9 8V TwinAir Natural Power Gas Metano - 80 CV Euro 6 21’090.– - -

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 77

Motoridi Graziano Guerra

Un concentrato di handling stradale e solide doti off-road grazie a elementi tecnici come le sospensioni pneumatiche e la trazio-ne integrale Q4 di serie - Risponde alle attese del segmento.

Sotto la nostra lente il primo SUV con il marchio del tridente in versione diesel da 275 CV. Ma più che sui cavalli, l’atten-zione si è spostata sui 600 Nm di coppia, una potenza enor-me che permette di spostarsi in modo soffice e preciso su qualsiasi terreno. Levante sviluppa il 90% della sua coppia da plantigrado poco sotto ai 2.000 giri al minuto. Consuma poco, il computer di bordo segnava un po’ più di 7 litri ai cen-to chilometri. Questo dopo aver superato il passo del Forno, passando per Santa Maria in Val Müstair. Adotta un efficiente sistema Start & Stop, che contribuisce a ridurre emissioni e consumi. Prodotto a Mirafiori è l’evoluzione della piattaforma delle berline. Come la Ghibli e la Quattroporte dispone del poten-te V6 turbodiesel di 3 litri Common Rail della VM Motori; accelera da 0 a 100 km/h in 6,9 secondi e può raggiungere i 230 km/h. Il nome è ispirato a un vento caldo del Mar Medi-terraneo capace in un istante di trasformarsi da lieve brezza

a impetuosa forza della natura, rispecchiando il carattere del primo SUV Maserati. L’esclusività è legata anche a un’estetica fedele allo stile italiano e a un elevato grado di personalizza-zione, con i pacchetti Sport e Luxury. Il cambio automatico ZF a 8 marce assicura fluidità di guida e cambiate rapide, a seconda della modalità selezionata fra le quattro: Normal, I.C.E., Sport, Off Road. Ciascuna con tarature specifiche per motore, trasmissione, sospensioni, elettronica. Risponde agli appassionati delle sportive ad alte prestazioni con un’agilità che nel segmento dei SUV di lusso cerca con-fronti. Determinanti a questi fini sono i materiali leggeri usati, la distribuzione 50:50 del peso e il baricentro più basso della categoria. Le sofisticate sospensioni elettroniche a smorza-mento controllato (Skyhook) con molle ad aria, sono regolabili su più livelli. Insieme alla trazione integrale Q4 e al sistema torque vectoring per il controllo dinamico della coppia, la con-figurazione garantisce un comportamento da gran turismo su strada e un’inedita - per Maserati - capacità fuoristrada. Confortevole su fondi accidentati, promette grande mano-vrabilità su neve e ghiaccio. Fra le dotazioni spiccano: Adapti-ve Cruise Control con funzione Stop & Go, Forward Collision Warning e Brake Assist System, Lane Departure Warning, te-lecamere Surround View, display touch screen capacitivo ad alta risoluzione da 8,4” con il nuovissimo comando a doppio selettore rotante. Il sistema è compatibile con gli smartphone, introduce la funzionalità AHA, che offre anche la radio digita-le DAB, e un collegamento al web via bluetooth. Le brillanti sonorità del propulsore hanno sempre rappresen-tato un tratto distintivo di ogni Maserati e il Levante Diesel non fa eccezione, grazie a due attuatori acustici posti vicino ai terminali di scarico, l’Activ Sound accentua le tonalità più gradevoli del motore, modulandole in base allo stile di gui-da. Premendo il tasto Sport, il rombo diventa più profondo e coinvolgente durante la guida. Vettura in test con opzioni Officine Alfieri Maserati CHF 111’176; Maserati Levante V6 turbodiesel, 3 l, 275 CV è in listino al prezzo base di CHF 75’900.

Maserati Levante V6 3 l diesel Il SUV che s’ispira a un vento caldo del Mediterraneo Spaziosità al top e linee filanti da coupé

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78 - La Rivista luglio - agosto 2017

Il rally più grande e più silenzioso del mondo si è svolto per la prima volta tutto su territorio svizzero nel giugno scorso. Il “vostro” è stato ospite dei team «Erich Reichmuth su VW e-Golf » e «Felix Stockar su Opel Ampera-e». Al volante delle due novità, in due tappe, ho superato i passi alpini Julier, San Bernardino e San Gottardo. Alla 7ma edizione del rally per vei-coli elettrici più grande del mondo, 112 team hanno girato per una settimana in lungo e in largo con biciclette, motociclette e auto elettriche seguendo il «Grand Tour of Switzerland».

Con la e-GOLF sono partito dall’areale Signalbahn Park di Sankt Moritz, con un’autonomia segnalata di 230 Km, stacco il climatizzatore e i Km diventano 280. Partenza puntuale, se-condo il road-book sul meraviglioso display della VW. Il con-voglio sale lungo il passo dello Julier e la TV ci riprende, sul passo, l’autonomia è di 178; la discesa - e con questa la fase di recupero fa risalire l‘autonomia a 262 km - ci porta a Thusis.

La strada principale del borgo storico è piena di auto elettri-che. Festa popolare. Una visita alla “Viamala Schlucht” non poteva certo mancare. Chi crede che guidare una e-Golf sia noioso si sbaglia di grosso. Devo fare attenzione, perché su-perare i limiti di velocità è molto facile. La coppia è mostruosa e i sorpassi favolosi. Dopo pranzo partenza per il passo del San Bernardino, l’ultimo dei grandi passi alpini svizzeri (in tut-to sono 92) che mancava nel mio carnet. Sosta a Bellinzona in Piazza del Sole, alcuni approfittano per una ricarica, la e-Golf invece è arrivata in Piazza Grande a Locarno con ancora il 40% di riserva elettrica disponibile. La e-Golf è una vera Golf, sia per come si guida sia per il confort. In concessionaria VW da CHF 39’950. Nella mia seconda tappa ero al volante della nuova Ampe-ra-e. L’elettrica di Opel ai semafori brucia anche le più rino-mate super sportive tedesche, e si guida come una qualsiasi 5 posti automatica … da 200 CV. Poco distante da Locarno, a una stazione di ricarica veloce (gratis) della Lidl – azienda che produce energia con un impianto fotovoltaico sul tetto - in circa 1 ora ho raggiunto l’80% di carica. Sul display appariva un’autonomia di 448 Km che sul passo, dopo la tremenda salita lungo la «Tremola» diventavano 178. La fase di recu-pero in discesa mi ha riportato sui 350 Km. Ampera-e appa-re un po’ più moderna di una berlina tradizionale, il quadro comandi specialmente. Si guida come una qualsiasi 5 posti automatica da 200 CV, ma che pesa solo 1701 Kg. Batte-rie comprese. La potenza del motore elettrico equivale a 150 kW/204 CV. Le partenze da fermo e l’ingresso in autostrada sono due delle sue specialità. La 5 posti ha un volume di ca-rico paragonabile a quello di una compatta 5 porte. Dispone ovviamente di connettività digitale, con OnStar e la proiezio-ne dello smartphone al display, dai concessionari Opel svizzeri è in listino da CHF 41’900.

WAVE Trophy 2017 Le nuove automobili elettriche sconfiggono l’ansia d’autonomia e divertono molto

La VW e-golf alla partenza…

… e sul passo del San Bernardino La nuova Ampera ad uno stop per una carica veloce

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 79

Abarth Rivale 695 eleganza nautica

La figlia sportiva di Fiat, Abarth ha presentato a Sarnico sul Lago d’Iseo la versione speciale Abarth 695 Rivale in occasione del 175° anniversario dei cantieri di lusso Riva.

I due produttori della grande tradizione italiana Abarth e Riva, oltre al nome dei reciproci fondatori hanno in comune una storia tanto movimentata quanto gloriosa e l’uso consapevole di questo patrimonio prezioso. Il pilota Carlo Abarth fondò la Casa dal marchio con lo Scorpione a Torino nel 1949, lo stilista e imprenditore Carlo Riva ha portato il cantiere di famiglia, fon-dato nel 1845 sul Lago d’Iseo, alla fama mondiale. Finiture cromo-satinate, proporzioni slanciate e il rosso-marrone del mogano sono le caratteristiche distintive delle imbarcazioni Riva. Jean-Paul Belmondo, Sean Connery, Sophia Loren, Eliza-beth Taylor, Brigit Bardot e Gunter Sachs. La lista dei proprietari di yacht Riva si legge come un elenco degli ospiti a un party del jet set anni sessanta. Per celebrare il 175 ° anniversario del can-tiere, a Sarnico in provincia di Bergamo, Abarth ha voluto fare un regalo di compleanno esclusivo: L’edizione speciale Abarth 695 Rivale. Disponibile come berlina o cabriolet, si caratterizza per le elevate prestazioni sportive e per lo chic nautico speciale, ispirato al nuovissimo open 56’ Rivale da 17 metri, uno degli yacht più agili e prestazionali mai costruiti da Riva. 595, 595 Pista, Turismo Competizione, 695 XSR Yamaha e la radicale 695 Biposto: per i fans delle “Hot-Cinquecento” la scelta di modelli speciali è ampia. E ora arriva la Rivale 695. Tuttavia, la nuova, che si può avere a partire da 33’695 franchi, rinuncia alla spartana dotazione sportiva della Biposto da 1000

Kg e si arricchisce con una notevole combinazione di prestazio-ni, comfort e soprattutto stile. La collaborazione tra Fiat e Riva, che fa parte del Gruppo Ferretti e quindi il più grande produt-tore di yacht d’Europa, non è una novità: dal 2016 FCA ha in listino il modello speciale 500 Riva con elementi in mogano e particolarità nautiche. 695 Rivale rivendica la sua sportività grazie al rinomato tur-bo 1,4 l a benzina da 180 CV e 250 Nm. Con i suoi 1045 kg rivela un rapporto peso-potenza di 5,8 Kg/CV combinato a uno scarico Akrapovic con terminali di carbonio, freni Brem-bo e sospensioni Abarth by Koni. Sprinta da 0 a 100 km/h in 6,7” e può raggiungere i 225 km/h. Con questa prestazioni si raccomanda un differenziale autobloccante meccanico. Ucon-nect 7” touchscreen è di serie, compatibile Android e Apple Auto Car Play. Ogni veicolo porta una targa numerata rifinita a mano, se desiderato con il nome dello yacht.

La Limited Edition del modello speciale A quanti il modello speciale non bastasse, Abarth propone l’e-dizione speciale limitata 175 ° Anniversary, che sarà prodotta in sole 175 unità nelle versioni berlina e cabriolet. In Svizzera sarà disponibile da settembre, con prezzi a partire da 36’695 franchi. La 175th Anniversary celebra i 175 anni del marchio Riva. In questa “Ultra Limited Edition” l’occhio esperto scopre numerosi e preziosi elementi eseguiti a mano, come, fra l’altro, il rivestimento in bicolore dei sedili in pelle blu-nera con cuci-ture a contrasto, l’emblema anniversario in rilievo e particolari cerchi in lega da 17”.

Questione di stile In concomitanza con la presentazione delle edizioni speciali Abarth, Riva ha presentato la sua nuova creazione Rivale ‘56, fonte d’ispirazione delle speciali Abarth. 17 metri a cabina doppia, mosso da due motori MAN V8 con più di 1000 HP lo yacht da due milioni è uno spettacolo impressionante. È stato presentato alla stampa mondiale presso il cantiere Riva in usci-ta da una parete a specchio, affiancato dalle Abarth 695 Rivale sulle note del classico A view to kill dei Duran Duran.

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80 - La Rivista luglio - agosto 2017

Iveco Defence Vehicles (DV), società del gruppo CNH Indu-strial (NYSE: CNHI / MI: CNHI) dedicata alla produzione di veicoli speciali per la Difesa e la Protezione Civile, ha firmato un contratto con l’Esercito svizzero, rappresentato dall’Ufficio federale dell’armamento, per la consegna di 400 autocarri pesanti tra il 2017 e il 2021. L’accordo è stato siglato in Sviz-zera nel maggio scorso, presso il centro di Ricerca e Sviluppo per le tecnologie motoristiche di FPT Industrial di Arbon. Si tratta dell’ordine iniziale di un contratto quadro che com-prende la fornitura di una nuova flotta di veicoli tra il 2016 e il 2022. L’appalto è stato assegnato a Iveco DV nel novembre 2015, dopo due anni di approfondite valutazioni di mercato e prove pratiche con diversi prototipi. Dopo quelli del 1996 e del 2006, è il terzo contratto quadro stipulato tra le due parti, a conferma di un rapporto consolidato tra l’Esercito svizze-ro e Iveco DV. “La commessa costituisce un’altra tappa im-portante nella nostra quasi trentennale collaborazione”, ha commentato Martin Sonderegger, Direttore Nazionale degli Armamenti in Svizzera. “Progettare e realizzare veicoli costru-iti sulle esigenze dei nostri clienti è sempre una sfida interes-sante per noi”, ha dichiarato Vincenzo Giannelli, President e CEO di Iveco Defence Vehicles. “Il contratto con l’Esercito Svizzero rappresenta un’eccellente opportunità per prosegui-re con l’innovazione e la ricerca nel campo degli autocarri di nuova generazione”. Come in precedenza, le configurazioni comprenderanno una serie di varianti tra cui 4x2, 4x4, 6x2, 6x6, 8x6 e 8x8 delle nuove gamme Stralis e Trakker, con diversi allestimenti alcu-

ni dei quali a cabina protetta. L’elevato livello tecnologico e l’ampio uso di componenti di tipo civile, ovvero prodotti di-sponibili sul mercato, sono fondamentali per garantire mas-sima sicurezza e operatività della flotta. Tutti i veicoli saranno conformi alla normativa sulle emissioni Euro 6 e predisposti al funzionamento single-fuel (con singolo carburante). Ive-co DV fornirà assistenza continua, project management e supporto tecnico alle forze armate elvetiche, in stretta col-laborazione con Iveco Switzerland. La nuova serie di veicoli fa parte dell’attuale generazione di autocarri EEV che Iveco DV ha fornito all’Esercito svizzero negli ultimi cinque anni in 1.200 esemplari, 1.000 dei quali sono già stati impiegati con successo in varie operazioni. Nella foto: un Iveco Trakker 506 E6 per l’Esercito svizzero.

Le filiali Iveco di Kloten, Hendschiken e Muttenz sono state affidate il 1° giugno scorso al 40enne italo-svizzero Riccar-do Virga, in sostituzione di Markus Widmer, il quale, dopo otto anni ha scelto una nuova sfida professionale. Accanto a una grande esperienza nel settore automobilistico e dei beni d’investimento, il nuovo direttore Virga dispone anche del necessario background tecnico e commerciale. Una ulteriore garanzia viene dalla rete di contatti maturata nel corso degli anni all’interno di CNH Industriale in diversi settori, nazionali e internazionali. Nel suo precedente ruolo di Country Ma-nager Parts & Service per Austria e Svizzera, Riccardo Virga ha saputo dare strategia e giusti impulsi per incrementare le vendite e motivare la squadra. Il passaggio a direttore delle fi-liali rappresenta per Virga una sfida molto stimolante: “Sono felice della fiducia che mi è stata accordata. Mi sento parte di una grande famiglia, e con il sostegno di tutti i dipendenti conto di riallineare e rafforzare le tre filiali che mi sono state affidate. Il nostro obiettivo è di portare servizi e prodotti di IVECO più vicini al mercato e ai clienti”.

Iveco Defence Vehicles per l’esercito svizzeroConsegnate le prime 400 unità di autocarri Euro 6

Iveco (Svizzera) SARiccardo Virga nuovo responsabile filiali Svizzera tedesca

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Mondo in CameraSizilien Genießen wie auf Italiens sonnigster Insel

Taste of Italy: il vino italiano in degustazione a Lugano

Cocktails Geschichte - Barkultur - Rezepte

Whisky Geschichte, Herstellung, Marken

Osterie d’ Italia 2017/18

Contatti Commerciali

Benvenuto ai soci

Servizi camerali

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Taste of Italy: il vino italiano in degustazione a Lugano

La prestigiosa location del Lac, Lugano arte e cultura ha ospitato il 12 giugno la terza edizione del “Taste of Italy : il vino italiano in Svizzera” organizzato da Came-ra di Commercio italiana per la Svizzera. 35 cantine italiane a rappresentare 10 regioni d’Italia (Piemonte, Trentino, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Campania, Sicilia e Sardegna) L’evento è stata un’occasione unica per le cantine italiane per promuovere le loro eccellenze vitivinicole ad un pubblico se-lezionato d’operatori svizzeri (ristoratori,

importatori, dettaglianti, sommelier, stam-pa) e wine lovers, ma anche per farsi ampia visibilità in una piazza internazionale. Il format dell’evento ha previsto una pri-ma parte più tecnica dedicata solo alle cantine italiane e agli addetti del settore vitivinicolo svizzero che hanno avuto la possibilità di confrontarsi in degli incon-tri b2b per scoprire sinergie e compatibi-lità al fine di far nascere nuovi business oltre confine. Nella seconda parte l’evento è aperto ad un pubblico selezionato di wine lovers che hanno avuto modo di degustare vini

delle cantine partecipanti accompagnati da un aperitivo. L’opportunità per gli invitati è stata quin-di duplice: conoscere nuove realtà vitivi-nicole italiane ma anche network tra gli ospiti stessi. Erano presenti all’evento il Presidente all’Associazione dei Sommellier Svizzeri Sig. Piero Tenca, il Ministro Fondi, Console ge-nerale d’Italia a Lugano e il Presidente dei Sommelier della Svizzera italiana Sig. Savi-no Angioletti che hanno portato un saluto e un augurio per il nascere di nuove rela-zioni commerciali alle cantine italiane

CAMPANIA

Made in CoastTramonti (SA)www.madeincoast.com

EMILIA ROMAGNA

Azienda Agricola Benassi MaddalenaBolognawww.serenicho.com

Tenuta Borgo dei Vigneti Monte S. Pietro (BO)www.tenutaborgodeivigneti.it

Tenuta PrunaroloBolognawww.tenutaprunarolo.it

FRIULI VENEZIA GIULIA

Cantina Produttori di Cormòns s.c.a.Cormòns (GO)www.cormons.com

MARCHE

Azienda Agricola Angeli di VaranoFraz. Varano (AN)www.angelidivarano.it

BroccaneraArcevia (AN)www.broccanera.it

Società Agricola Col di Corte SrlMontecarotto (AN)www.coldicorte.it

Cantina Enzo MecellaFabriano (AN)www.enzomecella.com

Azienda Agricola Le SenateAltidona (FM)www.lesenate.it

Azienda Agricola Tenuta Musone A.R.L.Cingoli (MC)www.tenutamusone.it

LOMBARDIA

Azienda Agricola Cantina Ziliani Provaglio d’Iseo (BS)www.cantinachiaraziliani.it

Azienda Agricola Cobue SSPozzolengo (BS)www.cobue.it

Frecciarossa Srl Società AgricolaCasteggio (PV)www.frecciarossa.com

La Perla di Triacca Marco Domenico Teglio (SO)www.vini-laperla.com

Azienda Agricola Quaquarini FrancescoCanneto Pavese (PV)www.quaquarinifrancesco.it

Ribel Wine Srl (Azienda Agricola “La Spia”)Sondriowww.ribelwine.com

INDICE DELLE CANTINE (in ordine alfabetico regionale)

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 83

L’unione tra la magnifica location con una vista mozzafiato sul lago di Lugano, la qua-lità del vino italiano e la passione dei suoi produttori e l’appassionato pubblico sviz-zero hanno reso la giornata interessante sia da un punto di vista commerciale sia per il network delle persone coinvolte.

PIEMONTE

Mauro Sebaste- Azienda Agricola SyllaAlba (CN)www.maurosebaste.it

Paolo FerriSuno (NO)www.paoloferri.wine

Rusél di Marco RosselliBarbaresco (CN)www.rusel.it

SARDEGNA

Società Agricola Siddùra SrlLuogosanto (OT)[email protected]

Silvio Carta SrlZeddiani (OR)www.silviocarta.it

SICILIA

Società Agricola Vasari SrlSanta Lucia del Mela (ME)

www.vinivasari.it

TOSCANA

Agricola La SvoltaLastra A Signa (FI)www.agricolalasvolta.it

Azienda Agricola “Colle Adimari” di Virginia RossettiCerreto Guidi (FI)www.colleadimari.it

Azienda Agricola Croce di FeboMontepulciano (SI)www.crocedifebo.com

Fattoria di Montemaggio SrlRedda in Chianti (SI)www.montemaggio.com

Le Badelle di Farnetani SncMontepulciano (SI)www.lebadelle.it

Torraccia di Presura- Società Agricola SrlGreve in Chianti (FI)www.toracciadipresura.it

Azienda Agricola Virginiolo SrlCertaldo (FI)www.poderevirginiolo.com

TRENTINO ALTO ADIGE

Cantina Aldeno S.c.a.Aldeno (TN)www.cantinaaldeno.com

VENETO

Azienda Agricola Borgo StajnbechPramaggiore (VE)www.borgostajnbech.com

CasaLu WineMontecchia di Crosara (VR) www.casaluwine.com

Azienda Agricola MenegottiVillafranca (VR)www.menegotticantina.com

Società Agricola Zago GaspariniOspedaletto D’Istrana (TV)www.2castelli.com

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84 - La Rivista luglio - agosto 2017

Wer erschuf aus Aguardente de Cana, Minze, Zucker und Limette den vermutlich ersten gemischten Drink? Woher stammt eigentli-ch der Begriff „Cocktail“? Was unterscheidet einen Sour von einem Punch? Und welches sind die wichtigsten Spirituosen, Kräuter und Gewürze, Bar-Früchte sowie sonstigen Zutaten, die man daheim haben sollte, wenn man Bloody Mary, Daiquiri oder Gin Basil Sma-sh in der Hausbar selber mixen möchte? Im neuen HALLWAG-Handbuch Cocktails nehmen Helmut Adam, Jens Hasenbein und Nils Wrage ihre Leser mit auf eine Entdeckun-gsreise der besonderen Art und erzählen die Geschichten und die Geschichte hinter dem Glas: „Denn die Historie der gemischten Getränke geht nicht erst in den mondänen Bars der Metropolen los, sie nimmt ihren Beginn wesentlich früher. Sie ist eine Ge-schichte voller Charakterköpfe. Eine Geschichte, die unbedingt erzählt werden will: Sie handelt von zum Ritter geschlagenen Pira-ten, von abenteuerlustigen Giftmischern, untreuen Seemännern,

Militärärzten und findigen Apothekern. Sie versammelt das orga-nisierte Verbrechen, lasterhafte und verschlagene Glücksspieler und Schmuggler zusammen mit den ersten Menschen, die im Bar-Beruf eine ernsthafte Profession gesehen haben. Und sie er-zählt von gewieften Unternehmern, cleveren Geschäftsleuten, von Künstlern und Lebenskünstlern und nicht zuletzt von akribischen Aromentüftlern, die die heutige Bar auf einer Stufe mit der geho-benen Küche sehen.“ Genussvoll verfeinert mit Rezepten der wichtigsten Cocktails, die jeweils für ihre Zeit sprechen oder aktuelle Neubearbeitungen dar-stellen, erzählen die Autoren in zehn Kapiteln vom ersten Getränk, das man als Vorläufer eines Cocktails bezeichnen kann und das im 16. Jahrhundert auf hoher See gemischt wurde, bis ins Hier und Jetzt, wo Cocktailbars ihre zweite große Blütezeit erleben. Eine informative Warenkunde, alle Essentials für die Ausstattung der perfekten Homebar sowie Profitipps und Tricks runden das neue Standardwerk, das auch optisch ein Hochgenuss ist, ab. Jens Hasenbein und Helmut Adam werden als Bartender „der neuen Generation“ bezeichnet: Sie haben herkömmliche Mixtra-ditionen einfach mal auf den Kopf gestellt. Jens Hasenbein wur-de 2005 zum Gault Millau-Barkeeper des Jahres ernannt. Helmut Adam arbeitete als Bartender in London, Wien, Zürich und Berlin. Seit 2003 sind die beiden Herausgeber des Magazins Mixology für Barkultur, das bereits eine weltweite Fangemeinde hat. Sie ha-ben außerdem den Bar-Convent ins Leben gerufen, Deutschlands führende Bar- und Getränkemesse. Nils Wrage ist Mixology-Chefredakteur.

Das Wichtigste über Whisky im praktischen Geschenkbuchformat. Wie ist das Getränk entstanden und wo kommt es her? Ein klei-ner Einblick erläutert die Whisky-Herstellung und gibt interessante Informationen über ausgewählte Sorten mit atmosphärischen Illustrationen. Dazu Cocktailklassiker und moderne Whisky-Cocktails zum Selbermixen. Bernd Schäfer begann seine hochprozentige Karriere 1985 während seines Studiums – allerdings nicht an der Universität, sondern hinter der Theke einer Cocktailbar. Wenige Jahre später hielt er bereits Vorträge über Spirituosen. 1996 wurde er zum “Keeper of Quaich” ernannt und 2007 erhielt er den Titel “Master of the Quaich”. Bernhard Schäfer ist Mitbegründer der ENSE (European Network of Spirit Experts) und seit 1997 Juryangehöriger bei vielen internationalen Spi-rituosen-Wettbewerben.

Der perfekte Mix: Geschichte, Barkultur und die besten Cocktail-Rezepte mixed by Mixology

Alles zum Whisky im handli-chen Geschenkbuchformat

Jens Hasenbein, Helmut Adam, Nils Wrage Cocktails Geschichte - Barkultur - Rezepte 256 Seiten, Hardcover, ca. 300 Fotos 39,90 sFr

Bernhard Schäfer Whisky

Geschichte, Herstellung, Marken

96 Seiten, mit Fotos 13,50 sFr

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 85

Seit einem viertel Jahrhundert begleitet der Osterie d’Italia von Slow Food Editore nun schon Urlauber und Geschäftsreisende, die auch kulinarisch voll auf ihre Kosten kommen möchten. Denn wer auf seinem Trip quer durch Italien weder im teuren Spit-zenrestaurant noch in einer überteuerten Touristenfalle seinen Hunger stillen möchte, der findet in diesem Guide wunderbare Alternativen: Ob im Aostatal oder in Kalabrien, auf Sardinien oder Sizilien, überall im Land haben sich Osterien, Trattorien und Eno-tecen, Bars und Konditoreien der originären regionalen Küche, ursprünglicher Gastlichkeit und sinnlichem Genuss verschrieben,

Sizilien ist eine ganz besondere italienische Insel, denn sie wurde im Laufe der Zeit von vielen unterschiedlichen Einflüssen geprägt, wie etwa von den Arabern, den Griechen oder den Spaniern. Vor allem die sizilianische Küche ist eine spannende Mischung dieser Besatzer und ihrer jeweils ganz individuellen Kultur. Bis heute kocht

von denen SLOW FOOD hier die besten empfiehlt. Der bei Hallwag erschienene Osterie d’ Italia 2017/18 von Slow Food Editore hält über 1.700 Adressen bereit, die von den Re-daktionsmitarbeitern übers Jahr getestet, gemäß der Slow-Fo-od-Philosophie ausgewählt und in diesem Guide empfohlen werden. Darüber hinaus geben die unterhaltsamen Portraits der einzelnen Lokale und Essays über regionale Besonderheiten lebendige Einblicke in die die echte italienische Regionalküche und kulinarische Lebensart des Landes. Der Osterie d’Italia ist nach Regionen geordnet. Die dazugehörigen Karten verschaf-fen einen schnellen Überblick über die Lage der ausgewählten Osterien. Neueinträge im Vergleich zur letztjährigen Ausgabe sind ausdrücklich benannt. Lokale mit herausragenden Angebo-ten an Wein oder Käse sind mit einem eigenen Symbol geken-nzeichnet. Ebenso weist der Guide auch jene Osterien aus, die in ihrer Küche Produkte aus eigenem Anbau verarbeiten, und solche, die vegetarische Menüs oder glutenfreie Gerichte an-bieten. Ein umfangreiches kulinarisches Lexikon hilft beim Ein-kauf oder im Restaurant.

man hier mit viel frischem Gemüse, das im warmen Klima beson-ders gut reift, aber auch Fischgerichte haben eine lange Tradition. Katie und Giancarlo Caldesi haben sich in diese größte Insel Ita-liens verliebt und durchreisten sie kreuz und quer, immer auf der Suche nach den besten Rezepten. Dabei war ihnen deren Authenti-zität und Originalität sehr wichtig und, dass man sie auch zu Hause einfach nachkochen kann. Somit entstand ein umfangreiches Koch- und Bilderbuch über Sizilien – mit vielen Rezepten, Geschichten und Geschichte, Wissenswertes zu typischen Produkten und wunderschönen Fotos, welche die Lust am Kochen und Verreisen wecken. Der Titel lebt nicht nur durch sein farbenfrohes Innenlayout, sondern wirkt zusätzlich durch die prächtige Vere-delung: Prägung und edle Optik des Umschlags sowie Farbschnitt.

Unverzichtbar für jeden Italienreisenden

Meer, Sonne und Rezepte voller Lebensfreude

Slow Food Editore Osterie d’ Italia 2017/18 ca. 864 Seiten, Format 12 x 21,5 cm 22 Übersichtskarten 39,90 SFr

Katie & Giancarlo Caldesi Sizilien Genießen wie auf Italiens sonnigster Insel 272 Seiten, mit Fotos 39,90 sFr

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86 - La Rivista luglio - agosto 2017

I - 36022 Cassola (VI) Tel: +39 0424 533860 Fax: +39 0424 531302 Email: [email protected] www.gnoatofurniture.com

Motori Torque Technai Team srl Via Gelada 15 I – 21015 Lonate Pozzolo (VA) Tel. 0039/0331 66162415 E-mail: [email protected] www.technai.it

Sistemi di alimentazione critica e condizionamento Vertiv Co. Via Leonardo Da Vinci 16/18, Zona Indu-striale Tognana I – 35028 Tognana Tel. 0039 049 971 9111 FAX 0039 049 584 1257 E-mail: [email protected] www.vertivco.com

Automazione industriale Proteo Engineering srl Via S. Vito 693 I – 41057 Spilamberto MO Tel. 0039/059 789611 Fax 0039/ 059 789666 E-mail: [email protected] www.proteoeng.com

Calzature Fausto Ripani via Del Castello 3 I – 63812 Montegranaro FM Tel. e Fax 0039 0734893065 E-mail: [email protected] www.faustoripani.com

Arredamento di negozi EFFEBI SpA Via delle Industrie 8 I – 61040 Sant’Ippolito PU Tel. 0039/0721 74681 Fax. 0039/0721 728600 E-mail: [email protected] www.effebispa.it

Stampi per pressofusione materie plastiche SPM s.p.a. Via Bargnani, 7 I - 25132 S.Eufemia BS Tel: 0039/ 030 3363211 Fax: 0039/030 3363226 E-mail: [email protected] www.spm-mould.com

CONTATTI COMMERCIALI

Dal mercato italianoOFFERTE DI MERCI E SERVIZI

Carta da parati Arte in Casa snc di Girardi Ivan e Gusmaroli Diego Via Risorgimento 35 I - 20099 Sesto San Giovanni (MI) Tel. +39 0224860598 Fax. +39 0284340215 Email: [email protected]

Arredi per ristorazione Frigorim Design SRL Via Brennero 139 I - 38121 Trento TN Tel: +39 0464 411210 E-mail: [email protected] www.frigorimdesign.it

Impianti di verniciatura VIDALI FINISHING S.R.L. VIA BENZONA 2/B I - 31040 CHIARANO (TV) Tel: +39/0422/860212 FAX: +39/0422/861257 Email: [email protected] www.vidalifinishing.com

Ristrutturazione negozi AD Store & More srl Via de Gasperi, 16 I – 63074 San Benedetto del Tronto (AP) Tel: +39 0735381644 Fax: +39 0735585780 E-mail: :[email protected] www.adsm.eu

General contractor BDR SRL Via Torino 1 I - 10034 Chivasso (TO) Tel: +39 011 9114836 Fax: +39 011 9136280 E-mail: [email protected] www.avanspace.com

Arredamenti di interni - Mobili Gnoato F.lli S.r.l. Via Loria 44,

Lamiere forate SCHIAVETTI Lamerie forate srl Viale della Vittoria 4 I – 15060 Stazzano AL Tel. 0039/0143 607911 Fax 0039/0143 61297 E-mail: [email protected] www.schiavetti.it

Complementi di arredo urbano SMEC Via Vivaldi 30 I – 41019 Soliera MO Tel. 0039/059 566612 Fax 0039/059 566999 E-mail: [email protected] www.smec-onweb.it

Consulenza marketing settore cosmetica e lusso Adamis Group Italia SRL P.le delle Medaglie D’oro, 46 I – 00036 Roma Tel: +39 06 43400123 E-mail: [email protected] www.adamis.it

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OUROBOROS alchemical studioDi Danio MiglioreVia Sirtori 65/M, IT - 91025 MarsalaTEL 0039 338 3461232www.daniomigliore.comwww.ouroborostudio.com

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luglio - agosto 2017 La Rivista - 87

BENVENUTO AI NUOVI SOCI

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Per ulteriori informazioni rivolgersi alla: Camera di Commercio Italiana per la SvizzeraSeestr. 123, casella postale, 8027 ZurigoTel. 044/289 23 23 - Fax 044/201 53 57e-mail: [email protected] - www.ccis.ch

Novità importante! Domiciliazione fiscale obbligatoria in Svizzera per aziende con sede all’estero con un fatturato mondiale annuo di CHF 100.000

Dal 1 gennaio 2018 cambiano le disposizioni legislative in tema di assoggettamento all’iva svizzera per le imprese straniere. Le imprese con sede all’estero, che realizzano un fatturato mondiale (quindi non solo in Svizzera) annuo di almeno CHF 100’000, dal 1°gennaio 2018 saranno assoggettate all’IVA partire dal primo franco di fatturato realizzato in Svizzera e nel Principato del Liechtenstein. Ciò interessa soprattutto le imprese dei settori dell’edilizia e dell’ingegneria civile non-ché dei rami accessori dell’edilizia. Fintanto che svolge attività in territorio svizzero ed è assog-gettata all’imposta, un’impresa estera è tenuta a farsi rappre

sentare da un rappresentante domiciliato in Svizzera, pres-so il quale è garantito il domicilio fiscale per tutto ciò che concerne l’imposta sul valore aggiunto. Viene riconosciuto come rappresentante fiscale una persona fisica o giuridica con domicilio o sede in Svizzera. La Camera di Commercio Italiana in Svizzera offre il servizio di rappresentanza fiscale a tutte le imprese italiane (e non svizzere) interessate, provvedendo all’apertura della posizio-ne iva svizzera ed alla gestione amministrativa/contabile.

Per informazioni - in italiano e tedesco: Alessandro Babini (Zurigo) Tel. 0041 (0) 44 289 23 24 - [email protected] - in italiano e francese: Fabio Franceschini (Lugano) Tel 0041 (0) 91 924 02 32 - [email protected]

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88 - La Rivista luglio - agosto 2017

La CCIS (Camera di Commercio Italiana per la Svizzera) è l’hub di riferimento in Svizzera per imprese medie e piccole, grandi aziende e marchi del Made in Italy, consorzi, associazioni di categoria ed enti pubblici che abbiano l’obiettivo di accrescere la presenza economica italiana in Svizzera. Fondata nel 1909 la Camera appartiene alla rete delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, riconosciute dal Governo italiano quali strumenti di promozione del Made in Italy nel Mondo e suscitatrici di opportunità e investimenti delle imprese dei paesi in cui operano verso il mercato italiano.

La CCIS assiste con i suoi servizi tutti i soggetti svizzeri e italiani coinvolti negli scambi economici tra Italia, Svizzera e Liechtenstein.

La gamma dei suoi servizi è ampia e strategicamente strutturata in aree tematiche:

Esportazioni- Ricerca buyers/clienti- Consulenza fiscale (rappresentanza fiscale e

recupero dell’iva italiana, svizzera e tedesca)- Consulenza di natura commerciale e doganale- Export & Investment Desk - Dalla Svizzera nel

mondo- Informazioni finanziarie e legate alla solvibilità dei

partner (visure, rapporti commerciali, ecc.)- Organizzazione di degustazioni, workshops ed

eventi- Realizzazione di delegazioni ed export strikes

(visite presso buyers svizzeri)- Organizzazione ed accompagnamento di espositori

italiani a fiere svizzere e di visitatori elvetici a fiere italiane

- Organizzazione di seminari ed incontri di affari- Focus settoriali

Investimenti- Apertura di un’attività- Investire nella ristorazione- Appalti pubblici in Svizzera- Attività di M&A e di Corporate Finance

Comunicazione e promozione turistica La Rivista, magazine mensile in lingua italiana, e www.go-italy.ch, portale bilingue, in italiano tedesco, per l’italianità in movimento

Corsi- Corsi per professionisti e semplici appassionati- Corsi per sommelier in lingua italiana

Altro- Recupero Crediti- Ricerca di dati statistici- Traduzioni ed interpretariato- Agevolazioni speciali per i soci

I settori di puntaAgroalimentare, Industria elettromeccanica, Sistema Casa, Sistema Moda, Innovazione tecnologica e Start-up, Turismo, Pubblicità e Comunicazione

Sede LuganoVia Nassa 5CH-6900 LuganoTel: +41 (0)91 924 02 32Fax: +41 (0)91 924 02 33E-Mail: [email protected]

Sede ZurigoSeestrasse 123CH-8027 ZurichTel: +41 (0)44 289 23 23 Fax: +41 (0)44 201 53 57E-Mail: [email protected]

Sede Ginevra12-14 rue du Cendrier CH-1211 Ginevra 1Tel: +41 (0)22 906 85 95 Fax: +41 (0)22 906 85 99E-Mail: [email protected]

ServiziCamerali

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Anno 108 - n. 7-8 - Luglio/Agosto 2017

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Si chiama CompassÈ il nuovo SUV compatto di JeepAccelera l' export made in Italy:+4% nei prossimi quattro anni