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Sigmund Freud Das Unheimliche 1919 Sigmund Freud Il perturbante 1919 AVVERTENZA EDITORIALE Da una lettera a Ferenczi del 12 maggio 1919 sappiamo che Freud, il quale era allora impegnato a comporre Al di lĂ  del principio di piacere, aveva deciso di rimandare alle vacanze estive il completamento del testo deïŹnitivo di tale opera, e aveva intanto ripreso in esame un vecchio manoscritto riguardante un argomento cui Ăš fatto un rapido cenno in una nota di Totem e tabĂč (1912-13) p. 92. Freud riscrisse l’articolo riesumato e lo intitolĂČ Das Unheimliche. È difïŹcile stabilire quanto nel testo deïŹnitivo corrisponda a quello originario e quanto invece costituisca una novitĂ . Comunque, i riferimenti alla «coazione a ripetere» contenuti a p. 99 furono senz’altro introdotti nel 1919, giacchĂ© tale concetto fu sviluppato soltanto in Al di lĂ  del principio di piacere che Freud stava allora scrivendo. Anche i riferimenti al problema del “doppio” sono probabilmente successivi all’epoca di Totem e tabĂč (1912- 13), in quanto si richiamano allo scritto di O. Rank, Der Doppelganger, che fu pubblicato su “Imago” alla ïŹne del 1914. Come Freud stesso dice a p. 83, l’aggettivo tedesco unheimlich non ha una parola che gli corrisponda perfettamente nella lingua italiana (come del resto in altre lingue). Si potrebbero usare volta a volta espressioni diverse, come inquietante, pauroso, sinistro, lugubre, sospetto eccetera. Si Ăš qui preferito il termine perturbante. Das Unheimliche Ăš stato pubblicato su “Imago”, voI. 5(5-6), 297-324 (1919). È stato poi riprodotto in SammIung kleiner Schriften zur Neurosenlehre, voI. 5 (Vienna 1922) pp. 229- 73, in Gesammelte Schriften, voI. 10 (1924) pp. 369-408, in Psychoanalytische Studien an Werken der Dichtung und Kunst (Vienna 1924) pp. 99-138, e in Gesammelte Werke, voI. 12 (1947) pp. 229-68. La presente traduzione riproduce con alcune modiïŹche la traduzione di Silvano Daniele giĂ  apparsa in S. Freud, Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio (Boringhieri, Torino 1969) voI. 1, pp. 269-307.

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  • Sigmund Freud

    Das Unheimliche 1919

    Sigmund Freud

    Il perturbante1919

    AvvertenzA editoriAle

    Da una lettera a Ferenczi del 12 maggio 1919 sappiamo che Freud, il quale era allora impegnato a comporre Al di lĂ  del principio di piacere, aveva deciso di rimandare alle vacanze estive il completamento del testo definitivo di tale opera, e aveva intanto ripreso in esame un vecchio manoscritto riguardante un argomento cui Ăš fatto un rapido cenno in una nota di Totem e tabĂč (1912-13) p. 92. Freud riscrisse l’articolo riesumato e lo intitolĂČ Das Unheimliche. È difficile stabilire quanto nel testo definitivo corrisponda a quello originario e quanto invece costituisca una novitĂ . Comunque, i riferimenti alla «coazione a ripetere» contenuti a p. 99 furono senz’altro introdotti nel 1919, giacchĂ© tale concetto fu sviluppato soltanto in Al di lĂ  del principio di piacere che Freud stava allora scrivendo. Anche i riferimenti al problema del “doppio” sono probabilmente successivi all’epoca di Totem e tabĂč (1912-13), in quanto si richiamano allo scritto di O. Rank, Der Doppelganger, che fu pubblicato su “Imago” alla fine del 1914.

    Come Freud stesso dice a p. 83, l’aggettivo tedesco unheimlich non ha una parola che gli corrisponda perfettamente nella lingua italiana (come del resto in altre lingue). Si potrebbero usare volta a volta espressioni diverse, come inquietante, pauroso, sinistro, lugubre, sospetto eccetera. Si ù qui preferito il termine perturbante.

    Das Unheimliche ù stato pubblicato su “Imago”, voI. 5(5-6), 297-324 (1919). È stato poi riprodotto in SammIung kleiner Schriften zur Neurosenlehre, voI. 5 (Vienna 1922) pp. 229-73, in Gesammelte Schriften, voI. 10 (1924) pp. 369-408, in Psychoanalytische Studien an Werken der Dichtung und Kunst (Vienna 1924) pp. 99-138, e in Gesammelte Werke, voI. 12 (1947) pp. 229-68.

    La presente traduzione riproduce con alcune modifiche la traduzione di Silvano Daniele già apparsa in S. Freud, Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio (Boringhieri, Torino 1969) voI. 1, pp. 269-307.

  • 2 3DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, I

    I

    Der Psychoanalytiker verspĂŒrt nur selten den Antrieb zu Ă€sthetischen Unter-suchungen, auch dann nicht, wenn man die Ästhetik nicht auf die Lehre vom Schönen einengt, sondern sie als Lehre von den QualitĂ€ten unseres FĂŒhlens beschreibt. Er arbeitet in anderen Schichten des Seelenlebens und hat mit den zielgehemmten, gedĂ€mpften, von so vielen begleitenden Konstellationen abhĂ€n-gigen GefĂŒhlsregungen, die zumeist der Stoff der Ästhetik sind, wenig zu tun. Hie und da trifft es sich doch, daß er sich fĂŒr ein bestimmtes Gebiet der Ästhetik interessieren muß, und dann ist dies gewöhnlich ein abseits liegendes, von der Ă€sthetischen Fachliteratur vernachlĂ€ssigtes.

    Ein solches ist das »Unheimliche«. Kein Zweifel, daß es zum Schreckhaften, Angst- und Grauenerregenden gehört, und ebenso sicher ist es, daß dies Wort nicht immer in einem scharf zu bestimmenden Sinne gebraucht wird, so daß es eben meist mit dem Angsterregenden ĂŒberhaupt zusammenfĂ€llt. Aber man darf doch erwarten, daß ein besonderer Kern vorhanden ist, der die Verwendung eines besonderen Begriffswortes rechtfertigt. Man möchte wissen, was dieser gemein-same Kern ist, der etwa gestattet, innerhalb des Ängstlichen ein »Unheimliches« zu unterscheiden.

    DarĂŒber findet man nun so viel wie nichts in den ausfĂŒhrlichen Darstellungen der Ästhetik, die sich ĂŒberhaupt lieber mit den schönen, großartigen, anziehen-den, also mit den positiven GefĂŒhlsarten, ihren Bedingungen und den GegenstĂ€n-den, die sie hervorrufen, als mit den gegensĂ€tzlichen, abstoßenden, peinlichen beschĂ€ftigen. Von Seiten der Ă€rztlich-psychologischen Literatur kenne ich nur die eine, inhaltsreiche, aber nicht erschöpfende Abhandlung von E. Jentsch1. Aller-dings muß ich gestehen, daß aus leicht zu erratenden, in der Zeit liegenden GrĂŒn-den die Literatur zu diesem kleinen Beitrag, insbesondere die fremdsprachige, nicht grĂŒndlich herausgesucht wurde, weshalb er denn auch ohne jeden Anspruch auf PrioritĂ€t vor den Leser tritt.

    Als Schwierigkeit beim Studium des Unheimlichen betont Jentsch mit vollem Recht, daß die Empfindlichkeit fĂŒr diese GefĂŒhlsqualitĂ€t bei verschiedenen Men-schen so sehr verschieden angetroffen wird. Ja, der Autor dieser neuen Unterneh-mung muß sich einer besonderen Stumpfheit in dieser Sache anklagen, wo große FeinfĂŒhligkeit eher am Platze wĂ€re. Er hat schon lange nichts erlebt oder kennen-

    l

    È raro che lo psicoanalista si senta spinto verso ricerche estetiche, an-che quando non si riduca l’estetica alla teoria del bello per descriverIa, invece, come la teoria delle qualitĂ  del nostro sentire. Egli lavora su altri strati della vita psichica e ha ben poco a che fare con quei moti dell’animo – inibiti nella meta, sfumati e dipendenti da numerosissime costellazioni concomitanti – che costituiscono perlopiĂč la materia d’in-dagine propria dell’estetica. PuĂČ capitare tuttavia ch’egli debba interes-sarsi di tanto in tanto di una determinata sfera dell’estetica, e si tratta allora quasi sempre di alcunchĂ© di periferico, negletto dalla letteratura specialistica.

    Un caso del genere Ăš rappresentato dal “perturbante”.* Non c’ù dub-bio che esso appartiene alla sfera dello spaventoso, di ciĂČ che ingenera angoscia e orrore, ed Ăš altrettanto certo che questo termine non viene sempre usato in un senso nettamente definibile, tanto che quasi sem-pre coincide con ciĂČ che Ăš genericamente angoscioso. È lecito tuttavia aspettarsi che esista un nucleo particolare e tale da legittimare l’impiego di una particolare terminologia concettuale. Saremmo lieti di conoscere in cosa consista questo nucleo comune che consente appunto di sceve-rare, nell’ambito dell’angoscioso, un che di “perturbante”.

    A questo proposito, nulla praticamente ù rintracciabile nelle esau-rienti esposizioni offerte dalI’estetica, che preferisce occuparsi del bello, del sublime, dell’attraente – ossia dei moti dell’animo positivi e delle condizioni e degli oggetti che ad essi danno vita – piuttosto che dei sen-timenti contrari a questi, repellenti e penosi. Nel quadro della bibliografia medico-psicologica non conosco altro che il saggio, succoso ma non esaustivo, di Jentsch.1 Devo peraltro confessare che, per motivi facil-mente immaginabili e attinenti ai tempi attuali,** non ho indagato a fondo nella bibliografia, specialmente in quella di lingua straniera, relativa al tema di questo mio piccolo contributo, il quale, pertanto, si presenta al lettore senza alcuna pretesa di priorità.

    La difficoltà che emerge nello studio del perturbante, come sottolinea Jentsch a buon diritto, ù che la sensibilità verso questa qualità del sen-tire ù sollecitata in maniera diversissima da individuo a individuo. Anzi, l’autore del presente saggio deve accusare una sua particolare sordità in proposito, laddove occorrerebbe invece una ricettività particolarmente acuta. Da parecchio tempo non ha vissuto direttamente e non ù venuto a

    * [Vedi oltre la nota a p. 83.] ** [La prima guerra mondiale era appena terminata.]

    1 E. Jentsch, Zur Psychologie des Unheimlichen, Psychiat.-neurol. Wschr., voI. 8, 195 (1906).

    1 Zur Psychologie des Unheimlichen, Psychiatr.-neurolog. Wochenschrift 1906 Nr. 22 u. 23.

  • 4 5DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, I

    gelernt, was ihm den Eindruck des Unheimlichen gemacht hĂ€tte, muß sich erst in das GefĂŒhl hineinversetzen, die Möglichkeit desselben in sich wachrufen. Indes sind Schwierigkeiten dieser Art auch auf vielen anderen Gebieten der Ästhetik mĂ€chtig; man braucht darum die Erwartung nicht aufzugeben, daß sich die FĂ€lle werden herausheben lassen, in denen der fragliche Charakter von den meisten widerspruchslos anerkannt wird.

    Man kann nun zwei Wege einschlagen: nachsuchen, welche Bedeutung die Sprachentwicklung in dem Worte »unheimlich« niedergelegt hat, oder zusam-mentragen, was an Personen und Dingen, SinneseindrĂŒcken, Erlebnissen und Situationen das GefĂŒhl des Unheimlichen in uns wachruft, und den verhĂŒllten Charakter des Unheimlichen aus einem allen FĂ€llen Gemeinsamen erschließen. Ich will gleich verraten, daß beide Wege zum nĂ€mlichen Ergebnis fĂŒhren, das Unheimliche sei jene Art des Schreckhaften, welche auf das Altbekannte, LĂ€ngst-vertraute zurĂŒckgeht. Wie das möglich ist, unter welchen Bedingungen das Ver-traute unheimlich, schreckhaft werden kann, das wird aus dem Weiteren ersicht-lich werden. Ich bemerke noch, daß diese Untersuchung in Wirklichkeit den Weg ĂŒber eine Sammlung von EinzelfĂ€llen genommen und erst spĂ€ter die BestĂ€tigung durch die Aussage des Sprachgebrauches gefunden hat. In dieser Darstellung werde ich aber den umgekehrten Weg gehen.

    Das deutsche Wort »unheimlich« ist offenbar der Gegensatz zu heimlich, hei-

    misch, vertraut, und der Schluß liegt nahe, es sei etwas eben darum schreckhaft, weil es nicht bekannt und vertraut ist. NatĂŒrlich ist aber nicht alles schreckhaft, was neu und nicht vertraut ist; die Beziehung ist nicht umkehrbar. Man kann nur sagen, was neuartig ist, wird leicht schreckhaft und unheimlich; einiges Neuartige ist schreckhaft, durchaus nicht alles. Zum Neuen und Nichtvertrauten muß erst etwas hinzukommen, was es zum Unheimlichen macht.

    Jentsch ist im ganzen bei dieser Beziehung des Unheimlichen zum Neuarti-gen, Nichtvertrauten, stehengeblieben. Er findet die wesentliche Bedingung fĂŒr das Zustandekommen des unheimlichen GefĂŒhls in der intellektuellen Unsicher-heit. Das Unheimliche wĂ€re eigentlich immer etwas, worin man sich sozusagen nicht auskennt. Je besser ein Mensch in der Umwelt orientiert ist, desto weniger leicht wird er von den Dingen oder VorfĂ€llen in ihr den Eindruck der Unheimlichkeit empfangen.

    Wir haben es leicht zu urteilen, daß diese Kennzeichnung nicht erschöpfend ist, und versuchen darum, ĂŒber die Gleichung unheimlich = nicht vertraut hinaus-zugehen. Wir wenden uns zunĂ€chst an andere Sprachen. Aber die WörterbĂŒcher, in denen wir nachschlagen, sagen uns nichts Neues, vielleicht nur darum nicht, weil wir selbst Fremdsprachige sind. Ja, wir gewinnen den Eindruck, daß vielen Sprachen ein Wort fĂŒr diese besondere Nuance des Schreckhaften abgeht2.

    conoscenza di nulla che potesse suscitare in lui l’impressione del pertur-bante, e perciĂČ deve anzitutto trasporsi in questo sentimento evocandone in sĂ© la possibilitĂ . Comunque, difficoltĂ  di questo tipo si fanno sentire potentemente anche in molti altri ambiti dell’estetica: e quindi non dobbia-mo rinunciare alla speranza di trovare dei casi in cui tale carattere viene riconosciuto dalla maggioranza della gente in maniera inequivocabile.

    Le strade che possiamo imboccare sono due: esplorare il significato che l’evoluzione della lingua ha sedimentato nel termine “perturbante”, oppure collazionare ciĂČ che, riferito a persone e a cose, a impressioni sensoriali, a esperienze e situazioni, evoca in noi il senso del pertur-bante, per dedurre poi il carattere nascosto del perturbante da qualcosa che accomuni tutti questi casi. Voglio anticipare subito che entrambe le strade portano allo stesso risultato: il perturbante Ăš quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci Ăš noto da lungo tempo, a ciĂČ che ci Ăš familiare. Come questo sia possibile, in quali circostanze ciĂČ che ci Ăš consueto e familiare possa diventare perturbante, spaventoso, apparirĂ  chiaro da quanto segue. Voglio far notare ancora che questa ricerca in realtĂ  ha preso le mosse da una serie di casi singoli, e soltanto in se-guito Ăš stata convalidata dalle testimonianze dell’uso linguistico. La mia esposizione seguirĂ  perĂČ il cammino inverso.

    La parola tedesca unheimlich [perturbante] Ăš evidentemente l’antite-si di heimlich [confortevole, tranquillo, da Heim, casa], heimisch [patrio, nativo], e quindi familiare, abituale, ed Ăš ovvio dedurre che se qualcosa suscita. spavento Ăš proprio perchĂ© non Ăš noto e familiare.

    Naturalmente, perĂČ, non tutto ciĂČ che Ăš n’uovo e inconsueto Ăš spa-ventoso, la relazione non Ăš reversibile; si puĂČ dire soltanto che ciĂČ che Ăš nuovo diventa facilmente spaventoso e perturbante; alcune cose nuove sono spaventose, ma certo non tutte. Bisogna aggiungere qual ... cosa al nuovo e all’inconsueto perchĂ© diventi perturbante.

    Jentsch tutto sommato si Ăš fermato a questa relazione tra il pertur-bante e il nuovo, l’inconsueto. La condizione, essenziale perchĂ© abbia luogo il senso del perturbante egli l’individua nell’incertezza intellettuale. Il perturbante sarebbe propriamente sempre qualcosa in cui per cOSI dire non ci si raccapezza. Quanto piu un uomo si orienta nel mondo che lo circonda, tanto meno facilmente riceverĂ  un’impressione di tur-bamento [Unheimlichkeit] da cose o eventi.

    È facile rendersi conto che questo contrassegno non Ăš esauriente, e cercheremo quindi di andar oltre l’equazione: perturbante = inconsueto. Esaminiamo in primo luogo alcune lingue straniere. Ma i dizionari che andiamo sfogliando non ci dicono niente di nuovo, forse semplicemente perchĂ© noi stessi parliamo un’altra lingua. Anzi, l’impressione che rica-viamo Ăš che in molte lingue manchi un termine che definisca questa particolare sfumatura dello spaventoso2.

    2 FĂŒr die nachstehenden AuszĂŒge bin ich Herrn Dr. Th. Reik zu Dank verpflichtet. 2 Devo alla cortesia del dottor Theodor Reik gli estratti seguenti.

  • 6 7DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, I

    Lateinisch (nach K. E. GeoRGes, Kl. Deutschlatein. Wörterbuch 1898): ein unheimlicher Ort –; locus suspectus; in unheimlicher Nachtzeit –; intempesta nocte.

    GRiechisch (WörterbĂŒcher von Rost und von schenkL): ÎŸÎ­ÎœÎżÏ‚; –; also fremd, fremdartig.enGLisch (aus den WörterbĂŒchern von Lucas, BeLLows, FLĂŒGeL, MuRet-sandeRs): uncom-

    fortable, uneasy, gloomy, dismal, uncanny, ghastly, von einem Hause: haunted, von einem Menschen: a repulsive fellow.

    FRanzösisch (sachs-ViLLatte): inquiĂ©tant, sinistre, lugubre, mal Ă  son aise.spanisch (toLLhausen 1889): sospechoso, de mal aguĂ«ro, lĂșgubre, siniestro.

    Das Italienische und Portugiesische scheinen sich mit Worten zu begnĂŒgen, die wir als Umschreibungen bezeichnen wĂŒrden. Im Arabischen und HebrĂ€ischen fĂ€llt unheimlich mit dĂ€monisch, schaurig zusammen.

    Kehren wir darum zur deutschen Sprache zurĂŒck.In Daniel Sanders’ Wörterbuch der Deutschen Sprache 1860 finden sich fol-

    gende Angaben zum Worte heimlich, die ich hier ungekĂŒrzt abschreiben und aus denen ich die eine und die andere Stelle durch Unterstreichung hervorheben will (Bd. 1, S. 729):

    Heimlich, a. (-keit, f. -en): 1. auch Heimelich, heimelig, zum Hause gehörig, nicht fremd,

    vertraut, zahm, traut und traulich, anheimelnd etc. ( a) (veralt.) zum Haus, zur Familie ge-hörig oder: wie dazu gehörig betrachtet, vgl. lat. familiaris, vertraut: Die Heimlichen, die Hausgenossen; Der heimliche Rath. 1. Mos. 41, 45; 2. Sam. 23, 23. 1 Chr. 12, 25. Weish. 8, 4., wofĂŒr jetzt: Geheimer (s. d 1.) Rath ĂŒblich ist, s. Heimlicher –; ( b) von Thieren zahm, sich den Menschen traulich anschließend. Ggstz. wild, z. B.: Thier, die weder wild noch heimlich sind, etc. Eppendorf. 88; Wilde Thier . . . so man sie h. und gewohnsam um die Leute aufzeucht. 92. So diese Thierle von Jugend bei den Menschen erzogen, werden sie ganz h., freundlich etc., Stumpf 608 a etc. –; So noch: So h. ist’s (das Lamm) und frißt aus meiner Hand. Hölty; Ein schöner, heimelicher (s. c) Vogel bleibt der Storch immerhin. Linck, Schi. 146. s. HĂ€uslich 1. etc. –; ( c) traut, traulich anheimelnd; das WohlgefĂŒhl stiller Befrie-digung etc., behaglicher Ruhe u. sichern Schutzes, wie das umschlossne, wohnliche Haus erregend (vgl. Geheuer): Ist dir’s h. noch im Lande, wo die Fremden deine WĂ€lder roden? Alexis H. 1, 1, 289; Es war ihr nicht allzu h. bei ihm. Brentano Wehm. 92; Auf einem hohen h-en Schattenpfade . . ., lĂ€ngs dem rieselnden rauschenden und plĂ€tschernden Waldbach. Forster B. 1, 417. Die H-keit der Heimath zerstören. Gervinus Lit. 5, 375. So vertraulich und h. habe ich nicht leicht ein PlĂ€tzchen gefunden. G[oethe], 14, 14; Wir dachten es uns so bequem, so artig, so gemĂŒthlich und h. 15, 9; In stiller H-keit, umzielt von engen Schranken. Haller; Einer sorglichen Hausfrau, die mit dem Wenigsten eine vergnĂŒgliche H-keit (HĂ€us-

    Latino (dizionario di K. E. Georges, 1898): un luogo «unheimlich», locus su-spectus; in un’ora “unheimlich Il della notte, intempesta Docte.

    GReco (dizionari di Rost e di SchenkI): ÎŸÎ­ÎœÎżÏ‚, ossia straniero, estraneo. inGLese (dizionari di Lucas, Bellow, FIngeI, Muret-Sanders): uncomfortable,

    uneasy, gloomy, dismal, uncanny, ghastly; detto di una casa, haunted; detto di un uomo, a repulsive fellow.

    FRancese (Sachs-Villatte): inquiétant, sinistre, lugubre, mal à son alse. spaGnoLo (Tollhausen, 1.889): suspechoso, de mal aguero, lugubre, sinie-

    stro.

    L’italiano e il portoghese sembrano accontentarsi di parole che defi-niremmo piuttosto come circonlocuzioni.* Nell’arabo e nell’ebraico per-turbante coincide con demoniaco, orrendo.

    Torniamo quindi alla lingua tedesca. Nel vocabolario della lingua te-desca di Daniel Sanders troviamo alla parola “heimlich” ** le indicazioni seguenti, che trascrivo qui integralmente e nelle quali metterĂČ in rilievo questo o quel passo ponendolo in carattere corsivo:***

    Heimlich, aggettivo (sostantivo Heimlichkeit, plur. Heimlichkeiten): l. Anche heimelich, heimelig, che appartiene alla casa, non straniero, familiare, domesti-co, fidato e intimo, che rammenta il focolare ecc.

    a) (Antiquato) appartenente alla casa, alla famiglia, oppure considerato come appartenentevi (cfr. lat. familiaris): Die Heimlichen, coloro che vivono nella stessa casa; Der heimliche Rat (Genesi,. 41.45; .2~amuele, 23.23; l Cronache, 12.25; Sapienza, 8.4), per il quale r espressione consueta Ăš Geheimer Rat [consigliere segreto].

    b) Di animali: domestico, che si accosta fiducioso agli uomini, contrario di selvatico, per esempio: “Animali nĂ© selvatici nĂ© heimlich” ecc. “Animali selvatici ... benchĂ© li si allevi heimlich e avvezzandoli alla gente.” “Questi animaletti” allevati fin da cuccioli tra gli uomini diventano com ... pletamente heimlich, amichevoli” ecc. – E ancora: “CosI heimlich Ăš (l’agnello), che prende il cibo dalla mia mano.” “La cicogna resta pur sempre un bell’uccello heimelich.”

    c) Fidato, intimo, che rammenta il focolare; il grato senso di quieto appaga-mento ecc., senso di agio, di tranquillità e di sicura protezione, come, quello che suscita la casa confortevole, raccolta nel suo recinto. “Ti senti ancora heimlich nel paese in cui gli stranieri dissodano i tuoi boschi?” “Essa non si sentiva troppo heimlich con lui.” “Per un alto sentiero heimlich, ombroso ... lungo il ruscello che mormorava, frusciava e gorgogliava nel bosco.” “Distruggere la Heimlichkeit del paese natio.” “Non ho trovato facilmente un posticino così appartato e heimlich.” “Ce lo immaginavamo così comodo, cosi grazioso, cosi gradevole e heimlich.” “In quieta Heimlichkeit, circondato da angusti limiti.” “Una donna di casa avveduta,

    * [In effetti traducendo con “perturbante” l’aggettivo tedesco “unheimlich” ci rendiamo conto che il termine italiano non corrisponde perfettamente a quello tedesco, in larga mi .. sura intraducibile nella nostra lingua. “Unheimlich n potrebbe esser reso volta a ·volta con “inquietante”, “lugubre”, “sinistro”, “non confortevole”, “sospetto”, t·ambiguo”, “infido”, e designa comunque una sensazione di insicurezza, inquietudine, turbamento o disagio, suscitata da cose, eventi, situazioni o persone.]

    ** [Grammaticalmente il contrario di “unheimlich”.] *** D. sandeRs, Worterbuch der Deutschen Sprache (Lipsia 1860) voI. 1, p. 729.

  • 8 9DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, I

    lichkeit) zu schaffen versteht. Hartmann Unst. 1, 188; Desto h-er kam ihm jetzt der ihm erst kurz noch so fremde Mann vor. Kerner 540; Die protestantischen Besitzer fĂŒhlen sich . . . nicht h. unter ihren katholischen Unterthanen. Kohl. Irl. 1, 172; Wenns h. wird und leise / die Abendstille nur an deiner Zelle lauscht. Tiedge 2, 39; Still und lieb und h., als sie sich / zum Ruhen einen Platz nur wĂŒnschen möchten. W[ieland], 11, 144; Es war ihm garnicht h. dabei 27. 170, etc. –; Auch: Der Platz war so still, so einsam, so schatten-h. Scherr Pilg. 1, 170; Die ab- und zuströmenden Fluthwellen, trĂ€umend und wiegenlied-h. Körner, Sch. 3, 320, etc. –; Vgl. namentl. Un-h. –; Namentl. bei schwĂ€b., schwzr. Schriftst. oft dreisilbig: Wie ‘heimelich’ war es dann Ivo Abends wieder, als er zu Hause lag. Auerbach, D. 1, 249; In dem Haus ist mir’s so heimelig gewesen. 4. 307; Die warme Stube, der heimelige Nachmittag. Gotthelf, Sch. 127, 148; Das ist das wahre Heimelig, wenn der Mensch so von Herzen fĂŒhlt, wie wenig er ist, wie groß der Herr ist. 147; Wurde man nach und nach recht gemĂŒthlich und heimelig mit einander. U. 1, 297; Die trauliche Heimeligkeit. 380, 2, 86; Heimelicher wird es mir wohl nirgends werden als hier. 327; Pestalozzi 4, 240; Was von ferne herkommt . . . lebt gw. nicht ganz heimelig (heimatlich, freundnachbarlich) mit den Leuten. 325; Die HĂŒtte, wo / er sonst so heimelig, so froh / . . . im Kreis der Seinen oft gesessen. Reithard 20; Da klingt das Horn des WĂ€chters so heimelig vom Thurm / da ladet seine Stimme so gastlich. 49; Es schlĂ€ft sich da so lind und warm / so wunderheim’lig ein. 23, etc. –; Diese Weise verdiente al lgemein zu werden, um das gute Wort vor dem Veral ten wegen nahe l iegender Verwechslung mit 2 zu bewahren, vgl . : ‘Die Zecks sind al le h. (2) ’ H.? . . Was verstehen sie unter h.? . . –; ‘Nun . . . es kommt mir mit ihnen vor, wie mit e inem zugegrabenen Brunnen oder einem ausgetrock -neten Teich. Man kann nicht darĂŒber gehen, ohne daß es Einem immer ist , a ls könnte da wieder einmal Wasser zum Vorschein kommen. ’ Wir nennen das un-h. ; Sie nennen’s h. Worin f inden Sie denn, daß diese Famil ie etwas Verstecktes und Unzuver lĂ€ssiges hat? etc. Gutzkow R. 2, 613. –; ( d) (s. c) namentl. schles.: fröhlich, heiter, auch vom Wetter, s. Adelung und Weinhold.

    2. versteckt, verborgen gehalten, so daß man Andre nicht davon oder darum wissen lassen, es ihnen verbergen will, vgl. Geheim ( 2.), von welchem erst nhd. Ew. es doch zumal in der Ă€lteren Sprache, z. B. in der Bibel, wie Hiob 11, 6; 15, 8; Weish. 2, 22; 1. Kor. 2, 7 etc., und so auch H-keit statt Geheimnis. Matth. 13, 35 etc., nicht immer genau geschieden wird: H. (hinter Jemandes RĂŒcken) Etwas thun, treiben; Sich h. davon schleichen; H-e Zu-sammenkĂŒnfte, Verabredungen; Mit h-er Schadenfreude zusehen; H. seufzen, weinen; H. thun, als ob man etwas zu verbergen hĂ€tte; H-e Liebschaft, Liebe, SĂŒnde; H-e Orte (die der Wohlstand zu verhĂŒllen gebietet). 1. Sam. 5, 6; Das h-e Gemach (Abtritt). 2. Kön. 10, 27; W[ieland], 5, 256 etc., auch: Der h-e Stuhl. ZinkgrĂ€f 1, 249; In Graben, in H-keiten werfen. 3, 75; Rollenhagen Fr. 83 etc. –; FĂŒhrte h. vor Laomedon / die Stuten vor. B[ĂŒrger], 161 b etc. –; Ebenso versteckt, h., hinterlistig und boshaft gegen grausame Herren . . . wie offen, frei, theilnehmend und dienstwillig gegen den leidenden Freund. Burmeister gB 2, 157; Du sollst mein h. Heiligstes noch wissen. Chamisso 4, 56; Die h-e Kunst (der Zauberei). 3, 224; Wo die öffentliche Ventilation aufhören muß, fĂ€ngt die h-e Machination an. Forster, Br. 2, 135; Freiheit ist die leise Parole h. Verschworener, das laute Feldgeschrei der öffentlich UmwĂ€lzenden. G[oethe], 4, 222; Ein heilig, h. Wirken. 15; Ich habe Wurzeln / die sind gar h., / im tiefen Boden / bin ich gegrĂŒndet. 2, 109; Meine h-e TĂŒcke (vgl. HeimtĂŒcke). 30, 344;

    che con pochissimo sa creare una piacevole Heimlichkeit (intimitĂ  domestica).” “Tanto piu heimlich gli riusciva ora l’uomo che poco prima gli era cosĂŹ estraneo.” “I possidenti protestanti non si sentono ... heimlich tra i loro sudditi cattolici.” “Al-lorchĂ© ogni cosa diventa heimIich e sommessa, e soltanto la quiete serale spia alla tua cella.” “Quieto e ridente e heimlich, non potevano desiderare posto mi-gliore per riposare.” “Non si sentiva affatto heimlich. ‘” – Anche [nei composti]: “Il posto era cosĂŹ tranquillo, cosi solitario, cosi schattenheimlich [confortevolmente ombreggiato].” “Le onde che fluivano e rifinivano, sognanti e wiegenlied-heimlich [fidenti come una ninnananna].” Confronta segnatamente Unheimlich [vedi oltre]. – Specialmente nella grafia sveva o svizzera, spesso trisillabico: “Come tornava a sentirsi heimelich Ivo alla sera, quando giaceva a casa sua.” “Nella casa mi ha colto un tale senso heimelig.” “La calda stanza, il meriggio heimelig.” “Questo Ăš il vero heimelig, quando l’uomo sente col cuore quanto egli Ăš poca cosa, e quanto grande Ăš il Signore.” “Via via si diventĂČ sempre piu intimi e heimelig runo con ral-tro.” “La cordiale Heimeligkeit.” “In nessun luogo mi troverĂČ piu heimelich di qui.” “Chi viene da lontano ... non vive del tutto beimelig (a casa sua, in buon vicinato) tra la gente.” “La capanna dove un tempo era stato spesso seduto cosi heimel’ig, in piena gioia, nella cerchia dei suoi.” “LĂ  il corno della guardia echeggia cosi hei-melig dalla torre, lĂ  la sua voce .invita con tono cosĂŹ ospitale.” “Ci si addormenta lĂ  cosi soavemente nel tepore, cosi miracolosamente heim’lig.” – Quest ’ac-cezione avrebbe meri tato di d iventare generale, per evi tare che i l signi f icato migl iore del termine cadesse in disuso per v ia del faci le scambio con 2 [vedi sot to] . Confronta: “Gl i Zeck [nome di una fa -migl ia] sono tut t i heiml ich’ ( [sornioni ] nel senso 2). – ‘Heiml ich? . . . Che cosa intendete con heiml ich?’ – ‘Ebbene . . . mi destano la stessa sensazione che provo di f ronte a una fonte interrata o a uno stagno prosciugato. Non si puĂČ passarvi accanto senza aver sempre l ’ impressione che potrebbe tornare a comparire l ’acqua. ’ – ‘Noi lo chiamiamo unheiml ich; Lei lo chiama ‘heiml ich’ [vedi sot to] . Dove trova Lei che questa famigl ia abbia un qualcosa di nascosto~ che non ispira f iducia?’” (Gutzkow)3.

    d) Specialmente nella Slesia: allegro, sereno, detto anche del tempo. 2. Nascosto, tenuto celato, in modo da nĂČn farlo sapere ad altri o da non far

    sapere la ragione per cui lo si intende celare. Fare qualcosa heimlich (dietro le spalle di qualcuno); svignarsela heimlich [di nascosto]; convegni, appuntamen-ti heimlich; guardare con gioia maligna heimlich; sospirare, piangere heimlich; agire heimlich, come se si avesse qualcosa da nascondere; amore, amorazzo, peccato heimIich; parti heimlich (che la decenza impone di tener coperte). (l Sa-muele, 5.6); lo stanzino heirnlich (latrina) (2 Re, 10.27), anche: il seggio heimlich [la seggetta]; gettare in fosse, in Heimlichkeiten. – “Condusse heimlich [furtiva-mente] da Laomedonte le cavalle.” – “Tanto chiuso, heimlich [sornione], insidioso e maligno verso signori crudeli ... quanto aperto, libero, partecipe e servizievole verso l’amico sofferente.” “Devi ancora sapere ciĂČ che per me Ăš piu santo heim-lich [in segreto].” “L’arte heimlich” (la magia). “LĂ  dove non Ăš ammesso di ventila-re le cose in pubblico, inizia la macchinazione heimlich.” “LibertĂ  Ăš la parola sus-surrata heimlich dai cospiratori, il grido di guerra urlato dai sovvertitori dichiarati. .... “Un’influenza santa, heimlich.” “Ho radici che sono heimlich, sono piantato profondamente nella terra.” “La mia malizia heimlich.” “Se non lo accetta aperta-

    3 Sperrdruck (auch im folgenden) vom Referenten. 3 Lo spaziato (anche nel seguito) ù nell’originale.

  • 10 11DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, I

    EmpfĂ€ngt er es nicht offenbar und gewissenhaft, so mag er es h. und gewissenlos ergreifen. 39, 33; Ließ h. und geheimnisvoll achromatische Fernröhre zusammensetzen. 375; Von nun an, will ich, sei nichts H-es / mehr unter uns. Sch[iller], 369 b. –; Jemandes H-keiten entdek-ken, offenbaren, verrathen; H-keiten hinter meinem RĂŒcken zu brauen. Alexis. H. 2, 3, 168; Zu meiner Zeit / befliß man sich der H-keit. Hagedorn 3, 92; Die H-keit und das Gepuschele unter der Hand. Immermann, M. 3, 289; Der H-keit (des verborgnen Golds) unmĂ€chtigen Bann / kann nur die Hand der Einsicht lösen. Novalis. 1, 69; / Sag’ an, wo du sie . . . verbirgst, in welches Ortes verschwiegener H. Sch[iller], 495 b; Ihr Bienen, die ihr knetet / der H-keiten Schloß (Wachs zum Siegeln). Tieck, Cymb. 3, 2; Erfahren in seltnen H-keiten (ZauberkĂŒn-sten). Schlegel Sh. 6, 102 etc., vgl. Geheimnis L[essing], 10: 291 ff.

    Zsstzg. s. 1c, so auch nam. der Ggstz.: Un-: unbehagliches, banges Grauen erregend: Der schier ihm un-h., gespenstisch erschien. Chamisso 3, 238; Der Nacht un-h., bange Stunden. 4, 148; Mir war schon lang’ un-h., ja graulich zu Muthe. 242; Nun fĂ€ngts mir an, un-h. zu werden. G[oethe], 6, 330; . . . Empfindet ein u-es Grauen. Heine, Verm. 1, 51; Un-h. und starr wie ein Steinbild. Reis, 1, 10; Den u-en Nebel, Haarrauch geheißen. Immermann M., 3, 299; Diese blassen Jungen sind un-h. und brauen Gott weiß was Schlimmes. Laube, Band. 1, 119; Un-h. nennt man Al les, was im Geheimnis, im Verborgnen.. . b le iben sol l te und hervorgetreten ist . Schel l ing, 2, 2, 649 etc. –; Das Göttliche zu verhĂŒllen, mit einer gewissen U-keit zu umgeben 658, etc. –; UnĂŒblich als Ggstz. von (2), wie es Campe ohne Beleg anfĂŒhrt.

    Aus diesem langen Zitat ist fĂŒr uns am interessantesten, daß das Wörtchen

    heimlich unter den mehrfachen Nuancen seiner Bedeutung auch eine zeigt, in der es mit seinem Gegensatz unheimlich zusammenfĂ€llt. Das Heimliche wird dann zum Unheimlichen; vgl. das Beispiel von Gutzkow: »Wir nennen das unheimlich, Sie nennenâ€șs heimlich.« Wir werden ĂŒberhaupt daran gemahnt, daß dies Wort heimlich nicht eindeutig ist, sondern zwei Vorstellungskreisen zugehört, die, ohne gegensĂ€tzlich zu sein, einander doch recht fremd sind, dem des Vertrauten, Be-haglichen und dem des Versteckten, Verborgengehaltenen. Unheimlich sei nur als Gegensatz zur ersten Bedeutung; nicht auch zur zweiten gebrĂ€uchlich. Wir erfahren bei Sanders nichts darĂŒber, ob nicht doch eine genetische Beziehung zwischen diesen zwei Bedeutungen anzunehmen ist. Hingegen werden wir auf eine Bemerkung von Schelling aufmerksam, die vom Inhalt des Begriffes Unheim-lich etwas ganz Neues aussagt, auf das unsere Erwartung gewiß nicht eingestellt war. Unheimlich sei alles, was ein Geheimnis, im Verborgenen bleiben sollte und hervorgetreten ist.

    Ein Teil der so angeregten Zweifel wird durch die Angaben in Jacob und Wil-helm Grimm: Deutsches Wörterbuch, Leipzig 1877 (Bd. 4, 2. Teil, 873 ff.) geklÀrt:

    Heimlich; adj. und adv. vernaculus, occultus; mhd. heimelich, heimlich.S. 874: In etwas anderem sinne: es ist mir heimlich, wohl, frei von furcht . . .[3] b) heimlich ist auch der von gespensterhaften freie ort . . .S. 875: ÎČ) vertraut; freundlich, zutraulich.4. aus dem heimat l ichen, hĂ€usl ichen entwickel t s ich wei ter der begr i ff

    des f remden augen entzogenen, verborgenen, geheimen, eben auch in mehrfacher beziehung ausgebi ldet . . .

    mente e in coscienza, p:uĂČ afferrarlo heimlich e senza saperlo.” “Fece montare heimlich e in segreto telescopi acromatici.” “D’ora in avanti, voglio che non ci sia piu niente di heimlich tra noi.” – Scoprire, palesare, tradire le Heimlichkeiten di qualcuno. “Ordire Heimlichkeiten dietro alle mie spalle.” “Ai miei tempi avevamo il senso delle Heirnlichkeiten.” “La Heimlichkeit e i bisbigli coperti dalla mano ..... “Solo la mano del discernimento puĂČ sciogliere l’incantesimo impotente della Heimlichkeit (dell’ oro nascosto).” “Di’ dove la nascondi ... in quale luogo di taciuta Heimlichkeit.” “Voi api che impastate il chiavistello delle Hei.mlichkeiten” (la cera da sigillo). “Esperto in rare Heimlichkeiten” (arti magiche).

    Per i composti vedi sopra 1 c, e cosĂŹ anche soprattutto per il contrario, “un”: disagevole, che suscita trepidante orrore. “Gli apparve unheimlich come un fan-tasma.” “Le ore unheimlich, trepidanti della notte.” “Da tempo mi dava una sensa-zione unheimlich, anzi orripilante.” “Ora comincio a sentirmi unheimlich.” “Prova un orrore unheimlich.” “Unheimlich e rigido come una figura di pietra.” “La nebbia unheimlich chiamata fumo di capelli. “ “Questi pallidi giovani sono unheimlich e ordiscono Dio sa che nefandezze.” “È detto unheiml ich tut to c iĂČ che dovrebbe restare . . . segreto, nascosto, e che Ăš invece aff iora-to” (Schel l ing). – “Velare il divino, circondarlo con una certa Unheimlichkeit.” Unheimlich Ăš inconsueto come contrario del significato 2.

    In questa lunga citazione, la cosa piu interessante per noi Ăš che la parolina beimlich, tra le molteplici sfumature del suo significato, ne mo-stra anche una in cui coincide col suo contrario, unheimlich. CiĂČ che Ăš heimlich diventa allora unheimlich; confronta l’esempio di Gutzkow: “Noi lo chiamiamo unheimlich; Lei lo chiama heimlich.” Comunque, siamo avvertiti che questo termine heimlich non Ăš univoco, ma appartiene a due cerchie di rappresentazioni che, senza essere antitetiche, sono tut-tavia parecchio estranee l’una all’altra: quella della famĂŹliaritĂ , dell’agio, e quella del nascondere, del tener celato. Nell’uso corrente, unheimlich Ăš il contrario del primo significato, e non del secondo. Sanders non ci dice se non si ‘debba tuttavia ipotizzare una relazione genetica tra questi due significati. La nostra attenzione, per contro, Ăš attirata da un’osserva-zione di Schelling, che contiene un’affermazione completamente nuova sul contenuto del concetto di U nheimlich, una novitĂ  che va certamente oltre la nostra aspettativa. U nheimlich, dice Schelling, Ăš tutto ciĂČ che avrebbe dovuto rimanere segreto, nascosto, e che’ Ăš invece affiorato.

    Parte dei dubbi cosi suscitati Ăš chiarita dalle indicazioni contenute nel vocabolario tedesco di Jacob e Wilhelm Grimm (Deutsches Worter-buch, voI. 4 [Lipsia 1877] pt. 2, pp. 873 sgg.):

    Heimlich, aggettivo e avverbio: vernaculus, occultus; medio-alto-tedesco, heimellch, heimllch.

    (Pagina 874) In senso parzialmente diverso: “mi ù heimlich, mi sta bene, non mi suscita timore” ...

    [3] b) Heimlich ù anche il luogo libero dagli influssi dei fantasmi. (Pagina 875: ß) Familiare, amichevole, fidente.

    4. Dal signi f icato di “natale”, “domest ico”, s i svi luppa inol t re i l concetto di: sottrat to a occhi estranei , celato, segreto; concetto che ‘s i ù venuto formando in moltepl ic i re lazioni . . . :

  • 12 13DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, I

    S. 876:»links am see liegt eine matte heimlich im gehölz.«

    Schiller, Tell I, 4.. . . frei und fĂŒr den modernen Sprachgebrauch ungewöhnlich . . . heimlich ist zu ei-

    nem verbum des verbergens gestellt: er verbirgt mich heimlich in seinem gezelt. ps. 27, 5. (. . . heimliche orte am menschlichen Körper, pudenda . . . welche leute nicht stĂŒrben, die wurden geschlagen an heimlichen orten. 1 Samuel 5, 12 . . .)

    c) beamtete, die wichtige und geheim zu haltende ratschlage in Staatssachen ertheilen, heiszen heimliche rÀthe, das adjektiv nach heutigem Sprachgebrauch durch geheim (s. d.) ersetzt: . . . (Pharao) nennet ihn (Joseph) den heimlichen rath. 1. Mos. 41, 45;

    S. 878: 6. heimlich fĂŒr die erkenntnis, mystisch, allegorisch: heimliche bedeutung, my-sticus, divinus, occultus, figuratus.

    S. 878: anders ist heimlich im folgenden, der erkenntnis entzogen, unbewuszt: . . .dann aber ist heimlich auch verschlossen, undurchdringlich in bezug auf erfor-

    schung: . . .»merkst du wohl? sie trauen uns nicht, fĂŒrchten des FriedlĂ€nders heimlich

    gesicht.« Wallensteins lager, 2. aufz. [Szene]9. d ie bedeutung des versteckten, gefÀhr l ichen, die in der vor igen num -

    mer hervortr i t t , entwickel t s ich noch weiter, so dasz heiml ich den sinn emp-fÀngt, den sonst unheiml ich (gebildet nach heimlich, 3 b, sp. 874) hat: »mir ist zu Zeiten wie dem menschen der in nacht wandelt und an gespenster glaubt, jeder winkel ist ihm heimlich und schauerhaft.« Klinger, theater, 3, 298.

    Also heimlich ist ein Wort, das seine Bedeutung nach einer Ambivalenz hin

    entwickelt, bis es endlich mit seinem Gegensatz unheimlich zusammenfÀllt. Un-heimlich ist irgendwie eine Art von heimlich. Halten wir dies noch nicht recht ge-klÀrte Ergebnis mit der Definition des Unheimlichen von Schelling zusammen. Die Einzeluntersuchung der FÀlle des Unheimlichen wird uns diese Andeutungen verstÀndlich machen.

    (Pagina 876) l’a sinistra del lago (.n) nel cuore (heimlich) del bosco c’ù un prato” (Schiller, Wilhelm Tell, atto l, scena 4) ... licenza poetica, significato incon-sueto nell’uso linguistico moderno... Heimlich Ăš accostato a un verbo che indica l’azione del nascondere: l’egli mi occulterĂ  nel nascondimento (heimlich) del suo padiglione” (Salmi, 27.5) ... Luoghi heimlich nel corpo umano, ·pudenda... Il gli uomini che non morivano erano percossi sulle. parti segrete (heimlich)” (1 Sa-muele, 5.12) ...

    c) Funzionari che impartiscono consigli importanti e da tener segreti in affari di Stato si chiamano consiglieri heimlich, ma l’aggettivo nell’uso odierno ù sostitu-ito da geheim (segreti) ... “Faraone pose nome a Giuseppe ‘colui cui sono rivelati i segreti’ (consigliere heimlich)” (Genesi, 41.45).

    (Pagina 878) 6. Heimlich quanto alla conoscenza: mistico, allegorico; un si-gnificato “heimlich”, mysticus, divinus, occultus, figuratus (Pagina 878) Heimlich ha diverso significato nell’accezione seguente: sottratto alla conoscenza, incon-scio ... Heimlich vale anche: chiuso, impenetrabile alla ricerca ... “ Anche tu l’hai notato. Non si fidano di noi; temono il volto heimlich del duca di Friedland” (Schil-ler, L’accampamento di Wallenstein, scena 2).

    9. I l s igni f icato di I l nascosto”, “per icoloso” , che aff iora nel numero precedente, s i svi luppa ul ter iormente, s icchĂ© “heiml ich” assume i l s igni-beato abi tualmente propr io a “unheiml ich”: “a volte mi sento come un uomo che vaga nella notte e crede agli spettri; per lui ogni angolo Ăš sinistro (heimlich) e dĂ  i brividi” (Klinger, Theater, 3.298).

    Heimlich ù quindi un termine che sviluppa il suo significato in senso ambivalente, fino a coincidere in conclusione col suo contrario: unheim-lich. Unheimlich ù in certo modo una variante di heimlich. Paragoniamo questo risultato, non ancora completamente chiarito, con la definizione dell’Unheimlich data da Schelling. L’analisi singola dei casi in cui appare il “perturbante” ci renderà comprensibili questi accenni.

  • 14 15DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, II

    II

    Wenn wir jetzt an die Musterung der Personen und Dinge, EindrĂŒcke, VorgĂ€n-ge und Situationen herangehen, die das GefĂŒhl des Unheimlichen in besonde-rer StĂ€rke und Deutlichkeit in uns zu erwecken vermögen, so ist die Wahl eines glĂŒcklichen ersten Beispiels offenbar das nĂ€chste Erfordernis. E. Jentsch hat als ausgezeichneten Fall den »Zweifel an der Beseelung eines anscheinend leben-digen Wesens und umgekehrt darĂŒber, ob ein lebloser Gegenstand nicht etwa beseelt sei« hervorgehoben und sich dabei auf den Eindruck von Wachsfiguren, kunstvollen Puppen und Automaten berufen. Er reiht dem das Unheimliche des epileptischen Anfalls und der Äußerungen des Wahnsinnes an, weil durch sie in dem Zuschauer Ahnungen von automatischen –; mechanischen –; Prozessen ge-weckt werden, die hinter dem gewohnten Bilde der Beseelung verborgen sein mögen. Ohne nun von dieser AusfĂŒhrung des Autors voll ĂŒberzeugt zu sein, wol-len wir unsere eigene Untersuchung an ihn anknĂŒpfen, weil er uns im weiteren an einen Dichter mahnt, dem die Erzeugung unheimlicher Wirkungen so gut wie keinem anderen gelungen ist.

    »Einer der sichersten Kunstgriffe, leicht unheimliche Wirkungen durch ErzÀh-

    lungen hervorzurufen«, schreibt Jentsch, »beruht nun darauf, daß man den Leser im Ungewissen darĂŒber lĂ€ĂŸt, ob er in einer bestimmten Figur eine Person oder etwa einen Automaten vor sich habe, und zwar so, daß diese Unsicherheit nicht direkt in den Brennpunkt seiner Aufmerksamkeit tritt, damit er nicht veranlaßt wer-de, die Sache sofort zu untersuchen und klarzustellen, da hiedurch, wie gesagt, die besondere GefĂŒhlswirkung leicht schwindet. E. T. A. Hoffmann hat in seinen PhantasiestĂŒcken dieses psychologische Manöver wiederholt mit Erfolg zur Gel-tung gebracht.«

    Diese gewiß richtige Bemerkung zielt vor allem auf die ErzĂ€hlung â€șDer Sand-mannâ€č in den NachtstĂŒcken (dritter Band der Grisebachschen Ausgabe von Hoff-manns sĂ€mtlichen Werken), aus welcher die Figur der Puppe Olimpia in den er-sten Akt der Offenbachschen Oper Hoffmanns ErzĂ€hlungen gelangt ist. Ich muß aber sagen –; und ich hoffe, die meisten Leser der Geschichte werden mir bei-stimmen, –; daß das Motiv der belebt scheinenden Puppe Olimpia keineswegs das einzige ist, welches fĂŒr die unvergleichlich unheimliche Wirkung der ErzĂ€h-

    lI

    Se ora passiamo in rassegna le persone e le cose, le impressioni, gli eventi e le situazioni capaci di destare in noi con particolare forza e nitidezza il senso del perturbante, la prima cosa da fare Ăš scegliere un esempio calzante. Jentsch ha rilevato come caso particolarmente adat-to il Il dubbio che un essere apparentemente animato sia vivo davvero e, viceversa, il dubbio che un oggetto privo di vita non sia per caso animato”, e si Ăš richiamato all’impressione provocata da figure di cera, da pupazzi e da automi. Egli annovera in questa categoria il senso per-turbante destato dagli attacchi epilettici e dalle manifestazioni di pazzia, in quanto fenomeni che suscitano nello spettatore il sospetto che pro-cessi automatici, meccanici, possano celarsi dietro rimmagine consueta degli esseri viventi. Ora, pur senza essere convinti del tutto di questa opinione di Jentsch, vogliamo tuttavia ricollegarci ad essa per la nostra ricerca personale, perchĂ©, nel brano che segue, egli richiama la nostra attenzione su un poeta che Ăš riuscito come nessun altro a produrre ef-fetti perturbanti.

    “Uno degli espedienti piu sicuri per provocare senza difficoltĂ  effetti perturbanti mediante il racconto”, scrive Jentsch, “consiste nel tenere il lettore in uno stato d’incertezza sul fatto che una determinata figura sia una persona o un automa, facendo in modo, perĂČ, che questa incertez-za non focalizzi l’attenzione del lettore, affinchĂ© costui non venga indotto ad analizzare subito la situazione e a chiarirla, perchĂ© in tal caso, come abbiamo detto, questo particolare effetto emotivo svanirebbe facilmen-te. E. T. A. Hoffmann ha effettuato a piu riprese con successo questa manovra psicologica nei suoi racconti fantastici.”

    Questa osservazione, senza dubbio esatta, si riferisce soprattutto al racconto Il mago sabbiolino,* che fa parte della raccolta dei Notturni, e dal quale la figura della bambola Olimpia Ăš passata nel primo atto dell’opera di Offenbach I racconti di Hoffmann. Devo dire perĂČ â€“ e spero che la maggior parte dei lettori di questo racconto condividano il mio parere – che il motivo della bambola dotata di vita apparente, cioĂš di Olimpia, non Ăš affatto il solo al quale si debba attribuire l’effetto incom-

    * [Der Sandmann (1816). È una narrazione fantastica, in cui l’autore ci trasporta in un’I-talia affatto immaginaria, dove la novella si svolge. Il titolo deriva dal fatto che il personaggio centrale della novella, il sensitivo e visionario Nathaniel, crebbe, nella sua desolata e cupa infanzia, sotto l’incubo di una fiaba narrata gli dalla governante, secondo la quale un essere fantastico, il Sandrnann, versa sabbia negli occbi dei bambini fino a quando gli occhi stessi, sanguinanti, balzano fuori dalle vuote occhiaie. Singolari circostanze spingono il bambino a identificare con il malefico essere un collaboratore di suo padre negli esperimenti di alchimia, Coppelius, il quale, a piu riprese e in sempre nuovi aspetti, compare in seguito nella sua vita, in momenti eccezionali e sempre come nemico. In questa cornice ù inserita l’azione centrale della novella: la strana storia d’amore di Nathaniel diventato studente all’università.

    Nella piccola cittĂ  universitaria vive il grande scienziato italiano Lazzaro Spallanzani, il quale perĂČ compare qui in veste di mago della scienza, inventore e costruttore di una bambola, Olimpia, simile a persona umana, cui egli dĂ  movimento e parola; l’inesperto Nathaniel se ne innamora come di persona viva e finisce, attraverso varie e fantastiche vicende, col perdere tragicamente la ragione. Ed Ăš ancora Coppelius che provoca la sua fine: mentre un giorno Nathaniel, liberatosi finalmente dal malefico fascino di Olimpia, contempla dall’alto di una torre la cittĂ  sottQstante, insieme con Clara, la tenera e idillica fidanzata della sua adolescen-za, Coppelius lo ammalia con lo sguardo e lo spinge a precipitarsi nel vuoto. (Dal Dizionario letterario Bompiani, voI. 4, pp. 501 sg.]

  • 16 17DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, II

    lung verantwortlich gemacht werden muß, ja nicht einmal dasjenige, dem diese Wirkung in erster Linie zuzuschreiben wĂ€re. Es kommt dieser Wirkung auch nicht zustatten, daß die Olimpia-Episode vom Dichter selbst eine leise Wendung ins Satirische erfĂ€hrt und von ihm zum Spott auf die LiebesĂŒberschĂ€tzung von seiten des jungen Mannes gebraucht wird. Im Mittelpunkt der ErzĂ€hlung steht vielmehr ein anderes Moment, nach dem sie auch den Namen trĂ€gt und das an den ent-scheidenden Stellen immer wieder hervorgekehrt wird: das Motiv des Sandman-nes, der den Kindern die Augen ausreißt.

    Der Student Nathaniel, mit dessen Kindheitserinnerungen die phantastische ErzĂ€hlung anhebt, kann trotz seines GlĂŒckes in der Gegenwart die Erinnerungen nicht bannen, die sich ihm an den rĂ€tselhaft erschreckenden Tod des geliebten Vaters knĂŒpfen. An gewissen Abenden pflegte die Mutter die Kinder mit der Mah-nung zeitig zu Bette zu schicken: Der Sandmann kommt, und wirklich hört das Kind dann jedesmal den schweren Schritt eines Besuchers, der den Vater fĂŒr die-sen Abend in Anspruch nimmt. Die Mutter, nach dem Sandmann befragt, leugnet dann zwar, daß ein solcher anders denn als Redensart existiert, aber eine Kin-derfrau weiß greifbarere Auskunft zu geben: »Das ist ein böser Mann, der kommt zu den Kindern, wenn sie nicht zu Bette gehen wollen, und wirft ihnen HĂ€nde voll Sand in die Augen, daß sie blutig zum Kopfe herausspringen, die wirft er dann in den Sack und trĂ€gt sie in den Halbmond zur Atzung fĂŒr seine Kinderchen, die sitzen dort im Nest und haben krumme SchnĂ€bel wie die Eulen, damit picken sie der unartigen Menschenkindlein Augen auf.«

    Obwohl der kleine Nathaniel alt und verstĂ€ndig genug war, um so schauer-liche Zutaten zur Figur des Sandmannes abzuweisen, so setzte sich doch die Angst vor diesem selbst in ihm fest. Er beschloß zu erkunden, wie der Sandmann aussehe, und verbarg sich eines Abends, als er wieder erwartet wurde, im Ar-beitszimmer des Vaters. In dem Besucher erkennt er dann den Advokaten Coppe-lius, eine abstoßende Persönlichkeit, vor der sich die Kinder zu scheuen pflegten, wenn er gelegentlich als Mittagsgast erschien, und identifiziert nun diesen Cop-pelius mit dem gefĂŒrchteten Sandmann. FĂŒr den weiteren Fortgang dieser Szene macht es der Dichter bereits zweifelhaft, ob wir es mit einem ersten Delirium des angstbesessenen Knaben oder mit einem Bericht zu tun haben, der als real in der Darstellungswelt der ErzĂ€hlung aufzufassen ist. Vater und Gast machen sich an einem Herd mit flammender Glut zu schaffen. Der kleine Lauscher hört Coppe-lius rufen: »Augen her, Augen her«, verrĂ€t sich durch seinen Aufschrei und wird von Coppelius gepackt, der ihm glutrote Körner aus der Flamme in die Augen streuen will, um sie dann auf den Herd zu werfen. Der Vater bittet die Augen des Kindes frei. Eine tiefe Ohnmacht und lange Krankheit beenden das Erlebnis. Wer sich fĂŒr die rationalistische Deutung des Sandmannes entscheidet, wird in dieser Phantasie des Kindes den fortwirkenden Einfluß jener ErzĂ€hlung der Kinderfrau nicht verkennen. Anstatt der Sandkörner sind es glutrote Flammenkörner, die dem Kinde in die Augen gestreut werden sollen, in beiden FĂ€llen, damit die Augen her-ausspringen. Bei einem weiteren Besuche des Sandmannes ein Jahr spĂ€ter wird

    parabilmente perturbante del racconto, e neppure quello a cui far risalire principalmente tale effetto. Non giova neppure, a questo effetto pertur-bante, che il narratore stesso volga leggermente al satirico l’episodio di Olimpia e lo usi per schernire la sopravvalutazione amorosa cui soggia-ce il giovane protagonista. Al centro del racconto si trova piuttosto un altro elemento, che ù poi quello che dà il titolo al racconto e che viene costantemente richiamato nei passi decisivi: il motivo del “mago sabbio-lino” che strappa gli occhi ai bambini.

    Nonostante la sua felicitĂ  presente, lo studente Nathaniel (dai cui ricordi d’infanzia prende le mosse il racconto fantastico) non puĂČ libe-rarsi dai ricordi legati alla morte misteriosa e spaventevole dell’amato padre. Certe sere la madre aveva l’abitudine di spedire i bimbi a letto dibuon”oracon l’ammonimento: “Arriva il mago sabbio1ino”; e il bambino udiva davvero ogni volta il passo pesante di un visitatore che, per quella sera, si accaparrava il padre. Interpellata sul mago sabbiolino, la madre ne negava l’esistenza: “Non Ăš che un modo di dire”, affermava. Ma c’era una bambinaia in grado di dare notizie piu precise: “È un uomo cattivo che ~iene dai bambini quando non vogliono andare a letto e getta loro negli occhi manciate di sabbia, tanto che gli occhi sanguinanti balzano fuori dalla testa. Allora li getta nel sacco e li porta nella mezzal una e li dĂ  da beccare ai suoi piccoli, che stanno nel nido e hanno il becco ri-curvo come le civette, col quale squarciano gli occhi dei bambini cattivi.”

    Sebbene il piccolo Nathaniel fosse abbastanza grande e intelligente per respingere questi particolari orripilanti attribuiti alla figura del mago sabbiolino, tuttavia la paura di quest’ultimo si radicĂČ profondamente in lui. Stabili di appurare che aspetto avesse costui, e una sera in cui il “mago” era atteso si nascose nello studio del padre. Allora riconobbe nel visitatore l’avvocato Coppelius, una personalitĂ  repellen~e che i bambi-ni cercavano di evitare quando, di tanto in tanto, era ospite a pranzo, e identificĂČ· questo Coppelius con il temuto mago sabbiolino. Ai fini degli sviluppi ulteriori di questa scena, il poeta insinua giĂ  un dubbio: siamo di fronte a un primo delirio del bambino in preda all’angoscia o a un resoconto che, nel mondo ave si svolge il racconto, dobbiamo consi-derare reale? Il padre e l’ospite si danno da fare intorno a· un bracie~e fiammeggiante. Il piccolo, che sta spiando, quando ode Coppelius chia-mare: “Occhi, qui! occhi, qui!”, si tradisce con un grido ed Ăš afferrato da Coppelius, che vorrebbe, con granelli incandescenti tratti dalla fiamma, cospargere, i suoi occhi per poi gettarli nel braciere. Il padre implora che gli occhi del figlio siano risparmiati. Un profondo svenimento e una lunga malattia concludono l’episodio. Coloro che hanno deciso di dare un’interpretazione razionalistica della figura del mago sabbiolino non mancheranno di riconoscere ·in questa fantasia del bambino l’influenza persistente del racconto fatto dalla bambinaia. AnzichĂ© granelli di sab-bia, sono granelli incandescenti che debbono venir gettati negli occhi del fanciullo: in tutti e due i casi, lo scopo ù’ di far balzar fuori gli occhĂŹ. Durante una visita successiva del “mago”, un anno dopo, il padre Ăš uc-

  • 18 19DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, II

    der Vater durch eine Explosion im Arbeitszimmer getötet; der Advokat Coppelius verschwindet vom Orte, ohne eine Spur zu hinterlassen.

    Diese Schreckgestalt seiner Kinderjahre glaubt nun der Student Nathaniel in einem herumziehenden italienischen Optiker Giuseppe Coppola zu erkennen, der ihm in der UniversitĂ€tsstadt WetterglĂ€ser zum Kauf anbietet und nach sei-ner Ablehnung hinzusetzt: »Ei, nix Wetterglas, nix Wetterglas! –; hab auch sköne Oke –; sköne Oke.« Das Entsetzen des Studenten wird beschwichtigt, da sich die angebotenen Augen als harmlose Brillen herausstellen; er kauft dem Coppola ein Taschenperspektiv ab und spĂ€ht mit dessen Hilfe in die gegenĂŒberliegende Wohnung des Professors Spalanzani, wo er dessen schöne, aber rĂ€tselhaft wort-karge und unbewegte Tochter Olimpia erblickt. In diese verliebt er sich bald so heftig, daß er seine kluge und nĂŒchterne Braut ĂŒber sie vergißt. Aber Olimpia ist ein Automat, an dem Spalanzani das RĂ€derwerk gemacht und dem Coppola –; der Sandmann –; die Augen eingesetzt hat. Der Student kommt hinzu, wie die beiden Meister sich um ihr Werk streiten; Der Optiker hat die hölzerne, augenlose Puppe davongetragen, und der Mechaniker, Spalanzani, wirft Nathaniel die auf dem Boden liegenden blutigen Augen Olimpias an die Brust, von denen er sagt, daß Coppola sie dem Nathaniel gestohlen. Dieser wird von einem neuerlichen Wahnsinnsanfall ergriffen, in dessen Delirium sich die Reminiszenz an den Tod des Vaters mit dem frischen Eindruck verbindet: »Hui –; hui –; hui! –; Feuerkreis –; Feuerkreis! Dreh’ dich, Feuerkreis –; lustig –; lustig! HolzpĂŒppchen hui, schön HolzpĂŒppchen dreh’ dich –;.« Damit wirft er sich auf den Professor, den angebli-chen Vater Olimpias, und will ihn erwĂŒrgen.

    Aus langer, schwerer Krankheit erwacht, scheint Nathaniel endlich genesen. Er gedenkt, seine wiedergefundene Braut zu heiraten. Sie ziehen beide eines Tages durch die Stadt, auf deren Markt der hohe Ratsturm seinen Riesenschat-ten wirft. Das MĂ€dchen schlĂ€gt ihrem BrĂ€utigam vor, auf den Turm zu steigen, wĂ€hrend der das Paar begleitende Bruder der Braut unten verbleibt. Oben zieht eine merkwĂŒrdige Erscheinung von etwas, was sich auf der Straße heranbewegt, die Aufmerksamkeit Claras auf sich. Nathaniel betrachtet dasselbe Ding durch Coppolas Perspektiv, das er in seiner Tasche findet, wird neuerlich vom Wahnsinn ergriffen, und mit den Worten: HolzpĂŒppchen, dreh’ dich, will er das MĂ€dchen in die Tiefe schleudern. Der durch ihr Geschrei herbeigeholte Bruder rettet sie und eilt mit ihr herab. Oben lĂ€uft der Rasende mit dem Ausruf herum: Feuerkreis, dreh’ dich, dessen Herkunft wir ja verstehen. Unter den Menschen, die sich unten an-sammeln, ragt der Advokat Coppelius hervor, der plötzlich wieder erschienen ist. Wir dĂŒrfen annehmen, daß es der Anblick seiner AnnĂ€herung war, der den Wahn-sinn bei Nathaniel zum Ausbruch brachte. Man will hinauf, um sich des Rasenden zu bemĂ€chtigen, aber Coppelius lacht: »Wartet nur, der kommt schon herunter von selbst.« Nathaniel bleibt plötzlich stehen, wird den Coppelius gewahr und wirft sich mit dem gellenden Schrei: »Ja! Sköne Oke –; Sköne Oke« ĂŒber das GelĂ€nder herab. Sowie er mit zerschmettertem Kopf auf dem Straßenpflaster liegt, ist der Sandmann im GewĂŒhl verschwunden.

    Diese kurze NacherzĂ€hlung wird wohl keinen Zweifel darĂŒber bestehen las-sen, daß das GefĂŒhl des Unheimlichen direkt an der Gestalt des Sandmannes,

    ciso da un’ esplosione che ha luogo nello studio. L’avvocato Coppelius scompare senza lasciar traccia.

    Divenuto ormai studente, Nathaniel crede di riconoscere la figura spaventevole della sua infanzia in un ottico ambulante italiano, Giusep-pe Coppola, che nella cittĂ  universitaria gli offre in vendita degli occhiali da sole e, al suo rifiuto, ribatte: “Ah,niente occhiali! niente occhiali! ... ho anche begli occhi, begli occhi!” Il raccapriccio dello studente si placa al-lorchĂ© gli “occhi” che l’ottico gli offre si rivelano innocui occhiali da vista. Egli compra da Coppola un cannocchiale tascabile e con questo comin-cia a scrutare nella casa di fronte, dove abita il professor Spallanzani e in cui scorge la bella figlia di costui, Olimpia, misteriosamente laconica e immobile. Ben presto se ne innamora cosi ardentemente da dimenticare la sua saggia e prosaica fidanzata. Ma Olimpia Ú· ~n. automa nel quale· Spallanzani ha inserito il meccanismo e Coppola – il mago sabbiolino – gli occhi. Lo studente arriva mentre i due stanno litigando per la loro opera. L’ottico Ăš riuscito a impossessarsi della bambola di legno priva degli occhi, e il meccanico, Spallanzani, getta sul petto. di Nathaniel gli occhi sanguinanti di Olimpia che giacevano al suolo1 e dice che Coppo-la li ha rubati a lui, Nathaniel. Costui viene colto da un nuovo attacco di follia nel cui delirio la reminiscenza della morte del padre si congiunge con la recente impressione: “Oh-oh-oh! Cerchio di fuoco, cerchio di fuo-co! gira, cerchio di fuoco; allegro, allegro! Bambolina di legno, ehi, bella bambolina, gira!” CosI dicendo, egli si getta sul professore, il presunto padre di Olimpia, con l’intenzione di strangolarlo.

    Risollevatosi da una lunga, grave malattia, Nathaniel sembra finalmen-te guarito. Ha intenzione di sposare la sua fidanzata, che ha ritrovata. Un giorno attraversano la cittĂ : l’alta torre del palazzo comunaIe getta un’om-bra gigantesca sulla piazza del mercato. La ragazza propone al fidanzato di· salire sulla torre, mentre il fratello di lei, che accompagna la coppia, resta in strada. Giunti in cima alla torre; l’attenzione di Clara Ăš attratta da qualcosa di strano che si muove sulla strada. Nathaniel osserva la stessa scena col cannocchiale di Coppola, che s’ù ritrovato in tasca, Ăš preso di nuovo dalla sua follia e, gridando: “Bambolina di legno, gira!”, vuoI gettare la ragazza nel vuoto. Richiamato dalle grida della fanciulla, il fratello la salva e si affretta a riportarla giu. In cima, intanto, l’invasato corre qua e lĂ  continuando a gridare: “Cerchio di fuoco, gira!”, frase di cui conosciamo l’origine. Tra le persone che si affollano in basso spicca l’avvocato Cop-pelius, riapparso improvvisamente. Possiamo ammettere che sia stata la vista del suo, approssimarsi a provocare lo scoppio di follia di Nathaniel. I presenti vogliono salire sulla torre per impadronirsi dell’invasato, ma Cop-pelius4 ride: “Aspettate, aspettate, verrĂ  gin da solo!” D’improvviso Na-thaniel si arresta, si avvede di Coppelius e si getta dalla ringhiera con un grido acutissimo: “Begli occhi, begli occhi!” Quando giace sul lastrico della strada con la testa squarciata, il mago sabbiolino Ăš scomparso nella folla.

    Questo breve riassunto non lascia certo sussistere alcun dubbio sul fatto che il senso del perturbante sia legato direttamente alla figura del

  • 20 21DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, II

    also an der Vorstellung, der Augen beraubt zu werden, haftet und daß eine in-tellektuelle Unsicherheit im Sinne von Jentsch mit dieser Wirkung nichts zu tun hat. Der Zweifel an der Beseeltheit, den wir bei der Puppe Olimpia gelten lassen mußten, kommt bei diesem stĂ€rkeren Beispiel des Unheimlichen ĂŒberhaupt nicht in Betracht. Der Dichter erzeugt zwar in uns anfĂ€nglich eine Art von Unsicherheit, indem er uns, gewiß nicht ohne Absicht, zunĂ€chst nicht erraten lĂ€ĂŸt, ob er uns in die reale Welt oder in eine ihm beliebige phantastische Welt einfĂŒhren wird. Er hat ja bekanntlich das Recht, das eine oder das andere zu tun, und wenn er z. B. eine Welt, in der Geister, DĂ€monen und Gespenster agieren, zum Schauplatz seiner Darstellungen gewĂ€hlt hat, wie Shakespeare im Hamlet, Macbeth und in anderem Sinne im Sturm und im Sommernachtstraum, so mĂŒssen wir ihm darin nachgeben und diese Welt seiner Voraussetzung fĂŒr die Dauer unserer Hingegebenheit wie eine RealitĂ€t behandeln. Aber im Verlaufe der Hoffmannschen ErzĂ€hlung schwin-det dieser Zweifel, wir merken, daß der Dichter uns selbst durch die Brille oder das Perspektiv des dĂ€monischen Optikers schauen lassen will, ja daß er vielleicht in höchsteigener Person durch solch ein Instrument geguckt hat. Der Schluß der ErzĂ€hlung macht es ja klar, daß der Optiker Coppola wirklich der Advokat Coppe-lius4 und also auch der Sandmann ist.

    Eine »intellektuelle Unsicherheit« kommt hier nicht mehr in Frage: wir wissen jetzt, daß uns nicht die Phantasiegebilde eines Wahnsinnigen vorgefĂŒhrt werden sollen, hinter denen wir in rationalistischer Überlegenheit den nĂŒchternen Sach-verhalt erkennen mögen, und –; der Eindruck des Unheimlichen hat sich durch diese AufklĂ€rung nicht im mindesten verringert. Eine intellektuelle Unsicherheit leistet uns also nichts fĂŒr das VerstĂ€ndnis dieser unheimlichen Wirkung.

    Hingegen mahnt uns die psychoanalytische Erfahrung daran, daß es eine schreckliche Kinderangst ist, die Augen zu beschĂ€digen oder zu verlieren. Vielen Erwachsenen ist diese Ängstlichkeit verblieben, und sie fĂŒrchten keine andere Or-ganverletzung so sehr wie die des Auges. Ist man doch auch gewohnt zu sagen, daß man etwas behĂŒten werde wie seinen Augapfel. Das Studium der TrĂ€ume, der Phantasien und Mythen hat uns dann gelehrt, daß die Angst um die Augen, die Angst zu erblinden, hĂ€ufig genug ein Ersatz fĂŒr die Kastrationsangst ist. Auch die Selbstblendung des mythischen Verbrechers Ödipus ist nur eine ErmĂ€ĂŸigung fĂŒr die Strafe der Kastration, die ihm nach der Regel der Talion allein angemessen wĂ€re. Man mag es versuchen, in rationalistischer Denkweise die ZurĂŒckfĂŒhrung der Augenangst auf die Kastrationsangst abzulehnen; man findet es begreiflich,

    mago sabbioIino, ossia all’idea di vedersi sottratti· gli occhi, e che un’in-certezza intellettuale, come Jentsch la intende, non abbia niente a che vedere con questo effetto. Il dubbio concernente l’animazione, pur vaIl-do nel caso di Olimpia, la bambola, non entra minimamente in campo in quest’altro aspetto, pit’t intenso, del perturbante. È vero, il narratore inizialmente desta in noi una sorta di incertezza impedendoci in un primo tempo, e certamente non senza intenzione, di· indovinare se ci introdur-rĂ  nel mondo reale o in un mondo fantastico di sua invenzione. Egli ha il diritto incontestabile di fare o l’una o l’altra cosa, e se ha deciso per esempio di inscenare l’azione in un mondo popolato di spiriti, dĂšmoni e spettri, come ha fatto Shakespeare nelI’ Amleto, nel Macbeth e, in un altro senso, nella Tempesta e nel Sogno d’una notte d’estate, dobbiamo arrenderci alle sue intenzioni e considerare reale il mondo da lui ideato per tutto il tempo in cui gli dedicheremo la nostra attenzione. Ma, nel cor-so del racconto hoffrnanniano, questo dubbio scompare; ci accorgiamo che il narratore vuole far si che noi stessi guardiamo attraverso gli oc-chiali o il cannocchiale delI’ ottico demo~ niaco, e che anzi, forse, il nar-ratore stesso in prima persona ha guardato attraverso tale strumento. La conclusione della storia chiarisce definitivamente che l’ottico Coppola Ăš realmente l’avvocato Coppelius4 e quindi anche il mago sabbiolino.

    Non Ăš piu questione, qui, di “incertezza intellettuale”. ·Sappiamo ora che ciĂČ che ci si vuole rappresentare non sono le fantasie di un folle dietro le quali ci sia dato di riconoscere, nella nostra razionalistica su-perioritĂ , le cose come stanno; e comunque l’impressione perturbante non Ăš minimamente diminuita da questa chiarificazione. Una “incertezza intellettuale” non contribuisce quindi per nulla alla comprensione di que-sto effetto perturbante.

    L’esperienza psicoanalitica ci avverte, invece, che siamo di fronte a una tremenda’ angoscia infantile, causata dalla prospettiva di un danno agli occhi o della loro perdita. Questa apprensione sussiste in molti adulti, i quali non temono alcuna lesione organica quanto quella che puĂČ colpire gli occhi. Del resto, non si usa forse dire che si custodirĂ  qualcosa come la pupilla dei propri occhi? Lo studio dei sogni, delle fantasie e dei miti ci ha inoltre insegnato che la paura per gli occhi, l’an-goscia di perdere la vista, Ăš abbastanza spesso un sostituto della paura dell’evirazione. Anche l’autoaccecarsi di quel mitico criminale che fu Edipo non Ăš altro che una forma mitigata della pena dell’evirazione, la sola che – secondo la legge del taglione – sarebbe stata adegua-ta al suo caso.* Si puĂČ cercare di rifiutare, in base a una mentalitĂ  razionalistica, questa derivazione del timore per gli occhi dalla paura

    4 Zur Ableitung des Namens: Coppella = Probiertiegel (die chemischen Operationen, bei denen der Vater verunglĂŒckt); coppo = Augenhöhle (nach einer Bemerkung von Frau Dr. Rank).

    * [Vedi anche Totem e tabĂș (1912-13) p. 134, dove Freud parla dell’accecamento come di un sostituto dell’evirazione.]

    4 Sulla derivazione del nome, la signora Rank osserva che in italiano coppella equivale a crogiuolo (le operazioni chimiche nel corso delle quali il padre di Nathaniel subisce l’inci-dente), e coppo alla cavità dell’occhio.

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    daß ein so kostbares Organ wie das Auge von einer entsprechend großen Angst bewacht wird, ja man kann weitergehend behaupten, daß kein tieferes Geheimnis und keine andere Bedeutung sich hinter der Kastrationsangst verberge. Aber man wird damit doch nicht der Ersatzbeziehung gerecht, die sich in Traum, Phanta-sie und Mythus zwischen Auge und mĂ€nnlichem Glied kundgibt, und kann dem Eindruck nicht widersprechen, daß ein besonders starkes und dunkles GefĂŒhl sich gerade gegen die Drohung, das Geschlechtsglied einzubĂŒĂŸen erhebt, und daß dieses GefĂŒhl erst der Vorstellung vom Verlust anderer Organe den Nachhall verleiht. Jeder weitere Zweifel schwindet dann, wenn man aus den Analysen an Neurotikern die Details des »Kastrationskomplexes« erfahren und dessen groß-artige Rolle in ihrem Seelenleben zur Kenntnis genommen hat.

    Auch wĂŒrde ich keinem Gegner der psychoanalytischen Auffassung raten, sich fĂŒr die Behauptung, die Augenangst sei etwas vom Kastrationskomplex Un-abhĂ€ngiges, gerade auf die Hoffmannsche ErzĂ€hlung vom â€șSandmannâ€č zu be-rufen. Denn warum ist die Augenangst hier mit dem Tode des Vaters in innigste Beziehung gebracht? Warum tritt der Sandmann jedesmal als Störer der Liebe auf? Er entzweit den unglĂŒcklichen Studenten mit seiner Braut und ihrem Bruder, der sein bester Freund ist, er vernichtet sein zweites Liebesobjekt, die schöne Puppe Olimpia, und zwingt ihn selbst zum Selbstmord, wie er unmittelbar vor der beglĂŒckenden Vereinigung mit seiner wiedergewonnenen Clara steht. Diese sowie viele andere ZĂŒge der ErzĂ€hlung erscheinen willkĂŒrlich und bedeutungslos, wenn man die Beziehung der Augenangst zur Kastration ablehnt, und werden sinnreich, sowie man fĂŒr den Sandmann den gefĂŒrchteten Vater einsetzt, von dem man die Kastration erwartet5.

    dell’evirazione, e trovare comprensibile che un organo prezioso come r occhio sia protetto da un grandissimo timore; addirittura – facendo un altro passo avanti – si puĂČ affermare che dietro la paura dell’evirazione non si nasconde nessun segreto particolarmente profondo e nessun altro significato. Ma, COSI facendo, non si viene comunque, a capo della relazione sostitutiva che pur si manifesta nel sogno, nella fantasia e nel mito tra occhio e membro virile, nĂ© si riesce a contrastare l’im-pressione che un sentimento particolarmente intenso e oscuro sorga proprio contro la minaccia di esser privati dell’ attributo sessuale, e che solo questo sentimento conferisce risonanza all’idea della perdita di altri organi. Ogni dubbio ulteriore scompare poi quando si vengono a conoscere, dalle· analisi compiute su nevIotici, le particolaritĂ  del “com-plesso di evirazione” e quando ci si rende· conto che esso ha una parte straordinaria nella loro vita psichica.

    Non consiglierei comunque a nessun avversario della concezione psicoanalitica di richiamarsi proprio al racconto hoffmanniano del Mago sabbiolino per sostenere che la paura per gli occhi Ăš qualcosa di indi-pendente dal complesso di evirazione. PerchĂ© infatti, qui, questa paura viene posta in relazione strettissima con la morte del padre? PerchĂ© il mago sabbiolino compare ogni volta in veste di disturbatore dell’amore? È lui che divide· l’infelice studente dalla fidanzata e dall’amico piu caro, il fratello di lei, Ăš lui che annienta il secondo oggetto del suo amore, la bella bambola di nome Olimpia, e, proprio quando il giovane sta per riunirsi felicemente con la sua Clara, che ha riconquistato, Ăš lui che lo costringe al suicidio. Questi e molti altri tratti del racconto appaiono ar-bitrari e privi di un significato p~eciso se si respinge la relazione· tra il timore per i propri occhi e l’evirazione, mentre diventano estremamente significativi se al mago sabbiolino si sostituisce il padre temuto, dal qua-le ci si aspetta l’evirazione.5

    5 In effetti l’elaborazione fantastica dell’artista non ha sconvolto gli elementi del racconto in maniera coSI radicale che non si possa ricostruirne l’ordinamento originario. Nella storia infantile il padre e Coppelius rappresentano l’imago paterna che si Ăš scissa, a causa dell’am-bivalenza del bambino, in due personaggi opposti; uno minaccia l’accecamento (evirazione), l’altro, il padre buono, supplica che si risparmino gli occhi del figlio. L’elemento del complesso colpito piu intensamente dalla rimozione, ossia il desiderio di morte contro il padre cattivo, trova la sua raffigurazione nella morte del padre buono, che viene addossata a· Coppelius. A questa coppia di padri corrispondono nella biografia successiva dello studente il professar Spallanzani e l’ottico Coppola, dove il professore Ăš di per sĂ© una figura che appartiene alla serie paterna, mentre Coppola si identifica con l’avvocato Coppelius. Come prima i due ave-vano lavorato insieme al misterioso braciere, cosĂŹ ora hanno portato a compimento insieme la bambola Olimpia; il professore viene detto anche il padre di Olimpia. Attraverso questa duplice comunanza essi tradiscono la loro natura di scissioni dell’imago patema, ossia tanto iI meccanico quanto l’ottico sono il padre sia di Olimpia che di Nathaniel. Nella spaventevole scena dell’infanzia, Coppelius, dopo aver rinunciato ad accecare il piccolo, gli aveva svitato per prova braccia e gambe, ossia aveva agito come un meccanico con una bambola. Que-sto passaggio singolare, che esorbita completamente dalla cornice entro cui viene ritratto il mago sabbiolino, introduce nel giuoco un nuovo equivalente dell’evirazione; ma rimanda anche all’identitĂ  interiore di Coppelius col suo futuro antagonista, il meccanico Spallanza-

    5 In der Tat hat die Phantasiebearbeitung des Dichters die Elemente des Stoffes nicht so wild herumgewirbelt, daß man ihre ursprĂŒngliche Anordnung nicht wiederherstellen könnte. In der Kindergeschichte stellen der Vater und Coppelius die durch Ambivalenz in zwei GegensĂ€tze zerlegte Vaterimago dar; der eine droht mit der Blendung (Kastration), der andere, der gute Vater, bittet die Augen des Kindes frei. Das von der VerdrĂ€ngung am stĂ€rksten betroffene StĂŒck des Komplexes, der Todeswunsch gegen den bösen Vater, findet seine Darstellung in dem Tod des guten Vaters, der dem Coppelius zur Last gelegt wird. Diesem VĂ€terpaar entsprechen in der spĂ€teren Lebensgeschichte des Studenten der Professor Spalanzani und der Optiker Coppola, der Professor an sich eine Figur der Vaterreihe, Coppola als identisch mit dem Advokaten Coppelius erkannt. Wie sie damals zusammen am geheimnisvollen Herd arbeiteten, so haben sie nun gemeinsam die Puppe Olimpia verfertigt; der Professor heißt auch der Vater Olimpias. Durch diese zweimalige Gemeinsamkeit verraten sie sich als Spaltungen der Vaterimago, d. h. sowohl der Mechaniker als auch der Optiker sind der Vater der Olimpia wie des Nathaniel. In der Schreckensszene der Kinderzeit hatte Coppelius, nachdem er auf die Blendung des Kleinen verzichtet, ihm probeweise Arme und Beine abgeschraubt, also wie ein Mechaniker an einer Puppe mit ihm gearbeitet. Dieser sonderbare Zug, der ganz aus dem Rahmen der Sandmannvorstellung heraustritt, bringt ein neues Äquivalent der Kastration ins Spiel; er weist aber auch auf die innere IdentitĂ€t des Coppelius mit seinem spĂ€teren Widerpart, dem Mechaniker Spalanzani hin, und bereitet uns fĂŒr die

  • 24 25DAS UNHEIMLICHE IL PERTURBANTE, II

    Wir wĂŒrden es also wagen, das Unheimliche des Sandmannes auf die Angst des kindlichen Kastrationskomplexes zurĂŒckzufĂŒhren. Sowie aber die Idee auf-taucht, ein solches infantiles Moment fĂŒr die Entstehung des unheimlichen Ge-fĂŒhls in Anspruch zu nehmen, werden wir auch zum Versuch getrieben, dieselbe Ableitung fĂŒr andere Beispiele des Unheimlichen in Betracht zu ziehen. Im Sand-mann findet sich noch das Motiv der belebt scheinenden Puppe, das Jentsch hervorgehoben hat. Nach diesem Autor ist es eine besonders gĂŒnstige Bedingung fĂŒr die Erzeugung unheimlicher GefĂŒhle, wenn eine intellektuelle Unsicherheit ge-weckt wird, ob etwas belebt oder leblos sei, und wenn das Leblose die Ähnlichkeit mit dem Lebenden zu weit treibt. NatĂŒrlich sind wir aber gerade mit den Puppen vom Kindlichen nicht weit entfernt. Wir erinnern uns, daß das Kind im frĂŒhen Al-ter des Spielens ĂŒberhaupt nicht scharf zwischen Belebtem und Leblosem un-terscheidet und daß es besonders gern seine Puppe wie ein lebendes Wesen behandelt. Ja, man hört gelegentlich von einer Patientin erzĂ€hlen, sie habe noch im Alter von acht Jahren die Überzeugung gehabt, wenn sie ihre Puppen auf eine gewisse Art, möglichst eindringlich, anschauen wĂŒrde, mĂŒĂŸten diese lebendig werden. Das infantile Moment ist also auch hier leicht nachzuweisen; aber merk-wĂŒrdig, im Falle des Sandmannes handelte es sich um die Erweckung einer alten Kinderangst, bei der lebenden Puppe ist von Angst keine Rede, das Kind hat sich vor dem Beleben seiner Puppen nicht gefĂŒrchtet, vielleicht es sogar gewĂŒnscht. Die Quelle des unheimlichen GefĂŒhls wĂ€re also hier nicht eine Kinderangst, son-dern ein Kinderwunsch oder auch nur ein Kinderglaube. Das scheint ein Wider-spruch; möglicherweise ist es nur eine Mannigfaltigkeit, die spĂ€terhin unserem VerstĂ€ndnis förderlich werden kann.

    E. T. A. hoFFMann ist der unerreichte Meister des Unheimlichen in der Dich-

    tung. Sein Roman Die Elixiere des Teufels weist ein ganzes BĂŒndel von Motiven

    Oseremmo dunque ricondurre l’elemento perturbante rappresentato dal mago sabbiolino all’angoscia propria del complesso di evirazione in-fantile. Ma non appena ci sfiora l’ideĂ  che un simile fattore infantile stia all’origine del sentimento perturbante, ci viene naturale tentare di attribu-ire la stessa genesi anche ad altri aspetti del perturbante. Nel Mago sab-biolino si trova l’altro motivo della bambola che sembra viva, giĂ  rilevato da Jentsch. Secondo questo studioso, una condizione particolarmente favorevole al sorgere di sentimenti perturbanti si verifica quando si desta un’incertezza intellettuale se qualcosa sia o non sia vivente, o quando ciĂČ che Ăš privo di vitĂ  si rivela troppo simile a ciĂČ che Ăš vivo. Si vede subito, perĂČ, che con le bambole non ci allontaniamo di molto dal mondo infantile. Ricordiamo che i bambini, nell’etĂ  dei loro primi giuochi, non distinguono nettamente ciĂČ che Ăš vivo da ciĂČ che non lo Ăš, e in partico-lare trattano volentieri le loro bambole come esseri viventi. Anzi, a volte, sentiamo raccontare da certe pazienti di essere state, ancora all’etĂ  di otto anni, persuase che bastasse rivolgere alle loro bam bole uno sguar-do particolare, il piu possibile penetrante, perchĂ© quelle diventassero vive. Anche qui, dunque, Ăš facile dimostrare il fattore infantile; ma, cosa singolare, nel caso del mago sabbiolino si trattava del ridestarsi di un’an-tica angoscia infantile, mentre nel caso della bambola vivente l’angoscia non c’entra, la bimba non s’era spaventata alla vista della bambola che diventava viva, anzi forse aveva desiderato che ciĂČ accadesse. La fon-te del sentimento perturbante non sarebbe dunque in questo caso una paura infantile, bensl un desiderio infantile o anche semplicemente una credenza infantile. Sembra una contraddizione, ma Ăš possibile che si tratti soltanto di una molteplicitĂ , che potrebbe diventarci utile in seguito.

    Hoffmann ù un maestro ineguagliato del perturbante nell’ambito del-la letteratura. suo racconto Gli elisir del diavolo* rivela un complesso

    ni, e ci prepara alrinterpretazione della figura di Olimpia. Questa bambola automatica non puĂČ essere altro che la materiaIizzazione dell’atteggiamento femmineo del piccolo Nathaniel verso il padre. I padri di Oljmpia - Spallanzani e Coppola - non sono che nuove edizioni, reincarnazioni dei due padri di Nathanie1. L’affermazione di Spallanzani, altrimenti incom-prensibile, secondo cui rottico avrebbe rubato gli occhi a Nathaniel (vedi sopra [p. 91]) per meUerli alla bambola acquista cosi un significato, giacchĂ© testimonia l’identitĂ  di Olimpia e Nathaniel. Olimpia Ăš per cosi dire un complesso distaccatosi da Nathaniel che gli si fa incon-tro come persona; quanto egli sia dominato da questo complesso Ăš espresso nell’insensato e ossessivo amore che egli nutre per Olimpia. Possiamo ben definirlo un amore narcisistico, e comprendiamo che colui che ne Ăš preda si estranei dalrog· getto d’amore reale. Ma l’esat-tezza psicologica del fatto che il giovane fissato al padre dal complesso di evirazione diventa incapace di amare le donne Ăš dimostrata da numerose analisi di malati, il cui contenuto Ăš, si capisce, meno fantastico, ma poco meno triste della storia dello studente Nathaniel.

    Hoffmann nacque da un matrimonio infelice. Quando aveva tre anni il padre si separĂČ dalla famigliola e non tornĂČ mai piu a vivere con loro. Secondo la documentazione portata da E. Grisebach nell’introduzione biografica alle Opere di Hoffmann, la relazione col padre fu sempre una delle componenti piu vulnerabili nella vita emotiva di questo scrittore.

    Deutung der Olimpia vor. Diese automatische Puppe kann nichts anderes sein als die Materialisation von Nathaniels femininer Einstellung zu seinem Vater in frĂŒher Kindheit. Ihre VĂ€ter -- Spalanzani und Coppola -- sind ja nur neue Auflagen, Reinkarnationen, von Nathaniels VĂ€terpaar; die sonst unverstĂ€ndliche Angabe des Spalanzani, daß der Optiker dem Nathaniel die Augen gestohlen (s. o.), um sie der Puppe einzusetzen; gewinnt so als Beweis fĂŒr die IdentitĂ€t von Olimpia und Nathaniel ihre Bedeutung. Olimpia ist sozusagen ein von Nathaniel losgelöster Komplex, der ihm als Person entgegentritt; die Beherrschung durch diesen Komplex findet in der unsinnig zwanghaften Liebe zur Olimpia ihren Ausdruck. Wir haben das Recht, diese Liebe eine narzißtische zu heißen, und verstehen, daß der ihr Verfallene sich dem realen Liebesobjekt entfremdet. Wie psychologisch richtig es aber ist, daß der durch den Kastrationskomplex an den Vater fixierte JĂŒngling der Liebe zum Weibe unfĂ€hig wird, zeigen zahlreiche Krankenanalysen, deren Inhalt zwar weniger phantastisch, aber kaum minder traurig ist als die Geschichte des Studenten Nathaniel.

    E. T. A. hoFFMann war das Kind einer unglĂŒcklichen Ehe. Als er drei Jahre war, trennte sich der Vater von seiner kleinen Familie und lebte nie wieder mit ihr vereint. Nach den Belegen, die E. GRiseBach in der biographischen Einleitung zu hoFFManns Werken beibringt, war die Beziehung zum Vater immer eine der wundesten Stellen in des Dichters GefĂŒhlsleben.

    * [In questo racconto (del 1816) al protagonista, Medardo, si accompagna a un certo punto un sosia, carico degli stessi delitti e rimorsi.]

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    auf, denen man die unheimliche Wirkung der Geschichte zuschreiben möchte. Der Inhalt des Romans ist zu reichhaltig und verschlungen, als daß man einen Auszug daraus wagen könnte. Zu Ende des Buches, wenn die dem Leser bisher vorenthaltenen Voraussetzungen der Handlung nachgetragen werden, ist das Er-gebnis nicht die AufklĂ€rung des Lesers, sondern eine volle Verwirrung desselben. Der Dichter hat zu viel Gleichartiges gehĂ€uft; der Eindruck des Ganzen leidet nicht darunter, wohl aber das VerstĂ€ndnis. Man muß sich damit begnĂŒgen, die hervorstechendsten unter jenen unheimlich wirkenden Motiven herauszuheben, um zu untersuchen, ob auch fĂŒr sie eine Ableitung aus infantilen Quellen zulĂ€ssig ist. Es sind dies das DoppelgĂ€ngertum in all seinen Abstufungen und Ausbildun-gen, also das Auftreten von Personen, die wegen ihrer gleichen Erscheinung fĂŒr identisch gehalten werden mĂŒssen, die Steigerung dieses VerhĂ€ltnisses durch Überspringen seelischer VorgĂ€nge von einer dieser Personen auf die andere –; was wir Telepathie heißen wĂŒrden –;, so daß der eine das Wissen, FĂŒhlen und Erleben des anderen mitbesitzt, die Identifizierung mit einer anderen Person, so daß man an seinem Ich irre wird oder das fremde Ich an die Stelle des eigenen versetzt, also Ich-Verdopplung, Ich-Teilung, Ich-Vertauschung –; und endlich die bestĂ€ndige Wiederkehr des Gleichen, die Wiederholung der nĂ€mlichen Gesichts-zĂŒge, Charaktere, Schicksale, verbrecherischen Taten, ja der Namen durch meh-rere aufeinanderfolgende Generationen.

    Das Motiv des DoppelgĂ€ngers hat in einer gleichnamigen Arbeit von O. Rank eine eingehende WĂŒrdigung gefunden6. Dort werden die Beziehungen des Dop-pelgĂ€ngers zum Spiegel- und Schattenbild, zum Schutzgeist, zur Seelenlehre und zur Todesfurcht untersucht, es fĂ€llt aber auch helles Licht auf die ĂŒberraschende Entwicklungsgeschichte des Motivs. Denn der DoppelgĂ€nger war ursprĂŒnglich eine Versicherung gegen den Untergang des Ichs, eine »energische Dementie-rung der Macht des Todes« (O. Rank), und wahrscheinlich war die »unsterbliche« Seele der erste DoppelgĂ€nger des Leibes. Die Schöpfung einer solchen Verdopp-lung zur Abwehr gegen die Vernichtung hat ihr GegenstĂŒck in einer Darstellung der Traumsprache, welche die Kastration durch Verdopplung oder VervielfĂ€ltigung des Genitalsymbols auszudrĂŒcken liebt; sie wird in der Kultur der alten Ägypter ein Antrieb fĂŒr die Kunst, das Bild des Verstorbenen in dauerhaftem Stoff zu formen. Aber diese Vorstellungen sind auf dem Boden der uneingeschrĂ€nkten Selbstliebe entstanden, des primĂ€ren Narzißmus, welcher das Seelenleben des Kindes wie des Primitiven beherrscht, und mit der Überwindung dieser Phase Ă€ndert sich das Vorzeichen des DoppelgĂ€ngers, aus einer Versicherung des Fortlebens wird er zum unheimlichen Vorboten des Todes.

    Die Vorstellung des DoppelgĂ€ngers braucht nicht mit diesem uranfĂ€nglichen Narzißmus unterzugehen; denn sie kann aus den spĂ€teren Entwicklungsstufen

    garbuglio di motivi romanzeschi ai quali saremmo tentati di attribuire l’effetto perturbante che scaturisce dalla narrazione.· Il contenuto del racconto Ăš troppo denso e intricato per tentare di darne un riassunto. Alla fine del racconto, quando al lettore vengono illustrate le premesse dell’azione che fino a quel momento erano state tenute celate, ciĂČ che ne risulta per lui non Ăš una dilucidazione bensi uno stato di completo smarrimento. Il narratore ha ammassato troppe cose simili tra loro, e benchĂ© l’impressione esercitata dall’insieme non ne soffra, ne soffre in-vece la comprensione.· BisQgna accontentarsi di estrarre, tra i motivi che esercitano un effetto perturb~nte, quelli di maggior rilievo, per inda-gare se anch’ essi possano esser ricondotti a fonti irifantili. Tali sono ·il motivo del «sosia» in tutte le sue gradazioni e configurazioni, ossia la comparsa di personaggi che, presentandosi con il medesimo aspetto, debbono venire considerati identici; l’accentuazione di questo rapporto mediante la trasmissione immediata di processi psichici dall’una all’altra di queste persone – fenomeno che noi chiameremmo telepatia – cosi che runa Ăš compartecipe della conoscenza, dei sentimenti e – delle esperienze dell’altra; l’identificazione del soggetto con un’altra persona si che egli dubita del proprio lo o lo sostituisce con quello della persona estranea; un raddoppiamento dell’Io, quindi, una suddivisione dell’Io, una permuta dell’Io; un motivo del genere Ăš infine il perpetuo ritorno dell’uguale, la ripetizione degli stessi tratti del volto, degli stessi carat-teri, degli stessi destini, delle stesse imprese delittuose, e perfino degli stessi nomi attraverso piu generazioni che si susseguono.

    Il motivo del sosia Ăš stato oggetto di un esame approfondito in un lavoro omonimo di Otto Rank.6 Si indagano colĂ  le relazioni tra il sosia e l’immagine riprodotta dallo specchio, tra il sosia e l’ om bra, il genio tutelare, la credenza nell’anima e la paura della morte, ma anche si mette chiaramente in luce la sorprendente storia dell’evoluzione di que-sto, motivo. Il sosia rappresentava infatti, in origine, un baluardo contro la scomparsa dell’Io, una ti energica smentita del potere della morte” (Rank), e probabilmente il primo sosia del corpo fu l’anima Il immortale”. La creazione di un simile doppione, come difesa dall’annientamento, trova riscontro in quella raffigurazione del linguaggio onirico che ama esprimere l’evirazione mediante raddoppiamento o moltiplicazione del simbolo genitale: essa diventa, nella civiltĂ  dell’antico Egitto, la spinta all’arte di modellare l’immagine del defunto in un materiale che duri nel tempo. Ma queste rappresentazioni sono sorte sul terreno dell’amore illimitato p’er sĂ© stessi, del narcisismo primario che domina la vita psi-chica sia del bambino che dell’uomo primitivo, e, col superamento di questa fase, muta il segno del sosia, da assicurazione di sopravvivenza esso diventa un perturbante presentimento di morte.

    La rappresentazione del sosia non scompare necessariamente in-sieme con questo narcisismo dei primordi; essa puĂČ acquisire ,infatti

    6 O. Rank, Der DoppeIgÀnger, Imago, voI. 3, 97 (1914). 6 O. Rank, Der DoppelgÀnger, Imago III, 1914.

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    des Ichs neuen Inhalt gewinnen. Im Ich bildet sich langsam eine besondere In-stanz heraus, welche sich dem ĂŒbrigen Ich entgegenstellen kann, die der Selbst-beobachtung und Selbstkritik dient, die Arbeit der psychischen Zensur leistet und unserem Bewußtsein als »Gewissen« bekannt wird. Im pathologischen Falle des Beachtungswahnes wird sie isoliert, vom Ich abgespalten, dem Arzte bemerkbar. Die Tatsache, daß eine solche Instanz vorhanden ist, welche das ĂŒbrige Ich wie ein Objekt behandeln kann, also daß der Mensch der Selbstbeobachtung fĂ€hig ist, macht es möglich, die alte DoppelgĂ€ngervorstellung mit neuem Inhalt zu erfĂŒllen und ihr mancherlei zuzuweisen, vor allem all das, was der Selbstkritik als zugehö-rig zum alten ĂŒberwundenen Narzißmus der Urzeit erscheint7.

    Aber nicht nur dieser der Ich-Kritik anstĂ¶ĂŸige Inhalt kann dem DoppelgĂ€n-ger einverleibt werden, sondern ebenso alle unterbliebenen Möglichkeiten der Geschicksgestaltung, an denen die Phantasie noch festhalten will, und alle Ich-Strebungen, die sich infolge Ă€ußerer Ungunst nicht durchsetzen konnten, sowie alle die unterdrĂŒckten Willensentscheidungen, die die Illusion des freien Willens ergeben haben8.

    Nachdem wir aber so die manifeste Motivierung der DoppelgĂ€ngergestalt betrachtet haben, mĂŒssen wir uns sagen: Nichts von alledem macht uns den au-ßerordentlich hohen Grad von Unheimlichkeit, der ihr anhaftet, verstĂ€ndlich, und aus unserer Kenntnis der pathologischen SeelenvorgĂ€nge dĂŒrfen wir hinzuset-zen, nichts von diesem Inhalt könnte das Abwehrbestreben erklĂ€ren, das ihn als etwas Fremdes aus dem Ich hinausprojiziert. Der Charakter des Unheimlichen kann doch nur daher rĂŒhren, daß der DoppelgĂ€nger eine den ĂŒberwundenen see-lischen Urzeiten angehörige Bildung ist, die damals allerdings einen freundliche-ren Sinn hatte. Der DoppelgĂ€nger ist zum Schreckbild geworden, wie die Götter nach dem Sturz ihrer Religion zu DĂ€monen werden (Heine, Die Götter im Exil).

    Die anderen bei Hoffmann verwendeten