sintesi riccardo nucci
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Facoltà di Scienze Politiche
Corso di laurea magistrale in Relazioni Internazionali
Cattedra di Teorie e tecniche del lobbying
La rappresentazione degli interessi in Italia
Il caso del nucleare
Sintesi
RELATORE CANDIDATO
Prof. Pier Luigi Petrillo Riccardo Nucci
Matr. 613432
CORRELATORE
Prof. Antonio La Spina
ANNO ACCADEMICO 2011/2012
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Indice
Introduzione
Primo capitoloLe lobbies e la rappresentazione di interessi particolari1.1 Lobbies e gruppi di pressione: dagli interessi particolari a quelli
generali, pubblici o nazionali1.2 La specificità del caso italiano: aspetti istituzionali, sistema politico e
di governo e peculiarità culturali
Secondo CapitoloLe lobbies pro e contro il nucleare nel mondo2.1 Considerazioni introduttive2.2 Associazioni internazionali 2.2.1 World Nuclear Association 2.2.2 World Association of Nuclear Operators 2.2.3 FORATOM (European Atomic Forum) 2.2.4 European Nuclear Society2.3 La Chiesa Cattolica e il nucleare2.4 I movimenti antinucleari2.5 Il lobbismo nucleare in Italia
2.5.1 I primordi dell’industria nucleare in Italia2.5.2 L’Associazione Italiana Nucleaer (AIN)
2.6 Il lobbismo nucleare negli Stati Uniti2.7 Il lobbismo nucleare nel Regno Unito2.8 Il lobbismo nucleare in Francia2.9 Il lobbismo nucleare in Germania2.10 Il lobbismo nucleare in Spagna2.11 Il lobbismo nucleare in Giappone2.12 Ambientalisti pro e contro l’energia nucleare2.13 I principali ambientalisti “pronucleari” – Lovelock, Moore e
Monbiot
Terzo CapitoloIl dibattito pro e contro l’elettronucleare in Italia e i gruppi di pressione dei due campi contrapposti3.1 L’inizio del nucleare in Italia e la frammentazione del lobbismo fra
pubblico e privato e fra soluzioni nazionali ed internazionali3.2 Nascita ed evoluzione delle lobbies nucleari in Italia 3.2.1 La lobby industriale: il FIEN
2
3.2.2 La lobby professionale: ANDIN e SNI 3.2.3 La crisi delle lobbies nucleari 3.2.4 La ripresa dell’interesse industriale3.3. Lo sviluppo dell’azione lobbistica negli anni Cinquanta e Sessanta3.4. I limiti dell’azione lobbistica3.5 Dai Piani Energetici Nazionali degli anni Settanta al Referendum del
20113.6 Il disastro di Chernobyl e il referendum del 1987 con la sospensione
del nucleare in Italia3.7 Il revival del nucleare all’inizio del XXI secolo – Il Forum Nucleare
Italiano di Chicco Testa e le strategie del lobbismo pro-nucleare3.8 Il lobbismo antinucleare al contrattacco; il blocco del revival del
nucleare con il Referendum del 2011 dopo Fukushima e le lobbies a favore delle rinnovabili
Quarto CapitoloIl problema del nucleare residuo: processi decisionali, soggetti coinvolti e azioni di lobby
4.1 Interessi industriali, di sicurezza e locali connessi con lo smantellamento degli impianti nucleari dismessi (decommissioning)
4.2 I soggetti coinvolti nel nucleare pregresso4.2.1 Attività di lobby e formazione del consenso
4.3 La sistemazione dei rifiuti radioattivi4.3.1 Processo decisionale, soggetti coinvolti e azioni di lobby4.3.2 La logica dell’emergenza
4.4 La sistemazione del combustibile esaurito4.4.1 I trasporti delle scorie radioattive. Soggetti coinvolti e azioni di lobbying
4.5 Lo smantellamento degli impianti nucleari dismessi4.5.1 Iter autorizzativo, soggetti coinvolti e azioni di lobby4.5.2 La logica dell’emergenza e le azioni conseguenti
4.6 La realizzazione del Deposito Nazionale per i materiali radioattivi4.6.1 Dalla logica partecipativa a quella dell’emergenza4.6.2 I criteri di localizzazione e l’allarme sociale4.6.3 Il “caso Scanzano”
4.7 Case History4.7.1 Il nucleare residuo e il Project Management4.7.2 L’approccio di tipo adattativo4.7.3 L’approccio adattativo alla campagna di trasporto del 20034.7.4 Azioni e retroazioni
Conclusioni
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Appendice
Protagonisti ed interpreti del nucleare in Italia: contributi ed interviste
(in ordine alfabetico)
Giancarlo Aragona – Presidente SOGIN
Angelo Bonelli – Presidente VERDI
Gianluca Comin – Direttore Relazioni Esterne ENEL
Roberto Della Seta - LEGAMBIENTE
Tullio Fanelli – Sottosegretario di Stato – Ministero dell’Ambiente
Carlo Jean – ex-Commissario Delegato per la messa in sicurezza del nucleare
Stefano Lucchini – Direttore Relazioni Internazionali e Comunicazione - ENI
Giuseppe Onufrio – Direttivo Esecutivo - GREENPEACE
Sara Romano – Direttore Generale energia nucleare, energie rinnovabili ed
efficienza energetica – Ministero dello Sviluppo Economico
Stefano Saglia – ex-Sottosegretario di Stato – Ministero dello Sviluppo
Economico
Chicco Testa – ex-Presidente del Forum Nucleare Italiano
Bibliografia
Sitografia
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Sintesi
Oggetto della ricerca
La ricerca approfondisce l’attività di lobbying svolta a favore o contro la
costruzione di centrali nucleari. Esamina inoltre i problemi del nucleare pregresso, cioè
dello smantellamento degli impianti nucleari giunti al termine della loro vita operativa
- per ragioni di obsolescenza tecnica o per decisione politica (ad esempio, a seguito dei
referendum anti-nucleari) - e della gestione delle scorie radioattive, derivanti dalle
centrali nucleari o da altri settori (ospedaliero, industriale, agricolo e della ricerca
scientifica).
Si tratta di un lobbismo soprattutto indiretto. Esso non consiste principalmente
nell’informazione e nelle pressioni effettuate nei confronti dei decisori politici da parte
di gruppi di interesse per influenzarne le scelte. Il confronto è stato soprattutto
ideologico, sebbene il campo pro-nucleare sia stato certamente sostenuto dalle
industrie del settore e dalle società elettriche, mentre quello anti-nucleare ha ricevuto
l’appoggio dei produttori delle c.d. “rinnovabili” (eolico, solare, fotovoltaico, ecc.). Il
lobbismo nel settore, oggetto della ricerca, è stato soprattutto indiretto, nel senso che
ha teso a creare un consenso nell’opinione pubblica a favore delle proprie tesi e
proposte. Si è trattato essenzialmente di un’advocacy o di un grassroots lobbying, che
si è avvalso (e si avvale tuttora, anche nel dopo-Fukushima) del supporto di strategie e
di tecniche mediatiche molto sofisticate, volte a modificare le percezioni della massa
dei cittadini con un’azione di informazione e di sensibilizzazione mirata. Nel campo
antinucleare o in quello avverso alla localizzazione di impianti nucleari o di depositi di
scorie radioattive nel proprio territorio, si è poi frequentemente avvalso di
dimostrazioni, proteste e azioni simboliche, sempre spettacolarizzate e amplificate dai
media, secondo le logiche proprie dell’attuale società dell’informazione.
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La metodologia seguita nella ricerca
Nella ricerca non si è fatto riferimento solo alla dottrina e alle fonti scritte sul
lobbismo, nonché all’analisi delle strategie e tecniche seguite dai media e dagli
operatori del campo “pro” e di quello “anti” nucleare. Si è fatto ricorso anche a varie
interviste a personalità significative sia attive nei due campi contrapposti prima
ricordati, sia appartenenti alle istituzioni e agli organismi responsabili della gestione
del settore del nucleare pregresso (Vds. Indice/Appendice).
Nella sostanziale carenza di fonti ufficiali che illustrino nei dettagli, soprattutto le
attività di lobby condotte in Italia sulla gestione del nucleare pregresso, ci si è poi
avvalsi di informazioni fornite verbalmente e di documenti per uso interno delle
società interessate, in particolare della SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari) e
dei Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico, nonché dagli atti dei
numerosi seminari e convegni svolti in occasione del tentativo di revival del nucleare
in Italia nel primo decennio del XXI secolo.
Nella lettura dei vari testi ed atti, è emersa anche la necessità di contestualizzarli,
per collegarli al “clima psicologico” e politico esistente nell’epoca in cui sono stati
prodotti – in altre parole dei cicli del “pro” e dell’“anti” nucleare, a cui si accennerà
successivamente. Si è dovuto tener conto anche delle posizioni ideologicamente
preconcette dei due gruppi contrapposti e del loro uso per sottolineare gli aspetti che
maggiormente confermavano le rispettive tesi.
L’ampio ricorso ad interviste e a contatti diretti con i responsabili del settore,
sembra presentare il vantaggio di conferire alla ricerca, nelle sue parti sia analitica che
valutativa dell’efficacia dei rispettivi “lobbismi”, una maggiore freschezza e attualità,
soprattutto nell’approfondimento delle logiche e delle strategie e tecniche seguiti nel
particolare settore, nonché dei meccanismi attivati nell’opinione pubblica.
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La specificità del lobbismo in campo nucleare
Il lobbismo in campo nucleare è caratterizzato dall’importanza che hanno gli aspetti
di carattere emotivo su quelli propriamente più razionali. Questi ultimi consistono in
un confronto dei benefici, costi e rischi del nucleare rispetto alla produzione di
elettricità con altre fonti di energia primaria. L’importanza delle emozioni è posta in
evidenza dall’impatto che hanno avuto sulle scelte politiche relative al nucleare civile,
da un lato la contiguità con quello militare e, dall’altro, i disastri di Chernobyl e di
Fukushima.
In secondo luogo, come già accennato, i movimenti nuclearisti, al pari di quelli
antinucleari, non hanno teso tanto a determinare direttamente le scelte politiche, quanto
ad aumentare il consenso dei cittadini nei confronti delle proprie tesi, in modo da
influenzare poi le decisioni politiche (come avvenuto in Germania con la modifica dei
programmi di prolungamento della vita delle centrali nucleari), gli orientamenti dei
partecipanti ai referendum abrogativi di nuove costruzioni nucleari (come in Italia) o le
decisioni dei governi francese e britannico di proseguire nei loro programmi nucleari
nonostante Fukushima, superando l’opposizione di parte dell’opinione pubblica.
Interessante è stato l’esame delle condizioni specifiche dei vari Paesi, che hanno
influito sui diversi impatti che i lobbismo “pro” e “contro” il nucleare hanno avuto nei
differenti casi. Essi possono essere collegati alla solidità e popolarità dei sistemi
politici.
Una terza caratteristica del lobbismo nel campo nucleare è che le strategie seguite
dai movimenti a favore del nucleare non possono essere disgiunte da quelle
dell’antinuclearismo. La questione presenta differenze quando si tratta della
costruzione di nuove centrali (che è un’opzione), da quando ci si riferisce alla gestione
del nucleare pregresso, che è invece una necessità per la sicurezza delle popolazioni e
dell’ambiente e per il recupero delle aree occupate dagli impianti nucleari non più in
funzione. Per il nucleare pregresso - in particolare per la localizzazione del deposito o
depositi di materiali radioattivi - il problema presenta aspetti analoghi a quello della
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costruzione di altre grandi opere pubbliche (rigassificatori, termovalorizzatori, ecc.).
Esiste circa la messa in sicurezza del materiale radioattivo un consenso generale di dar
soluzione al problema. Le difficoltà sorgono a livello locale, nelle località cioè in cui si
è progettato di costruire le infrastrutture necessarie. Le compensazioni territoriali, volte
ad ottenere il consenso delle autorità e delle popolazioni locali – con finanziamento ad
hoc, oppure tramite opere pubbliche o creazione di posti di lavoro, ecc. - non si
rivelano spesso sufficienti. Anzi, sono talvolta accusate di essere forme più o meno
palesi di corruzione pubblica e di mettere a rischio la salute dei cittadini e la tutela
dell’ambiente, in cambio di incentivi economici. Il rapporto centro-periferia a tale
riguardo è grandemente influenzato dalla legittimità delle istituzioni centrali e dal loro
raccordo con quelle locali, nonché dalla saldezza del sistema istituzionale e dei partiti
politici e della capacità delle élites di far prevalere l’interesse nazionale su quelli dei
vari livelli di governo territoriale (tale possibilità è stata indebolita in Italia dalle
modifiche apportate al Titolo V della Costituzione, attribuendo competenze
convergenti fra Stato, Regioni ed Enti territoriali).
Una quarta caratteristica saliente del lobbismo in campo nucleare o antinucleare, è
l’accentuato collegamento internazionale delle organizzazioni che lo effettuano. Ciò ha
vari motivi. Da un lato, esiste un oligopolio molto ristretto a livello mondiale delle
industrie produttrici, che ha permesso la costituzione di fori pronucleari di
informazione internazionali o regionali. Anche i movimenti antinucleari hanno avuto
sin dall’inizio un forte collegamento internazionale per due motivi principali. Intanto,
la già accennata contiguità – almeno a livello psicologico – del nucleare civile con
quello militare, fortemente globalizzato nella guerra fredda, data la presenza di un
mondo bipolare centrato su due superpotenze “nucleari-imperiali”. Poi, il fatto che i
disastri nucleari non rispettano le frontiere degli Stati, ma, almeno potenzialmente,
interessano tutto il mondo o almeno regioni molto estese.
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I cicli di popolarità e di opposizione al nucleare
La popolarità e l’opposizione nei riguardi della produzione elettronucleare hanno
conosciuto cicli successivi, in cui la prima ha prevalso sulla seconda e viceversa. Il
dibattito ha interessato solo marginalmente le altre utilizzazioni del nucleare, quali
quelle in campo sanitario, industriale, agricolo e della ricerca scientifica e tecnologica.
Dall’analisi è chiaramente emerso che i cicli sono stati tre. All’inizio è prevalso
l’elettronucleare, alla fine del secondo e del terzo ciclo ha prevalso, invece, almeno in
Occidente, l’opposizione alla costruzione di nuove centrali.
Il primo ciclo ha avuto origine dal discorso Atoms for Peace pronunciato nel 1953
dal presidente USA Eisenhower all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Esso fu
all’origine del trasferimento delle tecnologie, fino allora coperte da un rigoroso
segreto, dal campo militare a quello civile. Al mutamento della strategia USA sono
state date due spiegazioni. Da un lato, vi sono coloro che sostengono che con la
promessa di energia illimitata e a basso costo, gli USA volessero legittimare la loro
strategia di sicurezza, sempre più basata sulla dissuasione nucleare. Dall’altro, si pensa
che gli USA volessero consolidare la loro leadership un campo energetico,
compromessa dalla drastica riduzione della possibilità americana di rifornire di
petrolio il “mondo libero”. Al discorso del Presidente fecero seguito numerose
iniziative, in particolare la costituzione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia
Atomica di Vienna (AIEA) e, in Europa, quella dell’Euratom. In esso, veniva
sostenuto che solo il nucleare poteva fornire al mondo, soprattutto per lo sviluppo dei
paesi più poveri, l’energia necessaria. Questo spiega il favore con cui l’iniziativa fu
accolta, anche dal Vaticano (membro sin dall’inizio dell’AIEA) e la costruzione di
numerosi reattori in Italia (che all’inizio degli anni Sessanta è stata per un breve
periodo la terza produttrice mondiale di energia elettronucleare).
Il secondo revival del nucleare fu collegato con il timore dell’esaurimento dei
combustibili fossili, in particolare del petrolio, alimentato da rapporti come quello
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Meadows del Club di Roma e dagli shocks petroliferi del 1973 e del 1979. In tale ciclo
“pro-nucleare” ebbe luogo la costruzione, soprattutto negli USA, ma anche in Francia,
di un gran numero di centrali molto più potenti e convenienti delle precedenti. Esse
tuttora costituiscono la maggior parte di quelle ancora operative nel mondo (circa 400).
Per contrasti politici, dovuti anche alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, la
costruzione di nuove centrali fu bloccata in Italia. Nel nostro Paese fu costruita la sola
centrale di Caorso. Tale periodo conobbe le prime difficoltà alla fine degli anni
Settanta a seguito dell’incidente accorso alla centrale di Three Mile Island, che obbligò
ad aumentare le misure di sicurezza degli impianti e, quindi, produsse una lievitazione
dei costi di produzione dell’elettronucleare. Influì anche il crollo dei prezzi dei prodotti
petroliferi – verificatosi negli anni Ottanta - che rese il nucleare meno competitivo
rispetto all’elettricità da fonti fossili. Tale periodo terminò con il disastro di Chernobyl
del 1986. Con l’emozione suscitata in tutto il mondo, esso rafforzò notevolmente i
gruppi anti-nucleari – fino allora polarizzati contro il nucleare militare - consentendo la
mobilitazione delle opinioni pubbliche di gran parte dei paesi contro la costruzione di
nuove centrali. L’industria nucleare decadde ovunque e, conseguentemente,
diminuirono le sue capacità di promuovere un lobbismo efficace.
Un terzo revival, si verificò all’inizio del XXI secolo. Il ricorso all’elettronucleare
fu sostenuto in questa occasione soprattutto dalla sensibilizzazione per i mutamenti
climatici, dovuti all’effetto serra prodotto dai combustibili fossili. In tale periodo, i
gruppi d’interesse espressi dai produttori di impianti nucleari e dalle compagnie
elettriche trovarono però la concorrenza da parte del crescente comparto industriale
delle “energie rinnovabili” (eolico, solare, fotovoltaico, biomasse, geotermico, ecc.).
Gli operatori di questo secondo settore erano persuasi che un ritorno all’elettronucleare
avrebbe provocato la diminuzione degli incentivi concessi loro da molti governi, per
favorirne lo sviluppo o per assicurarsi l’appoggio delle organizzazioni e dei partiti
ecologisti. Tale revival ha avuto fine, in gran parte del mondo occidentale, con il
disastro di Fukushima del marzo 2011, che tanta emozione ha suscitato nelle opinioni
pubbliche. Il contrasto effettuato dalle lobby antinucleari è stato caratterizzato in
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questo terzo ciclo dal loro più elevato livello scientifico, in campo sia tecnologico che
economico. L’advocacy pro e contro il nucleare si è arricchita con tematiche relative
non solo alla sicurezza degli impianti e alla loro accettabilità sociale, ma anche
all’economicità della costruzione di nuove centrali. Esse comportano, rispetto ad altre
fonti di energie primarie impiegate per la produzione di elettricità, investimenti iniziali
imponenti, difficilmente ammortabili senza un forte sostegno pubblico e senza una
ragionevole certezza della continuità di quest’ultimo. Ha influito sulle possibilità di
autofinanziamento anche il processo di liberalizzazione dell’elettricità, con la
distruzione di monopoli delle grandi compagnie elettriche in molti Paesi (la Francia fa
eccezione).
E’ interessante notare che l’affermazione della pericolosità e dell’anti-economicità
dell’elettronucleare, sono stati per gran parte ininfluenti nei regimi autoritari. Essi
riescono più agevolmente delle democrazie a neutralizzare il dissenso nei riguardi delle
decisioni prese nel “buio del palazzo” dai “partiti unici”. Ciò non significa che non
esistano anche da loro contrasti fra le fazioni pro e anti-nucleari Ma in tali tipi di
regime non si ricorre, come invece avviene in Occidente, dell’advocacy esterna di
organizzazioni intermedie fra la società e i decisori politici.
La struttura della ricerca
La ricerca è articolata in quattro parti, a ciascuna delle quali corrisponde un
capitolo.
Il primo capitolo, di carattere introduttivo, esamina gli aspetti generali del
lobbismo con particolare riferimento alla dottrina e alla situazione in Italia, in cui
manca – a differenza delle altre democrazie occidentali - una regolamentazione delle
lobby. Per quanto riguarda la dottrina, va sottolineato come le società democratiche,
per loro natura pluralistiche, siano caratterizzate dall’esistenza di gruppi di interesse, di
pressione e di lobby la cui organizzazione si pone in posizione intermedia fra i decisori
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pubblici e i cittadini, nonché fra le istituzioni centrali dello Stato e i vari livelli di
governo territoriale. Questi ultimi, esprimono propri interessi talvolta divergenti e,
comunque, differenti da quello generale. Negli altri ordinamenti democratici, esiste
una regolamentazione delle lobby e delle loro attività, in modo da accrescerne la
trasparenza e regolare le modalità con cui essi esercitano un’influenza sulle decisioni
pubbliche. Queste ultime traggono vantaggio e vengono arricchite dall’apporto che ad
esse dà la rappresentanza trasparente dei legittimi interessi privati o di categoria.
In secondo luogo, in Italia non esiste tale regolamentazione, soprattutto per due
ordini di motivi. Intanto, perché, anche a seguito di un’interpretazione esclusivamente
letterale dell’art. 49 della Costituzione, i partiti politici si considerano gli unici
legittimi rappresentanti del popolo. Hanno sempre temuto che la legittimazione di altri
organismi intermedi di rappresentanza di interessi indebolisca il loro monopolio.
In terzo luogo, l’anomalia Italia – accresciuta da tale anomia – è dovuta al fatto
che la politica, che trova la sua più alta sede nel Parlamento, conta sempre meno, data
la maggiore forza delle associazioni, corporazioni e centri di potere finanziario,
industriale e sindacale, nazionali o multinazionali. In Italia hanno tradizionalmente un
enorme peso le corporazioni e gli ordini professionali e di categoria. Ne deriva che il
processo di decisione in cui gli interessi particolari vengono negoziati per pervenire ad
una decisione (astrattamente definita “interesse generale” o “bene comune”), assume
spesso forme oscure e si svolge con meccanismi impossibili da controllare, mentre
l’intero sistema viene delegittimato dalla dietrologia, forma peculiare della “teoria del
sospetto”, tanto diffusa in Italia. La politica così ne viene indebolita e rafforzata la c.d.
“antipolitica”. Dal contesto della ricerca, risulta chiaramente la necessità che ad una
regolamentazione venga data un’organica soluzione. Un interessante esempio al
riguardo è stata la decisione, adottata recentemente dal Ministero delle Politiche
Agricole, di attivare l’AIR (Analisi dell’Impatto della Regolazione).
Il secondo capitolo riguarda logiche, strategie e tecniche utilizzate dalle principali
organizzazioni internazionali pro e anti-nucleari. Vengono esaminati la loro
organizzazione e attività nei principali Paesi democratici, nonché l’impatto che esse
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hanno avuto sulle opinioni pubbliche e sulle decisioni politiche. Particolare attenzione
è stata dedicata alle reazioni dei pro e degli anti-nuclearisti ai principali incidenti
avvenuti alle centrali nucleari (Three Mile Island, Chernobyl e Fukushima) e sul come
essi abbiano influito sulla prosecuzione dei programmi nucleari in Occidente. Sono
state poi approfondite le strategie e le tecniche utilizzate dai costruttori di centrali, dai
loro gestori e dalle società elettriche per cercare di attenuarne l’effetto devastante che
tali incidenti hanno avuto sui loro progetti. Si tratta di un caso paradigmatico delle
logiche e meccanismi che operano nell’attuale società dell’informazione, con onde di
panico e di euforia, che solo un miglioramento culturale generale realizzato con una
capillare opera d’informazione possono attenuare. Il dibattito di organizzazioni
intermedie e dei gruppi di pressione e di interessi, gioca un ruolo rilevante in tutti i
Paesi.
Il terzo capitolo analizza i contrapposti lobbismi in Italia. Un approfondimento
particolare è dedicato alle strategie e tecniche comunicative impiegate dal Forum
Nucleare Italiano, diretto dal Dott. Chicco Testa, dall’ENEL, da Greenpeace,
Legambiente e Verdi. La costituzione e le iniziative promosse dal Forum,
rappresentano un caso anomalo, per certi versi unico in un Paese come l’Italia, in cui
mancano una normativa e una regolamentazione sul lobbismo e al termine viene
attribuito un significato negativo. E’ stato anomalo almeno nel senso che
l’organizzazione e le attività del Forum sono state caratterizzate da una trasparenza
inusuale in simili attività nel nostro Paese. Molto interessanti al riguardo sono – a parte
l’intervista al Dott. Chicco Testa - i contributi del Dott. Comin, Direttore Relazioni
Esterne dell’ENEL e del Dott. Lucchini, Direttore Relazioni Internazionali e
Comunicazioni dell’ENI.
Il quarto e ultimo capitolo, riguarda il nucleare pregresso e i problemi che
pongono lo smantellamento degli impianti dismessi, la costruzione del Deposito
Nazionale / Parco Tecnologico e il condizionamento e gestione in sicurezza delle
scorie. Il problema presenta questioni di particolare complessità dato che il livello di
radioattività prodotto nella fissione delle barre di uranio è enormemente superiore a
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quello del combustibile nuovo (arricchito al 3-5% di uranio 235). Nei reattori si
producono infatti materiali radioattivi artificiali (in particolare il plutonio) ad altissimo
livello di attività radioattiva e a lunghissimo periodo di decadimento (migliaia di secoli
prima di poter essere immessi nell’ambiente). L’enorme durata dei condizionamenti
posti sul territorio dalla localizzazione di un deposito suscitano in tutti i paesi
fortissime resistenze (sindrome NIMBY - Not In My Back Yard) da parti delle
comunità locali, di cui è difficile acquisire il consenso, nonostante le consistenti
compensazioni territoriali previste. Esse sono spesso criticate da coloro che vi si
oppongono come una forma di corruzione delle popolazioni, volte ad indurle a
preferire vantaggi economici contingenti rispetto alla prioritaria tutela della salute e
dell'ambiente, che si pretende venga minacciata dal deposito. Particolarmente
interessante, al riguardo, è la valutazione del nuovo approccio seguito dai responsabili
del progetto. L’azione di advocacy tende ad essere quanto più partecipativa possibile.
Esso sembra possedere alte probabilità di portare a risultati positivi, dopo che il
metodo autoritativo, che ha bloccato l’intera attività nel 2003 con il fallimento del
progetto di costruzione di un deposito a Scanzano Jonico in Basilicata, si concluse con
un completo fallimento.
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