socrate e i socratici minori

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2. Socrate ed i socratici minori. A cura di Stefano Ulliana

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Page 1: Socrate e i socratici minori

2. Socrate ed i socratici minori.

A cura di Stefano Ulliana

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Panoramica

● 1) Socrate: vita e fonti.

● 2) Socrate: il rapporto con i Sofisti e con Platone.

● 3) La filosofia socratica: ricerca e dialogo.

● 4) Il dialogo socratico. Le definizioni.

● 5) La morale socratica. La virtù e la sua trasmissibilità.

● 6) Il rapporto con la religione.

● 7) La morte di Socrate.

● 8) Le scuole socratiche minori.

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2.1. Socrate: vita e fonti.● Socrate (470-399 a.C.) rappresenta un punto di svolta

nell'intera storia intellettuale d'Occidente. Da giovane studiò geometria e astronomia, fu forse scolaro di Anassagora. Soldato ateniese a Potidea, Delio e Anfi-poli, venne ricordato per la sua resistenza alla fatica ed allo sforzo, sempre coraggioso e padrone di sé. Si dedicò interamente alla filosofia, intesa come rigoroso esame delle anime propria ed altrui. Non propriamente bello – anzi dall'apparenza silenica – riusciva a dimo-strare un'armonia interiore ed una coerenza logica e morale stringenti e senza eccezioni. Aperto all'incontro con l'altro, era sempre attento ed attivo nella propria capacità critica, sovvertendo in tal modo l'opinione al-trui (soprattutto quella di chi si riteneva sapiente) ed at-tirandosi così l'inimicizia di molti.

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● Sempre umile ed aperto alla ridefinizione delle que-stioni e dei problemi, non lasciò nulla di scritto. Egli è infatti il protagonista principale dei Dialoghi composti dal suo allievo, Platone. La sua condanna della scrittu-ra equivaleva alla critica stringente con la quale egli demoliva l'apparenza della sapienza iniziale dei propri interlocutori: la conoscenza umana è mobilità inesau-sta, che non può lasciarsi ridurre e rinchiudere nella se-rie – bene o male coerente – di un testo scritto, che al contrario pretende di fissarla ed immobilizzarla, per renderla immodificabile. In alcun modo migliorabile. Socrate così per primo dà invece valore alla perfezione, come ideale continuamente da perseguire.

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● Le fonti principali per la vita ed il pensiero di Socrate sono: Aristofane, Policrate, Senofonte, alcuni socra-tici minori, Platone ed Aristotele.

● L'aristocratico Aristofane nelle Nuvole rappresenta So-crate come un petulante inventore di favole che sviano i giovani dalla tradizione, contro la stabilità dell'ordine sociale e politico.

● Il democratico Policrate nell'Accusa contro Socrate - che lo porterà a morte per cicuta – lo accusa di essere stato l'apripista degli oligarchi più spietati e privi di scrupoli e di avere comunque corrotto la tradizione reli-giosa della città, danneggiando l'educazione dei più giovani cittadini.

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● Senofonte lo mostra nei Memorabili come un mo-ralista sentenzioso, Plato-ne – come detto – lo tra-sforma nel proprio alter-ego, nel protagonista dei propri Dialoghi, come maestro di argomentazio-ne, di virtù e di coraggiosa coerenza. Aristotele ne fa lo scopritore del concetto (della definizione: x è p) e colui che per primo identi-fica la scienza e la virtù.

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2.2. Socrate, i Sofisti e Platone.

● Socrate ha in comune con il movimento sofistico l'inte-resse per l'uomo, il suo pensiero e le modalità della sua azione, la mentalità critica ed antitradizionalista ed il metodo dialettico. Ma se ne allontana per l'acuto ed alto, profondo amore per la verità, che lo avvicina alla ricerca di una posizione universale (non relativistica).

● Socrate certamente apre alla modalità dialettica plato-nica, ma resta al di qua della proposta ideale platonica (teoria delle idee), rimanendo sul terreno più specifico di una ricerca continua della forma migliore per le defi-nizioni dei concetti più importanti.

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2.3. La filosofia socratica.

● Partito da studi naturalistici, Socrate resta inizialmente condizionato dall'indicazione sofistica di un mondo più ampio e misterioso di quanto la mente umana possa comprendere. Egli pertanto si rivolge soltanto alle cose umane. Comincia a chiedersi quale debba essere il comportamento umano di fronte ai diversi problemi del-l'esistenza. Comincia soprattutto ad aprire una conside-razione della filosofia come dialogo fra le persone, atto capace di portare ad emersione le parti migliori dell'a-nimo umano e di stabilire in tal modo un vincolo d'uma-nità reciproco (amicizia), capace di fondare o rinsaldare qualunque relazione sociale e/o politica.

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2.4. Il dialogo socratico e le definizioni.

● Socrate è il personaggio principale dei Dialoghi plato-nici. Il dialogo al quale il filosofo partecipa è un'azione di ricerca, motivata dalla messa in questione delle sicu-rezze e delle certezze consolidate e più o meno tradi-zionali esibite di solito dai personaggi più in vista dell'A-tene democratica, sia di parte oligarchica ed aristocrati-ca, che popolare. Una messa in questione motivata dal-l'asserzione che la sapienza vera e reale fosse patri-monio unicamente del dio (monio ). Il dio socratico era un'entità misteriosa, che gli si presentava nel momento in cui egli incontrava una persona: in quel momento il dio interveniva per approvare o rifiutare la continuazio-ne del rapporto con l'interlocutore avvicinato dal filoso-fo. Era come se tale entità rappresentasse la possibilità

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● di un orizzonte di felice e positiva conclusione del pro-cesso duplicemente argomentativo sviluppato dai dia-loganti e dal dialogo stesso. Così se la sapienza era unicamente del dio, all'uomo spettava riconoscere la propria iniziale ignoranza (non sapere). Ma tutti gli inter-locutori di Socrate presumevano di sapere con certezza l'argomento sollevato dal filosofo, che doveva pertanto cominciare un'accurata opera di demolizione e di scavo in profondità nelle opinioni del compagno di discorso, alla ricerca di un loro opportuno fondamento e giustifi-cazione. Senza questa giustificazione l'opinione doveva essere modificata e, via via progressivamente, tendere sperabilmente verso una posizione migliore.

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● Nel dialogo socratico la parte o il momento distruttivi vengono di solito definiti dall'applicazione da parte di Socrate di un particolare atteggiamento discorsivo ed argomentativo chiamato ironia ( ( oni ant ), per il quale Socrate sembra sapere in anticipo la soluzione del pro-blema (dissimulazione) e pare far tendere l'ascoltatore verso un termine od una finalità lontana, ancora non vi-sibile – o non perfettamente visibile – ma alla possibile portata della conclusione non prossima del ragiona-mento comune. In tale modo l'anima dell'ascoltatore si apre nel e dal profondo, per cominciare a generare la verità (ver i t à è ciò che balza su e si scopre). Ecco dunque comparire l'altra parte o momento – in questo caso positivi – del dialogo socratico: quella parte che

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● Socrate stesso riferisce all'abilità della madre – Fenare-te – nell'arte ostetrica. Socrate aiuta con l'arte maieuti-ca le anime degli uomini a partorire la verità. In questo modo il filosofo riesce a far tendere autonomamente gli ascoltatori e partecipanti al dialogo verso quel termine e quello scopo prima indicati. Riesce a far migliorare l'anima degli uomini e quindi permette loro di raggiun-gere una migliore virtù, attraverso la ricerca conosciti-va. I giri e la rivoluzione del movimento, che in prece-denza le scuole presocratiche assegnavano agli ele-menti naturali, nell'opera di composizione / scomposi-zione alla quale erano soggetti, ora diventano le forme della circolarità continua del discorso, teso verso la propria meta di perfezionamento.

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● Con queste circonvoluzioni continue attorno all'oggetto del discorso (( el di scor so ), l'argomentazione che si sviluppa – solitamente per frasi brevi (brachilogia) - tende a voler preformare una serie di successive e sempre più perfezionate e possibili definizioni dell'og-getto in questione. Così sin dalla domanda iniziale di Socrate – che cos'è (( h cos) la virtù, o che cos'è la conoscenza? - si inaugura un procedimento che avrà come fine un possibile miglioramento della conoscen-za, oppure alla fine la necessità di ricominciare da capo il tragitto della scoperta, per la comparsa improvvisa di nuovi problemi, di più difficile ed ambigua soluzione (cfr. i Dialoghi platonici). Dalla comparsa o nascita del giudizio definitorio Aristotele attribuirà a Socrate l'in-

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● -venzione del concetto (nato attraverso i sensi e con-cepito grazie all'intelletto), con la combinazione di due movimenti: uno induttivo e l'altro di deduzione della forma. Contro dunque la possibile divergenza delle opi-nioni indicata come necessaria dai Sofisti, Socrate muove l'animo e l'intelletto umano alla possibilità ed alla necessità di un incontro e di un'unità. Di un incon-tro conoscitivo che si trasforma subito in un'unità inter-personale, dal forte valore morale ed etico.

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2.5. La morale socratica. La virtù.

● La La v greca veniva di so-lito identificata da una con-dizione o da uno stato otti-male e/o perfetto, completo e compiuto, nel quale il soggetto (umano o non) era in grado di esprimere il me-glio di sé e della propria na-tura. Prima considerata un dono divino o una trasmis-sione per via di sangue, con i Sofisti e Socrate la virtù diviene un termine ideale ed un orizzonte di azione per il cittadino co-

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● -mune, uno sforzo ed una tensione che avrebbe con-sentito – tramite l'educazione – di sollevare il proprio stato sociale (Sofisti) o di migliorare comunque se stes-si (Socrate).

● L'azione alla quale il dialogo socratico sottometteva l'in-terlocutore era naturalmente l'azione conoscitiva: così il risultato finale di questa – la virtù – non poteva non consistere e sostanziarsi dei raggiungimenti intellettuali e delle relative e riflesse prassi eventualmente raggiun-te, con probabili aggiustamenti, o addirittura conversio-ni della mentalità e dell'usuale costume del partecipan-te all'azione maieutica socratica. Senza questo fine operativo di ricerca non si sarebbe potuta raggiungere alcuna virtù.

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● Nello stesso tempo la virtù socratica non si esauriva

nel risultato finale del ragionamento comune, visto che questo poteva o magari doveva essere ulteriormente abbattuto, per fare spazio ad una nuova e migliore ri-cerca. Piuttosto era l'insieme della via, del metodo e dell'eventuale e sempre momentaneo risultato a costi-tuire un esempio particolare della virtù in generale, co-munque unica per tutti gli uomini ed in tutte le situazioni (universale e non relativistica, com'era invece al modo dei Sofisti). La via, la possibilità e la necessità della vir-tù è infatti aperta a tutti. Tutti la possono perseguire e raggiungere. Essa infatti è acquisibile e trasmissibile, al modo naturalmente socratico. Essa costituisce il proce-dimento scientifico positivo, sempre giustificato e con-testualizzato (“scienza del bene”).

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● La possibilità di un raggiungimento aperto e comune nello stesso tempo garantisce la pluralità degli scopi e delle attività umane concrete, consentendo di congiun-gere – a ciascuno e tutti – positività ed utilità, affian-cando in tal modo al perseguimento della virtù il rag-giungimento della felicità. La potenza positiva che in tal modo la virtù consente di attingere fa fiorire e moltipli-care le capacità umane, consentendo che la pluralità delle determinazioni d'azione e gli scopi o le finalità pra-tiche dell'uomo possano trovare reciproca temperanza e sostenibilità, costituendo finalmente un'ottima base per la vita comune, per la vita sociale e politica.

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● È la terminalità ideale del bene a costituire quindi per Socrate la ragione e la motivazione all'azione: nessuno quindi orienta la propria volontà al di fuori di questa tendenzialità. Solo l'errore porta ad azioni ed a risultati negativi (“nessuno pecca volontariamente”, “chi fa il male, lo fa per ignoranza del bene”). Stante questa as-soluta positività, diventa preferibile subire il male, piut-tosto che compierlo.

● Di fronte a questa determinazione della via per la virtù il pensiero cristiano successivo avrebbe fatto valere la distinzione fra intelletto e volontà, assegnando a questa ed al peso delle passioni un condizionamento importan-te per la vita morale.

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2.6. Socrate e la religione.

● Critico della tradizione antropomorfica dei Greci antichi Socrate prestava comunque ossequio agli dei della cit-tà, per una forma di rispetto dei significati razionali e po-litici comunque sottesi alle loro immagini. Ma più pro-fondo ed alto di queste molteplici apparenze stava il dio socratico, intelligenza e bene, garante dell'ordine della vita in generale. Rispetto ad esso la ricerca filosofica socratica si ammantava dei tratti di una religiosità ap-punto più profonda e più alta, pericolosa per l'ordine costituito, nel momento in cui mettesse in questione i tradizionali ordinamenti gerarchici o la stessa bontà del-le ricchezze e dei beni esteriori accumulati dalle classi dominanti (aristocrazia terriera e borghesia commercia-le cittadina), quali strumento di potere sulla città.

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2.7. La morte di Socrate.

● <<Socrate è colpevole di non riconoscere come dèi quelli tradizionali della città, ma di introdurre divinità nuove; ed è anche colpevo-le di corrompere i giovani. Pena: la morte.>> Questa l'accusa formulata dai de-mocratici Meleto, Anito e Licone contro Socrate. Sul-la base di quest'accusa si svolse un processo oramai leggendario, narrato da Pla-tone nell'Apologia di Socra-te.

Socrate beve la cicuta

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● Così la restaurata democrazia ateniese, dopo la

caduta del regime filo-spartano dei Trenta Tiranni (capeggiati da Crizia, amico di Socrate), decide la condanna a morte di Socrate per cicuta, dopo un processo nel quale lo stesso filosofo esalta la propria missione educativa e si autoassegna – come premio e non come condanna - un vitalizio a spese della collettività pubblica. Che la condanna fosse motivata dal desiderio di conservare la stabilità ideologica dello Stato appena restaurato, oppure dalla vendetta nei confronti di una posizione politica filo-aristocratica (avversa alle modalità del libero sorteggio o della libera elezione popolare delle cariche più importanti), la morte di Socrate – soprattutto per la presentazione che ne ha fatto Platone nel Fedone – è subito diventata l'emblema

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● della morte eroica, del filosofo che muore pur di con-servare intatta la propria dignità e la propria ragione, evitando di infrangere per viltà le leggi del proprio pae-se.

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2.8. Le scuole socratiche minori.

● La scuola megarica. Fondata da Euclide di Megara, essa identifica l'Essere-Uno eleate con il bene socrati-co, riproponendo in chiave aggiornata argomenti contro la molteplicità e il movimento assicurato dalla possibili-tà. Stretti assertori della necessità reale degli eventi ed accadimenti, elaborano argomentazioni aporetiche irre-solubili (es. il paradosso del “mentitore”), per dimostra-re la fallacia della logica binaria (aristotelica).

● La scuola cinica. Fondata da Antistene di Atene, essa perseguiva un ideale di vita naturale, mantenen-dosi nel contempo ferma alla logica empirica dell'identi-tà. Contro il piacere affermano la stretta necessità della virtù.

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● La scuola cirenaica. Fondata da Aristippo di Cireneessa unisce il criterio gnoseologico della sensazione e della sensibilità a quello morale della regolazione del sentimento, della passione e del piacere, che doveva essere istantaneo (non prolungato), per evitare di esse-re preda dell'ansia del futuro o della melanconia del passato.