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C CO OM MU UN NE E D DI I V VI IL LL LA AF FR RA AN NC CA A I IN N L LU UN NI IG GI IA AN NA A - - P PI IA AN NO O S ST TR RU UT TT TU UR RA AL LE E R RE EL LA AZ ZI IO ON NE E G GE EO OL LO OG GI IC CA A D DI I S SU UP PP PO OR RT TO O 1 1 SOMMARIO 1 PREMESSA 3 2 NORMATIVA 3 3 BIBLIOGRAFIA 4 4 ELABORATI CARTOGRAFICI 5 5 CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA 6 5.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRUTTURALE 6 5.2 GEOLOGIA LOCALE 8 6 CARATTERIZZAZIONE LITOLOGICO-TECNICA 12 7 CARATTERIZZAZIONE GEOMORFOLOGICA 14 8 CARATTERISTICHE IDROGEOLOGICHE 16 8.1 REGIME PLUVIOMETRICO 16 8.2 REGIME FLUVIALE 17 8.3 REGIME IDROGEOLOGICO 17 8.4 ANALISI DEI PUNTI DI CAPTAZIONE DELLE RISORSE 18 8.5 RETICOLO IDROGRAFICO 20 9 CARTE DELLA PERICOLOSITA’ 22 9.1 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA 22 9.2 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ IDRAULICA 26 10 CARATTERIZZAZIONE SISMICA 28 10.1.1 SISMICITÀ STORICA 28 10.1.2 MASSIME INTENSITÀ MACROSISMICHE OSSERVATE 28 10.1.3 PGA (PEAK GRD ACCELERATION) CLASSIFICAZIONE 29

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SOMMARIO

1 PREMESSA 3

2 NORMATIVA 3

3 BIBLIOGRAFIA 4

4 ELABORATI CARTOGRAFICI 5

5 CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA 6

5.1 INQUADRAMENTO GEOLOGICO -STRUTTURALE 6 5.2 GEOLOGIA LOCALE 8

6 CARATTERIZZAZIONE LITOLOGICO-TECNICA 12

7 CARATTERIZZAZIONE GEOMORFOLOGICA 14

8 CARATTERISTICHE IDROGEOLOGICHE 16

8.1 REGIME PLUVIOMETRICO 16 8.2 REGIME FLUVIALE 17 8.3 REGIME IDROGEOLOGICO 17 8.4 ANALISI DEI PUNTI DI CAPTAZIONE DELLE RISORSE 18 8.5 RETICOLO IDROGRAFICO 20

9 CARTE DELLA PERICOLOSITA’ 22

9.1 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA 22 9.2 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ IDRAULICA 26

10 CARATTERIZZAZIONE SISMICA 28

10.1.1 SISMICITÀ STORICA 28 10.1.2 MASSIME INTENSITÀ MACROSISMICHE OSSERVATE 28 10.1.3 PGA (PEAK GRD ACCELERATION) – CLASSIFICAZIONE 29

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10.2 VALUTAZIONE DEI PARAMETRI SISMICI 29 10.2.1 ACCELERAZIONE ORIZZONTALE 29 10.2.2 COEFFICIENTE DI INTENSITÀ SISMICA 29 10.2.3 COEFFICIENTE DI FONDAZIONE 29

11 CARTA DELLA PERICOLOSITA’ 30

CLASSE 4 (IP4): PERICOLOSITA’ ELEVATA 30 CLASSE 3 (IP3): PERICOLOSITA’ MEDIA 30 CLASSE 2 (IP2): PERICOLOSITA’ BASSA 30 11.1 PRESCRIZIONI IN FUNZIONE DELLA PERICOLOSITÀ 32 CLASSE DI PERICOLOSITÀ 4 ALTA (IP4) 32 CLASSE DI PERICOLOSITÀ 3 MEDIA (IP3) 33 CLASSE DI PERICOLOSITÀ 2 BASSA (IP2) 33

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 33

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1 PREMESSA

Su incarico dell’Amministrazione Comunale di Villaf ranca in Lunigiana è stato redatto il supporto geologico al Piano Stru tturale Comunale, di cui la presente Relazione Tecnica descrive i conten uti dell’indagine svolta, i metodi di studio adottati ed i risultati conseguiti. Lo studio è stato condotto sull’intera superficie del territorio comunale mediante rilievi, raccolta di dati, misurazioni e v erifiche tecniche specifiche, ed ha affrontato le tematiche territori ali attinenti l’assetto geologico, geomorfologico, idrogeologico ed idrografico-idraulico sia nell’ottica di costituire un primo e complessivo elemento di una loro caratterizzazione di riferimento e di b ase per eventuali sviluppi di approfondimenti specifici che dovessero essere intrapresi nell’ambito comunale, sia sotto il profilo di costi tuire il presupposto di indirizzo nello sviluppo urbanistico e di gestio ne della risorsa territoriale. Quanto eseguito ha tenuto presenti i riferimenti no rmativi attualmente vigenti nel settore della pianificazione urbanistic a con riferimento agli aspetti territoriali esaminati.

2 NORMATIVA

In particolare è stato fatto riferimento alle segue nti norme:

− L.R. 17/04/84 n. 21: Norme per la formazione e l’adeguamento degli

Strumenti Urbanistici ai fini della prevenzione del rischio sismico; − Del. C.R.T. n. 94 del 12/02/85: Direttiva: “ Indagini geologico-

tecniche di supporto alla pianificazione urbanistic a”. − Legge Regionale n. 5/95. − L.R. 1/2005, “Norme per il Governo del Territorio”. − Decreto Ministeriale 11 marzo 1988: Norme tecniche riguardanti le

indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità de i pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizi oni per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle ope re di sostegno delle terre e delle opere di fondazione.

− Circolare LL.PP 24 settembre 1988 n. 30483: Istruzi oni riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione.

− Del. G.R.T. 14/12/98 n. 1541: Istruzioni tecniche p er la valutazione degli atti di programmazione e di pianificazione te rritoriale di competenza degli Enti Locali ai sensi della L.R. 16 /01/95 n. 5.

− Decreto L.vo 11/05/99 n. 152: Disposizioni sulla tu tela delle acque dall’inquinamento e recepimento della Direttiva CEE 91/271 e 91/676;

− Decreto L.vo 18/08/2000 n. 258: Disposizioni corret tive ed integrative del D.L. 152/99.

− Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

− D.C.R.T. 12/00(ex D.C.R.T. n. 230/1994). − Piano Stralcio Assetto Idrogeologico (P.A.I.) del F . Magra e del T.

Parmignola: MISURE DI SALVAGUARDIA “ASSETTO IDROGEO LOGICO”, Norme di Attuazione, Delibera Comitato Istituzionale n°158/2 004 Art.17 comma

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6 ter L. 183/89 e Art.1 comma 1 D.L. 180/98. − Legge 2 febbraio 1974, n° 64 – Provvedimenti per le costruzioni con

particolari prescrizioni per le zone sismiche. − Decreto Ministeriale 16 gennaio 1996 – Norme tecnic he per le

costruzioni in zone sismiche. − O.P.C.M. n° 3274 del 20 Marzo 2003 – “Primi elemen ti in materia di

criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzion i in zona sismica.

− Decreto Ministeriale 14 marzo 2005 “Norme tecniche per le costruzioni”.

− O.P.C.M. n° 3519 del 26 Aprile 2006 “Criteri genera li per l’individuazione delle zone sismiche e per la forma zione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone”.

− D.G.R.T. “Riclassificazione sismica del territorio regional: attuazione del D.M. 14.09.05 e O.P.C.M. 3519 del 28 aprile 2006 pubblicata sulla G.U. dell’11.5.2006.

− Regio Decreto del 20/12/1923 n. 3267 − L.R.T. 21 marzo 2000 n. 39 Legge Forestale della To scana. − D.P.G.R.T. del 08 agosto 2003 n. 48/R, Regolamento Forestale della

Toscana.

3 BIBLIOGRAFIA

− Comune di Villafranca in Lunigiana, Relazione geologica a corredo

dello Strumento Urbanistico generale. − Comune di Villafranca in Lunigiana, Carte tematiche a supporto PRG. − PIANO DI INDIRIZZO TERRITORIALE della Regione Tosca na (P.I.T.) − PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO (P.T.C.), Provi ncia di Massa-

Carrara − Provincia di Massa Carrara, Carta catastale dei pozzi e pratiche. Nello sviluppo dell’analisi territoriale relativa a lle condizioni di pericolosità per motivi idraulici e per condizioni di stabilità geomorfologica, è stato tenuto conto delle document azioni e normative redatte dall’Autorità di Bacino Interegionale del F iume Magra: − Piano Stralcio Assetto Idrogeologico (P.A.I.) del F . Magra e del T.

Parmignola: MISURE DI SALVAGUARDIA “ASSETTO IDROGEO LOGICO”, Norme di Attuazione, Delibera Comitato Istituzionale n°158/2 004 Art.17 comma 6 ter L. 183/89 e Art.1 comma 1 D.L. 180/98

Nella stesura degli elaborati cartografici: − REGIONE TOSCANA – DIR.GEN.POLITICHE TERRITORIALI E AMBIENTALI “PROGETTO VEL” IN GARFAGNANA E LUNIGIANA (L.R.30. 7.97 n.56)

Istruzioni Tecniche per le indagini geologico-tecni che, le indagini geofisiche e geotecniche, statiche e dinamiche, fin alizzate alla

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valutazione degli effetti locali nei comuni classif icati sismici della toscana valutazione degli effetti locali, volume 2, Legende per la realizzazione della cartografia geologica, geomo rfologica e litologico- tecnica per le aree della Garfagnana e della Lunigiana

Dati di base e dei pozzi: − REGIONE TOSCANA – DIR.GEN.POLITICHE TERRITORIALI E AMBIENTALI “PROGETTO VEL” IN GARFAGNANA E LUNIGIANA (L.R.30. 7.97 n.56), Sondaggi geognostici. − “PROGETTO CIRCE” (Pontremolese), Sondaggi geognosti ci. − Provincia di Massa Carrara, Carta catastale dei poz zi e pratiche.

4 ELABORATI CARTOGRAFICI

Quanto cartograficamente prodotto in scala 1:10.000 , di accompagnamento alla presente Relazione Tecnica di supporto al P.S. , risulta schematizzabile nella seguente tabella, in funzione dei diversi ambiti di azione del lavoro svolto e delle varie tematiche e contenuti presenti negli elaborati prodotti:

TAVOLA OGGETTO SCALA

1 Carta Geologica 1:10.000

2 Carta Geomorfologica 1:10.000

3 Carta Litotecnica 1:10.000

4 Carta Idrogeologica 1:10.000

5 Carta della Pericolosità Geomorfologica 1:10.000

6 Carta della Pericolosità Idraulica 1:10.000

7 Carta della Pericolosità 1:10.000

8 Carta delle Pericolosità delle U.T.O.E 1:10.000

Relativamente agli aspetti territoriali e conosciti vi per i quali non è stata elaborata documentazione cartografica e che a l punto 3.5. della D.R.T. 94/85 sono indicati facenti parte dell’insie me delle documentazioni di base attraverso cui di norma si p erviene alla definizione delle Carte delle Pericolosità obbligat orie, questi riguardano:

CARTA DELLE PENDENZE: l’elaborato non è stato prodo tto in quanto si ritiene che per la caratterizzazione morfologica de l territorio per gli scopi di P.S. sia sufficiente quanto contenuto nell e basi C.T.R. topografiche alla scala 1:5.000 esistenti per l’int ero territorio e che una Carta delle Pendenze prodotta per elaborazioni morfometriche da tali supporti non fornisca indicazioni in più di pa rticolare utilità.

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Dell’assetto a diversa acclività dei terreni è comu nque stato tenuto conto in sede di elaborazione della Carta Geomorfol ogica in fase di fotointerpretazione delle forme morfologiche e dell e condizioni di stabilità dei versanti, carta che è stata il docume nto di base per la redazione della zonazione della pericolosità geomor fologica di sintesi.

5 CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA

La Carta Geologica nasce quale sintesi comparativa ed aggiornamento dei precedenti studi citati in bibliografia che avevano prodotto documentazioni caratterizzative il contesto geologi co del territorio comunale. Sono stati eseguiti rilevamenti geologici di dettag lio in scala 1:10.000 attraverso l’esecuzione di sopralluoghi su l terreno per verificare l’evoluzione subita dal territorio negli anni più recenti. Una siffatta analisi, sia per la scala utilizzata c he per il fatto di essere stata estesa alla totalità del territorio si gnificativo per la presenza di urbanizzazioni o nuclei abitati, defini sce, al pari della Carta Geomorfologica, le caratteristiche peculiari e principali degli assetti specifici dell’area comunale che debbono es sere considerate nell’ottica di una programmazione e verifica delle scelte di Piano; si precisa che in tale contesto non si è potuto cartog rafare tutti quei piccoli e localizzati aspetti geologici la cui indi viduazione e valutazione può essere effettuata solamente a scale che consentano maggiore dettaglio (1:2.000, 1:1.000, ecc.) ed in o ccasione dei singoli studi geologico-tecnici di supporto alle realizzazi oni edilizie.

5.1 Inquadramento Geologico-Strutturale La struttura geologica dell’area è quella di una «f ossa tettonica» in cui scorre il F. Magra, delimitata sul lato orienta le da faglie normali (o dirette) ad alto angolo immergenti a SW e con gr andi rigetti, mentre su quello occidentale è delimitata da faglie poco i nclinate immergenti a NE. Questa zona è costituita da litotipi appartenenti a lla Falda Toscana, ricoperti tettonicamente dalle Unità Subliguri e da quelle Liguri. Tali unità fanno parte della catena a falde dell’Ap pennino Settentrionale che si è formata a partire dall’Olig ocene Sup. – Miocene Inf. (~ 30 Milioni di anni fa) in seguito alla conv ergenza tra il margine continentale della microplacca Adriatica e la catena Alpina appena formata (placca Europea). Dopo la chiusura del bacino oceanico Ligure – Piemo ntese (~ 60 Ma), la deformazione e l’impilamento delle unità, con piegh e e thrust Est – vergenti, ha coinvolto domini paleogeografici conti gui costituiti prevalentemente da successioni sedimentarie Mesozoi co – Terziarie deposte sulla crosta continentale Adriatica. In base all’analisi dei dati strutturali e sediment ologici nel sistema catena – avanfossa – avampaese dell’Appennino Sette ntrionale, la deformazione ha proceduto secondo una direzione pre valente Ovest – Est fino al Pliocene Inf. e secondo una direzione SW – NE in tempi successivi fino a raggiungere l’attuale fronte comp ressivo nelle zone esterne di Marche e Romagna (Elter et alii,1975; Ca rmignani et alii,

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1994; Pialli et alii, 1998; Patacca et alii, 1990). I dati radiometrici K/Ar e Ar/Ar stabiliscono per i domini più interni Subligure e Toscano una deformazione sin – orogenic a tra 27 e 25 Ma (Carmignani et alii, 1978; Kligfield et alii, 1986; 1981). In Lunigiana le strutture associate a questa fase d eformativa sono evidenziati da sistemi morfotettonici che si allung ano parallelamente alla catena (assi vallivi). In particolare gli apparati idrografici principali del fiume Magra ad oriente e del fiume Vara ad occidente si riportano strutturalmente a pieghe sinclinali sin – orogeniche. A partire dal Miocene Medio i domini più interni de ll’Appennino Settentrionale sono stati interessati da processi e stensionali legati all’apertura del bacino Tirrenico Settentrionale. La tettonica estensionale ha portato allo sviluppo di faglie dirette ad alto angolo impostate prevalentemente lungo zone di debolezza tettonica che hanno riattivato le precedenti superfici di acc avallamento piegate. L’estensione ha seguito lo stesso andamento del fro nte compressivo interessando prima la Toscana (Miocene sup. – Plioc ene), poi l’Umbria occidentale (Pliocene Sup.) ed infine Marche ed Umb ria orientale; in particolare in Lunigiana i movimenti disgiuntivi an cora attivi (come testimoniano i meccanismi focali dei terremoti), so no iniziati nel Pliocene medio – superiore. Attualmente l’Appennino Settentrionale costituisce una struttura arcuata con vergenza e convessità verso Est sul cui bordo occidentale possono essere individuati una serie di bacini (Lun igiana – Garfagnana – Versilia, Mugello etc.), disposti NW – SE. Le strutture plicative della Lunigiana sono quindi evolute in zone depresse (bacino del Magra, Val di Vara) associate a faglie dirette (F1 ad alto angolo) disposte in fasce parallele a forma re strutture tipo graben ed horst (zone depresse e zone rilevate). I limiti di questi bacini sono spesso definiti da f asce di discontinuità trasversali lungo le quali i moviment i sono prevalentemente di tipo trastensivo (Raggi, 1985; B artole et alii, 1991). Queste strutture possono essere interpretate come f aglie trascorrenti (transfer fault con movimento parallelo alla direzi one del piano di faglia F2) che hanno aggiustato zone a diverso tass o di compressione, durante le fasi orogenesi e zone a diverso tasso di estensione nelle fasi successive. Le aree depresse corrispondono a graben con un comu ne motivo strutturale: faglie dirette sintetiche (F1 con dire zione Appenninica NW/SE e N/S) sul lato occidentale con superfici di scorrimento meno inclinate e rigetti maggiori di quelle antitetiche posizionate sul lato opposto e con la stessa direzione. Nelle aree di intersezione tra le faglie dirette (F 1) e quelle trasversali (F2 con direzione circa NE/SW) si sono attuati movimenti differenziali che hanno permesso la formazione di b acini lacustri intervallivi e costieri che hanno raggiunto la mass ima ampiezza nel Quaternario basale. In base agli studi sedimentologici sui depositi pos t – orogenici è stato stabilito che l’estensione è migrata nello sp azio e nel tempo da SE verso NW (Villafranchiano medio – sup. per il Ba cino Olivola – Aulla – Pontremoli) con tassi di estensione decrescenti i n questa direzione

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5.2 Geologia locale Nella Cartografia prodotta sono state cartografate con la stessa simbologia sia le zone di reale affioramento dei di versi tipi geolitologici del substrato roccioso, sia le aree o ve le formazioni litoidi sono mascherate da materiali di alterazione superficiale e/o terreno vegetale il cui esiguo spessore non è suffi ciente però per farlo definire accumulo detritico e come tale da id entificare in carta. Oltre alle aree caratterizzate da materiali litici delle diverse formazioni geologiche descritte, la Carta riporta i seguenti tipi di depositi di materiali sciolti e pseudocoerenti: riporti antropici, discariche, accumuli di frane, a ccumuli detritici di versante, accumuli alluvionali sciolti recenti ed a ttuali, depositi alluvionali sciolti antichi, depositi sedimentari d i origine lacustre. Per quanto riguarda la tettonica, in carta sono rap presentate la giacitura degli strati rocciosi, i limiti di sovras corrimento tettonico, le faglie che dislocano le formazioni. Il rilevamento geologico si è basato su criteri di distinzione litostratigrafica, cioè sulla distinzione dei corpi rocciosi in base alle caratteristiche litologiche, paleontologiche, petrografiche, sedimentologiche e morfologiche riconoscibili in su perficie e distinguibili da quelle adiacenti. Da un punto di vista geolitologico, partendo dai te rreni più recenti a quelli più antichi o geometricamente sottostanti tr oviamo:

Depositi antropici Terreni di riporto (hr) spessore inferiore a 2m. Discariche (h1) Tipo di materiale: inerti e rifiuti solidi urbani. Corpi di frana Corpi di frana attivi (a1a) Accumuli generalmente eterogenei ed eterometrici di materiali litoidi e non, in matrice limoso-sabbiosa e assetto disorgani zzato, legati a processi in atto o ricorrenti a ciclo breve. Età: Olocene Corpi di frana quiescenti (a1q) Accumuli generalmente eterogenei ed eterometrici, d i materiali litoidi e non, in matrice limoso-sabbiosa e assetto disorganizzato, con possi bilità di riattivazione nell’attuale sistema morfoclimatico. Età: Olocene

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Depositi quaternari Depositi alluvionali attuali (b=all) Depositi dei letti fluviali attuali, soggetti ad ev oluzione, attraverso processi fluviali ordinari Sono costituite da ghiaie eterometriche, sabbie e l imi, di composizione generalmente poligenica. Dal punto di vista tessitu rale sono costituite da ciottoli e ghiaie “clast supported” con modeste quantità di sabbia. Sono limitati al corsi d’acqua e sono relative alle ultime fasi deposizionali ed erosive degli stessi. Età: Olocene − Prevalenza di arenaria tipo Macigno nelle alluvioni del Magra, con

rari calcari e calcari marnosi, presenza di ciottol i anche di notevoli dimensioni (> 40 cm), matrice sabbioso - l imosa.

− Arenaria tipo Macigno prevalenti nelle alluvioni de l Torrente Bagnone, presenza di calcari e calcari marnosi in p ercentuale superiore (circa 20 %) notevole grado di arrotondam ento, matrice limo sabbiosa, con ciottoli anche di notevoli dimen sioni.

− Ghiaie con percentuale di almeno 50 % di calcari e calcari marnosi nei depositi determinati dagli apporti del Torrente Civiglia e del Torrente Monia, ciottoli di dimensioni massima di c irca 10 cm, matrice più decisamente limosa.

Detrito di versante (a=dt) Detrito di versante costituito da elementi eteromet rici prevalentemente grossolani, dispersi in matrice sabbiosa, accumulat o lungo i versanti principalmente per gravità. Età: Pleistocene Medio finale-Olocene Generalmente sono placche di detrito di spessore co nsistente, determinate dal disfacimento della roccia madre sot tostante, per erosione, disgregazione ed alterazione conseguente alle reazioni che l’acqua provoca a contatto con i minerali che compo ngono la roccia. I materiali che ne conseguono possono essere vari a s econda del tipo di roccia madre, del tempo di trasformazione, e posson o andare dalle argille sino a depositi composti in massima parte d a frammenti litoidi eterometrici molto angolati, frequentemente monogen etici. − Nel territorio di Villafranca Lunigiana considerata la presenza

dominante di rocce di tipo Ligure, le coltri detrit iche sono essenzialmente di natura argillosa.

Depositi alluvionali antichi terrazzati e recenti ( b1-n=ct) Depositi di piana alluvionale: ciottolami in matric e limoso-sabbiosa, ghiaie, sabbie e limi talora variamente pedogenizza ti. Si tratta di depositi organizzati in vari ordini no n distinti, in spessori variabili, costituiti da materiali granula ri eterogenei ed eterometrici a dominanza di ghiaia e ciottoli non c ementati o poco cementati, con matrice limo-sabbiosa. In alcuni luo ghi tale deposito può presentarsi anche clasto-sostenuto. I ciottoli, frequentemente

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imbriciati e poco classati, presentano un discreto grado di arrotondamento e dimensioni variabili, da pochi cen timetri di diametro ad oltre un metro. Tali depositi sono spesso sormon tati da materiali più fini di natura limo-argillosa, spesso pedogeniz zati e con spessori assai variabili (circa tre metri in Piano di Malgra te). L'origine di questi terreni è da ricercarsi nelle f asi erosive e deposizionali verificatesi nel corso del Quaternari o, in relazione alle variazioni eustatiche del livello del mare. Età: Olocene Depositi di conoide alluvionale (m) Ciottolami eterometrici e poligenici in matrice lim oso-sabbiosa con tessitura da clasto- a matrice-sostenuta, e subordi natamente ghiaie, sabbie e limi. Erà: Pleistocene Inferiore-Olocene Depositi Fluvio-Lacustri Villafranchiani Auctt. Conglomerati di Olivola (OLP=cg) Ghiaie polimittiche in matrice sabbiosa, localmente cementate, con livelli di sabbie e limi. Questo deposito è di natura fluvio glaciale origina to da periodi più piovosi dell’attuale (periodo interglaciale o post glaciale). Età: Villafranchiano Inf.-Villafranchiano Sup. − si ritrova in un piccolo affioramento lungo il Torr ente Civiglia. Argille, sabbie e conglomerati di Aulla (AUA=arg) Argille e argille sabbiose o sabbioso-limose grigie , con sporadici livelli di sabbie e di ghiaie in matrice sabbiosa o limoso-sabbiosa,localmente cementate; le argille contengon o frequenti resti vegetali e livelli di lignite. Sono sedimenti depositati nel Pliocene quando in qu el tempo nella Valle del Magra esisteva un grande lago che si estendeva a nord sino a Pontremoli e verso sud fino al corso attuale del to rrente Aullela. Questo deposito è caratterizzato in una prima fase da sedimentazione molto fine e cioè di argille turchine, e successiva mente, in fase tardiva di colmamento, da alternanze di argille sab bie e ghiaietto, per poi passare a depositi man mano più grossolani, nel la misura che il ciclo del lago si esauriva. Questi depositi in fase tettonica successiva sono s tati sollevati ed in concomitanza la soglia a sud di Aulla è stata erosa , permettendo ai fiumi e torrenti di erodere profondamente queste al luvioni, che al giorno d’oggi troviamo a quote anche molto alte, ri spetto al corso attuale dei Fiumi e Torrenti. Età: Rusciniano Sup.-Villafranchiano Inf. DOMINIO LIGURE ESTERNO

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Unità di Ottone Flysch di Ottone (OTO=fh) Torbiditi calcareo-marnose grigio scure in strati d a medi a molto spessi (talvolta a base calcarenitica), costituite da calcari marnosi e marne calcaree (prevalenti) a cui s’intercalano mar ne siltose, argilliti ed argilliti calcaree, arenarie fini e si ltiti. Nella porzione inferiore e media della formazione s ono intercalati lembi discontinui di Argilliti di Monte Veri (OTO1= aMV), paraconglomerati polimittici, brecce ed olistoliti con clasti di calcari silicei, di radiolariti o di ofioliti e più raramente di marne e graniti, matrice-sostenuti, di colore grigio scur o o grigio-verde, con matrice scagliosa argilliticosiltosa(più freque nte) o siltoso-arenitica; i clasti, da subangolosi a subarrotondat i, hanno un diametro da centimetrico a metrico. All’interno delle Argill iti di Monte Veri sono stati distinti: brecce clasto-sostenute con la matrice siltoso-aren itica a prevalenti elementi calcarei (OTO1b=bc) od ofiolitici (OTO1o=b o); olistoliti di basalti( γ) e lembi più o meno deformati di successioni rifer ibili ad Argille a Palombini (APA), Calcari a Calpionelle (C CL), Diaspri di Monte Alpe(DSA). Età: Campaniano Inf.-Maastrichtiano Inf. − La parte meglio esposta in Comune di Villafranca L. è quella

superiore. La sequenza è abbastanza regolare e la p otenza degli strati può raggiungere diversi metri. Nel passaggio dai calcari alle argilliti si notano litotipi intermedi quali i calc ari marnosi e marne.

− La successione presenta anche le caratteristiche (i mpronte di fondo e gradazione degli strati) per poterne giudicare la giacitura che talora può essere rovesciata.

Complesso di Casanova (CCV) Unità litostratigrafica eterogenea, costituita da p iù membri senza un preciso ordine stratigrafico. All’interno del Complesso di Casanova sono stati di stinti: torbiditi pelitico-arenacee ed arenaceo pelitiche g rigie (Arenarie di Ostia (CCV1=aO) costituite da strati medi e sottili di arenarie fini e siltiti, a cui s’intercalano strati sottili di argi lliti e marne siltose; in subordine livelli, talvolta spessi, di peliti di colore rosso e verde scuro; paraconglomerati polimittici (Brecce di S. Maria ) grigio scuri o grigio-verdi(CCV2=cb) matrice-sostenuti o clasto-so stenuti; i clasti, da subangolosi a subarrotondati, da centimetrici a metrici, sono costituiti da calcari silicei (prevalenti), radiola riti, ofioliti e più raramente da marne e graniti; la matrice pelitica è generalmente scagliosa; brecce clasto-sostenute a prevalenti elementi calca rei (CCV3=bc) con clasti di calcilutiti silicee ed in subordine di ra diolariti, ofioliti e graniti;

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brecce clasto-sostenute oligomittiche a prevalenti elementi ofiolitici (CCV4=bo); olistoliti di basalti (γ),o lembi di successioni molto deformate riferibili alle Argille a Palombini (APA), ai Calca ri a Calpionelle (CCL), ai Diaspri di Monte Alpe (DSA); Età: Campaniano Inf. Il Complesso di Casanova che risulta sempre in asse tto molto caotico, si ritrova sia alla base che sopra il flysch, vista la tettonica plicativa dell’unità di Ottone a sinclinale rovesci ata e coricata. Età: Campaniano inferiore DOMINIO SUBLIGURE Unita’ di Canetolo Calcari di Groppo del Vescovo(CGV=cGV) Torbiditi calcaree o calcareo-marnose grigio chiare in strati spessi e molto spessi a cui s’intercalano calcilutiti e calc ilutiti marnose, areniti fini, argilliti ed argilliti marnose; gli i ntervalli pelitici sono, localmente, più frequenti e potenti; la base calcarenitica, o più raramente ruditica, delle torbiditi calcareo-marnos e è frequentemente ricca di bioclasti. La formazione è eteropica con la parte alta delle A rgille e calcari (ACC=ac). ETà: Eocene Inf.-Medio Argille e calcari di Canetolo (ACC=ac) Argilliti grigio scure o nere da fogliettate a scag liose a cui s’intercalano strati medi e sottili di calcilutiti marnose o silicee grigio chiare, calcareniti grigio scure talora in s trati spessi, areniti fini e siltiti; sono compresi inoltre strat i medi e spessi di torbiditi calcaree o calcareo-marnose talvolta grad ate con base calcarenitica o ruditica ricca di bioclasti. La formazione, sovente scompaginata, è spesso carat terizzata dalla presenza, prevalentemente nella parte alta, di lent i di torbiditi calcareo-marnose(CGV=cGV, ove distinte). Età: Paleocene Sup.-Eocene Inf./Medio − Gli affioramenti di questa formazione limitati e di dubbia

interpretazione, si rilevano nella zona a valle di Irola. Appaiono come un’alternanza di straterelli di argilliti, da scure sino a nerastre, con calcari e calcareniti. Il deposito è molto tettonizzato e la frazione argillitica risulta pred ominante. La coltre detritica di alterazione risulta sempre cons istente e di scadenti caratteristiche geotecniche.

6 CARATTERIZZAZIONE LITOLOGICO-TECNICA

La carta litotecnica è stata realizzata tenendo con to delle informazioni contenute nella carta geologica e in q uella geomorfologica e sulla base delle osservazioni e delle prove geogn ostiche effettuate in sito.

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La legenda schematica per la definizione delle unit a' litologico – tecniche della "copertura" e del “substrato”, è sta ta redatta secondo le Istruzioni Teniche (I.T.) della Regione Roscana così come specificato in bibliografia; i litotipi rilevati sono stati raggruppati in unità litologico-tecniche sulla base delle loro caratteristiche fisico-meccan iche. SUBSTRATO UNITA' LITOLOGICO-TECNICA: A MATERIALE, LAPIDEO COSTITUITO DA UNICO LITOTIPO NON STRATIFICATO L'U.L.T. comprende le rocce lapidee massicce. Rocce non stratificate o con bancate di spessore su periore a 3 mt. UNITA' LITOLOGICO-TECNICA : B MATERIALE LAPIDEO STRATIFICATO O COSTITUITO DA ALTE RNANZE Dl DIVERSI LITOTIPI L'U.L.T. comprende sia le rocce stratificate (B1, B 2), che quelle costituite da alternanze ordinate di livelli lapide i e livelli pelitici con contrasto di competenza: B3: materiale lapideo > 75% B4: 25% < materiale lapideo > 75% B5: materiale lapideo < 25% nonché quelle costituite da alternanze disordinate (caotiche) (Bc) Le rocce pelitiche ricadono nella U.L.T. B5 UNITA' LITOLOGICO-TECNICA : C MATERIALI GRANULARI CEMENTATI In questa U.L.T. sono comprese rocce e rocce deboli costituite da materiale prevalentemente granulare con grado di ce mentazione medio basso, che presentano caratteristiche intermedie fr a quelle delle rocce e quelle dei terreni in s.s.; rientrano in questa U .L.T. anche le rocce lapidee intensamente degradate ed alterate. Le brecce ed i conglomerati ad elevato grado di cem entazione possono essere considerati rocce lapidee e pertanto ricadon o nell'U.L.T. A. Le arenarie molto cementate ricadono nell'U.L.T. A o B . Le sabbie ed il detrito grossolano non cementato ricadono, fra i ma teriali di copertura, nell'U.L.T. E. Il limite fra l'U.L.T. C e l'U.L.T. E è considerato convenzionalmente corrispondente ad un numero di colpi della prova Spt uguale a 50. sI POSSONO AVERE, IN FUNZIONE DELLA STRUTTURA DELL’ AMMASSO: C1: conglomerati e brecce clasto - sostenuti C2: conglomerati e brecce matrice - sostenuti C3: sabbie cementate, arenarie deboli. UNITA' LITOLOGICO-TECNICA : D MATERIALI COESIVI CONSISTENTI In questa U.L.T. sono compresi i terreni coesivi co n consistenza elevata. Le argilliti e le siltiti ricadono nella U .L.T. B. Le argille e i limi poco consistenti ricadono nell'Unita F. Il limite

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tra U.L.T. D e U.L.T. F è considerato convenzionalm ente corrispondente ad un valore di resistenza a compressione uniassial e (non drenata) pari a 250 kPa. IN FUNZIONE DELLA GRANULOMETRIA DOMINANTE D:Argille e limi Ove possibile distinti in: D 1: Limi D 2: Argille COPERTURA UNITA' LITOLOGICO-TECNICA : E MATERIALI GRANULARI NON CEMENTATI O POCO CEMENTATI In questa U.L.T. sono compresi i terreni con stato di addensamento da addensato a sciolto costituite da materiale prevalentemente granulare non cementato o con lieve grado di cementazione. Per le diverse granulometrie può essere valutato lo stato di addensamento mediante prove manuali. Le sabbie, le brecce ed i conglomerati con grado di cementazione medio basso ricadono nell'U.L.T. C. Il limite fra l'U.L.T . C e l'U.L.T. E è considerato convenzionalmente corrispondente ad un numero di colpi della prova Spt uguale a 50. IN FUNZIONE DELLA GRANULOMETRIA DOMINANTE E 1 - Ciottoli e blocchi (elementi lapidei di dimensioni mediamente > 60 mm) E 2 - Ghiaie (elementi lapidei compresi mediamente tra 2 - 60 mm ) E 3 - Sabbie (granuli di dimensioni comprese tra 2 mm. e 0,06 mm ) UNITA' LITOLOGICO-TECNICA : F MATERIALI CON CONSISTENZA LIMITATA O NULLA Terreni coesivi a bassa consistenza. Il limite tra U.L.T. D e U.L.T. F è considerato convenzionalmente corrispondente ad u n valore di resistenza a compressione uniassiale (non drenata) pari a 250 kPa. IN FUNZIONE DELLA GRANULOMETRIA DOMINANTE F 1- Limi F 2 – Argille

7 CARATTERIZZAZIONE GEOMORFOLOGICA

Nella Carta della Geomorfologia realizzata vengono evidenziate le principali forme e caratteristiche morfologiche del territorio comunale, anche in questo caso integrando tra loro ed aggiornando

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l’insieme dei documenti conoscitivi, rilievi, ecc. esistenti sull’area comunale. Sono state identificate le aree interessate da fran e attive e quiescenti: - Frane attive: accumuli generalmente eterogenei ed etereometrici di materiali litoidi e non, in matrice limosa e assett o scompaginato, in movimento continuo o discontinuo con tempo di ritor no =< 2 anni; in questo senso per “forme attive“ si intenderanno quelle prodotte da processi in atto al momento del rilevamento e da qu ei processi non in atto al momento del rilevamento ma ricorrenti a cic lo breve (frequenti, stagionali). - Frane quiescenti: accumuli generalmente eterogene i ed etereometrici di materiali litoidi e non, in matrice limosa e ass etto scompaginato, in movimento continuo o discontinuo con tempo di ri torno > 2 anni; per “forme quiescenti” si intenderanno quelle per l e quali esistono evidenze geomorfologiche o testimonianze (dirette, storiche, ecc.) di funzionamento nell’attuale sistema morfoclimatico e che, non avendo esaurito la loro evoluzione, hanno possibilità obie ttiva di riattivarsi. Terreni suscettibili di franosità per diversi ordin i di motivi: sono state delimitate quali frane le zone caratteri zzate da accumuli di terreno o roccia, di varie dimensioni, in movimento e che presentano dissesti recenti tali da non poter essere considera te stabilizzate e perciò passibili di ulteriore aggravamento ed evolu zione del movimento franoso; talora alcune di esse sono costituite da c orpi franosi apparentemente assestati, che hanno subito nel pass ato processi di dissesto i quali possono reinnescarsi sia per cause naturali che antropiche, conseguenti normalmente a modifiche del regime idraulico o dello stato di equilibrio del materiale ad opera di sbancamenti o riporti. Per quanto riguarda le zone soggette a degradazione e suscettibili di franosità, ne sono state individuate di più tipi di versi, alcune attribuibili alla dinamica gravitativa dei versanti , altre allo scorrimento delle acque superficiali e precisamente : Aree soggette a franosità in terreni detritici accl ivi: caratterizzano numerose e talvolta vaste zone nella parte collinare e montuosa del territorio comunale e sono costituite da ammassi detritici di varia natura in cui lo spessore, la acclività, l a presenza di infiltrazioni di acqua e gli interventi antropici, costituiscono la causa predisponente di un movimento franoso. Aree soggette a franosità per erosione laterale di sponda: caratterizzano zone, costituite generalmente da roc cia alterata e fratturata, in cui l’azione delle acque può dare lu ogo, in corrispondenza delle anse fluviali, a fenomeni eros ivi accentuati che possono innescare movimenti franosi anche consisten ti.

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Aree soggette a franosità in terreni acclivi preval entemente argillitici con situazioni morfologiche locali che ne favoriscono l’imbibizione: caratterizzano numerosi terreni in cui affiorano litotipi argillosi e argillitici appartenenti alla formazione del “Complesso di Base” e dove la morfologia, unita all e caratteristiche del materiale, indica l’alta probabilità che infilt razioni diffuse, talora aggravate dall’abbandono dei campi e dalla m ancata regolamentazione delle acque, possano originare fra namenti o scivolamenti gravitativi lenti. Aree soggette a franosità in terreni acclivi sabbio so-argillosi: sono presenti nell’ambito della pendice pedecollina re, ove affiorano materiali sabbiosi ed argillosi alternati, di origi ne lacustre, in cui la morfologia, unita alle caratteristiche dei sedim enti, indica la possibilità che infiltrazioni diffuse, talora aggra vate dall’abbandono dei campi e dalla mancata regolamentazione delle ac que, possano originare dissesti o scivolamenti gravitativi lenti . Aree acclivi soggette a franosità per possibili cro lli o distacco di massi: caratterizzano alcuni tratti di versante acclivi i n cui la presenza di roccia affiorante tettonizzata e frattu rata ne indica l’alta probabilità di essere interessati da frane d i crollo o distacco di blocchi lapidei. In particolare, sono state delimitate le aree in cu i affiorano le coltri detritiche, le aree di cava e discarica. Tra i terreni di copertura, va rilevata soprattutto l’importanza morfologica dei depositi detritici per gravità, gen eralmente della tessitura dalle ghiaie ai massi, perchè spesso di v aste proporzioni sia per dimensioni areali che spessore e quindi sede po tenziale di acquiferi e di fenomeni di instabilità più o meno i mportanti.

8 CARATTERISTICHE IDROGEOLOGICHE

8.1 Regime pluviometrico Il regime pluviometrico è rappresentato da una curv a annua delle

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precipitazioni medie di pioggia cadute mese per mes e in una determinata stazione. Una curva di tale tipo si ottiene conside rando le registrazioni eseguite su un intervallo di tempo di almeno 20 anni e da un’analisi dell’insieme di tutte le curve si ottien e il regime pluviometrico della regione in esame. Dall’analisi dei dati relativi alle stazioni pluvio metriche sparse sul territorio della Lunigiana si può facilmente osserv are che il regime pluviometrico caratteristico è di tipo intermedio t ra il “marittimo” e il “sublitoraneo appenninico”, il cui grafico è car atterizzato da un massimo autunnale, molto accentuato, un flesso prim averile ed un minimo estivo. La distribuzione delle piogge sul territorio comuna le è legato ad un fenomeno di propagazione con direttrice Ovest – Est , direzione da cui proviene la maggior parte delle perturbazioni. I ma ggiori afflussi meteorici vengono riscontrati sulle aree di crinale la cui morfologia favorisce precipitazioni intense e prolungate.

8.2 Regime fluviale Il regime del F Magra è di tipo pluviale; la caratt eristica principale è che vi è uno sfasamento di circa 15 giorni tra le precipitazioni e le portate dovuto alla capacità di ritenzione del baci no imbrifero; Presenta un massimo autunnale, molto accentuato, un flesso primaverile ed un minimo estivo; la somiglianza tra i caratteri degli afflussi e dei deflussi nel bacino del F. Magra, dimostra che questi ultimi dipendono prevalentemente dalle perturbazioni meteo riche stagionali. Dalla correlazione interperiodica tra deflussi e af flussi si ottengono valori del coefficiente di deflusso superiori all’u nità per un periodo di circa due mesi (gennaio – marzo) durante il qual e alle quote più elevate si verificano abbondanti precipitazioni nev ose; ciò sta a significare che è verificata per la maggior parte d ell’anno la condizione per cui gli afflussi sono maggiori dei d eflussi denotando un non rilevante immagazzinamento di acqua sotto forma di neve.

8.3 Regime idrogeologico Per quanto attiene l’idrogeologia, la circolazione delle acque nel sottosuolo è legata alla permeabilità dei litotipi presenti. In relazione ai tipi litologici affioranti nell’amb ito comunale, in funzione delle loro caratteristiche idrogeologiche, sono state distinte le unità permeabili per porosità che in genere corr ispondono ai terreni detritici e le unità permeabili per fratturazione, corrispondenti alle formazioni litoidi. Questi due gruppi sono stati ulteriormente suddivis i in classi a diverso grado di permeabilità. Uno schema riassuntivo delle condizioni di permeabi lità dei terreni presenti nel territorio comunale, è riportato di se guito: Terreni permeabili per porosità Rientrano in questa classe tutti i terreni alluvion ali attuali, alluvioni terrazzate recenti, depositi conglomerati ci fluvio lacustri, le conoidi di deiezione, i depositi detritici eluvi o-colluviali, i

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detriti di versante e i corpi di frana. Questi terreni a loro volta presentano un diverso g rado di permeabilità in relazione alle loro caratteristiche granulometri che (diversa % di frazioni fini) e alla diversa genesi della roccia m adre, per cui abbiamo: - Terreni altamente permeabili (AP): depositi alluv ionali attuali, (sabbie e ghiaie in matrice sabbioso limosa), con c oefficiente K > 10 cm/s; - Terreni mediamente permeabili (MP): depositi allu vionali terrazzati recenti, conoidi, conglomerati fluvio lacustri poli genici e detriti di versante (elementi eterogenei litoidi con matrice s abbiosa o sabbioso-limosa con coefficiente K compreso tra 10 e 10-4 cm /s, localmente scarsamente permeabili (SP). - Terreni scarsamente permeabili (SP): detriti eluv io-colluviali limo-argillosi e corpi di frana (elementi eterogenei lit oidi immersi matrice limo-argillosa), con coefficiente K compreso tra 10 -4 e 10-7 cm/s,. Terreni permeabili per fratturazione Rientrano in questa classe i terreni costituiti dai complessi argillitici Complesso di Base - Brecce di S. Maria (cb) dai calcari marnosi quali il flysch fh). Questi terreni, diversi per natura litologica, pres entano localmente un diverso grado di permeabilità in relazione al loro grado di fratturazione e composizione, per cui abbiamo: - Scarsamente permeabili per fratturazione (PF): co n un K compreso tra 10-4 e 10-7 cm/s. - Impermeabili (IM): con un K > di 10-7 cm/s, ad es empio per le argilliti del Complesso di Base - Brecce di S. Mari a, in quanto anche se fratturati, presentano una notevole composizione argillitica, mentre per le varie unità presenti al loro interno (calcar i ecc...), vale quanto sopra e cioè scarsamente permeabili per frat turazione.

8.4 Analisi dei punti di captazione delle risorse Sono stati analizzati gli attingimenti idropotabili pubblici ad oggi sfruttati dal servizio acquedottistico, aggiornando ne la caratterizzazione e le descrizioni di uso delle ope re alle condizioni attuali di sfruttamento. Di essi nella Cartografia redatta è stata delimitata la zona di “rispetto” così come definita dai DD.LL. 152/99 e 258/00 (che sviluppano ed aggiornano i criteri di s alvaguardia contenuti nel D.P.R. 236/88). Contributo alla identificazione delle aree di salva guardia Le norme citate di protezione delle risorse idriche definiscono zone di tutela assoluta le aree di raggio non infer iore a 10 m attorno a pozzi, sorgenti e prese di acqua. La zona di rispetto viene individuata (e rappresent ata in Carta) come l’area di almeno 200 m di raggio attorno all’o pera. La zona di protezione dovrà infine essere delimitat a tenendo conto del bacino idrografico a monte degli impianti, individu ato quale bacino di alimentazione della risorsa.

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Ognuna delle aree di salvaguardia ha una specifica normativa, la quale autorizza o vieta vari tipi di attività o destinazi oni d’uso del territorio vincolato tramite le zone di tutela asso luta, rispetto e protezione. La normativa di seguito riportata si ba sa sul presupposto, comunemente accettato che, allontanandosi dai punti di captazione delle risorse, gli eventuali agenti inquinanti perdano pr ogressivamente la loro aggressività, giustificando vincoli sempre più blandi a tutela della risorsa stessa. La zona di tutela assoluta è adibita esclusivamente alle opere di presa, può avere costruzioni di servizio, deve esse re recintata e provvista di opere di canalizzazione per le acque s uperficiali; ad essa può accedere esclusivamente personale autorizzato o addetto alla manutenzione, la delimitazione di tale zona è di al meno 10 m di raggio estendibili a seconda delle situazioni di rischio d ell’area. E’ palesemente evidente che in questa zona le restr izioni sono assolute, cioè non possono esservi altre destinazio ni d’uso o attività se non inerenti la captazione stessa. La zona di rispetto è anch’essa riferita alle opere di presa ed ha dimensioni di almeno 200 m dal punto di captazione, ampliabili o riducibili in relazione alle condizioni di vulnerab ilità e rischio della risorsa; in assenza di altre specifiche da pa rte degli Enti competenti, la sua estensione è costituita dal cerc hio di raggio 200 m coincidente all’opere di presa a cui si riferisce. Nella zona di rispetto sono vietate, ai sensi dell’art. 21 del D.L. 152/99, le seguenti attività o destinazioni d’ uso: (a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati; (b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pe sticidi; (c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che l’impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni di uno specifico piano di ut ilizzazione che tenga conto della natura dei suoli, delle colture c ompatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e della vulnerabilit à delle risorse idriche; (d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche provenienti da piazzali e strade; (e) aree cimiteriali; (f) apertura di cave potenzialmente in connessione con la falda; (g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che es traggono acque destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell’estrazione e alla protezione delle caratterist iche quali - quantitative della risorsa idrica; (h) gestioni di rifiuti; (i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose e sostanze radioattive; (j) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli; (k) pozzi perdenti; (l) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 kg per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle p erdite di stoccaggio e distribuzione. E’ comunque vietata la stabulazion e di bestiame nella zona di rispetto ristretta. Le regioni disciplinano, all’interno delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività: . fognature;

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. edilizia residenziale e relative opere di urbanizza zione; opere viarie, ferroviarie e infrastrutture di servizio; . le pratiche agronomiche e i contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del precedente elenco. La zona di protezione si riferisce infine al bacino di alimentazione della risorsa sfruttata ed ha una estensione defini bile in rapporto all’area da cui provengono gli apporti idrici; in e ssa possono essere adottate misure restrittive relative alle destinazi oni d’uso del territorio interessato e limitazioni per gli insedi amenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici.

8.5 Reticolo idrografico In merito all’individuazione del reticolo idrografi co è stata utilizzata la classificazione adottata dal P.A.I., che individua il reticolo idrografico in base ad ordini gerarchici. E’ stato adottato il criterio gerarchico da monte a valle (Ordine di Horton – Strahler):l’ordine si incrementa di 1 ogni volta che un segmento di ordine n confluisce con un segmento di ordine n; rimane invariato negli altri casi. Il corso principale all a foce assume naturalmente il valore più alto. Uno stesso corso p uò avere dalla sorgente alla foce ordini diversi. Corsi di uno ste sso ordine hanno caratteristiche morfometriche confrontabili. L’esame della distribuzione dei tratti fluviali sui vari ordini e l’analisi di tale distribuzione sul territorio comu nale di Villafranca in Lunigiana ha portato a individuare le classi di reticolo come sotto definite (Horton – Strahler): Reticolo Principale: F. Magra (7° ordine), T. Bagno ne (6° ordine) T. Civiglia (5° ordine) Reticolo Secondario: Rio Fornoli, Canale di Mocrone , Torrente Monia, Canale della G hiaia (appartenenti agli ordini 3° e 4°) Reticolo Minuto: corsi d’acqua e canali apparte nenti agli

ordini 1° e 2° La classificazione del reticolo idrografico sopra d escritta è basata su criteri oggettivi ed univoci (ordini da monte a val le secondo Strahler) ed è stata riportata nella Carta della Pericolosit à Idraulica, nella quale si definisce il “RETICOLO SIGNIFICATIVO AI FI NI DEL CORRETTO ASSETTO IDRAULICO”, definito: “L’insieme dei tratti con ordine di Stra hler maggiore o uguale a 3, nonché dei tratti con ordine di Strahle r 1 e 2 appartenenti a corsi d’acqua già iscritti nell’elenco di cui all a Delibera di Consiglio Regionale Toscano n.12/00(già DCRT 230/94 )”. della quale si è tenuto conto in quanto l’elenco di cui alla DCRT 12/00 costituisce il reticolo di riferimento regionale de l PIT – Piano di Indirizzo della Toscana. Gli Ambiti di applicazione delle norme della D.C.R. T. 12/00

La D.C.R.T. 12/00 e la D.C.R.T. 868/00 dettano prov vedimenti sul rischio idraulico articolandoli in salvaguardie div ersificate in

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funzione della tipologia di interventi e di iter au torizzativi di questi ultimi. L’applicazione delle norme, nello sp ecifico, trovano una loro ubicazione areale all’interno di ambiti defini ti su base geometrica a lato dei corsi d’acqua compresi in app osito elenco, che per il Comune di Villafranca in Lunigiana comprende :

Torrente Bagnone MS 2462 AB

Torrente Civiglia MS 2550 AB

Canale dell Corvarola o Torchia di Bacco MS 562 A

Rio Fornoli o di Carpena MS 2122 AB

Canale della Ghiaia MS 590 A

Fiume Magra MS 731 AB

Canale di Mocrone o della Ghiaia MS 615 AB

Torrente Monia MS 2711 AB

Canale di Pizzalino MS 641 A

Torrente Visegiola e Visegia MS 853 A

Per quanto attiene le salvaguardie da adottarsi, qu este in maniera diversificata per interventi soggetti a concessione edilizia, autorizzazione edilizia, autorizzazione all’eserciz io di attività estrattive, Piani Attuativi, S.U. e Varianti, denun cie di inizio attività, accordi di programma, ecc., agiscono sui seguenti tre ambiti:

Ambito denominato “A1”, definito “di assoluta prote zione del corso d’acqua”, che corrisponde agli alvei, alle golene, agli argini dei corsi d’acqua dell’elenco di cui sopra, nonché alle aree comprese nelle due fasce della larghezza di ml 10 adiacenti a tali corsi d’acqua, misurate a partire dal piede esterno dell’argine o, in mancanza, dal ciglio di sponda. All’interno dell’ambito definito “A1” i nuovi Strumenti Urbanistici non dovranno prevedere nuove edificazioni, manufatti di qualsiasi natura o trasformazioni morf ologiche di aree pubbliche ad eccezione delle opere idrauliche, di a ttraversamento del corso d’acqua, degli interventi trasversali di capt azione e restituzione delle acque, nonché degli adeguamenti di infrastrutture esistenti senza avanzamento verso il corso d’acqua, a condizione che si attuino le precauzioni necessarie per la riduzione del rischio idraulico, relativamente alla natura dell’intervent o ed al contesto territoriale e si consenta comunque il migliorament o dell’accessibilità al corso d’acqua stesso.

Ambito denominato “A2”, di “tutela del corso d’acqu a e di possibile inondazione”, da applicarsi ai corsi d’acqua di cui al precedente elenco che hanno larghezza superiore a ml 10, misur ata fra i piedi esterni degli argini oppure, ove mancanti, fra i ci gli di sponda. Tale ambito corrisponde alle due fasce immediatamente es terne all’ambito “A1” che hanno ampiezza pari alla larghezza del cor so d’acqua definita come sopra, con un massimo di ml 100. Le salvaguard ie attinenti

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l’ambito A2 interessano interventi che comportino c oncessioni edilizie, autorizzazioni edilizie, denuncie di inizio attivit à, autorizzazioni per attività estrattiva, approvazioni di opere pubb liche, accordi di programma e le conferenze ex art. 3 bis L. 441/87.

Ambito denominato “B” comprende le aree “potenzialm ente inondabili” in prossimità dei corsi d’acqua di cui all’elenco e ch e possono essere necessarie per gli eventuali interventi di regimazi one idraulica tesi alla messa in sicurezza degli insediamenti. Tale am bito corrisponde alle aree a quote altimetriche inferiori rispetto a lla quota posta a due metri sopra il piede esterno d’argine o, in man canza, il ciglio di sponda. Il limite esterno di tale ambito è determin ato dai punti di incontro delle perpendicolari all’asse del corso d’ acqua con il terreno alla quota altimetrica come sopra individuata e non potrà comunque superare la distanza di metri lineari 300 dal piede esterno dell’argine o dal ciglio di sponda. All’interno dell’ambito def inito “B” le nuove previsioni degli Strumenti Urbanistici Generali rel ative alle zone C, D, F per attrezzature generali, esclusi i parchi, n onché le localizzazioni di nuove infrastrutture a rete o pun tuali che comportino nuove costruzioni o trasformazioni morfologiche, op pure previsioni comunque volte a conseguire incrementi di superfici e coperta superiore a 500 mq, devono essere conseguenti alla individuaz ione dell’esistenza delle seguenti condizioni: - Si dimostri l’impossibilità di localizzare la previ sione

all’interno del tessuto urbano esistente anche tram ite interventi di recupero urbanistico;

- Si dimostri la necessità in rapporto a esigenze di interesse pubblico, di localizzare comunque la previsione all ’interno dell’ambito definito “B”;

- Si effettui sul corso d’acqua interessato una speci fica indagine idrologico-idraulica al fine di individuare l’event uale presenza del rischio idraulico valutato sulla base della piena c on tempo di ritorno duecentennale. In presenza di rischio idrau lico così definito dovranno essere individuati nello S.U. gli interven ti di regimazione idraulica dimensionati sulla base della piena con t empo di ritorno duecentennale e le aree da destinare alla localizza zione degli stessi per preservare le nuove previsioni e i centri abita ti vicini. Gli interventi di regimazione idraulica non dovranno ag gravare le condizioni di rischio a valle degli insediamenti da proteggere. Nel caso in cui il corso d’acqua interessato sia all’in terno di comprensori di bonifica o sia ricettore di acque pr ovenienti da tali comprensori, gli interventi di regimazione idraulic a dovranno essere correlati all’assetto idraulico degli stessi.

9 CARTE DELLA PERICOLOSITA’

9.1 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ GEOMORFOLOGICA La carta della Pericolosità Geomorfologica è il ris ultato dell’integrazione della carta Geomorfologica (frane attive, quiescenti, etc.) e con le conoscenze forni te dalle seguenti

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fonti: - Piano di Assetto Idrogeologico del Bacino del bac ino del Fiume Magra (PAI) - Notizie storiche. Essa è stata pertanto redatta tenendo conto dei seg uenti elementi: Caratteristiche litotecniche; Acclività dei versanti; Uso del suolo; Elementi geomorfologici; Tutto il territorio comunale è stato suddiviso in q uattro classi di Pericolosità Geomorfologica; il criterio di classif icazione adottato è stato il seguente: - Pericolosità geomorfologica molto elevata – (PG4): è stata assegnata alle zone interessate da fenomeni di dissesto attiv i quali corpi di frana attivi. Interventi ammessi: sono consentiti gli interventi di mitigazione della pericolosità, nonché di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi e delle aree in dissesto; - sono consentite le attività di cava, a condizione che interessino aree ricomprese nei vigenti piani di settore per le attività estrattive e si configurino anche come interventi di sistemazi one e bonifica dei dissesti in atto; - sono consentiti i seguenti interventi di caratter e edilizio - infrastrutturale: 1. demolizione senza ricostruzione; se la demolizio ne riguarda opere che svolgono funzione di sostegno, essa non è ammes sa, a meno che tali opere siano sostituite con altre che abbiano la ste ssa finalità; 2. è consentita la ricostruzione se finalizzata all a mitigazione della vulnerabilità dell’opera rispetto alla situazione p recedente; 3. manutenzione ordinaria e straordinaria, come def initi dalle lettere a)e b) dell’art. 3, comma 1, del DPR 380/01; 4. restauro e risanamento conservativo, come defini ti dalla lettera c) dell’art. 3, comma 1, del DPR 380/01, purché non au mentino la vulnerabilità degli edifici e, ove possibile, la di minuiscano e non vi sia cambio di destinazione d’uso che aumenti il car ico insediativo, anche temporaneo; 5. modesti ampliamenti degli edifici esistenti, fin alizzati ad adeguamento igienico – sanitario e tecnologico; 6. interventi strettamente necessari a ridurre la v ulnerabilità degli edifici e a migliorare la tutela della pubblica e p rivata incolumità, senza aumenti di superficie e volume, senza cambiam enti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico insediativo ; 7. manutenzione ordinaria e straordinaria, completa mento, adeguamento e ristrutturazione delle infrastrutture e reti dei servizi esistenti, pubbliche o di interesse pubblico, non d elocalizzabili, purché siano realizzati senza aggravare le condizio ni di dissesto dell’area, prevedano tipologie costruttive compatib ili con la loro collocazione e non compromettano la possibilità di realizzare

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interventi di sistemazione definitiva del movimento franoso; le reti acquedottistiche e fognarie, i gasdotti e gli oleod otti devono garantire la perfetta tenuta anche in presenza di s ollecitazioni e/o deformazioni derivanti da movimenti gravitativi; 8. realizzazione di nuovi annessi necessari all’ at tività agricola e con destinazione vincolata, siano previste tipologi e costruttive compatibili con la loro collocazione e non inducano motivi di aggravamento del dissesto; 9. interventi non qualificabili come volumi edilizi , quali recinzioni, tettoie, pali, tralicci. - Pericolosità geomorfologica elevata – (PG3): aree non interessate da fenomeni franosi attualmente attivi (ad es. fran e antiche stabilizzate: paleofrane), frane quiescenti ed aree di pertinenza, coltri detritiche. Interventi ammessi: oltre a quelli di cui al PG4, sono consentiti, i seguenti interventi di carattere edilizio – infrast rutturale: 1. ristrutturazione edilizia, come definita alla le ttera d) dell’art.3, comma 1, del DPR 380/01, purchè non aumenti la vuln erabilità degli edifici e, ove possibile, la diminuisca; nel caso d i interventi di demolizione con ricostruzione deve essere assicurat a la riduzione della vulnerabilità del fabbricato, rendendolo maggiormen te compatibile con la condizione di elevata pericolosità, anche attrav erso spostamenti su diverso sedime, che siano finalizzati ad impostare le fondazioni in terreni con caratteristiche geotecniche migliori. 2. interventi di ristrutturazione urbanistica, come definiti alla lettera f) dell’art. 3, comma 1, del DPR 380/01, e interventi di nuova edificazione, in entrambi i casi purché in ambiti d i tessuto urbano consolidato e a condizione che siano supportati da progetti, da sottoporre a parere obbligatorio e vincolante del C omitato Tecnico dell’Autorità di Bacino, che, attraverso specifiche indagini di approfondimento, dettaglino: - le caratteristiche geologiche, geomorfologiche e geologico - tecniche relative sia all’area di interesse che al dissesto nel suo complesso; - la valutazione dell’incidenza dell’opera sulle co ndizioni generali di stabilità dell’area; - gli interventi di bonifica e sistemazione del dis sesto previsti, nonché gli accorgimenti tecnico – costruttivi che s i intende realizzare in relazione alle caratteristiche del di ssesto, ai fini di assicurare il non aumento della pericolosità e del rischio connesso e la tutela della pubblica e privata incol umità. 3. realizzazione di nuove infrastrutture e reti dei servizi pubblici o di interesse pubblico essenziali e non altrimenti l ocalizzabili, previo parere obbligatorio e vincolante del Comitato Tecni co dell’Autorità di Bacino e a condizione che i relativi progetti: – siano corredati da adeguate indagini geologico - tecniche a livello di area complessiva; – prevedano opere di bonifica, in relazione alla na tura dell’intervento ed a quella del dissesto, che siano coerenti con gli interventi di sistemazione definitiva del movim ento franoso e

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che, per quanto possibile, ne costituiscano uno o p iù lotti funzionali; – prevedano in ogni caso di realizzare le suddette opere di bonifica preventivamente o nell’ambito dell’intervento di nu ova realizzazione; – prevedano tipologie costruttive compatibili con l a loro collocazione. - Pericolosità geomorfologica media – (PG2): aree apparentemente stabili e prive di problematiche geologico-tecniche particolari, costituite da terreni in cui non sono presenti indi zi geomorfologici attivi; frane inattive ed aree di pertinenza, coltr i detritiche assimilabili, aree interessate da deformazioni grav itative profonde di versante, detrito di falda, coni detritici ed alluv ionali, aree interessate da ruscellamento diffuso. Interventi ammessi: oltre a quelli di cui al PG3, sono consentiti i seguenti interventi di carattere edilizio – infrast rutturale: 1. ampliamento degli edifici esistenti; 2. nuova edificazione, nuove infrastrutture e reti dei servizi, purché i relativi progetti siano corredati da indagini geo logico - tecniche a livello di area complessiva e prevedano la realizza zione di eventuali opere di miglioramento delle condizioni di stabilit à in relazione alla natura dell’intervento ed a quella del dissesto. I Comuni, nell’ambito dell’esercizio delle competen ze in materia di pianificazione territoriale e urbanistica, sulla ba se delle conoscenze e degli elementi tecnici acquisiti a seguito delle indagini geologico - tecniche a livello di area complessiva, possono reg olamentare le attività consentite prevedendo eventuali limiti e/o divieti per gli interventi infrastrutturali e urbanistico-edilizi p er i territori ricompresi in tali aree. Le restanti aree sono zone in cui non vi sono limit azioni derivanti da caratteristiche geologico-tecniche e morfologiche; sono da ritenersi prive di indizi di franosità reale, o con dissesti non cartografabili alla scala 1:10.000 e/o non significativi.

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9.2 CARTA DELLA PERICOLOSITÀ IDRAULICA La suddetta carta è derivata dalla analisi di vari elementi provenienti dalle seguenti fonti: - Piano di Assetto Idrogeologico del bacino del Fiu me Magra (PAI) - Carta Idrogeologica - Delimitazione degli Ambiti - Notizie storiche. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE INONDABILI Piano Stralcio Assetto Idrogeologico (P.A.I.) del F . Magra e del T. Parmignola: MISURE DI SALVAGUARDIA “ASSETTO IDROGEO LOGICO”, Norme di Attuazione, Delibera Comitato Istituzionale n°158/2 004 Art.17 comma 6 ter L. 183/89 e Art.1 comma 1 D.L. 180/98 L’Autorità di Bacino individua e perimetra a scala di bacino le aree inondabili per eventi con tempo di ritorno assegnat o, e le classifica nelle seguenti classi: - Aree inondabili al verificarsi dell’evento con po rtata al colmo di piena corrispondente a periodo di ritorno T=30 anni ; - Aree esterne alle precedenti, inondabili al verif icarsi dell’evento con portata al colmo di piena corrispondente a peri odo di ritorno T=200 anni; - Aree a criticità idraulica non studiate: aree sto ricamente inondate per le quali non siano avvenute modifiche definitiv e del territorio tali da escludere il ripetersi dell’evento, ovvero aree individuate come a rischio di inondazione sulla base di conside razioni geomorfologiche o di altra evidenza di criticità, i n corrispondenza delle quali non siano state effettuate adeguate ver ifiche idrauliche. - Fascia di Riassetto Fluviale: ricomprende “l’alve o in modellazione attiva e le aree esterne ad esso necessarie per l’a deguamento del corso d’acqua all’assetto definitivo previsto dal Piano e per la sua riqualificazione ambientale(corridoio ecologico), o vvero le aree necessarie al ripristino dell’idonea sezione idraul ica, tutte le forme riattivabili durante gli stati di piena, nonché alc une aree limitrofe al corso d’acqua ritenute di pertinenza fluviale e/ o di elevato pregio naturalistico - ambientale e/o aree degradate e/o d i interesse per la ricarica della falda di pianura” e pertanto consent e la salvaguardia di tutte le aree potenzialmente necessarie agli interv enti di messa in sicurezza idraulica.

Nella Carta della Pericolosità Idraulica non vengon o assegnate classi specifiche di pericolosità che però sono state deli mitate allo scopo della realizzazione della Carta della Pericolosità integrata; tali classi possono essere così descritte:

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- Pericolosità irrilevante: ricadono in questa classe di pericolosità idraulica le aree collinari o montane in situazioni favorevoli di alto morfologico laddove non vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni; In tali aree non sono necessarie considerazioni sul la riduzione del rischio idraulico. - Pericolosità media (PI3): in tale classe rientrano quelle aree di fondovalle inondabili al verificarsi dell’evento co n portata al colmo di piena corrispondente a periodo di ritorno T=200 anni, in condizioni morfologiche sfavorevoli e e per le quali vi sono n otizie storiche di inondazioni; Rientrano in questa classe le aree di fondovalle no n protette da opere idrauliche per le quali ricorre una sola delle cond izioni di cui sopra; relativamente alle aree di questa classe di pericolosità deve essere allegato uno studio anche a livello qualitat ivo che illustri lo stato di efficienza e lo schema di funzionamento de lle opere idrauliche ove presenti o che comunque definisca il grado di r ischio. I risultati dello studio dovranno costituire elemento di base p er la fattibilità degli interventi e ove necessario indicare soluzion i progettuali tese a ridurre al minimo possibile il livello di rischio e d i danni agli interventi per episodi di sormonto o di esondazione . - Pericolosità elevata – molto elevata (PI4): in tale classe rientrano quelle aree di fondovalle inondabili al verificarsi dell’evento con portata al colmo di piena corrispondente a periodo di ritorno T=30 anni; il nuovo strumento urbanistico generale non d eve prevedere edificazioni salvo che per infrastrutture a rete no n diversamente localizzabili a condizione che per queste ultime si attuino tutte le precauzioni necessarie per la riduzione del rischio idraulico a livelli compatibili con le caratteristiche dell'infrastrutt ura.

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10 CARATTERIZZAZIONE SISMICA

10.1.1 Sismicità storica In Lunigiana si sono da sempre verificati terremoti disastrosi. Si hanno testimonianze in tal senso su terremoti datat i 615, 801, 990 anche se per questi si tratta solo di notizie trama ndate senza riscontri effettivi su documenti o quant’altro. Il primo terremoto documentato è quello che colpì Fivizzano nel 1481 a cui seguirono quelli che colpirono Pontremoli nel 1545, la Lunigi ana nel 1641, Pontremoli nel 1834, ancora la Lunigiana orientale nel 1837, Fivizzano nel 1878, fino a quello famoso del 1920; da allora in poi si sono registrate scosse di minore intensità, come quella del 1939, del 1951 e, ultimamente, del 1995. Di seguito viene riportat a una tabella con i terremoti più significativi che hanno investito la Lunigiana e le terre limitrofe, estratto da un catalogo pubblicato dall’ Istituto Nazionale di Geofisica:

anno Zona anno Zona anno Zona anno Zona 1345 Garfagnana 1849 Borgotaro 1926 Bagnone 1961 Fivizzano 1481 Lunigiana 1861 Sesta Godano 1927 Bedonia 1965 Appennino 1501 Appennino 1873 Liguria orientale 1928 Varese Ligure 1968 Alpi Apuane 1545 Borgotaro 1878 Lunigiana 1928 Borgotaro 1971 Mar Ligure 1740 Garfagnana 1882 Appennino 1928 Fivizzano 1972 Passo Cisa 1746 Garfagnana 1902 Garfagnana 1931 Fivizzano 1973 Appennino 1751 Mar Ligure 1902 Fivizzano 1934 Borgotaro 1974 Appennino 1767 Fivizzano 1902 Fivizzano 1937 Appennino 1974 Appennino 1778 Fivizzano 1903 Lunigiana 1939 Garfagnana 1975 Borgotaro 1790 Aulla 1913 Borgotaro 1940 Appennino 1976 Appennino 1807 Mar Ligure 1916 Garfagnana 1951 Garfagnana 1980 Garfagnana 1834 Pontremoli 1919 Garfagnana 1955 Sarzana 1985 Garfagnana 1834 Pontremoli 1920 Garfagnana 1955 Equi Terme 1986 Garfagnana 1835 Passo Cisa 1920 Garfagnana 1957 Monchio 1987 Lunigiana 1837 Alpi Apuane 1921 Pontremoli 1959 Borgotaro 1988 Garfagnana

1995 Fivizzano

Terremoti storici e recenti nei territori di Lunigiana ed in quelli limitrofi

10.1.2 Massime intensità macrosismiche osservate Intensità macrosimiche attese secondo la scala MCS (Mercalli, Cancani, Sieberg). Secondo la scala MCS l’inizio del danno agli edific i si ha a partire dal 6° grado. Ogni valore riportato in carta è rapp resentativo dell’intervallo yi<Y<yi+1, dove Y è il parametro de llo scuotimento.

Comune Latitudine Longitudine Imax VILLAFRANCA IN LUNIGIANA 44.29165 9.95058 9

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10.1.3 PGA (Peak Grd Acceleration) – Classificazione La carta mostra i valori di PGA raggruppati secondo i limiti previsti dall’ordinanza 3274 della OPCM per l’inserimento de i comuni in una delle quattro zone sismiche. Vale al riguardo la se guente corrispondenza: zona 1: PGA > 0.25g zona 2: 0.15 ≤ PGA < 0.25g zona 3: 0.05 ≤ PGA < 0.15g zona 4: PGA < 0.05g

10.2 Valutazione Dei Parametri Sismici In base all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n° 3274 del 20 Marzo 2003 “Primi elementi in materia di cri teri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica (G.U. n ° 105 del 08/05/2003)” e successive modifiche, il territorio del Comune di Villafranca in Lunigiana viene inserito in zona 2 ; tale zona dal punto di vista della relazione con gli adempimenti previs ti dalla Legge 64/74 corrisponde alla zona di sismicità con S = 9.

10.2.1 Accelerazione orizzontale Con probabilità di superamento pari al 10% in 50 an ni è compresa tra 0.15 e 0.25 g, con valori di accelerazione orizzont ale massima convenzionale di ancoraggio dello spettro di rispos ta elastico ag = 0.25

Intensità massima del sisma, Imax = 9

10.2.2 Coefficiente di intensità sismica

CS

=− 2

100 = 0.07

10.2.3 Coefficiente di fondazione

Si assume di regola ε = 1. In presenza di stratigrafie caratterizzate da depositi alluvionali di spessore variabile da 5 a 20 metri, soprastanti terreni coesivi o litoidi con caratteri stiche meccaniche significativamente superiori, si assume per il coef ficiente ε il valore 1,3.

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11 CARTA DELLA PERICOLOSITA’

La carta delle pericolosità integrate rappresenta l a sintesi di tutti gli elaborati cartografici redatti e di tutte le co noscenze geologiche, litotecniche, geomorfologiche, idrauliche e sismich e acquisite sul territorio comunale. Questo tipo di carta permette di indicare l'ubicazione e l'intensità dei fenomeni e delle cri ticità presenti di una determinata area. La sintesi effettuata ha articolato la zonazione se guendo il seguente schema, rispettoso dei criteri contenuti nella D.R. T. 94/85 per valutazioni di tipo geomorfologico, integrata dalla sovrapposizione della carta della Pericolosità Geomorfologica con l a Carta della Pericolosità Idraulica:

CLASSE 4 (IP4): PERICOLOSITA’ ELEVATA Corrisponde ad una pericolosità molto elevata deriv ante dalla carta della Pericolosità Geomorfologica (PG4) e/o ad una pericolosità elevata derivante dalla carta della Pericolosità Idraulica; Aree instabili per frana, aree detritiche potenzial mente franose con localizzati processi di attivazione di instabilità, aree sottoposte ad erosione fluviale laterale di sponda. Aree di fondovalle inondabili con periodo di ritorn o T=30 anni.

CLASSE 3 (IP3): PERICOLOSITA’ MEDIA Corrisponde ad una pericolosità media/elevata deriv ante dalla carta della Pericolosità Geomorfologica (PG2/PG3) e/o ad una pericolosità media derivante dalla carta della Pericolosità Idra ulica; Aree collinari prive di processi attivi di dinamica di versante ma in cui non possono accertarsi, per asse nza di conoscenze geognostico-geotecniche, condizioni di s icura stabilità e per le quali, eventuali evoluzioni nega tive dei fattori di stabilità territoriali, potrebbero innescare fenomeni di dissesto, aree di discarica. Le condizioni geologico-tecniche e morfologiche del sito sono tali da far ritenere che esso si trovi al limite dell’equil ibrio e/o possa essere interessato da fenomeni di amplificazione de lla sollecitazione sismica o di liquefazione o interessato da episodi di alluvionamento o difficoltoso drenaggio delle acque superficiali. Aree interessate da falda affiorante (- 2 m dal l.m .) Aree di fondovalle inondabili con periodo di ritorn o T=200 anni.

CLASSE 2 (IP2): PERICOLOSITA’ BASSA Aree stabili di fondovalle o di spianata morfologic a a modesta energia di rilievo, aree della pianura alluvionale. Corrispondono situazioni geologico-tecniche apparen temente stabili sulle quali però permangono dubbi che, comunque, po tranno essere chiariti a livello di indagine geognostica di suppo rto alla progettazione edilizia.

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Non è stato possibile attribuire ad alcuna parte di territorio comunale esaminato e classificato il grado di pericolosità i rrilevante (Classe 1) in quanto con tale condizione vengono classifica te le zone di sicura stabilità le cui caratteristiche geologiche, morfol ogiche ed idrologiche sono tali da consentire di definire pre ssochè nullo il rischio che possano essere investite da fenomeni de stabilizzanti di una qualche natura. Nell’ambito del territorio esaminat o non è stato possibile individuare aree che potessero essere def inibili in senso assoluto scevre da rischio, in quanto in presenza d i territorio classificato sismico, ed anche perchè simile defini zione non può prescindere da una approfondita conoscenza geotecni ca del sottosuolo ricavabile da indagini geognostiche appositamente e ffettuate. Relativamente alle zone di pianura, l’eventuale att ribuzione di gradi di pericolosità superiori alla classe 2 “standard” per tali contesti territoriali, è funzione della costituzione del sot tosuolo e della eventuale presenza di processi e condizioni dei ter reni (subsidenza, liquefazione, sprofondamenti per crollo di cavità s otterranee, ecc.) per i quali risulterebbe necessario eseguire accert amenti ed approfondimenti geognostici non limitati alle stret te pertinenze dei singoli interventi edilizi futuri (applicazione cla ssica del D.M. 11/03/88 per la Pericolosità 2) bensì operare indag ini su area vasta così come previsto per le aree a pericolosità 3. Le conoscenze ad oggi acquisibili da esperienze di studi geognostici eseg uiti in più punti del territorio non hanno mai evidenziato caratteris tiche dei terreni tali da far temere la presenza di simili condizioni di rischio territoriale, ma solamente talora la presenza di sp essori di sedimenti alluvionali fini poco consolidati e compressibili, condizione usualmente presente nelle parti di bassa pianura, a ffrontabili caso per caso in fase di applicazione del D.M. 11/03/88 ai singoli interventi edilizi. Sotto il profilo delle condizioni di pericolosità g eomorfologica, è stato assunto il principio di attribuire il grado d i pericolosità geomorfologica bassa (2) alle aree di fondovalle e di pianura ove le condizioni di pericolosità sono legate esclusivamen te al rischio idraulico ed alla costituzione stratigrafico-geotec nica del sottosuolo, ed alle aree di versante in cui la tipologia di sub strato geologico esistente, la bassa acclività e l’assenza di manife stazioni che potessero indurre a considerare esistenti potenzial i processi di evoluzione di versante, individuavano condizioni te rritoriali analoghe a quelle del territorio di pianura, di per sè esent e da processi di dinamica geomorfologica. Si tratta prevalentemente di dorsali o di blandi pe ndii convessi, ove la forma morfologica lascia presumere la presenza d i roccia in posto a scarsa profondità, talora affiorante o mascherata d a uno spessore di materiale di alterazione, ed in cui la modesta pend enza non ne lascia prevedere la predisposizione al dissesto.

Per la gran parte del territorio di versante invece sono stati attribuiti gradi di pericolosità 3 e, intendendo co n tale attribuzione l’esistenza della necessità diffusa di un esame geo logico del rapporto tra gli eventuali interventi ed il territorio, non limitandosi al solo

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punto di imposta dell’opera, ma valutando nel compl esso il territorio di influenza dell’intervento. In particolare sono s tate distinte aree a pericolosità elevata (4) quelle in cui l’instabilità attiva o quiescente è conclamata e per le quali la esecuzion e di indagini geognostiche e di interventi di bonifica appaiono o perazioni necessarie non solo per eventualmente consentirne l’utilizzazi one edilizia futura, ma anche per riconferire condizioni di sicurezza al le attuali destinazioni, infrastrutture ed edifici esistenti. In assenza di specifiche conoscenze geognostiche e geotecniche su i singoli ammassi e/o areali geomorfologicamente individuati a potenz iale franosità nella Carta Geomorfologica (detriti potenzialmente franos i, aree suscettibili di imbibizione e dissesto in territori argillitici, ecc.) è stato cautelativamente attribuito il grado di pericolosit à elevato (4) anche a tali contesti territoriali ove in realtà non si è ancora conclamata l’instabilità e l’attivazione del dissesto temuto. In grado di pericolosità media (3) sono state inser ite tutte quelle aree in cui, pur non essendo attualmente presenti f enomeni attivi, le condizioni geomorfologiche ed idrogeologiche rileva bili sono tali da non poter escludere che il terreno sia potenzialmen te franoso. Sono state inserite in questa classe di pericolosità le coltri detritiche e le zone ove, pur essendo prevedibilmente presente i l substrato calcareo o di altra natura a modesta profondità, non si può escludere che la porzione superficiale alterata e fratturata di ques t’ultimo possa subire dissesti a causa della esistenza di uno o pi ù fattori destabilizzanti costituiti dalla regolamentazione i draulica, infiltrazioni, interventi di scavo e riporto, ecc.. In tutti questi casi, gli studi geologici a supporto degli interven ti avranno la necessità di valutare le condizioni del territorio al contorno, e saranno preferenzialmente condotte con la necessità di avvalersi di indagini geognostiche per esprimere valutazioni di positiva pericolosità delle opere previste.

11.1 Prescrizioni in funzione della pericolosità La “Carta della Pericolosità” costituisce la sintes i valutativa delle caratteristiche dei territori sia di pianura che co llinari comunali, sotto il profilo della diversa problematicità dei f enomeni geomorfologici e di dinamica evolutiva che li inter essano. Si ritiene necessario condizionare l’uso dei terren i sottoposti a pericolosità secondo quanto segue, in base a quanto stabilito dalla normativa vigente (D.C.R.T. 94/85 e PIANO STRALCIO “ASSETTO IDROGEOLOGICO”del bacino del fiume Magra e del torr ente Parmignola, Norme di Attuazione, Titolo III, Capo I e II):

Classe di Pericolosità 4 alta (IP4) la realizzazione di interventi sarà condizionata al la loro messa in sicurezza ed alla stabilizzazione dei terreni e del le problematiche geomorfologiche rilevate. Ove reso possibile dalle estensioni delle proprietà dovranno essere privilegiate scelte alternative all’uso delle aree 4 per realizzazioni edilizie: in ogni caso andrà elaborato un progetto di consolidamento e bonifica che tenga conto degli smaltimenti idrograf ici collegati

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all’uso dei terreni e non potranno essere omesse un a approfondita indagine geognostica e le verifiche geotecniche di stabilità del terreno e della pendice coinvolta direttamente ed i ndirettamente nell’intervento.

Classe di Pericolosità 3 media (IP3) nella realizzazione di opere si dovrà valutare con rilievi di superficie ed indagini geognostiche il rapporto tra gli interventi e l’assetto territoriale del versante, con l’ottica d i garantire una corretta compatibilità con le condizioni di stabili tà dell’area di influenza dell’intervento in progetto. In qualche c aso ed in stretto rapporto alla modesta entità e semplicità tipologic a di intervento ed alla natura geologicamente stabile che sarà stata a ccertata dai rilievi di superficie dei luoghi, lo studio geologico potrà anche non comportare la necessità di effettuare indagini geog nostiche specifiche, ma dovrà comunque prevedere un sistema di smaltimen to idrografico delle acque piovane dall’area ed un assetto morfologico s tabile al terreno nelle nuove condizioni.

Classe di Pericolosità 2 bassa (IP2) Valgono le norme espresse dalla D.C.R.T. 94/85: cor risponde a situazioni geologiche-tecniche apparentemente stabi li sulle quali però permangono dubbi che potranno essere chiariti a liv ello di indagine geognostica di supporto alla progettazione.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Su incarico dell’Amministrazione Comunale di Villaf ranca in Lunigiana, è stato redatto il Supporto Geologico al Piano Stru tturale Comunale condotto sull’intera superficie del territorio medi ante rilievi, raccolta di dati, misurazioni e verifiche tecniche specifiche, e sono state affrontate le tematiche territoriali attinent i l’assetto geologico, geomorfologico, idrogeologico ed idrogra fico-idraulico sia nell’ottica di costituire una prima e complessiva c aratterizzazione di riferimento e di base per eventuali sviluppi di app rofondimenti specifici che dovessero essere intrapresi nell’ambi to comunale, sia sotto il profilo di costituire il presupposto di in dirizzo nello sviluppo dell’azione urbanistica e di gestione dell a risorsa territoriale. Quanto effettuato ha seguito i riferimenti normativ i nazionali e regionali attualmente vigenti nel settore della pia nificazione urbanistica con riferimento agli aspetti territoria li esaminati; nello sviluppo della azione di studio è peraltro stato te nuto conto, raccordandovisi in modo organico, degli strumenti c onoscitivi e valutativi attinenti il P.T.C. provinciale e le car tografie del P.I.T. regionale, talora acquisendo da essi utili dati che sono venuti a far parte integrante di quanto redatto a scala del Pian o Strutturale comunale, talora confrontandosi con essi e, seguend one gli indirizzi, sviluppando rilievi, analisi e verifiche in approfo ndimento e dettaglio per giungere ad una caratterizzazione territoriale ritenuta adeguata agli scopi pianificatori.

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Massa Carrara, aprile 2007

Il Tecnico incaricato

Dott. Geol. Gabriele Borghini