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Anno XVIII N° 2/2009 - 15 febbraio DIREZIONE - REDAZIONE - AMMINISTRAZIONE - Via Lucifero 40 - Crotone 88900 - Tel.(0962) 905192 - Fax (0962) 1920413 Iscr.Reg.Naz. della Stampa n. 4548 del 12.02.1994 - ROC n. 2734 SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Poste Italiane Filiale di Catanzaro - Gruppo 3° - mensile pubblicità inferiore al 50% - tassa pagata - tax paid - Direttore Editoriale Pino D’Ettoris - Direttore Responsabile Tina D’Ettoris - Abbonamenti: euro 26,00 - Contributo Sostenitore euro: 50,00 - Estero euro: 100,00 c.c.p. 15800881 intestato a IL CORRIERE DEL SUD PERIODICO INDIPENDENTE CULTURALE - ECONOMICO DI FORMAZIONE ED INFORMAZIONE 1,00 C Sito Web: www.corrieredelsud.it - E-Mail: [email protected] - [email protected] - [email protected] REGIONALE Via Lucifero 40 - CROTONE - Tel. 0962/905192 - Fax 1920413 REGIONALE Via Lucifero 40 - CROTONE - Tel. 0962/905192 - Fax 1920413 ASSOCIATO ALL’USPI UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA Giorgio Lambrinopulos Berlusconi: “Condivido al centro per cento le parole di Napolitano” La spudoratezza di questa Sinistra I cassetti del Parlamento sono pieni di proposte della Sinistra di modifica della Costituzione, aggiunge il premier, quindi non la si può considerare un sacrilegio Tra Mediaset e Mentana rottura totale P enso anche io ‘te- niamocela stretta’ la Costituzione e condivido al cento per cento le parole di Na- politano”. Lo afferma il premier Silvio Berlu- sconi da Cagliari. “Però questa è l’ulteriore pro- va della spudoratezza di questa sinistra che ha cambiato interi ca- pitoli della Costituzio- ne solo con i suoi voti, tra l’altro una modifica fatta male e con solo 4 voti di vantaggio”. ‘Ci sono i cassetti del Parlamento pieni di proposte di modifica della Costituzione del- la sinistra - aggiunge il premier - quindi non possono considerare un sacrilegio la modifica della Costituzione, che si puo’ anche cambia- re quando c’é la gene- rale volontà di farlo”. Il premier attacca qun- di l’ex capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, che ieri ha parlato in piazza alla manifesta- zione del Pd in dife- sa della Costituzione. “Veltroni dice che io vengo in Sardegna per un candidato che si presenta con una li- sta che porta il mio nome - afferma - ma mi domando, se la si- nistra avesse un suo simbolo chi ci avreb- bero messo? Scalfaro? Un uomo che sappia- mo il passato che ha”. Berlusconi attacca an- che Epifani. Può es- sere considerato un suo avversario? “No. L’adesione allo scio- pero è stata solo del 6%, lo sciopero è fal- lito - risponde il pre- sidente del Consiglio - la Cgil si é tolta di mezzo lei da sola dal fronte sindacale, men- tre gli altri sindacati hanno dato un contri- buto per le riforme”. Silvio Berlusconi è stato contestato da un gruppo di studenti men- tre stava introducendo la convention di chiu- sura della campagna elettorale del centro- destra in Sardegna, al palazzetto dello Sport di Cagliari. Una de- cina di giovani hanno esposto uno striscione con scritto “Tira fuori i soldi per l’ Università e diritto allo studio”, ru- moreggiando contro il premier. Sono stati al- lontanati da un gruppo di manifestanti del Pdl, prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, e il premier, con un sorri- so ha esclamato: “Non andate via restate altri 5 minuti”. Dopo qual- che momento tensione sugli spalti, seguito dal fuggi fuggi dei conte- statori, Berlusconi ha ripreso la parola com- mentando così quanto accaduto: “E’ successa la stessa cosa a Sassa- ri, mi hanno contestato proprio quando stavo per dire che sono in arrivo contributi per l’Università. Queste persone si qualificano da sole, noi non ci sa- remmo mai sognati di interrompere una loro manifestazione - ha concluso - e questo è ciò che ci contraddi- stingue con la sinistra”. Walter Veltroni im- magina un paese “un po’ diverso da questo gigantesco ‘Truman show’ berlusconiano, nel quale siamo sta- ti per 15 anni e che sta producendo i dan- ni che vediamo”. E’ il commento del lea- der del Pd al dibatti- to che si è aperto sul compenso milionario al conduttore di San- remo Paolo Bonolis. “L’Italia è un paese che deve smetterla di pen- sare in termini di show business e deve tornare ad avere lavoro, produ- zione, deve sostenere i giovani precari e gli imprenditori coraggio- si - ha aggiunto - In Continua a pag 2 Continua a pag 2 vera ma certamente par- ziale. D’altronde, mentre lui si occupava solo di Ca- nale 5, quella sera io ho tenuto conto dell’insieme delle tre reti. Resta il fatto - sottolinea Crippa - che si può dissentire da una scel- ta editoriale che, peraltro, si è dimostrata lungimi- rante ma questo non ha nulla a che vedere con una sconfessione pubblica e radicale, accompagnata da una dissociazione a mezzo stampa e culminata con le dimissioni». E adesso? «Matrix riprenderà dopo Sanremo, la pausa durante il Festival era già prevista, ma non sappiamo ancora chi lo condurrà. Matrix è un prodotto che non verrà abbandonato - ha aggiunto Crippa - e riprenderà come era programmato, dopo il Festival, probabilmente con le quattro serate». Per quanto riguarda Mentana, Crippa ha ripetuto che per lui la vicenda è chiusa. «Mentana con il suo atteg- giamento ha sconfessato pubblicamente l’azienda - ha detto Crippa - e in que- sto modo si è messo fuori dalla logica di Mediaset». Quanto all’affaire dimis- sioni, Mentana sottolinea di non aver «mai sentito, né quella sera né dopo Confalonieri o Pier Silvio Berlusconi. Mi ha chiama- to, invece, il direttore del personale, per preannun- ciarmi che l’azienda rite- neva concluso il rapporto di lavoro con me, a causa delle mie dimissioni da di- rettore editoriale. Per la Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e il premier, Sivlio Berlusconi La nuova Bibbia di Gerusalemme. nuova traduzione CEI, nuovi commenti e note Presentazione di Gianfranco Ravasi =<: www.labibbiadigerusalemme.it NELLE MIGLIORI LIBRERIE E nrico Mentana rom- pe il silenzio. A 48 ore dall’annuncio delle dimissioni (fatto la sera della morte di Eluana Englaro) immediatamente accettate da Mediaset, il giornalista conduttore si sfoga e in una lettera in- viata al direttore di Libero Vittorio Feltri (che merco- ledì titolava in prima pagi- na «Ridateci Mentana») dà la sua versione dei fatti. «Se Mediaset vuol cac- ciarmi comunque, che lo faccia: basta che non si na- sconda dietro i cavilli»: è uno dei passaggi della let- tera. Nella missiva, pub- blicata giovedì su Libero, Mentana spiega «come sono andate davvero le cose» e come le ha vissute «in prima persona». Il giornalista racconta che la sera della morte di Eluana non chiese lo spostamento in prime time di Matrix al posto del Grande Fratello ma che fece tre proposte: «Aprire nel programma (il Grande Fratello, ) una o due finestre del Tg5; op- pure inserire attorno alle 22 dieci minuti di Matrix; o infine chiudere il Grande Fratello non alle 24, com’era previsto, ma un’ora prima, così da tra- smettere una puntata di Matrix in grado di essere seguita da un pubblico meno sparuto». Tutte e tre furono bocciate, spiega Mentana. Seguì l’annun- cio delle dimissioni. «Quella di Enrico - è la re- plica del direttore generale Informazione Mediaset Mauro Crippa - è una rico- struzione sostanzialmente

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Anno XVIII N° 2/2009 - 15 febbraio

DIREZIONE - REDAZIONE - AMMINISTRAZIONE - Via Lucifero 40 - Crotone 88900 - Tel.(0962) 905192 - Fax (0962) 1920413 Iscr.Reg.Naz. della Stampa n. 4548 del 12.02.1994 - ROC n. 2734SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Poste Italiane Filiale di Catanzaro - Gruppo 3° - mensile pubblicità inferiore al 50% - tassa pagata - tax paid - Direttore Editoriale Pino D’Ettoris - Direttore Responsabile Tina D’Ettoris - Abbonamenti: euro 26,00 - Contributo Sostenitore euro: 50,00 - Estero euro: 100,00 c.c.p. 15800881 intestato a IL CORRIERE DEL SUD

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ASSOCIATO ALL’USPI UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA

Fides CatholicaRivista di apologetica

teologicaAnno III, I – 2008Istituto Teologico

«Immacolata Mediatrice»

Una nuova rivista teologica dal titolo “Fides Catholica”, a cura dello Studio Teologico Immacolata Mediatrice vede gli albori, quando già si leva-no le prime luci di un pontifi-cato che ameremmo definire “teologico”.

Giorgio Lambrinopulos

Berlusconi: “Condivido al centro per cento le parole di Napolitano”

La spudoratezza di questa SinistraI cassetti del Parlamento sono pieni di proposte della Sinistra di modifica della Costituzione, aggiunge il premier, quindi non la si può considerare un sacrilegio

Tra Mediaset e Mentana rottura totale

P enso anche io ‘te-niamocela stretta’ la Costituzione e

condivido al cento per cento le parole di Na-politano”. Lo afferma il premier Silvio Berlu-sconi da Cagliari. “Però questa è l’ulteriore pro-va della spudoratezza di questa sinistra che ha cambiato interi ca-pitoli della Costituzio-ne solo con i suoi voti, tra l’altro una modifica fatta male e con solo 4 voti di vantaggio”. ‘Ci sono i cassetti del Parlamento pieni di proposte di modifica della Costituzione del-la sinistra - aggiunge il premier - quindi non possono considerare un sacrilegio la modifica della Costituzione, che si puo’ anche cambia-re quando c’é la gene-rale volontà di farlo”. Il premier attacca qun-di l’ex capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, che ieri ha parlato in piazza alla manifesta-zione del Pd in dife-sa della Costituzione. “Veltroni dice che io vengo in Sardegna per un candidato che si presenta con una li-

sta che porta il mio nome - afferma - ma mi domando, se la si-nistra avesse un suo simbolo chi ci avreb-bero messo? Scalfaro? Un uomo che sappia-mo il passato che ha”. Berlusconi attacca an-

che Epifani. Può es-sere considerato un suo avversario? “No. L’adesione allo scio-pero è stata solo del 6%, lo sciopero è fal-lito - risponde il pre-sidente del Consiglio - la Cgil si é tolta di

mezzo lei da sola dal fronte sindacale, men-tre gli altri sindacati hanno dato un contri-buto per le riforme”. Silvio Berlusconi è stato contestato da un gruppo di studenti men-tre stava introducendo

la convention di chiu-sura della campagna elettorale del centro-destra in Sardegna, al palazzetto dello Sport di Cagliari. Una de-cina di giovani hanno esposto uno striscione con scritto “Tira fuori i soldi per l’ Università e diritto allo studio”, ru-moreggiando contro il premier. Sono stati al-lontanati da un gruppo di manifestanti del Pdl, prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, e il

premier, con un sorri-so ha esclamato: “Non andate via restate altri 5 minuti”. Dopo qual-che momento tensione sugli spalti, seguito dal fuggi fuggi dei conte-statori, Berlusconi ha ripreso la parola com-mentando così quanto accaduto: “E’ successa la stessa cosa a Sassa-ri, mi hanno contestato proprio quando stavo per dire che sono in arrivo contributi per l’Università. Queste persone si qualificano da sole, noi non ci sa-remmo mai sognati di interrompere una loro manifestazione - ha concluso - e questo è ciò che ci contraddi-stingue con la sinistra”. Walter Veltroni im-magina un paese “un po’ diverso da questo gigantesco ‘Truman show’ berlusconiano, nel quale siamo sta-ti per 15 anni e che sta producendo i dan-ni che vediamo”. E’ il commento del lea-der del Pd al dibatti-to che si è aperto sul compenso milionario al conduttore di San-remo Paolo Bonolis. “L’Italia è un paese che deve smetterla di pen-sare in termini di show business e deve tornare ad avere lavoro, produ-zione, deve sostenere i giovani precari e gli imprenditori coraggio-si - ha aggiunto - In

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vera ma certamente par-ziale. D’altronde, mentre lui si occupava solo di Ca-nale 5, quella sera io ho tenuto conto dell’insieme delle tre reti. Resta il fatto - sottolinea Crippa - che si può dissentire da una scel-ta editoriale che, peraltro, si è dimostrata lungimi-rante ma questo non ha nulla a che vedere con una sconfessione pubblica e radicale, accompagnata da una dissociazione a mezzo stampa e culminata con le dimissioni». E adesso? «Matrix riprenderà dopo Sanremo, la pausa durante il Festival era già prevista, ma non sappiamo ancora chi lo condurrà. Matrix è un prodotto che non verrà abbandonato - ha aggiunto Crippa - e riprenderà come era programmato, dopo il

Festival, probabilmente con le quattro serate». Per quanto riguarda Mentana, Crippa ha ripetuto che per lui la vicenda è chiusa. «Mentana con il suo atteg-giamento ha sconfessato pubblicamente l’azienda - ha detto Crippa - e in que-sto modo si è messo fuori dalla logica di Mediaset». Quanto all’affaire dimis-sioni, Mentana sottolinea di non aver «mai sentito, né quella sera né dopo Confalonieri o Pier Silvio Berlusconi. Mi ha chiama-to, invece, il direttore del personale, per preannun-ciarmi che l’azienda rite-neva concluso il rapporto di lavoro con me, a causa delle mie dimissioni da di-rettore editoriale. Per la

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e il premier, Sivlio Berlusconi

La nuova Bibbia di Gerusalemme.

nuova traduzione CEI, nuovi commenti e note

Presentazione di

GianfrancoRavasi

=<: www.labibbiadigerusalemme.it

NELLE

MIGLIORI

LIBRERIE

Pubb BJ Corriere Sud 22-01-2009 18:10 Pagina 1

Enrico Mentana rom-pe il silenzio. A 48 ore dall’annuncio

delle dimissioni (fatto la sera della morte di Eluana Englaro) immediatamente accettate da Mediaset, il giornalista conduttore si sfoga e in una lettera in-viata al direttore di Libero Vittorio Feltri (che merco-ledì titolava in prima pagi-na «Ridateci Mentana») dà la sua versione dei fatti. «Se Mediaset vuol cac-ciarmi comunque, che lo faccia: basta che non si na-sconda dietro i cavilli»: è uno dei passaggi della let-tera. Nella missiva, pub-blicata giovedì su Libero, Mentana spiega «come sono andate davvero le cose» e come le ha vissute «in prima persona». Il giornalista racconta che la

sera della morte di Eluana non chiese lo spostamento in prime time di Matrix al posto del Grande Fratello ma che fece tre proposte: «Aprire nel programma (il Grande Fratello, ) una o due finestre del Tg5; op-pure inserire attorno alle 22 dieci minuti di Matrix; o infine chiudere il Grande Fratello non alle 24, com’era previsto, ma un’ora prima, così da tra-smettere una puntata di Matrix in grado di essere seguita da un pubblico meno sparuto». Tutte e tre furono bocciate, spiega Mentana. Seguì l’annun-cio delle dimissioni. «Quella di Enrico - è la re-plica del direttore generale Informazione Mediaset Mauro Crippa - è una rico-struzione sostanzialmente

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2 N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraiooliticaP

Tel. (0962) 905192 Fax (0962) 1920413

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Associato U. S. P. I.UNIONE STAMPA

PERIODICA ITALIANA

Direzione - Redazione - AmministrazioneVia Lucifero 40 - 88900 Crotone

Segue dalla prima Segue dalla prima

generale, il Paese deve tor-nare ad essere più sobrio, mentre adesso si danno 300 mila euro a uno del ‘Grande Fratello’, mentre gli operai che ho incontrato stamani forse avranno una cassa in-tegrazione da 880 euro. E tanti ricercatori che si am-mazzano studiando pren-dono mille euro al mese”. La campagna elettorale in Sardegna incentrata “per il centrosinistra su Soru e per il centrodestra su Berlusco-ni” produrrà secondo Walter Veltroni un unico risultato: finita la campagna eletto-rale “Berlusconi non lo si vedrà più, come non lo si è visto più in Abruzzo e in tutt i i posti nei quali è an-dato”. “Berlusconi fa cam-pagna elettorale tutt i i gior-ni - ha ribadito i l leader del Pd - anziché occuparsi della crisi del Paese, vist i i dati , come fanno i suoi colleghi in tutta Europa”. Veltroni ha aggiunto che in Sardegna si vota domenica e lunedì per la scelta del pre-sidente della Regione e i l confronto “non è tra Berlu-sconi e Veltroni (di qui la sua presenza a Nuoro nel pome-riggio e non a Cagliari per la chiusura della campagna accanto a Soru ) ma tra Soru e i l candidato della destra”. “In Sardegna Renato Soru si candida a governare e sui suoi simboli c’é scrit to per Renato Soru presidente. Nei simboli della destra - ha ri-levato - c’é scrit to ‘Silvio Berlusconi presidente’. Da lunedì, quando il premier avrà smesso di fare comizi e tutt i avranno smesso di occuparsi dell’isola, qui r i-marranno le persone che la Sardegna la amano e la rap-presentano. E i sardi vedran-no la quali tà e la differenza che c’é tra i due candidati e chi potrà rappresentare nel modo migliore questa terra”. “Oggi i l presidente Berlu-sconi si è detto preoccupato dopo sei mesi che è esplosa la crisi f inanziaria: noi sia-mo preoccupati del fatto che sia preoccupato e basta e che non ha fatto quello che hanno fatto molti suoi col-leghi in Europa”. Così i l se-gretario del Pd ha commen-tato le parole del presidente del Consiglio sulla crisi . Davanti a un centinaio di giovani, r iprendendo poi i l discorso sui simboli del centrosinistra e centrode-stra per queste elezioni re-gionali Veltroni ha detto che occorre “onestà polit ica nei confronti degli eletto-ri”. “Quello che c’é scrit to sul nostro simbolo è vero (per Soru presidente ) - ha aggiunto - mentre dall’altra parte c’é scrit to Berlusco-ni presidente. Presidente di che? Del Consiglio lo è già e qualcuno glielo dovrebbe ricordare e dovrebbe stare a Roma ad occuparsi della crisi ; presidente della Sar-degna no perché hanno can-didato un altro. Questo è un messaggio ingannevole”.

Giorgio Lambrinopulos

svolto come sempre il proprio ruolo di editore in modo tempe-stivo e completo». Le dimissio-ni di Mentana in realtà erano state accettate dal direttore ge-nerale informazione di Media-set, Mauro Crippa, già lunedì sera, quando non erano ancora state formalizzate. E a darne no-tizia era stato lo stesso Mentana. «Non è così che si fa informa-zione su una grande rete nazio-nale - aveva sottolineato il gior-nalista - . Non esiste solo l’audience. Simili scelte tolgono credibilità a chi le compie, e personalmente non ho nessuna intenzione di avallarle. Stasera su Canale 5 - aveva spiegato Mentana - il dramma è quello della cacciata di una concorrente dal Grande Fratello. A mezza-notte, se va bene, si parlerà di Eluana a Matrix. Andremo in onda comunque, per dovere di informare. Domani però - aveva avvertito - rassegnerò le dimis-sioni da direttore editoriale di Mediaset, per un altro dovere, quello di coerenza». Un affondo al quale Crippa ha replicato spiegando che Mediaset ha se-guito gli sviluppi del caso En-glaro con una lunga diretta del Tg4 di Emilio Fede e con una fi-nestra informativa di Studio Aperto su Italia 1. «Mentana è un giornalista di grande espe-rienza che conosce bene le rego-le della tv commerciale che gli hanno consentito e gli consento-no di lavorare in piena libertà e autonomia editoriale. Colpisce che non abbia avuto nessuna menzione la lunga e impeccabile diretta di Fede su Retequattro e la finestra delle 23,35 di Studio Aperto. Siamo infatti un sistema a tre reti e credo che non si deb-ba mai dimenticare che il pub-blico ha esigenze diverse, come dimostra peraltro la programma-zione della nostra concorrenza» ha aggiunto il direttore generale informazione di Mediaset. Me-diaset, ribadisce Crippa, «non ha mandato via nessuno, è Mentana che si è messo fuori dall’azienda rompendo pubblicamente e pla-tealmente il rapporto fiduciario. Valuteremo nei prossimi giorni - conclude - le modalità di pro-secuzione dell’esperienza di Matrix. Un editore ha il dovere di tenere in vita i propri marchi anche al di là delle vicende per-sonali». I giornalisti del Tg5 e di Videonews, la testata alla quale fa capo Matrix, hanno de-ciso all’unanimità di proclamare da subito lo stato di agitazione e una giornata di sciopero per martedì 17 febbraio, dopo un’as-semblea alla quale hanno parte-cipato anche colleghi del Tg4, Studio aperto, Sport Mediaset e Tg Com. Nel documento appro-vato dall’assemblea, i giornalisti del Tg5 e di Videonews «respin-gono con forza la decisione dell’azienda di sospendere il programma Matrix, realizzata in modi e tempi inaccettabili» e si impegnano «a non occupare gli spazi di Matrix finchè il pro-gramma resterà sospeso. Auspi-cando che l’azienda trovi una positiva ricomposizione con En-rico Mentana, volto storico e fondatore dell’informazione di Canale 5 - si legge ancora nel documento - i giornalisti espri-mono la loro solidarietà ai colle-ghi e alla redazione tutta di Ma-trix». Inoltre «ribadiscono la centralità dell’informazione

Mediaset e il rischio che diventi sempre più marginale; la ric-chezza e la pluralità dell’infor-mazione Mediaset, patrimonio di questa azienda e di tutti i gior-nalisti e il pericolo che vengano progressivamente compresse; la preoccupazione forte sul futuro dell’informazione di ogni singo-la testata». L’assemblea è durata un’ora e mezza; nei prossimi giorni si terranno con ogni pro-babilità quelle delle altre testate Mediaset. E Gad Lerner non sarà tra gli ospiti che al «Chiam-bretti Night» interveranno sul caso di Enrico Mentana. Sul suo blog www.gadlerner.it, il gior-nalista smentisce categorica-mente la notizia, diffusa tramite agenzie stampa e siti web, che lo vedeva tra i protagonisti della puntata del programma di Piero Chiambretti. «È falso, non in-tendo nè scherzare, nè fare da foglia di fico a Mediaset in que-sta sgradevole vicenda. Quando mi ha telefonato la redazione di Chiambretti, infatti, ho detto su-bito di no. Trovo dunque scor-retto che abbiano messo in giro il mio nome annunciando una presenza che sapevano benissi-mo non ci sarebbe stata». Nel suo «post» Lerner ribadisce la sua «piena solidarietà a Enrico Mentana che ha compiuto una scelta netta, chiara, dignitosa. La fretta con cui Mediaset ha accolto le sue dimissioni, estendendole dalla direzione editoriale alla soppressione di «Matrix», non fa onore a quell’azienda che deve moltis-simo a Mentana. L’ottusità purtroppo miete sempre più vittime nel sistema televisivo italiano». «Capisco la logica inter-rete di Mediaset ma è an-che normale che possa non es-sere compresa da un cavallo di razza lasciato nella stalla al momento della corsa, come era lunedì sera Enrico Mentana»: è il giudizio espresso da Bruno Vespa, che col suo Porta a por-ta ha invece conquistato la pri-ma serata di Raiuno per com-mentare con ospiti la morte di Eluana Englaro. «Mi dispiace moltissimo quello che è succes-

so - premette Vespa - ho parlato con Enrico due volte e gli ho detto che, pur capendo le logi-che della tv commerciale, istin-tivamente avrei fatto quello che ha fatto lui, cioè chiedere di an-dare al posto di Grande Fatello di fronte ad un fatto come la morte di Eluana. Per un giorna-lista - commenta Vespa - non essere in onda in ore come quel-le è pesante e difficile». E sot-tolinea: «Mediaset agisce su tre reti ma per noi in Rai in casi come questi è Raiuno che va in onda. Capisco che Enrico avrebbe voluto la stessa cosa per Canale 5». Vespa aggiunge: «Mentana mi ha detto che non c’erano dissapori passati. Che si arrivi alla sospensione sine die di Matrix - rileva Vespa - mi lascia immaginare che ci siano altre ragioni, anche se non mi permetto di entrare in casa d’al-tri». «Non avere almeno per un po’ un concorrente come Matrix - aggiunge l’ex direttore del Tg1 - mi dispiacerebbe molto e lo dico senza ipocrisie. Proprio come quando dirigevo il Tg1 ed ero tra i principali fautori della nascita del Tg5. So quanto ci ha fatto bene ieri come oggi» E la conduttrice del Grande Fratello, Alessia Marcuzzi, in un’intervista a Silvia Toffanin per R101 difenda la scelta del-la rete: «Credo sia stato giusto andare avanti con un program-ma di intrattenimento in un momento in cui la tv di Stato stava dando tutte le notizie sulla morte di Eluana Englaro e c’erano altre reti Mediaset che stavano facendo informa-zione. C’era la necessità di fare il programma e ovvia-mente non dipendeva da me». E aggiunge: «In quel momento non mi sentivo in difetto nel condurre la trasmissione. Ov-viamente ero molto dispiaciu-ta per cui ho iniziato la tra-smissione cercando di farmi sentire vicina ai familiari. Non avevo niente di scritto, ma era ciò che mi sentivo di fare in quel momento».

G. L.

verità - chiarisce il giornalista - la mia qualifica contrattuale è di direttore ad personam, quindi è evidente che la qualifica edito-riale non ha alcun contatto con il mio ruolo operativo di responsa-bile e conduttore di Matrix. Ma se Mediaset vuol cacciarmi co-munque, che lo faccia: basta che non si nasconda dietro i cavilli. I soldi non sono un problema - scrive Mentana - la forma sì. E anche la sorte di chi sta lavoran-do con me al programma, e ha appreso della sua sospensione da una lettera di due righe». Nel-la lettera a Feltri, Mentana spie-ga di aver deciso di dire la sua dopo aver visto che «il racconto dell’accaduto, passaggio dopo passaggio, si allontana sempre più dalla realtà, quasi sempre in buona fede; anche se c’è pure qualche mestatore all’opera per mettere in giro balle e veleni as-sortiti («come la voce su un mio contatto o addirittura contratto con Sky)». «Non so se ho sba-gliato - scrive ancora Mentana -, in tutta onestà non lo credo». Ospite della rubrica di Giuliano Ferrara giovedì mattina su Ra-dio 24, Mentana ha quindi riven-dicato la decisione di dimettersi da direttore editoriale di Media-set, di fatto escludendo l’ipotesi di porgere le sue scuse alla rete e di fare marcia indietro. «Sono un professionista lautamente pa-gato che ha giocato e rischiato in proprio. E se uno fa una scelta in proprio, ci mette la faccia e la firma, poi non deve temere le reazioni»ha detto Mentana riba-dendo poi quanto espresso nella lettera a Feltri. E commentando una riflessione di Ferrara Menta-na ha anche chiarito: «Tante vol-te ho rivendicato l’autonomia di Mediaset dal presidente del Consiglio, sarebbe arbitrario in questa occasione fare il ragiona-mento opposto». A Mediaset, che gli ha contestato in partico-lare la «sconfessione pubblica e radicale» della linea editoriale per non aver modificato il palin-sesto nella sera della morte di Eluana, Mentana ha replicato che «la sconfessione è una cosa diversa dalla dissociazione da una scelta che in quel momento ho giudicato - dice il conduttore - di grave insensibilità e che con il senno di poi continuo a consi-derare tale» e non «lungimiran-te» come è invece stato rivendi-cato ancora ieri dall’azienda. Tra Mediaset e Enrico Mentana è rottura totale. La rete ha accet-tato infatti le dimissioni presen-tate dal direttore editoriale, con-trario al mancato cambio di palinsesto di fronte al «dramma di Eluana», e ha sospeso fino a nuova comunicazione il pro-gramma Matrix. Le dimissioni erano state annunciate già lunedì sera dallo stesso giornalista-conduttore. Pomo della discor-dia l’appuntamento settimanale con il Grande Fratello: Mentana in sostanza non ha gradito la de-cisione presa da Mediaset di mandare in onda in prima serata il reality, dopo la notizia della morte di Eluana Englaro, senza «cambiare di una virgola la sua programmazione». Nell’accetta-re le dimissioni di Mentana, Me-diaset, come si legge in una nota, ha «respinto tutte le moti-vazioni» del direttore editoriale, «nella convinzione di avere

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Seconda Parte

5. La politica caudillista del presidente Chavez

L’accentramento del potere, il rapporto diretto con il popolo, l’esercito utilizzato nelle funzio-ni civili, la strategia di appoggio internazionale, sono gli elementi del pensiero di Ceresole che si ritrovano nella politica del Pre-sidente Chavez.

5.1 Il potere di Chavez

Chavez demonizza la demo-crazia rappresentativa e propone di sostituirla con una democra-zia «partecipativa e protagoni-sta», dove però l’unico vero pro-tagonista è il Capo che interpreta la volontà comune; i cittadini sono chiamati al sostegno della rivoluzione senza possibilità di agire in autonomia, in quanto hanno perduto il loro potere di delega (37). Ogni decisione, ogni programma è di Chavez, testi-monial di un’autopromozione permanente. La magistratura è sotto il suo controllo, i princi-pali uffici pubblici sono affidati a uomini di sua fiducia, gli Stati federali vengono svuotati delle loro competenze, accentrate nel-lo Stato, l’Assemblea Nazionale è controllata dal suo partito, il potere legislativo è stato asse-gnato al presidente dall’Assem-blea Nazionale fino al 2008, il partito unico chavista potrebbe assorbire tutte le forze che ap-poggiano il presidente (38).

5.2 Militarizzazione del potere

Chavez crede profondamente nell’etica militare e nella fun-zione sociale delle forze armate: sono migliaia gli ufficiali da lui assegnati a dirigere uffici civili. La Costituzione del 1999 ha po-sto le basi per il coinvolgimento dei militari nell’ordine pubblico e nello sviluppo civile nazionale, e ha soppresso il diritto dell’As-semblea Nazionale di approvare le promozioni delegandone il compito al presidente.

I militari sono coinvolti nei programmi governativi infra-strutturali, di sostegno sanitario, di distribuzione degli alimenti, nelle campagne contro l’anal-fabetismo e la disoccupazione; inoltre, occupano alte cariche ministeriali e amministrative, per esempio all’interno della Petroleos de Venezuela, nella Citgo Petroleum Corporation — la filiale americana dell’azienda petrolifera venezuelana —, nella polizia, negli uffici delle impo-ste, nella dogana, nel Tribunale Supremo di Giustizia (39). Te-mendo un possibile golpe, il presidente si è preoccupato di armare milizie paramilitari a lui devote, con compiti sociali e di difesa del territorio, e ha dato vita a organizzazioni «bo-

Hugo Rafael Chavez Frias: un «Presidente-Caudillo» a cavallo del mito comunista

Antonio Savo

livariane» costituite da civili che espletano funzioni militari, in buona parte dotati di armi. Nel 2003 il governo ha creato il Frente Francisco de Miranda, una forza indottrinata e politi-camente impegnata, con 10.000 membri distribuiti nei 24 Stati, che vengono addestrati e indot-trinati a Cuba e i cui leader sono designati direttamente da Cha-vez (40).

5.3 La strategia di consenso in-ternazionale

La rete di appoggio interna-zionale, suggerita da Ceresole, è evidente in Italia, dove la strate-gia di consenso miete successi. Rifondazione Comunista parte-cipa a un gruppo di lavoro per la costruzione del «Socialismo del XXI secolo» e anche il Par-tito dei Comunisti Italiani è con-vinto sostenitore del presidente venezuelano.

Mobilitati intorno a Chavez ci sono i circoli bolivariani italiani che hanno dato vita al Coordi-namento Nazionale Bolivariano per appoggiare la lotta dei po-poli latinoamericani, numerosi sono le associazioni, i comitati, i siti e le riviste vicine alla coppia Chavez-Castro (41).

Fra le personalità che appog-giano più vistosamente Chavez ci sono personaggi politici e intellettuali, dagli ex-deputati Franco Giordano (42) e Ramon Mantovani di Rifondazione Co-munista agli ex-onorevoli Oli-viero Diliberto e Iacopo Venier del Partito dei Comunisti Italia-ni, dal filosofo Gianni Vattimo ai giornalisti Luciana Castellina e Fulvio Grimaldi.

A destra, non disdegnano Cha-vez Salvatore Santangelo e Ti-berio Graziani (Eurasia), attratti dalla mobilitazione popolare, dai temi della giustizia sociale e

dalla politica antiamericana; la Destra Sociale e la rivista Area di Marcello De Angelis non sembrano aver sciolto le riser-ve, condividono le critiche alla globalizzazione ma temono il ri-schio di deriva castrista (43).

Nella regione ispanoameri-cana il presidente venezuelano influenza le alleanze attingen-do alla sua rendita energetica: presta 2,5 miliardi di dollari all’Argentina, 1,5 miliardi alla Bolivia, 500 milioni all’Ecua-dor e 2 miliardi a Cuba. È un match impari, perché il Fondo Monetario Internazionale presta solo 50 milioni di dollari annui all’America Latina, l’1% del to-tale contro l’80% del 2005; gli Usa investono nella regione 1,6 miliardi di dollari, una goccia d’acqua rispetto all’oceano di petroldollari impiegati dal cha-vismo per costruire la rete d’ap-poggio nell’Ispanoamerica (44).

Il risultato maggiore è l’asse Cuba-Venezuela, che si ramifi-ca in Bolivia, Ecuador e Nica-ragua per via delle affinità ide-ologiche e degl’interessi sugli idrocarburi. Da Fidel Castro è nata l’idea di estendere l’alle-anza Cuba-Venezuela creando Alba, l’Alternativa Bolivariana per l’America Latina, asse eco-nomico e geopolitico cui hanno aderito Bolivia e Nicaragua, mentre il presidente ecuado-regno, Rafael Vicente Correa Delgado, ha annunciato la sua intenzione di aderire, ma prima dovrà risolvere il problema di un Congresso in maggioranza a lui ostile (45).

Buone relazioni sono evidenti anche con l’Argentina neopero-nista, debitrice di Chavez per l’acquisto di importanti quote di buoni del Tesoro; sono se-guaci di Chavez anche Para-guay, sebbene orientato poli-ticamente a destra, Uruguay,

Haiti e Giamaica, più o meno sensibili agli aiuti petroliferi venezuelani. Cile, Perù, Hon-duras, Costa Rica, Panama e Repubblica Domenicana man-tengono distanze piuttosto am-pie dall’asse Venezuela-Cuba. Sul fronte opposto, legati agli Stati Uniti restano Colombia ed El Salvador e in qualche modo anche il Messico. Il Brasile, che è la superpotenza regiona-le, mantiene buoni rapporti con tutti, osservando dall’esterno gli allineamenti regionali intor-no al Venezuela (46).

Il vincolo con Ahmadi-Nejiad si sostiene sul comune sentimen-to anti-imperialista, sulla dichia-rata fratellanza tra i due popoli (47). Ma c’è qualcosa di più e di più profondo se il Paese asiati-co è divenuto il secondo partner commerciale del Venezuela, non a caso preceduto solo da Cuba, con cui i legami sono di natura preminentemente ideologica.

Il presidente iraniano non ha mai tenuto nascosto il suo feroce negazionismo e il suo anti-semitismo (48); inoltre, le sue minacce di cancellare dalla mappa del mondo Israele e il suo disinteresse nel mantenere rapporti con questo Paese han-no colpito fortemente l’opinione pubblica mondiale. D’altra parte il negazionismo di Ceresole si era tradotto nel rapporto stretto che l’ideologo argentino aveva intessuto con il fondamentali-smo islamico, con il governo dell’Iran e con il movimento ar-mato degli Hezbollah (49) e l’in-teresse è certamente stato ricam-biato, se i suoi scritti sono stati tradotti in arabo e in persiano (50). Tutto questo ha certamente giocato un ruolo determinante nell’orientare il presidente ve-nezuelano verso la Repubblica Islamica dell’Iran e verso la sua ideologia.

In conclusione, Chavez fa suoi i suggerimenti di Ceresole, sia in politica interna che in politica estera, interpreta la funzione di caudillo, ma con un ruolo poli-tico che è lo stesso presidente a chiarire: «La funzione del Cau-dillo in certe epoche storiche è quello di mobilizzatore di masse, di rappresentante di una massa con cui si identifica: una funzio-ne che la massa gli riconosce senza che ci sia un procedimen-to formale, legale o di legittima-zione. [...] Se una persona così

dedicasse la vita, dedicasse i suoi sforzi a collettivizzare, ser-vendosi del suo potere “mitico” [...]: se si verificasse tutto que-sto, allora io giustificherei la presenza di un caudillo» (51).

Il caudillismo di Chavez è cioè intimamente associato alla sua aspirazione alla collettivizzazio-ne: «Il capitalismo va superato avanzando verso il socialismo [...]. Io sono un rivoluzionario tutti i giorni più rivoluzionario, perchè mi convinco sempre più che l’unico modo per rompere l’egemonia capitalista, per rom-pere l’egemonia delle oligarchie della terra è attraverso la rivo-luzione, non c’è altra strada» (52). Con queste parole Chavez, il 30 gennaio 2005, nel corso del World Social Forum di Porto Alegre, in Brasile, ha lanciato la nuova strategia di superamento del capitalismo e di costruzione di un nuovo tipo di socialismo.

Note

(37) Cfr. Manuel Caballero, Bolivarismo e Fascismo, «Li-mes. Rivista italiana di geopoli-tica», n. cit., pp. 211-212.

(38) Cfr. Il patriarca e il parà, cit., p. 16.

(39) Cfr. Venezuela. La Révo-lucion de Hugo Chavez, cit., pp. 18-21.

(40) Cfr. ibid., p. 23. (41) Cfr. Appendice, in Limes.

Rivista italiana di geopolitica, n. cit., pp. 96-98.

(42) Cfr. M. Caballero, Boliva-rismo e Fascismo, cit., p. 123.

(43) Cfr. Mauro De Bonis, Non solo sinistra. viaggio fra i ca-stristi e i chavisti nostrani, in Limes. Rivista italiana di geo-politica, n. cit., pp. 94-97.

(44) Cfr. Il patriarca e il parà, cit., p. 12.

(45) Cfr. Maurizio Stefanini, Le quattro Americhe, in Limes. Ri-vista italiana di geopolitica, n. cit., p. 83.

(46) Cfr. Il patriarca e il parà, cit., pp. 12-13.

(47) Cfr. Presidentes de Ve-nezuela e Irán anuncian lu-cha contra el imperialismo, in <http://www.analitica.com/va/vpi/4977528.asp> (27-2-2008).

(48) Cfr. Antonio Pasquali, Irán, el modelo, in <http://www.analitica.com/va/politica/opi-nion/7699156.asp> (27-2-2008).

(49) Cfr. Ely Karmon, Hez-bollah America Latina: Strange Group or Real Th-reat?, in <http://www.insti-tuteforcounterterrorism.org/var/119/35195Hezbollah%20in%20LatinAmerica_Dr%20Ely%20Karmon.pdf> (27-2-2008); cfr. anche Aníbal Romero, El Chacal, Cereso-le, Ahmadinejad, in <http://w e b a r t i c u l i s t a . n e t . f r e e . f r /ar200609080813.html> (27-2-2008).

(50) Cfr. <http://en.wikipedia.org/wiki/Norberto_Ceresole>, cit.

(51) Cfr. Il patriarca e il parà, p. 14.

Continua …

Hugo Rafael Chavez Frias

Il filosofo Gianni Vattimo

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5N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraio oliticaP

La guerra con razzi e volantiniIsraele ha arginato il terrorismo e aperto i suoi ospedali

Ma per l’antisemitismo strisciante solo le bombe di Hamas sono “buone”

Regge il cessate il fuoco sul-la striscia di Gaza: un tra-guardo raggiunto dopo una

breve guerra all’israeliana. E per guerra all’israeliana non mi riferi-sco solo alla capacità dell’esercito con la Stella di Davide di fare da rullo compressore in pochi giorni nei confronti dei propri avversari; ma di attuare nei fatti quella guerra da manuale di Diritto internaziona-le che inutilmente è stata ideata e idealizzata, se non in ampi periodi del Medievo e dell’Età moderna quando i cavalieri antichi seppero mettere in pratica autentiche regole cavalleresche nei conflitti tra Stati: la guerra divenne un affare tra nobi-li e soldati, si svolgeva come su di una scacchiera con regole precise, e spesso si consentiva ai cittadini delle parti opposte di continuare a intrattenere liberi rapporti personali e commerciali. Dobbiamo prima di tutto ricordare come l’intervento di Israele sia perfettamente legale dal punto di vista del Diritto Internazio-nale. Le continue e pericolose atti-vità belliche dei terroristi palestine-si che si sono impadroniti di ampie parti del territorio di Gaza, giustifi-cano pienamente le forme di auto-tutela previste giuridicamente. Nel caso di Israele, non ci troviamo solo di fronte all’applicazione dell’istitu-to della rappresaglia (che nel Diritto

nei confronti di Israele anche in una certa opinione pubblica di sinistra. Che cosa avrebbe dovuto fare il Governo di Gerusalemme? Eviden-temente, nella mentalità degli an-tisemiti striscianti, i razzi buoni di Hamas possono continuare ad esse-re lanciati su obiettivi civili all’in-terno del territorio ebraico. I razzi buoni sono stati sparati a migliaia, per anni, su scuole, strade, negozi, e hanno costituito i bersagli preferiti dei terroristi palestinesi; i cittadi-ni presenti sul territorio israeliano si sono ritrovati sotto improvvisi bombardamenti, senza possibilità di correre ai rifugi. Né Hamas ha risparmiato gli ospedali dove, oltre

Internazionale costituisce elemento ben diverso da quello comunemen-te confuso con le stragi naziste nel corso della seconda guerra mondia-le). La rappresaglia, infatti mira ad ottenere un’azione satisfattoria per un torto subito; mentre l’intervento israeliano a mio avviso rientra negli schemi della legittima difesa: isti-tuto che tende a prevenire ulteriori danni futuri (come la continuazio-ne dei bombardamenti sui civili da parte di Hamas) e ad impedire che il torto venga ancora consumato (cf. per questo argomento S. QUADRI, Diritto Internazionale Pubblico, Roma 1975, p.271). È vero che nel corso della campagna di intervento a Gaza le truppe israeliane hanno dovuto fare fuoco su obiettivi sparsi nel territorio, in cui si trovavano an-che molti civili. Ma è vero in primo luogo che anche la responsabilità di queste morti va ricondotta in gran parte ad Hamas la cui dirigenza fa imbottire le abitazioni dei cittadini palestinesi con armi e munizioni, trasformando spesso i palazzi in depositi militari dentro cui tanti innocenti vengono tenuti pratica-mente in ostaggio da guerriglieri e terroristi. Olmert stesso, del resto, come tutta la leadership israeliana, ha dichiarato di soffrire moralmen-te per ciascuna delle vittime inno-centi di questa guerra. E mentre

Per capire Hamas e la guer-ra di Gaza, occorre cono-scere la storia, bisogna

avere pazienza di documentar-si, leggere, conoscere, è quello che ha fatto Massimo Introvi-gne, direttore del Cesnur e del-la monumentale Enciclopedia delle religioni in Italia (Elle-dici, Leumann, Torino). Da de-cenni il professore Introvigne studia i fenomeni religiosi nel mondo, non poteva mancare di occuparsi del fondamentalismo islamico, di Hamas, tra l’altro è autore di un volumetto, Hamas, fondamentalismo islamico e terrorismo suicida in Palesti-na. Che cosa sostiene Introvi-gne, per capire Hamas occorre conoscere la sua storia, infatti si ha l’impressione che le ani-me belle europee, tipo Massimo D’Alema, stiano ancora a guar-dando una vecchia fotografia di Hamas. Addirittura Introvigne parte dalla sconfitta delle ar-mate ottomane sotto le mura di

Hamas e l a guerra d i Gaza

Vienna nel 1683, qui l’esercito turco, più forte, non poteva per-dere e invece ha perso. Da que-sta sconfitta ne sono nate altre, poi la maggioranza dei musul-mani si trova a vivere sotto do-minio coloniale europeo. Poi-ché il profeta Maometto aveva prospettato ai credenti un futuro di sole vittorie, il problema che ne nasce non è solo politico: è teologico. Per riprendere il ti-tolo di un’opera dello speciali-sta Bernard Lewis, «what went wrong?», “che cosa è andato storto?”. (Massimo Introvigne, Il suicidio di Hamas, da manua-le, 24 gennaio 2009 Il Domeni-cale) Perché siamo stati scon-fitti? Il mondo islamico dà due risposte: nella prima, l’islam è rimasto indietro rispetto all’Eu-ropa. La cura dunque è l’occi-dentalizzazione che va dalla tecnica militare all’amministra-zione dello Stato. La seconda risposta, l’islam ha perso per-ché è troppo simile all’Europa.

La fede si è corrotta e l’eserci-to perde. Tra le due prevale la prima: il piano politico con il formarsi dei regimi nazionalisti laici; mentre la seconda lettura, quella tradizionalista, prevale in periferia, diventando ideolo-gia wahhbita, e liquidata dagli intellettuali del sultano come dottrina di beduini ignoranti.Il tradizionalismo non muo-re, scrive Introvigne, i wahh-biti, ricevono dalla natu-ra un aiuto insperato, il petrolio, dell’Arabia Saudita. Attraverso i Fratelli Musulma-ni, fondati in Egitto da Hasan al-Banna, il Tradizionalismo, diventa ideologia e quando sembra perdente nel 1979, av-viene l’imprevisto, i fondamen-talisti vanno al potere con la rivoluzione iraniana. L’Iran dimostra ai fondamentalisti – scrive Introvigne - che essi possono vincere, tanto più che molti regimi laico-nazionalisti, impopolari e corrotti, si sono legati all’Unione Sovietica. La caduta del comunismo fa venire peraltro meno tale sostegno e apre la strada al successo dei fondamentalisti in diversi Pae-si, dall’Afghanistan al Sudan. L’Iran da un lato è una risorsa perché più o meno finanzia i movimenti fondamentalisti di tutto il mondo, ma è anche un problema perché l’Iran è un Pa-ese sciita e il fondamentalismo, fin dalle origini è radicalmente antisciita. Il fondamentalismo in Palestina nasce con Sa’id Ramadan, padre del contro-verso intellettuale musulmano Tariq Ramadan e genero di al-Banna, che lo manda a fondare in Palestina proprio i Fratelli

Musulmani. L’organizzazione consegue un discreto successo nelle moschee, ma è minoritaria rispetto al movimento naziona-lista di Yasser Arafat e sotto la guida di Ahmad Yasin, i fratelli musulmani decidono di ritirarsi dalla politica, dedicandosi alle istituzioni sociali, educative e religiose. Nel 1987 decidono di tornare alla politica e pren-dono il nome di Hamas, acroni-mo dell’espressione araba che sta per “Movimento di resisten-za islamica”. Il loro successo è dovuto per l’impegno che avevano profuso nelle attività caritative e sociali, ma anche per gli attentati suicidi. Hamas persegue, per statuto, la di-struzione dello Stato d’Israele e la rioccupazione musulmana dell’attuale territorio ebraico. Gli ebrei che non lasceran-no il Medio Oriente vivranno come dhimmi, cittadini di serie B. Se questa è la tesi,- scrive Introvigne - Hamas ha sempre coniugato – come diceva Yasin – la poesia dell’idealismo con la prosa del realismo. Senza ri-nunciare al principio, quindi, e neppure agli attentati suicidi, propone ripetute “tregue” tro-vando interlocutori per tratta-tive sotterranee condotte con israeliani e statunitensi, in par-ticolare dopo la liberazione nel 1999 di Yasin dal carcere israe-liano dove si trovava rinchiuso. Dopo l’11 settembre Hamas si scontra con al-Qa’ida che gli fa concorrenza in Medio Oriente, creando cellule fondamentaliste ancora più radicali. A sua vol-ta Hamas si radicalizza sempre più e i suoi dirigenti sono co-stretti a rivolgersi al grande ele-mosiniere del fondamentalismo internazionale: l’Iran. Gli ira-niani pagano, ma vogliono nuo-

Ehud Olmert. Primo ministro dello Stato di Israele

Militanti di Hamas

ancora si discuteva sulle modalità della tregua, le autorità di Gerusa-lemme hanno disposto l’apertura di un varco nella linea di confine, per consentire il passaggio dei mezzi di soccorso e il ricovero di Palestinesi malati e feriti presso ospedali israe-liani per le cure necessarie. Natural-mente, non sono mancate le critiche

ve offensive a colpi di missili contro Israele, il quale rispon-de uccidendo Yasin nel 2004. Inoltre, Teheran induce Hamas a rompere con la Giordania e con l’Egitto, anti-iraniani. Poi con il successo elettorale ottenuto nel 2006, dà ad Hamas il governo della Palestina, in coabitazione con l’esponente di Fatah Abu Mazen, che resta presidente. Ad Hamas viene offerta l’occasione di essere ri-conosciuta se rinuncerà al pro-posito di distruggere Israele e al terrorismo suicida. Hamas decide di seguire gl’iraniani, e ogni tregua s’interrompe per ordine di Teheran. Anzi, i catti-vi maestri iraniani consigliano di porre fine alla coabitazio-ne con Abu Mazen nel 2007 e Hamas s’impadronisce con le armi di Gaza (a Fatah rima-ne la Cisgiordania), di fatto sequestrandone gli abitanti. È sempre l’Iran a consigliare alla fine del 2008 di ripren-dere i lanci missilistici contro Israele e a fornire gli strumen-ti tecnici che ne aumentano la gittata. Israele non può che reagire militarmente. Ma pro-prio questo vogliono gl’ira-niani, che dal 2001 operano perché la trattativa sia impos-sibile(…) Consegnandosi agli iraniani i dirigenti di Hamas hanno insomma sottoscritto un patto con il Diavolo. Hanno ricevuto molto denaro (trop-po: i grandi capi di Hamas, a Damasco, appaiono non meno corrotti dei laici di Fatah), ma politicamente hanno scelto la strada di un lento suicidio. È questo che le nostre anime belle si ostinano a non capire. (ibidem).

D. B.

a pazienti ebrei, da sempre sono an-che ricoverati molti Palestinesi che vengono curati senza differenza di religione e di razza. Tutti abbiamo visto, invece, come lo stesso eserci-to israeliano abbia lanciato una nu-vola di volantini sui quartieri dove avrebbe iniziato i suoi interventi militari, avvertendo la popolazio-ne civile di abbandonare le aree pericolose. I pacifisti di casa no-stra hanno levato così alte proteste quando Komehini mandava miglia-ia di bambini a morire calpestando i campi minati per individuare le bombe iraqene?

Carmelo Currò

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6 N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraiooliticaP

ß ßGiudici e giustiziaDiciamoci la verità. Non è

che i magistrati italiani facciano molto per evi-

tare l’onore delle prime pagine di giornali, telegiornali, radio-giornali, siti internet e chiac-chiere diffuse. Del resto, senza, come avrebbero potuto e come potrebbero costruire fulminee carriere politiche e professiona-li, a partire dal semplice e tea-trale gesto di sfilarsi la toga? Però con i tragicomici fatti di Salerno e di Catanzaro sembra proprio che siano andati oltre ogni misura. Naturalmente, è fa-cile prevedere il concerto di voci «di pietra» e il loro «trava-glio»: ci sono tanti magistrati che lavorano in silenzio, che si sacrificano, che hanno combat-tuto e combattono il crimine or-ganizzato, le mafie e i terrori-smi, e che nel farlo hanno sacrificato e sacrificano intere esistenze e finanche la vita. Cer-to – a parte il fatto che i magi-strati non avrebbero il compito di «combattere» alcunché, nep-pure la mafia –, e perciò onore a loro: semplicemente, il discorso che segue non li riguarda. Ri-guarda tuttavia tanti altri magi-strati, che invece sono preda di se stessi, di una smania di prota-gonismo e di un delirio di poten-za che nel visionario disegno di bonificare periodicamente am-biti «intrinsecamente perversi» – primo fra tutti la politica –, di risanare il mondo, hanno tra-sformato e trasformano il pro-cesso in azione Rivoluzionaria (sul punto mi è maestro l’insi-gne giurista e scrittore sardo Salvatore Satta [1902-1975] e il suo Il mistero del processo), tra-dendo in radice i loro doveri. Così, i sessantottini arrivati in Cassazione hanno riscritto e stanno riscrivendo il diritto, se-condo la prospettiva relativisti-ca e nichilista – o forse sempli-cemente corriva a un certo «politicamente corretto»? – dell’attivismo libertario, ma fuori dalle regole che disciplina-no la produzione normativa nel vigente ordinamento costituzio-nale. Clamoroso esempio di tanto è la recente vicenda giudi-

ziaria che ha riguardato la pove-ra Eluana Englaro: «Sancho Panza in Cassazione (come si riscrive la norma sull’eutana-sia, in spregio al principio della divisione dei poteri)». Questo il titolo – felicemente e sintetica-mente descrittivo del senso della decisione della Cassazione – di un dottissimo e puntuale articolo del professor Francesco Gazzo-ni, pubblicato in Diritto di fami-glia e delle persone, n. 1/2008, pp. 107-131, dal quale mi pare utile trascrivere che «il magi-strato dovrebbe praticare quoti-dianamente la virtù dell’umiltà, per sconfiggere tendenze narci-sistiche e esibizionistiche, tal-volta con sconfinamenti nel deli-rio di onnipotenza. Il magistrato […] dovrebbe fare propria l’af-fermazione dell’Ovidio di Tri-stia, secondo cui Bene qui latuit, bene vixit [“Chi bene si è nasco-sto, bene ha vissuto”], […] e non già, assumendo provvedimenti clamorosi, aspirare alla noto-rietà, ad essere citato, ad occu-pare gli schermi televisivi e la carta stampata, dando sfogo al proprio Ego ipertrofico. «Non diversamente, non vi è niente di peggio del giudice che va alla ricerca di un preteso diritto “giusto” o “umanitario” che dir si voglia, un giudice che ri-tiene di avere una missione da compiere, piuttosto che doversi limitare ad applicare con umiltà la legge, per quel che essa, piac-cia o non piaccia, dispone. In tal modo l’umanità o l’aequitas cui egli pretenderebbe di ispirarsi è quella canonica, per l’identifi-cazione di sé con il Creatore (Nihil aliud est aequitas quam Deus) [“L’equità non è nient’al-tro che Dio stesso”], identifica-zione che il giudice “missiona-rio” opera inevitabilmente, reputandosi legibus solutus e dunque creatore egli stesso di leggi, secondo la propria arbi-traria volontà» (pp. 130-131). Il professor Gazzoni scrive di un caso enorme, nel quale la giuri-sprudenza ha elaborato, extra e contra legem, un vero e proprio epocale «diritto alla morte», ri-tenendo che si debba riconosce-

re tutela alla volontà di non con-tinuare a vivere, peraltro deducibile da vaghi indizi, quali lo stile di vita, qualche frasetta pronunciata en passant, rico-struiti attraverso testimonianze altrettanto discutibili. Ma v’è un altro esempio di giurisprudenza fortemente creativa, ma soprat-tutto assai simbolica dell’idea che la magistratura (va bene, «certa magistratura») ha di sé, della propria opera, e dei diritti di libertà (non quella libertaria) dei cittadini. È evidentemente un esempio minore, rispetto a quello sopra trattato, ma come dicevo davvero emblematico. Da qualche tempo – non da mol-to, invero – la legge italiana ri-conosce a chi, dopo essere stato privato della libertà personale, sia stato assolto o prosciolto con sentenza di merito (cioè non per prescrizione o per altre cause estintive del reato) «un’equa ri-parazione». Senza addentrarci in tecnicismi inutili, va subito detto che non si tratta di un ri-sarcimento dei danni: non si tien conto, cioè, nella determinazio-ne della cifra dovuta, se la cu-stodia cautelare ingiustamente sofferta abbia causato il falli-mento di un’azienda, distrutto una famiglia, causato la morte per crepacuore di qualcuno lega-to a chi l’abbia subita o alla stes-sa vittima, etc., e neppure delle spese sostenute per la difesa. Ma non è questo il punto. E ne-anche nel fatto che chi ha espe-rienza delle aule giudiziarie sa bene come tali procedure venga-no spesso, troppo spesso, affron-tate dai magistrati con un certo sussiego e un po’ di sufficienza – e soprattutto con tempi biblici –, come se il soggetto che recla-ma tale riparazione pecuniaria accampi chissà quale pretesa, invece di esser contento di come se la sia cavata. Quando addirit-tura non diventano occasione di una sorta di revisione di fatto in malam partem (e contro la leg-ge, che conosce solo la revisione della sentenza di condanna) del-le sentenze di assoluzione, per negare tale riparazione, cioè l’errore che la esige. Quel che

qui importa, è che il legislatore – certamente poco coraggioso in materia – ha condizionato tale diritto, oltre al fatto di non aver «speso» il tempo trascor-so ingiustamente in custodia cautelare per un certo reato per soddisfare la pena detentiva dovuta per un altro crimine, a non aver dato o concorso a dar causa ad essa «per dolo o colpa grave». Tralascio tante consi-derazioni che pure si potrebbe-ro fare, e vengo al dunque. La Cassazione ha elaborato una giurisprudenza secondo la qua-le chi, in sede d’interrogatorio dopo essere stato arrestato, si sia avvalso del diritto – DI-RITTO! – di non rispondere, ha dato o è concorso a dar cau-sa alla custodia cautelare, e quindi anche se è rimasto in carcere per anni e alla fine sia stato prosciolto, non merita al-cuna «riparazione». E le corti d’appello territoriali, compe-tenti per la decisione di merito sulla domanda di riparazione per ingiusta detenzione, si sono subito adeguate. Dunque, chi avesse ritenuto che fosse meglio per la sua difesa tacere, sarebbe stato colpevole lui – non chi lo ha fatto arrestare e poi lo ha tenuto in carcere in-giustamente – della propria privazione della libertà. Certo. Perché sappiamo bene che ogni volta che un arrestato risponde alle domande del giudice e contesta le accuse, viene preso in parola e liberato, come av-venne per il povero Enzo Tor-tora; ovvero il PM provvede immediatamente alle opportu-ne indagini per la dovuta veri-fica. Perché non è mai accadu-to che su una mezza parola sia stato costruito un ulteriore, quanto cartaceo, castello pro-batorio. Perchè non è il giudice che sbaglia, ma l’imputato che l’inganna, che lo induce in er-rore con il suo silenzio o con altre riprovevoli condotte. Per-ché, in fondo, già sei stato as-solto – cioè te la sei cavata (e chissà con quale artifizio e fur-bizia), perchè, come insegnano i mostri che pontificano in te-

levisione, se t’hanno arrestato, anzi semplicemente se t’hanno accusato, qualcosa avrai pur dovuto commettere – che altro vuoi? Questa giurisprudenza della Cassazione la dice davve-ro lunga sull’opinione che i magistrati hanno di sé e della libertà del cittadino. L’eserci-zio di un diritto diventa causa della propria ingiusta detenzio-ne. Il giudice, anziché assistere mortificato e in silenzio alle ri-chieste di chi ha perso ingiu-stamente la propria libertà – cioè un po’ di vita – per un tempo che nessuno potrà mai più restituirgli a causa dell’er-rore di suoi colleghi, sta a sin-dacarne la linea difensiva – di cui normalmente è responsabi-le il difensore, non la vittima –, e con volto arcigno gli nega anche quel po’ di ristoro che la legge gli concede, ma che certo non gli restituisce il tempo per-duto e le cose perdute con esso. Anziché chiedergli umilmente scusa, lo censura, giustifican-do i suoi colleghi. In altri ter-mini, se l’è voluta: il giudice non sbaglia mai e soprattutto non paga mai. Mai! Che cosa aspetta il legislatore a interve-nire? Ma anche quando sarà intervenuto, non pensiamo che l’indomani mattina vivremo nel tempio di Salomone o a Giosafat. Solo quando il giu-dice capirà di dover diffidare di sé stesso; solo quando capi-rà che i codici processuali, nonché costituire un’inutile pastoia (e se li sono è solo per l’incapacità del legislatore, non intrinsecamente), sono sta-ti pensati ed esistono proprio contro il giudice, a causa di una radicale e ben fondata di principio diffidenza nei con-fronti del giudizio e della giu-stizia umani, e quindi per argi-narne gl’inevitabili errori, abusi e presunzioni; solo, cioè, quando il giudice sarà umile come chiede il professor Gaz-zoni; solo allora avremo non la giustizia, ma almeno un’ingiu-stizia sostenibile.

Giovanni Formicola

Una vera e propria paro-dia, non c’è altro modo per definire la querel-

le nata attorno a una presunta nomina del senatore Marcello Pera alla presidenza della pre-stigiosa enciclopedia Trecca-ni. Non solo la notizia circo-lata nei giorni scorsi, secondo la quale Giorgio Napolitano avrebbe posto un pesante veto alla nomina, appare destituita di ogni fondamento, addirittu-ra si apprende che il nome di Pera non è mai figurato nella rosa di nomi che il Governo sottopone al presidente della

Repubblica, il quale ha poi la facoltà di sceglierne uno tra essi. Cosa è successo dunque? Sembra che il tutto sia frut-to di uno scaricabarile istitu-zionale con la presidenza del Consiglio che ha tentato di addossare le colpe al presi-dente della Repubblica e vi-ceversa. Fatto sta che il nome di Pera è parso sgradito a tutti e non solo per le motivazioni che arbitrariamente sono sta-te attribuite al Colle, ovvero che l’ex presidente del Sena-to sarebbe portatore di idee fin troppo decise in materia

di etica e identità dell’Euro-pa, ma anche e soprattutto a causa di alcune tesi politiche che il senatore sta ultimamen-te sostenendo e che risulte-rebbero malviste dall’attuale Governo perché ritenute trop-po critiche nei suoi confronti. Un’altra possibile chiave di lettura di questa faccenda la si può rintracciare in una fra-se contenuta nell’ultimo libro di Pera, “Perché dobbiamo dirci cristiani”, dove a “colui che invitò quelli che hanno bisogno di visioni del mondo ad andare al cinematografo”

viene rinfacciato di non aver capito “quale danno sarebbe incorso a chi ha preso alla let-tera la sua infelice battuta”: chi ricorda il nome di colui che lanciò tale invito agli Italiani, ovviamente, ha gioco facile nell’intuire da chi possa es-ser veramente partito il veto. Giochetti di potere a parte, da questa storia non si può non notare come, alla fin dei conti, siano state proprio le massime autorità istituzionali italiane ad avallare le tesi so-stenute da Pera nel suo libro, secondo il quale lo “Stato li-

berale che per i padri del libe-ralismo, imbevuti di cristia-nesimo, aveva la funzione del garante e custode del rispetto dei diritti umani fondamen-tali, sacri, inviolabili, non negoziabili, fondati su valori altrettanto sacri, è diventato oggi il più insidioso avversa-rio di questi stessi valori”. La politica italiana, inoltre, ha dimostrato di preferire l’os-sequio ai meriti e alle compe-tenze, che in campo cultura-le al presidente Pera di certo non mancano, e di ritenere la libertà di pensiero subordina-ta ad una preventiva negazio-ne dei valori cristiani. In tale ottica la nomina di Amato ap-pare più rassicurante, ma di certo fa poco onore all’Italia e alla cultura italiana.

Nicola Currò

Il caso Pera-Treccani, la politica preferisce l’ossequio alle competenze

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7N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraio

A cura di Antonio D’Ettoris

INSERTO

Corriere LetterarioCorriere LetterarioCorriere LetterarioCorriere Letterario

Omar Ebrahime

Entro la metà del secolo, se nulla nei tassi demografici cambierà, l’Europa perde-

rà in modo naturale più di cento milioni di abitanti. L’Italia scen-derà dagli attuali 58 milioni a 40 milioni. Nello stesso periodo, cioè tra poco più di 40 anni, le perso-ne sopra i 65 anni, che oggi sono un sesto del totale, saranno arri-vate a un terzo. Queste previsioni apocalittiche non sono il delirio di qualche Cassandra amante delle tinte fosche ma semplicemente le attuali proiezioni demografiche dei principali istituti di statistica euro-pei che, per una volta, anche sui numeri sono tutti concordi. Il fatto che non se ne parli nonostante uno dei principali sociologi italiani, Massimo Introvigne, abbia usato espressioni non esattamente mode-rate come “questione epocale” non aiuta di certo a risolvere il proble-ma che, anzi, come accade nelle patologie riscontrate, ma non trat-tate, con il passare del tempo non può che acuirsi. Il saggio di Tony Blankley, analista politico, edito-rialista del Washington Times ed ex consigliere del presidente Ronald Reagan costituisce quindi una sa-lutare riflessione per chiunque vo-glia cercare di farsi un’idea del pa-norama geo-politico che potrebbe delinearsi in Europa da qui a pochi anni (L’ultima chance dell’Occi-dente Rubbettino 2007, Soveria Mannelli, pp. 214, euro 15,00). Il saggio si suddivide in otto capitoli e prende spunto dagli atti terroristi-ci degli anni passati soffermandosi

L’ultima chance dell’Occidente

in particolare sulle stragi dell’11 Settembre, di Londra e Madrid (capp. 1-3), quindi analizza la re-azione degli Stati Uniti e dell’Eu-ropa riflettendo a lungo sulla crisi morale e religiosa che l’Occidente attraversa da alcuni anni a questa parte (capp. 4-6), infine traccia un profilo dei possibili orizzonti futuri (capp. 7-8). La crisi demografica dell’Europa per Blankley potrebbe iniziare a farsi sentire già tra po-chissimi anni quando cioè le gene-razioni del baby-boom degli anni Cinquanta e Sessanta usciranno dal mondo del lavoro per andare in pensione: sarà allora infatti che per la prima volta nella storia le classi non più in età produttiva e ripro-duttiva costituiranno la grande maggioranza della società. Questo fatto, posticipabile ma non evitabi-le, porterà presumibilmente a una vera e propria esplosione delle spe-se assistenziali mentre al contem-po il calo e l’invecchiamento della popolazione determineranno una sostanziale riduzione della forza lavoro sul mercato. Per far fronte a questa situazione è probabile che l’Europa ricorrerà in maniera sem-pre più massiccia all’immigrazio-

ne di massa, proveniente soprattut-to dai paesi musulmani, non fosse altro che per questioni di vicinanza territoriale oltre che in ragione del-la loro alta fertilità. Per Blankley non è azzardato prevedere che un’immigrazione di questo tipo, combinata con l’alta natalità delle famiglia musulmane, raddoppierà la popolazione islamica nel giro di pochi decenni con effetti eclatanti (si consideri che già oggi in una città cosmopolita come Rotterdam il 40% della popolazione è mu-sulmana). Se a questo panorama si aggiunge il fatto che in diversi paesi dell’Unione europea alcune norme della sharia sono state ac-cettate entrando a far parte della giurisprudenza nazionale o che in alcuni sobborghi scandinavi ad alta densità islamica la polizia già oggi non è ammessa si ha forse una vaga idea della trasformazione epocale del continente che sta av-venendo sotto i nostri occhi. Qual è il motivo? L’Autore è piuttosto categorico: “Il futuro dell’Euro-pa è in pericolo perché essa ha dimenticato il suo passato” (pag. 38). Blankley reputa responsabile principalmente il clima di politi-cal correctness che alimentato da leader politici, intellettuali e cul-turali del Vecchio Continente ha finito per imporsi contro ogni sen-so di realtà. Così l’Europa, colpita da una tragicomica sindrome di Stoccolma, è arrivata a convincer-si che tutto il male del mondo è ri-condu-c i -

europea e l’anima profonda dei popoli. Sono anzi proprio i popo-li europei che mostrano, quando vengono interpellati, la più forte insofferenza verso l’ideologia e la politica dominante a Bruxelles (come le ripetute bocciature delle carte costituzionali e dei trattati da parte di Francia, Olanda e Irlan-da dimostrano ampiamente). Di fronte alla sfida dell’integralismo islamico le soluzioni utopistiche designate dalle elite burocrati dell’Unione sembrano contrasta-re fortemente con il buon senso e l’esperienza storica. Mai come oggi, per Blankley, le parole di qualche anno fa del cardinale Giacomo Biffi mostrano tutta la loro lungimiranza: “L’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare sen-za avvenire è la cultura del niente, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo van-tato come conquista intellettuale, che sembra essere l’atteggiamen-to dominante nei popoli europei. Questa cultura del niente non sarà in grado di reggere all’as-salto ideologico dell’Islam, che non mancherà: solo la riscoperta dell’avvenimento cristiano come unica salvezza dell’uomo – e quin-di solo una decisa resurrezione dell’antica anonima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto”. La chiosa di Blankley è quanto mai eloquente: “Tra un paio di gene-razioni l’Europa sarà molto più religiosa di quanto lo sia oggi, se non altro perché le persone di fede tendono ad avere più figli di quelle non religiose. L’unica questione rilevante è: sarà il Cri-stianesimo o l’Islamismo la reli-gione che prenderà il posto dello sterile e suicida secolarismo?” (pag. 22).

bile, in un mondo o nell’altro, alla sua esistenza o alle sue fun-zioni. Le teorie sviluppate dalla scuola di Francoforte, in modo particolare da Herbert Marcuse (1898-1979), Theodor Adorno (1903-1969) e Walter Benjamin (1892-1940) hanno avuto dap-prima una profonda influenza sui programmi della Nuova Sini-stra degli anni Sessanta e quindi sono filtrate nella cultura popola-re. Così, “i marxisti culturali e i ‘pensatori critici’ hanno avuto un successo formidabile nell’ultimo mezzo secolo. Mentre la maggio-ranza delle persone continuava a fare la sua vita, i multiculturalisti sono riusciti a cambiare efficace-mente il modo di pensare di una larga parte degli europei e degli americani” (pag. 107). Già nel 1964, un pensatore come James Burnham nel suo saggio dal titolo emblematico, Il suicidio dell’Oc-cidente, aveva intuito la china su cui si era avviata l’America, seguita a ruota dall’Europa, sen-tenziando: “ciò che gli americani chiamano ‘liberalism’ è l’ideolo-gia del suicidio occidentale”. Il prolungato calo delle nascite e la mancata integrazione della cre-scente immigrazione islamica, ol-tre alla diffusa decadenza morale sono tutti sintomi del relativismo etico ormai dilagante in Europa. Il rifiuto di riconoscere le radici cristiane dell’Europa è stato forse

in questo senso il segnale più eclatante. D’altra parte emerge però, sempre più radicale, una vera e pro-pria scissione nel sentire

comune tra i leader politi-ci e culturali dell’Unione

Il volume contiene gli atti dell’omonimo con-vegno, che ha avuto l’intento di chiarificare e valutare criticamente lo stato delle ricerche in corso sull’autore e di favorirne una con-sapevole prosecuzione. I contributi raccolti danno conto del lavoro fatto e forniscono una prospettiva ecdotica, storiografica e culturale dei futuri sviluppi dell’iniziativa, che sembra concentrarsi nel senso di uno sforzo editoriale attento alla compren-sione della cultura in cui le opere vennero concepite, oltre che ai testi oggetto di edizione.

Hans WollerI conti con il Fascismo

Il Mulinopp. 603 €. 14,00

Questo libro racconta in che modo fu condotta l’epurazione dei fascisti in Italia basandosi su una vasta documentazione inedita italiana e alleata. Ne risulta una dettagliata storia della transizione alla democrazia, un ritratto non oleografico della fondazione dello Stato e della società postfascista.

Clara GambaroAnton Francesco Gori

collezionistaOlschki

pp. XXII-218 €. 30,00

Il pub di Foley, al centro di Dublino, è famoso per molte cose, ma per i Browne soprattutto per una: è la sede tradizionale da ventisette anni a questa parte di tutti i loro festeggiamenti. Ora perciò che l’ultimo dei Browne, Aaron, il figlio di Mark, ha deciso di venire al mondo, Agnes e i suoi pargoli si sono dati appuntamento da Foley subito dopo il battesimo…

Paola Zannoner Il confine d’Ambra

Fanucci pp. 320 €. 18,00

È il 1944, e la seconda guerra mondiale continua a sconvolgere tutta l’Europa: la giovanissima Anneli vive in Finlandia, un Paese che ha dovuto respingere prima gli attacchi dei tedeschi e ora lotta per resistere all’invasione dell’esercito sovietico. A soli tredici anni Anneli comincia a lavorare come crittografa nel

Ministero della difesa, ma ben presto, quasi per caso, diventa una vera e propria spia.

Averil CameronaI bizantiniIl Mulino

pp. 323 €. 22,00

A cura di Dario GeneraliAntonio Vallisneri

Olschkipp. 448 €. 43,00

Il presente lavoro - basato prevalentemente su documenti d’archivio e volto a delineare un quadro d’insieme della collezione di antichità di Anton Francesco Gori (1690-1758) - ha per-messo il recupero di nuove informazioni sugli oggetti che la componevano, svelandone i per-corsi precedenti e successivi all’acquisizione da parte dello studioso. Attenzione particolare è stata rivolta alla raccolta dei vasi, che riflette un interesse pionieristico del Gori rispetto al panorama del collezionismo fiorentino dell’epoca.

Alberto NegriIl turbante e la corona

Tropea pp. 286 €. 16,90

Il volume presenta un quadro critico dell’impero bizantino che intende da un lato dare un’immagine della vita dei bizantini, e dall’altro mostrare come esso appartenga in pieno alla storia dell’Europa, sinora ricostruita in maniera troppo “eurocentrica”.

Andrea AfriboPetrarca e petrarchismo

Caroccipp. 255 €. 25,30

Alla base del libro alcune domande: regge ancora il famoso verdetto continiano di “mono-linguismo” petrarchesco? IL verso dei “Frag-menta” è solo “mollezza” e “olio soavissimo”, come scriveva Leopardi? E il petrarchismo cin-quecentesco, un codice serenamente condiviso o un affascinante campo di tensioni?

Brendan O’Carroll Agnes Browne nonna

Neri Pozzapp. 191 €. 15,00

Il volume contiene gli atti dell’omonimo con-vegno, che ha avuto l’intento di chiarificare e valutare criticamente lo stato delle ricerche in corso sull’autore e di favorirne una consapevole prosecuzione. I contributi raccolti danno conto del lavoro fatto e forniscono una prospettiva ec-

dotica, storiografica e culturale dei futuri sviluppi dell’iniziativa, che sembra concentrarsi nel senso di uno sforzo editoriale attento alla comprensione della cultura in cui le opere vennero concepite, oltre che ai testi oggetto di edizione.

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8 N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraio

onservali nella tua ibliotecaC B

LIBRIè CULTURALEGGERE

a cura di Maria Grazia D’EttorisLIB

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Una casa senza biblioteca è come una fortezza senza armeria

(da un antico detto monastico)

INSERTO

Sarà un caso ma la casa editrice Bompiani per presentare il libro di

Evfrosinija Kersnovskaja, Quanto vale un uomo, ha scelto la giornata della me-moria, alle 18,30 presso la Libreria Feltrinelli di piaz-za Piemonte a Milano. Già prima dell’inizio degli in-terventi la saletta era straor-dinariamente stracolma, un gran successo di pubblico; il racconto del Gulag anco-ra tira. Ha introdotto Elena Kostioukovitch, curatrice del libro, che ha rilevato la portata storico-culturale dell’evento, una prima mon-diale per il racconto della scrittrice russa, morta quin-dici anni fa e che ora la casa editrice Bompiani pubblica in Italia. Si tratta della prima testimonianza illustrata del-la vita quotidiana all’interno del gulag. Centinaia di illu-strazioni, disegni originali, affissi alle pareti nella salet-ta della libreria. C’è qualco-sa di Solgenitsin e Salamov, nella Kersnovskaja, ha detto il professore Vittorio Stra-da, il decano della manife-stazione, che ha relazionato sul contesto storico che ha visto il socialcomunismo imperversare sulla Russia e sui russi dal 1917 al 1991. Il professore Strada appro-fittando della giornata della

Quanto vale un uomo nel gulagmemoria, ha comparato i due crimini contro l’uma-nità: il gulag comunista e il lager nazista. “Non si tratta, naturalmente, di mettere su un’abominevo-le bilancia i morti dei due genocidi per un mostruoso conteggio comparativo, ma semplicemente di ricor-dare che i massacri sono stati due, frutto di diverse ideologie scellerate[…]Chiedere che la memoria collettiva commemori an-che il genocidio del Gulag (Gulag è la sigla russa di Glavnoe upravlenie la-gerej), non significa fare un’operazione di equilibri-smo politico, bensì com-piere un atto di elementare giustizia morale che tolga alla memoria del crimine antisemita ogni velo di ipo-crita unilateralità”(L’altra metà della memoria, Vit-torio Strada, in Avvenire, 26/1/2002). Si parla di ne-gazionismo della Shoah, ma anche il gulag sovietico ha avuto i suoi negazioni-sti, in particolare la sinistra francese era tra le più atti-ve. Il negazionismo del gu-lag per il professore Strada era più grave perché ne-gava un fenomeno che era ancora vigente, attuale. Poi quando arrivò Solgenitsin con il suo Arcipelago Gu-

riesce a fuggire e percorre a piedi, da sola, 1500 chilo-metri nella tajga. Catturata e condannata alla fucilazione, la pena le viene commutata e viene rinchiusa nel lager di Norilsk, uno dei più famosi del sistema del gulag stali-niano. Nonostante il freddo, la fame, le privazioni, il duro lavoro in miniera e le anghe-rie, grazie alla sua cultura e alla sua statura morale, Evr-fosinja riesce a non perdere mai dignità e coraggio, tanto da essere considerata, oggi, in madrepatria, alla stregua di una santa o di una marti-re. Nel racconto la Kersno-vskaja descrive la realtà dei campi comunisti, avevo già avuto modo di osservare la denutrizione in tutti gli stadi possibili e immaginabili, ma non avevo ancora incontrato un simile esempio di sche-letro vivente. In mezzo agli escrementi, in una cella di rigore, d’inverno, comple-tamente nuda, resistette de-clamando ad alta voce ver-si del suo poeta preferito. Di fronte a questi crimini l’Occidente è stato cieco e muto, si è rifiutato di ve-dere e di parlare, c’è stata una sottile ipocrisia della nostra cultura(dai massme-dia all’Università, alle varie associazioni politiche). In-vece, di denunciare corag-

lag, non si poteva più nega-re. Dopo è intervenuto Igor Chapkosvkij, che è quello che si prese cura della scrit-trice russa e dei suoi qua-derni scritti tra il 1965 e il 1972; 1500 pagine battute a macchina durante la notte stando attenti a non essere scoperti dal Kgb. Dopo la perestrojka nel 1990 una parte dei diari fu pubbli-cata sulla rivista Ogoniok; Delle 1470 pagine dedicate alla sua triste avventura, in Russia uscirono solo estrat-ti fino al 2006, quando fu editata una versione over-size da 4 chili e mezzo, “un’assurdità che nessuno può leggere nè comprare - commenta l’erede dell’au-trice, - visto che costa 250 dollari”. La curatrice Ele-na Kostioukovitch decise di portare il maxi tomo alla fiera del libro di Francofor-te, dove l’editor di Bompia-ni Mario Andreose decise di acquisirne i diritti per una versione più maneg-gevole, subito venduta in America e Francia. La sto-ria racconta la deportazione di Kersnovskaja, dopo l’oc-cupazione sovietica della sua Bessarabia, diventa prima bracciante e poi viene deportata in Siberia. Condannata al massacrante lavoro del taglio del bosco,

Alda Merini. L’“Io” in scena è una mono-grafia che, ripercorrendo la storia umana e artistica del poeta, tenta di individuare il sostrato culturale in cui si è formata la scrittrice, i modelli di riferimento, le corri-spondenze e i luoghi ricorrenti di una poe-sia che, improvvisamente, si concentra su un unico punto oscuro.

Roberta AlunniAlda Merini

L’“Io” in scenaSocietà Editrice Fiorentina

pp. 188 €. 15,00

Alan B. KruegerTerroristi perché

Laterzapp. 185 € 15,00

A cura di Paola PolitoSentieri liguri per viaggiatori nordici

Olschkipp. VIII-300 €. 32,00

Italianisti esperti di lingua, letteratura, arte e storia delle idee, artisti e scrittori, dialogano sulla Liguria come spazio di esperienze e interpretazioni, contribuen-do con il proprio approccio alla rappre-sentazione interdisciplinare e multicul-turale di uno scenario che è anche luogo mentale.

Cicerone è il massimo oratore politico e giudiziario dell’antichità. Ne danno un’impressionante testimonianza diretta i suoi discorsi e le sue opere teoriche, fon-damentali per comprendere quel cruciale fenomeno politico e sociale di Roma an-tica che è l’oratoria: il loro stile è rimasto modello per gli antichi e per i moderni.

Emanuele NarducciCiceroneLaterza

pp. 450 €. 30,00

Thomas SchlemmerInvasori, non vittime

Laterzapp. 344 €. 22,00

Anna FoaDiaspora

Storia degli ebrei nel Novecento

Laterzapp. X-287 €. 19,00

Itzak KatzenelsonCanto del popolo Yddish

messo a morteMondadori

pp. 114 €. 14,00

Questo testo - noto sinora in Italia come “II canto del popolo ebraico massacrato” - si articola in quindici canti che ripercor-rono, con straordinaria potenza evocativa, le tappe dell’annientamento dell’ebraismo polacco, dall’invasione nazista al rogo del ghetto di Varsavia. I versi lunghi di Kat-zenelson precipitano il lettore nel turbine della storia.

C. Gualtieri, I. VivanDalla Englishness alla Britishness. 1950-2000

Caroccipp. 279 €. 20,00

Il titolo del libro che qui si offre allo studio e al di-battito contiene già i semi dell’analisi complessiva: una riflessione di taglio cul-turalista sul periodo più re-cente della vita culturale in Gran Bretagna.

A cura di Ilaria MorelliL’archivio storico

del Comune di VinciOlschki

pp. XCVIII-434 €. 58,00

Con l’edizione di questo volume viene descritto e reso fruibile al pubblico l’in-teressante patrimonio documentario con-servato presso l’archivio storico comunale di Vinci. L’inventario, distinto nelle sezio-ni preunitaria (1513-1864) e postunitaria (1865-1960), è preceduto da una introdu-zione storico-istituzionale curata da Vanna Arrighi.

A partire dalla fine dell’Ottocento gli ebrei esprimono una forza simbolica del tutto inedita, vitalissima, che non è alimentata solo dallo sterminio o dalla persecuzione ma dall’essere stati capaci di straordinaria creatività e insieme del più radicale degli annullamenti. E, ancora, dall’essere stati un intreccio tra la volontà di farsi uguali agli altri, integrarsi totalmente, e una du-revole percezione di sé come di un’iden-tità sul confine.

Era il 22 dicembre 1942 quando migliaia di soldati tedeschi e italiani si trovarono fianco a fianco nel tentativo di salvarsi da un violento attacco dell’Armata Rossa ad Arbusov. Vitto, munizioni, medicinali e carburante erano finiti e le truppe sovie-tiche li bersagliavano senza sosta. Poi un giovane carabiniere balzò a cavallo, bran-dì un tricolore e si scagliò contro le mi-tragliatrici nemiche al grido di “Savoia”.

I terroristi sono persone informate, mili-tanti, dalle idee radicali; a spingerli non è la ricerca di profitto, ma un coinvolgi-mento politico tanto forte da giustificare la morte a sostegno della “causa”. L’Oc-cidente è stato preso di mira non perché è ricco ma perché è influente e perché il terrorismo ha maggiori probabilità di successo se colpisce una democrazia ri-spetto a un’autocrazia.

Nicola Gratteri, Antonio NicasoFratelli di sangue

Mondadoripp. 400 €. 18,00

La ‘ndrangheta calabrese si impone all’at-tenzione dell’opinione pubblica nell’estate

2007, con la strage di Duisburg, un feroce regolamento di conti in cui morirono sei persone. Un’azione clamorosa che rivelò a tutti la capacità della ‘ndrangheta di operare con spietata efficacia anche al di fuori dei propri confi-ni. Cresciuta e rafforzatasi nel silenzio, la ‘ndrangheta ha oggi ramificazioni in ogni regione italiana e nei cin-que continenti, può vantare rapporti con organizzazioni criminali e terroristiche straniere ed è uno dei principali responsabili dell’immenso fiume di cocaina che ha in-vaso le città negli ultimi anni. La ‘ndrangheta, di fatto, è presente in tutte le attività produttive, dall’edilizia alla sanità, dalla distribuzione alla gestione dei rifiuti. Il suo giro d’affari complessivo ammonterebbe, per il 2007, a oltre 43 miliardi di dollari, frutto di una straordinaria capacità di adattarsi a ogni esigenza del mercato, di co-niugare tradizione e modernità. “Oggi dietro i killer ci sono professionisti che riciclano denaro con raffinatezza manageriale e politici disposti a tutto pur di rimanere ab-barbicati al potere.”

giosamente questi massacri si è preferito un comodo conformismo “buonista” condiviso pure da molti ambienti religiosi. “[…]come è potuto e può ancor oggi accadere - si chiedeva Ernesto Galli della Loggia - che dell’esistenza di questo fiume di sangue la nostra cultura abbia così scarse memoria e consapevolez-za?” La dignità fu l’estre-ma barriera che la separò dall’abbrutimento morale: il titolo del suo libro, che richiama la testimonian-za sul lager di Primo Levi, fa riferimento a un episo-dio raccontato nei diari, quando le fu chiesto di fir-mare un protocollo men-zognero e lei, nonostante le percosse, rispose fiera: “Quanto vale un uomo? vale quanto la sua parola”.

“Le parole della Kersnov-skaja, scritte su quaderni di fortuna e poi recuperate e ordinate prima di morire, oggi rendono alle vittime i loro nomi – e anche i volti, grazie ai disegni a pastello che corredano i brevi ca-pitoli – mentre quelli dei loro persecutori sembrano parallelamente sprofonda-re nell’immondezzaio del-la storia”. (Dario Fertilio, L’inferno di gelo e una voce che non si arrese, 21.1.09 Il Corriere della Sera).

Domenico Bonvegna

Il libro

Quanto vale un uomo Kersnovskaja Evfrosinija Bompiani pp. 710 €. 26,50

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9N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraio eligioneR

ibri dello SI piritoL

Il Primo Premio “Bartolo Longo alla Carità”

Si è conclusa la cerimonia di consegna del primo Premio “Bartolo Longo alla Carità”. L’evento, che si è te-

nuto al Teatro “Di Costanzo-Mattiello” di Pompei, a partire dalle 18.00 di martedì 10 febbraio, giorno in cui ricorre la nascita del Fondatore della città mariana, concretizza il desiderio dell’Associazione “La Carità genera Carità”, ideatrice ed organizzatrice del Premio, di continuare l’opera di carità del Beato Bartolo Longo a favore degli ul-timi, soprattutto dei più piccoli. A condurre la cerimonia di premiazione, la giornalista e conduttrice televisiva Vira Carbone, già presentatrice, assieme a Franco Di Mare, de “Le Note degli Angeli”, la trasmissione televisiva registrata sul sagrato della Basi-lica mariana e trasmessa, l’agosto scorso, da Rai Uno. Per questa prima edizione, il Premio è stato conferito alla cantante Sil-via Mezzanotte, per la musica; al portiere della S.S.C. Napoli Gennaro Iezzo, per lo sport; all’attore e sceneggiatore Enzo De Caro, per lo spettacolo; all’attrice e conduttrice televisiva Tosca D’Aquino, per la comicità. Alla consegna dei premi, si sono alternati momenti di musica e di spettacolo, in cui le esibizioni degli artisti premiati hanno fatto rivivere l’impegno di carità del Beato Bartolo Longo ed il suo grande amore per i bambini. E ancora sul

palco del “Di Costan-zo-Mattiel-lo”, anche Silvia Bi-lotti, tra gli i n t e rp re t i della fiction partenopea “Un posto al sole”, Enzo Pa-lumbo della Guida Pro-duction, il Complesso

Bandistico “Bartolo Longo-Città di Pom-pei” e il Coro “Anema e Gospel”, diretto dai maestri Pino Russo e Vincenzo Porzio. Hanno preso parte alla cerimonia anche l’Arcivescovo di Pompei, Mons. Carlo Li-berati, il Sindaco della città mariana, Avv. Claudio D’Alessio, Suor Maria Angelica Bruno, Madre Generale delle Suore Dome-nicane Figlie del Santo Rosario di Pompei e Don Giovanni Russo, Presidente dell’As-sociazione promotrice del Premio. In oc-casione dell’evento è stata promossa una lotteria di beneficenza per raccogliere fondi da destinare alla costruzione di una scuola nelle Filippine, dove le Suore Domenicane operano dal 2002. Il ricavato della lotteria, sommato a quello dell’iniziativa “SMS So-lidale” raccolto durante la serata spettacolo “Le note degli Angeli”, è stato consegnato, al termine della premiazione, a Mons. Li-berati e a Suor Maria Angelica Bruno. Si ringraziano per la realizzazione dell’even-to, la Gioielleria Lina Vitiello di Pompei e il Ristorante “Arcara” di Cava de’ Tirreni (SA). Per sostenere i progetti dell’Asso-ciazione “La Carità genera Carità” si può donare il proprio 5 per mille, indicando il codice fiscale 90062810636.

Edoardo Caprino, Paolo ScarpaInterviste su Lourdes

San Paolopp. 128 €. 11,00

Paolo BertiPadre Raffaele

Edb

pp. 176 €. 21,00

Cosa rappresenta oggi Lourdes? Che luce getta sul mistero della malattia, della soffe-renza, dell’abbandono in Dio? Prendendo spunto dai segni tipici del santuario (l’ac-qua, la roccia, la luce, un popolo di tutte le nazioni, i malati e le persone che li accudi-scono) gli Autori del libro ne parlano con nomi notissimi non solo del cattolicesimoma del panorama religioso

I tre termini del titolo - Paolo Scrittura Legge - costituiscono il ‘campo minato’ dell’esegesi paolina, in riferimento sia all’interpretazione dei testi sia al ritratto dell’Apostolo. Il saggio sulle complesse relazioni tra Paolo, la Scrittura e la Leg-ge prende come riferimento principale alcune delle “grandi lettere” paoline (1 e 2 Corinzi, Galati e Romani, Filippesi), giacché è in questo ambito che maggior-mente risalta tale rapporto triangolare.

Benedetto XVIPaolo

I suoi collaboratori, le sue comunitàSan Paolo

pp. 108 €. 10,50

Nel cuore dell’Anno Paolino e in stret-ta continuità con il sinodo dei Vescovi, entrambi fortemente voluti da Benedetto XVI, un libro che raccoglie gli scritti del Papa sull’apostolo Paolo: “un uomo che non aveva altra arma che il messaggio di Cristo e l’impegno della sua stessa vita per questo messaggio”. Una figura drammatica, appassionata e appassio-nante. Un apostolo coraggioso, capace di esporsi in prima persona.

Il difficile testo della Lettera nella sua oggettività costituisce la materia prima dell’evento di comunicazione messo in atto tra Paolo e i Romani: arrivare a co-noscerlo fin dentro le sue pieghe più mi-nute è l’impresa che l’autore ha portato a felice compimento con questo terzo vo-lume. Nel complesso il lavoro di Penna costituisce infatti il frutto maturo di anni di ricerca e di insegnamento sulle lettere di Paolo.

Versione e commento di Romano Penna

Lettera ai romani III Rm 12 - 16

Edbpp. 352 €. 29,00

Gregorio VivaldelliLa Bibbia nella vita

della famigliaSan Paolo

pp. 78 €. 4,50

Francesco DanieliSan Filippo Neri

San Paolopp. 184 €. 13,00

Santo fra i più amati, Filippo Neri (1515-1595) è uno dei grandi riforma-tori della Chiesa. Di origine fiorentina, esercitò per sessant’anni il suo aposto-lato a Roma, raccogliendo intorno a sé piccoli gruppi di amici per letture, conversazioni spirituali e incontri di preghiera. Ebbe così origine l’Oratorio, uno strumento libero e flessibile di an-nuncio, mirante all’incontro personale con Cristo.

Antonio PittaPaolo

La Scrittura la LeggeEdb

pp. 260 €. 27,40

L’apertura della fase diocesana del pro-cesso di beatificazione del servo di Dio padre Raffaele da Mestre, sacerdote cappuccino, è l’occasione che ha spinto l’autore a riprendere in mano la sua pri-ma biografia, da tempo esaurita. La me-moria del servo di Dio che egli consegna è un racconto vivo, ricco e caldo, perché personale testimonianza del tempo in cui p. Raffaele lo ha seguito passo passo nel suo cammino iniziale alla vocazione francescana cappuccina.

È proprio pensando ai tempi, agli impe-gni e alle stanchezze di una “normale” fa-miglia che questo libro è stato realizzato: è un umile e semplice tentativo di aiutare gli sposi, i genitori e tutti i componenti della famiglia, a leggere la Bibbia, o per lo meno a incominciare a leggerla, dedi-cando ad essa un momento – breve ma intenso – che può diventare una sosta ri-storatrice alla fine di una lunga giornata.

Gianluca LombardiOltre SantiagoI vestiti bruciati

Edbpp. 96 €. 9,90

La storia vera dell’autore che, nella di-sperazione di una violenta crisi coniuga-le, decide di mettersi lo zaino in spalla e percorrere il Cammino di Santiago, ot-tocento chilometri a piedi, da Saint Jean Pied du Port, in Francia, a Santiago de Compostela, e poi fino a Finis Terrae, sull’oceano, per compiere il rito del rogo dei vestiti bruciati e del bagno purifica-tore. Sperava nel miracolo di salvare il suo matrimonio, ha ottenuto di ritrovare se stesso. E, forse, Dio.

Riflettiamo con i libRiIn sette capitoli e un Excursus, a scansione crono-logica, viene delineato un profilo della storia della Chiesa Ortodossa Russa. Il taglio narrativo, tutto incentrato sui fatti e sui personaggi, rende la lettura facile e coinvolgente; le riflessioni storiche e teologi-che, disseminate lungo la narrazione, aprono continue finestre di comprensione su un cristianesimo che si è nutrito di fonti e di contesti del tutto diversi da quelli dell’Occidente.

Angelica CarpifaveStoria della Chiesa

ortodossa russaEdb

pp. 264 €. 30,20

L’architettura medievaleLa pietra e la figura

Città Nuova - Jaca Bookpp. 288 €. 98,00

Giuseppe De VirgilioLa teologia della soli-

darietà in PaoloEdb

pp. 384 €. 33,00

Marco CunicoVoglia di diventare

grandiCittà Nuova

pp. 152 €. 12,00

Le paure e i desideri nella pubertà, i sentimenti e le prime relazioni affettive, l’accettazione di sé o il rifiuto di un corpo che cambia, i pregiudizi e i condizionamenti sociali, il significato degli og-getti, la “fame” di valori, il rapporto con i geni-tori e gli amici... Insomma, la voglia di diventare grandi raccontata attraverso il dialogo in diretta fra uno psicologo e i ragazzi.

Questo volume presenta la Storia dell’Arte medievale con un approccio innovativo, incen-trato sulle origini culturali, sul contesto storico e sui presupposti tecnici dell’opera artistica e architettonica. L’obiettivo è di restituire il più fedelmente possibile le intenzioni di costruttori, artisti e committenti, il loro retroterra culturale, il loro oriz-zonte di significato, le condizioni materiali che definivano la loro azione.

Eduardo R. CallaeyL’altro impero cristiano

Tropeapp. 219 €. 17,90

L’autore ripercorre i diversi filoni del pensiero teologico di Paolo, dalla cristologia all’etica, per rileggerli nella prospettiva della solidarietà che parte da Dio (dimensione verticale) e si manifesta nelle relazioni umane personali e co-munitarie (dimensione orizzontale).

Il libro offre una chiave di lettura molto particolare e poco veritiera del rapporto tra benedettini, templari e massoni. Secondo l’autore quando la cristianità affondò nei tor-menti della Riforma, i benedettini, i massoni e i templari si fecero artefici di un “impero cristiano”, con lo scopo di restituire unità all’Europa.

Anselm GrunLa grande arte di

invecchiareSan Paolo

pp. 198 €. 13,00

Accettare se stessi, l’esercizio del distacco, il ri-lassamento, la pazienza, la riconoscenza, l’ansia e la depressione, il silenzio, il superamento di sé, prendere confidenza con l’idea del morire, sono solo alcuni dei temi affrontati da questo prezioso libro che ha avuto, in Germania, uno straordinario successo.

Bartolo Longo

La cantante Silvia Mezzanotte

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10 N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraio

A cura di Gianfranco D’Ettoris

Economia

tilità U

Affitti e condominioConfedilizia risponde

La rubrica fornisce risposta solo a quesiti di interesse ge-nerale. Non saranno, pertanto, presi in considerazione quesiti né a carattere personale né relativi a questioni già pendenti innanzi all’Autorità Giudi zia ria.

I quesiti vanno inoltrati alla Confedilizia tramite le oltre 200 Associazioni territoriali aderenti alla stessa e presso le quali è possibile attingere anche ogni ulteriore informazione. Per gli indirizzi delle Associazioni consultare i siti www.con fe dilizia.it www.con fe di li zia. eu oppure telefonare al numero 06.67.93.489.

A cura della CONFEDILIZIA di Crotone - Via Lucifero 40 - Tel. 0962/905192 Sito Internet: www.godel.it/confediliziakr

Gli italiani hanno scoperto la mobilità.Il Governo fa niente

per favorirlaCorrado Sforza FoglianiPresidente Confedilizia

Si domanda se, in caso di subentro nel contratto di lo-cazione conseguente alla ces-sione d’azienda, il condutto-re cessionario sia responsa-bile, nei confronti del locato-re, anche delle obbligazioni del conduttore cedente, da questo non adempiute.

In tema di locazione di immobil i adibi t i ad uso di-verso da quel lo di abi tazio-ne, la Cassazione ha chiar i-to che, in caso di cessione del contrat to di locazione, “come i l cedente - a i sen-si del l ’ar t . 36 del la legge n. 392 del 1978 - é respon-sabi le , nei confront i del locatore ceduto, per le ob-bl igazioni del cessionario, così quest’ul t imo é respon-sabi le , nei confront i del locatore ceduto, per le ob-bl igazioni a car ico del con-dut tore cedente e da quest i non adempiute , quale effet-to naturale del la cessione del contrat to , che é la suc-cessione uni tar ia del ces-s ionario nel la complessiva posizione che i l cedente as-sume nel rapporto or iginato dal contrat to” (sent . . 7686 del 21.3.’08) .

IVA E COMPEN-SO DELL’AMMI-

NISTRATORE Si domanda in quale caso i l compenso dell’ammini-stratore di condominio non sia assoggettabile all’Iva.

Il compenso dell’am-ministratore di condomi-nio non è assoggettabile all’Iva, ai sensi dell’art . 5, secondo comma, del D.P.R. 26.10.’77, n. 633, soltanto se l’att ività venga espleta-ta senza l’impiego di mez-zi organizzati , r ientrando tale att ività, al tr imenti , tra le prestazioni di servi-zi espletate nell’esercizio di art i e professioni ( in tal senso, Cass. sent. n. 12916 dell’1.6.’07).

ASSICURAZIO-NE DEL FABBRI-CATO E POTERI

DELL’AMMI-NISTRATORE

Si domanda se l ’ammini -s tratore d i condominio s ia leg i t t imato a s t ipulare i l contrat to d’ass icurazione de l fabbricato senza l ’au-tor izzaz ione assembleare .

La Cassazione ha chiarito che i l contratto di assicu-razione del fabbricato non ha gli scopi conservativi ai quali si r iferisce l’art . 1130, primo comma, nume-ro 4), cod. civ. avendo, vi-ceversa, come suo unico e diverso fine, quello di evi-tare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato (sent. n. 8233 del 3.4.’07). La risposta al quesito è, quindi, negativa.

I l K e l l y Wo r k f o r c e I n -d e x - l ’ i n d a g i n e c o n -d o t t a a l i v e l l o m o n -

d i a l e s u l l a p r o p e n s i o n e d e i l a v o r a t o r i a l t r a s f e r i -m e n t o f i n a l i z z a t o a l l ’ o c -c u p a z i o n e - i n d i c a c h e n e l l ’ 8 1 % d e i c a s i g l i i t a l i a n i s o n o d i s p o n i b i -l i a v a l u t a r e o p p o r t u n i t à l a v o r a t i v e i n a l t r e c i t t à , m e n t r e i l 6 7 % d e g l i i n -t e r v i s t a t i a p r e l a p o r t a a n c h e a l l ’ i p o t e s i d i f a r e l a v a l i g i a e s t a b i l i r s i i n P a e s i s t r a n i e r i . L a p r o -p e n s i o n e c r o l l a q u a n d o s i p r o s p e t t a n o l u n g h i t r a -s f e r i m e n t i q u o t i d i a n i t r a l ’ a b i t a z i o n e e l a s e d e d i l a v o r o : s o l o l ’ 8 % a c c e t -t e r e b b e u n p e r c o r s o o l t r e i 6 0 m i n u t i ( L u c a D a v i , 2 4 o r e ) . M a l a m o b i l i t à s u l t e r r i t o r i o n a z i o n a l e ( c h e b l o c c h e r e b b e a n c h e l ’ e s o d o d i f o r z e d e l l a -v o r o v e r s o l ’ e s t e r o ) s i r e a l i z z a e s c l u s i v a m e n t e : a t t r a v e r s o l a l o c a z i o n e . E s u q u e s t o p i a n o i l G o -v e r n o è c o m p l e t a m e n t e a s s e n t e . A n z i , m a n d a s e -g n a l i i n c o n t r o t e n d e n z a . P e r f a v o r i r e l a l o c a z i o -n e , c ’ è u n m o d o : r i d a r l e u n a m i n i m a r e d d i t i v i t à ( c h e o g g i , n e l l e l o c a z i o -

n i r e g o l a r i , a s s o l u t a m e n -t e m a n c a , n o n o s t a n t e g l i a l t i c a non i , i ndo t t i da l l ’ a l t a f i s ca l i t à e r a r i a l e e - sop ra t tu t to - l oca l e ) . Ma l ’ in t roduz ione de l l a cedo la re secca su i canon i ( con tenu ta ne l p rog ram-ma e l e t to ra l e u ff i c i a l e de l l a magg io ranza ; pe r-sona lmen te a s s i cu ra t a da l P remie r i n un messagg io a l l a Confed i l i z i a ) è t u t -to ra nega ta . P ropos ta , e r i p ropos ta , i n Pa r l amen to (da emendamen t i bypa r t i -zan e in occas ione d i p iù p rovved imen t i ) anche ne l -l a fo rma r ido t t a de l l a sua app l i caz ione a i so l i con-t r a t t i agevo la t i (3 p iù 2 ) è s empre s t a t a r e sp in t a , dopo i l ve to de l Min i s t e ro de l l ’ economia - f inanze . In compenso , i l Governo dà ( e r idà ) mol t ep l i c i s egna-l i con t r a r i a l l a l ocaz ione : da l b locco deg l i s f r a t -t i ( r e i t e r a to in una fo rma pegg io ra t a r i spe t to a que l -lo de l Governo P rod i ) , a l l a con t inua p roc lamaz ione d i cos t ru i r e nuov i a l logg i d i ed i l i z i a economica e po -po la re . Non sapp iamo che d i r e . Se non che p rogram-mi e l e t to ra l i e p romesse , sono pu ra ca r t a s t r acc i a . E che , i n una d rammat i ca s i t uaz ione come l ’ a t tua l e , non s i f avor i sce neppure ch i è d i spos to , pu r d i l a -v o r a r e , a t r a s f e r i r -s i d i a b i t a z i o n e .

Gli interventi di integrazione degli immi-grati in Italia sono connotati da un forte livello di eterogeneità, dal punto di vista quantitativo e qualitativo. Alcuni comu-ni hanno creato un pacchetto di servizi e strutture a favore degli immigrati, mentre altri, a parità di pressione migratoria, sono rimasti al palo per lungo tempo. . Attraver-so la comparazione di tre contesti locali (Prato, Vicenza e Caserta) l’autrice si in-terroga sulle ragioni profonde che produ-cono una tale differenziazione territoriale.

Francesca CampomoriImmigrazione e

cittadinanza localeCarocci

pp. 256 €. 25,30

Elena ViganòChe cos’è il commercio

equo e solidale Carocci

pp. 143 €. 10,00

Miachael JacksonBirra

Le migliori 500Tecniche Nuovepp. 544 €. 23,90

Questo volume è dedicato all’appro-fondimento delle tematiche dell’inter-nazionalizzazione e dell’innovazione d’impresa che costituiscono i driver fondamentali nell’attuale scenario com-petitivo. Tali tematiche rappresentano i due percorsi lungo i quali l’imprendito-rialità oggi è chiamata a confrontarsi in misura crescente: le modalità strategi-che e organizzative.

A. Onetti, A. ZucchellaImprenditorialità,

internazionalizzazione e innovazione

Caroccipp. 208 €. 20,50

AssocomunicazioneIl mercato italiano della

comunicazione d’impresa e delle istituzioni

Guerini e Associatipp. 206 €. 19,50

Finalmente, un testo di riferimento comple-to e autorevole per chi, in Italia, si occupa di mercato del farmaco – un settore con peculiarità normative e strutturali tali da rendere impossibile la trasposizione acri-tica delle classiche tecniche di marketing. Scritto da un esperto docente di Economia Sanitaria, Organizzazione aziendale e Mar-keting farmaceutico di fama internazionale, Marketing farmaceutico è lo strumento in-dispensabile per comprendere e agire.

Fabrizio GianfrateMarketing farmaceutico

Tecniche Nuovepp. 152 €. 15,90

Il commercio equo e solidale rappresenta una particolare forma di organizzazio-ne delle relazioni commerciali che ha l’obiettivo di promuovere un processo di autosviluppo dei produttori delle aree più povere del mondo, attraverso il con-tributo dei cittadini dei paesi avanzati: un’alternativa concreta ai meccanismi di funzionamento del sistema economico-finanziario neoliberista

A cura di Donatella FioraniRestauro e tecnologie in

architetturaCarocci

pp. 413 €. 36,00

Il Libro vuole indirizzare la necessità di comprensione della complessità del restauro, orientare ulteriori e opportune investigazioni, fornire una panoramica “ordinata” della complessità. Perché la comprensione di tale complessità non rappresenta il punto d’inizio, ma il li-vello intermedio di una crescita cul-turale che deve giungere a formulare interpretazioni e proposte.

La Guida ai Vini Bio 2009 è il più com-pleto e aggiornato vademecum per distri-carsi nel sempre più fitto mondo dei vini ottenuti da agricoltura biologica e bio-dinamica prodotti da aziende certificate. L’undicesima edizione tocca nuovi re-cord recensendo 713 vini provenienti da 184 cantine, puntualmente descritti nelle loro caratteristiche organolettiche.

Pierpaolo RastelliGuida ai vini bio 2009

Tecniche Nuovepp. 216 €. 9,900

Quali sono le birre migliori? In queste pagine scoprirete la vera storia delle lager ceche e di quelle tedesche, delle trappi-ste e delle birre di frumento belghe, delle classiche ale inglesi, delle stout irlandesi e dei microbirrifici americani. Gli scaffali dei supermercati sono stipati di birre pro-venienti da tutto il mondo. Le carte delle birre di bar, pub e ristoranti contengono liste sempre più vaste.

Il volume analizza la funzione della co-municazione nello sviluppo economico, sociale e culturale del Paese. Esamina in modo specifico il ruolo economico del comparto, sia come industry tout court, sia per l’effetto leverage che esercita sul Paese nel suo complesso; la funzione deci-siva sostenuta nello sviluppo delle piccole e medie imprese; l’aspetto culturale della comunicazione ai fini della promozione.

ISTITUTO DI CRE-DITO E DIRITTO DI PRELAZIONE

Si domanda se anche all’istituto di credito che eserciti la propria attività nell’immobile locato deb-ba essere riconosciuto i l diritto di prelazione.

La risposta è posit iva, in quanto “l’att ività di inter-mediazione nel credito, pur non essendo espressamen-te menzionata dall’art . 27 della legge n. 392 del 1978, r ientra, al pari delle altre att ività indicate nell’art . 2195 cod. civ. , fra quelle commerciali ed é, di per sé, f inalizzata a fornire servi-zi al pubblico che all’uopo deve comunque necessaria-mente recarsi nell’immo-bile” (Cass. sent. 2893 del 26.2.’03).

CESSIONE DEL CONTRATTO DI

LOCAZIONE, OBBLIGHI DEL CONDUTTORE

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11N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraio oliticaP

I n s e g u i t o a l l a n o t i z i a : “ L a C o n s u l t a b o c c i a l a l e g g e s u i r i f i u t i ( d e l l a

R e g i o n e P u g l i a , n d r ) ” ( s i v e d a “ N u o v o Q u o t i d i a n o d i P u g l i a ” d e l 2 4 g e n n a i o s c o r s o ) , a b b i a m o p e n s a -t o a d u n a s e r i e d i o s s e r -v a z i o n i i n t o r n o a l l a R i -f o r m a d e l Ti t o l o V d e l l a C o s t i t u z i o n e . I l Ti t o l o V d e l l a C o s t i t u z i o n e ( “ L e R e g i o n i , l e P r o v i n c e , i C o m u n i ” , a r t t . 11 4 -1 3 3 ) , i n a t t u a z i o n e d e l p r i n c i p i o f o n d a m e n t a -l e d e l l ’ a u t o n o m i a ( a r t . 5 ) , e l e v a a l i v e l l o c o s t i t u -z i o n a l e C o m u n i , P r o v i n c e e R e g i o n i ( e , o g g i , C i t t à m e t r o p o l i t a n e ) , c i o è , g l i e n t i d i g o v e r n o t e r r i t o -r i a l i d i v e r s i d a l l o S t a t o c e n t r a l e . L’ i m p i a n t o d i q u e s t a p a r t e d e l l a C o s t i -t u z i o n e è , p r o f o n d a m e n -t e , c a m b i a t o c o n l e l e g -g i c o s t i t u z i o n a l i n . 1 d e l 1 9 9 9 e n . 3 d e l 2 0 0 1 . D e l t e s t o p r e c e d e n t e s o p r a v -v i v o n o i n t e g r i g l i a r t t . 1 3 1 e 1 3 3 , c o n l ’ e l e n c o d e l l e R e g i o n i e l e n o r m e p e r l e m o d i f i c h e t e r r i t o r i a l i e l a c o s t i t u z i o n e d i n u o -v i C o m u n i e P r o v i n c e , g l i a l t r i a r t i c o l i e s s e n d o s t a -t i t u t t i s o s t i t u i t i , m o d i -f i c a t i o a b r o g a t i . E b b e n e , l a C o r t e c o s t i t u z i o n a l e h a

La Corte costituzionale ha bocciato 1.743 leggi regionali

Dalla crisi delle ideologie al disagio della filosofia, un pensiero debolissimo

R Rd e d i c a t o g r a n p a r t e d e l p r o p r i o l a v o r o n e l r i s c o n -t r a r e n u m e r o s i e c c e s s i d e l l e R e g i o n i , l e g i f e r a n -t i , i n v i r t ù , d e l l a r i f o r m a d e l Ti t o l o V. I n p a r t i c o -l a r e , 3 4 v o l t e s u 1 0 0 l a C o n s u l t a h a , i n f a t t i , d i -c h i a r a t o l ’ i n c o s t i t u z i o n a -l i t à d e l l e l e g g i r e g i o n a l i v a g l i a t e ( C f r “ I L S o l e 2 4 O r e ” d e l 2 g i u g n o 2 0 0 8 , p r i m a p a g i n a ) . I n p r i m i s , c i t i a m o , l a s e n t e n z a d e l -l a C o r t e C o s t i t u z i o n a l e , n . 2 3 2 / 2 0 0 8 c h e h a b o c -c i a to una l egge de l l a Re-g ione Pug l i a , l a n .17 de l 2006 , che r ego lamen tava l ’ in sed iamen to deg l i s t a -b i l imen t i ba lnea r i , s con-f inando ne l campo pae -sagg i s t i co , d i compe tenza de l l a l eg i s l az ione s t a t a l e . Pe r t an to , l a nuova l egge approva ta a l l ’unan imi t à , da l Cons ig l io r eg iona le , i l 30 se t t embre sco r so , pe r co r regge re que l l a bocc ia -t a , consen te , a l l e s t ru t tu -r e ba lnea r i , mod i f i cando i l P i ano u rban i s t i co t e r-r i t o r i a l e t ema t i co (Pu t t ) , che p revedeva l a r imoz io -ne de l l e s t e s se , a l t e rmine de l l a s t ag ione e s t iva , d i r imanere pe r t u t to l ’ anno . (Cf r. “Quo t id i ano d i Pu -g l i a -Lecce” de l l ’1 o t tob re 2008 , pag . 7 ) . Success iva -

men te , i l 22 o t tobre scor-so , i l Cons ig l io d i s ta to ha manda to a l la Cor te Cos t i -tu z iona le la l egge , s em-pre de l la Reg ione Pug l ia , che ha avv ia to la s tab i l i z -zaz ione de i 5 .000 preca-r i de l la san i tà pug l i e se . I n Ca lab r i a , c inque ann i f a , l ’ a l lo ra Commissa r io a i r i f i u t i aveva dec i so d i r addopp ia re l ’ i ncene r i to re d i G io ia Tauro , a ff inché accog l i e s se l a spazza tu ra de l l e p rov ince s e t t en t r io -na l i . Ne l 2005 , l a Reg ione Ca lab r i a emanò una l egge che v i e t ava l ’ inves t imen to p ropos to da l Commissa -r io . La Cor t e cos t i t uz io -na le r i spose che i l d iv i e to r eg iona le non aveva sen -so e l ’ i ncene r i to re s i po -t eva r ea l i zza re . Ebbene , ne l 2007 , l a Reg ione Ca-l ab r i a emanava una secon-da l egge che b loccava i l p roge t to de l Commissa r io pe r l ’ i ncene r i to re . Ma , i l Cons ig l io d i S t a to , i n t e r-pe l l a to , su l l a ques t ione , r i spondeva che i l s econdo incene r i to re s i po teva f a re ( S i veda “ I l So le 24 Ore” de l 22 novembre sco r so ) . E s in qu i , può sembra -re che c i t rov iamo d inanz i ad una nuova “Ques t ione Mer id iona le” , ma cos ì non è . La Cor t e Cos t i t uz iona-

l e ha d i ch ia ra to i l l eg i t t i -ma , con sen tenza n .18 de l 2009 , anche , l a l egge r e -g iona le de l l a Lombard ia , n .29 de l novembre 2007 , que l l a che ha pe r ogge t -to l e no rme in ma te r i a d i t r a spor to ae reo ( s lo t e ge -s t ion i ae ropor tua l i ) . Im-pugna ta ne l genna io 2008 da l p re s iden te de l Cons i -g l io de i Min i s t r i , l a no r-ma t iva è s t a t a r i conosc iu t a incos t i t uz iona le , pe rché , i n e s sa , è s t a to r avv i sa to un conf l i t t o d i a t t r i buz io -ne t r a S ta to e Reg ion i (Cf r. “ I l So le 24 Ore” de l 31 genna io 2009 . Pe r t an to , i n p r imis , d i c i amo , che l a nasc i t a d i l egg i r eg iona-l i “ fuo r i l egge” bocc ia t e , po i , da l l a Consu l t a , s i è ve r i f i ca t a con l ’ en t r a t a i n campo de l t ema de l l a r ipa r t i z ione de l l e compe-t enze de l l e Reg ion i con lo S ta to cen t r a l e , po i d i que l lo de i r appor t i t r a l e Reg ion i s t e s se e g l i a l t r i en t i l oca l i , a pa r t i r e da i Comuni . In t a l e con te s to i s t i t uz iona le ,po i , s i è s ca -t ena ta l a gue r ra de l l e Re-g ion i su ques t i t emi du r i : po te r i , so ld i , so l ida r i e t à , i n s egu i to anche a i cam-b iamen t i l ega t i a l f ede ra -l i smo f i s ca l e , aven te come ob ie t t i vo p iù en t r a t e e nuo-

ve compe tenze . Pe r t an to emerge , ne l con tempo una conf l i t t ua l i t à d ive r sa e i nqu ie t an te , pe rché meno con t ro l l ab i l e e p iù d i f f i -c i lmen te compon ib i l e . In r ea l t à , i sogge t t i i s t i t uz io -na l i r i va lu t a t i da l l a r i fo r-ma de l Ti to lo V, sono pezz i de l lo S ta to ad ag i r e , s econdo log iche au tonome e non sempre compa t ib i l i . A ques t a s i t uaz ione d i t en -denz ia l e s co l l amen to , da f a r impa l l id i r e l ’ immagine de l lo S ta to , come esp res -s ione e ga ran te de l l ’ in -t e re s se pubb l i co , s i è r i -f e r i t o i l P re s iden te de l l a Repubb l i ca , ne l messag-g io che ha ind i r i zza to ag l i i t a l i an i , i n occas ione de l 2 g iugno 2008 . In conc lu -s ione , d i c i amo che se ne l nos t ro Paese non s i po r rà in e s se re l a consapevo lez -za invoca ta , ancora , da l Capo de l lo S ta to , Napo l i -t ano , d i e s se re tu t t i ne l l a s t e s sa ba rca , ovve ro d i f a r pa r t e d i un un ico s i s t ema-Paese , spec ie da pa r t e de l l e Reg ion i , l a Cor t e co -s t i t uz iona le dovrà , anco-ra , ded ica re mol to de l suo l avoro pe r cance l l a re , so -p ra t tu t to , l egg i r eg iona l i “ fuo r i l egge” .

Salvatore Resta

Dopo il crollo del Muro di Berlino e il conse-guente disfacimento

delle due ideologie madri del secolo scorso: capitalismo(ora anche “turbo-capitalismo”) da una parte e socialismo-co-munismo dall’altra, si scopre anche il forte disorientamento che ha colpito gli intellettuali contemporanei. ( o i filosofi della politica) perché proprio il loro terreno di discussio-ne, cioè, l’ideologia ha perso consistenza. L’impotenza del filosofo nei confronti della politica, dunque, è stata rile-vata proprio nel cuore di una conferenza internazionale all’Università di Princenton, già nella metà degli anni No-vanta, sul tema:”Democracy between Populism and Oli-garchy”, organizzata dalla Rivista Reset. Ad oggi, la si-tuazione non è migliorata ma, a nostro avviso, si presentano tempi più duri, soprattutto, per gli intellettuali engagès. Qual-cuno, non ha torto, ha parlato di giorni infelici, proprio per questi ultimi, ovvero, per i fi-losofi della politica. Un esem-pio per tutti: il “Festival della Politica”- di Bologna- ritenuto dal prof. Gianfranco Pasquino, (il ‘dissidente’, di un’Associa-zione culturale),- un’occasio-

ne perduta per un’Associa-zione di intellettuali(la sua, appunto,ndr) immobile, muta ed autoisolata”(Cfr www.espresso.repubblica.it, del 4 febbraio 2009). Questi, anco-ra eredi del ruolo ideologico e pedagogico svolto nel secolo scorso dalle èlites colte, sono giunti al capolinea di una tra-dizione un po’ eretica e un po’ snob. Però, l’inferiorità del filosofo nei confronti della politica, oggi, non è soltanto l’effetto della fine di una figu-ra carismatica che ha dominato la modernità, fino a cristalliz-zarsi nella figura dell’intellet-tuale gramsciano, incarnazio-ne di un’attrazione fatale tra teoria e prassi; ma è ,anche, la conseguenza di una sorta di “distrazione” dello stesso filosofo dai “valori secolari” dell’umanità.; si aggiunga, poi, il rimescolamento plane-tario degli stessi che, ormai, è sotto gli occhi di tutti. Si pen-si, ad esempio, a quella sorta di crisi di identità che mar-tella, anche, organizzazioni e movimenti politici. C’è, già, un autorevole filosofo del Di-ritto, Norberto Bobbio che si è chiesto: che cos ‘è “destra” e che cos’è “sinistra”(si veda, in proposito, il suo best-seller dal titolo:”Destra e Sinistra”).

Ma c’è di più. Al capezzale del malato(leggi: intellettuale) nel Campus di Princenton, fra i filosofi impegnati a decifrare anche le ragioni dell’agire po-litico, c’era il sociologo tede-sco Jurgen Habermas il quale, su una questione è stato molto esplicito: bisogna fare atten-zione ad un fenomeno(che noi chiameremmo “virtuale”, ma con conseguenze dirette sulla democrazia reale di ogni po-polo): il “neopopulismo elet-tronico”. Infatti, ci chiediamo quale margine di manovra può avere, oggi, il filosofo della politica che non riesca a re-cuperare la funzione di public intellectual, in un contesto ca-ratterizzato da un condizio-namento, a volte, subdolo, a volte smaccato e manifesto del consenso di massa, operato, quotidianamente, dalle èlites politiche, attraverso i network? Vero è, invece, che è, preva-lentemente, il video, oggi, a scandire i tempi della politica. Peraltro, una sorta di simbiosi, sotto l’aspetto dell’estempora-neità e della mutevolezza delle situazioni sembra caratterizza-re il rapporto politica-video se si pensa che i concetti politici- come ha ben detto la filosofa ungherese, Agnes Heller- a differenza di quelli filosofici,

possono cambiare di significa-to a seconda delle circostanze a cui si riferiscono: immigrazio-ne non significa la stessa cosa in Germania e negli Usa. In una tale confusione di concet-ti, sicuramente l’intellettuale non può trovarsi a suo agio e non può ,certo, dirsi privilegia-to. Egli può fare affidamento solo sulla sua virtù: il coraggio del giudizio hic et nunc, caro ad intellettuali dello spessore culturale di Anna Arendt. La sfida che oggi mette a dura prova l’impegno dell’intellet-tuale, noi riteniamo che con-sista nella necessità di pensare una nuova ideologia o dottrina morale che sia adatta ad una realtà di democrazia tecnolo-gica che, comunque, la si vo-glia osservare o criticare, non si può disconoscerne o igno-rarne l’esistenza. Pertanto, che cosa le èlites intellettuali pos-sono dire realmente alle masse delle società cosiddette post-industriali e “internettizzate”? Riteniamo che, almeno in Ita-lia, (che per dirla con il nostro “padre”Dante vi è una società ad un tempo “serva” e “nave senza nocchiero in gran tem-pesta”), il filosofo della politi-ca deve, pur nel rispetto della propria autonomia di giudizio, se necessario, supportare, sug-

gerire, con l’obiettività che gli deriva dalla sua intelligenza e dal suo coraggio, alle èlites politiche un elemento che chia-meremmo “fondante”, ovvero, il rispetto per l’uomo, in un contesto globale dell’ecosiste-ma “internettizzato”, tenuto conto, anche delle necessarie attività umane, economiche e sociali. A sostegno di que-sta nostra proposta sul ruolo dell’intellettuale, oggi, può essere indicato a sommo esem-pio, il costituzionalista ameri-cano, Ronald Doworking, alla ribalta, negli anni Novanta, ne-gli States per il suo coraggioso atto di denuncia, apparso sul-la New York Reviev of BooK, circa il peso del denaro e della corruzione nel partito demo-cratico . Ecco, quindi, come, ora si delinea meglio, il com-pito dell’intellettuale che non può essere, oggi, ossequio ad una ideologia di partito, men-tre deve consistere nella ca-pacità di risposta ad una serie di domande che abbraccia un vastissimo arco di problemi attuali e reali: dalla redistribu-zione dei redditi, in una civiltà caratterizzata dallo sviluppo veloce delle tecnologie infor-matiche, telematiche e della comunicazione a distanza, In-ternet, docet; alla decadenza dei partiti politici. Tutte pro-blematiche queste che proven-gono dall’uomo della strada, dal cittadino il quale, sembra, ormai, sempre più schiacciato dal peso sovrastante delle stes-se.

S.R.

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12 N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraiottualitàA

Il 19 gennaio scorso tra l’in-differenza più totale a Praga è stato ricordato il giovane

cecoslovacco Jan Palach che giusto quarant’anni fa si lasciò morire in piazza S. Venceslao per protestare contro la brutale inva-sione ad opera dell’Unione Sovie-tica. A commemorare lo studente che ha dato la sua vita contro il totalitarismo comunista, c’era-no due giovani ministri, Giorgia Meloni per l’Italia e Ondrej Li-ska, rappresentante del governo ceco, che tra l’altro é il più gio-vane ministro d’Europa. E’ una cerimonia quasi informale, non ci sono fanfare, picchetti, discorsi ufficiali, si depone semplicemen-te un mazzo di fiori, su un cippo che emerge dal marciapiede, con una croce di bronzo e una scritta incisa sopra. La Meloni depone i fiori sul cippo, e dice al suo col-lega, in inglese: «Noi siamo qui, oggi, per ricordare un ragazzo cecoslovacco che è diventato un simbolo di libertà per i giovani di tutta Europa. E abbiamo un’idea da condividere. Ci piacerebbe dare vita a una iniziativa italo-ceca, da proporre a tutti i governi dell’Unione: dare vita a un con-corso europeo per giovani artisti che intendano dedicare un monu-mento a Jan Palach. Ed esporre queste opere in piazza San Vence-

slao, nell’anniversario della mor-te di Jan». Liska è giovane anche nei modi. Ha sposato un’italiana, non ama il burocratese. Risponde quasi subito: «Sono qui perché ho molto apprezzato la vostra inizia-tiva. L’idea mi pare molto interes-sante. Facciamolo». Il giovane praghese ha solo 22 anni, studia filosofia all’università Re Car-lo, scrive a tutti i suoi amici che serve un gesto di ribellione, biso-gna fare qualcosa, dice. Propone di occupare una radio, e di man-dare dei messaggi di condanna dell’intervento sovietico. Gli altri ragazzi gli chiedono se per caso non stia scherzando. Poi guardan-do un ritaglio di giornale in cui si racconta dei monaci vietnamiti che si sono dati fuoco per opporsi all’occupazione americana, il gio-vane studente matura la scelta più estrema, più radicale, più corag-giosa. La mattina del 16 gennaio 1969, in Piazza S. Venceslao, nel cuore della città, proprio davanti al museo Nazionale, e di fronte al parlamento federale, il simbolo di quello Stato, rovescia due latte di benzina, e si da fuoco. Morirà tre giorni dopo, rifiutando ogni cura. I suoi funerali diventano l’inne-sco di una nuova rivolta contro la normalizzazione, l’ultima fiam-mata di rabbia, prima di venti lunghi anni di stagnazione. (Luca

Telese, L’eroe studente dimenti-cato da tutti 17.1.09 IlGiornale). Jan Palach è stato per decenni il simbolo della rivolta contro il si-stema brutale del comunismo so-vietico, così come lo furono tutti quelli che sono morti sul muro di Berlino per scappare dal “para-diso comunista”, ma la mattina del 16 gennaio 2009, in piazza S. Venceslao, i praghesi non ci sono, paradossalmente i cechi si sento-no molto lontani dall’eroismo di Palach. Mentre all’università che Jan frequentava, il ricordo è vivis-simo. I professori e i ragazzi han-no curato un volume enciclopedi-co, c’è il suo carteggio, c’è la sua tessera universitaria. E poi le foto dei funerali, epici, partecipati da quasi duecentomila persone. Da-vanti ai pannelli di questa mostra, il ministro della gioventù spiega il suo progetto: «Costruire una vera identità europea, significa essere consapevoli della storia europea, anche al di fuori dei confini na-zionali. Quindi per noi Palach è sicuramente, un patriota ceco-slovacco, ma anche un simbolo attuale e vivo di tutti i giovani europei. È un simbolo di libertà, di ribellione, di coraggio genera-

Il Santo Padre, Benedetto XVI

Jan Palach.(Vsetaty, 11 agosto 1948 - Praga, 19 gennaio 1969)

Estate 2008 060

Jan, martire per la libertà

Abbiamo bisogno di cittadini che non si preoccupino solo

dei propri interessiBenedetto XVI durante i so-

lenni Vespri e il Te Deum, il rito di ringraziamento di fine

anno, e poi all’Angelus delle 12 in piazza San Pietro, riprendendo il filo conduttore seguito nella sua omelia della messa di inizio anno, celebrata alle 10:00 del mattino nella Basilica Vaticana, ha raccomandato che di fronte alla crisi economica interna-zionale, non bastano «i rattoppi» , essa va letta «in profondità»: «il mio primo obiettivo è proprio quello di invitare tutti, governanti e sempli-ci cittadini, a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà e ai fallimenti, ma di rinnovare il loro impegno». «La seconda parte del 2008 - ha spiegato - ha fatto emergere una crisi economica di vaste proporzio-ni. Tale crisi va letta in profondità, come un sintomo grave che richie-de di intervenire sulle cause. Non basta - come direbbe Gesù - porre rattoppi nuovi su un vestito vec-chio. Mettere i poveri al primo po-sto significa passare decisamente a quella solidarietà globale che già Giovanni Paolo II aveva indicato come necessaria, concertando le potenzialità del mercato con quelle

della società civile». Di fronte alla crisi sociale ed economica che col-pisce ormai tutto il mondo, il Papa ha chiesto sobrietà e solidarietà. Oggi serve la “necessaria collabo-razione” di tutti, la crisi non deve mettere paura, nella speranza in Dio e nella fiducia nella “materna pre-senza di Maria”. “In questi nostri tempi, segnati da incertezza e pre-occupazione per l’avvenire, è neces-sario sperimentare la viva presenza di Cristo. E’ Maria, Stella della spe-ranza, che a Lui ci conduce. E’ Lei, con il suo materno amore, che può guidare a Gesù specialmente i gio-vani, i quali portano insopprimibile nel loro cuore la domanda sul senso dell’umana esistenza”. E se, nel-la notte di Natale, Benedetto XVI aveva avuto un particolare pensie-ro per i tanti mali che colpiscono i bambini nel mondo di oggi, ora si è rivolto ai giovani, “responsabili del futuro”. “Non abbiate paura – ha detto loro - del compito apostolico che il Signore vi affida, non esitate a scegliere uno stile di vita che non segua la mentalità edonistica cor-rente. Lo Spirito Santo vi assicura la forza necessaria per testimoniare

la gioia della fede e la bellezza di essere cristiani. Le crescenti neces-sità dell’evangelizzazione richiedo-no numerosi operai nella vigna del Signore: non esitate a rispondergli prontamente se Egli vi chiama. La società ha bisogno di cittadini che non si preoccupino solo dei propri interessi perché, come ho ricordato il giorno di Natale, ‘il mondo va in rovina se ciascuno pensa solo a sé’”. Il Papa ha chiesto la collabo-razione di tutti, perché nessuno può pensare di costruire da solo la pro-pria felicità. Nell’omelia alla messa delle 10, il Papa ha invece invocato «una rivoluzione pacifica, non ide-ologica ma spirituale, non utopisti-ca ma reale». Così Benedetto XVI ha definito l’annuncio cristiano nell’omelia della celebrazione per la Giornata Mondiale della Pace. Que-sta «rivoluzione» potrà essere ope-rata «sempre e solo con la grazia di Cristo», ed è «bisognosa di infinita pazienza, di tempi talora lunghis-simi». Per questo, ha spiegato, «si deve evitare qualunque scorciatoia percorrendo la via più difficile: la via della maturazione della respon-sabilità nelle coscienze». Quello di Papa Ratzinger è un invito però non soltanto spirituale. «Il francesca-nesimo - ha ricordato - nella storia della Chiesa e della civiltà cristia-na, costituisce una diffusa corrente di povertà evangelica, che tanto bene ha fatto e continua a fare alla Chiesa e alla famiglia umana». Ma, ha aggiunto con forza il Pontefice, «c’è una povertà, un’indigenza, che Dio non vuole e che va combattu-ta, come dice il tema dell’odierna Giornata Mondiale della Pace: una povertà che impedisce alle persone e alle famiglie di vivere secondo la loro dignità; una povertà che offen-de la giustizia e l’uguaglianza e che, come tale, minaccia la convivenza pacifica. In questa accezione ne-gativa rientrano anche le forme di povertà non materiale che si riscon-trano pure nelle società ricche e progredite: emarginazione, miseria relazionale, morale e spirituale».

Domenico Bonvegna

Avrei voluto scrivere un vero e proprio racconto “ecologico” delle mie vacanze in Salento,

lo scorso anno. Non volendo annoiare nessuno e volendo comunque denun-ciare un fenomeno che sta diventando ogni estate più evidente, invio solo poche considerazioni e alcune foto emblematiche. Io e mia moglie fre-quentiamo le vostre spiagge dall’estate del 2002. Abbiamo notato, da parte di numerosi frequentatori di queste belle coste, il continuo aumento del disinte-resse per la pulizia e la conservazione di questi luoghi. Non ci è sembrato pe-raltro di cogliere alcun segno di inizia-tive di sensibilizzazione da parte delle amministrazioni comunali competenti. Parlo dei luoghi che normalmente fre-quentiamo e che vanno dalla spiaggia della Baia dei Turchi a nord di Otranto agli scogli di Porto Miggiano, passan-do per Porto Badisco. Sono vere e pro-prie perle da tutelare e non è ammis-sibile che siano trattate come appare nelle foto. I sacchetti della spazzatura sono stati fotografati a Porto Miggiano ma si potevano raccogliere immagini di questo tipo in ciascuna delle località

LETTERA AL DIRETTORE

zionale». Così fu, anche se quel seme ci ha messo venti anni a ger-mogliare. Sarebbe davvero bello, se nel prossimo anniversario, il concorso di cui i due giovani mi-nistri parlano di fronte a una cro-ce di bronzo piantata nell’asfalto,

citate. La scogliera diventa, soprattut-to in agosto, il portacenere, il cestino della carta straccia, la pattumiera. Il sacchetto bianco nelle foto proviene da San Gallo in Svizzera: è stato ab-bandonato da un turista elvetico o da un emigrato tornato in Salento per le vacanze? Chissà. Torneremo ancora la prossima estate. Noi ci impegne-remo, come abbiamo già fatto in pas-sato, a sensibilizzare i nostri “vicini d’ombrellone” e a raccogliere un po’ di rifiuti abbandonati. La gente ci pia-ce, ci piacciono i colori, i profumi, la cucina, il calore dei Salentini e il caldo della terra. Vorremmo trovare, però, un po’ di attenzione in più per questo problema che potrebbe influire non poco sulla qualità dell’offerta turistica e, conseguentemente, sullo sviluppo di questa zona. Mancano quattro mesi all’inizio dell’estate. I Comuni, la Pro-vincia, la Regione hanno il tempo per approvare qualche provvedimento che contribuisca ad invertire la tendenza. Se vogliono.

Osvaldo e Michela da Milano

potesse diventare una realtà. E far bruciare ancora, questa volta solo nella creatività artistica e nell’im-maginario, le coscienze dei ragaz-zi di un intero continente.

Domenico Bonvegna

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14 N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraiottualitàAIntervista a mons. Rocco Talucci, arcivescovo di Brindisi Ostuni

Il Sinodo diocesano, una svolta per la Chiesa di Brindisi

Eluana – come ha titolato in prima pagina il quotidiano cattolico Avvenire – è stata

uccisa. Se qualcuno avesse avuto dubbi sulla cattiva fede di chi in que-sta battaglia di civiltà si è schierato dalla parte dell’ideologia mortifera, avrebbe dovuto assistere al boato di applausi che radicali e laicisti hanno esternato un attimo dopo la notizia del decesso di Eluana. In Italia, bat-timani luciferini per una persona de-ceduta, non se n’erano mai sentiti! I traditori del giuramento di Ippocrate che hanno giustiziato Eluana, diran-no che è spirata per cause naturali, mentre appare evidente che il trapas-

so è stato accelerato per anticipare l’emanazione del decreto “salvavi-ta”. La verità non si saprà mai, ma la morte tanto “misteriosa” quanto re-pentina, è una prova che parla da sé. Vero, in Italia i supporter del mali-gno hanno vinto il primo round con-tro i tifosi della vita e del bene. Ma la partita finale, quella vera e definitiva che si giocherà dinnanzi al cospetto di Dio e non da uno schierato arbitro Capo di Stato, avrà un esito terribi-le per chi ha impiegato l’esistenza a distruggere la meravigliosa creatura chiamata uomo.

G. T.

Eluana, prima esecuzione capitale

Il 14 e 15 Giugno dello scorso anno costituiranno per sempre una pietra miliare per l’anti-

chissima Chiesa che si trova in Terra di Brindisi: dopo oltre nove secoli, un Papa è tornato a visi-tarla e a confermarla nella Fede. Una Fede — per riprendere un passaggio dell’enciclica sulla Speranza di Benedetto XVI, Spe Salvi — che come dice la Lettera agli Ebrei (11,1) è “hipostasis del-le cose che si sperano, elenchos delle cose che non si vedono”. Per dirla con lo studioso Massimo Introvigne, Hipostasis, dal greco, va tradotto come “sostanza” che è quanto di più importante si trovi in ogni realtà: è la “sostanza”che fa del foglio di giornale che sta-te leggendo un foglio, e fa sì che un foglio sia diverso da ogni al-tra cosa. La sostanza delle cose che si sperano è dunque qualcosa di molto concreto. Ugualmente, Elenchos deve essere tradotto con “prova”: la “prova”che sostiene un’affermazione vera e la distin-gue da una falsa, dunque, ancora quanto di più concreto e di meno vago e sentimentale possibile. Le cose che non si vedono non sono sostenute da semplici aspirazioni soggettive, ma da prove. Un Papa, dunque, Benedetto XVI che non è per niente astratto e che ci parla di una Speranza non vaga e indefini-ta che si realizzerà un giorno las-sù, ma di una Speranza concreta, che inizia quaggiù ed e aperta al Trascendente. Naturalmente, gran parte del merito di questa visita papale va al nostro Padre Arcive-scovo, mons. Rocco Talucci; egli, meglio di chiunque altro, può spiegarci il senso e il significato di tale visita. Per questo motivo, tra-mite il responsabile dell’Ufficio Stampa diocesano dott. Giovan-ni Morelli, ho chiesto e ottenuto questa intervista a mons. Rocco Talucci.Padre Arcivescovo, dopo altre 900 anni, ha riportato il Papa a Brindisi; una diocesi, quella brindisina, che dopo la riforma del 1975, non è più metropolia. Come c’è riuscito?

Non è stata un’impresa riusci-ta in base a chissà quali arti: per me, è un dono della Provvidenza, è un dono di Dio che guida la Sua

L’Arcivescovo di Brindisi-Ostuni, Rocco Talucci

Chiesa anche attraverso questi contatti con il pastore Supremo. Certamente, ha giocato un ruolo positivo l’assenza da nove secoli: quanto alla metropolia, se è pur vero che ha qualche titolo in più, è anche vero che davanti al Papa ogni chiesa particolare è degna di attenzione. D’altro canto, questa chiesa, in questo particolare mo-mento, in questo particolare ter-ritorio, aperto al mediterraneo, richiedeva un impulso spirituale diretto, dal Supremo Pastore; la nostra terra, per la sua posizione geografica, ha ampie potenzialità e consente di lanciare messaggi davvero universali, oltre la cit-tà. Infine, ha giocato un ruolo positivo la svolta che ho voluto imprimere alla chiesa di questo territorio indicendo il Sinodo dio-cesano.Nel suo discorso d’esordio, il Papa ha ricordato che fra i va-lori radicati nella nostra Terra c’è l’attaccamento alla famiglia, esposta oggi al convergente at-tacco di numerose forze che cercano di indebolirla. Per tutte basta ricordare la definizione formulata dalla cultura nor-deuropea: ” La Famiglia? È la comunità di chi usa lo stesso fri-gorifero”. Entro una tale corni-ce culturale, quale pastorale per la famiglia?

La pastorale della famiglia è quella di sempre: la famiglia non è un’invenzione umana, checché

ne dicano le varie ironie “cul-turali”. Talvolta, si abusa della libertà di pensiero fino al punto da giungere a conclusioni as-surde e innaturali. D’altron-de, che la famiglia sia il luogo degli affetti e della vita, non è nemmeno la Chiesa a dirlo: è la stessa natura dell’uomo a dirlo. La mia preoccupazio-ne come pastore, che poi è la stessa della Chiesa universale, non è tanto l’attacco alla visio-ne della famiglia secondo la dottrina cattolica, quanto l’at-tacco alla famiglia come istitu-zione naturale, come garanzia di vita ed educazione. Se devo fare un’ironia anch’io, affer-merei che se il rapporto della

famiglia si riduce al frigorifero, non so a cosa devo rapportare il

cervello di chi ha partorito questa idea assurda.Papa Benedetto, che è un ponte-fice molto attento ad “allargare i confini della ragione” — ve-dasi i discorsi di Ratisbona e Verona —, nei suoi pronuncia-menti a Brindisi, ha accennato anche alla nascente università e all’importanza della cultu-ra come mezzo di promozione dell’uomo. Lei, da vescovo, cosa può dirci del rapporto tra fede e ragione?

La fede, la cultura, la scienza hanno sede nell’uomo. Certa-mente, sono distinte, ma non se-parate perché trovano nell’uomo il punto unitario. L’uomo che crede è lo stesso che pensa; sia la fede, sia la ragione — ognu-no nel proprio ambito — sono orientate alla verità dell’uomo, la cosiddetta verità antropologi-ca. Naturalmente, si può vivere di sola ragione, ed è una posizio-ne rispettabile, ma non si può vi-vere di sola fede — che è un gran dono di Dio — perché essa por-ta inevitabilmente a riconoscere la ragione, primo dono di Dio. Pertanto, l’uomo di fede riper-corre in modo naturale tutti gli ambiti della razionalità. L’uomo è nelle mani di Dio, e questa è la dimensione della fede; al con-tempo esprime tutta la sua liber-tà di ricerca e questa è la dimen-sione della ragione. La ragione può comprendere molte cose, ma non può capire il senso del-la vita, la sua origine, il destino ultimo dell’uomo, salvo che non si vuole la morte come destino ultimo; morte, che è negazione della vita e dell’esistenza. Non è proprio della ragione indaga-re “oltre, ma è proprio della ra-gione seguire l’anelito d’infinito che sente e che trova superando se stessa. La ricerca dell’uomo trova quell’“oltre” aprendosi alle possibilità della fede, nella quale il Signore Gesù, mediante la Sua Rivelazione, la Sua Incar-nazione, nella Sua Fondazione di Chiesa non viene a rivelarci ciò che per natura — anche se lo rafforza — abbiamo già cono-sciuto, ma viene a portarci quel-la “pienezza del tempo” di cui noi gestiamo un segmento, più o

meno grande, più o meno impor-tante. Egli ci porta la Speranza dell’Eternità che ci consente di dominare il tempo che passa. In definitiva, la Fede illumina gli spazi non coperti dalla ragione; quest’ultima, scopre il bisogno di superare se stessa, senza farsi sostituire dalla fede.Il Papa ha ricordato i giovani, il loro entusiasmo, le loro speran-ze; non nascondendo, tuttavia, le insidie del male, che attenta-no, in tutti i sensi, alla loro vita. Secondo lei, Padre Arcivescovo, siamo alla presenza di un’emer-genza educativa?

L’emergenza educativa non sono certo io ad evidenziarla: tramite i media entra ogni giorno nelle nostre case. Il relativismo morale imperante ha portato alla caduta dei valori: oggi si con-fonde il bene con il male; anzi, peggio, si chiama bene il male e viceversa. Occorre una ripresa dei valori che passi, se possibile, anche da una riscoperta raziona-le di ciò che è il bene. Il bene è ciò che corrisponde alla dignità dell’uomo; il male, parimenti, è ciò che la offende. Di conseguen-za, la proposta educativa non è di stampo moralistico, poiché il bene è ciò che costruisce l’uomo e il male è tutto ciò che lo danneg-gia, anche solo dal punto di vista umano e storico. Spesso i giova-ni — che già rifiutano l’autorità genitoriale — respingono la pro-posta educativa della Chiesa, in nome di una pseudolibertà che si pretende assoluta, delle proprie scelte: indipendentemente dal fatto che queste scelte possano poi danneggiarli. L’emergenza educativa deve essere una sfida da vincere per proporre ai giova-ni una riscoperta dei valori, un punto di riferimento attorno al quale costruire la propria vita.Padre Arcivescovo, un’ultima domanda. Lei ha convocato, per

la prima volta nel postconcilio, il Sinodo della diocesi di Brindi-si-Ostuni. Che cosa si aspetta da questa assise della chiesa locale, quali sono le sue attese?

Lo scopo principale del Sinodo è quello di far riscoprire ai fede-li, ma non solo a loro, il senso di Chiesa. Intendiamoci, la Chiesa nella sua immutabilità evange-lica è sempre quella; tuttavia, ogni tanto, occorre intervenire sugli aspetti caduchi di essa ed aggiornarli. Il concilio Vaticano II ha descritto una Chiesa più ri-spondente ai tempi e ai problemi di oggi; di conseguenza, il nostro Sinodo vuole riconfrontarsi con la Chiesa del Concilio per essere una Chiesa conciliare. Le carat-teristiche principali di una chiesa conciliare sono due: una maggio-re comunione e una più fervente missione. Comunione significa che i cristiani devono trovare in Gesù Cristo il loro punto d’unio-ne; devono essere uniti non solo per solidarietà materiale, ma sot-to lo sguardo dell’unico Padre. Un solo gregge, sotto un solo pastore. Tuttavia, una perfetta comunione non deve far chiude-re la Chiesa in se stessa. La co-munione deve esplodere in una testimonianza esterna: tutti i cri-stiani, la Chiesa nel suo insieme, devono connotarsi con un senso della missionarietà più forte. Noi, che abbiamo ricevuto la pienezza della Verità nel Vangelo, abbiamo l’obbligo — ordinatoci dallo stes-so Vangelo — di gridarlo dai tet-ti: oggi i nuovi tetti sono i mezzi di comunicazione che amplificano la voce della verità. La Verità Rive-lata appartiene a tutti gli uomini: la Chiesa, che n’è depositaria, ha il dovere di diffonderla, per alle-viare le sofferenze degli uomini e guidarli verso finalità che ci tra-scendono.

Cosimo Galasso

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15N° 2/2009 - ANNO XVIII - 15 febbraio ulturaC

Se fosse ancora in questo mondo, Chiara Lubich fe-steggerebbe in questi giorni

il suo 89° compleanno, essendo nata a Trento il 22 gennaio 1920. Ogni anno, gli aderenti al Movi-mento da lei fondato, i Focolarini, celebravano questo anniversario. In qualunque luogo si trovassero, era per loro un giorno di grande festa. Grande e vastissima festa dal momento che, tra aderenti e simpatizzanti, il Movimento dei Focolarini costituisce un esercito immenso, un autentico popolo di circa sei milioni di persone pre-senti in 182 Paesi. Quest’anno è il primo compleanno della loro fon-datrice che non possono festeg-giare, perché, come essi dicono, ma lo dicono con gioiosa serenità: “Il 14 marzo scorso Chiara Lu-bich è andata alla casa del Padre”.

Una donna incredibile. Riser-vata, umile, affabile, carismatica, di un carisma travolgente che af-fascinava tutti. Molti, soprattutto tra coloro che non sono interes-sati alle vicende religiose, si sono meravigliati nell’apprendere dai giornali che i funerali di Chiara sono stati celebrati con una solen-nità eccezionale, riservata in ge-nere ai grandi santi. La cerimonia si è svolta a Roma, nella Basilica di San Paolo fuori le mura che, con San Pietro, è la più impor-tante Basilica della Cristianità. Il rito è stato officiato dal Cardina-le Tarcisio Bertone, il segretario di Stato del Vaticano. Il Papa ha inviato un suo particolare messag-gio. Era presente una folla incre-dibile. Molte personalità di tutte le religioni. Molti politici, tra i quali Bertinotti, Prodi, la Melan-dri. «Chiara è stata un dono per la Chiesa e per il mondo», ha detto il cardinale Bertone nell’omelia. «Chiara ha scritto una pagina di storia della Chiesa», ha sentenzia-to la prestigiosa rivista dei gesuiti “Civiltà Cattolica”.

Nata a Trento, Chiara Lubich aveva una madre molto credente e un padre socialista, che era an-che antifascista e, a causa delle sue idee politiche, perse il lavoro di tipografo e la famiglia dovette affrontare molte difficoltà econo-miche. Chiara volle studiare e la-vorava per pagarsi l’università. Si laureò in filosofia, ma già al liceo la sua mente e il suo cuore erano agitati da una passione speciale: aveva scoperto il Vangelo e si era

ß ßA Loppiano nel cuore di

Chiara Lubich

Per la prima volta, i Focolarini festeggiano da orfani il compleanno della loro fondatrice

Una donna incredibile. Riservata, umile, affabile, carismatica, di un carisma travolgente che affascinava tuttiinnamorata di Gesù.

A 19 anni, durante una visita alla Santa Casa di Loreto, ebbe come una folgorazione interiore: le parve di sentire la voce di Dio che la invitava a svolgere una missione importante, ma non sa-peva quale. Nel 1942, decise di consacrare la sua vita a Dio, pur continuando a vivere nel mondo. Un giorno del 1944, mentre, in-sieme ad alcune amiche che con-dividevano i suoi ideali, si trova-va in un rifugio antiaereo, capì quale era la missione che Dio le chiedeva. «Avevamo portato con noi il Vangelo», raccontava. «Lo aprimmo a caso e sotto i nostri occhi si presentò la pagina di Giovanni al capitolo 17, versetto 21: “Che tutti siano uno, Padre, come io e te”. Quelle parole ci parvero una rivelazione. Quel “tutti” sarebbe stato il nostro orizzonte. Quel progetto di unità, la ragione della nostra vita».

Che cosa abbia fatto Chiara Lu-bich nel corso della sua lunga esi-stenza per “concretizzare” quella frase, “Che tutti siano uno”, che lei diceva essere il “Testamento di Gesù”, è impossibile anche solo immaginarlo. Le opere, le inizia-tive, gli scritti, i discorsi, le testi-monianze, i convegni, i viaggi, i movimenti: un fiume di attività.

Fin da quei primi anni, durante l’estate organizzava degli incontri sulle montagne trentine e li chia-mava “Mariapoli”. Cioè “cittadel-le di Maria”. I partecipanti erano invitati a vivere secondo la legge evangelica dell’amore reciproco, e dell’assoluta unità fraterna, con la conseguente comunione di ogni ricchezza, materiale, spirituale, culturale. Erano momenti in cui si realizzava il desiderio di Gesù “Che tutti siano uno”.

Ma erano “momenti di aggrega-zione temporanei, che duravano il tempo di un convegno. Chiara voleva che quell’esperienza diven-tasse permanente, quasi un labora-torio dove progettare il grande so-gno di un mondo unito. E ci riuscì nel 1964. A Loppiano, in Toscana fondò la prima cittadella della fra-ternità permanente, seguita poi da altre. Attualmente sono 33, sparse in giro per il mondo.

Alcune settimane fa, sono anda-to a visitare Loppiano. Un’espe-rienza veramente indimenticabile. Arrivarci è semplice: sulla auto-strada A1, si esce ad Incisa Val d’Arno, si prende la strada per le colline e dopo una ventina di chi-lometri si incontra Loppiano: una cittadina popolata da novecento abitanti, appartenenti a settanta diversi Paesi di cinque continenti.

Non sono extracomunitari in attesa di un lavoro o del permes-so di soggiorno. E neppure turisti incantati dalla bellezza delle col-line toscane. Sono cittadini che abitano e lavorano dando vita ad

un’esperienza incantevole. Si in-contrano persone cordiali che si fermano a chiacchierare, ti dan-no subito del “tu” e il sorriso che hanno sul viso è spontaneo.

Incontro una giornalista, Ste-fania, focolarina, responsabile dell’Ufficio informazioni e una signora, Elda Pardi, toscana, fo-colarina anche lei, amica di Chia-ra Lubich e che è stata una delle prime cittadine di Loppiano. Ora svolge il ruolo di rappresentante degli abitanti per i rapporti con le istituzioni, una specie di sindaco della cittadina. In macchina mi accompagnano a visitare la citta-

sibile. Un progetto che potrebbe sembrare utopia ma che invece è una bellissima realtà, esistente da 44 anni, e che ha già ramificazioni in giro per il mondo. E la realizza-zione del grande sogno di unità di Chiara Lubich».

Elda Pardi mi racconta che il terreno venne regalato a Chiara da uno dei suoi più stretti amici di allora, Vincenzo Folonari, giova-ne rampollo della celebre famiglia bresciana produttrice di vino, pur-troppo morto giovane. Ma, grazie a quella donazione, Chiara potè dare concretezza al suo sogno..

Ora, a Loppiano è sorto anche

un Istituto Universitario, che si chiama “Sophia”. E’ stato inau-gurato all’inizio di dicembre. «Un altro sogno di Chiara che si realiz-za», dice monsignor Piero Coda, preside dell’Istituto. «Anche que-sto progetto dell’Università risale a molti anni fa. Chiara lo ha ela-borato con lunghe e interminabili riunioni cui partecipavano diver-si professori italiani e stranieri e c’ero anch’io».

Laureato in Filosofia a Torino, per molti anni docente di Teologia alla Pontificia Università Latera-nense, presidente dell’Associa-zione teologi italiani, monsignor Piero Coda è, quindi, un vecchio amico di Chiara Lubich. «Svolgo l’incarico di preside per volere della stessa Chiara», dice. «La sua ultima firma, prima di morire, la fece proprio per proporre me come preside di questa facoltà. Stare qui è come continuare a la-vorare con lei».

L’Istituto fornisce un dottorato nell’approfondimento delle rela-zioni che legano le diverse disci-pline al servizio dell’uomo nella luce del Vangelo. Prepara uomini adatti a far crescere nel mondo l’unità e la pace. E’ frequentato, come primo anno di corso, da 40 studenti che provengono da 14 nazioni diverse. Sono già tutti laureati e vengono qui per dare alla loro preparazione scientifica una dimensione più ampia, aperta al dialogo con gli altri, illumina-ta dal “carisma dell’unità” tipica del Movimento Focolarino.

«Questi ragazzi non hanno sogni di profitto economico, di carriera, di successo mondano», spiega il professor Coda. «Il loro desiderio è quello di una vita mi-gliore, di un mondo più giusto. E sanno che questo è possibile attra-verso la fratellanza, attraverso il Vangelo che in questa Università diventa non solo esperienza di ricerca culturale, ma anche espe-rienza di vita».

«Oggi si parla molto di eco-nomia e di finanza», continua il professor Piero Coda. «Bene: qui a Loppiano abbiamo un modo di fare economia che è assolutamen-te straordinario. Chiara Lubich lo aveva chiamato “Economia di comunione”. E’ un proget to che si rivolge principalmente alle impre-se. Promuove la nasci ta di aziende che si impegnano a destinare una parte degli utili ai più poveri, una seconda parte a diffondere la cul-tura “del dare” e una terza parte alla crescita e alla creazione di nuovi posti di lavoro. A Loppiano abbiamo un “polo imprenditoria-le” con 21 imprese diverse nel campo tessile e dell’artigianato, alimentare e d’arredamento. Im-prese che mettono in pratica con successo il principio dell’”eco-nomia di comunione”. Ma anche altre nazioni hanno raccolto que-sta sfida e oggi sono circa 800 le aziende che nel mondo vogliono dimostrare come l’impresa possa davvero diventare lo strumento di un mondo più fraterno, un’arma contro la miseria e la disugua-glianza. Se anche i politici credes-sero a questo progetto, penso che si potrebbero fare passi veramen-te concreti verso il superamento della crisi economica che ora sta spaventando».

Chiara Lubich durante un discorso

Chiara Lubich nella sua ultima visita a Loppiano

Elda Pardi, (al centro) “sindaco” di Loppiano

Renzo Allegri

una comunità singolare che non ha eguali al mondo. Una cittadi-na moderna con negozi, sale per incontri, centri d’arte, atelier, piccole aziende, negozi, scuole e una grande chiesa dedicata a Maria Theotokos, cioè “madre di Dio”. Un centro cosmopolita, ecumenico, dove non esistono di-stinzioni di religione, razza, etnia o cultura. Dove ognuno segue il proprio credo, le proprie tradizio-ni, ma è strettamente unito agli altri da una sola regola che costi-tuisce la ragione specifica della cittadina: vivere secondo il co-mandamento di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. “Padre, che tutti siano uno, come io e te”.

Camminare per Loppiano è

dina, che si estende su un territo-rio di 260 ettari con coltivazioni di ulivi, vigneti, alberi da frutta. Tutti gli abitanti lavorano per vivere, ma non per arricchirsi. I beni e il lavoro sono considerati “mezzi” per realizzare la fraterni-tà universale e così ognuno pensa anche agli altri. In questo modo non esistono persone in difficoltà economiche. La cittadina è come una grande famiglia, i cui membri vivono l’uno per l’altro.

«Loppiano è la città della fra-tellanza, della solidarietà, della comprensione e dell’amore», dice Elda Pardi. «E’ un punto d’incontro tra i popoli, le cultu-re e le fedi religiose. Un cantie-re aperto in cui sperimentare che l’unità tra uomini è davvero pos-

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I-88900 Crotone, via Lucifero 40tel. 0962/90.51.92 fax 0962/1920413

Nicoletta HristodorescuL’apprendimento intelligente

L’apprendimento intelligente è una metodologia di gestione ottimale delle risorse intellettive che tutti possono acquisire per

migliorare l’efficienza del proprio sistema cognitivo. In effetti, l’energia della mente è potenzialmente illimitata, ma non tutti

sanno usarla in modo appropriato per il loro profitto e per il profitto degli altri.

La “Teoria dei luoghi” (Tdl) formula alcune ipotesi sulla natura e la struttura della mente umana, partendo dal presupposto

che il cervello non è un contenitore in cui vengono immagazzinate, alla rinfusa, le informazioni in entrata, ma una struttura di

strutture citoarchitettoniche geneticamente predisposte ad essere organizzate. Il modello neuro mimetico descritto dalla “Teo-

ria dei Luoghi” è il risultato di studi che riguardano non soltanto le Neuroscienze, ma anche la Cibernetica, la Psicologia, la

Linguistica e le problematiche connesse all’insegnamento. Nessuna sperimentazione diretta sull’essere umano può accertare

con mezzi non invasivi le modalità in cui i processi intellettivi di alto livello (creativo, scientifico, religioso) siano soddisfatti

dal comportamento funzionale dei singoli neuroni, all’interno delle strutture alle quali essi appartengono.

La Hristodorescu descrive in maniera approfondita questi processi nel preciso intento di porre le basi di una metodologia

che possa favorire il processo di apprendimento e dotare l’insegnamento scolastico di presupposti scientifici più efficaci e

consapevoli del funzionamento cerebrale. L’autrice completa il suo studio con una sua personale teoria da lei applicata ai suoi

alunni che consente un graduale e sostanziale miglioramento del quoziente intellettivo.

Opera di prossima pubblicazione

ISBN 978-88-89341-12-4ISBN 978-88-89341-14-8

Volume primo, “Teoria dei luoghi” della mente e modello neuromimetico TDL, pp. 274, Euro 18,00Volume secondo, La “Nuova didattica” Metodologia per favorire lo sviluppo delle capacità intellettive, pp. 214, Euro 12,00