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FONDAZIONE GEOMETRI ITALIANI Poste Italiane Spedizione in a.p. -45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 aut. n. DCB/CZ/17/2004 valida dal 19/01/04 In caso di mancato recapito restituire al CMP di Lamezia Terme. Il mittente si impegna a pagare la relativa tariffa. anno III SETTEMBRE - OTTOBRE 2011 17 numero INTERVENTI La Riforma della professione Le novità di Fausto Savoldi 150° UNITÀ D’ITALIA I tecnici protagonisti in Cremona Spartaco Cadioli Geometra CARTOGRAFIA Città Eterna Piante e catasti di Roma dal Rinascimento a oggi di Mario Bevilacqua EVENTI Expo 2015 Milano Il Piano per la realizzazione “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” Seneca

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FONDAZIONE GEOMETRI ITALIANI

Poste Italiane Spedizione in a.p. -45%

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aut. n. DCB/CZ/17/2004valida dal 19/01/04

In caso di mancato recapito restituire al CMP di Lamezia Terme.Il mittente si impegna a pagare la relativa tariffa.

anno IIISETTEMBRE - OTTOBRE 2011 17numero

INTERVENTI La Riformadella professioneLe novitàdi Fausto Savoldi

150° UNITà D’ITALIAI tecnici protagonistiin CremonaSpartaco CadioliGeometra

CARTOGRAFIACittà Eterna Piante e catasti di Romadal Rinascimento a oggidi Mario Bevilacqua

EVENTIExpo 2015MilanoIl Pianoper la realizzazione

“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” Seneca

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GEOCENTRO/magazinePeriodico bimestrale

Anno III N. 17 Settembre - Ottobre 2011

DIRETTORERESPONSABILEFranco [email protected]

COMITATO Fausto Amadasi

Carmelo GarofaloLeo Momi

Bruno RazzaMauro Cappello

Gianfranco DioguardiStig EnemarkFranco Laner

Norbert LantschnerPier Luigi MaffeiFranco Minucci

Elisabetta SavoldiMarco Simonotti

Antonella TemperaCOORDINAMENTO

REDAZIONEGMPRgroup - Claudio Giannasi

A.D. e IMPAGINAZIONEFilippo Stecconi

Francesca Bossiniwww.landau.it

EDITOREFondazione Geometri Italiani

Via Barberini, 6800187 Roma

Tel. 06 42744180Fax: 06 42005441

www.fondazionegeometri.itSTAMPA

Rubbettino Industrie grafiche ed editoriali

Finito di stamparenel mese di Novembre 2011

Carta interni:riciclata Cyclus Print gr. 100

RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI

Franco MazzoccoliPUBBLICITÀ

Fondazione Geometri ItalianiVia Barberini, 6800187 Roma

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Annuo: euro 50Un numero: euro 10Richiesta via e-mail

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INDIRIZZO DI SPEDIZIONETel: 06 42744180

COPYRIGHTÈ vietata la riproduzione, anche parziale, di articoli,

fotografie e disegnisenza la preventiva autorizzazione

Autorizzazione del Tribunale diRoma n. 250 del 29 maggio 2003

17SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

20 150° UNITA’ D’ITALIAI tecnici protagonistiin CremonaSpartaco CadioliGeometra

29 CARTOGRAFIACittà Eterna Piante e catasti di Romadal Rinascimento a oggidi Mario Bevilacqua

42 150° UNITA’ D’ITALIAIstituto Tecnicoper Geometri“Pietro Vacchelli”di Cremona

45 EVENTIExpo 2015MilanoIl Pianoper la realizzazione

7 EDITORIALECRISISTRATEGIAPERSPICACIAdi Franco Mazzoccoli

8 INTERVENTILa Riformadella professioneLe novitàdi Fausto Savoldi

11 PREVIDENZALe decisioni presedalla Cassa di Previdenzadei Geometriin linea con il Governodi Fausto Amadasi

13 GEOMATICA“Geomaticsfor the monitoringof structuresand soil deformation”Una lezione di Alessandro Capra

17 ZOOMUn Geometrache naviganell’atmosfera

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70 COSTRUZIONIVerifica del procedimentodi realizzazionedell’opera pubblica: guida veloceper l’esecuzioneed il controllo di tutti gli adempimentidi Mauro Cappello

80 TECNOLOGIE Sistemi radianti:generalità e applicazionidi Alessandro Cariani

86 PROGETTI In BasilicataLa “Pietra del Pertusillo”Una riletturadopo cinquant’annidi Aldo Giordani

92 MATERIALILe cause di crollonei muri a seccodi pietra calcareadi Fausto Palini

96 CONCORSI4° Concorso Internazionale per Interior designers2011-2012

49 FISCALITàNuove modalità applicative per le detrazioni fiscali del 36% e 55%di Stefano Setti

54 GEOBIOLOGIAUn altro aspettodi analisi del sito:la geobiologiadi Tiziano Guerzoni

57 FORMAZIONEDimensionamentodelle strutture in legnoPrima partedi Franco Laner

66 AMBIENTE E TERRITORIO Il paesaggioRecente evoluzionenormativa e culturaledi Gianluca Scacchi

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57 66

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Per questo numero si ringraziaMario BevilacquaAlessandro CapraAlessandro CarianiAldo GiordaniTiziano Guerzoni Ruggero PoliFausto PaliniGianluca ScacchiStefano Setti

OnlineLa rivista è consultabile all’indirizzo web:www.fondazionegeometri.itSezione “Geocentro”

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EDITORIALE

Albert Einstein, nel 1955 scriveva:“Non pretendiamo che le cose cambino, se facciamo sempre la stessa cosa. La crisi è la migliore benedizione che può arrivare a persone e nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dalle difficoltà nello stesso modo che il giorno nasce dalla notte oscura. È dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagio, inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. La convenienza delle persone e delle nazioni è di trovare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza...”

I mesi trascorsi e quelli che stiamo vivendo sono mossi e violentemente sconvolti come il “mare agitato” della nostra copertina.Tutti sono impegnati nel voler superare la crisi discutendo tra l’altro sul riordinare l’esercizio delle libere Professioni intellettuali. Finalmente tutti hanno compreso che il mondo dei professionisti, riformato come è stato proposto, è una delle basi per rilanciare l’economia della nostra Italia e metterla ancora di più al passo nel contesto europeo. Riordino che non incontra l’accettazione di talune professioni ma è ben accetto da quelle tecniche e specificatamente dai Geometri, cosi come spiega Fausto Savoldi nel suo articolo, perché lascia invariati i principi per esercitarla ma con competenze che hanno la necessità di essere meglio definite.Riforma strutturale che aumenta la competitività del Paese e porta cambiamenti che interessano tutti i Cittadini, considerato che anche i Professionisti per questioni e consulenze diventano Committenti di altri Professionisti.

CRISISTRATEGIAPERSPICACIAdi Franco MazzoccoliDirettore di GEOCENTRO/magazine

Anche le diverse Casse di Previdenza, istituite per pagare le pensioni ai Professionisti sono coinvolte in questa “agitazione”. La Cassa dei Geometri è già da tempo pronta ad affrontare le indicazioni del Governo, cosi come scrive nel suo intervento il Presidente Fausto Amadasi. Una strategia messa in atto per la capacità di intuizione associata al pregio della prontezza e della opportunità.Continuando a festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia, anche in questo numero per “I Tecnici Protagonisti” parliamo del Geometra Spartaco Cadioli, classe 1925, che nel 1990 viene premiato dall’INARCH Istituto Nazionale di Architettura, fondato da Bruno Zevi, per il progetto di una palazzina in Cremona. Un esempio di Progettista attento a tutti i Movimenti ed alle diverse Scuole con la passione e l’amore per l’architettura ed il design. Della Capitale Roma, il Prof. Mario Bevilacqua ci racconta la storia della rappresentazione cartografica della Città Eterna che ha visto impegnati artisti, architetti ed anche... Tecnici dell’epoca... geometri che continuano oggi nell’attività cartografica catastale. Unica e singolare è invece la lettura della Terra che fa “l’Atmonauta” Pietro Tortora, Geometra, che racconta del suo navigare nell’atmosfera, attività che gli lascia la possibilità, come Lui dichiara, “di apprezzare al meglio i concetti e l’utilità della nostra amata Topografia”.Nella rubrica EVENTI illustriamo il Piano per la realizzazione a Milano dell’EXPO 2015 Esposizione Universale dedicata al Tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Progettata da una Consulta di Architetti di fama internazionale, il cui Masterplan definitivo per la realizzazione è stato elaborato dall’Ufficio di Piano della spa EXPO 2015. Responsabile dell’Ufficio Studi è il Geometra Romano Bignozzi, esperto in Valutazione economica del progetto, Studio dei Tempi e Metodi di esecuzione, opere che vedranno impegnati circa 1800 addetti.Sfogliando questo numero di GEOCENTRO scoprirete pagine con temi diversi: dalla Geobiologia alla recente Normativa sul Paesaggio, alle Costruzioni di legno, ai Muri a Secco e ad altri argomenti interessanti.

A me resta il gradevole compito di augurarVi una piacevole lettura e raccomandarVi, se nell’anno 2012 vorrete ricevere gratuitamente GEOCENTRO al Vs. indirizzo, di compilare il modulo di richiesta che troverete a pagina 97.

A ben incontrarci su queste pagine

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La Riformadella professioneLe novitàdi Fausto Savoldi Presidente del Consiglio Nazionale Geometrie Geometri Laureati

INTERVENTI

Le manovre economiche dello scorso luglio (D.L. 98/2011) ed agosto (D.L. 138/2011) e, più ancora, le norme contenute nell’art. 10 della Legge di Stabilità (Legge 183 del 12 novembre 2011), approvata definitivamente il 13 novembre, hanno impresso un’improvvisa ed insperata accelerazione alla riforma di tutti i Regolamenti riguardanti le Professioni ordinistiche. Con tre distinti provvedimenti è stato fatto, in pratica, tutto quanto originariamente contenuto nelle Proposte di Legge per la riforma delle Professioni ferme all’esame delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato.

Le tre novità di rilievoLa prima è costituita dal fatto che a riscrivere i Regolamenti professionali sono chiamate direttamente le Categorie ed i rispettivi Consigli Nazionali. Vengono però dettati alcuni principi ai quali tutte le Professioni dovranno attenersi e sui quali, nel corso di un recente incontro presso il Ministero della Giustizia, tutte le Categorie professionali si sono dimostrate concordi.Innanzitutto va detto che i tali provvedimenti farebbero parte del grande processo di “liberalizzazione” dei servizi professionali (anche se il vero significato di questa espressione rimane per i più del tutto misterioso). Per quanto ci riguarda, abbiamo dato a questa formula l’interpretazione più ampia possibile, ipotizzando che, in futuro, l’accesso al nostro Albo possa avere quale unica condizione il possesso dell’Abilitazione professionale conseguente al superamento dello specifico Esame di

Stato (previsto dalla Costituzione). Un’iscrizione all’Albo effettuata direttamente dall’interessato utilizzando una piattaforma informatica: senza domanda, senza bolli, senza documenti da allegare e con valore immediato.Verrebbero così superati i noti ostacoli all’accesso previsti in particolare per i pubblici dipendenti. Per costoro l’attività professionale rimarrebbe comunque condizionata dalle norme relative al conflitto di interessi ed alle incompatibilità previste da altre disposizioni di legge.Certamente, anche l’eliminazione dell’obbligo di applicazione di tariffe professionali minime rientra nel capitolo “liberalizzazioni”: le tariffe fissate per i Geometri da una specifica Legge (Legge 144 del 2 marzo 1949 e succ. aggiornamenti) non saranno utilizzabili, neppure come possibile riferimento. I compensi professionali dovranno essere pattuiti per iscritto sulla base delle caratteristiche della prestazione richiesta, della difficoltà dell’incarico e del processo lavorativo necessario per raggiungere un determinato risultato. Invero, i Geometri non sono mai stati preoccupati dell’eliminazione delle tariffe: in passato esse erano state stabilite partendo dal presupposto che le attività professionali venissero espletate con un’identica struttura di studio, con le medesime apparecchiature ed in tempi più o meno simili. Di fatto, oggi le strutture di uno studio professionale sono assai differenziate: si va dal tradizionale studio personale del singolo Professionista sino alle associazioni professionali oggi trasformabili in società, anche con la presenza di soci di capitale.E’ chiaro che inquadrare il Professionista nel solo ambito

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del “lavoro intellettuale” senza riconoscere la necessità di affiancargli una struttura “aziendale” lo pone in condizioni di svantaggio nella produzione di servizi professionali offerti oggi da società pubbliche e private a prezzi concorrenziali. Tali sevizi fanno infatti quasi sempre parte di interessi commerciali di ben altra natura rispetto all’attività intellettuale prevalente.Noi continuiamo a ritenere che il compenso professionale debba essere correlato alla qualità della prestazione e che tale qualità debba essere dettagliatamente descritta, nei contenuti e nei percorsi, direttamente nel documento di incarico.Per soddisfare tale esigenza, il Consiglio Nazionale ha predisposto (con la collaborazione di UNI) le caratteristiche che ogni prestazione deve possedere per essere considerata di qualità (vedi “standard di qualità” in “fase di pubblica consultazione” sul sito del Consiglio Nazionale www.cng.it). Dal rispetto di questo standard deriverà la determinazione del compenso, che potrà di volta in volta variare, anche a seconda della struttura aziendale dello studio professionale.

La seconda novità, peraltro sempre sostenuta dalla nostra Categoria, è rappresentata dall’istituzione di organi territoriali e nazionali, nettamente separati ed autonomi rispetto ai Consigli provinciali, ai quali saranno “affidate l’istruzione e la decisione delle questioni disciplinari”.Chiariremo in seguito le procedure di nomina di tali organi di disciplina. Tuttavia, ci pare sin d’ora abbastanza logico prevederne la nascita a livello regionale, magari con la presenza di un esperto indipendente (magistrati/ legali) e, perché no, di un rappresentante dell’utenza (clienti).Se le iscrizioni all’Albo avvenissero on-line con la sola condizione del possesso dell’Abilitazione e dato che le questioni disciplinari non sarebbero più di pertinenza dei Collegi provinciali, a questi ultimi rimarrebbero attribuiti i compiti più rilevanti per il nostro futuro: la gestione della formazione scolastica e professionale, la rappresentanza della Categoria sul territorio e la gestione decentrata della Previdenza obbligatoria degli iscritti.Riguardo all’obbligo per tutti gli iscritti di “seguire percorsi di formazione continua permanente”, la nostra Categoria si trova avvantaggiata dal fatto di averlo previsto con un proprio regolamento sin dal 2009.Oggi, l’obbligo è sancito da una Legge e riguarda non solo i giovani, ma anche i colleghi anziani ed i pensionati attivi. Il sistema della formazione continua andrà certamente rafforzato anche nella fase del controllo, soprattutto per quelle zone (ahimè vaste!) nelle quali le norme regolamentari interne sono state sottovalutate o addirittura disattese. La tutela della Professione e delle competenze ad essa attribuite è intimamente legata alla preparazione ed al

continuo aggiornamento degli iscritti. Non si difendono le nostre competenze con le sole Proposte di Legge, con le lamentele e le richieste sul web o con le manifestazioni di piazza: esse si salvaguardano con la preparazione e la qualità dell’operato quotidiano che la nostra clientela è sempre più preparata a capire ed apprezzare.Anche l’obbligo per chi svolge qualsiasi tipo di attività professionale di possedere una polizza assicurativa di responsabilità professionale per tutelare i committenti in caso di danni ci trova totalmente concordi. Una specifica polizza studiata in collaborazione con il Consiglio Nazionale sarà attivabile direttamente on line dal sito ufficiale www.cng.it ed un’apposita Commissione verificherà che le coperture e le garanzie pattuite vengano effettivamente rispettate in caso di sinistro.

La terza e più rilevante novità è rappresentata dalla possibilità per i Professionisti di costituire società (di qualsiasi tipo) per lo svolgimento dell’attività. Si tratta dell’implicita ammissione che la “prestazione intellettuale” necessita di una struttura aziendale in grado di competere sul mercato, nazionale ed europeo, con le società di ingegneria già oggi esistenti, soprattutto nei paesi della UE a noi vicini. È questo un tentativo di permettere, soprattutto ai giovani, nuove forme di porsi sul mercato e nuove modalità di aggregazione multi-disciplinare, tali da rispondere ad esigenze tecniche sempre più complesse da parte della clientela.Tra l’altro, la costituzione di società di servizi professionali consentirebbe di attribuire un valore pecuniario agli studi professionali, valore che oggi si azzera irrimediabilmente con la cessazione dell’attività del singolo Professionista. Anche il curriculum della società continuerà vantaggiosamente ad incrementarsi indipendentemente dall’ingresso o dall’uscita dei soci Professionisti. La presenza e la partecipazione di soci di capitale non potrà che sfociare in un ampliamento delle possibilità operative e un incremento della clientela. L’opera intellettuale del Professionista rimarrà comunque autonoma ed indipendente.Queste tre novità rappresentano nel complesso una vera e propria rivoluzione che ci impone di riscrivere il Regolamento della Professione di Geometra la cui approvazione farà decadere quello del 1929. Porremo grande attenzione nel riscrivere in modo chiaro il capitolo delle competenze, attualmente oggetto di veri e propri attacchi da parte di altre Professioni. Competenze che saranno correlate, per i futuri iscritti, alle specifiche capacità, possibilmente certificate da organismi indipendenti o dalle stesse Università.Un compito certamente non facile da svolgere, con l’ambizione di dar vita ad una Categoria rinnovata, non corporativa e competitiva anche in ambito europeo.

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1. All’articolo 3, comma 5, alinea, del decreto-legge 13 agosto 2011, n.138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le parole: “Gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi:” sono sostituite dalla seguenti: “Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi:”.

2. All’articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.138. convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dopo il comma 5 è inserito il seguente:

3. “5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali sono abrogate con effetto dall’entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5”.

4. E’ consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda:a. l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale

da parte dei soci;b. l’ammissione in qualità di soci dei soli

professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento.

c. criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti

per l’esercizio della prestazione richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dell’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente;

d. le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.

5. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di società di professionisti.

6. La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti.

7. I professionisti soci sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’ordine al quale risulti iscritta.

8. La società tra professionisti può essere costituita anche per l’esercizio di più attività professionali.

9. Restano salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.

10. Ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Ministro della giustizia, di concerto con Ministro per lo sviluppo economico, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, adotta un regolamento allo scopo di disciplinare le materie di cui ai precedenti commi 4, lettera c), 6 e 7.

11. La legge 23 novembre 1939, n. 1815, e successive modificazioni, è abrogata.

12. All’articolo 3, comma 5, lettera d), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, le parole: “prendendo come riferimento le tariffe professionali. È ammessa la pattuizione dei compensi anche in deroga alla tariffe” sono soppresse.

Legge 12 novembre 2011, n.183

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato.

(Legge di stabilità 2012)

Art. 10.Riforma degli ordini professionali

e società tra professionisti

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ANNO III | n. 17 | SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

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PREVIDENZA

Le decisioni presedalla Cassa di Previdenzadei Geometriin linea con il Governodi Fausto AmadasiPresidente CIPAG – Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti

Con il nuovo Governo il tema della previdenza è divenuto ancora più centrale nella vita economica, politica e sociale del Paese. La riforma previdenziale è stata predisposta da Mario Monti lo scorso 6 dicembre 2011, a meno di 20 giorni dal giuramento nelle mani del Presidente Napolitano, nel tentativo, al momento non ancora perfettamente riuscito, di provocare effetti positivi sugli andamenti dei mercati finanziari e sulle aste dei titoli di Stato italiani.Le linee generali della parte previdenziale della manovra erano  note da tempo, visto che da qualche anno la professoressa Elsa Fornero, attuale Ministro del lavoro e delle politiche sociali, era più volte intervenuta sulla stampa con severi moniti sulla necessità di dare maggiore equilibrio e sostenibilità alle gestioni previdenziali dei lavoratori dipendenti e dei professionisti, sensibilizzando in tal senso i competenti Organi ministeriali. Proprio grazie al dibattito ed al confronto, non privo di divergenze prospettiche di fondo, la Cipag ha saputo cogliere i segnali della necessità di un cambiamento ed ha avviato già da tempo iniziative, che presto andranno definitivamente a regime, tendenti alla stabilizzazione delle gestioni

previdenziali nel rispetto del criterio contributivo, ora reso obbligatorio per tutti, mitigato da una introduzione graduale e dal sistema del pro rata, atto a garantire i diritti acquisiti e l’adeguatezza della prestazioni.Da tempo, inoltre, la Cipag ha affiancato alla gestione della previdenza una serie di iniziative in grado di attenuare l’impatto del nuovo sistema previdenziale e di riservare dei vantaggi ai Geometri che versano regolarmente i contributi. Una prima tranche di iniziative rilevanti opera nella direzione della previdenza complementare, che ormai per la Cipag è giunta in dirittura d’arrivo con il consenso e il costante raccordo con il Ministero e con la Covip. L’obiettivo è quello di dare maggiore copertura previdenziale ai Geometri, entro i limiti di costi accettabili e vantaggiosi, se si considerano i rendimenti in termini di rapporto contribuzione/prestazione, con numerosi servizi innovativi disponibili, tutti utili a far crescere il montante contributivo integrativo e che si sommano ai connessi benefici fiscali.La seconda area di iniziativa riguarda una più intensa attività assistenziale da parte della Cipag che ha portato il Comitato dei Delegati di novembre ad approvare

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la  realizzazione della copertura contro il rischio di non-autosufficienza, operata con una polizza Long Term Care (LTC), stipulata tramite l’Emapi (Ente di mutua assistenza per i professionisti italiani), che si affianca alla copertura Grandi Interventi e che consentirà di erogare una rendita vitalizia non solo al Geometra in attività iscritto alla Cipag, ma anche ai pensionati ed ai praticanti colpiti da gravi malattie invalidanti. Si tratta di un servizio di grande valore in termini di solidarietà professionale, ma anche di attenzione alla situazione finanziaria del Paese, poiché l’assistenza pubblica sarà sempre meno in grado di dare risposte idonee per far fronte alle esigenze della vita dei cittadini colpiti da gravi malattie, che ora invece potranno accedere alla mutua assistenza della loro categoria professionale, a bassi costi e con indubbi benefici per la qualità del servizio e per il bilancio pubblico.La terza linea di azione è quella dell’attenzione alla evoluzione della platea degli iscritti, delle dinamiche reddituali della categoria e della continua manutenzione del nostro sistema previdenziale per limitare i provvedimenti imposti per legge anticipandoli e, ove possibile, graduandoli senza improponibili “scaloni”. Già nel maggio del 2011, infatti, il Comitato dei Delegati della Cipag si è espresso chiaramente nella direzione del sistema previdenziale contributivo, adottando una serie di provvedimenti che hanno riportato equilibrio e sostenibilità  nel lungo periodo, ben oltre il limite minimo di 30 anni richiesto nel 2006 dai provvedimenti legislativi, senza però raggiungere l’obiettivo ora richiesto dei 50 anni, con previsioni e calcoli attuariali che estendano l’equilibrio tra le contribuzioni attese e le prestazioni maturate oltre il 2062. In concreto, i provvedimenti già adottati prevedono che a partire dal 2015 si cominci ad attuare l’innalzamento graduale del contributo previdenziale minimo soggettivo a 3.250,00 euro e dell’aliquota contributiva fino al 15 per cento a regime dal 2017 e che l’aliquota del contributo integrativo passi dal 4 al 5 per cento, restando inalterata però per le prestazioni eseguite per le Pubbliche Amministrazioni. Inoltre l’arco contributivo ai fini del calcolo della pensione dal 2015 sarà quello dei migliori 30 anni sugli ultimi 35 di attività professionale. Una ulteriore misura straordinaria, a sostegno della politica di austerità del Governo, è stata adottata dal Comitato dei Delegati a fine novembre 2011: è stato disposto un taglio lineare del 15 per cento sui compensi spettanti agli Organi istituzionali della Cipag per i prossimi due anni per dare un segnale di rigore economico nella difficile situazione di crisi in cui versa il Paese.E’ inutile dire come le scelte della Cipag siano condivise ampiamente negli ambienti istituzionali come rimarcato anche dal Presidente della Covip, Antonio Finocchiaro, nell’incontro con il Comitato dei Delegati che ha tenuto

a battesimo il Fondo di previdenza complementare Cipag, il “secondo pilastro” che assicurerà ai Geometri pensioni sempre più elevate, con piani contributivi accessibili e vantaggiosi, in grado di offrire una rendita mensile dopo soli 5 anni di contribuzione, con possibilità di anticipazioni agevolate per spese sanitarie oppure per l’acquisto o la ristrutturazione della casa.Un ulteriore motivo di orgogliosa soddisfazione per l’attività degli Organi della Cipag e rappresentato dai buoni risultati della riscossione dei contributi tramite il modello Unico 2011. Versare la contribuzione sarà sempre più semplice, economico e sicuro, garantirà alla Cassa entrate costanti, recupero dei dati reddittuali indispensabili per il calcolo delle prestazioni costantemente aggiornati e sicuri e, per gli iscritti, la semplificazione degli adempimenti legati alla dichiarazione del reddito e da assoggettare a contribuzione, soprattutto la possibilità di usufruire della compensazione tra i debiti contributivi ed i crediti fiscali. Infatti dal 2011 le dichiarazioni dei redditi, sia quella ai fini fiscali che quella ai fini contributivi vengono presentate dai Geometri direttamente tramite il modello Unico, con la conseguente possibilità di utilizzare il modello F24 per il versamento delle somme dovute e usufruire di una rateizzazione degli importi dovuti e con un interesse più basso, coerente con quella applicata dalla Agenzia delle Entrate.In conclusione, possiamo dire con orgoglio che la Cipag ha anticipato da tempo il clima di austerità e di rigore proposto oggi dal Governo Monti e, forse più di altri settori della società, ha saputo guardare oltre l’immediatezza delle opportunità, predisponendo una serie di misure di efficienza e certezza delle gestioni, tali che oggi i Geometri non vengono colti di sorpresa dai sacrifici, né hanno difficoltà a presentare i propri conti a posto, oggi e per il prossimo mezzo secolo. Anche se nell’etimologia della parola “previdenza” c’è una sorta di capacità di “prevedere” le situazioni, gli equilibri ed i bisogni del futuro, la Cipag non ha voluto mai azzardare iniziative che non fossero ampiamente testate negli effetti economici e nei benefici a favore dei propri iscritti. Oggi la nostra lungimiranza ci premia e propone al Paese un Ente di Previdenza che non deve operare riallineamenti drastici, ma solo continuare ad accompagnare con serietà e sicurezza la vita professionale dei propri iscritti con una previdenza costruita su misura per la categoria, sempre più adeguata, economica ed efficiente ed in grado di dare risposte coerenti per tutte le possibili esigenze che si dovessero loro presentare. La Cipag, infatti, è pronta alle sfide lanciate dal nuovo Governo, sfide che sapremo affrontare con la determinazione di sempre e superare insieme alle altre Casse con le quali stiamo dialogando da tempo in modo molto costruttivo.

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GEOMATICA

L’argomento è l’applicazione della geomatica ad un particolare settore come il monitoraggio.Il primo problema nella preparazione di una lezione come questa è legato alla conoscenza di base della geomatica che gli studenti posseggono, da cui discende quanto dare per noto in modo da sviluppare l’approfondimento applicativo delle discipline. Di fronte ad una platea variegata di studenti provenienti da diverse parti di Europa è praticamente impossibile conoscere a priori questa preparazione, essendo molto diversi i metodi di insegnamento ed anche le tematiche affrontate nella preparazione scolastica ed universitaria dei vari paesi.L’approccio più funzionale è stato di preparare lezioni modulari che mi permettessero di variare durante il corso gli argomenti in modo da adattarmi alle capacità di seguire degli studenti mano a mano che verificavo la loro preparazione di base.Devo dire che ho verificato un livello molto buono di preparazione che ha permesso loro di seguirmi bene e di stimolare la loro attenzione proprio in un fase di approfondimento delle conoscenze applicative. Nella prima parte del corso ho introdotto i concetti principali dello studio e controllo delle deformazioni. L’inquadramento del problema dal punto di vista fisico è utile per assumere subito una nomenclatura corretta dell’argomento. Rimarcare l’attenzione sulla differenza tra movimento e deformazione e su come si misurano diventa basilare.

“Geomaticsfor the monitoringof structuresand soil deformation”Una lezionedi Alessandro Capra

I fenomeni che investighiamo si sono visti in due ambiti applicativi: le deformazioni di strutture e le deformazioni del suolo.Nella prima categoria rientrano i controlli ed i collaudi di edifici e di infrastrutture .Nella seconda categoria rientrano lo studio di fenomeni di area globale come la tettonica e di area estesa come effetti sismici, vulcanici e subsidenza fino ad effetti su scala locale come le frane ed i versanti instabili in genere.Le due categorie presentano analogie nell’approccio allo studio deformativo come il confronto di misure nel tempo e l’analisi ed interpretazione del campo deformativo che ne deriva. Naturalmente presentano pure specificità proprie nella strumentazione utilizzata e nel metodo di rilievo.Ho scelto di presentare diversi casi applicativi in un ambito e nell’altro attraverso cui evidenziare l’approccio teorico al problema del monitoraggio, le strumentazioni utilizzabili e l’elaborazione e l’analisi dei dati di misura.Una premessa fondamentale è stata posta nel considerare comunque sempre un approccio interdisciplinare in una attività di monitoraggio. Non si può affrontare il controllo deformazioni di un edificio senza lavorare a stretto contatto con lo strutturista con cui interagire in fase di progetto del sistema di monitoraggio e con cui condividere l’interpretazione dei risultati.Così come risulterebbe non corretto controllare l’evento deformativo di un corpo di frana senza interagire con un geologo applicato.

La lezione si è tenuta nell’ambito del “III Corso Internazionale per Surveyors” svoltosi ad Atene dal 3 al 15 ottobre 2011 organizzato dal Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati, in collaborazione con la “Hellenic Association of Rural and Surveying Engineers” e con il supporto della Geoweb S.p.a. Iniziativa alla quale hanno partecipato 30 giovani geometri di età inferiore ai 35 anni, tra i quali italiani iscritti ai Collegi e partecipanti da altri Paesi europei.

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Senza questo approccio interdisciplinare una attività di monitoraggio è professionalmente sbagliata e l’assenza di figure di discipline diverse può portare ad interventi errati con conseguenze a volte rischiose.Nella fase introduttiva ho voluto ricordare il concetto di rischio che ha un significativo quantitativo preciso. Il monitoraggio di un evento è più o meno importante a seconda del rischio legato a quell’evento. È importante che chi segue un corso come questo sappia che i costi anche elevati di un monitoraggio possono essere affrontati in funzione del rischio.Sono stati precisati i concetti di prevenzione e predizione. Purtroppo si investe ancora molto poco nella fase di prevenzione degli eventi a rischio che significa lo studio dei fenomeni per arrivare a ipotizzare il rischio loro associato. Se si investisse di più in questa fase si eviterebbero perdite di vite umane e costi altissimi.Oltretutto una fase di studio attenta permetterebbe di valutare meglio l’opportunità dell’installazione di sistemi di monitoraggio.A questo proposito abbiamo definito i sistemi di allerta che sono basati sull’acquisizione in tempo reale dei dati di misura che, fissate delle soglie di allarme, consente di allertare in tempo reale il personale tecnico preposto al controllo.Relativamente al monitoraggio di strutture ho introdotto i concetti principali di sistemi integrati geodetici e geotecnici che possono costituire una rete di controllo deformazioni.Ho presentato alcune esperienze recenti condotte dal mio gruppo di lavoro sul sito Unesco di Modena, Duomo e Ghirlandina, sulle Due Torri a Bologna, Asinelli e Garisenda e sulla Torre della Sagra di Carpi.

Sono state applicate diverse tecniche in modo integrato. Il laser scanning terrestre per definire la geometria delle strutture e quindi assetti e strapiombi ( Figura 1). La livellazione geometrica di precisione per controllare la stabilità delle fondazioni attraverso l’analisi di abbassamenti verticali differenziali fino a precisioni del decimo di millimetro (Figure 2 e 3). Rilievi con stazione totale di altissima precisione per determinare le variazioni di assetto di elementi verticali. Informazioni sono pure ottenute da pendoli di diversa lunghezza ed alta precisione.

Figure 2 e 3. Risultati delle misure di livellazione per il controllo degli abbassamenti differenziali del complesso Duomo-Ghirlandina, sito Unesco di Modena.

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Agli studenti sono stati descritti i sistemi integrati di monitoraggio in tempo reale attualmente funzionanti. Quello sulle Due Torri a Bologna consiste in distanziometri laser, inclinometri, deformometri, estensimetri e sensori di temperatura e gonioanemometrici. Il sistema sul complesso Duomo-Ghirlandina comprende pendolo lungo, pendoli corti, giunti bi e tri-assiali, deformometri e sensori di temperatura.Da alcuni diagrammi di misura sono stati evidenziati i parametri che più interessano a diverse scale temporali e le criticità di questi dati di monitoraggio in relazione alla ciclicità delle misure e alle variazioni dei parametri atmosferici. È infatti molto importante definire gli effetti ciclici dovuti alla variazione delle precipitazioni e quindi della falda e delle variazioni giornaliere, mensili e annuali di temperatura. Prima di valutare le variazioni misurate dagli strumenti occorre correggere le misure stesse degli effetti suddetti.Relativamente a investigazioni su larga scala ho riportato il rilievo geodetico condotto in Antartide per lo studio della geodinamica della Terra Vittoria Settentrionale. Operando su un’area di circa 600 per 300 chilometri si è dovuto correggere le misure della rete per effetto di fenomeni di trascinamento dell’intero continente antartico. Quindi le deformazioni residue locali della rete si ottengono sottraendo la rotazione del continente.Questo caso applicativo è stato importante per far comprendere come un rilievo di monitoraggio di una certa area non può mai prescindere dall’inquadramento della stessa area in una zona più estesa al fine di comprendere l’effetto di fenomeni globali sui risultati delle misure che stiamo eseguendo.Per quanto riguarda il monitoraggio delle deformazioni del suolo sono state presentate alcune esperienze condotte nell’ambito del controllo di versanti instabili dell’Appennino modenese e reggiano. In particolare delle frane di Valoria (Modena) e Collagna, Succiso e Romanoro (Reggio Emilia).Sono stati descritti i sistemi integrati GPS e stazione totale di Valoria (Figura 4), Collagna e Succiso che operano in tempo reale e a controllo remoto. L’acquisizione ed elaborazione in tempo reale ha permesso di valutare l’evoluzione dei fenomeni con elevata risoluzione temporale.Questi sono esempi di corretta prevenzione, perché hanno consentito di definire una metodologia di studio per la comprensione di un evento franoso. Nello stesso tempo costituiscono un sistema di allarme in funzione in tempo reale per prevedere il rischio associato all’evento.Sono state presentate applicazioni di laser scanning terrestre long range alle frane di Valoria e Collagna. Questo strumento non consente di effettuare un monitoraggio

di precisione ma permette di definire una stima e degli eventuali movimenti complessivi attraverso il confronto di DTM della zona generati in tempi successivi.Uno strumento di recentissima applicazione è il Ground Base Sar o interferometro radar terrestre. I principi di funzionamento sono quelli del InSAR da piattaforma satellitare e consente di determinare deformazioni anche sub-centimetriche. Sono state presentate le applicazioni fatte alle frane di Collagna e Romanoro che hanno evidenziato le enormi potenzialità dello strumento ma anche attuali limiti di utilizzo ed accuratezza almeno nell’ambito di terreni franosi ad elevata copertura vegetale.Per accentuare l’aspetto applicativo ed anche pratico del corso ho fornito i costi della strumentazione e delle attività di ciascun caso presentato. Questo ha portato ad un interessante e forse prevedibile acceso dibattito sul rapporto costi-benefici del monitoraggio, riportando l’attenzione su una delle questioni iniziali, cioè quella relativa alla opportunità di eseguire un monitoraggio in funzione del rischio associato ad un possibile evento deformativo di strutture o versanti instabili.Alcuni studenti avevano già effettuate esperienze professionali di rilievo per monitoraggio, ad esempio di cave e miniere e di edifici instabili. Questo ha permesso di parlare delle loro esperienze e attraverso l’analisi delle metodologie applicate di trasferire a tutti gli studenti elementi di valutazione sulle attività da fare a seconda di diversi obiettivi di monitoraggio.Parlare di monitoraggio a studenti di diversa estrazione e provenienza ha costituito per me un’esperienza estremamente interessante. Devo riconoscere che, come spesso mi accade, la lezione è stata un’occasione di arricchimento reciproco; per gli studenti che, mi auguro, abbiano imparato un approccio metodologicamente corretto al monitoraggio, e mio personale attraverso gli stimoli suscitati dalle loro domande e curiosità.

Figura 4. Sistema integrato GPS-Stazione Totale per il monitoraggio della frana dei Boschi della Valoria (Modena).

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Alessandro Capra

Professore Ordinario di Geomatica (ICAR/06) presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Direttore del Dipartimento DIMeC di UNIMORE. I suoi interessi di ricerca sono nel settore della Geomatica e riguardano principalmente la topografia e la geodesia (applicazioni di sistemi GPS e GNSS, rilievi laser scanning ) la fotogrammetria e le applicazioni LIDAR (aerea e terrestre), il telerilevamento, le applicazioni del rilievo ai beni culturali, il monitoraggio di strutture e di versanti instabili. E’ autore e coautore di 150 pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali ed ha presentato memorie a Convegni in Italia ed all’Estero. Nell’ambito delle attività di ricerche geodetiche condotte in Antartide ha partecipato a sette spedizioni di ricerca ed è Coordinatore del Progetto di Geodesia del PNRA. Chief Officer del Geoscience Standing Scientific Group (GSSG) dello SCAR (Scientific Committee on Antarctic Research) per il periodo 2008-1012. Editor-in chief della rivista Applied Geomatics (ed.Springer ). Presidente della SIFET (Società Italiana di Fotogrammetria e Topografia).

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BLASI C., COISSON E., CAPRA A., LANCELLOTTA R., I dati del monitoraggio per la comprensione dei movimenti della Torre Ghirlandina (The role of monitoring tower movements). In La Torre Ghirlandina: un progetto per la conservazione. Luca Sossella Editore,Roma, Aprile 2009. ISSBN 9788889829721

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CASTAGNETTI C BERTACCHINI E.,, CAPRA A. DUBBINI M. Il laser scanning terrestre per l’analisi di edifici di interesse storico ed artistico.In “Geomatica- le radici del futuro”. Tributo a Sergio Dequal & Riccardo Galetto. A cura di Ambrogio Manzino e Anna Spalla- Edizioni SIFET- ISBN 88-901939-6-4. pp. 99-108. Pavia - febbraio 2011

CAPRA A., BERTACCHINI E., CASTAGNETTI C., DUBBINI M., RIVOLA R., TOSCHI I. Rilievi laser scanner per l’analisi geometrica delle torri degli Asinelli e della Garisenda. INARCOS- Rivista Ingegneri ed Architetti Costruttori di Bologna. Anno LXVI Maggio 2011

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A 4.000 metri d’altezza escono dell’aereo e cominciano letteralmente a volare. Anzi, naturalmente. Senza l’ausilio di attrezzature particolari ma solo grazie ad una specifica posizione aerodinamica assunta dal proprio corpo. Sono gli atmonauti, neologismo che sta per Navigatori (“nauti”) dell’Atmosfera (“atmo”). Innovatori del paracadutismo tradizionale che, utilizzando la tecnica di “volo umano” inventata da Marco Tiezzi e Gigliola Borgnis, acquisendo “portanza” (fenomeno tipico delle ali), non cadono dal velivolo ma “planano” come uccelli, avanzando in traiettorie diagonali differenti da quelle tipiche verticali della forza di gravità, ottenendo elevati tempi di volo e la possibilità di giocare come veri e propri aerei acrobatici. Un’attività di navigazione tridimensionale controllata nell’elemento atmosfera che utilizza, poi, la vela (conosciuto come “paracadute”) per atterrare nella zona prestabilita in maniera sicura e controllata, rispettando le normali quote di atterraggio e le norme di sicurezza indispensabili per questa disciplina sportiva.Della “squadra” degli Atmonauti fa parte anche Pietro Tortora, geometra libero professionista. Raccontando la sua esperienza dice: “da sempre sono

stato attratto da tutto ciò che si muove in aria, nel cielo, aspirando a muovermi in quell’atmosfera che circonda le nostre vite, in quel ‘mondo’ sopra la terraferma dove regna il silenzio e dove l’uomo, nei secoli, ha ricercato una forma di libertà. Come sosteneva il grande Leonardo Da Vinci con la sua famosa citazione: una volta che avrete imparato a volare, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché è là che siete stati ed è là che vorrete tornare”.“Prescindendo dall’aspetto spirituale della citazione – prosegue Tortora – il maestro in realtà mirava alla conquista del cielo sconfinato con i suoi studi sull’aerodinamica esplicati nel Codice del Volo. Quando ho osservato la ricostruzione della tuta alare da egli progettata, custodita presso il museo della bellissima ‘Ciudad De Las Artes Y Las Ciencias’ di Valencia in Spagna, ho apprezzato al meglio le sue intuizioni.Da geometra posso affermare che l’osservazione della terra dall’alto in qualsiasi punto e a 360 gradi, senza corpi estranei intorno, ti conferisce una completa cognizione geodetica dei luoghi nonché la possibilità di apprezzare al meglio i concetti e l’utilità della nostra amata topografia”.“L’approccio al paracadutismo sportivo agonistico - spiega

ZOOM

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Un Geometrache naviganell’atmosfera

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Tortora – mi ha dato la possibilità di rendere concreta la mia passione, solcando i cieli e sentendo il flusso di aria che avvolge il corpo in abbinamento alla sensazione di velocità in caduta libera per la forza di gravità.Nel corso degli anni e dei miei allenamenti ho avuto modo di conoscere la squadra degli Atmonauti, tecnica inventata da Marco Tiezzi che ha avuto la geniale intuizione di sfruttare la portanza generata da una diversa posizione del corpo rispetto alla normale caduta libera verticale per ottenere anche uno spostamento orizzontale nel cielo, utilizzando il corpo come strumento di volo”.“Questa tecnica mi ha fin da subito incuriosito e dopo diversi lanci di allenamento sono entrato a far parte della ATP (Atmonauti Top Patrol), pattuglia di navigatori dell’atmosfera che si esibiscono in aria sfruttando questo principio e volando letteralmente in formazione con altre persone”.“Il perfezionamento della tecnica consente effettivamente di muoversi in aria con diverse posizioni del corpo, con una conformazione tale da mantenere lo stesso angolo e

tale da effettuare piccoli spostamenti ad alta velocità e con la massima precisione, al fine di creare formazioni in presa o ‘no contact’ visibili anche dalla terraferma”.“Attualmente mi alleno con la squadra presso l’aviosuperficie FlyZone Fermo nelle Marche (l’unica struttura in Italia che offre l’occasione di provare la sensazione del volo con questa tecnica) e dove periodicamente si organizzano esibizioni in territorio nazionale ed internazionale, come gli ‘airshow’ con i fumogeni che rappresentano al meglio la sensazione di spostamento orizzontale, in maniera simile agli aerei delle famose frecce tricolori nazionali”.“Esiste anche la possibilità di provare questa fantastica sensazione di volo effettuando un ‘tandem’ direttamente con l’inventore della tecnica, presso la nostra sede, accompagnati da altri atmonauti che volano intorno effettuando riprese video e scatti fotografici”. Si tratta di un volo a coppia - accessibile a chiunque senza limiti di età - della durata di circa 60 secondi praticato agganciati all’istruttore. Basta assumere la tipica posizione aerodinamica del corpo dritto a freccia, avendo cura

Pietro Tortora (primo da destra)

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Pietro TortoraGeometra, libero professionista

Nato a Biceglie nel 1975, ivi residente, iscritto all’Albo del Collegio dei Geometri Laureati della nuova provincia BAT (Biceglie, Andria, Trani) dal 2000 esercita l’attività professionale nell’ambito della topografia, della progettazione e direzione di costruzioni.Dal 1995, con la sua Impresa, in sinergia con la sua compagna, Maria Luisa De Toma/restauratrice, si occupa di restauro di immobili sottoposti a vincolo di tutela. Diverse sono le opere realizzate nel corso di questi anni.

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di mantenere la testa in linea con il corpo senza alcuna rigidità, ed ecco che si ottiene una vera sensazione di volo, una percezione di leggerezza dell’aria, conseguenza della ridotta velocità verticale”.Per chi voglia, invece, intraprendere la tecnica e praticarla come un sport è possibile eseguire prima un normale corso AFF (“Accelerate Free Fall”) con le relative qualifiche di base del paracadutismo, e successivamente cominciare la sperimentazione del volo Atmonauti. Nel giro di pochi mesi, sostengono gli organizzatori, si può essere in grado di volare in formazioni numerose come in uno stormo di uccelli, realizzando un gioco interattivo con i propri

compagni di volo e di squadra, a corpo libero, senza nessun accessorio, in totale libertà di movimento, per tempi molto lunghi e soprattutto in totale sicurezza.“La sicurezza nei nostri lanci - conclude il geometra Tortora – è propedeutica a qualsiasi attività, infatti ogni salto viene programmato dall’inizio alla fine, valutando anche le possibili variabili, con lo scopo di volare senza pericolo ed effettuare aperture del paracadute e atterraggi in serenità per se stessi e per gli altri”.

A sinistra: Tortora e Tiezzi in allenamento a Fermo al tramontoA destra: Tortora in allenamento

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I tecnici protagonistiin CremonaSpartaco CadioliGeometra

I testi di questo articolo sono tratti dal volume “Spartaco Cadioli” edito nel 2007, curati dagli architetti Alberto Faliva e Andrea Treu e dell’Architetto Michele De Crecchio per la testimonianza.

In onore di Spartaco CadioliL’architetto Michele De Crecchio scrive che negli anni Novanta la sezione lombarda dell’Inarch (Istituto Nazionale di Architettura, voluto da Bruno Zevi per valorizzare l’architettura moderna) provò, in una memorabile serata, a citare qualche bella architettura del Novecento cremonese. Furono presentati tre autori (uno scultore, un ingegnere e un geometra, nessun architetto, purtroppo).Il geometra era, giustamente, Spartaco Cadioli che da poco aveva concluso la sua felice palazzina di via Altobello Melone (dietro il giardino di Mina-Bolzesi) e che ebbe così, quasi in chiusura di carriera, il suo giusto riconoscimento locale.Di Spartaco Cadioli molte sono le virtù civiche che ne accompagnano le capacità artistiche.Correttissimo sotto il profilo professionale (“dovremmo essere tutti come lui”, sentii dire una volta al presidente di un collegio professionale che aggiunse “... e sapere dire di no al committente che sbaglia, anche a rischio di perdere un incarico”), fu testimone discreto, tenace e appassionato del piccolo mondo dell’edilizia cittadina, spesso esaminandola da quell’osservatorio scomodo, ma privilegiato, che era la Commissione Edilizia Comunale di cui fece parte per molti anni, partecipando con grande impegno ai relativi lavori e addossandosi spesso, volontariamente, il compito di sopralluoghi e controlli.A metà degli anni Novanta, la nuova Amministrazione Comunale, allora subentrante, non seppe cogliere un suggerimento intelligente di un funzionario comunale:

creare proprio per Spartaco Cadioli la carica di “ispettore onorario” all’architettura e all’ambiente urbano di Cremona. Giunto alla soglia della pensione il nostro valoroso geometra avrebbe così potuto continuare a dare, disinteressatamente, il suo prezioso contributo per il miglioramento del nostro ambiente urbano.Sotto il profilo artistico, altri sapranno meglio di me inquadrare nel contesto culturale contemporaneo l’opera di Cadioli che si è dimostrato progettista e realizzatore appassionato, chiaramente sensibile alle indicazioni del movimento moderno, eppure attento alle esigenze della tradizione e della salvaguardia del volto della città antica.Oltre ad un’attenzione costante per le soluzioni volumetricamente articolare, attenzione che rivela una sensibilità particolare, quasi da scultore, per l’effetto plastico delle architetture, credo vadano evidenziate in Cadioli una spiccata sensibilità per i materiali, una raffinata attenzione a riscattare con invenzioni architettoniche anche le porzioni meno ambientalmente felici delle architetture e degli spazi urbani sui quali si trovava a operare.Sul muro cieco del retro dei supermercati Coop l’inventiva di Cadioli (esemplare quello che affaccia sul cosiddetto “Prato Albero della Libertà” al quartiere Giuseppina), articolando con semplici mattoni sporgenti un muro in mattoni o inventandosi originali dettagli decorativi (parete verso via del Sale a porta Po), riuscì a riscattare dalla banalità quelle che rischiavano di restare solo squallide quinte urbane.Ne è prova anche la cabina elettrica che l’impresa Ferretti realizzò su disegno di Cadioli per conto dell’AEM in via Persico, all’angolo con la via Santa Caterina. Anche in un oggetto così banale e, normalmente, trascurato dai progettisti che si accontentano di banali prefabbricati, Cadioli riuscì tuttavia a lasciare un segno della sua passione

150° UNITà D'ITALIA

Spartaco Cadioli

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per il progetto architettonico e per l’ambiente urbano.Questa attenzione che Cadioli portava anche per gli oggetti architettonicamente più umili e nascosti la vidi confermata negli studi con i quali, nei primi anni Settanta, si applicò con passione alle ipotesi di abitazioni per una cooperativa a proprietà indivisa che faceva allora a Cremona le sue prime esperienze nel clima euforico ed anche un poco utopistico creato dalla cultura urbanistica del tempo. Purtroppo i suoi progetti rimasero sulla carta.Non sempre i materiali con i quali prediligeva operare assistono oggi adeguatamente l’invecchiamento delle sue opere: specie il cotto di allora si dimostra fragile e gelivo. Era, quella disponibile negli anni Sessanta e Settanta, una tecnologia non sempre all’altezza delle intenzioni artistiche di Cadioli.Molte opere di Cadioli abbisognerebbero pertanto oggi di un intervento conservativo, al quale molti suoi fedeli convinti committenti già si sono positivamente applicati. Altre opere, passate magari di mano, non sono sempre adeguatamente apprezzate e sono state talvolta oggetto di pesanti alterazioni che le hanno rese irriconoscibili.Se al sottoscritto è sempre molto piaciuta la casa Lupatelli di via Genala, geniale giustapposizione di volumi e materiali, il capolavoro di Cadioli resta però, probabilmente, la palazzina di via Altobello Melone nella quale il linguaggio tradizionale della città antica rivive in gentili ed eleganti forme nuove, realizzando così, senza esibizionismi, un giusto risarcimento a quella che era stata una brutale demolizione, raccordandosi da maestro, anche attraverso il salvataggio integrale di una piccola costruzione intermedia, il monumentale muro in cotto del giardino Mina-Bolzesi.

Cadioli e la lezione del Movimento ModernoL’architetto Andrea Treu scrive: l’opera di Spartaco Cadioli, progettista “di provincia” sconosciuto alla pubblicistica di settore, è tutt’altro che provinciale nei contenuti e nei modi espressivi. Gli edifici costruiti a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, nel corso di mezzo secolo di carriera professionale, sono espressioni di un’adesione consapevole alle tendenze architettoniche di un periodo importante della cultura italiana.A partire dal secondo dopoguerra alcuni architetti italiani operanti in tre grandi centri dell’Italia settentrionale quali Milano (BBPR, Ignazio Gardella, Franco Albini, De Carlo ...), Torino (Galbetti e Isola) e Venezia (Carlo Scarpa) furono protagonisti, insieme ad altri autori del centro e del sud del Paese, di una rinascita dell’architettura. Essi proponevano una adesione al Movimento Moderno (International Style), ormai culturalmente accettato, unita ad un approccio “localista” in stretto dialogo con la Storia. A differenza degli architetti moderni europei, propugnatori di un approccio intransigente in cui il nuovo si dovesse

sovrapporre alla tradizione, sostituendola integralmente per creare un mondo nuovo e migliore, gli autori italiani, che si trovavano a confrontarsi con contesti storici consolidati e ricchi di opere d’arte, adottavano un atteggiamento più morbido. Per loro le nuove architetture, pur evitando la mimesi e dichiarando apertamente le loro appartenenza alla cultura moderna, dovevano in qualche modo inserirsi in un percorso di continuità rispetto al passato; non si voleva partire da una ideale tabula rasa, ma costruire il nuovo in armonia con il patrimonio, architettonico e culturale, esistente.Nacquero così opere fondamentali come la Torre Velasca a Milano (BBPR 1958), rilettura in chiave moderna delle residenze a torre medievali, oppure l’edificio INA a Parma (Albini 1950), le sistemazioni museali di Carlo Scarpa o le Case Borsalino di Alessandria (Gardella 1955), i progetti di De Carlo per Urbino, ecc.Questo approccio costituì uno scandalo a livello internazionale, stigmatizzato dal famoso articolo di R.Banham “La ritirata italiana dal Movimento Moderno” e aprì aspre discussioni all’interno del CIAM (Congressi Internazionali di Architettura Moderna) contribuendo ad accelerare la crisi di questa istituzione, ormai irrigidita in sterili celebrazioni dei dogmi proposti trent’anni prima da grandi maestri come Le Corbusier (che nel frattempo, spiazzando tutti, aveva spostato il suo linguaggio su registri molto personali e legati alle culture locali).Dal punto di vista linguistico e costruttivo, questa nuova architettura italiana univa ai precetti del razionalismo (uso di tecnologie contemporanee, rispondenza degli spazi alla funzione, ...) la ricerca di un nuovo rispetto del Genius Loci, che si traduceva in una ricerca di corretto inserimento dimensionale nel contesto, nella riscoperta dei materiali locali, nella rilettura di caratteri formali tradizionali.Leggendo le architetture di Cadioli, si nota come questa operazione colta di armonizzare memoria e invenzione sia stata accolta in pieno. Le case, gli edifici commerciali, gli interni progettati dall’autore cremonese sono un continuo dialogo tra nuovo e tradizione, esplicitato nella convivenza armonica di tetti piani e persiane in legno, travi in cemento armato a vista sopra muri di mattoni in cotto, grandi aperture vetrate bordate da spessi serramenti in legno. Così come in molti dei grandi professionisti a lui contemporanei, suoi maestri più o meno dichiarati, queste presenze apparentemente antitetiche riescono ad amalgamarsi producendo un linguaggio nuovo, che rinuncia alla ricerca dello stupore gratuito, ma che è invece rivolto alla costruzione del contesto inserendosi nel suo codice genetico ed evitando fenomeni di rigetto. Ma attenzione: al contempo Cadioli non imita il passato, così come dei suoi illustri colleghi importa il metodo mantenendo una sua forte autonomia espressiva.

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Gli inizi. Il Ristorante Dordoni, 1964-1965 L’architetto Alberto Faliva scrive che quest’opera potrebbe rappresentare un evento-simbolo dell’attività del geometra Cadioli. Essa si colloca come iniziale, rispetto alle opere più mature dello stesso Spartaco, ma anche come terreno di sperimentazione privilegiata.Al fine di poterla davvero comprendere, dobbiamo effettuare un cenno biografico relativo al geometra Spartaco. Nel dicembre del 1946, quando Cadioli torna a Cremona da Addis Abeba con la sua famiglia, dopo l’internamento in un campo di concentramento per prigionieri di guerra civili nell’allora South Africa (oggi Zimbabwe), si iscrive ai corsi dell’Istituto per Geometri. Appena diplomato entra a far parte della Cooperativa muratori – della quale sarà poi il Direttore Tecnico –, disegnando (tra le altre cose) una lunga serie di particolari per serramenti. Un’occupazione che, all’inizio, non entusiasma molto lo stesso autore.Tuttavia, l’esercizio paziente di questa noiosa attività, come sempre accade per le persone attente ed appassionate, porta a dei risultati meravigliosi. Infatti, in seguito, queste esercitazioni diventano di grande importanza, persino nell’ambito della formazione artistica del nostro autore: il gusto per il disegno esatto del serramento, quello per le sue variazioni possibili, diventa quasi ossessivo. Ne è testimonianza utile, il sistema di finestra agganciato al corpo laterale del Ristorante Dordoni. Un disegno complicatissimo da mettere in atto, come per altri dettagli della sua carriera, che richiedono (per espresse parole del suo ideatore) intere ore di riflessione, di dubbi,

di ansie. Il Ristorante Dordoni non presenta ancora, nell’ambito dell’aspetto dei casseri in legno dei cementi armati, l’attenzione quasi maniacale che ritroveremo in opere successive. Le linee degli assi in legno degli stessi casseri, non sono ancora espressamene osservate, posizionate armonicamente una di fianco all’altra. Infatti, l’esperienza del nostro nel trattamento dei dettagli, come si addice ad una reale e paziente ricerca architettonica, sopraggiunge per tratti, lentamente, nel corso delle diverse esperienze che caratterizzano l’evoluzione del suo gusto, parallelamente allo scorrere del tempo.Un tempo che sembra invece immobile, quasi fermo, all’interno del ristorante: il salone principale vuole indicare che, certamente, ci troviamo all’interno della città, ma riusciamo comunque a percepire l’intera campagna, nelle sue linee orizzontali che si estendono verso gli argini e verso il fiume Po. Una lezione che ancora oggi lascia sbalorditi, una lezione che avrebbe dovuto fare Scuola in una città come Cremona. Non una reazione si ebbe dalla comunità locale, non un articolo su quest’opera che, sinceramente, ancora oggi stupisce per la sua attenzione alla modernità. Spartaco non si limita a questo. Nella scelta delle sedie per i tavoli del ristorante, oggi ancora presenti quali elementi originali, egli propone alla committenza il design di Gio Ponti, che viene puntualmente accettato. Solo un elemento viene messo in discussione dalla committenza: l’ardita copertura inventata dal nostro autore, nelle fattezze di una sorta di serpente d’acciaio che si snoda tra i vincoli delle

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travature di sostegno, viene accantonata. Ne rimane però un modello, fatto realizzare espressamente dall’autore, per mezzo di un fabbro (foto 2). E’ un evento simbolo, questo ristorante: lo testimonia la scultura “naturale” in legno, appositamente collocata innanzi la stessa opera d’arte. È la conclusione di una volontà espressiva altamente scultorea, e comunque attentissima al contesto geografico nel quale viene posizionata.In qualsiasi attività ci deve essere la passione a muovere i nostri pensieri e le nostre mani: questa frase è stata direttamente comunicata da Cadioli allo scrivente, e testimonia realmente l’importanza morale del contributo di Spartaco. Le sue passioni spaziano persino alla raccolta e collezione degli ex-libris, che egli regalerà prossimamente all’Università di Milano, ai crocifissi, che riempiono letteralmente la sua abitazione cremonese. Il geometra Cadioli conserva una predilezione per le cose piccole, lentamente pensate e costruite. Gli ex-libris, i piccolissimi decori dei crocifissi, valgono singolarmente come i mattoni dell’edificio originale di via Melone, fatti espressamente conservare dopo la demolizione, appositamente per essere riutilizzati seguendo un differente e mirabile disegno, come si vede nell’opera realizzata.E la passione può smuovere la sensibilità delle persone che con Spartaco hanno avuto a che fare. Lo testimoniano le parole del geometra Ceriali, oggi ex Presidente del Collegio Geometri, suo ex collega alla Cooperativa muratori. Pertanto la passione rinnega, assieme al suo

autore, ogni importanza possibile dei titoli accademici: quale senso avrebbe, infatti, sancire la propria espressività laureandosi in architettura, se i rappresentanti di questa disciplina, l’hanno malauguratamente affossata così in basso, per mezzo degli inutili esami di gruppo, dei rapporti clientelari, della tristezza della commercializzazione di ogni pensiero?Il diploma di geometra viene ottenuto frequentando i due ultimi anni di corso: con l’aiuto dei genitori, Spartaco ha potuto frequentare le lezioni dell’Istituto, diventare amico del celebre pittore Tarquinio, e quindi iniziare immediatamente la sua attività professionale, per reale necessità.A quei tempi, sicuramente, il nostro autore non avrebbe mai pensato, un giorno, oggigiorno, alla venerabile età di ottant’anni, di vedere le sue opere completamente modificate, rovinate, perché pesantemente ristrutturate senza rispetto per il loro disegno originale. Molti dei committenti non vi sono più, ma tutti coloro che hanno apportato modifiche, una volta ottenuti i loro effetti negativi, hanno riconosciuto all’autore il merito dei consigli che egli ha sempre voluto dare loro: non modificate senza seguire un preciso progetto, legato all’originale, le opere costruite.Viene alla mente il celebre saggio di E.N. Rogers, le preesistenze ambientali e i temi pratici contemporanei. Al ritorno in Zimbabwe, tre anni fa, il geometra ha amaramente constato che nessuna lapide è stata posta ad indicare i nominativi delle persone defunte durante

2. Sistema di finestre

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l’esilio dall’Italia: almeno noi, oggi, cerchiamo allora di ricordare quanto è importante la sua persona che, ritornata a Cremona dopo una esperienza terribile, ha saputo magnificare, mattone per mattone, particolare dopo particolare, il suolo dove ogni giorno camminiamo.

Magnificare la cittàL’architetto Alberto Faliva scrive “Che cosa ha significato magnificare la città di Cremona per Cadioli?”. Il geometra Spartaco si è trovato innanzi a diverse situazioni, come ogni progettista, a possibili vincoli dovuti alla committenza, alla realtà dei contesti con i quali si è confrontato negli anni della sua attività.Ripercorriamo brevemente, nel nostro piccolo spazio, gli esempi delle carriera di Spartaco, evocati in queste pagine. Partiamo dal tema della scala, più volte affrontato dallo stesso Cadioli (foto 3), ed iniziamo da un esempio posto in via Giordano (foto 4). In questo caso la presenza di un vincolo, espressamente posto dalla committenza, ha prodotto (ancora una volta) un risultato eccellente. Il proprietario dell’abitazione non voleva chiudere una finestra, a tutti i costi. L’aggiunta del corpo di fabbrica contenente la scala, ha quindi dovuto assumere una forma piacevolmente strana, che evita appositamente di coprire la finestra, giungendo comunque a chiudersi superiormente. I fori di questo volume in cemento armato a vista,

3. Esempio di scala

4. Volume contenente la scala

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migliorato lievemente per l’aspetto dell’attenzione alle casseforme (rispetto al precedente Ristorante Dordoni), non sono elementi di illuminazione: possiedono una lieve inclinazione al loro interno per evitare il ristagno dell’acqua, ed assumono semplicemente duplice valenza: sono al contempo delle prese d’aria e dei virtuosismi estetici. Di grande efficacia, come l’attenzione maniacale ai particolari dell’ingresso carraio e pedonale dello stesso edificio. Altre volte, Cadioli si è misurato appositamente col progetto per mezzo di comportamenti assolutamente innovatori, come per una celebre scala a chiocciola. Si tratta di uno degli esempi di opere più belli del nostro autore. È infatti negli interni che la cura dei dettagli assume un grandissimo significato. È stato appositamente creato un modello per questa scala, oggi conservato nell’abitazione del geometra Cadioli. Il modello è stato costruito per la difficoltà di dover disegnare dei gradini che presentavano lo stesso raggio di curvatura, esterno ed interno (solitamente distinto). La difficoltà incontrata nella sovrapposizione di numerosi lucidi di disegno, anche in questo caso, è diventata reale passione e divertimento, a detta dello stesso autore. Il risultato è davvero meraviglioso, segno di un’attenzione quasi

rinascimentale ai particolari.In altre circostanze, la demolizione di un edificio ha costituito la base (il materiale) dalla quale ripartire per una nuova costruzione. È il caso, nel 1960, di un edificio per abitazioni in Via Melone (foto 5). Utilizzando i mattoni provenienti dalla demolizione del precedente edificio, il geometra Cadioli ha saputo proporre un nuovo schema progettuale per riposizionarli, per risistemare ognuno degli stessi laterizi, creando questo bellissimo esempio di utilizzo del cotto, nella nostra regione. Diversamente da quella della casa in via del Consorzio, la gronda è poco carina, ed è forse il solo elemento che dispiace al geometra Cadioli. Infatti, spesso, alcuni vincoli barbaramente imposti, o reali impossibilità, non hanno permesso di giungere ai risultati sperati dal loro autore. Di questo edificio ha parlato il convegno “Architettura senza certezze” del 1991, organizzato dall’INARCH a palazzo Fodri, l’architetto De Crecchio, lodandolo in articoli pubblicati nell’ambito della stampa locale, confermandone le qualità da noi riconsiderate. “Personaggio di buona statura artistica e di notevole vivacità intellettuale, al quale, se il titolo non si fosse recentemente così tanto svalutato, sarebbe doveroso conferire una laurea “ad honorem”. Di tale appassionato e fertile operatore dell’edilizia cittadina, è doveroso

5. Edificio per abitazioni in Via Melone

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segnalare con ammirazione la particolare sensibilità per i materiali, la cura del particolare decorativo, l’attenzione a rendere belle anche architetture caratterizzate da tematiche funzionali di per se stesse non certamente esaltanti, come avrebbero potuto a prima vista apparire il muro cieco di un supermercato, il retro di un laboratorio o persino una semplice cabina elettrica”. Segno evidente di grande qualità architettonica.Ma ancora: lo stesso Cadioli, di fronte all’esigenza di costruire un luogo espositivo per mobili, ha costruito un vero e proprio tempio in pianura, celato nelle fattezze d’un mobilificio posizionato nel piccolo paese di Castelvetro piacentino. All’epoca non c’era il computer per risolvere certi problemi, e così fu realmente difficile terminare questo progetto, perché si trattò di un lavoro molto lungo, di riflessione, di soluzione di esigenze statiche ed estetiche, contemporaneamente. Il committente di questo edificio era un rivenditore di mobili che voleva il solito capannone, coperto da una sola e classica volta. È stata proposta una parete vetrata costituita da meandri strutturali in cemento armato che però, alla ditta che doveva costruire il solaio in latero-cemento, non andava bene. Essi dicevano non avrebbe potuto sostenere un loro solaio. Quest’ultimo sarebbe stato troppo pesante per riuscire ad essere sostenuto dai meandri. Si doveva costruire la solita volta ed effettuare alcune variazioni, per riuscire a contrastare queste difficoltà. Anche in questo frangente, a ben vedere, il geometra Cadioli non si è dato per vinto, com’è accaduto in moltissimi altri casi della sua carriera progettuale. Così il solaio è stato progettato e realizzato in ferro, al fine di coprire le ampie luci dell’ambito espositivo.Il successivo esempio ci mostra come un vincolo del Piano Regolatore possa essere uno spunto dal quale partire per rileggere un fronte urbano. È il caso della casa di via Genala, del 1965 (foto 6). Questo edificio ha due pregi essenziali: intanto fu uno dei primi getti a vista di cemento armato, lodato nuovamente dall’architetto Michele De Crecchio. Secondariamente, sappiamo che la commissione edilizia voleva obbligare Cadioli ad avere il fronte continuo sulla strada, mentre lui si è imposto spezzando il fronte con questi due volumi. Un reale pregio, se si percorre la stessa strada, anche ai nostri giorni. Rendere dinamico un fronte stradale, risolvere i problemi di un accesso (nuovamente) stradale, sono quindi temi affrontati egregiamente dal geometra.Prendiamo infatti il successivo esempio di un elettrauto posto nell’ambito di una trasversale di via Mantova. Questo edificio, come per gli altri casi analizzati, genera la sua bellezza ed artisticità a partire da un vincolo, da una necessità. Serviva una grande apertura posizionata sull’angolo, per permettere l’ingresso (altrimenti disagevole) dei veicoli, e quindi si è creata una vetrata d’angolo che si può aprire nella direzione dei due lati che la costituiscono.

Questa apertura ha indirettamente determinata la presenza dei setti di mattoni alternati alle vetrate. E la bellezza sta proprio nell’uso simultaneo del cemento e dei mattoni a vista, divisi secondo una geometria di setti verticali.Ma sarebbe sbagliato pensare che Spartaco risolva sempre la sua artisticità a livello del terreno, dove tutte

6. Casa di via Genala

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le persone lo possono facilmente osservare. Nel caso della celebre Torrefazione Dordoni (foto 7), il nostro propone un meraviglioso ed articolato oggetto, che sembra metaforicamente nascondere un tesoro. Esso vive sulla sempre presente contrapposizione tra il cotto e la gronda in cemento armato a vista (quest’ultima presente egregiamente anche presso il negozio Michelotti, foto 8),ma oltre a quello che si vede, la grande attenzione è stata posta nello sviluppo gigante, sotterraneo, della sede:

7. Torrefazione Dordoni

8. Negozio Michelotti

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Spartaco Cadioli

Nasce a Mantova nel 1925, nel dicembre del 1946 con la sua famiglia rientra a Cremona da Addis Abeba, dopo essere stato internato in un campo di concentramento per prigionieri di guerra civili nell’allora South Africa, oggi Zimbabwe, si iscrive all’Istituto Tecnico per Geometri e conseguito il Diploma inizia l’attività lavorativa presso la Cooperativa Muratori, divenendo Direttore Tecnico.Nel 1951 si iscrive all’Albo Professionale del Collegio dei Geometri di Cremona con il n°171 e da libero Professionista meglio sviluppa la sua vocazione alla progettazione supportata da una smisurata passione per l’architettura e per quella degli interni. L’INARCH, Istituto Nazionale di Architettura, fondato da Bruno Zevi, nel 1990 premia il suo progetto di una Palazzina, segnalata quale bella architettura in Cremona. Attualmente, anche se in pensione dal 1993, continua il Suo interesse a leggere e documentarsi sull’architettura, sul design, sull’arte, ed a circondarsi di oggetti da lui progettati e realizzati.Alla domanda: “cosa occorre per divenire ed essere un progettista, oggi designer?” ha risposto: “solo la passione”.

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completamente costituita in mattoni a vista, essa si apre letteralmente sotto il livello del terreno, per svilupparsi meravigliosamente, in uno spazio astratto – quasi etrusco – che sembra quasi infinito. Neanche in questo caso l’utilizzo del cotto sembra evocare formalismi, in quanto Spartaco non è mai stato gratuitamente astratto; infatti, certe volte i

suoi riferimenti storici sono persino dichiarati, come nella Libreria Mondrian, del 1970 (foto 9). Quest’ultimo autore, è una delle passioni artistiche, oltre a Wright, di Spartaco. La libreria, divenuta prodotto industriale, procede e nasce parallela al modello del letto/tavolo coi cassetti, dove è coltivato il gusto del movimento preciso.

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Il XXI secolo si apre con sfide globali per l’ambiente: per la prima volta nella storia, più della metà della popolazione mondiale vive ormai in agglomerati urbani, dove forma e funzione sono ormai qualcosa di totalmente diverso e profondamente nuovo, rispetto all’idea storica di città, insieme delimitato, definito, identificabile attraverso caratteristiche proprie.La realtà italiana è forse più saldamente ancorata a un concetto “commensurabile” di città, dove il valore identificativo, sociale, svolge un ruolo forte – e positivo – nel determinare qualità urbane altrove spesso divenute labili e alienanti. Ma il rinnovamento sempre più veloce deve imporre anche nella nostra realtà un ripensamento dell’organizzazione della città nel suo insieme, il suo sviluppo e la sua sostenibilità ambientale. Conoscere, quindi misurare e rappresentare la città, è oggi una funzione vitale, che si esplica con mezzi tecnici e organizzativi altamente specializzati e in continua evoluzione. Conoscere la realtà urbana e territoriale per poterne gestire al meglio le funzioni e lo sviluppo, implica un irrinunciabile scavo nelle matrici storiche. La forma e le funzioni della città contemporanea sono determinate dalle matrici storiche da cui nascono.La storia della rappresentazione nei secoli della Città Eterna, il passaggio dalle prime forme di misurazione, alle nuove campagne catastali moderne, è una vicenda affascinante che vede artisti e architetti alle prese con le

sfide di tecniche in rapida evoluzione dal Rinascimento all’Ottocento, quando una nuova classe professionale di tecnici, i “geometri”, consolidatasi durante il secolo dei Lumi, prende le redini del rinnovamento catastale che ancora oggi gestisce.Roma ha una tradizione cartografico-catastale antica quanto la città stessa: è l’imperatore Settimio Severo all’inizio del III secolo d.C. a far eseguire un primo rilevamento scientifico dell’Urbe, facendolo quindi incidere su lastre marmoree a comporre un’enorme pianta esposta al pubblico nei Fori.Nel medioevo prevalsero rappresentazioni simboliche, ideogrammatiche della città, rivolte ad esaltarne di volta in volta la perduta magnificenza imperiale e la nuova matrice cristiana. Con l’invenzione della stampa e dell’incisione, dalla fine del Quattrocento assistiamo a una vera e propria rivoluzione nella rappresentazione della città, e già alla metà del Cinquecento un abile tecnico, Leonardo Bufalini, è in grado di pubblicare una grande pianta di Roma basata su una prima, estesa campagna di rilevamento. Orgogliosamente, Bufalini “firma” la sua pianta di Roma inserendo il proprio autoritratto e tutti gli strumenti tecnici utilizzati nel rilevamento.La Pianta di Roma di Bufalini, oggi rarissima (della prima edizione del 1551 se ne conserva un unico esemplare), è un documento di fondamentale importanza. A grande scala, presenta una dovizia di informazioni attraverso simboli

Cartografia della Città Eterna Piante e catasti di Romadal Rinascimento a oggidi Mario Bevilacqua

CARTOGRAFIA

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Leonardo Bufalini. Pianta di Roma. Xilografia, 1551

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Leonardo Bufalini. Pianta di Roma. Xilografia (1551). Particolare col Campidoglio

Leonardo Bufalini. Pianta di Roma. Xilografia (1551). Particolare con San Pietro

grafici differenziati e indicazioni storiche, toponomastiche e di proprietà. Ancora oggi, questo capolavoro rinascimentale è uno strumento essenziale nello studio della topografia storica di Roma, e non sono rari i casi in cui interventi strutturali contemporanei – si pensi ai lavori per le nuove linee di treni sotterranei - si possono avvalere – o si dovrebbero avvalere – delle indicazioni bufaliniane, come antiche rovine, strutture religiose, avallamenti poi riempiti con terreno di riporto, vene d’acqua. Tecnicamente, il rilievo di Bufalini rappresenta una prima presa di possesso dell’“idea” di città nella sua completezza: un’idea pienamente rinascimentale, già matura con Leonardo da Vinci (grande cartografo urbano), di città come “organismo vivente”, come “macchina funzionale”, che è alla base della nostra moderna visione dell’agglomerato urbano. E non è un caso allora che Bufalini, impegnato anche in importanti lavori di aggiornamento delle difese militari della città, esegua la sua pianta in un momento di grande fervore edilizio, con la lottizzazione intensiva di vaste aree di inedificato all’interno delle mura. La lezione di Bufalini non andò dispersa: nei secoli successivi si assiste a una vera e propria esplosione di produzione di piante di Roma, anche a fronte di una domanda di immagini in piena esplosione.

Le piante a stampa di Roma erano avidamente collezionate in tutta Europa da principi, eruditi, studiosi di antichità, ma anche dai sempre più numerosi “turisti”, fino ai pellegrini che, da ogni angolo del continente, affluivano a Roma alla tomba del Principe degli Apostoli. E per questo pubblico più numeroso e spesso umile venivano ovviamente pubblicate immagini più semplici e modeste, dove spesso l’intera città veniva riassunta nell’immagine simbolica delle sue chiese principali.Gli anni tra la metà del Cinquecento e la metà del secolo successivo sono caratterizzati dal passaggio della cultura italiana dal pieno Rinascimento, in cui la ricerca artistica ha trovato spesso espressione congiunta con le più avanzate sperimentazioni prospettiche, tecniche e scientifiche che portarono a un sostanziale avanzamento delle pratiche cartografiche, all’età della Controriforma, in cui le autorità ecclesiastiche romane hanno esercitato, su tutto il mondo cattolico, un controllo stretto e spesso impositivo su ogni espressione artistica, e spesso restrittivo e censorio nei confronti della ricerca scientifica. Ma è proprio in questi decenni che la produzione di immagini della città conosce uno sviluppo straordinario, imponendo nell’Europa del tempo i suoi nuovi modelli, introducendo nuove tecniche e una nuova, moderna concezione della pianta di città come strumento essenziale di conoscenza, controllo, gestione e propaganda.

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E’ sulla base planimetrica fornita da Bufalini, attraverso un impegnativo e inedito processo di misurazione con nuovi strumenti di precisione, che si concretizza, a partire dal secondo Cinquecento, l’assoluto primato romano nella produzione di carte, piante e vedute della città. L’immagine di Roma, in un sorprendente convergere di esigenze politiche, spirituali, diplomatiche ed erudite, ed esperienze artistiche, tecniche e scientifiche, diviene ormai – grazie anche alle possibilità di riproduzione offerte dall’incisione calcografica – un essenziale strumento per la diffusione della cultura e dell’immagine della città eterna.E’ comunque interessante riflettere come la pianta di

Bufalini – che, nonostante sia frutto di un rilevamento originale, sicuramente presenta seri problemi di attendibilità, dovuti non ultimo alla tecnica xilografica che impedisce una corretta resa di dettaglio, e la suddivisione in tante tavole che non combaciano in modo coerente – non sembra aver goduto di un immediato successo di pubblico: dopo una prima riedizione con aggiornamenti (1560), scompare dal panorama editoriale romano, venendo in un certo senso “riscoperta” solo due secoli dopo ad opera di G.B. Nolli, che ne comprenderà l’eccezionalità di documento riproponendone una riedizione planimetricamente rettificata.

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Nicolas van Aelst. Pianta di Roma moderna. Incisione (1590).

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In verticale:Roma ‘Ignaziana’. Incisione (seconda metà del XVI secolo).

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Nonostante la scarsa diffusione, la pianta di Bufalini diventa però la base planimetrica per esperimenti nuovi, che costruiscono un ritratto più corposo e immediato del volto della città aggiungendo, a una planimetria sufficientemente attendibile, opportunamente aggiornata e corretta, la riproduzione degli alzati di tutto l’abitato: la grandiosità dei monumenti antichi, la magnificenza della città moderna, analiticamente scomposta nelle centinaia e centinaia di prospetti di chiese, palazzi, ville, fino alla più meticolosa resa del più modesto tessuto urbanizzato.

Sono numerose le piante di Roma prodotte durante il Seicento. La capitale del Barocco vede il trionfo della sua immagine attraverso una serie di grandi piante monumentali (quella di Giovanni Maggi, del 1625, raggiungeva i cinque metri di lunghezza), spesso estremamente dettagliate, come quelle del Greuter (1618) e quella, fortunatissima dal punto di vista editoriale, del Falda (1676, con numerose riedizioni, aggiornamenti, copie).

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Giovanni Maggi. Pianta di Roma (1625). Xilografia. Particolare col Pantheon e Santa Maria sopra Minerva.

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In verticale:Mattheus Greuter.

Pianta di Roma. Incisione, 1618.

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Giovanni Battista Falda. Pianta di Roma. Incisione (1676).

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Due secoli dopo la straordinaria realizzazione di Bufalini, in pieno secolo dei Lumi, Roma viene misurata nella sua integrità attraverso una nuova campagna di rilevamento sistematico, questa volta saldamente ancorato a una generale triangolazione del territorio. È il “geometra” lombardo Giovan Battista Nolli, formatosi alla grande scuola catastale milanese dell’inizio del Settecento, a impegnarsi per molti anni in un’operazione che avrà come esito la pubblicazione della Nuova Pianta di Roma nel 1748. Una realizzazione epocale, condotta con strumentazione tecnica all’avanguardia (i rilievi sul campo vennero effettuati per la prima volta con l’uso sistematico della tavoletta pretoriana), che conferma la produzione cartografica romana ai vertici della cultura europea.

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In questa paginaGiovanni Battista Nolli. Nuova Pianta di Roma (1748). Particolare con la tavoletta pretoriana.

Nella doppia pagina seguenteGiovanni Battista Nolli. Nuova Pianta di Roma (1748). Particolare dell’area centrale.Particolare con Campo dei Fiori, piazza Farnese, ponte Sisto.

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La Nuova Pianta di Roma ha conosciuto un successo straordinario e senza interruzioni. La sua precisione tecnica è rimasta alla base del catasto romano ottocentesco e di tutte le successive revisioni, fino a oggi; la sua chiarezza di segno e ricchezza di informazioni sull’edificato ci restituisce una lucidità di visione che riflette lo spirito illuminista di conoscenza “scientifica”, oggettiva del fenomeno urbano. Collezionata, copiata, lodata, il “fenomeno Nolli” attraversa la storia e i continenti: a metà Novecento la Nuova Pianta di Roma assurge a linguaggio universale nella progettazione urbana, tanto che negli Stati Uniti viene coniato il verbo “to Nolli-map” per indicare un rilievo che, nella sintesi, si apre a una lettura stratificata e complessa del tessuto urbano.La Nuova Pianta di Roma è l’opera di un uomo che per tutta la vita si è orgogliosamente firmato col titolo di Geometra, codificando il ruolo e il valore di una nuova professionalità che si viene identificando col tecnico e professionista chiamato a gestire la città e il territorio.

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Giovanni Battista Nolli. Nuova Pianta di Roma (1748). Frontespizio.

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Il Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma presso l’Accademia dei Lincei, col patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e col sostegno del Collegio Provinciale dei Geometri e Geometri laureati di Roma, ha promosso nel 2008 una ricerca pluriennale sul tema delle Piante di Roma dal Rinascimento ai Catasti: l’immagine della Capitale d’Italia nella storia come documento fondamentale di approfondimento e riflessione, in un momento come quello contemporaneo in cui la città vive di un forte rinnovamento legato a grandi opere architettoniche e di sviluppo urbanistico che devono necessariamente allargarsi al territorio e alle sfide del recupero ambientale e della sostenibilità. Il programma nel 2009-2011 si è articolato in due incontri-convegni che hanno visto riuniti alcuni tra i più noti studiosi italiani e stranieri di cartografia, architettura, arte, storia della scienza. Sono state poste le basi per un fondamentale aggiornamento delle conoscenze, accogliendo gli esiti delle esperienze più recenti, tra cui l’organizzazione di banche-dati fruibili on-line, i nuovi strumenti di geo-referenziazione, in un ambito più vasto e comprensivo che ormai integra testi e immagini evidenziando tutte le potenzialità delle nuove tecnologie. I convegni hanno ottenuto un grande successo di pubblico, contribuendo ad avvicinare il mondo professionale e della scuola e dell’università a temi di particolare attualità.Il Consiglio Nazionale dei Geometri, insieme al Collegio Provinciale dei Geometri e Geometri laureati di Roma, promuoverà nei prossimi mesi la pubblicazione di un grande volume in cui verranno raccolti gli interventi scientifici ai due incontri internazionali, e le immagini di tutte le principali piante della città di Roma dal Rinascimento ai Catasti. L’ideazione e cura scientifica delle manifestazioni e del volume è di Marcello Fagiolo, Direttore del Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma, docente alla Facoltà di Architettura dell’Università di Roma ‘La Sapienza’, e di Mario Bevilacqua, docente alla Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, tra i più noti studiosi di cartografia e storia della città.

Mario Bevilacqua

Insegna Storia dell’Architettura all’Università di Firenze, è consulente scientifico del Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma e Socio corrispondente dell’Istituto Nazionale di Studi Romani. Ha curato mostre e convegni internazionali.Tra i suoi volumi: Roma nel secolo dei Lumi. Architettura erudizione scienza nella Nuova Pianta di Roma di G.B. Nolli ‘celebre geometra’, Napoli 1998; Nolli Vasi Piranesi. Immagine di Roma antica e moderna, Roma 2004; Cabreo di Velletri. Vigne boschi casali nel catasto settecentesco di G.B. Nolli, (con Marco Nocca), Roma 2006; Roma di Piranesi. La città del Settecento nelle Grandi Vedute, (con Mario Gori Sassoli), Roma 2006; Piranesi Taccuini di Modena, Roma 2008.Il Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma, con sede presso l’Accademia Nazionale dei Lincei, promotore scientifico del programma e della pubblicazione, dal 1980 svolge e promuove ricerche, pubblicazioni, mostre, convegni ed eventi sulla storia della città medievale, moderna e contemporanea. Per uno sguardo d’insieme delle iniziative e dei programmi consultare il sito www.culturaimmagineroma.it

Piante di Romadal Rinascimento ai Catasti:

l’immaginedella Capitale d’Italia nella storia

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Fondato con Regio decreto il 30 ottobre 1862, per iniziativa del Consiglio provinciale di Cremona, l’Istituto tecnico ebbe sede inizialmente presso il complesso di S. Marcellino, accanto al Liceo e alla Scuola tecnica. Le tre sezioni istituite – Agronomia e Agrimensura, Commercio ed Amministrazione, Meccanica e Costruzioni – avevano ciascuna corso triennale.Constatato l’aumento degli iscritti e la scarsità delle attrezzature didattiche, a partire dal 1871 il Consiglio provinciale, su esortazione del Ministero di Agricoltura, industria e commercio da cui dipendeva la scuola (fino al dicembre 1877, quando passò sotto il Ministero della Pubblica istruzione), iniziò a stanziare un assegno annuo di 2.000 lire per l’allestimento del gabinetto di fisica, segnalatosi ben presto in città in occasione dell’Esposizione didattica provinciale nel 1880. Nel frattempo, l’istituto, che aveva assunto nel 1883 il nome di Leon Battista Alberti, sostituito nel 1900 da quello del matematico cremonese Eugenio Beltrami, attuava iniziative d’interesse, come l’apertura di una Scuola serale di stenografia (1886), di Scuole di commercio maschile e femminile (1894-96) e di un gabinetto di analisi di chimica agraria (1913).Nel 1921 fu ripristinata la sezione di Agrimensura, soppressa nel 1876, mentre due anni dopo fu attivato il corso inferiore di quattro anni e abolita la sezione fisico-matematica con l’istituzione del liceo scientifico nell’ambito della riforma Gentile. A partire dall’anno scolastico 1973-74, la sezione Geometri prese a funzionare autonomamente rispetto a quella di Ragioneria, costituendo l’I.T.G. “Pietro Vacchelli”, presso il quale si trovano oggi conservati i laboratori scientifici.Nel 1997 quest’ultimo fu accorpato all’Istituto per Periti Aziendali Corrispondenti in Lingue Estere “Arcangelo

Istituto Tecnicoper Geometri“Pietro Vacchelli”di Cremona

Ghisleri” di Cremona e all’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Ponzini” di Soresina, per diventare sede associata, nel 2000, dell’Istituto di Istruzione Superiore “Arcangelo Ghisleri” comprendente le tre scuole e sede ufficiale dello stesso Istituto.

Agronomia e Agrimensura: l’evoluzione della didatticaNell’anno scolastico 1867-68 le materie e gli orari settimanali (questi ultimi in seguito trascritti nelle parentesi tonde), che si insegnavano nella sezione di Agronomia e Agrimensura nel corso dei tre anni erano le seguenti: nel 1° anno: Chimica Generale (3), Disegno (4), Fisica Teorica (3), Matematica (3), Italiano, Geografia e Storia (5), Storia Naturale (3), per un totale di 21 ore. Nel 2° anno: Agronomia (3), Chimica Agraria (3), Geometria Descrittiva (2), Matematica (3), Geometria Pratica (3), Disegno (4), Italiano, Geografia e Storia (4), per un totale di 22 ore. Nel 3° anno: Agronomia (3), Computisteria (4,5), Costruzioni (2), Geometria Descrittiva Applicata (2), Meccanica (2), Diritto (2), Estimo (3), Enologia - solo nel 1° quadrimestre - (1), Disegno (4), per un totale di 23,5 ore. Come si può notare, erano prevalenti le ore dedicate a materie tecniche e scientifiche, per le quali erano necessari i relativi laboratori e i rispettivi ausili didattici. Questi, nei primi anni di vita dell’Istituto tecnico di Cremona ed in generale di tutti gli istituti tecnici d’Italia, erano il punto debole della didattica. Infatti le Province, alle quali spettava la fornitura di materiale, impegnate a costruire e a gettare le basi organizzative dei propri territori in un ottica più ampia e generale del processo di unificazione nazionale, si trovavano a gestire i fondi economici in più settori (infrastrutture, beneficenze, sanità, istruzione, opere pie e tanto altro ancora).

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150° UNITà D'ITALIA

Gabinetto di Fisica

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A tale proposito va precisato che, in quel periodo storico, in Italia stavano nascendo le prime ditte specializzate nella produzione e fornitura di materiale didattico le quali non erano ancora strutturate per fornire beni di buona qualità e quindi molte scuole si approvvigionavano presso ditte d’oltralpe affrontando costi non indifferenti. Per sopperire a queste carenze nei primi anni di vita dell’istituto tecnico di Cremona non mancavano donazioni da parte di privati o degli stessi insegnanti. Un esempio emblematico, per quanto riguarda il “Gabinetto” di disegno, fu la donazione che nel 1864 fece all’istituto un erede di Giovanni Voghera, personaggio appartenente ad un’illustre famiglia di architetti e ingegneri che operarono nella nostra città nel corso della prima metà dell’Ottocento. Egli aveva a sua volta un figlio che frequentava l’istituto tecnico cittadino e, appurato che non era presente materiale sufficiente per poter fare le esercitazioni di disegno, donò buona parte della biblioteca di suo padre. Si trattava di una collezione completa di stampe (svariate decine) che riproducevano i monumenti di Pavia disegnati e stampati dallo stesso a cavallo dei primi due decenni del XIX secolo, sempre dello stesso periodo storico, una raccolta in due grandi volumi, delle opere presentate ai Concorsi di Architettura che annualmente si tenevano all’accademia

di Brera a Milano e tanto altro materiale a stampa. A partire dal 1870, su indirizzo del ministero competente, la materia di Disegno si avvalse di un Assistente per le esercitazioni grafiche. Sempre da quell’anno venne implementato l’insegnamento d’Ornato e di conseguenza la suppellettile didattica si arricchì di diversi modelli di ornato, iniziò a formarsi una gipsoteca ricca di modelli e calchi in gesso di ogni genere, dai particolari di fregi architettonici in diversi stili, alcuni di essi commissionati a scultori dell’epoca come Giovanni Seleroni (1807 – 1894), a figure di geometria solida per lo studio delle ombre. Fonti preziose e testimonianze per comprendere un modo di “fare scuola” ormai lontano ma ancora affascinante sono, fra le altre, le relazioni di fine anno scolastico redatte dai vari professori e le rendicontazioni delle spese affrontate dalla scuola durante i vari anni scolastici. Da questi documenti si evidenzia, per esempio, come tutte le materie scientifiche fossero dotate dei propri “Gabinetti” con annessa biblioteca e che di anno in anno si arricchivano di esemplari. Ogni “Gabinetto” aveva la sua aula per le esercitazioni con un “Assistente” (oggi si chiamerebbero Insegnanti Tecnico Pratici) che coadiuvava il professore.Nelle esercitazioni di Geometria Pratica, di Estimo e di Agronomia veniva reclutato un esperto esterno denominato “Trabuccatore” (termine derivato da trabucco, antica unità

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Gabinetto di Costruzioni.Parte delle murature di cotto nei sotterranei

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di misura utilizzata in agrimensura), per fare le misurazioni di appezzamenti di terreno fuori le mura della città o nel centro cittadino. Lo stesso trabuccatore (oggi topografo) veniva coinvolto per le “esercitazioni di campagna”, che gli studenti dovevano affrontare per l’esame di licenza. Per quanto riguarda la materia di Disegno e di Ornato si tenevano uscite didattiche presso monumenti cittadini o in città limitrofe come Mantova o Pavia, all’epoca facilmente raggiungibili da Cremona con il treno, dove gli studenti si esercitavano nella rappresentazione grafica copiando dall’originale. Non mancavano anche visite presso opifici di trasformazione agroalimentare che in quegli anni si andavano insediando nel nostro territorio provinciale o presso aziende agricole.

All’interno dell’Istituto per Geometri “Pietro Vacchelli” è conservato ciò che è rimasto delle varie collezioni dei Gabinetti didattico-scientifici e relative biblioteche delle discipline che si impartivano nelle Sezioni di Agronomia e Agrimensura e di Fisica e Matematica del Regio Istituto Tecnico di Cremona.

Parte di questo materiale è stato oggetto di studio e catalogazione e, grazie alla legge 6/2000 e un progetto mirato, che ha coinvolto altre istituzioni scolastiche cittadine, è confluito in due opere diverse sulle quali è possibile reperire ulteriori informazioni sulla storia e le vicissitudini dell’Istituto Tecnico per Geometri di Cremona. La prima di queste è una pubblicazione dal titolo “Per dissipare le loro tenebre ed errori…” Strumenti, modi, ragioni della formazione scientifica nelle scuole di Cremona tra età moderna e contemporanea: Il Liceo ‘D. Manin’, il Seminario Vescovile, l’Istituto Tecnico ‘P. Vacchelli’, a cura di A. Bellardi, L. Falomo, M. Ferrari, Fantigrafica, Cremona 2009. Mentre la seconda opera è stata la realizzazione di un sito web dal titolo Musei Virtuali per la storia della cultura scientifica (www.strumentiscientificicremona.com).

I testi e le informazioni storiche utilizzate per la redazione l’articolo sono stati forniti da Ruggero Poli dell’Istituto Tecnico per Geometri “Pietro Vacchelli”.

Gabinetto di Disegno. Esemplare di progetto architettonico

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EVENTI

Con l’apertura del cantiere sono partiti ufficialmente i lavori per la realizzazione dell’Expo 2015, l’Esposizione Universale dedicata al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” che fra meno di quattro anni vedrà convergere su Milano le rappresentanze di 140 Paesi espositori provenienti da tutto il mondo e circa 29 milioni di visitatori previsti nell’arco dei sei mesi della manifestazione, da maggio ad ottobre.Un evento epocale per ospitare il quale è stata progettata di fatto una nuova città. O meglio la “cittadella dell’Expo”, come ormai si usa definirla. Situata in un’area nel settore nord-ovest della città occuperà una superficie di 1,7 milioni di metri quadrati, comprendente parte del territorio della città di Rho, dialogando con il nuovo Polo di Fiera Milano.

Il MasterplanProgettato come espressione del tema dell’Expo e a partire dal “concept” elaborato da una Consulta di architetti di fama internazionale, quali Stefano Boeri, Richard Burdett,

William McDonough, Jacques Herzog e Joan Busquets, il Masterplan definitivo per la realizzazione dell’Esposizione Universale è stato disegnato dai progettisti dell’Ufficio di Piano della Società Expo 2015 S.p.A. Creata appositamente nel 2009, la struttura tecnica chiamata a questa importante funzione è formata da un team che vede operare insieme progettisti senior e 16 giovani architetti e ingegneri neolaureati (selezionati attraverso un bando pubblicato sul sito del Politecnico di Milano) ai quali fa da “tutor”, trasmettendo la propria esperienza decennale nell’ambito dei grandi progetti, il Geometra Romano Bignozzi, Responsabile Ufficio Studi – Direzione infrastrutture e costruzioni di Expo 2015. Professionista che seguirà inoltre gli aspetti relativi alla Valutazione economica del progetto, lo studio dei tempi e metodi di esecuzione delle opere e i diversi aspetti della loro realizzazioneNegli uffici della Bovisa, situati a pochi minuti dal sito espositivo dell’Expo, terminata nell’aprile scorso l’elaborazione del Masterplan, l’Ufficio di Piano è in questi mesi chiamato alla predisposizione delle gare, a seguire la preparazione del sito, e successivamente la realizzazione di tutte le opere previste. Opere che, nei due anni di massimo lavoro sul sito, vedranno impegnati circa 1.800 operai a cui si aggiungeranno gli addetti che arriveranno dall’estero per montare i padiglioni dei paesi partecipanti.

Caratteristiche del sito espositivo Il sito espositivo – come si legge nella documentazione relativa al Masterplan – si trova a pochi chilometri dal

Expo 2015 MilanoIl Pianoper la realizzazione

L’Area dell’Expo 2015, rendering

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L’Ufficio di Piano • Responsabile Progettazione

Matteo Gatto (Architetto) • Gestione Ufficio di Piano

Davide Amendola (Urbanista)• Progettazione architettonica e urbana

Gianluca Lugli (Architetto), Lorenzo Pallotta (Architetto), Ciro Mariani (Architetto),Giovanni La Varra (Architetto), Anna Rossi (Architetto), Anna Fengite (Architetto),Lorenzo Tardini (Ingegnere), Romano Bignozzi (Geometra)

• Amministrazione e Relazioni Esterne, Direzione

infrastrutture e Costruzioni

Camelia Bueur (Laurea in lingue e letteratura moderna)Completano il team dell’Ufficio: 11 architetti junior, 3 ingegneri junior, 1 urbanista junior, 1 urbanista/economista junior.

centro di Milano ed è caratterizzato da una forte e coerente impostazione ecosostenibile: gli edifici saranno progettati per essere smontati, riutilizzati o riciclati e sarà perseguita la massima efficienza energetica.L’area è modellata come un paesaggio unico – un’isola circondata da un canale d’acqua – e strutturata intorno a due assi perpendicolari di forte impatto simbolico: il Cardo e il Decumano della città romana.Sull’asse principale (Il Decumano / World Avenue) si affacceranno i lotti assegnati ai Paesi Partecipanti, che saranno chiamati a esprimere la propria interpretazione del tema.Secondo un principio innovativo Expo 2015, offre un’eguale visibilità a tutti i Paesi che parteciperanno e che potranno mostrare i processi di produzione del cibo, la ricerca svolta e le tecnologie impiegate nel settore alimentare, oltre che l’eccellenza della propria filiera insieme ai paradigmi e le contraddizioni che il tema porta con sé.Allo stesso modo lungo il Cardo, si svilupperà l’area espositiva assegnata all’Italia, alle sue regioni, città e province, con una serie di spazi sia costruiti che aperti dove la straordinaria ricchezza del Made in Italy in tema di alimentazione verrà mostrata.Il punto di unione dei due assi, una grande piazza di oltre 4.000 mq, è il centro virtuale dell’intero sito e costituisce il luogo in cui il mondo e l’Italia simbolicamente si incontrano.Il Palazzo Italia, situato a nord del Cardo, costituirà il

luogo dell’accoglienza italiana, dove verranno ospitate le cerimonie ufficiali e dove saranno accolti i Paesi partecipanti, con le loro delegazioni.Questo edificio si affaccia sulla Lake Arena, un grande specchio d’acqua dedicato ad eventi di intrattenimento e di grande attrattività, che potrà accogliere fino a 21.000 persone e ospitare giochi d’acqua, spettacoli pirotecnici, installazioni artistiche e spettacoli su piattaforme e palchi galleggianti. Nella parte meridionale del sito è posto un anfiteatro per 8.500 persone in cui organizzare concerti, spettacoli dibattiti o cerimonie ufficiali.Posto all’estremità occidentale della World Avenue, l’Expo Centre si compone principalmente di una sala auditorium, una performance area all’aperto, il media centre e il quartiere-volontari.Perpendicolarmente al Decumano, lungo il corso d’acqua e gli spazi alberati, si sviluppano le aree di servizio e ristorazione, che si propongono anche come godibili percorsi di collegamento con il canale e le Aree Tematiche.Localizzati all’ingresso del sito, le serre e gli Agroecosistemi costituiscono una tra le Aree Tematiche, proponendo un percorso alla scoperta delle risorse della natura e dei processi attraverso cui l’essere umano riesce a comprenderla e a trasformarla.Un altro elemento fondamentale del sito espositivo sono le Aree Corporate di Sviluppo Tematico, dove il mondo imprenditoriale avrà la possibilità di dare il suo contributo allo sviluppo del tema.Con il restauro e la riqualificazione della Cascina Triulza, il Masterplan di Expo 2015 si inserisce all’interno del Progetto Cascine, che prevede il recupero delle cascine di proprietà comunale sul territorio milanese. Questa Cascina, che sorge all’interno del sito espositivo, è un esempio dell’architettura rurale lombarda e un modello di produzione agricola che la rende un simbolo concreto del tema di Expo.Il Masterplan prevede anche la realizzazione di una serie di oltre 150 edifici residenziali (Expo Village), che ospiteranno i Direttori e i Commissari Generali di Sezione dei Paesi partecipanti. Per la realizzazione di questi manufatti saranno individuate forme innovative dell’abitare e del vivere in spazi privati e comuni di grande fascino.La Via d’Acqua-Parco Expo, si è consolidata come il progetto territoriale di maggiore rilevanza per la connessione tra il sito espositivo, la città e il suo territorio allargato. Il percorso, che collegherà il Parco Agricolo Sud con il Parco delle Groane, darà continuità ai parchi della cintura ovest milanese, riqualificherà i Navigli e la darsena, rilancerà il sistema delle cascine e diventerà una straordinaria risorsa per le attività del tempo libero.Accanto alla Via d’Acqua, il progetto della Via di Terra si propone di portare l’Esposizione all’interno della

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I numeri del progetto

• Il sito espositivo: 1.113.000 mq • The World Avenue: 1.5 km di lunghezza; 35 m di larghezza • Un lotto per ogni Paese: 150 Partecipanti di cui 140 Nazioni e 10 Regioni internazionali • Il Cardo - L’Italia e le sue regioni, città, province: 300 m di lunghezza; 35 m di larghezza • Piazza Italia - dove l’Italia incontra il Mondo: 5.400 mq circa • Palazzo Italia - l’ospitalità italiana: 13.000 mq di spazi per attività istituzionali • Le Aree Tematiche: 8 aree per una superficie totale di 69.000 mq • Gli Agroecosistemi e le Serre: totale area agroecosistemi 46.000 mq, di cui 28.000 in Serre alte fino a 30 m • Le Aree espositive per partecipazione Corporates: 13 aree, per un totale di 9.300 mq • Le Aree eventi: 4 aree indoor e 5 outdoor • Le Aree di servizio e ristorazione: 13 aree, 33.000 mq complessivi (47.000 mq comprendendo anche i chioschi e i blocchetti

servizi) • Il Canale: lunghezza 6.000 m; area 77.000 mq • Il Waterside path: 5.400 m di lunghezza • Aree di ingresso e di uscita: 3 • La Lake Arena: 90 m di diametro • Le Tende: 100.000 mq • La partecipazione della società civile: Superficie complessiva Cascina Triulza 12.000 mq, di cui 6.700 mq di spazi espositivi

e per eventi all’aperto

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I “focus” dell’Expo 2015

Città di Milano, superando i confini del sito espositivo e accompagnando gli ospiti alla scoperta del tessuto urbano. In questo contesto, i visitatori di Expo 2015 avranno la possibilità di vivere un’esperienza unica e indimenticabile.La struttura poliedrica del Sito come palinsesto su cui innestare una ricca programmazione di eventi ed attività che coinvolgano il visitatore, sarà valorizzata e arricchita dallo sviluppo di una molteplicità di spunti che deriveranno dai contributi di consulenti, artisti e

professionisti nella definizione dei contenuti dell’Evento. L’esperienza del visitatore ruoterà intorno a tre fuochi: attrattività, tecnologie e cibo.Il focus dell’attrattività in Expo Milano 2015 potrà essere declinato in termini di attività culturali, sportive, ludiche o didattiche ed occasioni di scambio, per conoscere e apprezzare le differenze, oltre che a livello di intrattenimento e spettacolo intese come forme comunitarie di svago e di coinvolgimento, per comunicare e scambiare informazioni.

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Romano Bignozzi/Geometra

Nasce a Milano l’8 giugno del 1937 e dal 1957 presta la sua opera al servizio delle più importanti imprese di costruzioni della città con incarichi che presto diventano dirigenziali.Lavora nell’impresa di costruzioni Torno dal 1957 al 1977 acquisendo nel 1967 la carica di vice responsabile dell’Ufficio gare, studiando e concorrendo in prima persona all’acquisizione di dighe, gallerie ferroviarie, centrali idroelettriche, autostrade, ristrutturazione di monumenti e la linea 2 della metropolitana di Milano.Dal 1978 al 1982 è responsabile dell’ufficio gare di Codelfa, acquisendo lotti della linea 2 di Milano oltre a strade, metropolitane, dighe e porti in Italia e all’estero. Dal 1983 al 1994 diventa responsabile dell’ufficio gare di Italstrade per Italia ed Europa acquisendo fra gli altri un lotto della linea 3 della metropolitana di Milano e del passante ferroviario.Dal 1995 al 2003 è consulente per la società Grandi lavori-Fincosit per la linea Alta Velocità Milano Bologna svolgendo attività di pianificazione e controllo di tempi e costi.Dal 2003 al 2009 svolge lo stesso tipo di attività per la Serenissima costruzioni sull’autostrada Valdastico e la Pedemontana veneta.Da 2009 ad oggi è responsabile delle attività di pianificazione di tempi e costi nella Direzione Infrastrutture di Expo 2015, la società che deve costruire e gestire il sito espositivo dell’esposizione universale di Milano 2015.

Il focus del cibo permetterà di gustare i sapori del mondo, della tradizione italiana e lombarda che convergono temporaneamente a Milano, aiuterà a riconoscere e apprezzare nel dettaglio le diverse culture con la possibilità di acquistare i prodotti dei singoli paesi, metterà in scena lo spettacolo degli alimenti, le tecniche della sua trasformazione e le forme della sua conservazione.

“Cyber-Expo” Quella di Milano si prospetta come la prima “Cyber-Expo”. Sotto la piastra infrastrutturata che sarà la base sulla quale sorgerà la “cittadella dell’Expo”, oltre alle condutture di acqua, elettricità, teleriscaldamento e teleraffreddamento, correranno anche le fibre ottiche che serviranno a trasportare l’infinità di dati necessari ad alimentare l’insieme dei servizi ad alto contenuto tecnologico per la gestione delle attività operative e, soprattutto, a disposizione del visitatore. Accanto alla modalità “reale”, quella dei padiglioni fisici, Expo 2015 – secondo i progetti – sarà quindi, non solo la prima Esposizione universale a consentire una fruizione “virtuale” via internet con la possibilità di interagire in tempo reale con gli eventi programmati, ma offrirà ai visitatori in loco un vera e propria finestra sul futuro attraverso “applicazioni” che consentiranno di ricevere informazioni sull’Expo e sul suo funzionamento ed di accedere ai contenuti espositivi e di intrattenimento con alti livelli di interattività.

Fra le novità tecnologiche a cui lavoreranno i futuri partner tecnologici dell’Expo, un biglietto elettronico di nuova generazione (“e-ticket”) che una volta inviato agli smartphone dei visitatori “dialogherà” con i numerosi sensori e reti che saranno presenti all’interno del sito inviando informazioni e facilitando l’accesso alla manifestazione e più in generale gli aspetti relativi alla logistica.Pareti digitali interattive “riconosceranno” i visitatori che, con la semplice pressione delle dita, potranno su queste “aprire” finestre collegabili ai propri computer sui quali “trascinare” contenuti d’interesse.Grazie agli occhiali digitali che verranno distribuiti dai padiglioni che utilizzeranno le tecnologie per la “realtà visiva aumentata” sarà poi possibile fruire di contenuti audio e video in modalità innovative e di forte impatto. Entrando in ambienti dove elementi fisici convivono con elementi virtuali ed interagendo con entrambi.Visibili anche senza occhiali speciali saranno, invece, gli ologrammi, rappresentazioni tridimensionali di oggetti o persone, come ad esempio i componenti di una banda musicale che suona realmente dal vivo in un determinato posto dell’Expo ma alla cui performance, grazie a questa tecnologia affascinante, si potrà assistere anche in altri ambienti della manifestazione.

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Questa rubrica è curata con il gruppo editoriale Wolters Kluwer Italia, leader nel settore dell’editoria e dei servizi per i professionisti, che in Italia opera con i marchi UTET Scienze Tecniche e Ipsoa-Indicitalia. L’autore dell’articolo, Stefano Setti, Dottore Commercialista in Milano, ha svolto attività di consulenza fiscale in materia di imposte indirette per studi di primaria importanza, sia nazionali che internazionali. Attualmente svolge funzioni di assistenza e rappresentanza in materia tributaria per svariate società, nonché per professionisti che operano nel settore edile (e-mail: [email protected]).Ha curato, tra l’altro, le voci relativa alla Fiscalità nel volume “Codice Tecnico Edilizia e Urbanistica” (UTET Scienze Tecniche, 2a ed., 2010) e il volume “Edilizia e immobili. D.l. 78/2010 convertito in l. 122/2010”, con A. Tomasi (Ipsoa, 2010).

Le novità del 20111

L’art. 25 del d.l. 31.5.2010, n. 78 ha stabilito che a decorrere dal 1° luglio 2010 le banche e Poste Italiane

1 Per un maggiore approfondimento sul tema si veda S. Setti, Appalti pubblici, edilizia, professionisti, imprese, UTET Scienze Tecniche, 2011.

S.p.A. sono tenute ad operare una ritenuta d’acconto del 10% sulle somme accreditate con bonifico alle imprese che hanno eseguito lavori di ristrutturazione edilizia (detrazione 36%) o risparmio energetico (detrazione 55%). La manovra correttiva 2011 (art. 23 del d.l. 6.7.2011, n. 98 - pubblicato in G.U. 6.7.2011, n. 155 - convertito in legge 15.7.2011, n. 111) ha stabilito, con decorrenza 6 luglio 2011, la riduzione della ritenuta d’acconto dal 10% al 4%. Con tale modifica, pur non cambiando l’impianto normativo esistente, vengono stemperati gli effetti finanziari a carico delle piccole realtà imprenditoriali.Il d.l. 13.5.2011, n. 70, pubblicato in G.U. 13.5.2011, n. 110 (c.d. decreto sviluppo, in vigore dal 14 maggio 2011; legge di conversione 12.7.2011, n. 106), ha apportato alcune semplificazioni “operative” allo scopo di poter beneficiare, ai fini delle ristrutturazioni edilizie, della detrazione IRPEF del 36%, e più precisamente: - a far data dal 14 maggio 2011, il decreto sviluppo ha

abrogato il co. 19 dell’art. 1, l. 24.12.2007, n. 244. Con l’abrogazione di tale comma è venuto meno - anche per l’agevolazione IRPEF del 36% (infatti, per beneficiare dell’aliquota IVA ridotta del 10% non sussisteva più tale obbligo già a decorrere dal 1° gennaio 2008) - l’obbligo di distinta indicazione nella fattura del costo della manodopera impiegata per l’esecuzione degli

Nuove modalità applicative per le detrazioni fiscali del 36% e 55%di Stefano Setti

FISCALITà

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Domanda. Come deve essere conteggiata la base imponibile sulla quale calcolare la ritenuta d’acconto del 4%?

Risposta. Allo scopo di effettuare in modo corretto l’applicazione della ritenuta d’acconto, risulta opportuno individuare in modo puntuale la base imponibile sulla quale operare la ritenuta.

A tal riguardo è indispensabile rilevare come i pagamenti eseguiti mediante bonifico da parte di chi ha disposto i lavori sono comprensivi dell’IVA; si fa presente che l’aliquota applicata può variare a seconda del tipo di spesa che si va a pagare.

A puro titolo esemplificativo l’aliquota IVA è pari al 10% per i lavori di ristrutturazione su immobili abitativi, così come su i c.d. beni significativi forniti dall’impresa, quali infissi, sanitari, ascensore, ecc. Tale aliquota IVA passa invece al 21% (a decorrere dal 17 settembre 2011, prima era pari al 20%) nel caso di interventi di riqualificazione energetica su edifici diversi da quelli abitativi.

Risulta evidente come la base di calcolo (base imponibile) su cui operare la ritenuta non debba comprendere l’IVA, proprio in virtù del principio di neutralità dell’imposta (infatti, in caso contrario si avrebbe una doppia tassazione).

Dal momento che chi effettua la ritenuta del 4% non può sapere né quale è l’ammontare dell’IVA compresa nell’importo del bonifico, né quale è l’aliquota applicata di volta in volta, per esigenze di semplificazione e di economicità e per evitare possibili errori, l’Agenzia delle Entrate - con la circ. n. 40/E/2010 - ha chiarito che dall’importo del bonifico va scorporata l’IVA del 21% (dal 17 settembre 2011 prima pari al 20%) e su questa base va operata la ritenuta d’acconto del 4%.

interventi agevolati. Medesime considerazioni valgono anche per la detrazione Irpef/IreS del 55%;

- l’art. 1, co. 1, lett. a), d.m. 18.2.1998, n. 41 a far data dal 14 maggio 2011 (sostituendo la precedente formulazione) stabilisce che, al fine di beneficiare dell’agevolazione fiscale IRPEF del 36%, il contribuente dovrà “indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell’immobile e se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell’atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione e a conservare ed esibire a richiesta degli uffici i documenti che saranno indicati in apposito Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate”.Sulla base di quanto sopra, si evince che per i lavori iniziati dopo il 14 maggio 2011, al fine di poter beneficiare della detrazione IRPEF del 36%, viene meno l’obbligo di preventivo invio della “comunicazione di inizio lavori” all’Agenzia delle entrate-Centro operativo di Pescara. Il soggetto che vorrà fruire della detrazione fiscale del 36% (per i lavori iniziati dopo il 14 maggio 2011: quindi, fino a tale data valgono le regole ordinarie previste prima del decreto sviluppo) dovrà indicare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta in cui si sono effettuati i lavori (a puro titolo esemplificativo: UNICO/2012 ovvero 730/2012 per l’anno d’imposta 2011), le seguenti informazioni:• dati catastali dell’immobile oggetto degli interventi;• estremi di registrazione dell’atto (comodato in

forma scritta o contratto di locazione), nel caso in cui i lavori siano eseguiti non dal possessore dell’immobile ma dal detentore (comodatario ovvero locatario);

• gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione.

Il Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate2

del 2 novembre 2011, prot. n. 2011/149646, ha stabilito che, per beneficiare della detrazione del 36%, il contribuente deve tenere (oltre all’indicazione dei dati citati precedentemente da indicare nella dichiarazione dei redditi) a disposizione dell’Amministrazione finanziaria: - le abilitazioni amministrative richieste in base alle

tipologie dei lavori (concessione, autorizzazione o comunicazione di inizio lavori). Nel caso in cui la normativa non preveda alcun titolo abilitativo per la realizzazione di determinati interventi edilizi, è necessaria la dichiarazione sostitutiva di atto notorio (ex art. 47, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, c.d. “riforma Bassanini”), tramite la quale: • sia indicata la data di inizio lavori;• sia attestata la circostanza che gli interventi

effettuati rientrino tra quelli agevolabili, anche se non necessitano di alcun titolo abilitativo;

- la domanda di accatastamento degli immobili (se ancora da censire);

- la ricevuta di pagamento dell’ICI (se dovuta); - la delibera assembleare in presenza di lavori

condominiali; - la dichiarazione di consenso del possessore

dell’immobile all’esecuzione dei lavori, quando gli stessi non sono stati effettuati dal proprietario ma dal mero detentore (se diverso dai familiari residenti);

- la comunicazione alla Asl competente; - le fatture e le ricevute fiscali comprovanti le spese e le

ricevute dei bonifici di pagamento.Attenzione. Il decreto c.d. “salva Italia” ha stabilito che

2 Così come stabilito dall’art. 1, lett. a), d.m. 18.2.1998, n. 41 (come modificato dall’art. 7, co. 2, lett. q), d.l. 13.5.2011, n. 70).

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l'agevolazione del 36%, a partire dal 1° gennaio 2012, diventa strutturale. Ciò significa che dal 1° gennaio 2012 tale agevolazione è a regime, senza bisogno delle famose "proroghe" annuali. Il decreto “salva Italia” è intervenuto anche in merito alle agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica e più precisamente sulla detrazione fiscale del 55%. Al riguardo si fa presente che il d.l. in esame è intervenuto sulla legge di stabilità 2011 (l. 220/2010) spostando dal 31 dicembre 2011 al 31 dicembre 2012 la scadenza della detrazione del 55% così come disciplinata dalla normativa vigente (art. 1, commi da 344 a 347, della l. 296/2006). Inoltre, è stato stabilito che dal 1° gennaio 2013 la percentuale scenderà dal 55% al 36% e l’agevolazione sarà disciplinata dal nuovo art. 16-bis, aggiunto dal d.l. n. 201/2011 al TUIR, assimilandola conseguentemente a quella per le ristrutturazioni.

Detrazioni del 36% e del 55%: dal 6 luglio 2011 ritenuta d’acconto del 4% sui bonificiCome anticipato in precedenza, a decorrere dal 1º luglio 2010, in seguito all’obbligo introdotto dall’art. 25 del d.l. 78/2010 (recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”), le banche e le Poste Italiane S.p.A. devono operare una ritenuta del 10% sui bonifici disposti dai contribuenti che intendono beneficiare delle detrazioni del 36% per gli interventi di ristrutturazione edilizia e del 55% per le opere di riqualificazione energetica degli edifici.Tale ritenuta opera a titolo d’acconto dell’imposta sul reddito dovuta dalle imprese che eseguono tali opere e potrà, dalle stesse, essere conteggiata come ritenuta subita in sede di liquidazione delle imposte dovute nel modello UNICO.Attenzione. La manovra correttiva ha modificato, per i bonifici effettuati a decorrere dal 6 luglio 2011, la misura della ritenuta d’acconto d’applicare; infatti, si è passati dal 10% al 4%.

Il corretto calcolo della ritenuta d’accontoLe Poste Italiane S.p.A. e le banche, nel momento in cui ci sarà l’accredito dei bonifici (riferiti alla detrazione del 36% e del 55%), dovranno trattenere, a decorrere dal 6 luglio 2011, il 4% ai beneficiari.Il 4% come specificato dalla circ. dell’Agenzia delle Entrate 28.7.2010, n. 40/E, deve essere conteggiato sull’imponibile e non sull’intero importo dell’incasso.

La detrazione IRPEF del 36% sulle ristrutturazioni edilizieConsiderate le semplificazioni operative (richiamate in premessa) apportate alla procedura per beneficiare dell’agevolazione fiscale legata alle ristrutturazioni edilizie, si ritiene opportuno di seguito riproporre la disciplina di tale agevolazione fiscale.

Si ricorda che la finanziaria 2010 ha prorogato la detrazione dall’IRPEF del 36% delle spese sostenute fino al 31 dicembre 2012, per la ristrutturazione di case di abitazione e delle parti comuni di edifici residenziali situati nel territorio dello Stato. La detrazione è fruibile annualmente nei limiti dell’imposta dovuta del periodo. La detrazione compete per le spese sostenute nell’anno, in applicazione del c.d. principio di cassa. Si fa presente che la detrazione in questione spetta fino al limite massimo di spesa di 48 mila euro, da suddividere in dieci anni. Per i contribuenti, proprietari o titolari di un diritto reale sull’immobile oggetto dell’intervento edilizio, di età non inferiore a 75 e a 80 anni, la detrazione fiscale del 36%, anziché essere frazionata in dieci quote annuali, può essere ripartita, rispettivamente, in cinque e tre quote annuali costanti di pari importo.Inoltre, è stata allungata di un anno anche la detrazione IRPEF prevista per l’acquisto di immobili ristrutturati, il cui beneficio fiscale si applica nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti entro il 31 dicembre 2012 da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedono alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile entro il 30 giugno 2013. In tali ipotesi, la detrazione IRPEF del 36% dovrà essere calcolata su un ammontare forfetario pari al 25% del prezzo di vendita o di assegnazione dell’immobile, risultante dall’atto di acquisto o di assegnazione. L’ammontare su cui calcolare la detrazione, da ripartire in dieci quote annuali costanti, non può comunque superare l’importo massimo di 48 mila euro.

Soggetti destinatari dell’agevolazione fiscale del 36%Considerato che quella prevista per le spese di ristrutturazione è una detrazione IRPEF, i soggetti che possono fruire di tale agevolazione fiscale sono quelli assoggettati all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), residenti o meno nel territorio dello Stato.Possono beneficiare dell’agevolazione non solo i proprietari degli immobili, ma anche tutti coloro che sono titolari di diritti reali sugli immobili oggetto degli interventi e che ne sostengono le relative spese. In sostanza si tratta dei soggetti di seguito indicati: - il proprietario o il nudo proprietario dell’immobile; - il titolare di un diritto reale di godimento (usufrutto,

uso, abitazione o superficie); - il locatario (vale a dire chi prende in locazione

l’immobile); - il comodatario (chi riceve in uso gratuito l’immobile); - i soci di cooperative a proprietà divisa o indivisa; - gli imprenditori individuali, anche in forma di impresa

familiare, limitatamente agli immobili che non

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rientrano fra quelli strumentali o fra i “beni merce”; - i soci di società semplici, di S.n.c. o di S.a.s., purché

sussistano le medesime condizioni previste per gli imprenditori individuali;

- il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento, purché sostenga le spese e le fatture e i bonifici siano a lui intestati e purché la condizione di convivente o comodatario sussista al momento dell’invio della comunicazione di inizio lavori.

Interventi agevolabili3

La detrazione IRPEF del 36% riguarda le spese sostenute per eseguire gli interventi di manutenzione straordinaria, le opere di restauro e risanamento conservativo e i lavori di ristrutturazione edilizia per i singoli appartamenti e per gli immobili condominiali. Gli interventi di manutenzione ordinaria sono ammessi all’agevolazione solo se riguardano determinate parti comuni di edifici residenziali.Tra le spese per le quali compete la detrazione, oltre a quelle per l’esecuzione dei lavori, sono comprese: - progettazione dei lavori; - acquisto di materiali; - esecuzione dei lavori; - altre prestazioni professionali richieste; - relazione di conformità dei lavori alle leggi vigenti; - perizie e sopralluoghi; - IVA, imposta di bollo e diritti pagati per le concessioni,

le autorizzazioni e le denunce di inizio lavori; - oneri di urbanizzazione; - altri eventuali costi inerenti agli interventi.

Non rientrano, invece, tra le spese che danno diritto alla detrazione: - gli interessi passivi pagati per mutui, anticipazioni

3 Il decreto c.d. “salva Italia” ha stabilito che, a partire dal 1° gennaio 2012, l'elenco degli interventi agevolabili comprende: a) i lavori (anche di manutenzione ordinaria) sulle parti comuni condominiali, ma solo su muri maestri, tetti e lastrici solari, scale, portoni, vestiboli, anditi, portici, cortili e in genere tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune (escluse quindi portinerie, impianti e ascensori – oggi agevolate – a meno che non si tratti di risparmio energetico); b) ristrutturazione, restauro-risanamento conservativo e manutenzione straordinaria nelle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali (cioè abitazioni destinate a ospitare agricoltori e loro famiglie), e loro pertinenze; c) realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, anche a proprietà comune (qui sembra ripetersi, anche se in modo sommario, la limitazione alle sole spese di costruzione dei box); d) rimozione di barriere architettoniche, ascensori e comunque per favorire la mobilità interna di disabili; e) cablatura, risparmio energetico, antifurto e sicurezza, contenimento dell'inquinamento acustico, misure antisismiche.

o scoperti di c/c, stipulati per sostenere le spese di recupero edilizio;

- i costi di trasloco o di custodia in magazzino dei mobili per il periodo di esecuzione dei lavori di ristrutturazione.

Fattura della spesa detraibileLa detrazione fiscale del 36%, per i lavori fatturati fino al 14 maggio 2011 tornava applicabile solo nel caso in cui il costo della relativa manodopera fosse stato evidenziato in fattura. A decorrere dal 14 maggio 2011 tale modalità non è più richiesta.

Regime IVA delle ristrutturazioniDopo numerose proroghe, l’art. 2, co. 11, l. 23.12.2009, n. 191 (c.d. finanziaria 2010) ha stabilito, a regime con effetto dal 2010, l’aliquota IVA ridotta del 10% per le prestazioni di servizi relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria4 realizzati su immobili a prevalente destinazione abitativa privata.

Fornitura di beni con posa in operaLe cessioni di beni con posa in opera, sempreché la stessa sia effettuata dal medesimo soggetto che ha fornito i beni (contratto di appalto), possono beneficiare dell’aliquota IVA ridotta del 10%, anche se il valore dei beni ceduti risulta prevalente rispetto alla prestazione di manutenzione. L’aliquota ridotta per le manutenzioni derivanti da contratti di appalto non può essere estesa ai contratti di subappalto, in quanto la disposizione agevolativa in esame considera la prestazione avente a oggetto l’intervento di manutenzione nella sua unitarietà. Pertanto, sono escluse dall’aliquota ridotta le operazioni che costituiscono fasi intermedie nella realizzazione dell’intervento; ossia, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese verso l’appaltatore o il prestatore d’opera. Tali beni e servizi, come precisato dallo stesso Ministero

4 Per manutenzione ordinaria si deve intendere quel tipo di intervento caratterizzato dal mantenimento degli elementi di finitura e degli impianti tecnologici, con opere sostanzialmente di riparazione dell’esistente, e riguarda le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti (l. 5.8.1978, n. 457, art. 31, lett. a). Invece, nella manutenzione straordinaria rientrano le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché le opere e le modifiche per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d’uso (l. 457/1978, art. 31, lett. b).

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delle Finanze (circ. n. 71/E/2000), godranno dell’aliquota ridotta nella fase successiva di riaddebito al committente finale, confluendo nel corrispettivo globale dell’intervento di manutenzione agevolato.

Manutenzione con impiego di beni significativiNei casi in cui, per effettuare la prestazione di manutenzione ordinaria o straordinaria, vengano effettuate anche forniture di beni significativi, l’aliquota IVA ridotta potrà essere applicata unicamente sul valore di tali beni non eccedente il valore della manodopera e degli altri beni e materiali di valore non significativo (valori che vanno

indicati distintamente in fattura). Va da sé che la parte del valore del bene significativo che supera il valore netto della manutenzione sarà soggetta all’aliquota IVA stabilita per il bene stesso. I beni di importo significativo sono stati determinati con il d.m. 29.12.1999 e sono i seguenti: - ascensori e montacarichi; - infissi interni ed esterni; - caldaie; - videocitofoni; - apparecchiature di condizionamento e riciclo dell’aria; - sanitari e rubinetterie da bagno, impianti di sicurezza.

Fatturazione Importi (in euro)

Costo complessivo dell’intervento 10.000,00

di cui:

* beni significativi impiegati: ascensore 7.000,00

* prestazioni di manutenzione (comprensive altri beni o materiali non significativi) 3.000,00

IVA

Prestazioni di manutenzione (comprensive di altri beni o materiali) 3.000,00 10%

Beni significativi impiegati: ascensore (pari al costo della manutenzione più la fornitura di altri beni o materiali non significativi)

3.000,00 10%

Differenza beni significativi (10.000,00-6.000,00) 4.000,00 21%

Tot. imponibile 10.000,00

IVA (6.000,00 al 10% e 4.000,00 al 21%) 1.440,00

Tot. fattura 11.440,00

Esempio. Modalità di fatturazione (dopo il 17 settembre 2011), nel caso in cui siano impiegati beni di importo significativo

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GEOBIOLOGIA

Un altro aspettodi analisi del sito:la geobiologiadi Tiziano GuerzoniGeometra libero professionista, Geobiologo e Tecnico dell’Ambiente

Secondo dati resi noti dalle principali Organizzazioni Scientifiche Internazionali, la maggior parte delle malattie che affliggono gli uomini del ventunesimo secolo sono strettamente correlate all’ambiente, inteso in relazione ai pericoli derivanti da Radiazioni Naturali (radioattività, gas radon, geopatie) e Artificiali (inquinamento elettromagnetico, chimico, ecc.). In altre parole l’inquinamento, in tutte le sue manifestazioni, è causa diretta di un numero enorme di patologie, in modo particolare di quelle degenerative e cardiovascolari. Inoltre modificazioni ambientali anche apparentemente lievi, ma protratte nel tempo, possono originare disagi e disfunzioni che, agendo preferenzialmente sul sistema immunitario, sono da ritenersi un ulteriore elemento di rischio per la nostra salute.

“Occorre prendere coscienza che esistono delle influenze magnetiche, telluriche, cosmiche, elettromagnetiche, responsabili di numerose perturbazioni che possono essere dannose per la salute umana. Conoscerle ed evitarle è indispensabile per vivere sani e a lungo”.

La geobiologia in genere si occupa di ricercare le zone in cui i fattori di influenza derivanti dall’ambiente naturale sono alterati, queste zone alterate vengono chiamate geopatiche.Le alterazioni dei fattori di influenza posso essere dovute a:• Acqua sotterranea in movimento• Faglie• Contatti stratigrafici

Iniziamo quindi ad analizzare ciascuna di esse, le loro caratteristiche, le loro capacità di influenza.

Acqua sotterranea in movimentoPerché andiamo a cercare zone nelle quali c’è acqua in movimento su linee di flusso e cerchiamo di evitare di porre su di esse luoghi a lunga permanenza (ad esempio camere da letto, studi )?C’è uno studio scientifico molto interessante a riguardo.Si tratta di una ricerca sugli effetti del luogo sulla salute umana realizzata dal prof. Dr. Otto Bergsmann (“Risikofaktor Standort” Facultas Verlag, Wien 1990), finanziata dal Governo Austria co e pubblicata in lingua tedesca con il titolo “RISIKOFACTOR”.Condotta su 985 perso ne e durata due anni (1988-1990),

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Linee di flusso divergenti Linee di flusso convergenti

Linee di flusso parallele

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dimostra l’inequivocabile corrispon denza tra esposizione a onde telluriche nocive dovute a falde acquifere confi nate e alterazione dei parametri medi ci che indicano lo stato di salute (si al terano ben 12 parametri sui 24 conside rati, laddove, per un esito positivo del le ricerche sarebbe bastata l’alterazione di un singolo parametro).Nelle conclusioni dello Studio si legge:“Il disturbo dei processi di regolazione a causa di manifestazioni di energia sinora ignote si trascina come un filo rosso attraverso tutti gli esami svolti sui soggetti sani e sui portatori di patologie.Le forme in cui questi difetti nella regolazione appaiono non sono da inserire nei quadri clinici della medicina poiché seguono principi biocibernetici.Uno di questi principi dice che, rispetto ad un sistema non sottoposto a stress, un sistema già sottoposto a stress quindi un organismo già sollecitato o una parte già sollecitata di un organismo, reagiscono con più intensità e maggiore persistenza ad ogni minimo stimolo ulteriore.L'influenza del posto dove si permane non dà luogo a processi che conducono inevitabilmente alla malattia.È un fattore di rischio che può intensificare l'effetto di altri fattori patogeni”.

FaglieCon il termine “Faglia” si intende una frattura in una massa rocciosa, ai lati della quale siano avvenuti scorrimenti che hanno spostato, l’uno rispetto all’altro, i blocchi situati da bande opposte della superficie di frattura.La superficie più o meno inclinata lungo la quale avviene il movimento dei due blocchi di roccia è detta piano di faglia. In base ai movimenti di un blocco di roccia rispetto all’altro avremo differenti tipi di faglie. Qui di seguito descriviamo i seguenti tipi di faglie.

Deflusso della faldaPerché l’acqua si muove? Per effetto della gravità, l’acqua si sposta dalle zone di alimentazione a quelle di recapito. Il movimento si crea da una zona a potenziale idraulico (carico idraulico) maggiore ad una a potenziale minore.Come si muove? Si muove secondo LINEE DI FLUSSO, che derivano dalla somma di tutte le traiettorie elementari.Le linee di flusso sono tagliate ortogonalmente da LINEE EQUIPOTENZIALI o LINEE DI EGUALE CARICO PIEZOMETRICO.

Faglia normale o direttaIn questo tipo di faglia, c’è uno scivolamento del blocco roccioso al di sopra della parete di faglia (detto “hanging wall” in figura quello di destra ) rispetto all’altro. Questo tipo di faglia si trova in aree caratterizzate da distensione (i due blocchi di roccia si allontanano l’uno rispetto all’altro).

Faglia inversaIn questo tipo di faglia, il blocco roccioso al di sopra della parete di faglia sale rispetto all’altro. Questa faglia è tipica dei regimi di compressione (i due blocchi di roccia si spingono uno contro l’altro).

Perché andiamo a cercare zone di faglia flusso e cerchiamo di evitare di porre su di esse luoghi a lunga permanenza (ad esempio camere da letto, studi)?L’interazione con le faglie è molto importante nella analisi geobiologica dei luoghi poiché la nostra crosta terrestre non è statica ma in continuo mutamento per cui le rocce sono continuamente soggette a due tipi di sollecitazioni fondamentali:

a. sollecitazioni a Compressioneb. sollecitazioni a Distensione

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Tiziano Guerzoni

Nato a Modena il 28 Giugno 1955, ha iniziato a lavorare come Geometra nel 1975 e dal gennaio 1992 lavora come Geometra libero professionista. Socio prima dell’Associazione Culturale Tecnici di Radiestesia e Radionica” poi  dell’“Associazione Culturale Studi Radiestetici Mosaico”di Ravenna, dal 1996 ha iniziato ad occuparsi di Architettura Bioecologica frequentando numerosi corsi con alcuni dei principali Geobiologi e Radiestesisti italiani, fra i quali il corso triennale di Radiestesia e Radionica  di Max Frisari. E successivamente il  “1° corso professionale per esperti in analisi geobiofisica dei luoghi” organizzato da G.E.A.. Da anni è docente INBAR (Istituto Nazionale di Bioarchitettura ), tenendo lezioni a corsi in diverse città italiane; docente di Domoterapia e Geobiologia presso l’Accademia di Naturopatia ad indirizzo Bioenergetico ed Ambientale, A.N.E.A. con sede a Prato, della quale è anche socio fondatore e vicepresidente.Membro di commissioni per la valutazione degli interventi in Architettura Bioecologica è anche Diplomato Consulente Tecnico dell’Ambiente presso l’Istituto Tecnico Professionale di Fiorenzuola d’Arda ( PC ), corso riconosciuto CEE. Oltre all’attività professionale di Geometra, esegue rilievi geobiologici e rilievi di campi ionizzanti e non ionizzanti su siti edificabili e in abitazioni. Collabora con alcuni medici omeopati, esegue come rabdomante ricerche idriche. È consulente di imprese e studi professionali.

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Ogni roccia della crosta terrestre è normalmente sottoposta ai due tipi di sollecitazioni con conseguenti comportamenti elettromagnetici diversi in funzione del tipo e della intensità della sollecitazione.Se, per esempio, ipotizziamo di applicare ad un provino di una determinata roccia una forza a trazione crescente si avrà un comportamento elettromagnetico dipendente dal livello della forza applicata L’organismo umano è in grado di essere influenzato da queste emissioni poiché ricadono nel campo di frequenze biocompatibili (dall’ultravioletto all’infrarosso vicino). Ne consegue che le emissioni elettromagnetiche di una determinata area della superficie terrestre dipenderanno dalla composizione delle rocce e dalle forze di sollecitazione delle rocce stesse. La figura sopra illustra il comportamento elettromagnetico di un provino sottoposto a forza di trazione.Questo cosa significa per il progettista? Una nuova visione

della analisi del sito per dare miglior qualità di vita e di salute a coloro che vivono e lavorano nei luoghi soggetti a progettazione.

Oltre alle analisi tradizionali necessarie per legge e per normale buona tecnica delle costruzioni: • ANALISI GEOLOGICA CLASSICA• RADIAZIONI IONIZZANTI (Radioattività; Gas

Radon)• RADIAZIONI NON IONIZZANTI (Campo

elettrico statico; Campo magnetico statico; Campo magnetico ed elettrico alternato (ELF); Campo elettromagnetico (RF e MO)

• RUMORE (Valutazione del clima acustico)• DIREZIONE DEI VENTI• PIOVOSITA’significherebbe prevedere anche l’analisi dello: STRESS TELLURICO.

Emissioni energetiche durante una deformazione duttile e fragile.All’aumentare del carico (LOAD) sino al momento della fratturazione, vengono emessi soprattutto fotoni (ph E).Nell’istante della fratturazione, oltre ai fotoni (ph E), vengono emessi elettroni (EE).Durante la fase di scarica dello sforzo, dopo la fratturazione, continua l’emissione di fotoni ed elettroni. Verso la fine dello stato tensionale, vengono bruscamente emessi degli ioni (Mass 44 [SiO+]), per brevissimi periodi nell’ordine dei microsecondi, ed intensità superiori all’emissione fotonica stessa.

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FORMAZIONE

Pubblichiamo la prima parte della quinta dispensa sul tema dell’impiego del legno strutturale in edilizia. Materiale legittimato dalle recenti Norme tecniche per le costruzioni (NTC), D.M. 14 genn. 2008. L’insieme delle sei dispense sarà strumento utile per i tecnici progettisti. Un vero vademecum per l’utilizzo del legno. Franco Laner, prof. ordinario di tecnologia dell’architettura all’Università Iuav, da anni tiene un corso di “Tecnologia delle costruzioni di legno”.

È necessario osservare le norme, ma con la consapevolezza che sono ancora imprecise ed i dati di riferimento sono aleatori.La verifica della sicurezza delle strutture di legno è un aspetto importante della progettazione con questo materiale e presume conoscenze di base comuni a tutti i materiali strutturali con particolari integrazioni relative appunto al comportamento in opera e nel tempo del legno.Dico subito che la sicurezza strutturale è un requisito essenziale, condizione prima di ogni costruzione, ma non è il fine ultimo. Come dire che la sicurezza è necessaria, ma non sufficiente.In altre parole non ho mai inteso enfatizzare il calcolo, poiché esso, come i grandi Maestri della Scienza delle Costruzioni mi hanno sempre insegnato, è solo un modo per verificare la bontà delle intuizioni.Col calcolo infatti non si progetta, si verifica.Ed oggi Dio sa quanto sarebbe necessario progettare, specie col legno!Ovvio che le verifiche saranno conseguenti e indispensabili. E spesso esse ci obbligano a ritornare anche su decisioni progettuali.Scopo di questa nota dunque non è tanto quello di insegnare come si calcolano le strutture lignee, quanto – partendo dal presupposto che il lettore conosca i metodi di verifica strutturale – quello di evidenziare le peculiari attenzioni che il calcolo del legno presume rispetto ad altri materiali.Il calcolo delle strutture di legno è nel nostro Paese

disciplinato dal D.M. 14 gennaio 2008 (NTC, Norme tecniche per le costruzioni) ed obbligatorio dal primo luglio 2009.Il metodo prescritto per la verifica della sicurezza è quello agli Stati Limite Ultimi (SLU) e d’esercizio (SLE) (1). In altre parole non è più possibile giustificare il dimensionamento strutturale con il metodo delle tensioni ammissibili.Al di là del metodo, l’obiettivo è comunque sempre lo stesso. Si tratta di fare in modo che la resistenza strutturale sia superiore alle azioni e sollecitazioni. Il metodo prescritto, comune a tutta la comunità scientifica internazionale, si imposta su concetti di tipo probabilistico. Correttamente, considerato che le conoscenze delle distribuzioni statistiche, sia delle azioni, sia delle resistenze sono ancora incomplete, si può parlare di impostazione semiprobabilistica.Mentre però i valori caratteristici per le azioni e quindi il calcolo delle sollecitazioni sono comuni per tutte le strutture, indipendentemente dal materiale utilizzato, i valori caratteristici delle resistenze dipendono ovviamente dai materiali.In particolare per il legno massiccio e ricomposto, la scarsità di dati sperimentali, storici ed attuali, per le varie classi di resistenza meccanica inducono a qualche legittima prudenza.La sospensione di giudizio sulla determinazione di valori caratteristici desunti con criteri “a vista”, pur contemplato dalle norme, è per me totale.Non è il caso, ora e in questa sede, polemizzare sul fatto

Dimensionamentodelle strutturein legnodi Franco Laner

1. L’impostazione della verifica della sicurezza agli stati limite ultimi. È necessario verificare, in termini probabilistici, che le resistenze siano maggiori delle sollecitazioni (R>S).

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che i valori caratteristici del materiale si possono ricavare secondo le NTC grazie a risibili classificazioni a vista. Il legno massiccio è affetto da grande dispersione (la dispersione è il rapporto scarto/media) e pertanto i valori caratteristici dovrebbero essere bassissimi. Quando infatti la dispersione supera il 20% non si dovrebbero poter applicare metodi statistici, che valgono solo in caso di popolazioni omogenee. Eppure le NTC consentono di determinare i valori caratteristici addirittura senza prove sperimentali, introducendo il criterio di classificazione visuale, mettendo in correlazione gli attributi degli elementi strutturali (distanza fra gli anelli di accrescimento, deviazione fibratura, distribuzione e dimensione nodi, smussi e quant’altro) con la classe di resistenza da adottare nei calcoli!I valori caratteristici, a cui si applicano i coefficienti parziali g, inverosimilmente, si possono determinare senza ricorrere a prove di laboratorio, numerose e continuative, che il materiale legno e suoi derivati reclamerebbero. Più c’è incertezza, maggiore dovrebbe essere il ricorso a dati sperimentali. Mi piacerebbe solo che qualcuno esibisse dati di prove sperimentali a flessione eseguite nel nostro Paese, su più di sei travi (meno di sei l’informazione statistica è bassissima) di legno lamellare, non dico di larice, ma di normalissimo abete rosso, di dimensioni come da norma, 16x60cm e 10.80m di lunghezza!Quando mi è andata bene ho rotto qualche trave lamellare per questioni legali o contenziosi (2).A quasi due anni di vigenza delle NTC, nessuna ditta di lamellare o legno massiccio ha mandato provini da sottoporre a prova nei laboratori ufficiali!

E senza dati sperimentali si prescrivono classi di resistenza, o pomposamente definite profili caratteristici, su cui applicare sofisticati coefficienti riduttivi?Che vergogna!Al MADE EXPO, edizione 2010, c’è stata una “gara” organizzata da Assolegno fra i responsabili della classificazione delle caratteristiche del legno massiccio, a vista ovviamente. Ha vinto chi più si è avvicinato al dato sperimentale, almeno così ho letto, e nella mia mente ho tradotto, ha vinto chi ha avuto più fortuna, perché, appunto, la classificazione è intesa come un gioco d’azzardo. Peccato che su di esso si giochi la sicurezza strutturale!L’impianto concettuale-scientifico per determinare i valori caratteristici del massiccio è così modesto che qualora ci fosse la volontà di procedere a classificazioni appena più serie, le norme non offrirebbero nemmeno le procedure per darne attuazione. I rimandi infatti a norme o raccomandazioni sono vaghe. La vaghezza d’altra parte è il vero carattere dei capitoli sul legno del DM 14 gennaio 2008 e soprattutto delle istruzioni per la loro applicazione (Circolare ministeriale 2 febbraio 2009, n. 617). Nelle 15 pagine che la Circolare dedica al legno ho contato 14 volte la seguente dicitura ogni qualvolta ci sia incertezza: fare riferimento a normative di comprovata validità!Non viene indicato a quali norme fare riferimento. A rigore ogni norma è di comprovata validità, o forse uno Stato può emanare norme di dubbia validità? Forse in Italia! Infatti per avere dei dubbi basta leggere il capitolo sulle proprietà dei materiali, 11.7.1.1 e le formule correttive (11.7.1) per il massiccio e (11.7.2) per il lamellare per rendersene conto, poiché sono inapplicabili.

2. Prove su travetti di legno lamellare di larice 6x10cm e luce 150cm. Le prove, eseguite su un campione significativo (n>12) hanno dimostrato che la Rk> 50N/mm2 anche se le lamelle, classificate a vista (S10) avrebbero permesso di classificare la fornitura solo GL24, ovvero la metà della classe effettiva. Purtroppo le tabelle UNI richiamate dalle NTC non fanno differenza fra le varie specie legnose.

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Ma, come ho detto all’inizio, bando alle critiche e perplessità. Col buon senso, Eurocodice e Din 1052 alla mano, una certa dose di esperienza e la giusta prudenza, si può procedere a verificare la sicurezza delle strutture di legno!

Il legno. Lo impieghiamo pur conoscendolo poco!Ciò che identifica il legno, rispetto a tutti gli altri materiali, è la sua organicità.Nasce e cresce già come “struttura”, come eccezionale struttura, capace di resistere ad azioni orizzontali e verticali notevoli. Le sue cellule sono organizzate non solo per la crescita e la riproduzione o per difendersi dalle tante offese che riceve da uomini, animali ed ambiente, ma per vincere sollecitazioni di varia natura (3).Val la pena di rileggere, sugli ottimi libri di botanica, i capitoli sulla costituzione dell’albero e sull’organizzazione delle cellule che lo alimentano, lo fanno crescere e resistere. Tutti sanno che l’albero è un laboratorio chimico capace di assorbire, tramite la funzione clorofilliana delle sue foglie, l’anidride carbonica dell’atmosfera, restituire ossigeno e al contempo sintetizzare ciò che assorbe dal terreno tramite l’apparato radicale.Le radici non solo assorbono le sostanze necessarie, ma realizzano l’attacco al suolo del fusto. L’incastro cioè, della trave a sbalzo, sollecitata a presso-flessione, per usare un’immagine che semplifica la struttura albero.La sezione del fusto (4) mette in evidenza alcune fondamentali parti.La corteccia esterna protegge il fusto, così come la pelle, o le piume o le squame, proteggono gli esseri viventi. La corteccia assolve altre importanti funzioni. Nella sua

parte più interna, il floema, scorrono le sostanze nutritive elaborate dalle foglie, dirette alle varie parti dell’albero, radici incluse. Perciò ferite inferte alla corteccia, come scortecciamenti trasversali, o fili di ferro, come un cappio, portano alla morte dell’albero.Dallo scortecciamento si salva la quercia da sughero, che seppur lentamente è in grado di ricostruire la corteccia, per ricoprire le sue carni sanguinolente, contributo dolorosissimo al dio Bacco.Non si metta mai in opera legno con la corteccia, poiché essa è di forte richiamo per gli insetti e mal permette l’uscita dell’acqua di costituzione del legno. Mantenendo l’umidità, favorisce anche lo sviluppo di batteri, che prosperano in presenza d’acqua. Le travi in opera con corteccia sono sempre segno di sciatteria, di trascuratezza e di ignoranza. Oltre al tessuto conduttore di linfa, c’è il tessuto per la funzione meccanica formato da cellule fusiformi o fibre, disposte parallelamente all’asse del fusto ed il tessuto di riserva o parenchimatico, con cellule che nella loro cavità contengono sostanze che servono allo sviluppo dell’albero. Le dimensioni delle cellule – scrive il prof. Giordano –non sono costanti nel tempo, ma vengono influenzate dall’ambiente, dal clima e dall’andamento stagionale. Nei climi temperati il risveglio primaverile della vegetazione richiede che le cellule di nuova formazione abbiano una cavità interna ampia e pareti sottili, mentre col proseguire dei mesi estivi la necessità di un rapido flusso della linfa si attenua: le cavità cellulari si riducono di diametro mentre le pareti cellulari aumentano di spessore. Nella stagione invernale infine, la formazione di nuove cellule si arresta del tutto per riprendere poi alla primavera successiva. In

3. La “struttura” albero è una mensola (trave incastrata al suolo), come un ramo, che è una mensola, incastrata al fusto. Quindi strutture “ad ugual sezione resistente” la cui sezione segue il momento flettente via via crescente verso l’incastro!

4. Nomenclatura delle parti del fusto di una resinosa sezionata.

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definitiva nella sezione trasversale dei fusti (5) si vedrà quindi una successione di anelli a zone differenziate: più scure e più compatte, quelle di formazione autunnale, chiare e porose quelle di formazione primaverile. La netta delimitazione degli anelli autunnali di accrescimento tipica delle zone temperate è invece assente nei legni delle fasce tropicali dove, mancando le basse temperature invernali, la vegetazione non subisce normalmente interruzioni.Nel singolo albero, oltre che fra le varie specie, vi sono dunque differenze nei tessuti che portano a diversità di massa e quindi anche di caratteristiche meccaniche.La sezione del tronco risulta caratterizzata dagli anelli di accrescimento. Ogni anno si aggiunge un anello periferico e pertanto si può conoscere l’età dell’albero. La sequenza degli anelli permette di ricavare molte informazioni sulla vita dell’albero. Abbiamo visto come la distanza fra due anelli sia condizionata da fattori climatici. La siccità rallenta l’accumulo, quindi lo spessore delle cellule, mentre la piovosità l’aumenta. Nella sequenza degli anelli sono quindi congelate le vicende climatiche di una data zona, che consente, con riferimento ad una banca dati, di stabilire il periodo di crescita dell’albero, l’anno del suo abbattimento e quindi la datazione delle travi in opera. La dendrocronologia è la disciplina che studia tali aspetti. Sento spesso enfatizzare l’apporto di tale disciplina, che invece ha forti limiti pratici. Le curve conoscitive sono tali solo per poche specie, per aree ristrette e temporalmente limitate. Si legge spesso però che con la dendrocronologia si sono datati pali di palafitte, resti lignei archeologici, travi medioevali ed altre amenità. L’apporto della dendrocronologia è molto più modesto e limitato.Gli ultimi anelli di accrescimento, costituiscono quella parte periferica del fusto, chiamata alburno.La parte interna, più scura, perché costituita da cellule che non concorrono più ad alcuna funzione vitale, ma si sono lignificate e svolgono azioni prevalentemente statiche, si chiama durame.Ai nostri fini, quelli strutturali, questa differenziazione del tronco è molto importante.Le travi infatti possono essere ricavate dal tronco con segagioni molto differenziate, originando elementi strutturali con caratteristiche fisico-meccaniche assai diverse (6 e 7).

5. Chiara differenziazione fra l’alburno e il durame nella sezione del tronco di larice, specie naturalmente durabile.

6. Assortimenti ricavabili dal tronco. 1. Le assi larghe si ritirano ed imbarcano. 2.e 3. Assi e morali con deformazioni ridotte. 4. Le sezioni quadrate attraversate diagonalmente dagli anelli di crescita si deformano in modo elicoidale.

7. Diverse tipologie di elementi strutturali di legno. Si passa dal semplice tronco scortecciato, all’Uso Trieste e Uso Fiume, trave a quattro fili, fino al legno lamellare.

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In sintesi.Si possono impiegare tronchi semplicemente scortecciati. Questi elementi si chiamano tondoni e antenne. Ovviamente non sono cilindrici, bensì tronco-conici. Hanno il grande pregio della continuità delle fibre e pertanto mantengono tutta l’integrità statica del tronco originario ed anche dal punto di vista della durabilità sono meno vulnerabili perché non ci sono cellule e vasi aperti. Gli alberi delle navi, strutture molto sollecitate, erano appunto ricavati da alberi integri. Solo in epoche recenti gli alberi delle navi vennero composti con particolari tecnologie di unione per limitare lo scorrimento longitudinale.Se da una parte la sezione integra comporta il totale sfruttamento delle caratteristiche fisico-meccaniche, si capiscono però i limiti costruttivi della sezione variabile e circolare. Il tronco può essere debolmente squadrato, sempre seguendo il profilo tronco-conico. Tali travi si chiamano “uso Fiume” e “uso Trieste”.Nell’uso Trieste la sezione longitudinale è tronco conica, quindi c’è una testa, più grossa ed una coda. Nell’uso Fiume la sezione è pressoché parallelepipeda e le sezioni trasversali di area costante. Ovviamente, verso la testa, non ci sono smussi, che invece aumentano verso la cima.L’uso Trieste, poco invasivo nel taglio preparatorio, mantiene caratteristiche meccaniche assai alte e però comporta qualche accorgimento particolare di posa ed impiego. Ad esempio in un solaio con travi uso Trieste, bisognerà alternare una testa, una coda. Tali travi sono impiegate in ambienti rustici, in strutture di deposito e lavoro e per tetti di abitazione non a vista.Stessa cosa per l’uso Fiume, anche se la sua sezione è assai più regolare e si presta a lavori di maggior pregio, per ristrutturazioni e nuovi interventi.Un’altra tipologia di elementi strutturali sono le travi a quattro spigoli. Il tronco per questa tipologia viene tagliato in modo tale da ricavare travi a sezione costante. Tale sezione può essere quadrata, ma più spesso è rettangolareAnzi la sezione rettangolare, che dal 1800 in poi si è imposta sul mercato, è quella che ottimizza il rapporto base/altezza in 0,7. Questo rapporto rende massimo il W (modulo di resistenza = 1/6xbxh2 e quindi minime le tensioni per flessione (s = M/W) a parità di sollecitazione e di area di legno. Questo rapporto di ottimizzazione era già presente nella Cina del 1200 ed in Europa è stato introdotto nel 1700 per merito di Parent col calcolo differenziale (su questo argomento v. Barbisan-Laner, Solai in legno, Angeli, 1994).Gli spigoli possono essere vivi o smussati. Si evitino gli spigoli vivi, non solo perché sono delle vere e proprie lame (si ricordi la forza di penetrazione del cuneo ed io ricordo come durante il sollevamento di una grande trave lamellare lo spigolo vivo tagliò la cinghia di presa), ma anche perché

i lievi smussi sono un segno di cura e rifinitura, specie se le travi sono a vista.Le travi a quattro spigoli possono contenere tutto il durame, ovvero il midollo (travi con cuore), oppure essere ricavate da metà tronco, o da quarti. In questo caso si dicono fuori cuore o con cuore spaccato.Tali ultime sezioni sono in relazione con la fessurazione e la stagionatura. La fessurazione delle travi con cuore è maggiore di quelle fuori cuore, ma in quest’ultime la presenza di deviazione della fibratura è assai pericolosa, proprio perché le fibre sono bruscamente interrotte dalla segagione.Dal punto di vista statico, la sezione con cuore è più equilibrata rispetto a quella dissimetrica delle travi fuori-cuore, ma non è il caso di considerare le poco consistenti differenze meccaniche, che però si sommano a quelle dovute alla diversa distribuzione dei tessuti.Dal tronco si ricavano, ovviamente altri elementi strutturali, tavoloni, tavole, listelli, ecc.. Sulle modalità di taglio, oggi governate da programmi di ottimizzazione computerizzati, influiscono moltissime variabili ed anche se ciò esula dai nostri scopi è un capitolo affascinante, perché ogni tavola, pur ricavata dalla stessa sezione dell’albero, ha proprietà talmente diverse, da essere inconfondibile.Ad esempio le tavole che costituiscono la struttura-rivestimento dei palchi dei nostri mirabili teatri ottocenteschi, sono tavole tagliate radicalmente (8). In questo modo vibrano diversamente e solo così concorrono a realizzare la cassa armonica dei teatri.

8. Disegno acquerellato dei palchi della Fenice di Venezia (G. Meduna 1854). Le assi dei parapetti erano di abete rosso della Valle di Fiemme ottenute da tagli radiali per l’ottimizzazione acustica.

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Ancora, una tavola rigatina è esteticamente preferibile ad una tavola ricavata dalla periferia del tronco. E se un corrimano di un ponte esterno è costituito da una tavola di legno si abbia cura che sia posta come in figura, altrimenti dura poco (9).

Si distinguono nodi vivi e nodi morti. Questi ultimi, se i rami vengono tagliati durante la crescita dell’albero, vengono inglobati dagli anelli di accrescimento del fusto. Lignificano, come avviene per il durame e si contraggono per perdita d’acqua (si stagionano).In generale i nodi negli elementi strutturali vengono considerati difetti, in relazione alla loro numerosità, distribuzione e diametro. Meglio sarebbe considerarli per quel che sono, cioè elementi integranti ed indispensabili all’albero. Niente hanno a vedere con aspetti patologici, ma fanno semplicemente parte della fisiologia del legno, come le fessure da ritiro, gli anelli di accrescimento, il diverso colore dell’alburno e del durame.Il vero tema è imparare a convivere e relazionarsi alle caratteristiche proprie di ogni albero e sfruttarne le potenzialità. Così come nei rapporti interpersonali si ottiene di più e non si creano inutili attriti se si assecondano le attitudini, il carattere e le caratteristiche intellettuali, ma anche fisiche, degli interlocutori o collaboratori: se uno è alto due metri è meglio che giochi a pallacanestro, ma se è di un metro e mezzo è più adatto a fare il fantino. Perciò, per un fantino, essere alto due metri, è considerato un difetto!Insomma l’approccio al legno, come materiale strutturale, specie da parte di chi ha pratica con l’acciaio, cemento armato o laterizio, presume un cambiamento di mentalità. Si può invece conservare la stessa mentalità nell’approccio col legno lamellare, poiché esso assomiglia di più ai materiali inorganici sopra citati, specie dal punto di vista delle caratteristiche meccaniche, definibili, attendibili e certificabili. Il legno appartiene alla tecnologia, il legno lamellare alla scienza delle costruzioni.

Ah, se chi ha posto il corrimano del rifatto ponte dell’Accademia a Venezia avesse seguito questa semplice regola, non si sarebbe detto che il legno d’oggi marcisce più in fretta di quello di una volta!Solo una tavola, quella centrale, si deforma regolarmente, mentre più ci si allontana dal midollo le deformazioni, durante la stagionatura, saranno differenziate.E così, ogni volta che dovrò mettere una tavoletta di sacrificio, dovrò stare attento e fare in modo da lasciare meno vasi aperti possibile alla pioggia ed ai raggi ultravioletti.Si apre dunque un mondo che ci deve almeno far riflettere come il rapporto con il legno sia assai meno banale di quanto la familiarità con questo materiale, che ci accompagna dalla culla alla bara, possa far supporre.Al tronco si attaccano i rami, che si possono considerare come elemento strutturale incastrato al tronco. La loro sezione aumenta in prossimità dell’attacco, con un mirabile profilo di trave ad “ugual sezione resistente”.Il punto di attacco, che in ogni struttura incastrata, è punto di grande vulnerabilità, è qui risolto dalla natura in modo mirabile. Credo che si dovrebbe approfondire questo nodo per ricavare utili suggerimenti pratici e di innovazione tecnologica.Quando la trave viene squadrata, il taglio altera la conformazione del nodo, tagliando le fibre e lasciandole aperte con forte inclinazione. In questi punti facilmente si può concentrare l’energia e scatenare il meccanismo di frattura, specie se le fibre inclinate attorno al nodo sono sollecitate a trazione.E’ questa la ragione per cui i nodi sono da collocare preferibilmente in zona compressa.

9. Le fessure da ritiro partono dal midollo e si sviluppano a V verso la periferia. Perciò è regola per superfici esposte all’acqua, come i corrimano, posizionare il midollo verso l’esterno. Altrimenti l’acqua entra nella fessura e comincia il fenomeno del marcimento.

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Le caratteristiche fisico-meccanicheCome si presta male il legno alla nostra voglia di regimarlo ed incasellarlo nelle rigide caratteristiche delle classi di resistenza!

Dal punto di vista strutturale, se dovessi rispondere ad una domanda della serie “quale fra tutte le caratteristiche meccaniche del legno che si intende impiegare o consolidare interessa particolarmente conoscere?” non avrei dubbi nel rispondere il modulo di elasticità (E). Fra quelle fisiche la massa volumica (g).E le tensioni normali o tangenziali di rottura alle varie sollecitazioni? E i parametri statistici di dispersione (scarto quadratico, media...)? A parte che tutte le caratteristiche sono fra loro correlate, per cui ad un basso modulo E non corrisponderanno mai alte caratteristiche di resistenza, il grande tema del dimensionamento strutturale col legno è il contenimento delle deformazioni.Una struttura di legno, sufficientemente rigida, è una struttura sicura. Al contrario, le deformazioni sono indice di sofferenza strutturale.I criteri di calcolo e di valutazione della sicurezza oggi adottati per il dimensionamento strutturale coi vari materiali, sono estesi anche al legno massiccio.Mi auguro che in un prossimo futuro si capirà quanto sia acritica tale estensione - validissima peraltro per il legno lamellare - per il semplice fatto che il coefficiente di dispersione del legno massiccio è così alto da non consentire precisi riferimenti.Può darsi che se si riusciranno ad introdurre criteri di selezione e classificazione pratici e rigorosi, che ridurranno drasticamente l’aleatorietà delle variabili in gioco, anche il legno massiccio potrà rientrare negli schemi di calcolo attualmente adottati. Purtroppo, se la classificazione del legno strutturale continuerà ad essere del tipo a vista o impostata “per attributi” (= elenco dei “difetti”) temo che più che al calcolo sarà bene affidarsi alla tecnologia. In altre parole preferisco una struttura di legno ben eseguita ad una ben calcolata!Di conseguenza l’azione riabilitativa delle strutture di legno non può essere guidata solo dai calcoli che giocoforza devono aver parametri tensionali precisi ed attendibili, quanto piuttosto dalla tecnologia esecutiva, dalla concezione strutturale, dalla confezione dei particolari di unione, giunzione ed interfaccia con altri materiali.Il tema della sicurezza è – assieme a quello della durabilità – cruciale per ogni struttura ed in particolare per quelle di legno. L’impostazione filosofica e scientifica – epistemologica – di tali argomenti ha oggi un approccio probabilistico e gli strumenti sono di tipo statistico. Specie per un materiale come il legno massiccio l’impostazione deterministica è devastante e pericolosa, ma proprio per questo materiale, così aleatorio, mancano

dati statisticamente significativi. Mancano ricerche e soprattutto menti. Piccolo feudo in mano a modesti operatori che difendono rendite parassitarie originate dall’uso di falegnameria del legno, incapaci di uscire da tabulazioni anacronistiche ed assurde, ma ritenute valide e preziose, solo perché non ci sono nuovi dati da esibire e non ne esistono altre.Ancorché ritenute sbagliate, capiti anche gli errori, le si ripropongono, proprio per mancanza di alternativa (10).Le alternative, ovviamente, non possono che essere date dalla ricerca. La ricerca va finanziata. Ma perché finanziare una ricerca sul legno massiccio, ritenuto materiale superato, rispetto a tutte le possibili riproposizioni dei ricomposti, a cominciare dal lamellare, con caratteristiche note, costanti e certificabili?Dietro al massiccio non c’è nessuna forza industriale. L’artigiano, il carpentiere, la piccola azienda che fa tetti e solai, non ha la forza economica (e tantomeno la voglia) di investire in ricerca e pertanto resteranno le vecchie e sbagliate tabelle con le quali i progettisti dimensioneranno (spero sovradimensioneranno) le strutture, che quasi sempre, proprio perché sovradimensionate, saranno più rigide, più resistenti al fuoco, più durevoli, a volte anche più belle ed armoniose.Oltretutto si venderà anche più legno.Basterebbe un unico atto, di onestà intellettuale, a dichiarare a chiare lettere che le strutture di legno massiccio appartengono alla pratica costruttiva, alla tecnologia, alla regola dell’arte e togliere quel falso paludamento che vorrebbe assegnare il grande pastrocchio del legno massiccio strutturale alla “scienza delle costruzioni” o ai riferimenti “certi” delle tabulazioni o a sofisticati calcoli.Ma fintanto che si spaccia l’incerto per il dato di riferimento, anche normativo, ci sarà disagio proprio fra i più attenti progettisti, che prenderanno sempre più le distanze dalle strutture di legno. I bravi ingegneri e calcolatori, mentre volentieri dimensionano le strutture di lamellare, delegano al altri le strutture di legno massiccio.Se, riprendendo il discorso sopra accennato, le tabelle UNI EN 338 a cui la normativa fa riferimento fossero attendibili, conoscendo il modulo E, o la massa volumica, caratteristiche abbastanza facili da saggiare, potrei individuare la classe di resistenza e di conseguenza operare e calcolare. Di fatto, le correlazioni fra le caratteristiche sono ben diverse e lontane dai dati tabulati. Per di più i dati di riferimento e disponibili si riferiscono a legno netto, cioè senza difetti o anomalie strutturali ed ad umidità normale (12%). Pertanto, specie per i legni già in opera, non è facile stabilire come penalizzare quei dati, già in sé poco credibili.Ad esempio, la deviazione della fibratura comporta un

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decremento della resistenza in relazione all’angolo di inclinazione. Il prof. Giordano ha spesso quantificato tale diminuzione, ma i risultati sperimentali da me ottenuti in una campagna di prove su legni con diversa inclinazione di fibratura hanno portato a risultati sorprendenti. Non c’è infatti sensibile decremento di resistenza, anche per forti deviazioni, se l’elemento strutturale è con cuore (trave ricavata dall’intero tronco), viceversa sono pericolose le travi fuori cuore, proprio perché la segagione ha interrotto la continuità della fibratura.In questo caso il deprezzamento meccanico è ovviamente in funzione dell’angolo di deviazione e proprio nella discontinuità si concentra l’energia di frattura che porta l’elemento ad istantanea rottura.Da quanto fin qui brevemente accennato, si capisce come

la tabulazione delle caratteristiche fisico-meccaniche del legno sia impresa ardua. Non solo perché il legno è materiale anisotropo per eccellenza, variando le sue caratteristiche lungo l’asse longitudinale, radiale e tangenziale, ma anche perché nel singolo albero vi sono differenze nei tessuti costitutivi che portano eterogeneità di massa e di resistenza da un punto all’altro. Alberi della stessa specie legnosa hanno caratteristiche diverse per effetto del clima, dell’ambiente, del terreno e dell’esposizione. Ed abissali sono le differenze fra le varie specie, fra le conifere e le latifoglie. Il materiale legno copre dunque un universo di possibilità e una gamma estesa di caratteristiche con le quali ci si può confrontare non solo se ne viene identificata la specie, la provenienza, la qualità, ma soprattutto se si adotta una mentalità di tipo probabilistico, che induce

LEGNAME DI CONIFERE E DI PIOPPO LEGNAME DI LATIFOGLIE

C14 C16 C18 C22 C24 C27 C30 C35 C40 D30 D35 D40 D50 D60 D70

Proprietà di resistenza

in N/mm2

Flessione fm, k 14 16 18 22 24 27 30 35 40 30 35 40 50 60 70

Trazione parallela ft, 0, k 8 10 11 13 14 16 18 21 24 18 21 24 30 36 42

Trazione perpendicolare

ft, 90, k 0,3 0,3 0,3 0,3 0,4 0,4 0,4 0,4 0,4 0,6 0,6 0,6 0,6 0,7 0,9

Compressione parallela

fc, 0, k 16 17 18 20 21 22 23 25 26 23 25 26 29 32 34

Compress. perpendicol.

fc, 90, k 4,3 4,6 4,8 5,1 5,3 5,6 5,7 6,0 6,3 8,0 8,4 8,8 9,7 10,5 13,5

Taglio fv, k 1,7 1,8 2,0 2,4 2,5 2,8 3,0 3,4 3,8 3,0 3,4 3,8 4,6 5,3 6,0

Proprietà di rigidezza

in kN/mm2

Modulo elastico medio parallelo

E0, mean 7 8 9 10 11 12 12 13 14 10 10 11 14 17 20

Modulo elastico 5° percentile parallelo

E0, 05 4,7 5,4 6,0 6,7 7,4 8,0 8,0 8,7 9,4 8,0 8,7 9,4 11,8 14,3 16,8

Modulo elastico medio perpendicolare

E90, mean 0,23 0,27 0,30 0,33 0,37 0,40 0,40 0,43 0,47 0,64 0,69 0,75 0,93 1,13 1,33

Modulo tangenziale medio

Gmean 0,44 0,50 0,56 0,63 0,69 0,75 0,75 0,81 0,88 0,60 0,65 0,70 0,88 1,06 1,25

Massa volumica in kg/m3

Massa volumica 5° perc.

qk 290 310 320 340 350 370 380 400 420 530 560 590 650 700 900

Massa volumica media

qmean 350 370 380 410 420 450 460 480 500 640 670 700 780 840 1080

10. Tabella dei profili caratteristici del legno di conifera e latifoglia. Deve essere assunta come riferimento per i calcoli, anche se ci sono incongruenze, specie per mancanza di riscontri sperimentali. È stata costruita in base a correlazioni fra caratteristiche fisiche (es. peso) e caratteristiche meccaniche. Consiglio prudenza, specie nell’uso dei dati delle classi più alte.

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all’umiltà scientifica, senza la presunzione di poter infilare le caratteristiche del legno nelle strette caselle del determinismo.Le caratteristiche meccaniche devono dunque essere solo un utile parametro di giudizio e quantificazione della sicurezza, ma lo strutturista dovrà mettere in atto capacità tecnologico-costruttive di determinante complementarietà.Mi sento di proporre, anche se non collima con quelle di norma, una considerazione che uso nella pratica costruttiva e che mi è di forte utilità: nelle strutture ordinarie, solai e tetti, verificato il contenimento delle deformazioni (SLE), le tensioni normali e tangenziale risultano sempre assai modeste. Il maggior beneficio comunque si ottiene, dal punto di vista della sicurezza, quando la fornitura ha carattere di omogeneità: non servono alte prestazioni, bensì costanza ed omogeneità (11 e 12). Ovvero, con termine specifico, basso coefficiente di dispersione (rapporto fra scarto quadratico e resistenza media), che viene garantito solo da impegnativi e continuativi controlli di qualità

con ricorso a prove meccaniche, attualmente effettuati da pochi e qualificati fornitori.Nel caso di restauro, siamo però sempre di fronte a grandi dispersioni delle prestazioni meccaniche, che penalizzano i dati di riferimento, come la resistenza caratteristica. Questa è un’altra ragione che deve indurre il progettista ad intraprendere strade complementari per la riabilitazione strutturale. Accanto alle tradizionali, ma insufficienti verifiche di calcolo, è necessario il controllo tecnologico ed esecutivo. Per estremizzare e concludere queste considerazioni, che inducono a non fidarsi del solo calcolo, porto il solito esempio di travi messe in opera già rotte durante il taglio dell’albero. È possibile infatti che l’albero abbia subito forti traumi nella caduta, come documentato dal prof. Guglielmo Giordano, ma che non si siano rivelati nella preparazione degli elementi strutturali (13). Solo in opera si possono drammaticamente evidenziare. Si capisce dunque come il coefficiente di sicurezza di queste travi sia del tutto virtuale e le “certezze” del calcolo siano di fatto azzerate!

abete rosso massiccio

Rk= 16,6 N/mm2

Rk= 27,1 N/mm2

Rk= 30,8 N/mm2

Rm= 32,2 N/mm2

Rm= 34 N/mm2

Rm= 34,8 N/mm2

legno lamellare di abete

legno lamellare fibrorinforzato

In senso orario11. Si osservino le tre gaussiane. Mentre la media della resistenza a trazione per flessione è pressoché uguale per le tre tipologie, la Rk del fibrorinforzato è doppia. Si intuisce che il parametro su cui agire è il contenimento dello scarto, ovvero della dispersione 12. Schematica relazione fra coefficiente di sicurezza e dispersione. Qualora la dispersione superi il 20% -è il caso del legno massiccio- si vede che il coefficiente di sicurezza diventa molto grande e di difficile quantificazione13. Vari modi di rompersi del tronco durante l’abbattimento. La rottura si richiude ed il segato può essere messo in opera già rotto! Questo per sottolineare la pericolosità dei controlli visuali

coefficiente di dispersione

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

5% 10% 15% 20% 25%

d

g

coef

ficie

nte

di s

icur

ezza

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AMBIENTE E TERRITORIO

Il paesaggioRecente evoluzionenormativa e culturaledi Gianluca ScacchiGeometra, libero professionista

Il lago di Como

Il paesaggio, nella sua accezione di ambito territoriale tutelato, ha, nella pratica quotidiana del tecnico libero professionista, importanti ricadute. L’operatività nei contesti paesaggisticamente significativi, la cui estensione è, oggigiorno, crescente in tutte le regioni italiane, richiede una particolare attenzione e impone il rispetto di una prassi tecnico-amministrativa assai delicata.Non di meno, è importante per il tecnico, anche in quanto cittadino, l’esatta comprensione dell’evoluzione concettuale che il tema “paesaggio” ha subito nel tempo. La rilevanza dell’argomento, che travalica l’ambito strettamente normativo, ci sollecita, senz’altro, una riflessione di ordine culturale. Solo un approccio ampio all’argomento può, al di là del dovuto rispetto delle disposizioni di legge, consentirci di operare con la dovuta accortezza e sensibilità in ambiti territoriali così importanti, come vedremo, per l’intera collettività.Questo articolo è, nelle intenzioni, un piccolo stimolo all’approccio, in forma meditata e ampia, al tema del paesaggio e delle sue modificazioni per cause antropiche.

L’evoluzione normativa italiana in materia di paesaggioL’Italia, Paese d’arte, di giuristi e di filosofi, sin dagli anni ‘30 del secolo scorso, si dotò di una avanzata norma specifica in materia di “bellezze naturali”: la legge 29 giugno 1939, n.1497. Complici un approccio “estetico”, nell’accezione filosofica del termine, e le indubbie valenze del “Bel Paese”,

la normativa fu orientata alla tutela di rilevanti episodi del territorio, quali ville, giardini, parchi ed insiemi di edifici aventi valore estetico o tradizionale; tale attenzione venne estesa anche a “bellezze panoramiche” quali punti di vista o belvedere.Tutti beni che, per “bellezza naturale o singolarità geologica”, esorbitavano dai normali paesaggi e, in modo netto, apparivano come elementi senz’altro meritevoli di tutela. Sin dal 1939, quindi, il legislatore sottolineò il “notevole interesse pubblico” dei beni paesaggistici, fondando la concezione giuridica del paesaggio come bene dell’intera collettività.Elemento, quindi, la cui ampia fruizione, o quantomeno percezione, doveva, e tuttora deve, essere garantita per legge. A tale proposito, è qui utile ricordare che il paesaggio è un elemento di grande rilevanza che in economia viene efficacemente classificato tra i “beni pubblici puri”, quindi, tra quei beni di rilevanza generale, detti anche a “consumo” collettivo.Dal 1939, nel corso dei decenni, gli immobili vincolati sono costantemente aumentati, ciò a causa dell’assoggettamento a tutela di ulteriori beni singoli o di nuove parti di territorio. Nel recente Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), tali rilevanti entità, continuano ad essere definiti “beni paesaggistici” e la loro tutela viene confermata. In particolare, nell’articolo 136 del decreto, sono qualificati come “immobili ed aree di notevole interesse pubblico” e sono, nella prassi corrente,

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suddivisi in bellezze individue, quando trattasi di episodi puntuali, ed in bellezze d’insieme se riguardanti ambiti territoriali più ampi.Il Codice, inoltre, recepisce l’altro preesistente grande gruppo di beni paesaggistici: le aree tutelate dalla Legge 431/1985, nota come “Galasso”. Con questa norma vennero formalmente assoggettate a tutela paesaggistica parti del territorio identificate con criteri geografici, ambientali o storici. Divennero formalmente tutelati, in un sol momento con l’entrata in vigore della norma, i seguenti ambiti: i territori costieri per una fascia di 300 metri, i territori contermini ai laghi per una fascia di 300 metri, i fiumi, i torrenti, i corsi d’acqua e le relative sponde per una fascia di 150 metri ciascuna, le montagne per la parte eccedente 1.600 metri per la catena alpina e 1.200 metri per la catena appenninica e per le isole, i ghiacciai e i circhi glaciali, i parchi e le riserve nazionali o regionali, i territori coperti da foreste e da boschi, le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici, le zone umide, i vulcani e, infine, le zone di interesse archeologico. Oggigiorno, quindi, la normativa, riordinata nel recente Codice, assoggetta a formale tutela paesaggistica quei beni che per specifico provvedimento derivante dall’originaria Legge 1497/1939 o per classificazione “generale” discendente dalla Legge 431/1985, rientrano in una delle categorie sopra richiamate. Sin qui il Codice, al di là dell’opportuno riordino della normativa, non prospetta particolare novità. Il d.lgs 42/2004 però, include altre indicazioni e prescrizioni che, nell’insieme, aggiornano e attualizzano l’approccio normativo in materia di paesaggio. Per meglio cogliere queste rilevanti novità occorre fare un piccolo passo indietro, tornare all’anno 2000, alla Convenzione Europea del Paesaggio.

La Convenzione Europea del Paesaggio, una “svolta copernicana” La Convenzione Europea del Paesaggio (C.E.P.) venne promossa dal Consiglio d’Europa, organismo istituito nel 1946 che, oggigiorno, associa quaranta Stati europei. La Convenzione, adottata a Firenze nell’ottobre 2000, promuove la tutela, gestione e pianificazione dei paesaggi europei e organizza la cooperazione europea in materia di paesaggio. Questo trattato internazionale ha introdotto una visione nuova ed estesa del paesaggio, superando le, pur meritorie, precedenti impostazioni.Gli estensori della Convenzione vollero la seguente definizione: paesaggio”, designa una determinata parte del territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e delle loro interrelazioni.La portata di tale approccio è immediatamente evidente:

si introducono concetti innovativi e potenzialmente “rivoluzionari” quali la percezione del territorio da parte delle popolazioni insediate ed il valore della sedimentazione storico-culturale delle azioni antropiche sul territorio stesso. Con la C.E.P., ratificata dal nostro Parlamento con la Legge 9 gennaio 2006, n.14, si compie, quantomeno dal punto di vista concettuale, una sorta di “rivoluzione copernicana”: il paesaggio, e le politiche di tutela correlate, possono ora avvalersi di una definizione univoca e di una linea d’azione ben tracciata. Si varca, in tal modo, lo stretto recinto dei “beni paesaggistici” tradizionali.L’alba del terzo millennio porta quindi una ventata di novità in materia di paesaggio, innovazioni che, per molti studiosi, rappresentano una vera rivoluzione.

Dalla conservazione al governo del paesaggioLa Convenzione Europea del Paesaggio completa il quadro delineato con la richiamata definizione di paesaggio prevedendo un insieme di obiettivi che, all’articolo 3 della norma, prevedono testualmente: “la presente Convenzione si prefigge lo scopo di promuovere la salvaguardia, la gestione e la pianificazione dei paesaggi e di organizzare la cooperazione europea in questo campo”.Per inquadrare correttamente il tema è importante riprendere anche l’articolo 1 della C.E.P., quello riservato alle definizioni, che, oltre a quella fondamentale sopra riportata, elenca le seguenti, non meno rilevanti: - “Politica del paesaggio” designa la formulazione, da

parte delle autorità pubbliche competenti, dei principi generali, delle strategie e degli orientamenti che consentano l’adozione di misure specifiche finalizzate a salvaguardare gestire e pianificare il paesaggio.

- “Obiettivo di qualità paesaggistica” designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita.

- “Salvaguardia dei paesaggi” indica le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d’intervento umano.

- “Gestione dei paesaggi” indica le azioni volte, in una prospettiva di sviluppo sostenibile, a garantire il governo del paesaggio al fine di orientare e di armonizzare le sue trasformazioni provocate dai processi di sviluppo sociali, economici ed ambientali.

- “Pianificazione dei paesaggi” indica le azioni fortemente lungimiranti, volte alla valorizzazione, al ripristino o alla creazione di paesaggi.

Per chi è avvezzo ai nuovi linguaggi della pianificazione

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Como, vista dal lago

territoriale è forte la tentazione di riassumere i suddetti obiettivi di qualità, salvaguardia, gestione e qualificazione nella più efficace, ed inclusiva, definizione di “governo”: in questo caso “governo del paesaggio”.E’ questo un importante passo per il superamento dell’annosa, e non di rado negativa, divaricazione tra le politiche urbanistiche da un lato e le azioni di tutela paesaggistica dall’altro.

Il concetto di paesaggio nel Codice Se torniamo al “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, possiamo constatare che, in linea con la citata evoluzione, l’art.131 ci propone la seguente definizione “ai fini del presente codice per paesaggio si intende una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni”. Risulta tralasciato, rispetto alla Convenzione, il richiamo alla percezione del paesaggio, soggettiva o collettiva, ma viene ripresa e ribadita l’influenza dell’uomo (la “storia umana”) sul territorio. Anche con il Codice si abbandona la concezione, oggigiorno ristretta e giocoforza superata, del paesaggio come bene tutelato in virtù unicamente della sua bellezza eccezionale o della particolare ubicazione geografica (ambiti “Galasso”). Tale originaria impostazione, fondamentale per la formazione di una conoscenza e di una coscienza vieppiù solide, si rivela, nel ventunesimo secolo, insufficiente in quanto sostanzialmente statica. La tutela del paesaggio, che trovò origine in Italia nella lungimirante normativa degli anni ‘30 del secolo passato, per decenni ha rappresentato un ambito a sé stante,

discosto e, non di rado, orgogliosamente separato dalla altre vicende territoriali. La mera “tutela” dei beni paesaggistici, ancorché fondamentale, non soddisfa più, le diverse istanze, di ordine ecologico, ambientale e culturale che il tema del paesaggio inevitabilmente sottende. Alla tutela del paesaggio in senso stretto, originario fine delle richiamate normative “fondamentali”, si affiancano i concetti di valorizzazione e, importantissimi, di recupero e di “ricostruzione” del paesaggio.Questa recente evoluzione normativa offre piena legittimazione a concetti quali il paesaggio “quotidiano”, oppure “degradato”, o, ancora, “da ricostruire”, principi proposti dalla Convenzione Europea del Paesaggio ed accolti nel Codice.

Il paesaggio percepito: la “popolazione” protagonistaL’ambizione di coinvolgere la popolazione nelle politiche di valorizzazione del paesaggio, rendendola protagonista sin dalla fase di riconoscimento degli elementi di valenza identitaria che connotano il territorio, seppur impegnativa, può divenire un’esaltante sfida per gli amministratori locali e per i pianificatori più sensibili.Questa impostazione, benché ambiziosa, poggia su due solidi presupposti. Innanzitutto si riconosce ai soggetti che lo abitano il diritto di identificare quegli elementi del territorio che meglio rappresentano, e raccontano, i “fattori naturali e/o umani e le loro interrelazioni” che, nei secoli, hanno

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Gianluca Scacchi

Nato a Ronago (CO), il 19/10/1963, consegue il Diploma di Geometra presso l’Istituto statale per geometri Sant’Elia di Cantù nell’anno scolastico 1982/83 e il Diploma di abilitazione all’esercizio della libera professione di Geometra nell’anno 1993, presso l’Istituto statale per geometri Bovara di Lecco.Nel 1992 si laurea in Lettere moderne presso l’Università Statale di Milano con tesi in geografia umana. Attualmente è in corso l’acquisizione della Laurea Magistrale in Scienze geografiche denominata “Culture e comunicazione dell’ambiente e del paesaggio”, presso l’Università degli Studi di Milano.E’ iscritto dal 2004 al Collegio provinciale dei Geometri di Como (iscrizione n. 2639). Dal settembre 1984 al febbraio 2004 è impiegato come tecnico di ruolo nella pubblica Amministrazione eseguendo svariate progettazioni e direzioni lavori di interventi riguardanti scuole, edifici pubblici comunali (municipio, centro sociale, centro sportivo), istituti per anziani, cimiteri, strade e reti tecnologiche.Per numerose opere ha svolto il ruolo di responsabile del procedimento (R.U.P.) e, spesso, di presidente di gara d’appalto e/o committente.Dal gennaio 2005 svolge l’attività libero professionale continuando ad operare come professionista nell’ambito della progettazione e direzione lavori di opere pubbliche.

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connotato in modo peculiare il paesaggio. Inoltre, non meno importante, si coinvolge la società civile, ora protagonista, in quel processo di governo, ossia salvaguardia, gestione e pianificazione, che può assicurare una efficace politica paesaggistica.Le Sopraintendenze non sono più le sole entità deputate a decidere della rilevanza dei beni territoriali da assoggettare a tutela. Anche le istanze e le sensibilità che maturano a livello locale possono, e devono, contribuire, alla luce della Convenzione Europea del Paesaggio e del Codice dei beni culturali e del paesaggio, alla implementazione, ed al controllo, delle politiche di valorizzazione del paesaggio dei singoli territori.In questo quadro la dimensione locale diviene imprescindibile.

Il ruolo delle RegioniIl Codice dei beni culturali e del paesaggio, riconosce alle regioni un ruolo importante, innovando significativamente la precedente normativa. L’articolo 135 (Pianificazione paesaggistica) dispone quanto segue: 1. Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: “piani

paesaggistici”. L’elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143. Alle regioni vengono assegnate ampie funzioni negli ambiti della conoscenza, della salvaguardia, della conservazione e della riqualificazione del paesaggio “diffuso”, al di là delle aree vincolate per legge. Sono chiari, ancorché non sempre esplicitati, i richiami ai princìpi della Convenzione europea del paesaggio. Tali funzioni possono trovare concreta ed utile attuazione nella più ampia disciplina del governo del territorio, delegata alle regioni stesse con la modifica costituzionale attuata nel 2001.In sostanza passano dallo Stato alle autonomie locali, partendo dalla regioni, importanti fasi delle politiche paesaggistiche. In tal modo si attua, sebbene parzialmente, quell’auspicabile decentramento decisionale che porta ad un primo “avvicinamento” dei luoghi delle decisioni all’oggetto di dette scelte: il territorio, inteso anche come paesaggio. Considerato tale rilevante ruolo dell’autorità regionale si approfondirà, con un successivo articolo, l’effettivo recepimento dei nuovi concetti in materia di paesaggio nel recente Piano paesaggistico della Regione Lombardia.

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COSTRUZIONI

Verifica del procedimentodi realizzazionedell’opera pubblica: guida veloceper l’esecuzioneed il controllo di tutti gli adempimentidi Mauro Cappello

GEOCENTRO/magazine pubblica, di Mauro Cappello, Ingegnere e Ispettore Verificatore del Ministero dello Sviluppo Economico, la quinta delle sei lezioni del corso “Normativa e procedure alla base della realizzazione delle opere pubbliche” tenute nella Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “La Sapienza”. La versione video della lezione è visionabile gratuitamente sul sito www.filotecna.it, sezione “e-learning”.

Le liste di controllo negli appalti pubbliciLa procedura di realizzazione dell’opera pubblica descritta nel corso delle precedenti lezioni, si compone di una lunga serie di adempimenti che il Responsabile Unico del Procedimento deve attuare e controllare, tali adempimenti interessano tutte le principali macrofasi del procedimento descritte nelle precedenti lezioni ovvero: - programmazione; - progettazione; - aggiudicazione; - esecuzione; - collaudo; - manutenzione

Può essere di grande utilità, per i tecnici investiti del ruolo di Responsabile Unico del Procedimento, disporre di una lista di controllo che consenta, sia in corso d’opera sia ex post, rispettivamente di monitorare l’avanzamento della procedura e verificare che tutte le disposizioni dettate dalla normativa siano state rispettate.L’uso delle liste di controllo è inoltre il principale metodo impiegato dai maggiori organismi di controllo e sorveglianza nel settore degli appalti pubblici, per esempio l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture (brevemente indicata con l’acronimo AVCP) oppure l’Unità di Verifica degli investimenti pubblici operante in seno al Ministero dello Sviluppo Economico (UVER) per eseguire i propri controlli. Diversi anni di esperienza nel campo delle verifiche su opere pubbliche hanno permesso di constatare che le verifiche condotte tramite l’impiego di liste di controllo, presso numerose Pubbliche Amministrazioni individuate come soggetti attuatori di investimenti pubblici (opere – lavori – infrastrutture) hanno consentito di far emergere “lacune” amministrative ed hanno favorito un generale processo di riordino negli atti degli uffici sottoposti a verifica.Le precedenti considerazioni portano quindi a ritenere che l’esposizione di una lista di controllo dedicata alla procedura appalti di lavori, possa essere molto utile anche a tutti i tecnici che intendono approfondire lo studio delle normative sugli appalti.

Modalità di utilizzo della lista di controlloLa lista di controllo è uno strumento che può essere utilizzato sia nella fase di impostazione delle procedure di appalto, nel qual caso consente di “modellare” la procedura senza correre il pericolo di omettere o dimenticare alcun adempimento, sia nella fase di esecuzione dello stesso, consentendo così di avere sempre un aggiornato stato del procedimento.La lista di controllo presentata nel presente articolo si compone di quindici punti che mirano a dare una fotografia complessiva del procedimento.La lista comincia con l’illustrazione dell’opera/lavoro/infrastruttura oggetto dell’appalto (punto I), tale descrizione deve essere il più possibile precisa e sintetica e deve consentire di individuare con precisione l’oggetto dell’appalto, deve indicare se è presente una divisione in lotti oltre alle principali caratteristiche tecnologiche e strutturali.

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Requisito fondamentale per l’esecuzione di qualunque procedura di esecuzione lavori o acquisizione di beni e servizi è l’istituto della “determina a contrarre”. Si tratta di un atto, generalmente avente forma di decreto, determina o deliberazione, all’interno del quale l’Amministrazione dichiara la propria intenzione di ricorrere ad un operatore economico per eseguire un lavoro o acquisire un bene o servizio.L’atto in questione deve essere sempre presente e la sua assenza determina l’illegittimità della successiva procedura di selezione dell’operatore economico, pertanto si tratta di un dato che deve essere registrato nella lista di controllo (punto II).Il punto III° della lista di controllo è invece dedicato alla lista delle autorizzazioni che debbono preventivamente essere acquisite dall’Amministrazione prima dell’esecuzione delle opere o lavori. La lista di controllo contempla per ogni tipologia di autorizzazione una domanda circa l’effettiva necessità dell’atto (non tutte le autorizzazioni riportate nella lista di controllo sono necessarie) ed in caso affermativo una domanda circa la presenza dell’atto, richiedendo inoltre di registrarne gli estremi.Una verifica particolare riguarda la necessità di nominare alcune tipologie di figure professionali e la loro effettiva presenza nell’appalto. La nomina delle figure professionali costituisce un passaggio delicato e da verificare con particolare attenzione, si pensi come esempio che alcune tipologie di appalto (su progetto preliminare o su progetto definitivo) richiedono la nomina della commissione di collaudo all’atto della consegna dei lavori. Le successive parti della lista di controllo riguardano la tipologia di lavori (complessità tecnica o particolare rilevanza economica) e la tipologia di appalto da adottare (se si usa la lista di controllo in fase ex ante) o adottato (qualora la lista venga utilizzata in fase ex post).La programmazione delle opere pubbliche è oggetto di

una specifica sezione della lista di controllo come anche la progettazione, suddivisa nelle tre tipologie: preliminare – definitiva – esecutiva.Va ricordato che non sempre è necessario procedere alla redazione dei tre livelli progettuali, esiste infatti la possibilità per il Responsabile Unico del Procedimento di ridurre od integrare la documentazione progettuale con riferimento alle particolari caratteristiche delle opere da eseguire.In caso di lavorazioni particolarmente semplici, per le quali il Responsabile Unico del Procedimento decida di elidere uno o più livelli progettuali, tale circostanza deve essere dichiarata nel documento preliminare alla progettazione oppure in un apposito documento.Per i vari livelli progettuali la lista di controllo prevede una serie di domande volte a verificare che gli elaborati progettuali siano stati verificati ed approvati dall’Amministrazione, richiedendo al tecnico anche di riportare gli estremi dei relativi provvedimenti.La fase dell’aggiudicazione è verificata tramite una lunga serie di domande che riguardano la tipologia della procedura (aperta, ristretta, ecc), gli aspetti relativi all’approvazione ed alla pubblicazione del bando, i tempi di ricezione delle offerte, la commissione di gara, ecc.La parte relativa alla compilazione del quadro economico consente ai tecnici di avere la fotografia globale dell’intervento in termini economici, ovvero riepiloga tutte le voci di spesa afferenti all’appalto, dai lavori alle spese per pubblicità, dalle spese di natura tecnica ovvero progettazioni – incentivi al responsabile Unico del Procedimento a quelle relative a rilievi, accertamenti, indagini.Il quadro economico da riportare deve essere quello aggiornato, ovvero quello derivante dagli esiti di gara o di varianti eventualmente intervenute.Chiudono la lista di controllo una serie di domande inerenti alla fase dell’esecuzione e del successivo collaudo.

I. Descrizione sintetica dell’intervento realizzato(Inserire una breve descrizione delle opere da realizzare nel presente appalto – una possibile fonte potrebbe essere la stessa relazione tecnica di progetto oppure il documento preliminare alla progettazione)

II. La Determina a contrarre

Domanda di verifica

9 E’ presente un atto dell’Azienda che autorizza a contrarre l’esecuzione delle lavorazioni oggetto dell’appalto

10 Estremi della Determina a contrarre:

11 N. - Data

12 N. - Data

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ANNO III | n. 17 | SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

III. Autorizzazioni acquisite

IV. Le figure da individuare previste dalla normativa

V. Figure in affiancamento al Responsabile Unico del Procedimento (art. 10 c.7 – D.Lgs. 163/2006 s.m.i.)

VI. Lavori di particolare complessità tecnica o di grande rilevanza economica

VI.I. Lavori di particolare complessità tecnica (art. 207 c.1. – lette a) d.P.R. 554/1999)

Figura Prevista Nominativo

1 Responsabile Unico del Procedimento

2 Progettista/i

3 Direttore dei Lavori

4 Direttori Operativi

5 Ispettori di cantiere

6 Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione

7 Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione

8 Collaudatore/i

Sono state individuate professionalità esterne di supporto al Responsabile Unico del Procedimento ?

lavori di particolare complessità tecnica: quelli nei quali le componenti architettonica e/o strutturale e/o impiantistica siano non usuali e di particolare rilevanza

Domanda di verifica

E’ necessaria l’autorizzazione dell’ufficio SPISAL

E’ presente l’autorizzazione dell’ufficio SPISAL

Estremi del provvedimento autorizzativo SPISAL:

E’ necessaria la DIA ?

E’ presente la DIA ?

Estremi del provvedimento autorizzativo DIA

E’ necessario Permesso di Costruire ?

E’ presente il Permesso di Costruire ?

Estremi del provvedimento Permesso di Costruire

E’ necessaria l’autorizzazione del Genio Civile ?

E’ presente l’autorizzazione del Genio Civile ?

Estremi del provvedimento di autorizzazione del Genio Civile

E’ necessaria l’autorizzazione ambientale ?

E’ presente l’autorizzazione ambientale ?

Estremi dell’autorizzazione ambientale

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VI.II. Lavori di grande rilevanza economica (art. 207 c.1. – lette b) d.P.R. 554/1999)

VII. Tipologia appalto (Art.3 c.7 – D.Lgs. 163/2006)

VIII. Fase 1 – Programmazione triennale dei lavori pubblici

IX. Fase 2 – Progettazione Preliminare (PP)

importo lavori superiore a 25 milioni di euro

L avente ad oggetto solo esecuzione lavori

PE +L avente ad oggetto progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori

PD+PE+Lprevia acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, relativamente a lavori o opere rientranti nell'allegato I

Cod Domanda di verifica Esito della verifica

Pr.1 E’ presente l’istituto della Programmazione triennale ?

Pr.1.1 - È stato redatto elenco annuale dei lavori ?

Pr.1.2 - L’elenco annuale è stato allegato al bilancio ?

Pr.1.3 - La programmazione è stata pubblicata secondo le indicazioni della normativa vigente ?

- È presente il Documento Preliminare alla Progettazione ?

- Estremi del provvedimento approvazione del DPP

- Importo lavori è maggiore di 1M euro ?

- È richiesto Studio di Fattibilità (SdF) ?

- È presente lo Studio di Fattibilità ?

- Estremi di approvazione dello Studio di Fattibilità

- È richiesto Progetto Preliminare (PP)?

- È presente il Progetto Preliminare ?

- Estremi di approvazione del Progetto Preliminare

Cod Domanda di verifica Esito della verifica

Pg.1 E’ presente Progetto Preliminare ?

Pg.1.1 - Estremi di approvazione del Progetto Preliminare ?

Pg.1.2 - Il Progetto Preliminare è stato sottoposto a verifica?

Pg.1.3 - Estremi del provvedimento di verifica del PP ?

Pg.2 Il Progetto Preliminare è stato redatto dall'Azienda Sanitaria ?

- Nominativo Progettista interno

Pg.3 Il Progetto Preliminare è stato redatto da tecnico esterno all'Azienda?

- Nominativo Progettista Esterno

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ANNO III | n. 17 | SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

X. Fase 3 – Progettazione Definitiva (PD)

1. La Delibera n. 2161 del 16/11/2009 recante aggiudicazione definitiva dell’appalto costituisce anche provvedimento di approvazione della progettazione definitiva presentata dall’ATI in sede di offerta

XI. Fase 4 – Progettazione Esecutiva (PE)

XII. Fase 5 – Aggiudicazione dei lavori

Cod Domanda di verifica Esito della verifica

Pg.1 E’ presente Progetto Definitivo ?

Pg.1.1 - Estremi di approvazione del Progetto Definitivo ?

Pg.1.2 - Il Progetto Definitivo è stato sottoposto a verifica?

Pg.1.3 - Estremi del provvedimento di verifica del PD ?

Pg.2 Il Progetto Definitivo è stato redatto dall'Azienda Sanitaria ?

- Nominativo Progettista interno

Pg.3 Il Progetto Definitivo è stato redatto da tecnico esterno all'Azienda?

- Nominativo Progettista Esterno

Cod Domanda di verifica

AG.1 Quale procedura è stata utilizzata per la selezione dell’operatore economico?

AG.1.1 Aperta

AG.1.2 Ristretta

AG.1.3 Negoziata con previa pubblicazione del bando di gara

AG.1.4 Dialogo competitivo

AG.1.5 Negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara

Cod Domanda di verifica

Esito della verifica

SI NO

Pg.1 E’ presente Progetto Esecutivo ?

Pg.1.1 - Estremi di approvazione del Progetto Esecutivo ?

Pg.1.2 - Il Progetto Esecutivo è stato sottoposto a validazione?

Pg.1.3 - Estremi del provvedimento di validazione del PE?

Pg.2 Il Progetto Esecutivo è stato redatto dall'Azienda Sanitaria ?

- Nominativo Progettista interno

Pg.3 Il Progetto Esecutivo è stato redatto da tecnico esterno all'Azienda?

- Nominativo Progettista Esterno

Il Progetto Esecutivo è stato approvato?

Estremi del provvedimento di approvazione del Progetto Esecutivo

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Cod Domanda di verifica

Avviso di preinformazione entro il 31 dicembre di ogni anno:

-per i lavori vengono comunicate le caratteristiche essenziali dei contratti o degli accordi quadro che intendono aggiudicare e i cui importi stimati siano pari o superiori a 5.278.000 euro

Estremi atto di approvazione del Bando di gara

Trasmissione degli avvisi e dei bandi alla Commissione per via elettronica secondo il formato e le modalità di trasmissione precisate nell’allegato X, punto 3, o con altri mezzi di trasmissione.

Pubblicazione dei bandi e degli avvisi per esteso in una delle lingue ufficiali della Comunità scelta dalle stazioni appaltanti.

- 2 quotidiani nazionali

- 2 quotidiani locali

- sito internet aziendale

- Albo pretorio

- Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana

- Gazzetta Ufficiale Comunità Europea

Verifica del rispetto dei termini nella ricezione delle offerte. Non inferiore a 52 giorni decorrenti dalla data di trasmissione del bando di gara.

Cod Domanda di verifica

Verifica del rispetto dei termini nella ricezione delle offerte. Non inferiore a 52 giorni decorrenti dalla data di trasmissione del bando di gara.

Nel caso il contratto abbia per oggetto anche la progettazione esecutiva, il termine per la ricezione delle offerte non può essere inferiore a 70 giorni dalla data di trasmissione del bando di gara o di invio dell’invito; nel caso il contratto abbia per oggetto anche la progettazione definitiva, il termine per la ricezione delle offerte non può essere inferiore a 80 giorni con le medesime decorrenze.

Nel caso in cui le stazioni appaltanti abbiano pubblicato un avviso di preinformazione, il termine minimo per la ricezione delle offerte può essere ridotto, di norma, a 36 giorni e comunque mai a meno di 22 giorni, né a meno di 50 giorni se il contratto ha per oggetto anche la progettazione definitiva ed esecutiva.

Cod Domanda di verifica

Valutazione delle offerte e aggiudicazione dell’appalto - Verifica che, in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione giudicatrice:

sia composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto;

sia presieduta da un dirigente della stazione appaltante, nominato dall’organo competente;

sia composta da commissari che non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta;

Verifica che, in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione giudicatrice:

- sia composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nello specifico settore cui si riferisce l’oggetto del contratto;

- sia presieduta da un dirigente della stazione appaltante, nominato dall’organo competente;

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Cod Domanda di verifica

E’ stato redatto un verbale contenente almeno le seguenti informazioni:

il nome e l’indirizzo dell’amministrazione aggiudicatrice, l’oggetto e il valore del contratto;

nomi dei candidati o degli offerenti presi in considerazione e i motivi della scelta;

i nomi dei candidati o degli offerenti esclusi e i motivi dell’esclusione;

i motivi dell’esclusione delle offerte giudicate anormalmente basse;

il nome dell’aggiudicatario e la giustificazione della scelta della sua offerta nonché, se è nota, la parte dell’appalto che l’aggiudicatario intende subappaltare a terzi;

se del caso, le ragioni per le quali l’amministrazione ha rinunciato ad aggiudicare un contratto.

Cod Domanda di verifica

Qualora richiesta è stata fatta comunicazione in forma scritta:

ad ogni candidato escluso i motivi del rigetto della candidatura;

ad ogni offerente escluso i motivi del rigetto della sua offerta

ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta selezionabile, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato il contratto o delle parti dell’accordo quadro

Cod Domanda di verifica

Comunicazione dell’aggiudicazione (tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni) all’aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, nonché a coloro la cui offerta sia stata esclusa, se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione, o sono in termini per presentare detta impugnazione.

Comunicazione dell’esclusione, ai candidati e agli offerenti esclusi, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni dall’esclusione.

Cod Domanda di verifica

Verbale di aggiudicazione provvisoria

- Estremi dell’aggiudicazione provvisoria

Provvedimento di approvazione dell’aggiudicazione (Aggiudicazione definitiva)

- sia composta da commissari che non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta;

- sia composta da commissari selezionati tra i funzionari delle stazioni appaltanti. In caso di accertata carenza in organico di adeguate professionalità, nonché negli altri casi previsti dal regolamento in cui ricorrono esigenze oggettive e comprovate, i commissari diversi dal presidente siano scelti con un criterio di rotazione tra gli appartenenti alle seguenti categorie: a) professionisti, con almeno dieci anni di iscrizione nei rispettivi albi professionali, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dagli ordini professionali; b) professori universitari di ruolo, nell’ambito di un elenco, formato sulla base di rose di candidati fornite dalle facoltà di appartenenza.

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XIII. Quadro economico progetto esecutivo

A Lavori Q.tà Riferimento Importo

a.1 Lavori a corpo

a.2 Lavori a misura

a.3 Lavori in economia

a.4 Sommano

a.5 Oneri generali di sicurezza non soggetti a ribasso

a.6 Oneri speciali di sicurezza non soggetti a ribasso

a.7 Totale Lavori ed Oneri di sicurezza

B Somme a disposizione dell’Amministrazione

b.1 Lavori in economia esclusi dall’appalto

b.2 Indagini geologiche, geotecniche, ecc (IVA inclusa)

b.3 Accertamenti

b.4 Rilievi

b.5 Allacciamenti a pubblici servizi

b.6 Imprevisti sui lavori

b.7 Imprevisti sulle spese tecniche

b.8 Acquisizione aree, immobili, indennità di esproprio

b.9 Accantonamento art.26 comma 4 L.109/94

b.10 Spese tecniche progettazione, DL, contabilità, ecc

b.11 Coordinamento della sicurezza

b.12 Conferenza dei servizi;

b.13 Collaudo tecnico amministrativo

b.14 Collaudo statico

b.15 Collaudi specialistici

b.16 Spese per attività di supporto al RUP

b.17 Spese per assicurazione dipendenti

b.18 Incentivi al RUP

b.19 Spese per commissioni giudicatrici

b.20 Spese per pubblicità

b.21 Spese per accertamenti di laboratorio, verifiche, ecc

b.22 IVA sui lavori

TOTALE APPALTO LAVORI +SOMME A DISPOSIZIONE

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ANNO III | n. 17 | SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

XIV. Esecuzione delle opereVerbale di consegna lavori n. del Presenti: nominativo ruolo ente

Data scadenza contrattuale:

Sospensioni (SI/NO):dal al provvedimento n. del verbale di ripresa dei lavori n. del

proroghe concesse (SI/NO):provvedimento n. del

Nuova scadenza contrattuale

Sono state effettuate perizie di variante in corso d’opera? (SI/NO) : - Estremi del provvedimento di approvazione della perizia : del

Verbale fine lavori:

XV. Collaudo delle opere o lavorie’ necessario il Collaudo/Cre per l’intervento effettuato ? (SI/NO): e’ stata nominata la Commissione di Collaudo ? (SI/NO):e’ presente la documentazione del Collaudo ? (SI/NO):Il Collaudo è stato approvato dalla Stazione Appaltante ? (SI/NO) Estremi del provvedimento di approvazione del collaudo:

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Sistemi radianti:generalità e applicazionidi Alessandro Cariani

TECNOLOGIE

Benché Sistemi radianti a pavimento siano stati sviluppati ed utilizzati fin dagli anni ‘60, solo ultimamente vi è stato un oggettivo incremento nell’interesse relativo all’utilizzo di queste soluzioni tecniche sia in campo residenziale che industriale.Il motivo principale di questo ritorno di fiamma ad una soluzione che sembrava avere più svantaggi che vantaggi è dato dall’affermarsi del concetto di coibentazione, di cui abbiamo già trattato in un precedente articolo.In effetti la coibentazione si sposa perfettamente con la logica di rendere “inerziale” una struttura: in altri termini, se il sistema risulta essere poco influenzabile dalla temperatura esterna grazie ad una efficiente coibentazione, l’effetto radiante generato da una superficie a basso salto entalpico risulta perfettamente adatta a garantire un eccellente comfort ed una notevole efficienza complessiva.Questo, peraltro, è valido sia per quanto riguarda il riscaldamento sia per il raffrescamento, in quanto l’effetto di “comfort” percepito dall’utilizzatore dipende non già da un processo di evaporazione come nel caso dell’aria condizionata, ma da un assorbimento del calore in eccesso da parte della superficie radiante.Fra l’altro il basso salto entalpico (cioè la bassa differenza di temperatura fra ambiente e area radiante, in genere non superiore a 5 gradi) garantisce una eccellente efficienza nel caso di collegamento a sistemi in geotermia a bassa entalpia, chiudendo il cerchio energetico del sistema.Dunque l’utilizzo di siffatte tecniche si sposa perfettamente con le logiche applicative delle case cosiddette “passive”.Vediamo di chiarire quale è il processo fisico che governa un sistema radiante, non importa se a pavimento, parete o soffitto.

Principi fisiciIl principio si basa sulla circolazione di acqua calda a bassa temperatura (in genere tra i 25º ed i 35 °C) in un circuito chiuso, che si sviluppa coprendo una superficie radiante molto elevata. Benché in passato vi siano stati sistemi che utilizzavano l’energia elettrica con cavi o strisce di vario genere ad effetto Joule, ove un conduttore elettrico attraversato da una corrente elettrica dissipa energia sotto forma di calore, le attuali soluzioni sono legate al passaggio di fluidi in tubazioni multistrato a base plastica con strati interni in alluminio.In passato era la norma l’utilizzo di materiali che apparentemente dovrebbero risultare decisamente migliori dal punto di vista della capacità di scambio termico del sistema.Sfortunatamente l’uso di materiali metallici per la realizzazione delle tubazioni radianti si scontra con una serie di controindicazioni funzionali che di fatto annullano le oggettivamente migliori prestazioni termiche: in effetti la difficoltà di piegatura dovuta alla fragilità intrinseca del metallo (in primis leghe di rame) e la difficoltà di gestire correnti parassite tipiche di questi sistemi (causa di effetti devastanti di corrosione galvanica, e presenti sia nelle vecchie tubazioni in leghe a base ferro che nelle obsolete tubazioni in lega di rame) hanno fatto propendere per soluzioni meno prestazionali ma più semplici dal punto di vista applicativo.Se in effetti le prime applicazioni a terra si sono basate su sistemi in polietilene si è velocemente verificato che risultano essere presenti problemi strutturali di base che lo espongono a inconvenienti funzionali provati.

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Uno di questi è la diffusione delle molecole di ossigeno all’interno della struttura del tubo, con la conseguente formazione di alghe e altre impurità che compromettono a lungo termine il passaggio di acqua all’interno dell’impianto. Inoltre il tubo è soggetto, durante il funzionamento, a sollecitazioni termiche e meccaniche che lo portano ad un più rapido invecchiamento rispetto al tubo metallico. Secondo la normativa UNI EN 1264-4 le tubazioni devono essere protette dal passaggio di ossigeno in quantità superiore a 0,1 g/mc al giorno per evitarne l’invecchiamento.Questo significa che nelle tubazioni in plastica deve essere sempre presente un film in materiale plastico resistente al passaggio dell’ossigeno. Infatti, un tubo in polietilene privo di barriera a ossigeno è interessato da una diffusione all’ossigeno per il 98%. Ciò si traduce in 3-4 g/mc al giorno in un tubo del diametro di 18 mm percorso da acqua a 40 °C. Ecco perché tutte le tubazioni in materiale plastico sono rivestite da un film di EVOH il quale garantisce appunto il rispetto della normativa.Avere tale strato esternamente alla tubazione porta, però, ad alcuni inconvenienti: innanzitutto, il fatto che si trovi esteriormente non lo tutela dalle inevitabili abrasioni cui è sottoposto in cantiere e questo porta la tubazione stessa al rischio di essere esposta in taluni punti ad un maggiore deflusso di ossigeno.In secondo luogo, avere la barriera ad ossigeno all’esterno compromette la malleabilità tipica del polietilene portando a rendere difficile la realizzazione delle curve più strette.Sono state studiate, pertanto, tubazioni con barriera ossigeno nello spessore del tubo stesso. Si ottiene in questo modo una tubazione multistrato con barriera EVOH completamente inserita nel materiale di base del tubo e mantenuta aderente allo stesso mediante dei polimeri di adesione.

La parte metallica del tubo blocca completamente le molecole di ossigeno, impedendo la conseguente formazione di impurità che il tubo in polietilene classico permette. Inoltre si fa carico di assorbire le sollecitazioni meccaniche e termiche, conferendo al tubo un’elevata resistenza, e allo stesso tempo una grande malleabilità, che facilita enormemente la posa, rendendola facile, rapida e sicura. In aggiunta a questo, la parte in polietilene fornisce un isolamento acustico pari a quella del tubo plastico e conferisce resistenza alle corrosioni chimiche, elettrochimiche o naturali, visto che il fluido è esclusivamente a contatto con lo strato sintetico interno, mentre la parte in metallo determina una minore dilatazione lineare rispetto al tubo in polietilene. Nato all’inizio per essere utilizzato nei sistemi di riscaldamento a bassa temperatura, il tubo multistrato (Pe-xc/ALU/Pe-xc) ha poi rivelato una eccellente versatilità di utilizzo ed una ottimale funzionalità nel tempo. L’elevata resistenza alle alte temperature e pressioni lo rende ideale per l’applicazione nel settore idrosanitario e nel riscaldamento tradizionale, permettendo l’uso di un solo tipo di tubo per tutte le tipologie di impianto e riducendo drasticamente gli scarti e gli sprechi di materiale.È però doveroso aggiungere che non tutti i tipi di tubo multistrato sono adatti all’impiego nell’espletazione globale delle varie tipologie di impianto: essenziale è l’impiego di polietilene reticolato ad alta densità (Pe-xc) per assicurare la resistenza strutturale necessaria all’impiego dell’alta temperatura.Il tubo multistrato MDPE, per esempio, non può essere utilizzato a questo scopo perché si tratta di tubo non reticolato in polietilene “Medium Density”.In sintesi il tubo multistrato ha riunito in sé i vantaggi sia del tubo metallico che di quello plastico, evitandone tutti gli inconvenienti

VPE

Polie

tilen

e

PP P

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ropi

lene

PB P

olib

utile

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PVC

Mul

tistr

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Ram

e

Acci

aio

Acci

aio

Inox

Dilatazione lineare di diversi tubi da 10 mt con Dt 50°C (valori espressi in mm)

100

7555

33

12,58,3

5,7 5,5

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ANNO III | n. 17 | SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

Le disposizioni possibili delle tubazioni sono tre:• a spirale (o chiocciola), dove i tubi di mandata

viaggiano paralleli a quelli di ritorno,• a serpentina, dove i tubi vengono posati a zig-zag• a griglia, con tubi paralleli compresi tra due grossi

collettori

Nel settore residenziale sono usati solo i primi due sistemi; mentre il terzo, ormai in disuso, è applicabile per riscaldare grosse aree (es. capannoni).sotto traccia: - in tal caso il tubo può anche venire in contatto

direttamente con il cemento della muratura che lo contiene, poiché non sussistono pericoli di corrosione (ad eccezione dei raccordi metallici che vanno protetti in tal senso);

- qualora il tubo trasporti acqua calda, deve essere opportunamente coibentato, per ottemperare alla Legge sul contenimento dei consumi energetici;

- per installazioni interrate, si consiglia di posare il tubo su di un letto di sabbia, per evitare pericolose scalfitture della sua superficie;

fuori traccia: - il tubo installato esternamente alle strutture murarie,

ma comunque all’interno dell’edificio, non necessita di protezioni particolari in relazione all’esposizione ai raggi U.V. Si consiglia, in ogni caso, di proteggere quei tratti di installazione posati esternamente agli edifici da stress meccanici o da carichi statici che (ovviamente) non risultano in generale graditi a sistemi semistatici.

- in presenza di salti termici elevati è opportuno prendere ogni precauzione in merito alla dilatazione del tubo (vedi “Dilatazione”);

- i tubi vanno inoltre coibentati nel caso in cui sussista il pericolo di formazione di condensa sulla loro superficie esterna.

Tecniche base di realizzazioneVi sono diversi tipi di struttura di pavimenti radianti: la norma UNI EN 1264 (parte 1e 4) ne distingue tre:• Tipo A: Impianti con tubi annegati nello strato di

supporto• Tipo B: Impianti con tubi sotto lo strato di supporto• Tipo C: impianti annegati in uno strato livellante,

in cui lo strato aderisce ad un doppio strato di separazione.

Nella versione più semplice (tipo A), il sistema viene realizzato inserendo un isolante sopra la soletta portante del pavimento; il materiale più diffuso è il polistirene

espanso in lastre, lisce o con sagomature particolari, ma sono presenti sul mercato anche la fibra di legno, il sughero, il poliuretano e altri. Al di sopra dell’isolante vengono posate le tubazioni o i conduttori scaldanti, che vengono annegate completamente nello strato di supporto (il “massetto”), generalmente costituito da calcestruzzo. Infine, si ricopre il massetto con il rivestimento finale: solitamente piastrelle, ma anche parquet, linoleum, moquette, ecc.Le tubazioni previste dalla norma per impianti ad acqua, sono di polietilene reticolato (PE-X), polibutilene (PB), polipropilene (PP), rame; come già detto, l’uso dell’acciaio è stato abbandonato, sebbene i primissimi impianti fossero eseguiti con questo materiale. Il passo di posa è variabile, perfino all’interno dello stesso locale: il progettista può scegliere di infittire i passi laddove è necessaria una maggiore emissione termica, cioè vicino alle pareti esterne. Per impianti realizzati con conduttori elettrici specifici, il sistema di installazione non varia, ma essendo essi di più facile lavorabilità, la realizzazione di un impianto risulta più semplice e veloce.Per gli impianti ad acqua, le tubazioni in materiale plastico, in particolare quelle in PE-X, sono le più comuni: essendo flessibili e leggere, hanno una maggiore facilità di posa; esse devono essere dotate di uno strato barriera all’ossigeno, per proteggere l’impianto dalla corrosione. Seppure meno diffuse sul mercato, in casi particolari ove le prestazioni siano il parametro più importante, vengono installate anche tubazioni in rame, che hanno il vantaggio di garantire un’altissima conduttività termica (390 W/(m*K)), sinonimo di una efficienza altrimenti non raggiungibile.Va sottolineato che il rame ha interassi tubazioni più ampi (in genere 20–25 cm), è impermeabile all’ossigeno e presenta una dilatazione termica più vicina a quella del

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massetto in cui è immerso.Dal punto di vista storico, il primo edificio italiano di una certa importanza riscaldato con pannelli radianti è stato il Duomo di Lodi, per il quale nei primi anni ‘60 è stato scelto un impianto in rame, tuttora funzionante.

Vantaggi Rispetto ai tradizionali corpi scaldanti, cioè i radiatori, il pavimento radiante ha i seguenti vantaggi:• Minori costi di esercizio: è un sistema a bassa

temperatura, con tubazioni o conduttori elettrici che lavorano a circa 28-35 °C (nei comuni caloriferi: 70-80 °C), con l’ulteriore opzione di poter collegare l’impianto ad un solare termico di nuova generazione contenendo ulteriormente i costi del riscaldamento (la cui entità dipende dall’impianto e dalla tipologia di locali). I costi ed i consumi si riducono ulteriormente accoppiando il sistema ad una moderna caldaia a condensazione oppure ad un sistema in geotermia avanzata a bassa entalpia.

• Libertà nell’arredo: la presenza di radiatori può limitare la creatività progettuale degli architetti. Al contrario, con i pavimenti radianti si “liberano” spazi e si può sfruttare ogni angolo del locale.

• Possibilità di gestire anche il raffrescamento tramite collegamento a pompa di calore.

• Possibilità di gestire sistemi di cooling in ambienti industriali anche con elevati carichi sul pavimento.

Ovviamente questi sistemi sono perfettamente funzionali anche alla legislazione relativa alla tariffa incentivante dedicata alla produzione di energia elettrica tramite sistemi fotovoltaici, assicurando un potenziale incremento di efficienza superiore al 60-70% e quindi potenzialmente sarebbero erogabili i premi del 30% previsti dalla Legge 13 dicembre 2010, n. 220 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge di stabilità 2011), pubblicata sul S.O. n. 281 alla G.U. n. 297 del 21/12/2010. In aggiunta, cosa non da poco, non necessitano né di caldaia, né di canna fumaria né di tubazioni di distribuzione e non hanno bisogno di nessun tipo di manutenzione oltre a non generare rischi dovuti alla generazione di CO2. Sul fronte economico il riscaldamento esclusivamente elettrico ha dei costi elevati, pertanto è interessante solo dove l’energia elettrica è abbondante ed economica. In Francia, ad esempio, questo sistema è reso conveniente dal massiccio impiego di energia nucleare e dall’esigenza di smaltire l’energia prodotta in eccesso durante le ore notturne.E’ ovvio che l’utilizzo di sistemi a pompa di calore, invece, garantisce economia elevata grazie all’effetto

Interno del Duomo di Lodi

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moltiplicatore garantito dalla possibilità di trasformare tramite un ciclo termodinamico l’energia elettrica in energia termica con un coefficiente moltiplicativo detto COP (vedi numero di Geocentro di marzo-aprile 2011, “ Sistemi di condizionamento domestico con geotermia a bassa entalpia”)

SvantaggiAnalogamente, il sistema radiante a pavimento presenta alcuni svantaggi da tenere presenti:• Spessori del pavimento: i pannelli radianti

richiedono uno spessore supplementare di 7–10 cm sul pavimento, che possono risultare problematici durante le ristrutturazioni, benché ultimamente siano stati messi in commercio dei sistemi radianti a secco che contengono gli spazi di installazione e sono adatti alle ristrutturazioni.

• Costi di realizzazione leggermente superiori;• Necessità di una progettazione accurata e

personalizzata: temperature superficiali del pavimento che si discostano dall’ottimale anche solo di qualche grado possono risultare non gradite agli occupanti del locale (discomfort).

Pannelli radianti a pareteQuesti pannelli radianti vengono installati nelle pareti del locale rivolte verso l’esterno: con questo accorgimento si limitano le dispersioni termiche, dal momento che sotto le tubazioni vengono inseriti gli isolanti, e vengono annullate o ridotte le differenze di temperatura tra pareti calde e pareti fredde. La superficie occupata dalla parte radiante delle pareti dipende dalla temperatura di progetto (leggermente più alta rispetto ai sistemi a pavimento a causa dell’effetto convettivo maggiormente presente), ma in genere varia da 1/3 a 1/2 della superficie calpestabile. Le tubazioni non si estendono oltre i 2 metri d’altezza.

Tecniche base di realizzazioneLa posa dei pannelli radianti a parete è più semplice rispetto a quelli a pavimento, anche se ne ricalca i principi fondamentali. Sopra la parete viene posato l’isolante su cui vengono fissati i tubi; su questi vengono stesi strati di intonaco cementizio, che li ricoprono completamente. Una rete portaintonaco e la realizzazione della finitura superficiale completano l’opera.

Vantaggi Il riscaldamento a parete presenta alcuni vantaggi rispetto a quello a pavimento:• Installazione più semplice: sono addirittura

disponibili sul mercato moduli pre-assemblati o pre-piegati.

• Inerzia termica minore: una volta messe in funzione, le pareti radianti cominciano a riscaldare prima, essendoci meno spazio tra tubo e parete, e circolando acqua a temperatura più alta.

• Benessere più elevato: il corpo umano si sviluppa in verticale e riceve meglio il calore da una parete.

• Possibilità di raffrescamento: i pannelli a parete, con opportune modifiche possono essere predisposti per il raffrescamento estivo, facendo scorrere acqua fredda all’interno delle tubazioni.

Svantaggi• Limiti nell’arredamento: ovviamente non si possono

mettere mobili voluminosi contro le pareti radianti. • Insufficienza negli ampi spazi: se il locale è

relativamente grande, lontano dalle pareti radianti il calore percepito può risultare insufficiente.

• Per evitare fenomeni di condensa nel caso di utilizzo quale sistema raffrescante, è strettamente necessario tenere sotto controllo l’umidità del locale con sistemi deumidificanti o con unità di trattamento aria.

Pannelli radianti a soffittoI pannelli radianti a soffitto sono in genere costituiti da moduli metallici o in cartongesso di varia forma connessi in vari modi al soffitto: si tratta di pannelli a vista al di sopra (o all’interno) dei quali è installato il tubo. Sono per lo più usati per il raffrescamento (si parla in questo caso di soffitti freddi): infatti le condizioni di benessere ottimale vengono raggiunte nel caso in cui la temperatura a livello dei piedi sia lievemente superiore rispetto a quella della testa. Per questo motivo, nel caso del riscaldamento, le temperature massime ammissibili dipendono fortemente dalla altezza di installazione.

Tecniche base di realizzazione

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Alessandro Cariani

Laureato in ingegneria aerospaziale presso il Politecnico di Milano si occupa inizialmente di termofluidodinamica sperimentale e computazionale nel settore impiantistico civile ed industriale ad alta tecnologia, collaborando con il dipartimento di ingegneria aerospaziale del Politecnico di Milano. A partire dal 1997 si occupa di ricerca e sviluppo nel settore energetico con particolare attenzione all’ambito della progettazione di sistemi di scambiatori di calore ad alta efficienza integrati a sistemi in geotermia avanzata, di progettazione di impiantistica industriale “ZeroEmission” e di sistemi di desalinizzazione e potabilizzazione non osmotica per grandi impianti industriali e residenziali. Dal 2008, grazie ad accordi di collaborazione tecnologica fra la società Modutech S.r.l. e la Maison Cardin, collabora direttamente con Pierre Cardin allo sviluppo di sistemi ad impatto energetico zero di design integrati in recuperi di strutture architettoniche o ad integrazioni energetiche “ghost” in nuovi progetti quali il Palais Lumiere.

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I pannelli radianti a soffitto più comuni sono composti da moduli dentro cui sono attaccate le tubazioni. I tubi vengono collegati tra loro oppure a dei collettori e sono separati dal soffitto da uno strato isolante; i moduli sono dotati di clips di fissaggio e possono avere una superficie liscia o corrugata.

Vantaggi• Trasporto di calore meno ostacolato: il pannello a

soffitto non è ostacolato da arredi e non presenta

la necessita di intervenire sul pavimento/basamento dello stabile, (cosa non di poco conto se si considera la natura costruttiva e il campo di utilizzo dei capannoni industriali, dove sono spesso presenti dei macchinari in numero, peso ed ingombro elevato).

Svantaggi • Hot head effect: non si possono superare certe

temperature a livello della testa, che creerebbero situazioni di disagio.

PASSAGGIO DI FLUSSO DI CALOREE DI ONDE ACUSTICHE

NESSUN PASSAGGIO DI FLUSSO DI CALOREE DI ONDE ACUSTICHE

vista dall’alto

vista di lato

60 mm 50 mm

PONTE TERMICO E PONTE ACUSTICO

NO PONTE TERMICO NO PONTE ACUSTICO

SPESSORE A PARETE

A pareteB pareteC pareteD pareteSPESSORE 50-60 mm

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In BasilicataLa “Pietradel Pertusillo”una riletturadopo cinquant’annidi Aldo GiordaniGeometra libero professionista

“Siamo di fronte ad uno dei pochi esempi in cui l’opera dell’uomo non ha deturpato ma migliorato la natura”: così parlava Leonardo Sinisgalli nel corso delle sue lunghe passeggiate mentre si godeva la vista del lago del Pertusillo. Uno scenario così bello da fargli dimenticare anche quel ponte sull’Agri (da lui tanto amato quando era un ragazzino) spazzato via dalle acque dell’invaso. Perché un poeta ingegnere come Sinisgalli rimaneva affascinato da quel lago artificiale? Perché si trattava di un’opera che aveva saputo coniugare tecnica ed arte, sapere scientifico e cultura umanistica, innovazione tecnologica e rispetto dell’ambiente.Erano gli inizi degli anni sessanta e, per chi aveva occhi per vedere, il lago del Pertusillo rappresentava già allora qualcosa in più di una sia pur importantissima opera di

PROGETTI

ingegneria. Era una traccia, un solco, l’indicazione di un metodo per consentire alla Basilicata il salto nel futuro. Oggi a cinquant’anni di distanza qualche riflessione si può fare, magari partendo da una domanda provocatoria: si stava meglio quando si stava peggio? Come abbiamo speso tutto questo tempo? Quel modello - intuito e apprezzato da Sinisgalli - che fine ha fatto? Di tanta speranza cosa è rimasto? Rimandiamo di qualche riga la risposta a queste domande. Per renderla più semplice ricordiamo perché e come fu costruita la diga di “Pietra del Pertusillo” - chi scrive ha vissuto in prima persona quest’esperienza come tecnico dell’Ufficio di Direzione Lavori -.Il perché è semplice: per la fame e per la sete delle nostre popolazioni. Erano anni in cui l’economia del Mezzogiorno si reggeva sull’agricoltura ed il verbo “irrigare” contava molto di più dell’altro verbo solitamente connesso alle dighe, “produrre” energia.Il progetto della diga, un’opera importante ad arco-gravità, alta quasi cento metri, era stato redatto dai professori Guido Oberti e Carlo Drioli, committente era l’Ente irrigazione Puglia e Basilicata e la direzione lavori, che comprendeva anche un programma di completamento progettuale di consolidamento e impermeabilizzazione delle fondazioni, venne affidato al prof. Carlo Lotti. Prima il progetto, poi i lavori, andarono incontro a seri problemi: di stabilità, di impermeabilità, di resistenza e di deformabilità. La situazione geologica da affrontare era difficile, ai limiti dell’accettabilità: conglomerati arenacei e arenarie

Corografia

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fortemente fratturate riposavano su un letto di argille consolidate spesse come minimo 13 metri. Soltanto l’utilizzo di tecniche di iniezione e controllo sofisticate per l’epoca consentì di portare a compimento l’opera in 5 anni (1958 – 1963).Nessun inconveniente si presentò alla messa in acqua ed al successivo utilizzo del serbatoio destinato all’irrigazione di 26 mila ettari di terreno, nel medio e basso corso del fiume Agri, ed in gran parte alla piana di Metaponto. Parte di quest’acqua venne anche convogliata in una galleria in pressione che si sviluppa sulla sinistra del fiume per 12 km fino ad immettersi nella centrale idroelettrica del comune di Missanello dopo un salto di 215 metri

che consente la produzione di circa 115.000.000 di kwh annui di elettricità.Con un impianto di potabilizzazione realizzato sempre nel comune di Missanello appena dopo gli anni ’70 che, grazie ad una condotta che arriva fino a S. Maria di Leuca nel Salento, disseta i comuni della confinante regione Puglia.Ma il lago artificiale così creato aveva sommerso una strada preesistente che collegava i paesi rivieraschi di Spinoso e Montemurro; bisognava ristabilire il collegamento, aggirando l’invaso. Il successivo progetto assunse un respiro più ampio: il committente (la Cassa per il Mezzogiorno) decise di

Panorama della stretta di Pietra del Pertusillo

Posizione schematicadella diga

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Planimetria

Sezione

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MAX. INVASO m. 531,00 s. l. m.

SPALLA SINISTRA

0 10 20 30 40 50 m.

SPALLA DESTRA

Complesso marnoso-argilloso arenaceo

Conglomerati

Arenarie lapidee

Arenarie tenere con argille

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Profilo geologicodella sezione d'impianto

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La diga • Tipologia: arco-gravità, non tracimabile, impostata su pulvino con giunto permanente perimetrale; • Altezza massima m. 95; • Sviluppo al coronamento ml. 318; • Spessori in sommità: in chiave m. 3,5; all’imposta m. 6,8; • Spessore max in fondazione m. 42; • Volume dello scavo m3 280.000; • Volume del calcestruzzo m3 380.000; • Armatura metallica kg. 2.250.000; • Capacità di invaso complessiva m3 155.000 (utile m3 145.000,0)

Opere accessorie alla diga • Avandiga in calcestruzzo: altezza m. 15 (cubatura m3 4.000,0); • Scarico di esaurimento: lunghezza galleria m. 190 (diametro m. 2,0); • Scarico di deviazione di fondo: lunghezza galleria m. 554 (diametro m. 4,5); • Scarico di deviazione di mezzofondo: lunghezza galleria m. 463 (diametro m. 4,5); • Scarico di alleggerimento: lunghezza m. 365 (diametro m. 3,5); • Scarico di superficie: lunghezza m. 452 (diametro m. 6,2)

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Aldo Giordani

Nasce nel 1938 a Capistello in provincia dell’Aquila, consegue il Diploma di Geometra e durante il Servizio Militare la Specializzazione di Topografo. Ha collaborato con le primarie Imprese di Costruzione nella Direzione Tecnica di vari cantieri e nella progettazione esecutiva di strade, autostrade, gallerie, acquedotti ed edilizia.Iscritto all’Albo del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati di Potenza svolge la libera professione nello Studio Associato “Archingeo” con sede in Roma. Con l’esperienza maturata in oltre cinquant’anni di attività ed un continuo aggiornamento professionale, ha contribuito fortemente allo sviluppo dell’attività dello Studio sia nella progettazione che nella direzione lavori di importanti opere pubbliche e private grazie ad una attenta gestione del Team, con precise regole di impostazione, perseguendo la qualità professionale. Uno Studio Tecnico organizzato per gestire l’intero processo della progettazione e della realizzazione di opere.

prendere l’occasione per tracciare nella valle dell’Agri una strada veloce di collegamento tra l’autostrada Salerno-Reggio Calabria e la S.S. 106 jonica, cioè in pratica tra il Tirreno e lo Jonio. Così il percorso inizialmente previsto di soli 4 km si moltiplicò di quasi 20 volte allungandosi fino a quasi 77 km attraverso due regioni. Nacque, nel giro di pochi anni (1963-1972) una delle prime strade a scorrimento veloce nel Mezzogiorno, larga quasi 10 metri, che superava i numerosi ostacoli naturali con 63 ponti e 4 gallerie. Risultato: i due mari, Jonio e Tirreno, erano più vicini e un’intera valle usciva dal suo isolamento secolare.

Due grandi opere che nel giro di 14 anni hanno cambiato il volto della Basilicata, contribuendo allo sviluppo di un’area con un’economia inesistente, un’agricoltura assetata di acqua, strade rimaste ai tempi dei briganti e trasporti fermi ai tempi dei Borboni,E’ arrivato ora il tempo di dare una risposta – o tentare di darla – al quesito che ci siamo posti in precedenza: di una stagione di grandi speranze cosa è rimasto? Diciamolo subito: poco o niente. Poco per le opere, niente per l’ambiente. Di opere significative da decenni non c’è traccia. Solo interventi a pioggia, senza alcuna programmazione complessiva proiettata al futuro.

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Negli anni ‘50, da ragazzo, ammiravo i muri a secco che formavano i ripiani delle coltivazioni nel versante meridionale della collina del mio paese, sito sulle colline delle prealpi bresciane, e parlando con mio padre della bellezza di tali muri lui mi diceva che, quando aveva la mia età, questi muri erano circa quattro volte più numerosi di quelli che esistevano in quegli anni. Aggiungeva poi, che suo padre gli diceva di aver assistito nella sua vita alla ricostruzione di quasi tutti i muri della collina, che venivano ricostruiti quasi tutti, nel tempo di una  o due generazioni; e lui, da bravo muratore, ne aveva ricostruiti gran parte. Dagli anni Trenta iniziò la non ricostruzione e negli anni ‘50 ne erano rimasti circa un quarto, ed ora ne rimangono circa un decimo.La causa principale di questi crolli è dovuta al tipo di pietra usata. La nostra pietra è calcarea, quasi bianca, molto tenera, per cui avviene che l’anidride carbonica contenuta nell’acqua piovana, rilasciata nell’atmosfera dalla verde vegetazione, provochi una veloce erosione delle superfici delle pietre. Avviene anche che i punti di appoggio di una pietra sopra l’altra si sciolgano più velocemente del resto della superficie della pietra, e questo perché restano bagnati per un tempo superiore, essendo più lento l’asciugamento della zona posta fra due pietre aderenti. Dunque si ha una leggera diminuzione del volume del masso, ed anche un arrotondamento degli spigoli e delle fessure, causando pertanto una diminuzione della stabilita della muratura.Gli schizzi illustrano come i crolli avvengono. Il crollo inizia con lo “spanciamento” delle pietre della seconda e della terza fila, a volte anche della quarta, a partire dal basso.  Nella parte più bassa le pietre restano bagnate per maggior tempo rispetto alla parte superiore, per cui si determina

un maggior restringimento della pietra. Inoltre, cosa molto importante, la spinta del terreno a monte è maggiore in basso che in alto.Anche se potrebbe sembrare che aumentando la superficie di appoggio dovrebbe derivarne un aumento di attrito avviene invece che l’arrotondamento degli spigoli riduce l’attrito di tenuta tra una pietra e l’altra e il leggero aumento della superficie non compensa la riduzione dell’attrito che si ha con superfici ruvide.Con lo “spanciamento”, che solitamente ha una lunghezza di circa un metro, il peso della muratura superiore a questa zona si distribuisce ad arco sulla muratura ai lati, e quindi questa parte che ha iniziato a fuoriuscire non è

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Le cause di crollonei muri a seccodi pietra calcareadi Fausto PaliniGeometra

MATERIALI

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Fausto Palini

Geometra, nasce nel 1940 a Polaveno, un paesino nelle Prealpi Bresciane e a 16 anni si diploma in specializzazioni tecniche.Subito dopo il diploma lavora in officine artigianali sino a 21 anni, si trasferisce a Milano in una ditta americana, succursale della Olivetti, operante nel campo delle calcolatrici meccaniche e delle prime macchine da scrivere elettriche.Nel 1964 a Milano consegue il Diploma di Geometra presso l’istituto Carlo Cattaneo, come privatista, dopo aver frequentato due anni in scuole serali.Dal 1966 al 1998 svolge l’attività di geometra libero professionista. In pensione dal 1998 si dedica all’attività missionaria in Africa prestando il suo contributo di tecnico presso missioni gestite da religiosi eseguendo numerosi progetti: di chiese, di un ampio teatro, scuole elementari e materne, residenze per religiosi e simili.In Mozambico, per l’utilizzo di una sega-tronchi, ha progettato e costruito la segheria con annessa falegnameria.Così come in Burundi, nel 2005, progetta un nuovo ospedale, composto da 8 reparti ed ambulatori, per 500 posti letto

più trattenuta da alcun peso superiore, e con la spinta del terreno a monte, la fuoriuscita è sempre più veloce.A conferma delle mie esposizioni, ossia che il crollo avviene per diminuzione del volume delle pietre, causato dal dilavamento dell’anidride carbonica contenuta nell’acqua piovana, si tenga conto che mentre in altre zone, ove le pietre sono più dure, granitiche o di origine lavica, i muri a secco resistono anche per secoli, senza crolli, i nostri muri iniziano sempre a crollare dopo 40-60 anni.Questo crollo avviene sempre nello stesso modo, con la fuoriuscita delle seconde e terze pietre dal basso, e mai con un’inclinazione a valle della parte più alta, che potrebbe avvenire se il crollo fosse causato dalla spinta del terreno a monte. Inoltre si tenga in considerazione che il drenaggio dell’acqua in un muro a secco è sempre efficiente, per cui non può avvenire una maggiore spinta dal terreno, neanche in periodi di forti piogge.Interessante anche una nota inerente alle liti che avvenivano tra confinanti quando si verificava il crollo di un muro che determinava il confine tra la proprietà a monte e quella a valle.Nelle prealpi bresciane esiste la consuetudine che il ciglio sia sempre di proprietà del proprietario a monte, ossia che il confine lo si debba ritenere al piede della scarpata, per cui avviene che, il crollo del muro, con il successivo inerbamento del terreno che in qualche decina d’anni si deposita sulle pietre sino a ricoprirle totalmente, porta ad avere il piede del ciglio un poco più a valle rispetto al muro precedente.Questo fenomeno causava liti tra confinanti, solitamente tra i figli o i nipoti dei vecchi proprietari, quando i proprietari del terreno a monte pretendevano, in base alla consuetudine citata, di determinare il confine al piede della scarpata. Scaturivano così contese che si protraevano per anni e che a volte si risolvevano solo quando uno dei contendenti passava a miglior vita.

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CONCORSI

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ANNO III | n. 17 | SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

L’AIPi intende istituzionalizzare, identificare e valorizzare la figura dell’interior designer e tramite questo concorso vuole mettere in risalto le qualità culturali, creative e tecniche del progettista d’interni che:Identifica, ricerca e risolve creativamente i problemi appartenenti alla funzione dell’ambiente interno;Esegue servizi relativi agli spazi interni, che includono programmazione, studio del progetto, progettazione del posto, estetica ed ispezione del lavoro, impiegando la pratica e la conoscenza specializzata di costruzione d’interni, sistema edilizio e componenti, norme edilizie, attrezzatura, materiali e arredamento;Prepara disegni e documenti relativi al progetto dello spazio interno;per intensificare la qualità di vita e proteggere salute, sicurezza e benessere del pubblico:(Questo documento, adottato dall’Assemblea Generale dell’I.F.I ad Amburgo nel Maggio 1983, è stato riconfermato nell’Assemblea ECIA del 1992, di cui AIPi è socio fondatore).

Art.1 Tema del Concorso (edizione 2011-2012) Il tema di questo Concorso “ progetta la nuova Casa per la Mia Terza età ” verte sulla progettazione dello spazio interno di un primo piano di una struttura ecclesiale esistente , da destinare a Casa di Riposo per Anziani . Numerosi studi di settore sottolineano lo stato di disagio e di emarginazione di cui gli anziani, della cosiddetta “terza età”, sono soggetti; molti di loro vivono soli ed emarginati per mancanza, o per “insufficienza”, di un nucleo familiare compatto che possa rivolgere loro quelle attenzioni che meritano e devono avere. L’anziano è inoltre impossibilitato, per carenze di strutture idonee e per “forma mentis sociale”, a far corretta parte della vita quotidiana, essendo egli stesso “padre” delle presenti generazioni “dinamiche”. È quindi scopo ed obiettivo di questo progetto creare una struttura che possa accogliere le esigenze domestiche, e non solo, dei soggetti “over 65”, ricercare dunque un “luogo dell’abitare”che potesse essere “specchio” del soggetto anziano in relazione alle abitudini al consumo dello spazio abitativo e degli oggetti che lo compongono. Un progetto questo che deve dunque tener conto della personalità e delle esigenze del soggetto “fruitore”, che debba essere parte di un “concept”globale e non ghettizzante che metta la struttura in stretta comunicazione con la città, che sia attento all’uso appropriato dei materiali da utilizzare, in attinenza alle funzioni motorie in essere ed in vista di eventuali future disfunzioni. Un’attenta analisi dovrà essere rivolta inoltre alla tecnologia domotica, valido supporto per l’essere umano in genere e per l’anziano in particolare, ed alla analisi della distribuzione del colore nei locali dell’accoglienza, intesa quest’ultima come “apporto terapeutico” in relazione a quanto già scientificamente comprovato. Un progetto dunque che possa dare ai componenti la “terza età” un modo per riappropriarsi della società di cui fanno parte attraverso luoghi che ne favoriscano l’aggregazione sociale e donino loro gli elementi per essere protagonisti attivi della loro stessa vita. Elementi principali del progetto Si chiede la progettazione interna di un Nucleo funzionale , dove il Nucleo composto da 24 posti letto , racchiude:•Alloggi•Ambienti ad uso comune•Ambienti Collettivi•Ambienti organizzativi

-Alloggi : l’alloggio è costituito da un vano , dotato di servizio igienico completo , il tutto armonizzato in modo da consentire all’anziano una vita autonoma , nei vari momenti della giornata , le sup. minime del vano escluso il servizio igienico , sono:1 posto letto 12 mq , 2 posti letto 20 mq , 3 posti letto 26 mq , 4 posti letto 34 mq ( la tipologia dell’alloggio è di esclusiva scelta del candidato ) -Ambienti ad uso comune : si dovrà disporre di un ambiente soggiorno , allo scopo di consentire adeguata forma di socializzazione e si dovrà prevedere il seguente parametro minimo di mq 2/1 utente ed una sala pranzo prevedendo il parametro minimo di mq 1,50/1 utente -Ambienti collettivi : racchiudono tutti i servizi che possono essere usufruiti anche da persone provenienti dall’esterno : sala riunioni e spettacoli prevedendo il parametro minimo di mq 1,00/1 utente , sala di riabilitazione per consentire agli anziani il mantenimento di una efficiente condizione motoria , prevedendo una sup. minima di mq 40,00 , locale Ambulatorio , che deve consentire il controllo sanitario periodico , prevedendo una sup. minima di mq 15,00, locale pluriuso , deve consentire i servizi 2 di igiene e cura della persona , ad uso barbiere e parrucchiere , podologo , prevedendo una sup. minima di mq 15,00 .tutti gli ambienti ad uso collettivo devono essere dotati di servizi igienici -Ambienti organizzativi : si intendono quegli spazi per il personale operativo , quale : 1 Responsabile di Nucleo ,1 infermiere professionale , 1 assistente sociale , 2 assistenti ausiliari .Inoltre non si richiede l’ubicazione di servizi generali (uffici , segreteria …) poiché si intendono esistenti al piano terra della struttura .

L’interior designer deve attribuire al progetto valori significativi, attraverso la creatività, l’utilizzo di nuove tecniche, materiali innovativi ed ecocompatibili, tenendo in considerazione il rispetto delle normative, affinchè gli spazi siano accessibili, usufruibili e funzionali a tutte le tipologie di utenti, in particolare valutando con attenzione che il progetto rispetti tutte le normative affinchè sia accessibile a individui portatori di handicap.

Art.2 Categorie e PartecipazioneIl Concorso è diviso in due categorie:categoria 1: rivolta ai progettisti liberi professionisti quali interior designer, designer, architetti, geometri e ingegneri italiani e stranieri che, per studio o per professione, siano impegnati nell’interior design e nelle arti applicate;categoria 2: rivolta agli studenti italiani e stranieri di Istituti Superiori, Università e Accademie che, per studio, sono impegnati nell’interior design e nelle arti applicate.La partecipazione è ammessa singola e/o in gruppo; nel caso di partecipazione in gruppo, pur riconoscendo la paternità del progetto presentato a tutto il gruppo, sarà necessario indicare un Capogruppo quale unico referente nei confronti dei rapporti con l’organizzazione del concorso.I candidati possono partecipare con una o più proposte purchè iscritte e presentate separatamente.

Art.3 IscrizionePer partecipare al Concorso è obbligatoria un’iscrizione che avverrà compilando l’apposito modulo reperibile sul sito www.aipi.it che, regolarmente compilato, dovrà essere spedito tramite R.R. o via e-mail , con attestazione di avvenuto pagamento , presso la segreteria AIPi, con la seguente dicitura : 4° Concorso Internazionale per Interior Designer “Progetta la nuova Casa per la Mia Terza Età“ edizione 2011/2012 presso AIPi - via Borgazzi 4 – 20122 MilanoTel. 02/58310243Fx 02/58312485e-mail : [email protected] seguito dell’iscrizione i concorrenti riceveranno la cartella del Concorso contenente tutte le informazioni e modalità di presentazione degli elaborati.Per ulteriori informazioni e/o chiarimenti contattare la segreteria del Concorso, presso la sede AIPi, tutti i giorni dalle ore 10,00 alle ore 13,00 , escluso il sabato ed i festivi.

Art.4 Quote iscrizionePer i candidati singoli e/o in gruppo appartenenti alla categoria 1 e 2Euro 50,00 per i candidati singoli iscritti alla categoria 1.Euro 80,00 per i candidati in gruppo iscritti alla categoria 1.Euro 20,00 per i candidati singoli iscritti alla categoria 2Euro 40,00 per i candidati in gruppo iscritti alla categoria 2La quota è da versare al momento dell’iscrizione, alla quale dovrà essere allegata la ricevuta di avvenuto pagamento.Le quote di partecipazione non potranno essere rimborsate in alcun caso.I versamenti potranno essere effettuati, specificando la causale “Iscrizione al 4° Concorso Internazionale per Interior Designers “ Progetta la nuova Casa per la Mia Terza Età “ edizione 2011/2012”, mediante le seguenti modalità :Vaglia postale, indirizzato a AIPi Associazione Italiana progettisti d’Interni – interior designers, 20122 Milano, via Gerolamo Borgazzi 4Bonifico Bancario sul c/c n° 30307450 – IBAN IT 86 D 06230 01624000030307450CARIPARMA e PIACENZA Agenzia 24 P.le Ludovica 1/3 – 20136 Milano 3

Art.5 Elaborati e scadenzeAl fine di garantire la possibilità di una mostra, tutti gli elaborati, in forma anonima, dovranno essere contenuti entro tre tavole tassativamente rigide, pena l’esclusione, in formato 50x70, redatte orizzontalmente o verticalmente con qualunque tecnica rappresentativa.Gli elaborati dovranno essere accompagnati da una relazione descrittiva, in formato A4, non superiore a tre pagine dattiloscritte, e da un supporto informatico (CD) contenente le foto dei lavori e dei partecipanti ed il loro curriculum.Tutte le comunicazioni e diciture riferite al progetto in concorso dovranno essere redatte in italiano e in inglese, maggiori dettagli saranno inclusi nella cartella di concorso.Tutti gli elaborati dovranno pervenire alla segreteria AIPi entro il 30 Maggio 2012.Gli elaborati potranno essere spediti a mezzo postale o con corriere espresso e farà fede la data di spedizione; inoltre, gli elaborati potranno essere direttamente consegnati a mano presso la segreteria ed in questo caso sarà rilasciata regolare ricevuta di avvenuta consegna.Tutte le spedizioni saranno a cura, spese e responsabilità dei concorrenti. In ogni caso saranno ammessi solo gli elaborati pervenuti entro 7 giorni dopo la scadenza, ma spediti entro la scadenza; tutti gli altri saranno esclusi.La segreteria e l’organizzazione non si assumono responsabilità riguardanti ritardi o smarrimenti postali.Gli elaborati dei vincitori e dei segnalati non saranno restituiti; tutti gli altri, dopo l’uso per le mostre, saranno restituiti, se richiesti per iscritto e se ritenuti non necessari da AIPi ai fini dell’esercizio di quanto previsto dall’art. 11, a spese del richiedente. Le richieste di restituzione dovranno pervenire entro sessanta giorni dalla fine dell’ultima mostra del concorso,. I materiali non ritirati entro 60 giorni successivi saranno distrutti al macero.Gli elaborati non devono contenere "MOTTI" previa esclusione , poiché è un modo di individuazione del progetto.

Art.6 EsclusioniNon possono partecipare al Concorso:I membri della Giuria, i loro coniugi e parenti fino al terzo grado ed i loro collaboratori;I membri del CdA AIPi, i loro coniugi e parenti fino al terzo grado ed i loro collaboratori;I membri della Commissione Soci AIPi, i loro coniugi e parenti fino al terzo grado ed i loro collaboratori;I dipendenti delle società sponsorizzatrici, i loro coniugi e parenti fino al terzo grado;Coloro i quali hanno collaborato alla stesura del suddetto bando, i loro coniugi e parenti fino al terzo grado.

Art.7 Giuria La giuria sarà composta: • da rappresentante Politecnico di Milano • " " Politecnico di Torino • " " Università di Venezia • " " Board IFI • " " Board ECIA • " " ADI • " " AIAP • da rappresentanti AIPi (Presidente e Capo Progetto) • " " Riviste specializzate • " " Major sponsor • " " Mondo imprenditoriale

Art.8 PremiCategoria 1 :1° classificato: opera di maestro italiano contemporaneo + premio pari ad € 4000,002° classificato: targa di menzione di merito + premio pari ad € 2500,003° classificato: targa di menzione di merito + rimborso spese di € 1500,00Categoria 2 :1° classificato: € 2500,00 più targa di menzione di merito2° classificato: € 1500,00 " " " "3° classificato: € 1000,00 " " " "

Art.9 Risultati e DivulgazioneI lavori della Giuria si completeranno entro il mese di Luglio 2012, i risultati saranno resi noti ai vincitori mediante comunicazione raccomandata ed inoltre diffusi a mezzo stampa e con un’apposita manifestazione di premiazione .La Giuria diffonderà, in occasione della cerimonia di premiazione, una relazione conclusiva indicante i criteri di valutazione e la motivazione dei progetti premiati.I progetti vincitori saranno esposti in una mostra e presentati al pubblico nella cerimonia di premiazione che si terrà entro il mese di Dicembre 2012.L’organizzazione si riserva inoltre la possibilità di pubblicare i lavori pervenuti sulla stampa specializzata, nonché di realizzare un catalogo delle opere pervenute.I partecipanti al Concorso con l’invio dei progetti acconsentono all’utilizzo dei loro materiali ai fini sopra elencati . Nulla sarà dovuto ai concorrenti per gli usi di cui sopra .

Art. 10 AccettazioneCon l’invio dei progetti e di una copia del presente bando regolarmente sottoscritta, i concorrenti (siano essi singoli o gruppi di lavoro) accettano, senza riserve, le condizioni espresse nel bando e le decisioni della Giuria, sia per l’interpretazione del bando che per la valutazione delle opere in competizione.

Art. 11 Controversie, competenza esclusivaPer qualunque controversia a qualsiasi titolo derivante dalla adesione e partecipazione al concorso di cui al presente bando, sarà (esclusivamente) competente a decidere per territorio il foro di Monza con esclusione di qualunque altro foro eventualmente concorrente anche per via di connessione.

Il Responsabile del Concorso I.D. Sebastiano Raneri Presidente AIPi Il Capo Progetto I.D. Nicola Marcello Tropea

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Nel prossimo Anno 2012, per una necessaria pianificazione delle spese postali, il nostro bimestrale, che in passato era inviato gratuitamente a tutti i Geometri Liberi Professionisti potrà essere ritirato dagli stessi, presso i propri Collegi di appartenenza.

ATTENZIONE!I Geometri che desiderano continuare a riceverlo GRATUITAMENTE presso il proprio indirizzo sono pregati di fotocopiare il modulo qui stampato, compilarlo in ogni sua parte e inviarlo via Fax al n° 06.42005441.

MODULO RICHIESTA INVIO GRATUITO GEOCENTRO/magazine Fax 06.42005441 Nome Cognome Collegio di appartenenza N° Iscrizione Albo

Città CapVia/Piazza N°Telefono e-mail

data firma

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ANNO III | n. 17 | SETTEMBRE - OTTOBRE 2011

NEL PROSSIMO NUMERO

TIRATURA E DIFFUSIONE MEDIA: 110.000 copie

… e tanti altri interessanti articoli anche sul contributo che i Geometri hanno dato nei diversi periodi dei 150 anni alla storia d’Italia, al suo sviluppo e alla formazione di un’identità nazionale

SISTEMI

Atmosfera terrestree navigazionesatellitare

ISTRUZIONE

Scuola MediaRapporto della FondazioneGiovanni Agnelli

150° UNITA’ D’ITALIA

I Tecnici protagonisti:Ciro Vicenzi

L’Istituto TecnicoPier Crescenzi-Pacinottidi Bologna

ARCHEOASTRONOMIA

Rilievi topograficisulle architetturesacre di originemedievale a Venezia

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