stato di diritto stato di dovere

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GIUSEPPE CATALANI 26/12/2016 STATO DI DIRITTO O STATO DI DOVERE? Il Diritto è l’espressione del Dovere L'uomo onorato è quello che giudica un diritto come un suo dovere Henri-Dominique Lacordaire

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Page 1: Stato di diritto stato di dovere

GIUSEPPE CATALANI

26/12/2016

STATO DI DIRITTO O

STATO DI DOVERE?

Il Diritto è l’espressione del Dovere

L'uomo onorato è quello che giudica un diritto come un

suo dovere Henri-Dominique Lacordaire

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Exquire

Giuseppe Catalani 1

Sommario Premessa ................................................................................................. 2

La Genesi ................................................................................................. 2

L’Individuo ................................................................................................ 3

Relazionare ............................................................................................ 4

Ottimizzare ............................................................................................ 4

Sicurezza ............................................................................................... 5

Identità ................................................................................................. 5

Il Gruppo .................................................................................................. 6

Il Gruppo come espressione del singolo ..................................................... 7

Lo Stato come insieme di gruppi ............................................................... 9

Diritto o Dovere ......................................................................................... 9

I rapporti tra Morale, Etica ...................................................................... 11

Il significato ....................................................................................... 12

Bene e male ....................................................................................... 13

Ordinamento o Deontologia ..................................................................... 14

Diritto è Individualismo, Dovere è Socialità ............................................ 14

Costituzione ....................................................................................... 16

Bibliografia .............................................................................................. 16

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Exquire

Giuseppe Catalani 2

STATO DI DIRITTO O STATO DI

DOVERE?

Il Diritto è l’espressione del Dovere

PREMESSA La storia degli Stati, si è sviluppata internamente in modo autonomo pur

risentendo l’influenza degli avvenimenti esterni al suo contesto. Così si sono

create culture diverse con una loro identità che ha e ancora oggi determina le

scelte politiche ed economiche dei singoli Stati. Il progetto di una “Unione

Europea” deve confrontarsi con i soggetti che la compongono i quali, pur

sforzandosi di aderire ad un progetto comune non possono, almeno per ora,

dimenticare la loro origine, identità e autonomia. Il progetto UE parte dal

riconoscimento dell’essere umano quale soggetto degno di protezione e su

questo costruisce le regole dell’integrazione. Naturalmente le “diversità” pongono

in essere modi e interpretazioni diverse, riguardo il comportamento che ogni

membro pone in essere al fine di conseguire il soddisfacimento dell’obiettivo UE.

Questo si ripercuote sull’uniformità di applicazione interna delle azioni proposte

al raggiungimento del fine comune, dove il cittadino è proiettato in una

dimensione non più limitata all’ambito territoriale e culturale che lo ha visto

“nascere” (nazionale), ma in una dimensione più ampia in cui si estrinsecano

culture diverse. Ecco che il rispetto delle regole assume rilevanza fondamentale,

incidendo sulla fiducia verso l’UE. Il Cittadino necessita di operare in una

dimensione di certezza in quanto, diversamente, sarebbe in balia dei “venti” e

conseguentemente non sarebbe in grado di apportare il suo contributo al

raggiungimento dell’obiettivo comune, che si origina da un obiettivo personale ad

esso coerente. Non tanto democrazia, diritti dell’uomo e tutela delle minoranze

possono di per se essere sufficienti al completamento del progetto, ad essi deve

essere affiancato il concetto di Stato di diritto o meglio di Dovere, senza il quale

il cammino verso una vera UE rimarrebbe nell’alveo utopistico. Questo

presupposto deriva proprio dall’essere l’UE un insieme di culture diverse,

accumunate per certi versi da un desiderio, “forse”, comune e forse, “altruistico”

di vera comunità che garantisca: pace, serenità, sicurezza, eguaglianza,

solidarietà tra i “popoli” che ne fanno parte. E’ proprio il concetto di popolo che

evidenzia le diversità; il concetto di cittadino europeo è di difficile assimilazione,

anche se è la base su cui si fonda l’obiettivo finale. Orbene partendo dal concetto

di diversità, in cui si ricomprendono interessi economici e politici “soggettivi”

degli Stati membri, si inserisce la definizione di Stato di diritto o di Dovere,

qualificato come valore comune (art 2 TUE) a cui lo Stato membro deve

assoggettarsi.

LA GENESI L’essere umano è stato ed è soggetto, continuamente, ad una analisi che tende a

darne una definizione o meglio ad identificarne i tratti salienti che lo distinguano

dall’animale (Natura Umana). Attraverso questa definizione si cerca di

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Exquire

Giuseppe Catalani 3

determinarne i comportamenti, ovvero di giustificarli in rapporto al contesto in

cui esso viene a trovarsi. In questo tentativo molti Autori hanno dato vita ad una

intensa produzione che ha in comune l’analisi critica del rapporto Uomo –

Religione. Comprensibilmente tale “scontro” deriva dalla presenza ed influenza

che la religione ha generato sulla “vita” dell’essere umano, religione

naturalmente in generale, in quanto elemento comune di molte “comunità” di

individui. In questo rapporto si evidenzia sempre e comunque l’inferiorità, la

sudditanza dell’essere umano alla religione. Alle divinità viene riconosciuta la

capacità/autorità di infliggere punizioni e sofferenze che a volte sembrano anche

ingiuste. La storia ci mostra la loro evoluzione, che porta a creare figure

tolleranti e benevole verso l’essere umano. Figure che si incarnano, soffrono e

muoiono per amore e per il bene della comunità stessa. In tutta la produzione

letteraria e filosofica si evidenzia la volontà dell’essere umano di affrancarsi da

questa “schiavitù” e affermare la sua libera mortalità. Nella consapevolezza di

essere mortale è comunque padrone della natura, capace di raziocinio e del

linguaggio (Senofonte, Memorabili, IV, 3, 3-12, 1994). Ha in sé l’immortalità che

si estrinseca nell’anima, in cui risiede il concetto di giustizia (Platone, Fedone,

62b; 65c-d pp. 74-79 In tutti gli scritti, 1991) e che è la parte nobile dell’essere

umano controllata dalla sua funzione razionale (Trad.ne italiana del De Anima -

Aristotele -, 2001). In questo contesto l’individuo non vive isolato ma in gruppo1

(Cicerone, 45 - 44 a.C) e in questa formazione “sociale” crea dei rapporti atti a

regolamentare l’esistenza stessa della comunità. Il bisogno di dare delle regole

alla formazione sociale è inizialmente una questione di sopravvivenza

(distribuzione dei compiti –economicità- produttività – specializzazione, gestione

delle risorse, dirimere i contrasti) che nel tempo diventano una caratteristica

essenziale, alla quale deve essere data una motivazione condivisa dai membri

del gruppo e coerente con la loro evoluzione quali e quantitativa. L’evoluzione

storica ha trasformato il concetto di anima da essenza immateriale presente

nell’essere umano (significato spiritualistico), ad attività cognitiva del cervello

(significato laico) che trova in Freud2 una nuova tripartizione. Affrancandoci dalla

definizione spirituale o laica dell’anima, troviamo nell’essere umano la capacità di

riconoscere il significato dei valori e la loro importanza all’interno di un gruppo,

comunità, società, Stato.

L’INDIVIDUO Molti sono gli studi antropologici e certamente ogni studioso ha fornito il suo

contributo, qui non si vuole rivisitare le varie teorie ma si cercherà di abbozzare,

forse in maniera semplicistica e comunque ai soli fini paratici, questo aspetto in

relazione all’argomento principale “Stato di Diritto” quindi: i tratti salienti

dell’individuo e quali le influenze al suo modo di comportarsi. Utilizzerò dei

termini che do per conosciuti usandone il significato generale, specificandone il

nuovo, dove sia diverso.

1 Sic enim mihi perspicere videor, ita natos esse nos ut inter omnes esset societas quaedam. (Mi sembra chiaro, infatti, che siamo nati perché si instauri tra tutti gli uomini un vincolo sociale, tanto più stretto quanto più si è vicini.).

2 Es (serbatoio delle energie psichiche, in gran parte inconsce), Io (sfera delle relazioni e contatti con la realtà esterna) e Super-io (sede dei valori e della coscienza morale)

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Giuseppe Catalani 4

L’essere umano, dalla sua comparsa ad oggi, ha vissuto una sua evoluzione

finalizzata alla sopravvivenza. Si è adattato ai cambiamenti della natura, ha

affinato la sua tecnica di apprendimento e grazie a questa ha saputo distinguersi

dal resto degli esseri viventi. Lo sviluppo delle sue capacità di apprendimento lo

hanno portato ad essere uno, se non il solo essere vivente in grado di

confrontarsi con la natura e influenzarne il comportamento. Tutto questo è stato

fatto al fine di raggiungere lo scopo, che nel corso dei secoli si è spostato da

semplice necessità di soddisfare bisogni primari, al soddisfacimento di bisogni a

volte più che superflui. In questa sua evoluzione l’essere umano ha mantenuto

fermi alcuni caratteri che lo accompagnano ancora oggi e ne influenzano le scelte

e conseguentemente i comportamenti. Osservandolo oggi, nella sua quotidianità,

cercando di spogliarlo dalle influenze del contesto in cui si trova, possiamo

individuare questi aspetti di caratterizzazione: Necessità di relazionare, di

ottimizzare, di sicurezza, di identità.

Relazionare Non siamo animali in grado di vivere in solitudine, in noi la necessità di operare

in un contesto in cui ci siano altri, simili a noi3. Se non ci sono, il nostro

“immaginario” li crea, innalzandoli a confidenti, amici, istaurando con loro un

rapporto concreto4. Questo comportamento, che è presente fin dall’età infantile,

ci accompagna nell’età adulta, cambiando definizione o punto di vista, ma è un

fatto che conferma la necessità di istaurare relazioni con soggetti a noi simili,

ossia capaci di “ragionamento”, con i quali confrontarsi. Ecco che l’individuo è

costantemente alla ricerca di relazioni stabili, dove potersi confrontare e

affermare, in modi diversi, la sua esistenza come soggetto capace di pensare e

fare. Questa sua necessità lo porta a interagire con gli altri e in questo modo si

vengono a creare degli aggregati di persone, che evolvono in gruppi.

Ottimizzare La sopravvivenza non può fare a meno del concetto di ottimizzazione delle

risorse e queste intese nella loro accezione più ampia. Non solo risorse

alimentari ma anche fisiche ed intellettive, che nel contesto sopravvivenza

giocano un ruolo fondamentale. Da qui la necessità di gestire in modo

profittevole e senza sprechi. Un individuo preso singolarmente ha in se dei limiti,

che possono essere sufficienti a raggiungere un livello minimo di sopravvivenza.

Ma possono risultare anche insufficienti, ed in questo caso nasce la necessità di

interagire con altri soggetti, a lui simili, al fine di creare un sistema capace di

raggiungere lo scopo dell’ottimizzazione. Questo sistema porta con se i concetti

di condivisione, attribuzione, specializzazione e regolamentazione.

3 ibidem

4 L’amico immaginario nel bambino è una situazione ricorrente che mantenuta nella sfera della consapevolezza dell’immaginario, non costituisce comportamento patologico ma solo un esercizio per apprendere come confrontarsi con la realtà. Questo comportamento, nella sostanza, lo ritroviamo nell’età adulta dove non riveste più la funzione di apprendimento ma quella di confronto con se stessi. Altre caratteristiche rimangono invariate tra età infantile/adolescenziale ed adulta, quali: lo sfogo, colmare un vuoto o darsi coraggio. Quando questa manifestazione diventa patologica si è in presenza di situazioni in cui sono venuti a mancare le relazioni con gli altri individui della stessa specie.

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Condivisione; si devono condividere le risorse nella consapevolezza che la

loro corretta gestione è fondamentale alla sopravvivenza del singolo. Esso

è conscio che, in forma autonoma, i suoi limiti possono risultare a lui

deleteri. Da qui la necessità di definire le attività necessarie alla gestione

e ripartire i compiti tra i soggetti che hanno accettato la condivisione delle

risorse.

Ecco quindi la necessità di effettuare delle ….

Attribuzioni; I soggetti si attribuiscono delle attività da svolgere in

autonomia, tra le molteplici individuate, così facendo il sistema è in grado

di ottemperare a tutte le necessità che derivano dalla gestione delle

risorse e da questa la sopravvivenza del singolo, come parte di un

sistema più ampio.

Lo svolgimento di attività in modo continuativo porta, giocoforza, alla ….

Specializzazione; I soggetti si specializzano in una determinata attività e

se da una parte questo gioca a favore dell’ottimizzazione, di contro

comporta il vincolo del sistema alla specializzazione. L’individuo che si è

specializzato diventa lui stesso elemento fondamentale del sistema e

quanto più il sistema ha bisogno di quella specializzazione, tanto più

l’individuo che la detiene, è soggetto influenzante il sistema.

Al fine di controllare l’equilibrio del sistema questo si dota di una…….

Regolamentazione; rappresentata da regole di condotta attraverso le

quali si tenta di mitigare, prevenire, comportamenti che danneggino il

sistema, ovvero portino a ripristinare la situazione originale che si è

degradata, riconducendo il sistema alla sua originale configurazione.

Sicurezza Gli sforzi profusi alla creazione ed al mantenimento del sistema, in ragione

proprio dell’ottimizzazione delle risorse, non possono essere vanificati da

comportamenti non conformi di coloro che, pur facendone parte, non rispettano

le regole. Ecco che l’individuo cerca delle certezze, ossia pretende che lo sforzo

generale, ma soprattutto il proprio, sia in qualche maniera salvaguardato e

quindi protetto. L’individuo è consapevole che il dettare regole, anche se

condivise, non è sufficienti ad affrancare il sistema dagli interventi difformi al

modus operandi comune. Il suo bisogno di certezze, che gli garantisce una chiara

visione di quali sono i criteri con cui il sistema vive e si evolve, lo portano a

definire una regola particolare, che trova nella “coercizione” il suo principale

fondamento.

Identità Ora l’individuo ha creato un sistema in cui si ritrova ad operare e questo sistema

gli garantisce la sopravvivenza attraverso: la suddividono dei compiti, il rispetto

delle regole di comportamento condivise e l’uso della “coercizione” verso coloro

che pur volendo rimanere nel sistema, rifiutano di rispettarne i presupposti.

Tutto questo si scontra con un elemento che viene spesso sottovalutato,

parliamo dell’individuo quale singolo e del suo modo di essere al tempo stesso

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Giuseppe Catalani 6

sociale e individualista. Questo ossimoro è connaturato nell’individuo, egli fa

spostare l’ago della bilancia da una parte all’altra, in relazione ai suoi specifici

interessi, che si realizzano nel sistema medesimo, o attraverso il suo uso anche

improprio. Questa contraddizione di termini e di azioni, è presente in ogni

sistema fatto di individui. Vi è la necessita di costituire un sistema per garantirsi

la sopravvivenza, ma poi si tende ad operare in modo difforme da quanto

accettato e condiviso, ovvero di operare al suo interno per il raggiungimento di

un interesse5 che non è comune, ma del singolo. Ecco quindi la necessità di

fornire un elemento che contrasti l’individualismo a favore della socialità.

L’individuo ha bisogno di identità, ossia trovare all’interno del sistema che gli

garantisce la sopravvivenza, una posizione che sia riconoscibile e riconosciuta.

Questo riconoscimento e quindi la sua posizione nel sistema, mitigano il

desiderio di contrastarne le regole, portandolo ad accettarne i vincoli in quanto

fatti propri. Questa identità lo porta a considerare il sistema una parte del

proprio essere (Io) e ad identificarsi con esso. Maggiore è la corrispondenza tra

identità ed Io, come soddisfazione del proprio Es,6 maggiore ne è la sua

identificazione.

IL GRUPPO Quello che abbiamo descritto come sistema è in estrema sintesi un gruppo7:

“insieme di individui che interagiscono tra loro influenzandosi reciprocamente e

che condividono, più o meno consapevolmente, interessi, scopi, caratteristiche e

norme comportamentali” (Vocabolario on line) (Galimberti, 2006). Riprendendo

gli aspetti precedentemente illustrati e ricollocandoli nel concetto di gruppo,

5 Utilità, vantaggio, convenienza in senso non solo materiale ed economico ma anche spirituale, morale; da un punto di vista più soggettivo, l’esigenza stessa di ciò che appare atto a soddisfare i nostri bisogni, la considerazione di ciò che può contribuire al nostro benessere o esserci utile, vantaggioso. Vocabolario on-line Treccani 6 Le esperienze che l’individuo vive nella sua vita, fin dalle origini, vanno a comporre quello che possiamo indicare come il data base della memoria, in cui risiedono le informazioni che influenzano l’inconscio e conseguentemente la sua coscienza (“Consapevolezza che il soggetto ha di sé stesso e del mondo esterno con cui è in rapporto” Vocabolario Treccani). Questo suo mondo interiore è formato da elementi ben distinti che si influenzano tra loro. Troviamo: l’inconscio profondo, il subconscio (Es -Id – in cui risiedono le sue tendenze, i suoi desideri, e gli istinti. Qui non esiste il concetto di morale in quanto non è conosciuta), la personalità (Io – consapevolezza dell’individuo di esistere e che le azioni e i comportamenti gli appartengono), la censura (l’elemento che blocca le pulsioni del subconscio non conformi al contesto in cui l’individuo viene ad operare. Una censura che viene a manifestarsi attraverso l’educazione), il Super-Io (l’Io che subisce le limitazioni dalla censura) e il conscio in cui si esprime l’Io emendato (Super Io). Con questi elementi l’individuo si confronta con il contesto e reagisce attraverso la repressione delle pulsioni vietate dal Super-Io, o attraverso la rimozione delle stesse. La repressione è un fenomeno cosciente, attraverso cui l’individuo rinuncia volontariamente e consapevolmente a un desiderio condannato dalle sue stesse convinzioni (io so ma rinuncio). La rimozione è un processo inconscio che, operando sulla pulsione stesa, impedisce il suo affiorare nella sfera cosciente (l’inconscio sa ma io rifiuto di sapere). Il primo è un fenomeno che non porta conseguenze, il secondo può provocare, in determinate condizioni, problemi anche importanti. All’interno del gruppo opera sicuramente il processo di repressione, che trova la sua giustificazione proprio in ciò che esso rappresenta per l’individuo. Le azioni e le convinzioni dell’individuo sono il frutto della sua storia e dell’educazione ricevuta, quanto più questa ha affinità con il gruppo, ovvero il gruppo ha educato l’individuo, tanto più agiscono le repressioni anziché le rimozioni (Dacco, 2003)

7 Condivisione di un Destino Comune (Lewin, 1948); Esistenza di una Struttura Formale Implicita di Ruoli o Status (Sherif, 1969); Presenza dell'Interazione Faccia a Faccia (Bales, 1950)

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Giuseppe Catalani 7

possiamo caratterizzarlo attraverso questi fenomeni: Relazioni, Coesione,

Appartenenza, Scopo, Riconoscibilità, Sentire (Sentimenti generati). Elementi

influenzati dall’Io.

Il Gruppo come espressione del singolo Il singolo, come individuo, ha una sua “personalità”8 frutto di un percorso che lo

ha visto e lo vede protagonista in veste attiva o passiva. In relazione ai vari

contesti in cui si è venuto a trovare e nel modo con cui li ha affrontati, questa

“personalità” si è via via affinata e consolidata, diventando una sua caratteristica

distintiva. Questa personalità lo accompagna in tutto il suo percorso di vita e ne

influenza il suo sviluppo. L’essere “protagonista” o “gregario” può essere una

scelta dettata dal momento, o una caratteristica strutturale. Nel primo caso

siamo di fronte ad un soggetto forte, che per scelta può anche apparire gregario,

nel secondo ad un soggetto “debole”, che è gregario in quanto parte della sua

personalità. Questa dualità è una delle caratteristiche dei gruppi, infatti esiste il

concetto di leader9. Questo soggetto ha il compito di mitigare questa differenza,

cercando di bilanciare gli effetti delle due tendenze. Uno degli strumenti

utilizzabili a questo scopo è il concetto di identità comune, dove il gruppo è

percepito e rappresentato come soggetto unico, con personalità unica, in cui si

riconoscono sia il protagonista che il gregario. L’identificarsi con il gruppo è il

primo passo affinché ci sia il rispetto volontario delle regole in quanto ritenuto

indispensabile al suo esistere.

Pur partecipe di un gruppo il singolo mantiene vivi i propri interessi, in contrasto

con la logica che li vorrebbe secondari rispetto all’unità di intenti. Proprio questo

è il motivo che porta a non escludere un comportamento difforme da parte dei

componenti il gruppo, ossia il non rispetto delle regole. Maggiori risulteranno gli

interessi personali in gioco, maggiore sarà la tendenza a derogare dalle regole.

Questo allontanamento ha però due facce, una “legittima” ed una “illegittima”, in

relazione agli obiettivi del gruppo. I primi sono sicuramente benefici al sistema,

portano dialogo e confronto interno, a cui può seguire una rivisitazione degli

stessi obiettivi del gruppo, e quindi un processo evolutivo senza conflitti. I

secondi possono essere negativi in senso assoluto, ed in questo caso sono

esclusi da qualsiasi valutazione di merito e se considerati, generano profondi

8 “In psicologia, l’insieme di quelle disposizioni e funzioni affettive, volitive e cognitive che si sono progressivamente combinate nel tempo ad opera di fattori genetici, di dinamiche formative e di influenze sociali, fino a costituire una struttura relativamente stabile e integrata riconosciuta dall’individuo come propria, ed espressa di volta in volta nel proprio particolare modo di interagire con l’ambiente, di determinare i proprî scopi, di regolare il proprio comportamento” (Vocabolario on line). 9 Leader: questo soggetto assume una funzione determinante nel gruppo e possiamo definirlo il manipolatore. La sua funzione principale è quella di gestire il gruppo al fine di indirizzare le attività dei componenti verso uno scopo. Egli può agire avendo quale obiettivo il raggiungimento dell’interesse del gruppo, ovvero il proprio. In entrambi i casi la sua azione è indirizzata ad influenzare le dinamiche psicologiche dell’individuo - subconscio, censura (formazione) e sull’Io e il Super-Io-. Quando l’obiettivo è indirizzato al gruppo nel suo complesso il leader è “positivo”, quando si muove solo per interesse personale è “negativo”. Nel primo caso opera attraverso la condivisione partecipata delle esigenze del gruppo, cercando di motivarlo attraverso una partecipazione critica e trova nei soggetti protagonisti i sui principali antagonisti ma, in relazione alla sua personalità, anche i principali alleati. Nel secondo caso deve far diventare il suo scopo lo scopo del gruppo operando una certa azione coercitiva e trova nei soggetti “gregari”, i sui principali sostenitori.

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cambiamenti e conflitti interni spesso insanabili. In senso relativo, in questo caso

degni di riflessione e confronto anche vivace, comportano, attraverso una critica

anche con forte dissenso interno, il raggiungimento di un compromesso, che può

risultare anche strutturalmente evolutivo. Proprio questa è la difficoltà che

incontra il gruppo; il concetto di legittimo o illegittimo è oggettivamente

soggettivo, nel senso che la sua individuazione è “chiara”, all’interno del

contesto, ma varia al variare di questo. Anche in questo caso la ricerca di un

compromesso tra le esigenze dei singoli, è un’attività necessaria ma difficoltosa e

deve tener conto dell’interesse che il gruppo ha di sopravvivere. Non è pensabile

un sistema (reale) in cui l’interesse del singolo non influenzi il comportamento

del gruppo, maggiore è il peso (economico e politico) che il singolo ha, all’interno

del gruppo, maggiore sarà lo sbilanciamento delle regole rispetto ad uno stato di

equilibrio.

Ogni singolo ha una sua motivazione per aderire al gruppo e la “forza” di questa

motivazione incide sull’interesse a mantenerlo vivo, ed a parteciparvi. Proprio

questa forza, che si coalizza con quella degli altri membri, determina il limite di

accettabilità dei comportamenti difformi tenuti dal singolo. Il leader non ha di per

sé l’autorità per ripristinare la conformità dei comportamenti difformi, in quanto

la delega ricevuta, sottostà all’interesse del gruppo a mantenere lo status quo,

ovvero ad incidere, anche drasticamente, sul soggetto trasgressore. Pur

esistendo nell’ordinamento del gruppo un sistema sanzionatorio, la sua

applicazione incontra limitazioni derivanti sempre e comunque dagli interessi

propri dei singoli.

Il gruppo è caratterizzato da una finalità, da una organizzazione e da un

ordinamento. Se la finalità rappresenta la motivazione che fa da collante tra i

componenti, l’organizzazione, con la sua gerarchia, consente l’ottimizzazione

delle risorse, mentre l’ordinamento, stabilisce quali i vincoli di relazione tra i

singoli e tra questi ed il gruppo quale entità singola. L’organizzazione è lo

strumento necessario all’ottimizzazione degli sforzi per il raggiungimento del

fine. Gli sforzi sono le attività che devono essere svolte dai componenti e queste

hanno una loro gerarchia, ossia hanno una loro priorità ed una diversa

importanza. Questa diversità tra le attività, si riversa sui soggetti a cui le stesse

sono affidate. I soggetti, tra i quali vengono ripartite le attività, si specializzano e

acquisiscono una loro posizione all’interno del gruppo, frutto dell’importanza

dell’attività svolta e della loro capacità di svolgerla. In questo modo si attua una

classificazione nel gruppo, che pone i soggetti in posizioni (livelli) diverse gli uni

rispetto agli altri. La posizione del soggetto conferisce a questo una certa

influenza nella gestione del gruppo, influenza che gestisce, in teoria per il fine

comune, ma che può deviare verso il perseguimento di fini difformi e personali.

Ecco quindi, sviluppandosi il gruppo, la formazione delle classi, fenomeno che

può generare una contrapposizione, o peggio, un conflitto interno allo gruppo

stesso. L’ordinamento pone delle regole di comportamento, atte a riequilibrare le

disparita tra i componenti e porre dei vincoli alla loro libera azione, soprattutto

quando questa risulta in contrasto con gli interessi generali del gruppo.

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Giuseppe Catalani 9

Lo Stato come insieme di gruppi Se il gruppo (società10) è il luogo dove l’individuo trova la sua ragione d’essere e

il suo completamento, quale espressione della sua personalità e con esso si

identifica, lo Stato è il luogo in cui si attuano le interazioni tra i gruppi. In questo

ambito il singolo gruppo è paragonabile all’individuo. Portatore di interessi,

“pulsioni”, propri, quale espressione mediata di quelli dei suoi componenti.

Lo Stato è un gruppo più ampio, in cui si ritrovano le medesime problematiche

precedentemente considerate. In questo caso le interazioni sono più complesse e

articolate, si attuano a più livelli e coinvolgono sia i singoli che i loro leader. Il

singolo interagisce liberamente con l’ambiente Stato, portando con se gli

interessi del gruppo e i suoi. Il leader opera attraverso un mandato

“parlamentare”11 e si fa portavoce degli interessi del gruppo. In ambedue i casi,

giocano un ruolo di primo piano: l’individuo e la sua personalità, l’individuo e i

suoi interessi e quanto egli si identifica con il gruppo di appartenenza. Gli

interessi dei gruppi possono essere uguali o diversi tra loro, la diversità può

risultare profonda, lieve o solo apparente. Comunque sia, si vengono a creare

delle separazioni (categorizzazione), che sono conseguenza degli specifici

interessi di cui il gruppo è portatore. Le categorie che si generano, in base al

criterio di raggruppamento, possono ritrovarsi all’interno del medesimo

raggruppamento, quando l’interesse da “difendere” è il medesimo, oppure in

antitesi, quando l’interesse e l’esatto opposto. Da qui la certezza della fluidità

che esiste in un sistema composto da più gruppi, ma nello stesso momento la

necessità di dare ordine a questa moltitudine di interessi. Anche in questo caso il

sistema (lo Stato) pone delle regole, che ne formano il suo ordinamento e crea

una organizzazione per la sua gestione. Lo stesso prevede delle azioni coercitive,

da porre in essere nei casi in cui vi siano comportamenti difformi alle sue regole.

DIRITTO O DOVERE Con la formazione della società e dello Stato, si riafferma il bisogno dell’individuo

di riunirsi; egli affida a queste realtà, la salvaguardia dei suoi interessi attraverso

l’ordinamento. La legittimazione di questo stato di fatto, deriva dalla sua

consapevole necessità; senza l’ordinamento, l’individuo, è destinato a sopportare

un continuo conflitto con i sui simili. Sa che questo comportamento non porta

nessun vantaggio alla sua sopravvivenza, né alla sua evoluzione. Quindi è

disposto a rinunciare a parte della sua liberta di agire, a favore della stabilità dei

rapporti. Questa stabilità gli consente una migliore gestione delle sue risorse.

Queste regole di convivenza si evolvono con l’evolversi della società, anche se

alcuni “principi” non si modificano o si modificano lentamente nel tempo. I

principi essenziali esistono a prescindere dal contesto storico in cui l’individuo si

10 “In senso ampio e generico, ogni insieme di individui (uomini o animali) uniti da rapporti di varia natura e in cui si instaurano forme di cooperazione, collaborazione, divisione dei compiti, che assicurano la sopravvivenza e la riproduzione dell’insieme stesso e dei suoi membri” Vocabolario on-line Treccani 11 Mandato parlamentare inteso in questo caso come il vincolo che lega il leader ai suoi “sostenitori” i quali pur lasciandogli la libertà di azione e scelta, che si presuppone indirizzata al bene della società o gruppo, gli chiede conto del suo agire attraverso la riconferma della sua leadership.

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Exquire

Giuseppe Catalani 10

trova e sono il frutto dell’educazione12 a cui esso e soggetto, fin dalla sua

nascita.

La morte, il possesso, la libertà di agire e la continuazione della specie, sono gli

elementi che garantiscono la sua sopravvivenza. Ogni azione che l’individuo

compie è indirizzata a non morire e perché ciò non accada, ha bisogno di agire

per garantirsi risorse sufficienti. Queste risorse se le procura attraverso il lavoro,

ed una volta acquisite cerca di mantenerle, difendendole da coloro che

vorrebbero sottrarle. Ma in se vi è anche la necessità di garantire la

continuazione della specie; lo fa attraverso l’accoppiamento, che si realizza

all’interno di un nucleo organizzato (famiglia), in cui la progenie trova: risorse,

difesa ed educazione. Anche questo nucleo (gruppo) limitato si gestisce

attraverso delle regole, riconfermandone la necessità, indipendentemente dal

legame che lega i suoi componenti. In tutte queste realtà rimane comunque il

problema della loro accettazione e della conseguente assoggettazione volontaria.

Ogni volta che ciò non accade, si generano dei conflitti che portano, giocoforza,

ad una reazione del sistema, al fine di ripristinare lo stato originale. Queste

azioni sono sempre a carattere coercitivo e tendono ad imporre un

comportamento conforme alle regole, nei riguardi di coloro che da esse si

allontanano. In questo panorama prende corpo un termine che deve trovare una

sua definizione. Su questo termine si fondano i rapporti tra gli individui e in base

a come questo è percepito, si hanno reazioni differenti che incidono sulla

gestione del gruppo, della società e dello Stato.

“Il diritto in una persona, l'obbligazione corrispondente di rispettarlo nell'altre, pone una certa maniera di divisione fra persona e persona; l’una si oppone all’altra, come l'attivo si oppone al passivo; l'una possiede esclusivamente un diritto,

l’altra è astretta di rispettarlo anche a malgrado della pena

che gliene può venire, anche a costo di qualsiasi privazione o sacrificio che far dovesse” (A.Rosmini, 1856)

Nella accezione generale, ossia nel pensare comune, il diritto rappresenta: “la facoltà o pretesa, tutelata dalla legge, di un determinato comportamento attivo od omissivo da parte di altri.13”

12 Gli istinti e le pulsioni che originano dal proprio subconscio sono in contrasto con le aspettative della società o Stato che sia, ovvero sono in contrasto con la scelta di creare un gruppo che abbia come fine la sopravvivenza dei suoi componenti. Infatti sarebbe impensabile che i componenti del gruppo si muovessero liberamente per il soddisfacimento dei propri istinti, non ci sarebbe gruppo, ma solo un conflitto continuo dove vige la legge del più forte. Risulta quindi necessario bloccare, o meglio contenere questa spinta verso l’esterno, solo in questo modo il gruppo può sopravvivere. Lo strumento idoneo al raggiungimento di questo obiettivo è l’educazione, che porta alla censura. Infatti attraverso l’educazione impartita, intesa come norme che agendo sul pensiero si concretizzano in un comportamento, si dà origine ad un modus operandi che contraddistingue il gruppo. L’educazione caratteristica del gruppo o Stato, ha una sua base di norme semplici, un primo livello essenziale, sul quale poggiare la sua estensione. Queste norme basilari sono le ultime che si modificano, ossia la loro mutazione o evoluzione è più lenta, da qui una sorta di immutabilità ma che immutabilità non è in senso assoluto. 13 Vocabolario on-line Treccani

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Giuseppe Catalani 11

Le regole enunciano dei principi che possono essere letti in due modi:

1. Come salvaguardia dell’individuo dalle azioni negative messe in atto da

altri individui;

2. Come azioni positive che l’individuo deve svolgere a favore di altri

individui.

Possiamo quindi trovare una società (Stato) del Diritto, ovvero una società

(Stato) del Dovere.

I rapporti tra Morale, Etica Se consideriamo attendibile la teoria Freudiana che vede la parte interiore

dell’individuo suddivisa in Es, Io e Super-Io e assumendo il concetto di censura

ed educazione quali elementi di condizionamento di questa tripartizione,

possiamo provare a analizzare come Morale Etica e Deontologia si rapportano

con il sistema: gruppo e Stato.

L’individuo è un complesso costituito da una parte materiale (organica) ed una

immateriale (spirito14). Queste due componenti interagiscono tra loro

determinandone il comportamento, che è funzione delle circostanze, contesti, in

cui l’essere vivente si viene a trovare.15 L’individuo, nella sua evoluzione, ha

vissuto e vive una serie di esperienze che gli consentono di sopravvivere, prima,

di vivere e di super-vivere16 oggi. Queste esperienze vengono elaborate e

archiviate in quello spazio che chiamiamo memoria e che compone ciò che è

definito inconscio. In questo mare magnum trovano posto anche le aspettative, i

desideri gli istinti, anche primordiali, comuni agli esseri viventi. Sono gli stimoli

che spingono verso la sperimentazione, che porta all’evoluzione. Sull’onda degli

stimoli l’individuo sperimenta, ed acquisisce esperienza che va a comporre la sua

conoscenza. Attraverso la conoscenza elabora una nuova sperimentazione, che

rispetto alla prima sconta l’esperienza positiva-negativa fatta in precedenza. In

questo modo dà vita ad un circolo virtuoso, che gli consente di evolvere. In

questa sua evoluzione, l’individuo è portatore di informazioni che usa per meglio

gestire le sue esperienze quotidiane, informazioni che classifica, proprio per

poterle utilizzare con facilità (organizzazione delle risorse). Dall’analisi di queste

informazioni, classificate, determina le conseguenze delle azioni che pone in

essere, mettendole in relazione al contesto in cui opera. Questa valutazione tra

azioni e conseguenze, gli permette di valutare quali i rischi che corre, in

relazione alla sua volontà di sopravvivere, ovvero di raggiungere uno stato di

14 In questo contesto lo spirito viene inteso come insieme di segnali che l’individuo genera elabora al fine di determinare un comportamento. 15 Ai fini del ragionamento non ci sembra utile determinare se questo modo di operare sia figlio di una influenza “Divina” ovvero di una capacità intrinseca dell’essere vivente. Attraverso un modello semplice che non si discosta, riteniamo, dal modo con cui l’individuo opera nella sua evoluzione, proviamo a disegnare il ciclo che porta alla determinazione di un comportamento rispondente ai concetti di Morale, Etica e Deontologico. 16 Con Super-vivere, intendiamo il raggiungimento di uno stile di vita indirizzato al soddisfacimento di bisogni che, rispetto a quello che possiamo definire di sopravvivenza ovvero di benessere, si proiettano verso il superfluo. Consapevole che il concetto di “superfluo” è relativo, in quanto è sempre in relazione al contesto preso come base di confronto, è innegabile che la società in cui viviamo ci “richiede” uno stile di vita al di sopra delle reali necessità.

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Giuseppe Catalani 12

soddisfazione dei suoi bisogni. Da questo processo scaturiscono delle scelte di

convenienza, che sono sempre figlie di un compromesso. Questo compromesso

vede contrapporsi la libertà di agire con la necessità di ottimizzare le risorse e il

bisogno di sicurezza, il suo individualismo con il bisogno di socialità. Animato dal

suo egoismo ed egocentrismo, consapevolmente, anche se non apertamente,

considera quali gli strumenti che gli permettono di mantenere questa sua

centralità all’interno di quella che, per necessità, è una convivenza con altri

individui.

Il significato L’individuo, quindi, decide di elaborare una serie di principi (Morale), prima a suo

uso e consumo e poi, attraverso il proselitismo, li diffonde trasformandoli in

strumento di potere17. Costituisce in questo modo una logica comune che

contraddistingue una società in un determinato spazio temporale. La morale non

è un dogma immutabile, ma uno strumento che rappresenta l’evoluzione

dell’individuo durante la sua storia. Ciò che era morale nel passato remoto

(sacrifici umani, la schiavitù ecc.), oggi non solo non lo è più, ma è diventato

addirittura immorale. La morale è il risultato dell’esperienza e di come questa è

stata ed è vissuta, in relazione agli obbiettivi che l’essere umano si è posto in

quel determinato momento. La morale opera, sull’inconscio, come un filtro

(censura), essa determina i parametri a cui deve sottostare l’agire,

determinandone la sua conformità al contesto considerato. Essa viene trasferita

attraverso l’educazione, ossia attraverso quel processo di condivisione delle

esperienze non native (prive del processo di analisi personale) ma già elaborate

e quindi influenzate dalla morale. A questa educazione l’individuo, nel suo stato

originale quindi neutro, contrappone la sua volontà e il suo rifiuto quale

affermazione della sua libertà di agire (l’istinto primordiale di sopravvivenza). La

società continua il percorso di educazione e lo fa anche utilizzando la coazione, il

tutto finalizzato ad ottenere una uniformità di comportamenti che ne garantisce

la certezza e la costanza nel tempo. Questa costanza durerà fino a quando

l’evoluzione non definisce nuovi principi e quindi una diversa morale. A questo

punto viene alla luce l’etica ossia il processo che la società pone in essere per

determinare la corrispondenza del comportamento dell’individuo, o di un suo

raggruppamento, ai principi (morale) che essa a posto a base della sua

esistenza. L’etica, quindi, è il giudizio di conformità dell’agire ai dettami della

società, essa, derivando dalla morale, varia con l’evoluzione della società, e ne

segue le logiche. Ora si apre una parentesi che coinvolge il concetto di giusto e

sbagliato, nel senso di come la morale viene percepita dal soggetto passivo. Ma

è una contraddizione nei termini, infatti la morale è sempre giusta in quanto è

l’espressione di una volontà personale che però ha due facce, quella di chi l’ha

posta in essere e di chi la subisce. Quando chi la subisce ne riconosce l’utilità,

che è il frutto di una sua personale valutazione di convenienza, la ritiene

conseguentemente giusta o almeno sopportabile, visti i vantaggi che gli porta

nella sua condizione di individuo nel gruppo (società o Stato). Per chi la posta in

essere, l’essere giusta deriva dal fatto che soddisfa pienamente, o almeno in

17 In questo contesto non viene considerata la definizione di potere nella sua accezione negativa ma come volontà di dominare indipendentemente che questo comporti positività o negatività su colui a cui esso è indirizzato.

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modo preponderante, i suoi bisogni. Coloro che osteggiano la morale non

trovano in essa nessun vantaggio, per cui si pongono con essa in conflitto. La

storia ci mostra alcune figure che hanno rinunciato al loro egoismo e alla loro

egocentricità dedicando la loro vita agli altri. Come si giustifica il loro

comportamento? Gli individui nascono buoni e cattivi? Come si giustifica questa

diversità? Il comportamento che vede un individuo prodigarsi per un suo simile,

è figlio della sua “bontà” o della sua egocentricità? Se il comportamento tende

sempre al soddisfacimento di un bisogno, l’individuo è sempre alla ricerca di

spunti, ed il bisogno non necessariamente si estrinseca in qualche cosa di fisico,

ma può essere anche interiore (soddisfazione del suo Io). Ad esempio uno stato

di supremazia morale, essere considerato punto di rifermento positivo,

attraverso l’applicazione incondizionata dei principi che formano la morale

comune. Spiegato in questo modo, il comportamento si uniforma al

comportamento generale, ossia la soddisfazione di un bisogno che in molti

aspetti risulta comune, ma proprio perché personale se ne discosta in altri18. In

questo caso al concetto di bene e male si assomma quello di buono o cattivo,

riferito all’individuo, anche in questo caso il giudizio di valore è relativo e deve

essere riferito ai principi (morale) alla base della società presa in considerazione.

Bene e male Abbiamo introdotto due nuovi concetti il bene e il male, il giusto e lo sbagliato, il

buono e il cattivo, termini, sinonimi, che trovano nella morale il loro significato.

Il bene è morale, il male è immorale, ma cos’è il bene, ovvero il male, se non un

modo di agire per soddisfare il proprio interesse? Ciò che per un individuo è bene

per un altro è male e viceversa. In una società il bene rappresenta il sacrificio

umano o la schiavitù, per un'altra società è la salvaguardia della vita o la libertà

dell’individuo. Ognuno è convito delle sue “credenze” (ciò in cui crede) figlie

dell’educazione, che deriva dalla conoscenza. La conoscenza non è mai assoluta

ma relativa, ed anch’essa evolve. Più si conosce, maggiori sono i parametri che

si hanno a disposizione per effettuare le scelte e quindi determinare i

comportamenti futuri. La conoscenza porta ad interrogarsi sui modi, per il

raggiungimento dei propri obiettivi, che devono trovare una loro collocazione

all’interno della società o Stato, ovvero del gruppo. Il bene è il male sono

anch’essi concetti relativi; uno dei problemi del gruppo è l’impossibilità di

soddisfare pienamente le aspettative di tutti i componenti. Infatti si opera per

approssimazione, cercando di conciliare le diverse esigenze. Questo significa che

esiste un comportamento ritenuto da alcuni giusto e da altri sbagliato, ma

comunque sopportabile. Quando il “male”, ovvero ciò che contrasta il proprio

interesse, supera la soglia di sopportazione, si generano comportamenti difformi

al comune agire e quindi contro la comune morale. Questi comportamenti sono il

frutto dell’essere l’individuo un animale, che si sociale, ma individualista e che

pone il suo interesse personale al di sopra dell’interesse del gruppo, della società

18Non voglio dissacrare il comportamento che si distingue dal comune agire, ma solo cercare di analizzarne gli aspetti senza porre condizionamenti. Sono consapevole e certo che tali comportamenti, indipendentemente dalle motivazioni intrinseche che li hanno generati, sono sempre positivi. La mia morale, figlia dell’educazione ricevuta, ha una sua personale concezione di ciò che è bene e ciò che è male. Questa morale mi pone, nei riguardi di coloro che operano a favore degli altri, spogliandosi dei loro “beni” e delle loro umane debolezze e quindi mostrandosi nudi ai loro simili, in una posizione di debolezza e ammirazione nonché in certi casi di invidia.

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Giuseppe Catalani 14

e dello Stato. L’educazione che un gruppo diffonde al suo interno è intesa al

raggiungimento del bene inteso nella specificazione data dal gruppo medesimo.

Ora in tutte quelle forme di associazione tra individui, dove l’individuo preso

come singolo è posto al vertice della piramide degli interessi, identificherà nel

male ogni azione indirizzata a danneggiarlo ed in bene tutte le azioni che lo

salvaguardano. Ma quando l’individuo è preso come parte del gruppo, (società o

Stato), il definire una azione nei suoi riguardi giusta o sbagliata, sconta

l’interesse generale del sistema in cui è inserito, ossia l’interesse degli altri

componenti o quello più generale del gruppo stesso. In questa situazione il

significato di bene e male subisce una valutazione diversa, giustificando

un’azione non giusta verso il singolo, se questa porta ad un bene generalizzato.

Il giudizio morale di una azione posta in essere, all’interno di uno Stato (società),

non può mai prescindere da una valutazione di interesse collettivo, che viene

comunque percepita e vissuta dal singolo come ingiusta.

Ordinamento o Deontologia La morale abbiamo visto, sono i principi che regolano la vita di una società,

questi principi definisco un comportamento da tenere, ossia cosa l’individuo deve

fare. Possiamo definirli, senza commettere gravi errori, dei doveri, ossia indicarli

come comportamenti che l’individuo deve attuare, ovvero dei comportamenti

“positivi”, posti a favore della società stessa o verso un altro individuo. Questi

comportamenti, elencati, formano quello che è la deontologia della società.

Partendo da questi principi basilari, la società sviluppa ulteriori regole utili alla

vita di relazione. La loro ordinazione va a costituirne il suo ordinamento. In

questo nuovo contesto si viene a delineare un nuovo concetto, quello di Diritto.

Nell’accezione comune, il concetto di Diritto è vissuto come quel comportamento

che un soggetto, che definiamo attivo, deve ricevere da un altro soggetto che

definiamo passivo, questo comportamento è sempre favorevole al soggetto

attivo. Per tanto se nel concetto di deontologia ritroviamo dei doveri (sacrifici),

nell’ordinamento compaiono anche dei diritti (pretese). Possiamo indicare diritti e

doveri come le facce di una stessa moneta. La moneta è la società, in cui

coesistono due interessi contrapposti: il diritto vantato dall’individuo verso la

società e/o i suoi componenti e il dovere dello stesso verso i medesimi soggetti.

La contrapposizione nasce nel momento in cui il diritto del singolo, si scontra con

il diritto della società o di altro soggetto, ovvero nel dovere dell’individuo di

mettersi al servizio della società, quale espressione dell’interesse collettivo. Il

dovere, in quanto sacrificio a volte percepito come ingiusto, è sempre un atto

che porta con se fatica e perché sia vissuto in modo positivo (giusto), deve

derivare dal convincimento personale della sua utilità. Il diritto, in quanto

pretesa percepita sempre come giusta, essendo espressione del proprio interesse

personale (non sempre favorevole alla collettività), è intrinseca all’individuo.

Diritto è Individualismo, Dovere è Socialità L’individuo posto al vertice della piramide degli interessi della società sconta, a

tutti gli effetti, un’aurea di supremazia. Questo gli fa dimenticare che egli, preso

nella sua singolarità, non è altro che una parte del sistema. Parte sicuramente

importante, come lo è un mattone in un muro. Senza il mattone il muro è

instabile, ma nel loro insieme, i mattoni, formano una struttura capace di

sopportare anche pesi importanti. Cosa che il mattone, singolarmente, non

sarebbe capace di sopportare. Stiamo parlando di una società in cui l’individuo

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Giuseppe Catalani 15

deve porsi al suo servizio, senza per questo perdere la sua identità. Nel

momento in cui vanta dei diritti, questi rappresentano il soddisfacimento di un

suo interesse personale, legittimato dall’ordinamento. Interesse che non

necessariamente è collettivo, ossia di tutti i componenti la società, ma è posto in

essere a livello individuale. Per cui a fronte di un preteso diritto, c’è sempre un

soggetto passivo che lo subisce. Non si sta parlando di giusto o sbagliato o di

male e bene, ma di diritto quale comportamento spogliato dal giudizio di valore.

Espressione di una pretesa personale, vantata nei riguardi di altro o altri

componenti la società, ovvero nei riguardi della stessa come collettività.

Guardando il diritto nell’ottica di chi lo subisce, si vedrà un comportamento in

cui, il soggetto passivo, si pone nella condizione di “mettersi al servizio” del

soggetto attivo (colui che vanta il diritto) e uniformarsi al suo interesse.

Ribaltiamo completamente la prospettiva e guardiamo il diritto come espressione

del dovere. In questo caso l’individuo, che è parte della società, si muove

attenendosi ai doveri da essa posti, ma non imposti in quanto li ha fatti suoi.

Pertanto il suo agire è nell’interesse del singolo, ovvero della collettività in

quanto, indirettamente, né riconosce, implicitamente, i diritti. La società che

comunica ai suoi componenti l’avere loro dei diritti, contribuisce

all’individualismo, mentre una società che comunica ai suoi componenti, l’avere

loro dei doveri contribuisce alla socialità intesa quale comunità sociale. E’

evidente che in una comunità dove gli individui agiscono in base a dei doveri,

accantonando il concetto di diritto, è conseguenza evidente che proprio l’agire, in

funzione di questi, porta alla salvaguardia dei diritti, sia come singolo sia come

società. Sicuramente questo modo di operare è in contrasto con il comune agire

dell’individuo, si potrebbe dire che è innaturale. In questo caso la natura è

mitigata dall’educazione che, senza che essa diventi oppressiva, può incidere su

quello che potremmo definire istinto. L’educazione, affinché operi questo

cambiamento dell’istinto, deve trovare delle motivazioni, ovvero deve trasferire

agli individui dei concetti e principi (morale), che portino con se un valore

ritenuto importante. Questo significa che l’educazione deve trasferire un modo di

pensare, che si traduca in azione, lontano dal puro interesse personale. Operare

una trasformazione profonda di quello che è l’agire per la sola sopravvivenza.

Deve “inventare” dei nuovi concetti che siano espressione della società, concetti

che possano essere condivisi, in quanto espressione indiretta degli interessi di

sopravvivenza. L’uniformarsi in quanto consapevoli che solo nella comunità,

società che rappresenta quel muro, è possibile raggiungere l’obiettivo di

“felicità”, “serenità”, “sicurezza” e quindi sopravvivenza. Nuovamente la morale

come strumento di socialità, la codificazione di principi condivisi, a cui l’individuo

attribuisce un significato così importante da porli a riferimento del suo agire.

Seneca che accetta la morte, rifiutando qualsiasi compromesso, in quanto ritiene

la legge, anche se ingiusta, un valore così importante da salvaguardare con

l’estremo sacrificio. L’onore come immagine della propria appartenenza alla

società, alla quale va riconosciuto rispetto. L’amore, come espressione del

bisogno di riconoscersi nei propri simili, vissuti come parte di se stessi.

Basterebbero questi, come principi, perché i diritti siano rispettati, ma se

l’educazione non è portatrice di questi valori, non siamo all’interno di una società

sociale, ma siamo all’interno di una società individualista.

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Giuseppe Catalani 16

Costituzione Se accettiamo il concetto di dovere quale espressione del diritto e la morale

come espressione di principi che regolano il diritto, attraverso l’esplicazione del

dovere, possiamo porre questi a base dell’ordinamento di una società. Questi

principi sono la guida per la regolamentazione dei rapporti tra i componenti la

società e ad essi si deve fare riferimento. L’individuo cerca di dare ragione delle

sue azioni e questa ragione, vuole che riceva una legittimazione dagli altri

componenti. La legittimazione non può essere espressione di un interesse

personale, ovvero espressione della volontà della società. Nel primo caso

rappresentando l’affermazione del suo egoismo, non troverebbe accettazione se

non attraverso una coazione. Nel secondo caso si troverebbe di fronte ad una

legittimazione figlia di una momentanea convergenza degli interessi, singoli o

collettivi, dei componenti la società. Mutabile in relazione alle circostanze, quindi

fluttuante e incerta. Per risolvere questo problema, l’individuo affida il processo

di legittimazione, di questi principi basilari, ad un sentimento interiore chiamato

coscienza. Questo si pone sopra qualsiasi interesse personale, alimentato

attraverso l’educazione ed in cui risiedono i convincimenti personali o comuni,

figli dell’imponderabile. Siano i convincimenti, il risultato di: un pensiero

rigorosamente scientifico, che incontra dei limiti a cui non è capace di dare

risposte, o di una considerazione aprioristica di carattere religioso o laico,

l’obiettivo è incidere sulla coscienza. Ad essa si affida il giudizio di legittimità di

una regola e quindi dell’agire, che da essa deriva. Qualunque sia il percorso che

porta ad incidere sulla coscienza, affinché la società mostri una uniformità di

giudizio dei principi di base, deve sussistere una visione di bene e male, giusto o

sbagliato comune e riconoscere, nel sentimento a cui è affidato il giudizio di

legittimità, un significato ed un valore comune e quindi condiviso. Il passo

successivo è quello di sancire, attraverso un documento, la “sovranità” di questi

principi. A questo documento deve rifarsi qualsiasi regola (norma) che la società

pone in essere, nel regolare i rapporti tra i suoi componenti e tra essi e la società

stessa, vista quale individuo singolo.

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Cicerone. (45 - 44 a.C). Laelius De Amicitia V (19). Roma.

Dacco, P. (2003). Che cos'è la Psicologia pp 160-173, 200. Bur.

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Vocabolario on line. (s.d.). Treccani.