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STRATEGIA STRATEGIA STRATEGIA STRATEGIA ei fu! ei fu! ei fu! ei fu!

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STRATEGIA STRATEGIA STRATEGIA STRATEGIA …ei fu!ei fu!ei fu!ei fu!

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L’INNOVAZIONE DIROMPENTE

Se da un lato la riduzione del prezzo dei

prodotti comprime i margini aziendali,

dall’altro esistono aziende in grado di creare

prodotti e servizi che fin dal primo lancio

risultano migliori, più economici e più

desiderati rispetto ai prodotti esistenti. Come

è possibile?

Semplice: giocano con le strategie della nuova

era, seguono le nuove regole della

competizione, generando il disastro per i

competitori che non si sono ancora adattati

alle nuove regole del gioco.

Ma per mettere in atto una nuova strategia,

serve un nuovo Management. I manager di

oggi non possono più essere quelli formati

nelle aule delle rinomate scuole di

Management, dalle quali, dopo soli due anni,

vengono fuori personaggi clonati, che pur non

avendo mai fatto i manager, ritengono di

essere pronti ad assumere la responsabilità ed

il governo di impresa. I manager

“accademici” non hanno mai incontrato un

cliente, non sono mai stati nelle fabbriche,

non conoscono i prodotti. Hanno una

formazione puramente teorica e “astratta”,

priva di qualsivoglia contatto con il tessuto

imprenditoriale esistente.

Il manager non può essere creato in aula, né si

può insegnare la gestione a chi non è un

manager! L’arte del manager è in parte innata,

in parte costruita sull’esperienza, che

comporta intuizione, creatività, visione e nello

stesso tempo è applicazione della scienza,

della tecnica, dell’analisi.

Nella storia recente, i più importanti

imprenditori (Larry Page e Sergey Brin di

Google, Bill Gates di Microsoft, Richard

Branson fondatore di Virgin Group, ect.) non

hanno mai frequentato scuole di management.

Queste piuttosto hanno formato banchieri,

finanzieri e consulenti che hanno distrutto il

valore delle imprese, invece di accrescerlo. Di

conseguenza si può affermare che tutto ciò

che i manager “accademici” ritengono di

La strateLa strateLa strateLa strategia tradizionale gia tradizionale gia tradizionale gia tradizionale è morta!morta!morta!morta!

AnnunciamoAnnunciamoAnnunciamoAnnunciamo che la strategia tradizionale, figlia di Frederick Winslow Taylor e Michael Porter, che ha svolto un ruolo importantissimo nella società industriale, è morta a causa delle complicazioni generate dall’ impatto con la società post-industriale. I numerosi soccorritori accorsi (dirigenti, docenti e consulenti) hanno tentato invano di mantenerla in vita, forzando l’applicazione del modello classico ai nuovi paradigmi. I nipoti continuano a ricordarla nelle scuole di Management, leggendone le gesta su testi oramai ampiamente superati.

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sapere in materia di strategia e di innovazione

è profondamente sbagliato.

L’innovazione, quella attuale, quella della

società post-industriale, è un’innovazione

dirompente, che coniuga strategia,

competenza e creatività. E’ una innovazione

naturale, ovvia, sottintesa per i giovani

imprenditori che la attuano, ma

destabilizzante per coloro che, operando

secondo i vecchi schemi, non riescono a

coglierne gli effetti devastanti o li colgono

solo quando ormai è troppo tardi.

Un tipico esempio di innovazione dirompente

si è avuta con l’avvento degli smarthphone,

che hanno rapidamente sostituito macchine

fotografiche digitali, calcolatrici, sveglie,

videocamere, e numerosi altri prodotti.

Ma il concetto di innovazione “dirompente”

diventa più chiaro se si pensa alle applicazioni

in beta release perpetuo, quali ad esempio

Google Maps o Whatsapp e le sue sorelle

(Viber, Line, Telegram, etc.).

Whatsapp, ad esempio, ha utilizzato messaggi

facili da usare, efficienti, con una interfaccia

innovativa, e soprattutto gratuiti su scala

mondiale. Nata con l’obiettivo di consentire

alle persone di comunicare in libertà,

l’applicazione di messaggistica alternativa

agli sms tradizionali ha conquistato sempre

più spazio, rubando alle compagnie

telefoniche una enorme fetta di mercato.

Oggi l’innovazione si sviluppa in maniera del

tutto singolare, combinando l’offerta

aziendale con tecnologie in apparenza non

connesse, che però di fatto attribuiscono

all’offerta stessa un maggior valore.

E’ una innovazione atipica che consente agli

innovatori di non considerare affatto la

concorrenza degli operatori tradizionali, il cui

approccio nell’affrontare le esigenze dei

clienti appare ormai desueto. La competitività

degli innovatori dirompenti non si basa su

prezzi o performance appena migliori rispetto

a quanto offerto dagli operatori tradizionali,

ma sulla capacità di coniugare know-how e

tecnologie, per attrarre i consumatori verso

segmenti di business o mercati non coperti

dall’offerta tradizionale.

Innovatore dirompente è stato ad esempio

Mark Zuckerberg che nel 2004, combinando

genio, competenza e tecnologia, lancia

Facebook dalla sua mensa di Harward e

nonostante l’accusa mossagli dai colleghi

universitari – i gemelli Winklevoss – di furto

di proprietà intellettuale, i giudici riconoscono

la paternità di Facebook proprio a Zuckerberg.

D’altro canto, come nella celebre frase del

film “The Social Network”, se i gemelli

Winklevoss fossero stati gli inventori di

Facebook, avrebbero inventato Facebook!

Oggi quasi tutti i settori di mercato sono a

rischio “innovazione dirompente”. Nessun

nuovo servizio offerto è in realtà

particolarmente difficile da duplicare, ma gli

operatori tradizionali, sulla base di una

radicata cultura protezionistica, sono

prevalentemente concentrati su strategie

difensive, come la riduzione dei prezzi, che

costituiscono di fatto l’anticamera del crollo.

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E, paradossalmente, tanto più i settori sono

protetti da barriere alla concorrenza, tanto più

tendono a rimanere invischiati nella loro

arretratezza, e conseguentemente tanto

maggiore risulta l’effetto devastante

dell’ingresso di un innovatore dirompente.

ERRORI DI STRATEGIA E DI

MARKETING

Ancora oggi la maggior parte dei dirigenti e

dei consulenti “accademici”, fedelissimi al

modello classico di Porter, affermano la non

contemporanea perseguibilità da parte

dell’impresa delle 3 strategie competitive di

base (leadership di prezzo,

differenziazione/innovazione, focalizzazione

sul cliente).

Un’impresa che si impegni in tutte le strategie

di base, senza riuscire a realizzarne nessuna,

rimane, come affermava Porter “bloccata a

metà del guado” e non possiede alcun

vantaggio competitivo. Secondo i sostenitori

di tale antica disciplina, l’impresa non può

riuscire simultaneamente in più strategie di

base, poiché il raggiungimento di tipi diversi

di vantaggio competitivo, richiede azioni non

coerenti tra loro.

La realtà dimostra che gli innovatori

dirompenti, non condizionati dai vincoli delle

teorie tradizionali, riescono a perseguire

contemporaneamente tutte le strategie di base,

“inventando” prodotti/servizi migliori e

commercialmente competitivi.

Anche le teorie di Marketing che illustrano la

gradualità nell’adozione delle innovazioni da

parte degli utenti, devono essere considerate

ormai ampiamente superate. L’innovazione

dirompente non è un processo lento e

prevedibile, che coinvolge gradualmente i

diversi segmenti di mercato. Essa è rapida e

conquista allo stesso tempo tutte le categorie

di utenti, consentendo agli innovatori stessi di

entrare nel mercato in sole 2 mosse: attraverso

la diffusione di un “prototipo” tra gli utenti

“di prova” e, subito dopo, con il lancio del

prodotto/servizio sul mercato globale.

I test di marketing, che utilizzano campioni di

clienti o potenziali clienti per verificare il

risultato di una nuova offerta di

prodotti/servizi, non sono più strumenti utili

ad anticipare il ritorno degli investimenti, ed

in ogni caso sono assolutamente inaffidabili

rispetto alle innovazioni radicali,

autonomamente in grado di creare la cultura

della “novità” e l’accettazione da parte dei

clienti.

Oggi non sono più i venditori che trasmettono

ai potenziali clienti informazioni selezionate,

ma sono gli stessi consumatori che

reperiscono in tempo reale informazioni sui

prodotti di interesse, attraverso il facile

accesso alle opinioni di mercato, fornite dai

feedback di altri consumatori. Grazie agli

strumenti di IT si è diffuso un processo di

comunicazione/informazione quasi perfetto,

che limita il margine di errore dei

consumatori, oggi difficilmente manipolabili

dalla pubblicità tradizionale. Il consumatore

non acquista più un prodotto solo perché

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ampiamente pubblicizzato. Chi produce

prodotti mediocri, non vende poco, piuttosto

non vende affatto.

Se l’entrata dell’innovatore dirompente sul

mercato è rapidissima, altrettanto rapida è la

sua uscita, poiché egli valuta la maturità di un

settore, prima ancora che lo stesso diventi

obsoleto, ed è in grado di liquidare

immediatamente i vecchi assets, per favorirne

la creazione di nuovi.

L’innovatore, in sostanza, ha un unico

concorrente da superare: il suo stesso

successo, ed egli abbandona il “vecchio”

business per riemergere con una nuova

impresa, che rispetto alla precedente conserva

solo il nome e le risorse umane.

COMPETIZIONE FONDATA

SULL’INNOVAZIONE

Per resistere all’attacco dell’innovazione

dirompente e per crescere, le aziende devono

a loro volta innovarsi. E’ l’innovazione, nelle

sue diverse forme (di prodotto, di processo,

commerciale, tecnologica, etc.) che permette

lo sviluppo di nuovi concetti commerciali e di

nuovi metodi o processi nell’organizzazione e

gestione dell’impresa. Steve Jobs affermava: è

proprio la capacità di innovare che distingue

un leader da un follower.

Per fare innovazione, occorre capovolgere la

logica di valutazione degli assets, che nelle

aziende tradizionali è ancora legata al valore

degli attivi materiali, piuttosto che alla

competenza, alla capacità di innovazione e

alla qualità delle risorse umane.

Se con l’avvento di radicali innovazioni, un

magazzino di componenti tecnologici può

rapidamente trasformarsi in una passività, gli

assets immateriali viceversa, difficilmente

diventano negativi in così breve tempo.

L’adozione di nuove regole e strategie

richiede impegno, visione globale ed una

robusta organizzazione aziendale.

Per fare innovazione, le imprese hanno

bisogno di persone che intuiscano e

raccontino la “verità”. Sostanzialmente hanno

bisogno di esperti, mossi da una profonda

passione per il settore, dotati di elevata

conoscenza delle tecnologie e dei

comportamenti dei clienti. Persone che non si

dedicano ai cambiamenti incrementali, ne

guardano ai risultati economici e finanziari di

breve periodo, ma che hanno una innata

capacità di prevedere il successo di una

innovazione dirompente. Si tratta di persone

reperibili solo all’esterno delle

organizzazioni, che a volte possono

addirittura essere clienti delle stesse.

Individuarli non è facile, ed è ancora più

complicato imparare ad ascoltarli.

I classici modelli di manager e strategists

proposti da università e scuole di

management non bastano più! Le aziende

hanno bisogno di “nuovi “manager, che

attraverso una visione lungimirante, siano

capaci di predire il futuro semplicemente

inventandolo.

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