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Studio dei problemi di stabilità di fronti di scavo connessi allo svuotamento di vasche di decantazione prof. ing. Claudio di Prisco dott. ing. Marco Secondi

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Studio dei problemi di stabilitàdi fronti di scavo

connessi allo svuotamentodi vasche di decantazione

prof. ing. Claudio di Prisco

dott. ing. Marco Secondi

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Indice|

Prefazione 5

1. Introduzione al problema 7

2. Analisi teorica del processo di trasformazione dei fanghi 11

2.1. Introduzione ai processi di sedimentazione e consolidazione 11

2.2. La sedimentazione 12

2.3. La consolidazione 20

2.4. La desaturazione 23

3. Il monitoraggio delle vasche di sedimentazione 27

3.1. Progettazione del monitoraggio 27

3.2. Monitoraggio del processo di consolidazione 303.2.1. Finalità e descrizione della strumentazione 30

3.3. Monitoraggio del processo di desaturazione 33

3.3.1. Finalità e descrizione della strumentazione 333.3.1.1. Monitoraggio locale nello spazio e continuonel tempo del contenuto d’acqua e della suzione 333.3.1.2. Monitoraggio non continuo nel tempo del profilospaziale del contenuto d’acqua: la sonda Sentek Diviner 2000 34

3.3.2. Interpretazione dei risultati 35

3.4. Simulazioni numeriche 37

3.4.1. Analisi eseguite con codice ABAQUS 37

3.4.2. Analisi eseguite con Geo-Slope SEEP/W 39

4. Il collasso del fronte di scavo 43

4.1. Il crollo del fronte di scavo 43

4.1.1. Crollo del fronte nelle zone a prevalenza limoso-argillosa 48

4.1.2. Effetti della presenza di sabbia limosa 50

5. Raccomandazioni 53

5.1. Il processo di sedimentazione–consolidazione 53

5.2. Il processo di desaturazione 54

5.3. Lo scavo 55

5.4. Prescrizioni consigliate 55

Bibliografia e Riferimenti 57

Bibliografia tematica 57

Bibliografia essenziale 58

Riferimenti Internet 58

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* Quanti fossero interessati a ricevere copia su cd dello studio possono rivolgersi allaProvincia di Varese-Settore Ecologia ed Energia (dr. G.L. Traversi – ing. G. Sanetti).

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Nel mese di Marzo del 2003, presso una cava di ghiaia e sabbia sita in Lonate

Pozzolo (Varese), si è verificato, durante le operazioni di svuotamento di una

vasca di decantazione, un dissesto che ha avuto conseguenze mortali per l’ope-

ratore addetto allo scavo. A seguito di tale incidente, la Provincia di Varese, cui

sono demandate le funzioni di Polizia Mineraria, ha reputato doveroso commis-

sionare un approfondito studio del fenomeno ed intraprendere al riguardo un’azio-

ne di informazione - formazione degli operatori del settore.

L’incarico è stato affidato al Dipartimento di Ingegneria Strutturale del Politecni-

co di Milano (D.I.S.), individuando come responsabile della consulenza il prof.

Claudio di Prisco, docente di Geotecnica presso il medesimo Ateneo. La ricerca

è stata sviluppata presso le strutture del D.I.S. stesso e presso la Facoltà di

Scienze Geologiche e Geotecniche dell’Università Bicocca di Milano per ciò che

riguarda le prove sperimentali e di laboratorio. Il monitoraggio ed il campiona-

mento di provini di materiale sono stati realizzati prevalentemente in collabora-

zione con le Cave di Lonate (Lonate Pozzolo - Varese), ed anche presso le strut-

ture di altre cave della Provincia di Varese.

La ricerca, dal titolo “Studio dei problemi di stabilità di fronti di scavo connessi

allo svuotamento di vasche di decantazione” è stata finalizzata al raggiungimen-

to dei seguenti obiettivi:

➤ individuazione delle caratteristiche meccaniche e descrizione del comporta-

mento geotecnico dei materiali di riempimento delle vasche di decantazione;

➤ definizione di raccomandazioni tecniche utili agli operatori, al fine di eseguire

lo svuotamento delle vasche in condizioni di sicurezza.

Il lavoro si è protratto per un periodo di diciotto mesi a partire da Novembre

2003, ed è stato articolato in varie fasi, producendo i seguenti documenti:

➤ Analisi teorica

➤ Monitoraggio

➤ Indagini di laboratorio

➤ Analisi Numeriche

➤ Raccomandazioni Tecniche

Questo studio, rivolto ad operatori e progettisti, vuole essere un contributo alla

prevenzione degli infortuni nelle cave mediante la diffusione delle conoscenze e

delle esperienze acquisite*.

Ing. G. Sanetti

Dr. G. L. Traversi

Prefazione

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Capitolo 1|

Introduzione al problema

Il complesso percorso di trattamento del mate-

riale cavato richiede un lavaggio preventivo che

permette l’eliminazione delle componenti più fini

(limo ed argilla); si crea così un sottoprodotto semi–

liquido che deve essere adeguatamente messo a

dimora (Figura 1.1).

Una soluzione molto comune consiste nell’instal-

lazione di speciali impianti di presso–filtrazione che

permettono di rimuovere velocemente l’acqua dal

fango, grazie all’uso di composti chimici floccu-

lanti e di appositi filtri. Il prodotto finale è una “la-

Figura 1.1: il materiale cavato, vienelavato con acqua. Il risultato di taleprocesso è un fango contenenteun’alta componente di materiale fine

capit

olo

1

Figura 1.2: particolari di due vasche presenti presso le Cave di Lonate (primavera 2004);(a) una vasca attiva; (b) una in attesa di essere dismessa

Figura 1.3: fronte di scavo di una vasca didecantazione (Cave di Lonate)

stra” di terreno che può essere smaltita secondo le norme vigenti.

L’alternativa di cui ci si occuperà qui nel seguito, consiste invece nell’immagazzinamen-

to temporaneo in apposite vasche ricavate all’interno dell’area di cava (Figura 1.2 e

Figura 1.3).

Nella pratica comune, le operazioni di di-

smissione sono condotte secondo regole

che derivano da esperienze maturate in

diversi anni di operato nel settore. Punto

essenziale è la stima qualitativa del perio-

do di attesa necessario prima di procede-

re allo scavo. Un errore in tale previsione

può infatti rendere le operazioni di svuo-

tamento insicure per gli operatori. Non

sono infatti infrequenti crolli inaspettati ed

improvvisi del fronte, durante o poco dopo

(a) (b)

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il termine delle operazioni di scavo.

A titolo d’esempio è giusto citare quanto ac-

caduto nel Marzo 2003 ad un addetto alla ri-

mozione dei materiali sedimentati all’interno

di una vasca di decantazione inutilizzata da

un anno. L’ operatore si trovava a terra nei pres-

si del proprio escavatore: a seguito del collas-

so improvviso di un volume ingente di sedi-

me, è stato travolto da un’ondata di acqua e

fango e spinto contro l’escavatore, perdendo

la vita (Figura 1.4).

Il dissesto è avvenuto con estrema rapidità ed

il materiale si è arrestato ad una distanza di

circa quindici metri dal fronte di scavo, la cui

altezza era pari a circa 7-8 m. Il materiale, comportandosi come un fluido viscoso, ha

generato un’onda che ha investito i cingoli dell’escavatore (distante circa 12-15 m dal

fronte), ed è risalita sino a metà cabina, all’incirca all’altezza dei braccioli. L’elevata

energia e forza d’urto della massa di materiale contro il mezzo sono testimoniate dalle

deformazioni che hanno subito il cofano motore ed il montante verticale della cabina.

L’episodio descritto è stato accompagnato da crolli successivi verificatisi sia durante le

operazioni di soccorso, che nella notte seguente, che hanno coinvolto l’intera estensio-

ne della vasca, ed ai quali hanno assistito diversi testimoni.

La pericolosità del fenomeno descritto è legata sia all’elevata velocità di accadimento

(1-2 secondi), che all’ingente volume di materiale fluido movimentato: in aggiunta si è

osservato che blocchi di terreno di ingenti dimensioni, scivolano dalla zona di desatu-

razione superficiale verso il piazzale, trasportati dalle colate di fango.

La complessità del meccanismo di collasso, le difficoltà relative all’individuazione delle

esatte condizioni d’innesco del fenomeno in oggetto e le ricadute in termini di sicurez-

za hanno indotto la Provincia di Varese a commissionare uno studio teorico-sperimen-

tale che consentisse la comprensione del problema, suggerendo nel contempo racco-

mandazioni tecniche finalizzate ad evitare il ripetersi di analoghi infortuni. Questo testo

è finalizzato prevalentemente a chiarire questo complesso processo e si articola: [i]

nell’analisi teorica dei processi fisico–meccanici che hanno luogo nelle vasche, [ii] nel

monitoraggio sul campo delle principali variabili che caratterizzano le diverse fasi di

trasformazione del fango, [iii] nell’individuazione delle cause e delle modalità di crollo

del fronte di scavo.

A conclusione di questo percorso, saranno più chiare le dinamiche secondo le quali

possono aver luogo eventuali processi di collasso del fronte di scavo e di conseguenza

si potranno fornire alcune raccomandazioni e precauzioni da attuare prima di procedere

alla rimozione degli argini così da operare in sicurezza.

Nel seguito verranno esposte, in via preliminare, una serie di considerazioni, valutazioni

e risultati che verranno giustificati nei Capitoli successivi. In particolare, si può afferma-

re che:

Figura 1.4: fenomeno di collassosuccessivo ad un attacco frontale deisedimenti

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➤ la composizione granulometrica dei fanghi di decantazione non è omogenea all’inter-

no del deposito; pressione dell’acqua e stato di sforzo efficace variano sia in pianta che

lungo la profondità della vasca;

➤ il grado di saturazione dei fanghi delle vasche di decantazione è variabile, oltre che

nello spazio, anche nel tempo;

➤ la desaturazione dei fanghi procede dalla superficie della vasca in profondità e dai lati

verso il centro e, nel caso di fondo drenante, anche dal basso verso l’alto;

➤ la risaturazione dei fanghi può verificarsi a seguito di apporti meteorici, filtrazioni

laterali (ad es. alimentazione da vasche adiacenti), e dal fondo vasca, a seguito dell’in-

nalzamento del livello della falda e/o della frangia capillare;

➤ il comportamento meccanico dei fanghi di decantazione dipende quindi, oltre che

dalle caratteristiche granulometriche, dal grado di saturazione: al crescere di quest’ulti-

mo, la resistenza del materiale diminuisce;

➤ nelle zone delle vasche di decantazione, dove si ha prevalenza di sabbia sulle altre

frazioni granulometriche, si possono verificare fenomeni di liquefazione statica o insta-

bilità volumetrica: nel giro di pochi secondi il terreno cambia fase e, da solido, diventa

fluido;

➤ il collasso avviene nel giro di pochi secondi, raggiunge velocità elevatissime ed il

materiale “liquefatto” si arresta a distanze notevoli dal fronte di scavo, trasportando

blocchi desaturati di grandi dimensioni;

➤ l’instabilità volumetrica si manifesta ancor prima di aver raggiunto i valori limite della

resistenza al taglio; la probabilità di innesco di tale fenomeno dipende dal grado di

addensamento del deposito e dal grado di saturazione;

➤ materiali fini (limi e argille), possono manifestare analoghi fenomeni di instabilità

volumetrica a condizione che siano, oltre che saturi, anche sottoconsolidati;

➤ lo scavo con attacco frontale dei sedimenti depositati nelle vasche di decantazione

deve avvenire, qualora inevitabile, con mezzi adeguati: le altezze di scavo non devono

essere superiori a 3 m ed è necessario un efficace monitoraggio del grado di saturazio-

ne dei fanghi. Tale procedura appare però laboriosa e non esente da rischi residui:

processi di risaturazione, errori nelle misure, ritardi tra il momento della misura e l’ese-

cuzione dei lavori possono rendere estremamente pericolosi le operazioni di scavo stesse;

➤ l’eventuale asportazione dei fanghi dalle vasche di decantazione dovrebbe invece

avvenire per svuotamento dall’alto, utilizzando mezzi di scavo (escavatori o draglines),

posizionati sugli argini delle vasche;

le vasche di decantazione devono pertanto essere progettate con geometrie tali da

consentire le operazioni di svuotamento dall’alto senza che i mezzi di movimento terra

debbano procedere con attacchi frontali.

capit

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Capitolo 2|Analisi teorica del processodi trasformazione dei fanghi

capit

olo

2

In questo Capitolo saranno focalizzati gli aspetti teorici fondamentali che conducono

alla trasformazione di un liquido contenente delle particelle solide sospese, in un

terreno dotato di una resistenza e rigidezza non trascurabili. Si introdurranno pertanto

nel modo più semplice possibile numerosi concetti teorici che stanno alla base della

geotecnica, senza però soffermarsi sui contenuti analitici delle diverse teorie (per i quali

si rimanda ai testi specifici di settore).

2.1. Introduzione ai processi di sedimentazione e consolidazionePer sedimentazione–consolidazione, si intende il processo di trasformazione di fase di

una sospensione (caratterizzata da un’elevata presenza di vuoti intergranulari), all’in-

terno della quale le particelle non sono a contatto tra loro, a quello solido, con un

indice dei vuoti e enormemente inferiore e definito come

Vv

e = — [1]Vs

dove Vv rappresenta il volume dei vuoti e V

s il volume

dei solidi. Un elemento di terreno è infatti caratterizza-

bile come un insieme di particelle solide (lo scheletro)

tra loro a contatto ma separate da spazi vuoti intercon-

nessi e riempiti da acqua o aria (Figura 2.1).

In pratica, quando un materiale consolida, esso passa

da uno stato (fluido) in cui non è in grado di sopportare

alcuno sforzo di taglio in quanto i singoli grani non ri-

sultano fra loro a contatto, ad uno stato, quello solido,

nel quale lo stesso materiale risulta dotato di resisten-

za e rigidezza a taglio più o meno elevata (Figura 2.2)

(BOX “Il principio degli sforzi efficaci”).

Figura 2.1: schematizzazionedi un elemento di terreno

Figura 2.2: lo stessomateriale in condizioninon ancora consolidate(a), passa dal non potersopportare nemmenocarichi modesti (unciottolo), ad avere unacapacità portanterilevante al termine delprocesso disedimentazione,consolidazione edesaturazione (b)

(b)(a)

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Il principio degli sforzi efficaci

Nella trattazione del comportamento dei solidi continui, si è soliti riferirsi ad una gran-dezza nota come sforzo, definito come il rapporto tra il carico P esercitato e l’unità A diarea su cui esso agisce.A priori un terreno non è un materiale continuo, poiché costituito da un insieme digranelli: l’analisi dello stato di sforzo tra un granello e l’altro è quindi assai complicata. Siè pertanto costretti ad ipotizzare semplificativamente che anche i terreni siano dei solidicontinui: in questo modo ci si interessa della sola risposta “globale” di un campionesoggetto ad una certa sollecitazione.Nel caso dei terreni saturi è necessario tenere in considerazione la presenza dell’acquaall’interno dei pori e la sua pressione uw: possiamo allora definire lo sforzo efficace σ’come

σ’ = σ - uw [2]

dove σ rappresenta lo sforzo totale.

Questa formulazione deriva direttamente da un principio detto degli sforzi efficaci,che postula che le caratteristiche di resistenza e deformabilità dei terreni saturisiano governate solo dagli sforzi efficaci e non da quelli totali.

Benché strettamente correlati tra loro, le teorie classiche tendono a trattare i processi di

sedimentazione e consolidazione come separati (Kynch, 1952; Imai, 1981; Taylor, 1948).

Solo recentemente, alcuni Autori (Toorman, 1996) hanno dato unitarietà a questa trat-

tazione.

2.2. La sedimentazioneLa deposizione delle singole particelle presenti in un fluido è, in generale, caratterizzabi-

le nota la velocità di sedimentazione vs: questa, diretta verticalmente, è definita dalla

legge di Stokes [3], e dipende dal diametro d della particella, dal suo peso per unità di

volume γs, dal peso per unità di volume del fluido γw e dalla costante di viscosità di

quest’ultimo ηL:

γs – γwVs = ————— . d2 [3]

1800 . ηL

Se le particelle sono molto piccole (frazione limosa od argillosa), durante la caduta i

grani non rimangono separati ma tendono ad aggregarsi in flocculi. Questo fenomeno,

noto come sedimentazione rallentata (BOX ”Il processo di sedimentazione (Imai, 1981)”),

è stato per la prima volta teorizzato da Kynch (1952): l’ipotesi alla base della sua tratta-

zione consiste nel supporre che la velocità vs e la concentrazione c delle particelle

all’interno della miscela fluida siano strettamente dipendenti, ovvero che:

vs = vs (c) [4]

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Consideriamo allora un elemento di sospensione (Figura 2.3), sul quale applicare il

bilancio tra la massa entrante e la massa uscente. Questo afferma che il maggior

flusso di massa uscente dal sistema rispetto a quello entrante, è dovuto alla variazione

della concentrazione nel tempo:

∂c ∂c . Vs

Vs = —— + ———— = 0 [5]∂t ∂z

Sulla base della [4] e della [5], Kynch ha ricavato l’equa-

zione che governa il fenomeno e che permette di valu-

tare come varia nel tempo e nello spazio la concentra-

zione c:

∂c ∂c —— + V(c) . —— = 0 [6]

∂t ∂χessendo

d (c . vs)

V(c) = ———— [7]dc

Quest’equazione afferma che, a causa della continua deposizione delle particelle, nello

spazio e nel tempo si hanno delle variazioni della concentrazione, le quali si propagano

attraverso la miscela con una velocità V(c). Questa velocità, che tiene conto proprio del

fatto che le particelle non si depositano singolarmente ma in aggregati, è sempre mino-

re della velocità stimata da Stokes per particelle isolate, la quale rappresenta il massimo

valore cui potrebbe tendere V(c) quando la concentrazione della sospensione è molto

bassa.

Applicando quanto proposto da Kynch al semplice caso di una colonna contenente una

dispersione fluida rappresentato in Figura 2.4 si possono trarre alcune importanti con-

clusioni. Durante la deposizione degli aggregati di particelle, si formano tre zone distin-

te: uno strato profondo dove le particelle sono ormai sedimentate, una zona intermedia

dove sono presenti

gli aggregati dispersi

ed, infine, una porzio-

ne superficiale dove

è presente la sola ac-

qua “pulita”.

L’evoluzione tempo-

rale di queste tre

zone è ben descritta

dal grafico di Figura

2.4: in un dato istan-

te temporale t, le par-

ticelle disperse sono

separate dall’acqua

da un’interfaccia.

Figura 2.3: schema delbilancio tra la massa entrantee la massa uscente da unelemento di sospensione

Figura 2.4: idealizzazione del fenomeno di sedimentazionerallentata alla Kynch

capit

olo

2

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Il processo di sedimentazione (Imai, 1981)

Imai ha condotto studi sperimentali che hanno permesso di comprendere a fondo leimplicazioni della teoria di Kynch e di coniugare, almeno qualitativamente, sedimentazionee consolidazione.Egli ha osservato che la transizione di fase in oggetto consta di tre fasi successive:flocculazione, deposizione e consolidazione. Per comprendere tale successione si con-sideri un caso semplificato rispetto a quello delle vasche di decantazione, costituito daun serbatoio riempito di una sospensione. Il tempo T0 coincide con l’istante in cui ilserbatoio è riempito (fase considerata istantanea), mentre in tutto il periodo di temposuccessivo, durante il quale ha luogo il processo, non viene immesso all’interno delserbatoio alcun volume aggiuntivo.Inizialmente, il materiale, caratterizzato da un contenuto d’acqua (rapporto tra il pesodell’acqua contenuta nel campione ed il peso del terreno secco), pari a w0, si aggrega inflocculi (aggregati di particelle di argilla). Tale fase (flocculation zone di Figura 2.6) hauna durata che dipende essenzialmente dalle dimensioni dei grani: più queste sonoelevate, più tale fase si riduce fino a scomparire del tutto. Per una sospensione caratte-rizzata da una granulometria molto ricca, la frazione più grossolana inizierà subito lafase di sedimentazione, al contrario la frazione fine darà luogo al processo di flocculazione.Successivamente (zona di sedimentazione), in funzione delle dimensioni dei grani e/odei flocculi, si inizierà a formare sul fondo il sedime, caratterizzato da un contenutod’acqua di gran lunga inferiore di quello iniziale w0, mentre in sospensione rimane unasoluzione flocculata caratterizzata da valori di w superiori a w0.È possibile così definire due frontiere, una a w=w0 (linea di sedimentazione), che di-stingue la zona di sedimentazione da quella di consolidazione, ed una meno marcata aw che tende ad infinito, che individua la frontiera fra la zona di sedimentazione e la faseliquida.Nell’istante temporale in cui tutte le particelle sospese si sono depositate, è osservabilesolo la zona di consolidazione. Qui il contenuto d’acqua si riduce progressivamente e

le particelle entrano incontatto fra loro, ini-ziando a sostenere ilproprio peso. Il mate-riale si è trasformato inun solido.Mentre nella zona disedimentazione si puòschematicamente af-fermare che le particel-le solide si muovonoall’interno del fluido,nella zona di consoli-dazione, al contrario, lafase fluida si muove(filtra) all’interno dellamatrice solida (ipotiz-zabile ferma) costitui-ta dai grani.

Figura 2.6: caratteristiche generali delle fasi diflocculazione, sedimentazione e consolidazione(da Imai, 1981)

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1515

Figura 2.5: schemi di deposizione secondo rette acontenuto d’acqua costante; (a) concentrazioneiniziale bassa; (b) concentrazione iniziale elevata(Imai, 1981)

Via via che gli aggregati si deposi-

tano, l’altezza dello strato di base

aumenta, ovvero il contorno tra di-

spersione e sedimento evolve: lo

spostamento di questo contorno

avviene lungo una retta detta linea

di formazione del sedimento.

Le variazioni nella concentrazione

della miscela si propagano nella di-

spersione secondo rette a contenu-

to d’acqua costante: poiché il con-

tenuto d’acqua stesso non varia

nella sospensione, queste rette sono anche parallele.

Nel caso specifico delle Cave di Lonate, il fango proveniente dagli impianti di lavaggio,

viene immesso nelle vasche mediante apposite tubazioni (Figura 2.7).

Prima di potersi depositare, la frazione più fine del fango si aggrega in flocculi: solo

successivamente, per gravità, il materiale inizia a depositarsi sul fondo e in superficie si

osserva la formazione di uno strato di

acqua pulita che viene smaltita, median-

te sfioratori, in un bacino di raccolta a

valle della vasca (Figura 2.8). Questo si-

gnifica che, al contrario di quanto de-

scritto teoricamente da Imai, il sistema

preso in considerazione prevede un’im-

missione continua di fango (cioè della

soluzione), ed un’altrettanto continua

fuoriuscita della fase liquida. Grazie a

questa modalità di riempimento, il pro-

dotto finale consiste nell’accumulo di

uno spessore di sedime pari alla profon-

dità del serbatoio stesso.

(a)

Figura 2.8: particolare di uno scarico di superficie (a), e bacino di raccolta e canale di scaricodell’acqua di una vasca di sedimentazione delle Cave di Lonate Pozzolo (b)

(b)

Figura 2.7: condotta di immissione dei fanghi(a sinistra)

(b)(a)

capit

olo

2

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1616

Figura 2.11: termometro a bulbo, cilindrosedimentatore, cronometro ed agitatoreper la dispersione della soluzione (a), edensimetro (b)

Figura 2.10: vagliatore persetacciatura (a), e terrenopassante al fondo (b)

Con il tempo, lo spessore dello strato depositato aumenta ed il materiale, a partire da

quello posto più in profondità, inizia ad acquisire consistenza. Il fango immesso nelle

vasche ha una granulometria generalmente abbastanza varia, costituita sia da sabbie fini

(per l’80% circa), che da limi ed argille (per 20%) (BOX “Le prove granulometriche”).

(b)(a)

Figura 2.9:classigranulometriche(Norma AGI,1990)

(a) (b)

Le prove granulometriche

La curva granulometrica rappresenta uno strumento utile alla classificazione delle terre,soprattutto per ciò che concerne le frazioni più grossolane (ciottoli, ghiaie e sabbie). Perle frazioni più fini (limi ed argille), al contrario, sono in genere utilizzati i Limiti di Atterberg(BOX “Limiti di Atterberg e Carta di Plasticità di Casagrande”).L’obiettivo di tali analisi è quello di raggruppare i diametri delle particelle di terreno inclassi di grandezza, determinando la percentuale in peso di ciascuna classe riferita alpeso secco del campione iniziale. La Norma AGI (1990), propone le seguenti classigranulometriche:

Le prove granulometriche vengono eseguite per vagliatura delle componenti grossolanee per sedimentazione delle frazioni fini. La vagliatura avviene secondo quanto stabilitodalle Norme ASTM D 421 (procedura a secco): il campione di terreno viene essiccato inforno e “pestellato” per separare le varie frazioni. Quanto ottenuto viene posto in un

vagliatore vibrante costituito da una serie di setacci condiametro dei fori via via decrescente (Figura 2.10). Per gra-vità, le particelle cadono nei vari setacci e vi si depositanosolo quando il loro diametro è superiore a quello delle aper-ture dei fori. Noto il peso secco iniziale del campione testatoe pesato il materiale contenuto in ogni setaccio è cosìpossibile correlare la percentuale di particelle passanti alsetaccio con il diametro dei fori considerato. Il materialepassante al setaccio 200, avente diametro pari a 0.075mm, è costituito da limo ed argilla: per poter determinarele percentuali di tali frazioni è necessario procedere alla

prova granulometrica per sedimentazione. Dopo un opportuno trattamento che evita laformazione di aggregati di particelle, il ma-teriale viene versato in un cilindro di depo-sizione, nel quale, in diversi istanti tempo-rali, si misura la densità della soluzione uti-lizzando un densimetro graduato (Figura2.11). La sua opportuna calibrazione per-mette di correlare il diametro delle particel-le ancora sospese al momento della misu-ra, alla densità della soluzione. Al terminedella prova si costruisce una curvegranulometrica, che riporta la percentualedi grani passanti attraverso un genericoforo di diametro D.

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1717

Limiti di Atterberg e Carta di Plasticità di Casagrande

Per terreni a prevalenza limoso–argillosa, la caratterizzazione basata unicamente sulledimensioni delle particelle non è significativa: le caratteristiche fisiche e meccaniche diquesti materiali sono infatti influenzate dalla tipologia dei minerali di argilla in essi conte-nuti. In tal caso la classificazione si avvale, in aggiunta alle informazioni fornite dallegranulometrie, dei Limiti di Atterberg e della Carta di Plasticità di Casagrande.I Limiti di Atterberg rappresentano i contenutid’acqua w, per i quali si ha il passaggio travari stati del medesimo materiale (Figura 2.12).Il limite liquido W

L viene valutato tramite il

cosiddetto cucchiaio di Casagrande (Figura2.13a): posto il campione nel cucchiaio, sigenera un solco di profondità definita utiliz-zando una spatola apposita. Tramite una ma-novella, si “colpisce” il cucchiaio generandola chiusura del solco: quando il numero di col-pi necessari all’operazione è pari a 25, il con-tenuto d’acqua del campionecorrisponde al valore del limiteliquido.Il limite plastico si determinainvece generando manualmen-te dei “bastoncini” di lunghez-za e diametro fissato da Nor-ma: quando, durante la prepa-razione dei campioni, si osser-va sulla superficie la presenzadi fessure, significa che il terre-no ha raggiunto il contenutod’acqua pari al limite plastico (Figura 2.13b). I risultati ottenuti sono presentati in Tabella 2.1.

Ottenuti i limiti è possibile ora utilizzare la Carta di Plasticità di Casagrande per caratteriz-zare i campioni più fini. Questa riporta in ascissa il limite liquido ed in ordinata l’Indice diPlasticità (differenza tra il valore del limite liquido e plastico). La Norma ASTM definisce,per diverse coppie di WL ed IP, varie tipologie di terreno (indicati con particolari sigle).È evidente che durante il processo di consolidazione e desaturazione il materiale passa,nel tempo, da un contenuto d’acqua molto superiore al limite liquido ad uno inferiore aquello che definisce il limite solido.

Figura 2.13: cucchiaio di Casagrande (a), e campioniper la valutazione del limite plastico (b)

Tabella 2.1: valori dei limiti di Atterberg e dell’indice di plasticità per i terrenicampionati presso le sezioni di uscita dei fanghi

Figura 2.12: i vari stati del materiale(liquido, plastico, semisolido e solido)sono caratterizzati da diversi contenutid’acqua (Atterberg, 1911)

(a) (b)

capit

olo

2

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1818

Nelle Figure seguenti sono a tal proposito riportati i risultati delle prove condotte per il

materiale in esame. Mentre il fango immesso ha una granulometria abbastanza varia

(Figura 2.14a), costituita sia da sabbie che da limo ed argilla, il materiale che si deposita

nelle sezioni immediatamente a valle della condotta d’immissione è prevalentemente

sabbioso (Figura 2.14b). Si noti che i campioni estratti presentano anche un contenuto

di ghiaia non trascurabile dovuto probabilmente al materiale proveniente dall’argine.

(b)(a)

Figura 2.14: curve granulometriche del fango immesso (a), e curve granulometriche per lesezioni di immissione dei fanghi (b) (cave della Provincia di Varese)

La frazione più fine si deposita invece solo nelle zone più centrali o prossime agli scari-

chi della vasca, come mostrato dalla curva di Figura 2.15a. La Carta di Casagrande

classifica questo deposito come un’argilla di elevata plasticità (Figura 2.15b).

Le curve ottenute per il materiale delle Cave di Lonate, mostrano che nelle vicinanze

delle condotte di immissione dei fanghi è dominante la frazione sabbiosa (che costitu-

isce circa il 60÷70% del sedimento), mentre più scarsa è la presenza di particelle fini. Al

contrario, nelle zone di sfioro, il materiale è costituito solamente da limi (~80%), ed

argille.

Per caratterizzare i materiali che andranno allora a formare i sedimenti che si accumula-

no nelle vasche di sedimentazione, si devono prendere in considerazione tutte e tre le

variabili spaziali (x ed y nel piano, z lungo la profondità, Figura 2.16), e due fattori tra

loro strettamente correlati: la velocità di deposizione delle particelle e la velocità del

flusso del fango immesso. La prima è maggiore per particelle con diametri alti e pesi più

elevati: ne consegue che le prime particelle a depositarsi saranno quelle di sabbia.

La seconda, con direzione radiale rispetto alla condotta d’immissione, regola il trasporto

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1919

Figura 2.16: schema di deposito in pianta (a), ed in sezione (b)

delle diverse particelle in zone più o meno lontane della vasca.

Componendo le due azioni, ci si può attendere che il deposito sia uniforme con la

profondità, in quanto la concentrazione della soluzione immessa e la sua composizione

granulometrica rimangono costanti nel tempo, ma planimetricamente disomogeneo

(Figura 2.16): nelle zone prossime all’immissione si osserva la presenza di materiale più

grossolano (sabbia fine e limo), mentre più ci si avvicina alle zone centrali e di scarico,

più il materiale risulta fine.

(b)(a)

Figura 2.15: curve granulometriche per le sezioni di uscita (a) e Carta di Casagrande (b)

capit

olo

2(b)(a)

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2020

2.3. La consolidazioneBenché strettamente connessi, i processi di sedimentazione e consolidazione sono

sempre stati considerati, dalla geotecnica classica, come due processi separati. Vedia-

mo allora cosa si intende per consolidazione.

Quando un generico carico viene posto sopra uno strato di terreno, esso dovrà riadat-

tarsi alle variate condizioni, idrauliche e meccaniche, in cui viene a trovarsi. Supposti

allora i granelli e l’acqua incompressibili, inizialmente lo strato varierà di forma, mante-

nendo però costante il proprio volume. Solo successivamente avverrà l’espulsione del-

l’acqua contenuta nei vuoti interstiziali, e la conseguente variazione di volume.

In altri termini, la presenza di un carico (associato, nel nostro caso, al peso per unità di

volume del deposito che si accumula progressivamente sulla verticale), comporta un

incremento della pressione dell’acqua. Grazie al moto di filtrazione, tale pressione (detta

pressione in eccesso ue), si dissipa fino ad annullarsi al termine della consolidazione.

Questo processo non è però istantaneo, ma ha una durata dipendente sia dalle caratte-

ristiche del materiale (in particolare più il materiale è poco permeabile, più lenta è l’espul-

sione di acqua e di conseguenza la consolidazione), sia dalle condizioni al contorno del

sistema (pareti e fondo impermeabili o meno). In particolare si può affermare che la

variazione spazio–temporale della pressione in eccesso dipenda dalla permeabilità kw

del sedimento e dalla sua compressibilità mV (trattandosi, nel nostro caso, di un pro-

blema monodimensionale, dato che la geometria è caratterizzata da uno sviluppo in

pianta molto grande).

Se definiamo allora il coefficiente di consolidazione verticale CV come:

Kw

Cv = ——— [8]mV . γw

dove γw rappresenta il peso dell’acqua (pari a 9.81 kN/m3), possiamo affermare che

tanto più il materiale è permeabile e poco compressibile (sabbie), più il materiale conso-

lida velocemente; al contrario, limi e argille, poco permeabili e più compressibili, sono

caratterizzati da tempi di consolidazione superiori (BOX “La prova edometrica”).

Quanto affermato viene riassunto dalla celebre relazione della consolidazione di Terza-

ghi (Taylor, 1948):

∂2ue (z,t) ∂ue (z,t)

Cv ————–– = ————– [9] ∂z2 ∂t

che, risolta, permette di comprendere, in relazione alle caratteristiche del materiale,

l’evoluzione spazio–temporale della pressione in eccesso.

L’aspetto fondamentale dell’equazione di Terzaghi risiede proprio nella definizione di

una pressione in eccesso: per sua causa il materiale necessita di un lungo transitorio

per consolidare, e soprattutto essa permette che lo strato si mantenga ovunque saturo

(a meno dei primissimi centimetri di vasca dove l’evaporazione è il fenomeno dominan-

te). È questo il motivo per il quale la desaturazione di fanghi sedimentati in vasche di

decantazione avviene solo a seguito del completamento della consolidazione del mate-

riale e quindi dopo tempi estremamente lunghi.

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2121

La prova edometrica

Come detto, durante la consolidazione si osserva un riassestamento della struttura delmateriale depositato, che comporta il passaggio da un indice dei vuoti elevato, ad unoinferiore. Questo percorso è caratterizzato in laboratorio mediante una prova specificadetta edometrica. Questa permette sia di definire l’evoluzione dell’indice dei vuoti infunzione del carico imposto, sia di stimare il valore di CV, e di conseguenza di kw e di mV.Una volta ottenuto un campione cilindrico di terreno secondo quanto prescritto dallenorme ASTM, si procede alla prova secondo lo schema seguente:➤ FASE 1 – CARICO: utilizzando un apposito telaio (Figura 2.17a-b), si carica con dei pesiil provino.A causa di questi, il campione consolida e siregistra, nel tempo, la deformazione subita.Quando la variazione di deformazione in un datointervallo di tempo risulta sufficientemente pic-cola (ovvero quando si ritiene che laconsolidazione sia terminata), si posiziona uncarico aggiuntivo e si attende ancora una voltal’esaurimento del transitorio e la dissipazionedelle pressioni in eccesso.➤ FASE 2 – SCARICO: giunti al massimo caricoal quale si intende sottoporre il provino, si sca-rica il campione eliminando via via i pesi prece-dentemente disposti. In questa fase il campio-ne “rigonfia”, ossia aumenta di volume.La procedura descritta permette di tracciare la curva edometrica (Figura 2.18), che de-scrive la dipendenza dell’indice dei vuoti (ricavabile nota la deformazione), dallo sforzoagente sul provino (ricavabile noti i carichi).

Figura 2.17: telai di carico per proveedometriche (a), e particolare dellacella edometrica (b)

(b)(a)

Figura 2.18: curva edometrica ottenuta per un provino di limo–argilla campionatopresso una vasca di decantazione delle Cave di Lonate

capit

olo

2

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2222

Per ogni passo di carico si può determinare una curva che descrive l’andamento tempo-rale dei cedimenti sperimentali (Figura 2.19a). Per determinare il valore di CV devonoessere definite due grandezze: il grado di consolidazione medio U

m ed il fattore di

tempo TV:

[10]

essendo s(t) il cedimento corrente registrato al tempo t, s∞ il cedimento valutato nellacondizione di regime (t=+∞), ed H lo spessore dello strato.Il valore di Um fornisce una misura di “quanto” il provino si sia consolidato: tramite allorail grafico di Figura 2.19b, si può valutare il coefficiente di consolidazione verticale comeproposto da Casagrande, invertendo la formulazione [10]:

Figura 2.19: applicazione del metodo di Casagrande per il passo di carico 0÷10 kPa

Nonostante il largo impiego, l’equazione di Terzaghi presenta alcune importanti limita-

zioni: la più evidente riguarda l’assunto di piccole deformazioni del sistema. Al contra-

rio, in un problema come quello della consolidazione dei fanghi, il deposito è soggetto

a deformazioni assai marcate e non certo modeste; data però la maggior complessità

delle equazioni proposte per modellare la consolidazione in grandi deformazioni (Gib-

son, England e Hussey, 1967), si è preferito ignorare in questa breve trattazione la

dipendenza di CV dall’indice dei vuoti.

s(t)Um = —— s∞

Cv . t

Tv = ——–– H2

(b)(a)

TV50 . H2

Cv = ————— t50

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2323

In secondo luogo, come già sottolineato in precedenza, Terzaghi trascura del tutto

l’accoppiamento dei fenomeni di sedimentazione e consolidazione: negli ultimi anni si è

riusciti a fornire una trattazione analitica unificata grazie al lavoro di Toorman (1996).

Ancora una volta però, la complessità del modello e la mancanza di strumenti numerici

ad hoc, non hanno consentito la sua applicazione pratica al caso delle vasche di decan-

tazione. Da quanto osservato si evince che, nel nostro caso, sia il processo di sedimen-

tazione che quello di consolidazione procederanno con tempistiche molto differenti a

seconda della posizione planimetrica della colonna di terreno. In vicinanza della sezione

d’immissione il processo avrà un’evoluzione relativamente rapida, mentre più ci si avvi-

cina alla sezione di uscita, più il processo risulta estremamente lento. Il valore di CV sarà

infatti funzione decrescente della distanza planimetrica dalla sezione d’imbocco.

2.4. La desaturazioneConclusasi la fase di deposizione della sospensione con la chiusura delle condotte

d’immissione, la vasca si presenta completamente riempita da un deposito saturo con

contenuto d’acqua di poco inferiore al limite liquido. Il materiale, sotto il peso proprio,

continua a consolidare e contemporaneamente, ha inizio la fase di desaturazione, du-

rante la quale il terreno perde gradualmente parte dell’acqua contenuta nei vuoti inter-

stiziali.

Accade allora che il materiale, da saturo, in cui i vuoti interparticellari sono pieni d’ac-

qua, diviene parzialmente saturo, ovvero caratterizzato da pori in parte riempiti d’aria

e in parte d’acqua. La grandezza che permette di definire la frazione di vuoti riempiti di

acqua è detta grado di saturazione SR:

SR = 1 � terreno saturoV

wSR = ––– SR = 0 � terreno secco [11]

Vv0 < S

R < 1 � terreno parzialmente saturo

dove Vw rappresenta il volume occupato dall’acqua e V

v quello occupato dai vuoti.

Questo è ricavabile direttamente dal valore del contenuto d’acqua ed è quindi misurabi-

le sia in sito che in laboratorio (BOX “Le prove di estrazione”).

Le prove di estrazione

In un terreno parzialmente saturo, la pressione dell’acqua assume valori negativi (tantopiù negativi, quanto più secco è il terreno): nella trattazione dei materiali insaturi, è peròpreferibile riferirsi ad un valore di pressione detto suzione Ψ [12], definito come differen-za tra il valore di pressione dell’aria ua (per convenzione assunta pari a 0 kPa), ed il valoredi pressione dell’acqua uw (negativo). Ne consegue che la suzione assume solamentevalori positivi.

Ψ = ua - uw [12]

capit

olo

2

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Figura 2.20: pressure plate extractors (a) e particolare dell’interno (b).I provini vengono posti su uno speciale piatto ceramico che permettel’estrazione dell’acqua dal campione

(a) (b)

È importante osservare che, al diminuire della saturazione, la suzione assume valoricrescenti (ovvero la pressione dell’acqua è sempre più negativa): il legame che mette inrelazione queste due variabili è detto curva caratteristica, e può essere definito inlaboratorio mediante prove di estrazione.La prova consiste nel sottoporre alcuni campioni di terreno saturi a diverse pressionirelative dell’aria comprese tra 0 bar (pressione atmosferica) e 15 bar. Le pressioni ven-gono fornite da un compressore collegato ai contenitori stagni (pressure plate extractors),nei quali sono disposti i provini (Figura 2.20). Per ogni valore di pressione imposto, ilterreno perderà unaquantità di acquatanto maggiore,quanto più alta è lapressione. Poiché lapressione impostarappresenta propriola suzione, misuran-do al termine diogni passo dellaprova il contenutod’acqua del terreno(ovvero la saturazione), è possibile ottenere la curva contenuto d’acqua–suzione.In Figura 2.21 ci si riferisce a prove condotte a valori di pressione pari a 0.1, 0.2, 0.33,0.5, 1, 3, 5, 10, 12 e 15 bar su sei campioni di limo-argilla e su due campioni di sabbiaprelevati presso le Cave di Lonate.Poiché esiste una precisa correlazione tra saturazione e contenuto d’acqua, le curvecaratteristiche possono essere rappresentate sia in funzione dell’una (Figura 2.21a) cheall’altra grandezza (Figura 2.21b).

Figura 2.21: curve caratteristiche per i materiali presenti nelle sezioni d’immissionedei fanghi (sabbia), e per il terreno prossimo alle sezioni di uscita (limo–argilla)

(a) (b)

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Figura 2.22: la conduttività del limo–argilla diminuisce bruscamente quando la suzioneraggiunge valori compresi tra 100 kPa e 1000 kPa, ovvero passando da SR = 70% a SR = 30%

Come verrà discusso all’interno del Capitolo 4, la conoscenza della curva caratteristica

è fondamentale per comprendere le dinamiche che conducono ad un possibile collas-

so del fronte di scavo: la resistenza del terreno aumenta infatti al crescere del valore

della suzione, ovvero al diminuire del suo grado di saturazione. Ciò significa anche che

un terreno saturo è meno resistente di un terreno parzialmente saturo.

L’evoluzione del processo di desaturazione non dipende solamente dalle condizioni al

contorno che caratterizzano il processo (temperatura e umidità dell’aria, situazione

meteorologica, possibilità di filtrazione dell’acqua attraverso gli argini ed il fondo va-

sca), ma soprattutto dalle caratteristiche idro–meccaniche del materiale preso in esa-

me. Durante la desaturazione il terreno varia le proprie caratteristiche di conduttività

idraulica (analoga alla permeabilità introdotta in precedenza, ma riferita ora al terreno

insaturo): tanto più il materiale è parzialmente saturo, tanto inferiore è la sua condutti-

vità idraulica. Ciò significa che il materiale stesso costituisce un “tappo” per la fuoriu-

scita dell’acqua, rallentando in tal modo la sua desaturazione.

Questo fenomeno è più accentuato nei terreni fini, già caratterizzati da una permeabi-

lità iniziale modesta: nel caso del limo–argilla delle Cave di Lonate, la curva conduttività

idraulica–suzione (Figura 2.22) è stata ottenuta a partire dalla curva caratteristica, utiliz-

zando le formule d’interpolazione proposte da Van Genuchten (1980).

Per comprendere come filtra l’acqua in un mezzo parzialmente saturo, è utile introdurre

l’equazione proposta da Richards (1952). (BOX “L’equazione di Richards”).

Nel caso delle vasche di decantazione il processo di desaturazione che ha luogo nella

parte superiore dello strato avviene quando ancora gli strati più profondi stanno conso-

lidando.

L’evoluzione temporale della linea di falda diviene allora essenziale nella descrizione del

processo: potendo descrivere l’andamento nel tempo della suzione nella zona sopra-

falda è possibile prevedere quale sarà la risposta meccanica del materiale nel tempo.

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L’equazione di Richards (1952)

A partire dalla semplice considerazione che nei mezzi insaturi il volume dell’acqua noncoincide con quello dei vuoti (v. sistema [11]), l’Autore ha ricavato in un processomonodimensionale:

[13]

dove kwz è la conduttività idraulica verticale, uw la pressione dell’acqua e V0 il volumeiniziale del mezzo poroso. Nella [13] il termine a destra dell’uguale ricorda che il volumed’acqua contenuto nell’elemento di terreno, evolve nel tempo. Nel termine di sinistradella [13] è evidente che, a causa della desaturazione, la permeabilità non è più costanteneanche in un materiale omogeneo ma varia nello spazio.Con opportune sostituzioni, è possibile svolgere il termine di destra della [13], esplicitandoi termini di saturazione SR, suzione (ua-uw) e indice dei vuoti, ottenendo:

[14]

In quest’equazione, detta equazione di Richards, è stata trascurata la variazione neltempo dell’indice dei vuoti, cioè la consolidazione dello scheletro solido. Il termine didestra nella [14] introduce invece la dipendenza del fenomeno dal tempo.La sua risoluzione permette pertanto di ricavare, nel tempo e nello spazio, la variazionedella saturazione o, dualmente, della suzione (§3.4.2).

e–––––1 + e

∂SR–––––––––∂ (ua - uw)

∂ (ua - uw)–––––––––

∂t=

kwz––––γw

1––––γw

duw––––dz

∂ (Vw / V0)––––––––––∂t

- - - =d2uw–––––dz2

dkwz–––––dz

dkwz–––––dz

kwz––––γw

1––––γw

duw––––dz

- -d2uw–––––dz2

dkwz–––––dz

dkwz–––––dz

-

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capit

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Capitolo 3|Il monitoraggio dellevasche di sedimentazione

Data la complessità delle equazioni necessarie a riprodurre i fenomeni appena de-

scritti, un’efficace definizione delle misure preventive e delle modalità di scavo

delle vasche di sedimentazione, atte a ridurre al minimo il pericolo associato alle opera-

zioni di scavo, deve avvalersi di un attento monitoraggio delle variabili definite all’inter-

no dei paragrafi precedenti.

Il mercato moderno offre un’ampia gamma di strumentazioni ad uso geotecnico, fina-

lizzate alla misura delle pressioni dell’acqua e del contenuto d’acqua dei terreni. I criteri

di scelta ai quali affidarsi non sono solamente di tipo economico, ma devono basarsi su

considerazioni sia legate alla tipologia di materiale da indagare, sia alle caratteristiche

del fenomeno che si intende monitorare. È opportuno infatti che ogni strumento possa

venir impiegato in condizioni severe, ovvero in presenza di un materiale ancora allo

stato fangoso, e di condizioni meteorologiche sfavorevoli.

Grande importanza riveste inoltre la durata temporale dei processi di sedimentazione,

consolidazione e desaturazione e la topografia dei luoghi nei quali si intende monitorare

le variabili succitate: si dovranno scegliere strumenti in grado di immagazzinare tempora-

neamente un’ingente mole di dati, senza ricorrere ad opere accessorie troppo onerose.

3.1. Progettazione del monitoraggioPer monitorare in modo opportuno il processo di trasformazione di fase in oggetto, è

necessario innanzitutto definire l’area d’indagine. Questo significa descrivere la geo-

metria delle vasche ed i punti d’immissione del fango e di uscita dell’acqua “pulita”.

A queste informazioni è necessario aggiungere dei dati relativi ai materiali che costitui-

scono gli argini ed il fondo della vasca (BOX “Il caso delle Cave di Lonate”).

Infine, ma per nulla secondarie, sono le informazioni che riguardano le condizioni idrau-

liche al contorno, ovvero la profondità della vasca e l’eventuale presenza di vasche a

monte.

Il caso delle Cave di Lonate

In Figura 3.1 è mostrata una pianta schematica delle Cave di Lonate sulle quali è statoeseguito il monitoraggio: i materiali cavati vengono trasportati a speciali impianti disetacciatura e di lavaggio; i fanghi che ne risultano vengono convogliati, tramite tuba-zioni sotterranee, alle aree di stoccaggio, costituite da due vasche di sedimentazione(nel seguito denominate con le sigle V1 e V2).Lo strato di acqua “pulita” conseguente alla sedimentazione del materiale viene smaltitamediante sfioratori e condotte (Figura 3.2), in un apposito bacino di raccolta (Figura 3.3).

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Figura 3.1: pianta qualitativa delle Cave di Lonate. Sono mostrate in particolare, le duevasche di decantazione e il bacino di percolazione

Figura 3.2: particolare di uno scaricotipico di una vasca di sedimentazione

Si deve inoltre considerare che le diverse fasi del processo meccanico–geotecnico ditrasformazione dei fanghi, avvengono in un arco temporale assai lungo (anche di diversianni), difficilmente coniugabile con gli usuali tempi di studio.Nel caso citato erano a disposizione due vasche, V1 e V2 (Figura 3.1), costruite in periodidifferenti. Questo ha permesso di seguire parallelamente i diversi processi che portanoalla trasformazione del fango in un terreno. In particolare, la vasca V1 (Figura 3.4), attiva-ta proprio in coincidenza della partenza del monitoraggio, ha consentito di seguire lasedimentazione e successiva consolidazione del fango immesso. Diversa è invece lasituazione della vasca V2 (Figura 3.5), nella quale le condotte di immissione erano giàstate chiuse: qui è stato possibile monitorare quindi la desaturazione del materiale.

Figura 3.3: canale di scarico e bacino diraccolta delle acque pulite

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Figura 3.5: particolare della vasca V2 (fasedi desaturazione)

Figura 3.4: vasca V1 (fase di immissionedei fanghi)

Scelte le aree adatte per il monitoraggio, il posizionamento delle strumentazioni è obbli-

gato: per monitorare efficacemente la componente limoso–argillosa è necessario porsi

quanto più possibile al centro delle vasche ed in prossimità degli scarichi, dove è attesa

la deposizione delle componenti più fini del fango (Figura 3.6).

Una volta chiarite le aree d’indagine, la posizione della strumentazione e noti i processi

da monitorare, è possibile procedere alla scelta delle apparecchiature più adatte agli

scopi che ci si è prefissi di perseguire. Le indagini sul campo hanno ricevuto un forte

impulso negli ultimi 15-20 anni grazie alla maggior diffusione di strumentazioni di tipo

elettronico ed al miglioramento di tecniche già esistenti, permettendo così di coniugare

i requisiti necessari per un corretto monitoraggio.

Figura 3.6: schema della distribuzione del sedimento (vasca V1 a sinistra e V2 a destra), eposizione delle stazioni di monitoraggio

Il differente stato dei materiali presenti nelle due aree è osservabile nella Figura 3.4 enella Figura 3.5: mentre in V1 è presente solamente un fango, in V2 è evidente l’iniziodella desaturazione di un deposito consolidato di limo–argilla.

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Se da una parte gli strumenti di controllo della fase di sedimentazione e consolidazione

(piezometri), risultano tra i più comuni e diffusi sul mercato, più complessa è la caratte-

rizzazione dell’evoluzione spazio–temporale della fase di desaturazione.

Tale fenomeno evolve spazialmente sia lungo la profondità di vasca, sia planimetrica-

mente: per questo è necessario tenere in considerazione sia strumentazioni che con-

sentano di seguire nel tempo la progressione del fronte saturo lungo una sezione ver-

ticale di vasca, sia di campionamenti diretti che ci permettano, in diversi punti della

vasca, di determinare l’evoluzione bidimensionale del processo.

D’altra parte vi è la necessità di monitorare il processo sia in continuo nel tempo che

nello spazio: non essendo disponibile una stessa tecnologia che accoppi entrambi gli

attributi, è utile suddividere il problema in due fasi distinte e coniugabili, ovvero un

monitoraggio continuo nel tempo ma discreto nello spazio ed una continuo nello spa-

zio ma non nel tempo.

Parallelamente ad un monitoraggio “tradizionale” condotto mediante campionamenti

diretti di terreno e sonde manuali, si sono individuate strumentazioni più innovative

che permettono una migliore precisione nelle misurazioni ed una definizione più effica-

ce degli andamenti spazio–temporali delle principali variabili di studio.

Nei paragrafi che seguono verrà data una breve descrizione delle opere accessorie da

utilizzare, delle strumentazioni e dei risultati ottenibili in fase di monitoraggio.

3.2. Monitoraggio del processo di consolidazione

3.2.1. Finalità e descrizione della strumentazione

Di fondamentale importanza per la comprensione dei fenomeni alla base della consoli-

dazione di un fango limoso-argilloso è il monitoraggio delle pressioni dell’acqua, effet-

tuabile tramite piezometri.

I dati forniti dallo strumento, una volta analizzati, permettono di definire le condizioni al

contorno ed iniziali necessarie per la descrizione della successiva fase di desaturazione

dello strato di terreno consolidato.

Il mercato offre una vasta gamma di piezometri, che si differenziano sia per tecnologia

costruttiva, sia in relazione al mezzo

da indagare (sabbie o terreni ad eleva-

te percentuali di fine), sia per metodo-

logia di installazione. Il principio alla

base del loro funzionamento risulta

però il medesimo: una cella di rileva-

mento viene inserita all’interno del ter-

reno. L’acqua presente viene a contat-

to con una speciale membrana in gra-

do di misurarne la pressione: i dati

vengono poi immagazzinati in apposi-

te centraline elettroniche.

(b)

(a) Figura 3.7: corpodella sondapiezometrica SISGeoP235S102V utilizzata(a) e particolare dellatesta ceramica (b)

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Rilievo piezometrico — Cave di Lonate

In Figura 3.8 e in Figura 3.9 sono rispettivamente riportate la posizione del piezometroall’interno della vasca ed un particolare del telaio che ha permesso la collocazione dellostrumento prima del riempimento della vasca.Il piezometro è stato posizionato a 70 cm dal fondo della vasca grazie alla realizzazionedi un apposito “castello” di tubi Innocenti (Figura 3.9), e collegato alla centralina di rac-colta dati posta alla sommità dell’argine.Prima di commentare i risultati ottenuti in occasione del monitoraggio già descritto, èopportuno sottolineare alcuni aspetti che riguardano il metodo di riempimento dellavasca monitorata. Nella sua fase iniziale di “vita”, questa viene colmata di una sospen-sione liquida di limo e argilla sino al massimo livello consentito (pari a circa 6 m). Unavolta raggiunta la quota di scarico, lo strato di acqua pulita superficiale viene smaltitanell’apposito bacino. Si instaura così un equilibrio tra il flusso di fango in entrata ed il

Figura 3.8: particolare dell’argine carrabile della vasca V1 nel mese di Ottobre 2003.Una volta attivata la vasca, lo strumento è stato sommerso gradualmente dai fanghi,così da poter iniziare il monitoraggio delle pressioni

I piezometri “classici” e più diffusi (piezometri Casagrande), a dispetto della loro sem-

plicità d’uso e dell’accuratezza delle misurazioni, non sono però utilizzabili in terreni

poco permeabili quali i limi e le argille.

Esistono peraltro valide alternative appositamente progettate per terreni fini:

i piezometri elettrici (Figura 3.7a). Questi sono costituiti da una testa ceramica (Figura

3.7b) che permette, grazie alla presenza di sofisticati circuiti, di trasformare la pressione

esercitata dall’acqua sullo strumento in un segnale elettrico. Il piezometro, dotato di una

centralina di raccolta dati appositamente calibrata, è così in grado di trasformare tale

segnale in un dato di pressione. Esso è inoltre dotato di una termoresistenza per il rileva-

mento della temperatura del terreno (BOX “Rilievo piezometrico – Cave di Lonate”).

Gli indubbi vantaggi di un piezometro a testa ceramica consistono nella facilità d’instal-

lazione (non necessita infatti di fori guida, di particolari opere di sigillatura e di filtri), e

nell’ampio spettro di pressioni indagabili (fino a 500 kPa).

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Figura 3.10: il grafico mostra in rosso l’andamentotemporale (variabile in ascissa), dei valori di pressione(asse delle ordinate sinistro), e, in verde, dellatemperatura dell’acqua (asse delle ordinate destro)

flusso di acqua scaricata. Nel frattempo, parte del-le particelle solide si depositano sul fondo del ba-cino, formando uno strato di terreno che, con iltempo aumenta sino a raggiungere la quota di sca-rico.Alla luce di quanto detto, il grafico presentato inFigura 3.10 è meglio interpretabile. Inizialmente ilpiezometro viene sommerso dalla sospensione li-quida che si accumula all’interno del bacino perun’altezza di circa 6 m (Fase A – durata 27 giorni).L’aumento di pressione che ne consegue corrispon-de alla pressione esercitata dalla colonna d’acquache nel tempo si accumula nella vasca.Parallelamente, sul fondo della vasca si accumulail sedimento: quando questo raggiunge la quota diposa del piezometro (pari a 70 cm), lo strumentonon misura più la pressione della colonna d’acquasovrastante, bensì la pressione dell’acqua presen-te all’interno dello strato depositato sul fondo. Neltempo (Fase B) questa diminuisce a seguito dellaconsolidazione del materiale (che comporta, comesottolineato al Capitolo 0, espulsione di acqua). Lachiusura delle condotte di immissione dei fanghi è

avvenuta dopo circa 260 giorni, mentre ne sono occorsi più di 500 affinché il terreno sulfondo della vasca appaiaconsolidato. Sono evidentianche delle oscillazioni dipressione associabili inmodo molto diretto ai gior-ni di mancata attività delleCave e quindi all’assenzad’immissione dei fanghi.Il grafico propone anche lavariazione termica del limo–argilla: solitamente la tem-peratura non è una variabi-le d’interesse geotecnico; èperò utile, quando possibi-le, confrontare gli andamen-ti temporali della grandezzache si intende monitorare(in questo caso la pressio-ne), con le variazioni termi-che. Ciò permette di rende-re ragione di eventuali ano-malie registrate, la cui cau-sa non è dipendente dalcomportamento previstoper il terreno in esame.

Figura 3.9: particolare del telaio ditubi impiegato. Si è garantitainoltre la saturazione della testaceramica immergendola in uncomune recipiente colmo d’acqua(successivamente rimosso)

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3.3. Monitoraggio del processo di desaturazione

3.3.1. Finalità e descrizione della strumentazione

Una volta definite le variabili proprie della fase di sedimentazione–consolidazione, il

passo teorico successivo consiste nella comprensione dei fenomeni che accompagna-

no la fase di desaturazione di un materiale che si presenta in una condizione iniziale di

completa saturazione.

Sostanzialmente, in questa fase è necessario disporre degli strumenti che consentano

di controllare l’evoluzione spaziale e temporale del fronte saturo, ovvero di quella fron-

tiera che separa la porzione di terreno saturo da quella caratterizzata da un grado di

saturazione SR inferiore all’unità.

È evidente che per assolvere tale finalità, il terreno deve potersi desaturare in condizioni

naturali e, a meno di eventi meteorici, di non risaturarsi: a tal fine, le Cave di Lonate

hanno messo a disposizione una vasca chiusa (vasca V2), nella quale si è attuato il

monitoraggio del contenuto d’acqua e della suzione.

La considerevole estensione della zona di indagine, paragonabile a quella di un campo

da calcio, induce a pensare che il processo di desaturazione sia planimetricamente

disomogeneo, ovvero che la velocità con cui il fronte saturo si sposta lungo la profon-

dità della vasca non sia la medesima in ogni suo punto.

Ne consegue la necessità di monitorare le variabili d’interesse sia in continuo nel tempo

a determinate profondità, sia in diversi punti della vasca ma in istanti temporali fissati.

3.3.1.1. Monitoraggio locale nello spazio e continuo nel tempo del contenuto d’ac-

qua e della suzione

Come per i piezometri, anche le sonde da utilizzare per la raccolta dei dati di contenuto

d’acqua e suzione richiedono, quale caratteristica principale, quella di poter memoriz-

zare temporaneamente una considerevole quantità di dati derivanti da un monitoraggio

continuo nel tempo. Per questo scopo, il mercato delle strumentazioni da campo offre

sonde elettroniche opportunamente configurabili (quali quelle prodotte dall’azienda bri-

tannica Delta-T Devices di Cambridge), che coniugano alla propria precisione di lettura,

la facilità d’impiego e spostamento alle varie profondità di indagine.

➤ Sonde Delta-T Theta ML2x per la misura del contenuto d’acqua

Le sonde Theta ML2x costituiscono un valido

metodo “non invasivo” di misura del contenu-

to d’acqua di un terreno, poiché, differentemente

dai classici prelievi diretti, non comportano un

disturbo troppo marcato del terreno. Le sonde

Theta consentono di indagare un ampio volu-

me di materiale con un costo ridotto ed una ele-

vata accuratezza nei risultati. Ciò è reso possi-

bile dalla costante evoluzione dell’hardware elet-

tronico, grazie al quale la tecnologia detta TDR (acronimo di Time Domain Reflectometry

Figura 3.11: sonda Theta ML2x perla misura del contenuto d’acqua

capit

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– Riflettometria nel Dominio del Tempo), è stata implementata in strumenti dalle ridot-

te dimensioni e con costi “di mercato”. Questa tecnologia, sviluppata nei primi decenni

del XX secolo negli Stati Uniti al fine di individuare, in caso di guasto, l’esatto punto di

rottura delle linee telefoniche, è stata negli anni approfondita e adattata alle misure in

campo geotecnico, sino a portare al risultato mostrato in Figura 3.11.

Lo strumento è costituito da quattro elettrodi in acciaio inossidabile, e da un corpo di

sonda contenente i circuiti elettrici: l’insieme dei due permette di generare un segnale

che, inviato al terreno, viene riflesso con velocità variabile a seconda del contenuto

d’acqua presente. Un’opportuna calibrazione della sonda permette così di relazionare il

segnale riflesso con il reale contenuto d’acqua del terreno.

➤ Sonde Delta-T EQ2 per la misura della suzione

Nella pratica comune delle indagini geotecni-

che, gli strumenti atti alla misurazione della su-

zione, prendono il nome di tensiometri. La son-

da EQ2 ne rappresenta un particolare tipo, det-

to equitensiometro ed è una variante della son-

da Theta. I quattro elettrodi sono “annegati” in

una coppa ceramica (Figura 3.12) che permette

l’instaurarsi dell’equilibrio con l’acqua presen-

te nel mezzo in indagine. Ancora una volta, una

corretta calibrazione permette di relazionare il segnale dell’equitensiometro, al valore

della suzione del mezzo. Tutte le strumentazioni presentate devono essere collegate

naturalmente ad una centralina elettronica opportunamente progettata.

3.3.1.2. Monitoraggio non continuo nel tempo del profilo spaziale del contenuto

d’acqua: la sonda Sentek Diviner 2000

Per poter disporre di quante più possibili misure del contenuto d’acqua nei primissimi

metri di profondità della vasca iniziali è utile un’apparecchiatura portatile denominata

Diviner 2000 (Figura 3.13a-b). La sonda, la cui tecnologia di funzionamento prende il

nome di FDR (acronimo di Frequency Domain Reflectometry – Riflettometria nel

Dominio della Frequenza),

è stretta parente di quella

TDR, e permette di rilevare,

ogni 10 cm di profondità e

sino a 2 m dal piano cam-

pagna, il contenuto d’acqua

del terreno, ottenendo per-

tanto informazioni più det-

tagliate del profilo spaziale

(benché non continue nel

tempo). Operativamente, la

sonda viene fatta scorrere

Figura 3.12: equitensiometro EQ2 perla misura della suzione

Figura 3.13: la sonda Sentek PtyLtd Diviner 2000 (distribuita daEcosearch – Città di Castello (PG)),dotata di una centralina di raccoltadati, viene inserita in un tubo guidaposto verticalmente all’interno delterreno

(b)

(a)

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all’interno di una tubazione precedentemente infissa nel terreno (Figura 3.14), con ve-

locità di discesa costante: la centralina di raccolta dati (Figura 3.13b), permette di leg-

gere in tempo reale il valore di contenuto d’acqua rilevato.

3.3.2. Interpretazione dei risultati

La desaturazione del terreno è in generale dominata da due condizioni al contorno: la

presenza di un fondo vasca eventualmente permeabile, e la variabilità delle condizioni

climatiche. La prima influenzerà in particolare gli strati più profondi di terreno, la secon-

da inciderà invece sulle zone più superficiali della vasca.

In Figura 3.15 si mostra, a scopo esemplificativo, l’andamento temporale delle letture

di contenuto d’acqua proposte dalla sonda Diviner 2000. È evidente che esiste una

frontiera posta a circa 80 cm dal piano campagna, al di sopra della quale, nell’intervallo

di tempo considerato, il contenuto d’acqua decresce sensibilmente. Negli strati inferio-

ri, al contrario, il contenuto d’acqua si mantiene pressoché costante e prossimo al

valore di limo–argilla in condizioni sature.

Figura 3.15: ciascuna curva rappresenta l’andamento con la profondità del contenutod’acqua relativo alla sonda Diviner. Le letture sono state effettuate in precisi istanti temporalied in due pozzetti distinti

Figura 3.14: schema operativo della sonda Diviner 2000

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Figura 3.17: diverso stato del limo–argilla in unasezione verticale di una vasca di decantazione

Figura 3.16: andamenti temporali del contenuto d’acqua rilevatodalle tre sonde Theta poste rispettivamente a 60, 90 e 150 cm diprofondità

Questo contributo è

ancora più evidente

osservando le curve

proposte dalle sonde

Theta (Figura 3.16): le

tre sonde, poste a 60,

90 e 150 cm di profon-

dità misurano un con-

tenuto d’acqua pres-

soché costante e pros-

simo al valore del ter-

reno saturo (tra il 61%

della sonda ThP104 ed

il 63% delle sonde

ThP105 e 106). In cor-

rispondenza dell’inizio

delle piogge autunna-

li, il contenuto d’acqua

aumenta maggiormen-

te per la sonda più superficiale (ThP104), rispetto alle sonde più profonde (ancorché

con valori modesti). Nel periodo considerato, il processo di desaturazione non solo

appare limitato ai soli strati superficiali, ma occupa un rilevante lasso temporale, tanto

che, trascorsa un’intera estate, il terreno posto a circa 30-40 cm di profondità è carat-

terizzato da un contenuto d’acqua prossimo al 30%, corrispondente ad un indice di

saturazione abbastanza elevato e pari al 50% circa.

Gli strati centrali di vasca, non solo sono ancora saturi ma presumibilmente si presen-

tano ancora allo stato di fango, dato

che il contenuto d’acqua previsto dalle

sonda Diviner 2000 è addirittura supe-

riore al 60% (Figura 3.17).

Dopo un anno e mezzo dall’immissio-

ne dei fanghi gli strati più profondi ri-

sultano consolidati, come evidenziato

dai dati piezometrici, altrettanto non si

può dire delle zone più centrali, ancora

allo stato di fango; solo in superficie

(fino a 50-60 cm di profondità), il de-

posito si trova in condizioni di parziale

saturazione. Questa zonazione, che

comporta differenti resistenze a secon-

da della posizione del materiale, è fon-

damentale per comprendere i motivi del

collasso del fronte di scavo.

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3.4. Simulazioni numericheGrazie all’impostazione teorica presentata al Capitolo 0, è stato possibile definire i fe-

nomeni che governano la trasformazione di un fango in un terreno; il monitoraggio ci

ha permesso, inoltre, di descrivere nel tempo la reale situazione dello strato di limo–

argilla presente nelle vasche: tutto questo grazie alla valutazione delle variabili “cardi-

ne” del processo ovvero la pressione dell’acqua ed il contenuto d’acqua.

Per articolare le informazioni raccolte in un quadro sintetico, è possibile sfruttare alcuni

programmi di calcolo commerciali che permettono di simulare i processi di sedimenta-

zione–consolidazione e desaturazione. Questi codici, sebbene in modo disaccoppiato,

permettono di riprodurre i dati di pressione o saturazione del materiale nel tempo.

I codici numerici utilizzati appartengono alla famiglia dei programmi agli elementi finiti:

il dominio di calcolo (ovvero la vasca di sedimentazione), viene discretizzato con una

maglia di elementi di forma e dimensioni variabili (ad esempio quadrati): i nodi (vertici di

ciascun elemento), costituiscono i punti nei quali il programma calcola le variabili di

interesse del problema.

Data la complessità del fenomeno, per chiarire gli aspetti fondamentali che governano

la trasformazione del fango, si tratterà un caso ideale, consci delle limitazioni che ne

conseguono.

3.4.1. Analisi eseguite con codice ABAQUS

Il programma Abaqus è utilizzabile per simulare l’iniziale deposizione della sospensione

e le successive fasi di consolidazione e desa-

turazione. Numerosi fattori rendono assai

complicata la descrizione di questi fenomeni:

per chiarirne gli aspetti fondamentali, è prefe-

ribile quindi trattare un caso ideale facendo

riferimento ad un deposito omogeneo di limo–

argilla.

Si è scelta una vasca “tipo”, alta 6 m, suddivi-

sa in 10 strati di 60 cm di altezza e discretiz-

zata con elementi quadrati (Figura 3.18).

Il primo problema da affrontare riguarda la simulazione della fase di riempimento e della

contemporanea sedimentazione del materiale. Se da un lato occorrono pochi giorni per

riempire la vasca con la sospensione liquida, assai più lungo è il tempo richiesto per

creare un deposito sedimentato d’altezza pari a quella della vasca stessa (~500 giorni).

Per abbreviare e semplificare l’analisi, si è ipotizzato che lo strato di 6 m si formi molto

velocemente ovvero in circa 1 mese (Figura 3.19). A causa di questa semplificazione, i

primi istanti temporali propongono profili di pressione dell’acqua poco significativi e

poco rappresentativi del loro reale andamento.

L’ipotesi introdotta è però giustificata dal fatto che quest’analisi deve fornire semplice-

mente un’indicazione circa lo sviluppo qualitativo dei fenomeni di consolidazione e

desaturazione, mentre meno importante è la descrizione della fase di sedimentazione.

Ulteriori semplificazioni riguardano le condizioni al contorno e iniziali del problema: al-

Figura 3.18: discretizzazione del dominiodi calcolo

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l’istante iniziale, la vasca è considerata completamente riempita d’acqua ovvero l’anda-

mento delle pressioni è idrostatico (retta blu di Figura 3.19). In questa situazione la

base del dominio è considerata impermeabile.

A partire da questo istante ha inizio la deposizione della sospensione: la base della

vasca è ora supposta drenante ovvero caratterizzata da pressione dell’acqua nulla.

In questa fase, la continua deposizione di materiale è simulata incrementando passo–

passo il peso specifico da un valore iniziale pari a gw a quello finale reale gsat. Questo,

localmente, comporta anche un aumento della pressione dell’acqua (Figura 3.19).

L’ipotesi di base drenante è sicuramente semplificativa: il terreno di cava è solitamente

costituito da materiale estremamente grossolano e di elevata permeabilità, quali ciotto-

li, ghiaie e sabbie. Durante la sedimentazione, però, il letto della vasca si ottura a causa

dell’infiltrazione delle particelle fini: questo aspetto, di difficile stima quantitativa, è

stato trascurato.

Figura 3.19: profili di pressionedell’acqua durante la sedimentazionedella sospensione di limo–argilla

Figura 3.20: profili di pressione dopola sedimentazione e fino a 5 annidopo la chiusura delle condotted’immissione dei fanghi

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La consolidazione dell’intero deposito comporta una lenta diminuzione della pressione

dell’acqua (Figura 3.20). Per simulare il processo di desaturazione, si sono imposti i dati

di contenuto d’acqua rilevati sperimentalmente tramite la sonda Diviner 2000 (vedi §3.3.2):

avviene così che dopo 151 giorni, la superficie della vasca si desatura ovvero la pressio-

ne dell’acqua assume valori negativi.

Quest’analisi, ancorché limitata da ipotesi molto semplificative, permette di evidenziare

che, a partire dalla condizione di vasca piena d’acqua (profilo idrostatico), la pressione

in eccesso si dissipa con velocità differenti alla base, al centro della vasca ed in super-

ficie (i profili di Figura 3.19 presentano infatti un picco centrale di pressione). In uno

stesso istante temporale e lungo la profondità di vasca, cioè, lo stesso materiale si può

presentare consolidato o ancora allo stato di fango. Inoltre, in superficie il materiale si

desatura con una velocità non trascurabile.

3.4.2. Analisi eseguite con Geo-Slope SEEP/W

Nel §3.4.1 è stato qualitativamente descritto il fenomeno della consolidazione: la dipen-

denza temporale della soluzione è strettamente legata alla deformabilità ed alla perme-

abilità in condizioni sature del mezzo. Al contrario, quando si studia il processo di filtra-

zione in un mezzo parzialmente saturo (§2.4), generalmente si trascura la deformabilità

dello scheletro solido e la dipendenza dal tempo della soluzione è associata unicamente

alla variazione di saturazione, nel tempo, del materiale.

In questo caso l’equazione di Richards governa il moto di filtrazione dell’acqua. Una

volte note le condizioni iniziali del materiale e le condizioni al contorno, la sua risoluzione

permette di descrivere l’evoluzione spazio–temporale del fronte saturo e di conseguen-

za di determinare i profili di desaturazione del terreno.

Diversi sono i programmi commerciali disponibili: tra gli altri, si mostreranno qui alcuni

esempi di calcolo eseguiti con il codice Geo-Slope SEEP/W (Figura 3.21). Obiettivo

principale è dimostrare che, in generale, il processo di desaturazione della sabbia limosa

e del limo–argilla hanno caratteristiche assai differenti.

Ancora una volta si introdurranno delle ipotesi limitative che, pur nella loro semplicità,

permettono di evidenziare gli aspetti fondamentali del problema.

Innanzitutto è opportuno sottolineare il diverso punto di vista rispetto al caso trattato in

precedenza. In Abaqus, l’introduzione dei profili di desaturazione ottenuti con il monito-

raggio mediante sonda Diviner 2000 riproduce la desaturazione del deposito indotta

Figura 3.21: dominiodi calcolo in SEEP/W.I triangoli blurappresentano unacondizione diimpermeabilità, mentre ipunti rossi individuano lasezione drenante. In gialloè rappresentato lo stratodi 6 m di limo–argilla o disabbia limosa, il coloreverde individua il materialedi cui è costituita la basedella vasca

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Figura 3.23: andamento temporale del profilodi desaturazione per il limo-argilla

dall’evaporazione superficiale. Nella real-

tà, è probabile che l’acqua contenuta nel

deposito filtri, come mostrato nell’equa-

zione di Richards, anche attraverso gli

strati più profondi. Ciò significa che il pro-

cesso di desaturazione monodimensio-

nale è dominato da due contributi: eva-

porazione e filtrazione verticale verso il

basso: le analisi con Geo-Slope SEEP/W

mirano proprio ad evidenziare questo se-

condo contributo. Per perseguire tale finalità si è dovuta introdurre una prima ipotesi

semplificativa: l’evaporazione superficiale è nulla, mentre la desaturazione avviene solo

per filtrazione attraverso la base della vasca, considerata drenante. I fenomeni di con-

solidazione e desaturazione, come mostrato nei precedenti Capitoli, sono tra loro stret-

tamente connessi: per focalizzare l’attenzione sulla sola desaturazione del materiale, si

è ora ipotizzato che siano disaccoppiati. Si suppone cioè che la desaturazione avvenga

solo una volta conclusa la consolidazione del materiale: il deposito è quindi inizialmente

saturo e con pressione in eccesso nulla (rette blu di Figura 3.22 e Figura 3.23). I diffe-

renti profili di desaturazione nel caso di sabbia limosa e di limo–argilla sono presentati

rispettivamente in Figura 3.22 e Figura 3.23, le quali riportano il valore di SR in funzione

del tempo trascorso dal termine della consolidazione, lungo la profondità di vasca.

La velocità di desaturazione nei due casi

è completamente differente: già a partire

dal primo giorno (curve marroni), la sab-

bia limosa risulta parzialmente satura, con-

trariamente al limo–argilla. Si osserva che

il sistema tende molto rapidamente alla

condizione di regime dominata dalla pro-

fondità di falda posta sul contorno infe-

riore de dominio di Figura 3.21.

Figura 3.22: andamento temporale del profilodi desaturazione per la sabbia limosa

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Figura 3.24: stato del materiale presente in una vasca,in tre sezioni poste rispettivamente a 0.5 m, 3 m e 5 mdi profondità rispetto al piano campagna

SEZIONE 2profondità

dal piano campagna 3 m

SEZIONE 3profondità

dal piano campagna 5 m

Si può notare la differente forma delle curve: la sabbia limosa riesce a desaturarsi abba-

stanza omogeneamente lungo tutta la profondità della vasca, mentre nel limo argilla il

fenomeno è più marcato in superficie ed in profondità.

Il quadro fornito dalle analisi con Abaqus e con SEEP/W permette di definire con maggio-

re chiarezza lo stato del terreno in una vasca di sedimentazione poco prima dell’esecu-

zione di uno scavo (Figura 3.24): in superficie (0.5 m di profondità), si può osservare che

il terreno è sempre parzialmente saturo, con valori di S che crescono procedendo verso

le sezioni con prevalenza di limo–argilla. La sezione centrale della vasca (3 m di profondi-

tà), al contrario, presenta sia zone insature (dove maggiore è la percentuale di sabbia

limosa), sia zone in cui il materiale è ancora sottoconsolidato e saturo (dove è sedimen-

tato il limo–argilla). Infine, alla base della vasca, il terreno è ovunque consolidato e solo

dove maggiore è la presenza di sabbia, si può ipotizzare una modesta desaturazione.

SEZIONE 1profondità

dal piano campagna 0,5 m

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Un deposito orizzontale di terreno è, indipendentemente dallo stato del materiale,

stabile: una modifica in questo stato di equilibrio può causare l’insorgere di collas-

si gravitativi. Un esempio tipico è quello di uno scavo, il quale induce una marcata

variazione delle condizioni al contorno, e di conseguenza una diversa distribuzione dei

profili di pressione e saturazione all’interno del deposito.

La criticità di un crollo dipende però da molteplici fattori tra i quali la distribuzione della

saturazione e della pressione dell’acqua: in alcuni casi, possono verificarsi allora insta-

bilità inaspettate tali da coinvolgere volumi ingenti di terreno.

Per chiarire ciò, in questo Capitolo si assumono due differenti tipologie di rottura: la

rottura per taglio del fronte di scavo, ed il collasso associato alla liquefazione statica

del materiale granulare.

4.1. Il crollo del fronte di scavoQuando si intende dismettere una vasca mediante scavo diretto del materiale deposita-

to, talvolta si rimuove l’argine (Figura 4.1a) e si avanza mediante uno scavo subverticale

(Figura 4.1b).

In generale, quando si parla di instabilità dei fronti di scavo, ci si riferisce al collasso di

masse più o meno rilevanti di terreno, dovute allo scivolamento di un cuneo di materia-

le lungo una superficie di scorrimento (Figura 4.2). Quest’ultima rappresenta la fron-

tiera che divide la zona stabile da quella instabile: il collasso avviene quando lo scivola-

mento del cuneo di peso W (Figura 4.2a) non è impedito dalla forza T che nasce lungo

la superficie di scivolamento stessa.

In presenza di materiali parzialmente saturi, è possibile osservare la presenza di fessure

di trazione, dovute alla variazione di volume del terreno a seguito della diminuzione del

contenuto d’acqua. Quando presenti, queste rappresentano una superficie preferen-

ziale di rottura (Figura 4.2a).

Durante le operazioni di scavo, il crollo della parete è volutamente causata dal braccio

Figura 4.1: tipico argine rimovibile di una vasca di decantazione (a) e fronte di scavosuccessivo al crollo (b)

(b)(a)

Capitolo 4|Il collasso del fronte discavo

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della benna che, asportando parte del terreno superficiale al fronte (erosione meccani-

ca artificiale), genera una zona di debolezza localizzata (Figura 4.2b). La rottura può

coinvolgere un volume maggiore se l’asportazione del materiale avviene “al piede” (Fi-

gura 4.2b-caso 1), mentre è di minore entità se più superficiale (Figura 4.2b-caso 2).

Per valutare la forza T è necessario conoscere sia il tipo di materiale che costituisce il

fronte che il suo stato. A rottura, il valore di T di un terreno saturo, definito come Tf

dipende da due parametri, detti angolo di attrito interno φφφφφ' e coesione c’, secondo la

seguente relazione:

Tf = N’ . tanφ' + c’ . b [15]

dove con N’ si indica la forza efficace normale al piano di rottura e con b la lunghezza

della superficie di scorrimento (BOX “Le prove di taglio diretto”).

Se l’angolo di attrito interno o la coesione sono elevati, il pendio è in grado di opporre

una resistenza non trascurabile ad un possibile scivolamento; quando invece l’angolo φ'

si annulla, il termine N’. tanφ' è pari a zero.

Un materiale parzialmente saturo è però maggiormente resistente di uno saturo: se ciò

è facilmente riscontrabile nella realtà (un castello di sabbia non crolla solo se la sabbia

non è troppo umida!), non è altrettanto semplice intuirne i motivi scientifici. Sperimen-

talmente, si è riscontrato che, al procedere della desaturazione di un terreno, si creano

delle forze a livello microscopico (autotensioni) che agiscono come un “collante” per le

varie particelle. Queste sono associate alla suzione: maggiore è la suzione, maggiori

sono le autotensioni, e quindi maggiore è la resistenza del materiale. La grandezza che

quantifica questo incremento di resistenza rispetto alla condizione satura, è detta

coesione apparente capp, la quale cresce al decrescere della saturazione del materiale.

Le prove di taglio diretto

Le prove di laboratorio che permettono di valutare il valore dell’angolo di attrito φ’ e dellecoesioni c’ e capp, sono diverse: tra le altre è utile soffermarsi sulle prove di taglio diretto.Queste vengono effettuate disponendo un provino di terreno di dimensioni normateall’interno di una scatola di taglio o detta anche di Casagrande (Figura 4.3a), di forma

Figura 4.2: schematizzazione delle azioni agenti sulla superficie di scorrimento di un pendioinstabile

(b)(a)

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prismatica, costituita da due pareti rigide sovrapposte: quella inferiore è fissa, mentrequella superiore è mobile. Questa apparecchiatura permette di riprodurre le forze ingioco durante lo scivolamento di un cuneo instabile: un motore elettrico consenteinfatti di applicare, a velocità costante, uno spostamento alla parte mobile superiore.Poiché una parte è fissa, lo spostamento imposto produce uno scorrimento relativo,generando una superficie di rottura. Per simulare le condizioni in cui si troverebbe insito il terreno, si applica anche un carico N verticale sul provino, utilizzando un apposi-to telaio di carico (Figura 4.3b).

Al termine della prova è evidente che la porzione diprovino contenuta nella parte mobile ha subito unoscorrimento rispetto alla porzione inferiore (Figura 4.4).L’interpretazione dei risultati delle prove di taglio di-retto condotte su campioni saturi di limo–argilla, per-mette di determinarne l’angolo di attrito φ' e la coe-sione c’.

Prova di taglio su campioni parzialmente saturiPer determinare la relazione che correla la coesione

apparente alla saturazione e quindi alla suzione, occorre effettuare prove di taglio suprovini a contenuto d’acqua iniziale variabile.Nel caso di un terreno insaturo, si può infatti affermare che la resistenza in termini disforzi e in condizioni di rottura valga:

τfPARZ. SATURO = (σ − ua)f

. tanφ' + c’ + ψ . tanφb

[16]⇒ τf

PARZ. SATURO = (σ − ua)f . tanφ' + c’ + capp

dove φb è un parametro determinabile sperimentalmente che descrive l’influenza dellasuzione sulla resistenza:

φb = arctan [a . (ua − uw)b] ⇒ capp = ψ . [a . (ua − uw)b] [17]

Le prove di taglio diretto permettono proprio di determinare φb.In Figura 4.5, in funzione dello sforzo normale, è riportata la resistenza a taglio massi-mo di provini di limo–argilla sottoposti a taglio diretto. Queste curve, dette inviluppi dirottura, rappresentano cioè i luoghi dei punti (σn, τ) oltre i quali il materiale è a rottura.

Figura 4.4: provino dilimo–argilla al termine di unaprova di taglio diretto

Figura 4.3: schema di un apparecchio di taglio diretto (a) e scatola di taglio, motoreelettrico e telaio di carico (b)

(a) (b)

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Esse mostrano quindi che, al crescere della saturazione, la resistenza del materialediminuisce (infatti le varie rette si spostano verso il basso), come evidenziato anche inFigura 4.6.

Prove di taglio eseguite sul limo–argilla delle Cave di LonateIl materiale delle Cave di Lonate è stato sottoposto a tre prove di taglio in condizionisature e a sei prove in condizioni di parziale saturazione. Queste hanno permesso divalutare φ’, c’ e i parametri a e b che definiscono la relazione [17].

Tabella 4.1: parametri valutati per il limo–argilla delle Cave di Lonate

Angolo di attrito interno φ’ [°] 29.5Coesione c [kPa] 2

a 8.5b -0.75

Figura 4.6: il limo–argilla in condizioni sature (a), e secche (b)

(b)(a)

Figura 4.5: con l’aumentare della saturazione, la retta di rottura trasla verso il basso(limo–argilla delle Cave di Lonate)

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SEZIONE 2profondità

dal piano campagna 3 m

SEZIONE 3profondità

dal piano campagna 5 m

SEZIONE 1profondità

dal piano campagna 0,5 m

Relativamente a quanto detto, lo stato del materiale che caratterizza uno scavo perfetta-

mente stabile è quello in cui il terreno si presenta completamente consolidato e desatu-

rato, poiché in tale condizione è massimo il valore di resistenza al taglio del terreno.

È evidente che questa condizione potrà essere raggiunta solamente attendendo l’esauri-

mento di un transitorio assai lungo, come evidenziato dalle analisi numeriche presentate

nel §3.4. D’altra parte si può affermare che non è necessario raggiungere la massima

resistenza affinché lo scavo non crolli: opportuni accorgimenti permettono, infatti, di ope-

rare con i dovuti parametri di sicurezza anche in presenza di un deposito con caratteristi-

che meccaniche non omogenee come quello di una vasca di decantazione (§ Capitolo 5).

Da quanto appena osservato, la disomogeneità nei profili di pressione e saturazione

che caratterizza il deposito sia in pianta che in profondità (Figura 4.7), si traduce in una

differente resistenza del materiale. Il comportamento instabile può essere associato

proprio alla variabilità nelle caratteristiche del sedimento ed alla tecnica di scavo.

Figura 4.7: stato del limo–argilla in pianta durante lo scavo della vasca

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I primi metri di deposito, in accordo con le analisi numeriche ed il monitoraggio è sicu-

ramente ovunque desaturato e quindi caratterizzato da una resistenza sicuramente

elevata. La disomogeneità di comportamento tra limo–argilla e sabbia limosa è al con-

trario più evidente negli strati centrali della vasca. Mentre la frazione fine è satura e

probabilmente sottoconsolidata (ovvero ancora allo stato di fango), la componente

sabbiosa è probabilmente parzialmente satura o almeno completamente consolidata.

Il problema così posto è assai complicato da descrivere: per questo sembra utile foca-

lizzare l’attenzione su due casi limite caratterizzati da un elevato rischio per l’operatore.

4.1.1. Crollo del fronte nelle zone a prevalenza limoso–argillosa

Durante la realizzazione di uno scavo eseguito in avanzamento a partire dall’argine, è

lecito supporre che il fronte di scavo sia inizialmente più desaturato delle sezioni inter-

ne. Se i profili di desaturazione lungo le varie sezioni della vasca non sono costanti ma

variabili (Figura 4.7), ci si può allora trovare in una condizione come quella qui di seguito

schematizzata.

Sul fronte è presente una sottile lastra di terreno parzialmente satura: ancorché limita-

to, lo spessore di tale zona è sufficiente a creare un “tappo” in grado di resistere alla

spinta del materiale posto alle sue spalle (Figura 4.7).

Il tappo, poiché desaturato e quindi più resistente, forma una sorta di barriera contro il

crollo: una volta rimosso, il terreno retrostante viene “stappato” ed è libero di scorrere.

Una seconda importante considerazione riguarda la presenza di fessure di trazione: in

superficie, a causa della rilevante diminuzione di volume indotta dalla variazione di

contenuto d’acqua, il limo–argilla si divide in blocchi di dimensioni variabili ed aventi

profondità non trascurabili (Figura 4.8).

Durante le operazioni di scavo, al momento dell’ipotetico collasso, la superficie della

vasca può essere immaginata come

un blocco fessurato di limo–argilla

che poggia su di una lente centrale

satura e sottoconsolidata (Figura

4.9): se la benna rimuove il tappo, i

blocchi superiori, con resistenze a

taglio nient’affatto trascurabili, sono

liberi di scorrere su una lente di ma-

teriale fangoso, spinti da monte da

un materiale altrettanto poco resi-

stente.

La profondità e l’estensione plani-

metrica del blocco a rottura presen-

tato in Figura 4.9 variano in relazio-

ne allo stato di consolidazione e de-

saturazione del limo–argilla (ovvero in funzione di profili di pressione in eccesso e desa-

turazione del limo–argilla), ma anche in funzione dello spessore e del grado di saturazio-

ne del “tappo”.

Figura 4.8: fessurazione della superficie di vasca(vasca V2)

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Figura 4.10: estensione del blocco arottura in funzione dello spessore del“tappo” in condizioni di equilibrio limite

Figura 4.9: stato del limo–argilla in sezione durante lo scavo della vasca. Una volta rimossoil “tappo”, il blocco di limo–argilla parzialmente saturo (in verde), scivola sulla lentecentrale satura (in rosso), generando il crollo osservato

Per comprendere la reciproca dipendenza di questi fattori, si può condurre un’analisi

all’equilibrio limite, ovvero in cui ci si pone in condizione di instabilità incipiente: in

questa configurazione, si assume cioè che le forze che stabilizzano il sistema uguaglino

quelle instabilizzanti. In Figura 4.10 è presentato per alcuni valori di coesione apparente

del “tappo”, l’andamento dell’estensione superficiale Bsuperficiale del disseto in relazione

allo spessore Btappo del tappo.

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La liquefazione statica

La liquefazione coinvolge generalmente materiali granulari (sabbie e/o limi), saturi: ilfenomeno consiste in un repentino cambiamento di fase a causa del quale il terreno, dasolido, si trasforma in un fluido viscoso. Questo cambiamento è legato ad un improvvi-so aumento della pressione dell’acqua contenuta nei pori che genera un’inaspettatariduzione della pressione efficace ed una distruttiva perdita di resistenza a taglio delterreno. Questo fenomeno avviene cioè in condizioni di drenaggio impedito ovvero incondizioni non drenate. Una volta dissipata la pressione in eccesso, il materiale torna acomportarsi come un solido.La liquefazione può essere sia statica che ciclica, a seconda della causa scatenante.Poiché la seconda è legata a fenomeni di tipo dinamico, quali i sismi, non può essereinvocata per spiegare quanto accade alla frazione sabbiosa del deposito di una vasca didecantazione. La liquefazione statica, al contrario, è legata ad esempio a variazioni dellivello di falda o, come nel caso in esame, a variazioni delle condizioni al contorno indot-te dalle operazioni di scavo.

Prove triassiali non drenatePer comprendere se la sabbia limosa possa essere soggetta a liquefazione statica siconducono prove triassiali non drenate. Il campione viene posto all’interno di una cellacilindrica riempita di acqua (Figura 4.11a): il provino è alloggiato tra una base ed una

È importante notare che, a parità di spessore del “tappo”, una sua minore coesione

apparente rende instabile una maggiore superficie di vasca; al contrario, supponendo

costante la coesione apparente, all’aumentare dello spessore del “tappo”, diminuisce

la lunghezza dell’instabilità.

4.1.2. Effetti della presenza di sabbia limosa

I rischi associati alle operazioni di scavo possono nascere quando il fronte si avvicina

alle sezioni caratterizzate dalla presenza di materiale più grossolano (sabbie limose).

Infatti, in questo caso, durante le operazioni di scavo, proprio a causa del disturbo

indotto dal braccio della benna, può aver luogo un fenomeno noto come liquefazione

statica o instabilità volumetrica (BOX “La liquefazione statica”).

(b)

Figura 4.11: cella triassiale Bishop & Henkel (a) e schema di funzionamento (b)

(a)

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testa di carico che permettono il controllo del drenaggio dell’acqua, e rendono solidaleil campione con l’apparato. Per mezzo di una pressa viene imposto uno spostamentocostante nel tempo al campione: per effetto di questo, il provino si deforma (Figura4.11b). Il carico che ne consegue e la deformazione assiale del campione vengonomisurati con una cella di carico e con un trasduttore di spostamento. In una provatriassiale, l’acqua presente all’interno della cella è utilizzata unicamente come un mezzoper imporre la pressione laterale (o di confinamento) alla quale è sottoposto il provino.Per riprodurre la causa scatenante la liquefazione statica è necessario impedire, duran-te la prova, il drenaggio dell’acqua contenuta nel provino: i fori di drenaggio presentinella base e nella testa di carico vengono pertanto chiusi.Molte prove triassiali non drenate (Castro, 1969; di Prisco et al. 1995) hanno evidenziatoche la densità relativa DR del terreno riveste una rilevante importanza nella definizionedel suo comportamento a liquefazione. Questa è definita come:

γd,sito – γminDR = —————— [18] γ

max – γ

min

dove γd,sito, γmax e γmin rappresentano rispettivamentela densità secca rilevata in condizioni naturali, ladensità minima e massima del campione (ricavabilimediante apposite prove di laboratorio).Quando il materiale è in condizioni sciolte e nondrenate, infatti, il suo comportamento è in genereinstabile prima ancora prima di raggiungere la mas-sima resistenza a taglio. Al contrario, lo stesso ma-

teriale ma in condizioni più addensate, può non presentare alcun fenomeno instabile.Questa condizione è visibile in un grafico che riporta in ascissa le deformazioni verticaliεV (rapporto tra il cedimento del provino e la sua altezza iniziale), ed in ordinata il deviatoreq degli sforzi (differenza tra lo sforzo totale assiale e lo sforzo totale orizzontale): inizial-mente le deformazioni crescono al crescere del deviatore q senza che si verifichi nessu-na instabilità (Figura 4.12). Successivamenteal picco, i provini sciolti continuano a defor-marsi nonostante q decresca bruscamente: ciòsignifica che il materiale è liquefatto. Al con-trario, i provini mediamente addensati sono deltutto stabili, poiché q cresce con la deforma-zione assiale.

Risultati delle prove

La sabbia limosa, caratterizzata da una densi-tà relativa in sito pari al 35.2%, è stata sotto-posta ad una pressione di confinamento di 50kPa, che riproduce lo stato di sforzo del mate-riale presente in una vasca di decantazione.La prove effettuata evidenzia la liquefazione delmateriale: inizialmente le deformazioni cresco-no al crescere del deviatore; successivamenteal picco la resistenza decresce nonostante ilcampione continui a deformarsi (Figura 4.13).

Figura 4.12: grafico q-εv (Castro, 1969)

Figura 4.13: grafico q-εv per le provetriassiali non drenate eseguite sullasabbia limosa delle Cave di Lonate

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Analogamente a quanto discusso nel precedente paragrafo, con riferimento ai materiali

fini (Figura 4.9), è sufficiente la presenza di strati di sedimenti grossolani saturi in pros-

simità del fronte di scavo, per innescare processi instabili di collasso nei quali parte dei

sedimenti possono trasformarsi inaspettatamente in masse di fluido viscoso. Ancora

una volta, il tappo rappresentato dal materiale parzialmente saturo che costituisce il

fronte di scavo, può non essere sufficiente ad arginare il materiale liquefatto posto alle

sue spalle: il fenomeno di liquefazione può anche coinvolgere, infatti, la lente orizzonta-

le di materiale più saturo posto all’interno del deposito.

Perchè abbia luogo il collasso di Figura 4.9, nel caso del limo–argilla, il deposito deve

presentasi non solo saturo ma soprattutto sottoconsolidato. Al contrario, è sufficiente

che la sabbia limosa sia satura (e non sottoconsolidata), perché si osservi la liquefazio-

ne del materiale. La condizione di saturazione, unitamente all’impossibilità di un rapido

drenaggio dell’acqua, induce l’annullamento della pressione di confinamento e l’im-

possibilità da parte della sabbia limosa di sopportare alcun sforzo di taglio.

La probabilità d’innesco del fenomeno è funzione del grado di addensamento del depo-

sito (molto basso all’interno delle vasche di decantazione), e del grado di saturazione.

Usualmente, come chiarito nei §2.4 e §3.3, il processo di desaturazione procede più

speditamente all’interno degli strati più grossolani; ciononostante, particolari condizio-

ni idrauliche al contorno o precipitazioni atmosferiche particolarmente intense, posso-

no causare la risaturazione o impedire la desaturazione dei depositi più grossolani,

aumentando indirettamente la probabilità d’innesco di flow–slides di piccole dimensioni.

Questi processi di collasso gravitativo possono danneggiare mezzi di scavo e mettere

a repentaglio anche gli operatori, perché totalmente inattesi, veloci e caratterizzati da

ampie aree di espandimento e da velocità di propagazione assolutamente inusuali.

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Capitolo 5| Raccomandazioni

Questo complesso percorso di studio ed analisi delle dinamiche di trasformazione

dei fanghi, è stato finalizzato alla valutazione del rischio associato alle operazioni

di svuotamento delle vasche di decantazione.

In questo ultimo Capitolo sembra allora utile dare unitarietà a quanto esposto fino ad

ora, così da giustificare le scelte tecniche che riguardano le raccomandazioni proposte.

5.1. Il processo di sedimentazione–consolidazioneCome mostrato dalle analisi del materiale campionato presso numerose cave site in

Provincia di Varese, i fanghi immessi nelle vasche di decantazione sono caratterizzati

da una curva granulometrica che non presenta significative variazioni, tanto che si può

affermare che, nelle sezioni di imbocco, il sedimento è costituto da una sabbia limosa

nella quale sia la componente più grossolana che quella fine non sono trascurabili.

Questa ricca composizione dei fanghi immessi innesca un processo di sedimentazione

non uniforme a seconda della distanza tra la sezione considerata ed i punti d’imbocco

e d’uscita. Conseguentemente i tempi, le dinamiche ed il tipo di sedimento variano da

punto a punto al termine del riempimento della vasca: nelle sezioni d’ingresso è pre-

sente la frazione più grossolana (sabbia limosa), nelle zone più centrali e di scarico

quella più fine (limo argilloso).

La successione stratigrafica

del sedimento lungo la profon-

dità appare, al contrario, estre-

mamente omogenea, in virtù

del continuo afflusso di fan-

ghi all’interno della vasca.

La disomogeneità planimetri-

ca del deposito si traduce in

un differente comportamento

idraulico e meccanico del ma-

teriale: pressione dell’acqua e

stato di sforzo efficace varia-

no cioè sia in pianta che lun-

go la profondità della vasca.

Il processo di consolidazione

che si innesca (che dipende

dalla permeabilità, dalla defor-

mabilità e dallo spessore del-

lo strato, nonché dalle condi-

Figura 5.1: andamento del tempo di consolidazione infunzione della semialtezza di vasca e del coefficiente CV

(ovvero del tipo di materiale), per un grado diconsolidazione pari al 90%

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zioni al contorno), è allora differente nel caso di una sabbia limosa o di un limo–argilla. Al

variare di questi parametri, ovvero per diversi valori del coefficiente di consolidazione

verticale CV, è possibile stimare quando la consolidazione del materiale risulta prossima

alla conclusione: nell’Abaco I di Figura 5.1 è riportato un esempio riferito ad una vasca

con fondo drenante e pareti laterali impermeabili.

5.2. Il processodi desaturazioneLa desaturazione dello strato de-

positato evolve sia conseguen-

temente che parallelamente alla

sua consolidazione. Il comporta-

mento del materiale in questa

fase è strettamente correlato alla

sua curva caratteristica e alla va-

riazione della conduttività con il

grado di desaturazione. Ne con-

segue che, data la disomogenei-

tà della sedimentazione, il mate-

riale presente presso le zone

d’immissione, si desatura più ve-

locemente del limo–argilla delle

sezioni di uscita.

Come fatto in precedenza, e per

entrambi i materiali, è possibile sti-

mare i tempi di desaturazione per

vasche di differente altezza H: in

Figura 5.2 (limo–argilla) e in Figu-

ra 5.3 (sabbia limosa) sono pro-

posti due abachi che riportano, in

funzione della profondità della va-

sca e del tempo trascorso a parti-

re dal termine della consolidazio-

ne, la massima saturazione dello

strato. I due Abachi si riferiscono

al caso di vasca con base drenan-

te. Dalla Figura 5.2 e dalla Figura

5.3 risulta evidente che i tempi di

consolidazione e desaturazione

sono direttamente proporzionali

alla profondità H della vasca.

Figura 5.3: confrontando questo Abaco con l’omologoper il limo–argilla, si può notare come la massimasaturazione sia sensibilmente inferiore (a parità di H etempo)

Figura 5.2: all’aumentare dello spessore H di vasca, illimo–argilla è caratterizzato da valori massimi del gradodi saturazione crescenti

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5.3. Lo scavoPer comprendere le problematiche geotecniche che influenzano direttamente o indiret-

tamente la valutazione del rischio di collasso gravitativo durante le operazioni di scavo

delle vasche di decantazione, è innanzitutto necessario definire infine, seppur schema-

ticamente, le condizioni iniziali in cui si opera, tenendo presente che la possibilità di

effettuare lo scavo mediante la realizzazione di un fronte verticale è dovuta unicamente

alle condizioni di parziale saturazione nelle quali si trova il materiale durante le operazio-

ni di scavo stesse.

Se ad esempio, per un qualunque motivo, variano le condizioni idrauliche al contorno,

localmente il materiale si potrebbe risaturare, perdendo nuovamente quella notevole

resistenza a taglio che permette la realizzazione di fronti di scavo subverticali.

Data poi la disomogeneità del materiale depositato, lungo le coordinate x, y e z saranno

variabili anche l’indice di saturazione SR e la pressione dell’acqua u

w e di conseguenza

i parametri meccanici che ne definiscono il comportamento a rottura.

Si può affermare allora che:

➤ se si assumesse valida l’ipotesi che la distribuzione delle pressioni dell’acqua e dei

parametri di resistenza dei materiali sia funzione unicamente della variabile z, il mecca-

nismo di rottura atteso durante le operazioni di scavo sarebbe di dimensioni molto

limitate in quanto tenderebbe a coinvolgere unicamente un volume di terreno molto

prossimo al fronte di scavo

➤ al contrario, se si tiene in conto della variabilità del profilo di pressione e dei parametri

di resistenza lungo x ed y, e non solo lungo z, è possibile giustificare l’insorgere di

pericolosi meccanismi di rottura che possono interessare volumi di sedimento molto

più grandi. A seconda della granulometria del materiale coinvolto nel collasso, potran-

no insorgere o meno fenomeni di liquefazione caratterizzati da elevate velocità di acca-

dimento e da notevoli lunghezze di run-out

➤ la conoscenza della distribuzione del contenuto d’acqua lungo x, y e z, correlabile alla

resistenza del materiale del sedimento non solo nelle vicinanze del fronte di scavo ma

anche in punti distanti da esso diventa allora essenziale per ridurre al minimo il rischio

associato all’insorgere di pericolosi fenomeni di instabilità gravitativa.

5.4. Prescrizioni consigliateCome anticipato nell’introduzione del presente volume, al fine di ridurre non tanto la

probabilità di innesco dei fenomeni descritti in precedenza, quanto la vulnerabilità as-

sociata alla presenza di operatori nella zona interessata da eventuali dissesti, consci

dell’aleatorietà delle variabili in gioco, gli Autori si sentono in dovere di prescrivere

quanto segue:

➤ l’eventuale asportazione dei fanghi dalle vasche di decantazione, dovrebbe avvenire

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per svuotamento dall’alto utilizzando mezzi di scavo (escavatori idraulici o draglines),

posizionati sugli argini delle vasche

➤ le vasche di decantazione devono essere progettate con geometrie tali da consentire

le operazioni di svuotamento senza che i mezzi di movimento terra debbano procedere

con attacchi frontali, evitando così di entrare in contatto con fronti subverticali poten-

zialmente instabili

➤ nel caso sia stata realizzata una vasca per la quale non sia possibile operare con

mezzi di scavo posti sugli argini si consiglia di abbandonare la stessa senza asportare

i fanghi

➤ nel caso sia indispensabile procedere all’asportazione dei sedimenti mediante scavo

frontale, l’altezza della fronte non deve superare i 3 m e gli operatori non devono scen-

dere dal mezzo durante le operazioni di scavo; resta inteso che non devono essere

utilizzati mezzi di movimentazione terra di piccole dimensioni e di peso limitato

➤ in quest’ultimo caso, una soluzione attuabile consisterebbe nell’impiego di una son-

da Diviner 2000 per controllare preventivamente le condizioni di saturazione della va-

sca. Prima del riempimento della vasca, si deve prevedere di disporre una serie di tubi

in materiale plastico (almeno uno ogni 1000 m2), di altezza pari alla profondità del depo-

sito che si intende far sedimentare. Una volta che la sospensione si è consolidata,

queste tubazioni fungono da punti di misura del contenuto d’acqua. Prima di procede-

re allo scavo, si può così valutare, sia in profondità che in diversi punti della vasca, il

valore del contenuto d’acqua: solamente nel caso si ottenga, per tutti i punti analizzati,

un contenuto d’acqua inferiore a quello del materiale saturo è ragionevole dare inizio

alle operazioni di scavo, procedendo dalle zone più sature verso quelle meno sature.

Questa precauzione può essere insufficiente nel caso in cui le condizioni di saturazione

varino tra il momento delle letture e l’inizio dello scavo: una violenta precipitazione, lo

scavo di trincee lungo la frontiera della vasca o un eventuale riempimento a monte,

possono infatti causare una risaturazione del deposito. In questa situazione è opportu-

no procedere nuovamente alle operazioni di lettura e di verifica del contenuto d’acqua.

Un modo per assicurarsi che le condizioni idrauliche non varino sensibilmente nei tem-

pi che seguono le letture, può consistere nell’isolare il terreno che riempie la vasca di

decantazione dal terreno circostante mediante lo scavo di trincee. Queste dovrebbero

consentire anche un controllo visuale dell’acqua che potrebbe provenire dalle aree cir-

costanti

➤ nell’eventualità non sia possibile seguire la procedura di cui al punto precedente (ad

esempio nel caso di vasche già riempite e in cui non si possono più disporre tubazioni

di misura), il contenuto d’acqua può essere valutato eseguendo carotaggi di terreno

mediante fori di sondaggio.

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