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NATI DALLA PASQUA Come chiesa pasquale si è chiamati ad essere testimoni di speranza con i gesti e la parola L a celebrazione annuale della Pa- squa ci aiuta a riscoprire la nostra nascita come comunità cristiana e la nostra identità di credenti. Da Gesù Cri- sto innalzato sulla croce, morto e risorto al terzo giorno è nata la Chiesa. “Innalzato sulla croce, nel suo amore senza limiti donò la vita per noi, e dalla ferita del suo fianco effuse sangue e acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingessero con gioia alla fonte perenne della salvezza” (Prefazio Sacratissimo Cuore di Gesù). Dopo la Pentecoste, fortificata dal dono dello Spirito, la prima comunità cristiana si riuniva ogni setti- mana per celebrare la Pasqua. Il frutto della Pasqua è, precisamente , lo spirito di comunione. La Pentecoste genera nei disce- poli un solo cuore e una sola anima (At 4,32). L’immagine della comunità delle origini, nata dalla Pasqua di Gesù è que- sta: “Essi erano assidui alla predicazione degli apostoli, alle riunioni comuni, alla frazione del pane e alle preghiere” (At 2,42). Sono le note fondamentali di ogni comunità cristiana, la sorgente a cui at- tingere in ogni tempo. Da qui l’esigenza di recuperare i tratti salienti della nostra identità e dell’appartenenza a una comu- nità, la cui storia, le cui tradizioni, la cui cultura, affondano le radici nell’evento pasquale. Dando uno sguardo intorno a noi ci si accorge che una mentalità e uno stile pagano, cioè non cristiano, si è abbondantemente diffuso. In modo particolare è l’istituto della famiglia che è stato messo in crisi con il diffondersi di modelli e di visioni culturali estranei al nostro patrimonio e quando la famiglia perde la sua identità è la comunità nel suo insieme che viene snaturata. Nel suo viaggio nelle Filippine Papa Francesco ha ricordato con chia- rezza il tentativo arrogante e continuo di colonizzazione culturale e ideologica che cerca di distruggere la famiglia, deru- bando i popoli della loro identità. C’è un capovolgimento dei valori dove l’effimero viene anteposto all’essenziale, dove il va- lore della vita, in tutte le sue espressioni, viene conculcato, dove la stessa legge naturale viene messa in discussione. La Pasqua ci invita a riscoprire il vero umanesimo, cioè quello che vera- mente conta per ogni uomo. Come Chiesa pasquale si è chiamati a essere testimoni di speranza con i gesti e la parola. “Ma la parola si genera nel silenzio, nell’attiva profondità della contemplazione. Una Chiesa pasquale presuppone l’Eucaristia che è donazione, servizio e morte. Nella pienezza del silenzio e nel cuore della croce nascerà la Chiesa della Pasqua”. Una chiesa in missione, sorretta dalla preghiera, che sperimenta la sofferen- za, che “soffre con chi soffre, si apre alla fraternità responsabile, si getta con coraggio nelle sfide del presente”, che si sente invasa dallo Spirito per rendere testimonianza della risurrezione “fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). A tutta la Comunità, amche a nome di don Puddu, i più cordiali auguri di Buona Pasqua. Don Giuseppe Mattana www. parrocchiaoliena.it Notiziario della Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola - Oliena N. 27 - Aprile 2015

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Notiziario della Parrocchia Sant'Ignazio di Loyola di Oliena - Aprile 2015

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NATIDALLA PASQUA

Come chiesa pasquale si è chiamati ad essere testimoni di speranza con i gesti e la parola

La celebrazione annuale della Pa-squa ci aiuta a riscoprire la nostra nascita come comunità cristiana e

la nostra identità di credenti. Da Gesù Cri-sto innalzato sulla croce, morto e risorto al terzo giorno è nata la Chiesa. “Innalzato sulla croce, nel suo amore senza limiti donò la vita per noi, e dalla ferita del suo fianco effuse sangue e acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingessero con gioia alla fonte perenne della salvezza” (Prefazio Sacratissimo Cuore di Gesù). Dopo la Pentecoste, fortificata dal dono dello Spirito, la prima comunità cristiana si riuniva ogni setti-mana per celebrare la Pasqua. Il frutto della Pasqua è, precisamente , lo spirito di comunione. La Pentecoste genera nei disce-poli un solo cuore e una sola anima (At 4,32). L’immagine della comunità delle origini, nata dalla Pasqua di Gesù è que-sta: “Essi erano assidui alla predicazione degli apostoli, alle riunioni comuni, alla frazione del pane e alle preghiere” (At 2,42). Sono le note fondamentali di ogni comunità cristiana, la sorgente a cui at-tingere in ogni tempo. Da qui l’esigenza di recuperare i tratti salienti della nostra identità e dell’appartenenza a una comu-nità, la cui storia, le cui tradizioni, la cui cultura, affondano le radici nell’evento pasquale. Dando uno sguardo intorno a noi ci si accorge che una mentalità e uno stile pagano, cioè non cristiano, si è abbondantemente diffuso. In modo particolare è l’istituto della famiglia che è stato messo in crisi con il diffondersi di

modelli e di visioni culturali estranei al nostro patrimonio e quando la famiglia perde la sua identità è la comunità nel suo insieme che viene snaturata. Nel suo viaggio nelle Filippine Papa Francesco ha ricordato con chia-rezza il tentativo arrogante e continuo di colonizzazione culturale e ideologica che cerca di distruggere la famiglia, deru-bando i popoli della loro identità. C’è un capovolgimento dei valori dove l’effimero viene anteposto all’essenziale, dove il va-lore della vita, in tutte le sue espressioni, viene conculcato, dove la stessa legge naturale viene messa in discussione. La Pasqua ci invita a riscoprire il vero umanesimo, cioè quello che vera-mente conta per ogni uomo. Come Chiesa pasquale si è chiamati a essere testimoni di speranza con i gesti e la parola. “Ma la parola si genera nel silenzio, nell’attiva profondità della contemplazione. Una Chiesa pasquale presuppone l’Eucaristia che è donazione, servizio e morte. Nella pienezza del silenzio e nel cuore della croce nascerà la Chiesa della Pasqua”. Una chiesa in missione, sorretta dalla preghiera, che sperimenta la sofferen-za, che “soffre con chi soffre, si apre alla fraternità responsabile, si getta con coraggio nelle sfide del presente”, che si sente invasa dallo Spirito per rendere testimonianza della risurrezione “fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). A tutta la Comunità, amche a nome di don Puddu, i più cordiali auguri di Buona Pasqua.

Don Giuseppe Mattanawww. parrocchiaoliena.it

Notiziario della Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola - OlienaN. 27 - Aprile 2015

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Cronaca di vita parrocchiale

Cronaca di vita ParrocchialeAvvenimenti vissuti nella nostra comunità

dal mese di novembre 2014 al mese di marzo 2015

NOTIZIARIO della Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola - OLIENA

Aprile 2015 - n. 27 Direttore Responsabile: GIUSEPPE MATTANA

Gruppo Redazione: ANTONELLO PULIGHEDDU, PEPPINO NIEDDU, FRANCO GARDU,FRANCESCO PALIMODDE, FRANCA MASSAIU, MATTIA SANNA, GUGLIELMO PULIGHEDDU

Grafica: Antonello Puligheddu - Stampa: Arti Grafiche Su Craminu - DorgaliIscrizione Reg. G. e P. N. del Trib. di Nuoro n. 03/2004 del 20 Ottobre 2004

INDIRIZZI e NUMERI TELEFONICIParrocchia Sant’Ignazio di LoyolaPiazza Collegio, 7 - 08025 OLIENA (Nu)Tel. e Fax 0784.285655mail: [email protected]: www.parrocchiaoliena.itDon Mattana tel. 0784.285655 - 340.7661593Don Puddu tel. 0784.288707Per le vostre eventuali offerte:Conto Corrente Postale n. 13151071intestato a: Parrocchia S. Ignazio di Loyola - Oliena

Il 4 novembre, alla presenza delle au-torità civili e militari, vengono ricor-dati i Caduti di tutte le guerre.

Dal 9 al 14 novembre il Parroco è agli Esercizi Spirituali presso la Casa “Divin Maestro” ad Ariccia.

Il 16 novembre si svolge nel santua-rio di Monserrata la Festa del Ciao da parte dei ragazzi dell’ACR par-rocchiale.

Il 17 novembre si svolge a Nuoro, presso la Parrocchia del S. Cuore, l’incontro formativo per i Catechisti.

Il 25 novembre si svolge a Nuoro, presso la Parrocchia S. Giovanni Bat-tista, l’incontro formativo per i Mini-stri Straordinari della Comunione.

Il 14 dicembre, con la celebrazione della S. Messa, viene ricordato, da

parte del gruppo scout Oliena 1, il 20° Anniversario della posa del-la Croce presso il Monte Corrasi dono di Giacinta Betta-relli e Antonello Puligheddu e collo-cata con la preziosa collaborazione del gruppo.

Con l’inizio dell’Avvento parte l’iniziativa “Adotta una famiglia” per andare incontro alle necessità materia-li di tante persone della comunità.

Il 15 dicembre si ri-unisce il Consiglio Pastorale Parroc-chiale.

Il 16 dicembre inizia la Novena in preparazione alla Solennità del Na-tale.

Dal 26 dicembre e per tutto il perio-do dele vacanze natalizie, i ragazzi dell’ACR visitano i malati e gli an-

ziani della parrocchia, portando loro l’immagine del Gesù Bambino.

Il 31 dicembre viene celebrato il TE DEUM di ringraziamento al termine dell’anno trascorso. In questa circo-stanza il Parroco Don Giuseppe Mat-tana lancia l’iniziativa per la raccolta di fondi in vista del restauro della Chiesa Parrocchiale.” Nella circo-stanza odierna voglio anche lanciare l’iniziativa per contribuire al restauro della Chiesa Parrocchiale. È innega-bile che abbia bisogno di essere ripu-lita e resa più dignitosa, riportandola alla sua dignità e al suo splendore. Il progetto di restauro è già stato appro-vato dalla Commissione della Confe-renza Episcopale Italiana che ha de-liberato una parte del finanziamento. L’altra parte la dobbiamo mettere noi giacché non sono andate a buon fine

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Cronaca di vita parrocchiale

SONO STATI BATTEZZATIIN CRISTO:Giovanni Giuseppe GarduSofia PalaAdele MurgiaMayra CatteSara FeleElena SalisGiovanni PulloniAngelica PulloniAlessia Maria CorbeGiorgia CorriasMaria Piera MalatestaAdriano TandaAndrea Massaiu

SONO TORNATI ALLA CASADEL PADRE:2014Paolina CattePietro Maria BettarelliSebastiana BoiLucia PulighedduAnna Rosa CarboniGiuseppe PudduGiovanna Maria MameliGiuseppe Salis2015Lussorio PinnaMariantonia CattideFrancesco PisanuNicolò BoiLeonigia MaricosuFrancesca MulaMarcello CanuduGiovanni Maria BoiFrancesca MastroniLussorio FeleGiovanni Battista PudduMariangela LapiaPietrina FaddaMariantonia CossuPaola SalisSalvatore FeleAnnunziata PulighedduMariantonia MaccarroneGiovanni FeleGiovanni PulighedduFrancesco CancelluGiuseppe CattideAntoniangela BoiMariantonia PiccaGiovanna CorriasMichela Rosa Solinas

le richieste di finanziamento da parte del Comune e della Regione. Dob-biamo avere l’orgoglio di provvedere noi. La proposta che faccio, già esposta e approvata dal Con-siglio Pastorale, è che ci siano almeno mille persone che per due anni si im-pegnino a donare cinque euro al mese facendo riferimen-to a un gruppo di persone volontarie che provvederanno a raccogliere men-silmente questa quota. Mi sembra una cosa fattibile, è un modo per sentir-si corresponsabili di un bene che è di tutti e che appartie-ne a tutti”.

Il 5 gennaio, nella Chiesa Parrocchia-le, viene eseguito il Concerto “Fi-lando stupori nei cieli”, canti, suoni e racconti di Na-tale sotto i cieli di Sardegna e di Sici-lia. “Partendo dal nutrito patrimonio culturale e musica-le ispirato dalla Na-tività, il Concerto si è sviluppato intorno alle proiezioni di Francesco Casu, un’opera di video arte dove lo sguardo contemplativo esplora il tema del presepe affrontato con maestria dall’artista Maria Lai”. Presenta il Concerto Ottavio Nieddu.

L’8 gennaio si svolge a Nuoro, presso la Parrocchia S. Giovanni Battista, il secondo incontro formativo dei Mi-nistri Straordinari della Comunione, tenuto da Don Carmine Arice, Di-rettore dell’Ufficio Nazionale della Salute presso la C.E.I.

Il 15 gennaio si svol-ge il primo incontro formativo con i ge-

nitori dei b a m b i n i e ragazzi delle va-rie classi di Cate-chismo.

Il 18 gen-naio ha inizio il Corso par-rocchiale di prepa-razione al matrimo-nio.

Il 6 feb-braio si riunisce il Consiglio Pa-storale Parrocchiale.

L’8 febbraio si svolge la prima questua da par-te del Comitato N.S. di Monserrata.

Il 10 febbraio, con la ce-lebrazione eucaristica di ringraziamento, vengono ricordati i cento anni di zia Bonaria Salis.

Il 21 febbraio, con un in-c o n -t r o

di preghiera, ter-mina il Corso di preparazione al matrimonio.

Il primo marzo, nella Chiesa Cat-tedrale, Mons. Mosè Marcia con-ferisce il mandato ai Ministri Straor-dinari della Co-munione. Per la nostra parrocchia rinnovano il mandato: Camillo Cam-

millucci, Pasqua Rosa Corrias, Ma-riuccia Manca, Caterina Boi, Grazia Boi, Pasquina Boi, Maria Deledda, Cicita Masala. A loro, per il prezio-so servizio, la gratitudine di tutta la comunità

Il 4 marzo si riunisce la Commissio-ne Caritas per un esame e una verifica delle attività e per prendere atto delle dimissioni del Direttore della Cari-tas Camillo Cammillucci, a cui va la gratitudine di tutta la comunità per il prezioso lavoro svolto fin dalla na-scita della Caritas, per la sua testimo-nianza e per la passione che ha profu-

so a vantaggio dei più bisognosi. Nello stes-so tempo il Parroco ha proposto la costituzio-ne di una equipe orga-nizzativa per portare avanti l’attività della Caritas parrocchiale, i cui membri sono: Giampiero Sanna, con il ruolo di Direttore, Giovanni Grina, An-tonia Manca, Gesuino Mula e Piero Carrus.

Dal 6 all’8 marzo si svolgono le Sante Quarantore.

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Spazio Associazioni

Azione Cattolica: Giornata della PaceLa giornata ha inteso promuovere il rifiuto di ogniguerra e conflitto, valorizzando il dialogo e il confronto

“Anche io sono Nazareno”. È forse questo lo slogan, all’in-terno del quale l’Azione Catto-

lica di Oliena ha voluto racchiudere il significato profondo dell’ultima giornata della pace, celebratasi lo scorso 1 febbraio. Una giornata, che ricorda, da un lato, attraverso questa espressione dal forte carico simboli-co, i cristiani vittime di persecuzioni e ingiustizie, di intolleranza ed esclu-sione nel mondo. Un tema, purtrop-po, riportato all’attualità quotidiana-mente dagli organi di informazione, che riemerge con brutale concretezza soprattutto in quei Paesi dove il fon-damentalismo islamico sta facendo proselitismo e disseminando odio e violenza. La giornata ha inteso pro-muovere, d’altro canto, il rifiuto di ogni guerra e conflitto, valorizzando il dialogo e il confronto, la discussio-ne e la riflessione. Aspetti questi ul-timi trattati nell’emozionante ricordo dell’episodio bellico della Bosnia-Erzegovina, raccontato nelle parole e nei versi di Antonio Massaiu, ufficia-le dell’esercito italiano in servizio in quelle aree, a partire dal 1996. A po-chissima distanza dalla chiusura degli scontri armati. “Ho visto bimbi scalzi camminare sul ciglio di strade disse-state e salutare incessantemente co-

lonne di soldati stranieri, sperando di ricevere un pezzo di cioccolata”. È la raffigurazione struggente dei bambi-ni quella che emerge. Dei più piccoli, le prime vittime di una insensata scia di sangue. A quei tempi, i protagoni-sti dell’emozionante composizione erano poco più che coetanei della stragrande maggioranza dei parteci-panti alla recente manifestazione. E

ai più picco-li, infatti, in part icolare, che si è vo-luta intitolare questa bellis-sima iniziati-va, risalente a qualche settimana fa. A loro era ri-volto l’invito di coltivare la

pace. E sempre a loro veniva asse-gnato il compito di piantarla e cu-rarla, per mezzo di piccoli vasetti, nei quali erano state collocate alcu-ne matite molto speciali. Matite che hanno depositato sul terriccio, poco a poco, alcuni semi. Semi che si tra-sformeranno in germogli e andranno, giorno dopo giorno, riempiti di atten-zioni e premure. Ad ogni classe delle varie scuole olianesi ne è stato, poi, donato un esemplare. Così come ad ogni associazione laica o religiosa del paese. Acquistandole, inoltre, si è dato un contributo importante a favo-re di progetti di sviluppo, rivolti alle popolazioni povere dello Stato del Burkina Faso. Nell’allegoria di un gesto apparentemente senza valore si è già racchiuso, insomma, un risvolto concreto.

Mattia Sanna

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Spazio Giovani

Gli adolescenti sulla PasquaCristo offre a tutti la possibilità di fermarsi a riflettere.

Ma i nostri adolescenti cosa ne pensano?

I mille impegni della vita di ogni giorno a volte non ci permettono di fermarci ad ascoltare e parlare

con i nostri ragazzi. Il mondo di oggi li bombarda di immagini e di voci spesso inutili, inebriandoli di frivo-lezze camuffate da falsa felicità, fa-cendo passare l’idea che la violenza e la sopraffazione del più debole siano una via per affermare sé stessi. Cristo con la Quaresima of-fre non solo a noi adulti, ma anche ai nostri ragazzi, la possibilità di fer-marsi a riflettere sul come si stiano affacciando alla vita e dà loro modo di individuare ciò che impedisce di essere veramente felici. I quaran-ta giorni che precedono la Pasqua sono un tempo in cui Gesù chiede di rinunciare ad alcune cose per ca-pire il vero valore delle azioni com-piute e per chiedersi chi e che cosa sia importante nella vita. Chiede di togliere un po’ di tempo alla TV, ai videogiochi, ad internet e ai social network per dedicarlo a sé stessi, per fermarsi a pensare, a pregare, per scoprire Gesù come amico e darGli del “Tu”, per dedicarlo agli altri e capire il valore dell’amicizia, dello stare insieme e del dono. Insegniamo dunque ai ragazzi, con l’esempio di una vita vissuta più che con parole che si perdono nel vento, che la Qua-resima non è un tempo triste, ma di ricerca che porta alla gioia vera e non effimera, cioè allo stare bene con sé stessi e con gli altri. Per intraprende-re questo percorso di cambiamento,

condizione necessaria è il silenzio e lo scoprire il significato del digiuno, della rinuncia, della penitenza, del perdono, della carità e del servizio, come via per arrivare a dare un senso alla vita e alla morte.Ma i nostri adolescenti cosa pensano di tutto ciò? Ilaria: -Il Natale rappresenta la na-scita e quindi siamo spontaneamente portati ad essere gioiosi e spensierati, mentre alla Pasqua ci si arriva dopo un periodo difficile che è dato dalla Passione di Cristo, ma dopo la mor-te c’è la risurrezione, quindi la vita e la gioia. Penso che il digiuno o la rinuncia, anche delle piccole cose, serva ad immedesimarsi nel Suo do-lore e quindi ci porta a capire meglio le nostre difficoltà per poi prepararci alla gioia della Pasqua. Credo che il momento più toccante di questo pe-riodo di Quaresima sia l’Adorazione, per cui farò di tutto per viverlo.Stefano: -Penso che la Pasqua, ri-spetto al Natale porti maggiormente alla riflessione, ma non credo che il digiuno, la rinuncia siano pratica-te dai ragazzi. Non penso che siano molto efficaci, magari sarebbe op-portuno rivedere l’uso dei social net-work, anche se io personalmente li frequento poco-.Sebastiano: -Oggi si dà meno valore alle cose, secondo me molti ragazzi pensano che sia inutile rinunciare a qualcosa che possono avere senza nessuna difficoltà. Certo se riflettes-simo solo un po’ ci renderemmo con-

to che molte persone non hanno nep-pure i beni primari e noi ci stufiamo del superfluo. Quindi questo tempo di Quaresima e la Pasqua può esserci utile per essere solidali e vicini agli altri. Antonello: -Da non credente per me la Pasqua è una festa come un’altra. Il digiuno e le altre pratiche dei cre-denti, se a loro fanno star bene con sé stessi, perché no, rispetto le scelte di ognuno. Temo che talvolta siano solo un modo per giustificarsi, per appari-re più che essere buoni cristiani-. Ascoltiamoli dunque, facciamo tesoro del loro punto di vista e con un dialogo costruttivo aiutiamoli a capire che la Pasqua non è sempli-cemente un evento o una festa come un’altra, ma nasce dalla certezza che Gesù crocifisso è davvero risorto, “(...)perché cercate tra i morti Co-lui che è vivo? Non è qui è risorto” (Luca 24,5-6). Anche l’uomo, quin-di, è chiamato per sempre alla vita. La Chiesa si prepara più intensamen-te a far propria questa verità, durante la settimana santa, con i suoi riti e le sue funzioni che non sono solo pra-tiche esteriori legate alla nostra tra-dizione, ma un viaggio intimo che ci conduce al giorno di Pasqua in cui si ha la vittoria definitiva della vita sul-la morte. L’etimologia della parola “pasqua” significa “passare oltre”, è il passaggio del Cristo oltre la morte, è la necessità per l’uomo di passare dalla tristezza alla gioia, dalla morti-ficazione dei valori spirituali e morali alla generosità e alla grandezza d’ani-mo, infine dalla morte all’immortali-tà. La Pasqua è la rinascita a nuova vita, è rinnovamento di noi stessi pur nella continuità dell’esistenza, è l’annuncio del Cristo che dona gioia, che ama, che porta il suo messaggio di compassione e solidarietà agli uo-mini, e dà la speranza di un domani migliore. La Risurrezione di Gesù è quindi “passaggio” e liberazione da qualsiasi limitazione e da ogni schia-vitù e persino dalla morte, che porta alla vita che dura per sempre . Bastianina Canudu

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Approfondimenti

“Si chiamava Gesù”La “Buona Novella” di Fabrizio de Andrè

Fabrizio De André (Genova 18 febbraio 1940 - Milano 11 gennaio 1999) è conside-

rato, a ragione, uno dei più grandi cantautori italiani di tutti i tempi. L’amico d’infanzia Paolo Villag-gio lo chiamava affettuosamente “Faber”, riferendosi alla Faber-Castell, la sua marca di pastelli e matite preferita; appellativo usato oggi anche dalla miriade di am-miratori e cultori sparsi in ogni dove. In quattro decenni di attività artistica De Andrè ha prodotto 13 album, percorrendo straordinari viaggi nei sentieri di quei “mondi” dai quali la mag-gior parte dei cantautori italiani si sono tenuti ben lontani e che invece, grazie ai suoi testi sono divenuti veri e propri affreschi di poesia popolare. A conferma di ciò molti di questi oggi sono inseriti nelle antolo-gie scolastiche di letteratura moderna. Tra i tanti temi che De André ha affrontato nella sua lunga carriera, di par-ticolare interesse sono quelli dove espri-me la sua visione religiosa e che in questi giorni di Quaresima meritano un picco-lo approfondimento. Già nel suo primo album, Volume 1 del 1967, De André tratta l’argomento con tre composizioni: Preghiera in gennaio (dedicata all’amico Luigi Tenco), Si chiamava Gesù (bra-no censurato dalla RAI ma paradossal-mente osannato e trasmesso da Radio Vaticana...), e Spirituals; in quest’ulti-ma troviamo i primi germogli di quelle tematiche che verranno riprese con ben altra ampiezza nell’ album La Buona Novella del 1970, basato sulla storia di Gesù Cristo raccontata dai Vangeli apo-crifi; in particolar modo il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo arabo dell’in-fanzia. Diciamo subito che “apocrifi” non vuol dire “falsi”, come una scuola di pensiero equivoca nel tempo ha indotto a credere. Il termine deriva da una pa-rola greca che significa “tenuto lontano, nascosto”. Non molti sanno che questi documenti (cinquanta dell’Antico e circa cento del Nuovo Testamento) sono fon-te inesauribile di nomi e notizie entrati nell’uso comune e, anche se non uffi-cialmente, di fatto accettati dalla Chiesa stessa. Una delle peculiarità dei Vangeli Apocrifi è la tendenza a “umanizzare” i

personaggi, specialmente Maria e Gesù, contrariamente ai classici dove ci si foca-lizza sulla predicazione e sulla Passione del Cristo, accennando solo di sfuggita all’infanzia del Messia e di sua Madre. E’ con molta probabilità questo aspetto ad aver innescato il desiderio di De André di mettere in musica La Buona Novel-la, ed ampliare il discorso avviato qual-che anno prima con Si chiamava Gesù. L’originaria idea di produzione venne a Roberto Danè, arrangiatore, paroliere e regista televisivo che inizialmente vole-va realizzarla con Duilio Del Prete. Fu invece -per fortuna- il discografico Anto-nio Casetta che suggerì di proporla a De Andrè, dicendo allo stesso Danè...”Sa, Fabrizio in questo periodo è un po’ in cri-si, non sa cosa fare...”. Oggi noi posteri dobbiamo essere profondamente grati a Casetta per questo consiglio. La Buona Novella infatti è, senza ombra di dubbio, uno dei più significativi concept album nella storia della musica d’autore italia-na, sia per la poeticità dei testi che per le melodie, superbamente arrangiate da Gian Piero Reverberi e impeccabilmen-te eseguite dall’allora semi-sconosciuto gruppo de I Quelli, che poco tempo dopo avrebbero cambiato nome in Premiata Forneria Marconi. Lo stesso De André ha sempre considerato questo disco una delle sue opere migliori, scaturita da un coinvolgimento e da un’ispirazione pro-fonda. Durante il memorabile concerto al Teatro Brancaccio di Roma del 14

febbraio 1998 in proposito disse: “Considero i Vangeli, sia quelli ufficiali sia quelli apocrifi, come il più bel libro d’amore mai scritto. Ho composto La Buona Novella in pieno ‘68 e credo abbiano una grande carica rivoluzionaria. Pe-raltro trattano di lotte che sono state già sostenute duemila anni fa dal più grande rivoluzionario del-la Storia, Gesù Cristo.” Altro tratto distintivo questa pietra miliare della musica can-tautoriale italiana è la carica di umanità che traspare dai perso-naggi cantati; sia perchè già tali sono nei Vangeli aprocrifi sia perchè questa fu un’esplicita e consapevole scelta dell’autore. La figura di Giuseppe, trattata molto di sfuggita nei testi ufficiali, è resa qui più concreta e vicina; inoltre

nella poesia del cantautore genovese non c’è traccia della vita di Gesù durante gli anni dell’infanzia, dei miracoli e della predicazione. Malgrado come già detto si sia ispirato ai Vangeli apocrifi, Fabrizio De André passa direttamente dalla nativi-tà del Cristo alla sua Passione; ma allo stesso tempo la presenza di Gesù si av-verte in tutto il disco. “Cristo non appare mai ma c’è sempre -ricordava Faber anni dopo; egli è il filosofo anarchico, il pro-feta dell’amore universale che da dietro le quinte determina il tutto. Quello che ho cercato di narrare ne La Buona No-vella -diceva- è un Vangelo rivisto da un non credente, come quello di Pasolini nel Vangelo Secondo Matteo. Non per niente Pier Paolo lo dedicò a Giovanni XXIII, un papa così anomalo da sembrare addi-rittura un uomo comune.” Paqujto Farina

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Vita parrocchiale

Il comitato di MonserrataUn gruppo affiatato nel quale si cementano relazioni che

diventano amicizie che proseguono nel tempo

Il comitato intitolato alla Bea-ta Vergine di Monserrata ac-coglie l’ingresso delle nuove

coppie. Tre sono stati gli ingressi di quest’anno. Piercosimo Piras e Gianfranca Cacceddu, Franco Lostia e Antonella Fois, Graziano Mastini e Cosima Carroni vanno ad aggiungersi a quei coniugi, che hanno maturato l’esperien-za di un biennio o di un triennio, come, ad esempio, Tonino Solinas e Giuseppina Sanna, Andrea Tic-ca e Antonella Ghisu, Gianluigi Gardu e Graziella Massaiu, Fran-co Bastiano Manconi e Antonella Carai, Antonio Pulloni e Annama-ria Gabbas, Domenico Garippa e Sara Picca, Tonino Corbeddu e Anna Puligheddu. E proprio que-sti ultimi sono stati individuati per rappresentare e coordinare le atti-vità dell’associazione religiosa, fino al prossimo rinnovo. Durante i diversi anni di servizio pastorale a Oliena, il par-roco don Giuseppe Mattana ha voluto mantenere l’impronta fa-miliare, confermando quel forte carattere di unione, quell’affiata-mento e quella dimensione affa-bile, che rappresentano la fortuna e il segreto di un gruppo decisa-mente sui generis. La particolarità del soda-lizio probabilmente può rintrac-ciarsi nella condivisione di lunghi mesi di lavoro e impegno zelante, nel corso dei quali si costruisco-no e si vanno a saldare i rappor-ti personali, anche quando non ci si conosceva affatto. Si vanno

a cementare, insomma relazioni prima inesistenti, creando fee-ling e amicizie, che permangono e proseguono nel tempo. Anche dopo la fine di questa meraviglio-sa esperienza. Ci si rincontra in tanti momenti lieti, in parentesi conviviali, in occasioni specia-li. Ci si rincontra perché è come non essersi mai lasciati, sentendo-si ancora parte di un legame e di un senso di appartenenza divenuti indissolubili e fortissimi. Descri-vere il significato di quel legame è difficile. Capirlo dall’esterno è, ancora di più, arduo. Forse perché raccontare qualcosa di straordina-rio, di bello, di sconvolgente, fa-cendo comprendere con trasporto ed emozione la chiara definizione di un fatto, di un argomento o di una storia, risulta sempre parti-colarmente complesso. Per molti, troppi versi irrealizzabile. Ci si deve accontentare, allora, di sug-gerire, di indurre l’interlocutore a percepire un qualcosa che si av-

vicini, seppur lontanamente, alla sostanza, al contenuto o alla sin-tesi di quel significato, di cui si è già parlato. Partendo da ciò che si vede e si intuisce immediatamen-te. Nel corso dei dieci giorni delle celebrazioni, in onore della Madonna nera, il dinamico grup-po di sposi è chiamato a gesti-re i diversi momenti della festa, dall’accoglienza dei pellegrini al soggiorno dei novenanti, ospitati nelle caratteristiche “cumbres-sias”, dall’animazione, alla prepa-razione delle letture e della litur-gia. Rinnovando e valorizzando, spesso, antiche consuetudini, fatte di ospitalità semplice e spontanea, da buoni padroni di casa. Usanze e abitudini, verso le quali gli olia-nesi mostrano sempre un partico-lare attaccamento.

Mattia Sanna

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Opere Parrocchiali

Art Bonus: Il cittadino mecenatecustode del patrimonio culturale collettivoUna nuova sfida per gli amministratori comunali.

L’iniziativa del parroco don Giuseppe Mattana di indire una raccolta fondi per il restau-

ro conservativo, la manutenzione e la pulitura della chiesa primaziale dei gesuiti, ha trovato un ampio consen-so fra gli olianesi ed un eco positivo anche fuori Oliena. Una rete che mo-bilita centinaia di persone e consente di raccogliere mensilmente somme cospicue. Somme che unite al ri-levante contributo dato dalla CEI, (Conferenza Episcopale Italiana) consentiranno l’esecuzione dei lavo-ri nella chiesa parrocchiale. Un’altra occasione per gli olianesi per dimo-strare la loro generosità. Non che ce ne fosse bisogno. La generosità, l’al-truismo, il senso di solidarietà sono, di fatto, ben radicati nella nostra co-munità. Né sono un segno distintivo. Testimoniato, in modo convincente, dai tanti giovani e meno giovani im-pegnati nell’associazionismo e nel volontariato. Sono valori questi che non vanno abbandonati, ma incorag-giati e sostenuti. Valori che affonda-no le loro radici nel vissuto di ogni famiglia olienese. Ad incrementare e rendere ancora più proficua tanta buo-na volontà, basterebbe che l’Ammi-nistrazione comunale facesse proprio il Decreto legge n.83 del 31-5-2014, convertito in Legge il 29-07-2014 n.106, pubblicato sulla GU n. 175 del 30-7-2014. Tale decreto prevede la deducibilità del 65/% delle dona-zioni devolute per il restauro di beni culturali pubblici: chiese, monumen-ti, biblioteche, archivi, ecc. La chie-sa parrocchiale è un edificio pubblico e come tale può essere indicato come primo in una lista che potrebbe com-prendere gli archivi, i musei, i libri antichi e tanto altro ancora. Gli olie-nesi possono così, guadagnandoci, cimentarsi in una gara collettiva per adottare di volta in volta un singolo progetto. Una strada che va tentata, non fosse altro che per rinsaldare i legami dei cittadini con la cultura. Ma è un modo anche intelligente di pagare le tasse quando si compila il 730 o il modello unico. Gli olianesi

possono decidere di destinare alla causa la cifra che vogliono, poniamo 100 euro, di cui 65 li scaricheranno dalle tasse in tre anni. Per le persone fisiche, il credito d’imposta ha il solo limite del 15 per cento del reddito imponibile. Per le aziende, il limite è il 5 per mille dei ricavi annui. In Francia nel corso del 2013 sono stati raccolti in questo modo oltre due mi-liardi. Scommettiamo anche noi sul-la cultura. Sarà arricchente per tutti e conserveremo il nostro patrimonio culturale per le future generazioni. Per intanto continuiamo a lavorare per sensibilizzare sempre più persone a sostenere l’iniziativa in corso. Ogni altro sostegno è ben accetto, ed è au-spicabile l’allargamento della platea attuale per dare continuità ai lavori che non tarderanno ad iniziare.

Per meglio capire a che cosa sono finalizzati gli sforzi della comu-nità, abbiamo rivolto all’architetto Angelo Ziranu, che ha redatto il pro-getto, alcune domande:

Architetto Ziranu, Lei che ha lavo-rato con l’equipe di progettazione della Sagrada Familia, espressione del genio di Gaudì, come si accinge ad intervenire su una chiesa sobria ed essenziale ma ispirata ai canoni costruttivi gesuitici?La chiesa di Sant’Ignazio di Loyola è parte fondante dell’importantissi-mo programma edificatorio dei Ge-suiti, in particolare, riveste un ruolo rilevante nel panorama degli edifici eretti dall’Ordine Ignaziano in Sar-degna. Il programma dell’ordine ha trasformato il territorio isolano sia nelle province che nelle grandi città, come Cagliari e Sassari, mettendo le basi della nostra moderna istruzio-ne e cultura, attraverso i loro istituti successivamente divenuti sede delle Università Sarde.L’anno 1559 segna l’arrivo in Sarde-gna della compagnia del Gesù, quan-do, i primi padri, arrivano a Sassari per la fondazione del collegio. Nell’arco di due secoli l’ordine è protagonista

in tutto il territorio regionale. Nel 1773, anno della sua soppressione, la compagnia aveva fondato nell’isola, alcuni ancora in fase di completa-mento, 8 collegi (Cagliari, Iglesias, Alghero, Oliena, Bosa, Ozieri, e due a Sassari) un noviziato o casa di prima probazione (Cagliari), 1 casa professa (a Cagliari) 3 re-sidenze (Nuoro, Bonorva e Nur-ri) più due imprese non andate a buon fine nel collegio di Oristano e il no-viziato a Busa-chi.N e l 1600, le c h i e s e con le caratte-ristiche d e l l a c h i e s a di S. Ignazio di Olie-na erano in auge: ques to stile, la C o m -pagnia di Gesù lo fece s u o : navata u n i c a , cappelle la-terali, volta a botte, archi a tutto se-sto, pre-sb i te r io soprele-vato.Q u e s t o tipo di c h i e s a rispondeva bene alle necessità del servizio religioso del clero e teneva raccolti i fedeli durante le funzioni li-turgiche. Planimetricamente era il ri-

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Opere Parrocchiali

petersi delle chiese madri gesuitiche di Roma, del Gesù e dì S. Ignazio. I padri della Compagnia le diffuse-ro un po’ dappertutto, in Francia, in Germania, nei Paesi Bassi, in Spa-gna, e nell’America latina.Non sappiamo se la chiesa gesuiti-

ca di S. Ignazio di Loyola di Oliena possa essere consi-derata architettu-ra maggiore, tale sembrerebbe per la sua spaziosità e maestosità di linee,

o architettura minore, in quanto priva di esornati che pure costituivano la moda del tempo e delle costruzioni gesuitiche.

Intervista all’Architetto Angelo ZiranuPer meglio capire a che cosa sono finalizzati

gli sforzi della Comunità ParrocchialeLa conformazione globale e gli in-terni sono, comunque, in linea con le fabbriche Gesuitiche in Sardegna.In sostanza, le strutture principali conservano il progetto originario. Un interno ben calibrato nel rispetto del cosiddetto “modonostro” gesuitico, una ben definita normativa secen-tesca che regolava la composizione planimetrica, gli alzati e il sistema edificatorio. L’impianto veniva strut-turato su una base classica retta da spessi muri perimetrali, da possenti pilastri, dall’arco a tutto sesto e da importanti cornici di imposta. Le fi-

niture tendenzialmente classi-che nelle situazioni più povere

sfociavano in ricchissime finitu-re barocche che nei contesti più ricchi. Il cornicione aggettante che percorre tutto il perime-tro della navata in coincidenza del presbiterio incrocia l’ar-co trionfale che immette nella zona presbiterale. La maestosa volta a botte che copre la navata centrale si apre verso le cappel-le laterali tramite archi a tutto sesto, il sistema costruttivo con l’utilizzo del tutto sesto regola tutta la composizione interna compresi gli spazi perimetrali delle cappelle e gli spazi di per-tinenza. Cornici, lesene e arcate suddividono i vari spazi.

Può delineare le linee d’inter-vento e la tipologia dei lavori?L’intervento, richiesto e volu-to dal Parroco Don Giuseppe Mattana, è stato programmato

dall’ufficio dei beni culturali della Diocesi Di Nuoro, diretto da Don

Sebastiano Corrias, e approvato dall’Ordinario Diocesano Sua Ec-cellenza Mons. Mosè Marcia.Attualmente, ha ottenuto le ap-provazioni degli uffici romani, preposti alla salvaguardia dei beni culturali, della Conferenza Episcopale Italiana e, sono stati trasmessi tutti gli elaborati, ne-cessari all’ottenimento dei visti

degli uffici ministeriali della Soprin-tendenza.I Lavori così come da progetto de-finitivo daranno una soluzione ai

problemi di umidità, che in questo momento interessano vaste porzioni di superficie muraria, ripristinando le condizioni ideali prescritte dalle nor-me igienico sanitarie e garantendo la salubrità e la vivibilità degli ambien-ti interni.Il risanamento delle numerose fes-surazioni contribuirà a rendere più gradevole l’aspetto complessivo dell’aula e del presbiterio. Questo in-tervento di consolidamento interrom-perà eventuali fenomeni degenerati-vi più profondi, ripristinando senza soluzione di continuità le superfici interne.Lo studio illuminotecnico, attento alle condizioni di visibilità interna e alle pratiche legate ai riti cristiani conferirà, al vano interno della par-rocchia, un aspetto più accogliente e più consono alla celebrazione e alla meditazione più intima dei fedeli.

Può prefigurare il risultato finale?Prendiamo in prestito la risposta di Gaudì al padre Osso’, al termine dei lavori del collegio delle Teresiane: “Sarà una casa in cui si starà bene” Si potrà dire altrettanto della nostra parrocchiale?Gaudi progetta e dispone gli am-bienti interni delle sue realizzazioni guidato dalle indicazioni delle sacre scritture, la chiesa deve accogliere accompagnare e rassicurare i fedeli. Nel momento apicale della celebra-zione deve favorire il contatto miste-rico. Nel rispetto di questi intenti il palinsesto interno delle luci, dell’ico-nografia e dei volumi architettonici deve accompagnare al contatto tra-scendente con Dio.Operiamo nell’intento che il nostro restauro si componga in modo ar-monico con l’esistente gesuitico, in linea con la loro scuola, fondata sulla formazione all’essere cristiano ed in-dirizzata alla strutturazione più com-pleta dell’uomo.Il moto gesuitico dell’essere attivi nella contemplazione, ancora oggi, riveste un carattere di incredibile at-tualità e una sicura norma di buona condotta umana. Francesco Palimodde

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Approfondimenti

Riconciliarsi con Dio“Usiamo in modo più sobrio parole, cibi, bevande, sonno e

giochi, e rimaniamo con maggior attenzione vigilanti”. (1)

Con il mercoledì delle Ceneri inizia per il cristiano il cam-mino di preparazione alla

Pasqua. Cammino che presuppone la conversione del cuore, la peni-tenza interiore. Questa conversione del cuore è bene sia accompagnata da una soffusa malinconia e da un senso di afflizione, quello che una volta veniva chiamato, “compuctio cordis”, che aiuta a vivere in pie-nezza il periodo quaresimale. La quaresima, così vissuta, diventa un vero e proprio esercizio di orienting della nostra vita, un riallinearsi sul-le coordinate di Dio. Domandiamoci allora quali sono, nel quotidiano, gli strumenti, per così dire, che favori-scono la conversione: rispetto a se stessi, a Dio , agli altri. La Scrittura e i Padri della chiesa ne indicano tre: Il digiuno, la preghiera , l’elemosina. Della preghiera si tratta in altra parte del giornale, e dell’elemosina, o sol-lecitazione verso i più poveri, sono note le iniziative di sensibilizzazione della parrocchia. Meno noto è, forse, il valore e il significato del digiuno che non va confuso, con mere norme dietetiche oggi tanto diffuse. Sia nell’Antico che nel Nuo-vo Testamento sono presenti, al ri-guardo, testimonianze significative. Su tutte quella di Gesù: “Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame”.(2) Sono rimasti celebri anche i digiuni pro-

clamati da Esdra prima del viaggio di ritorno dall’esilio alla Terra Promes-sa,(3) o quello seguito all’appello di Giona agli abitanti di Ninive.(4) Per non parlare dei digiuni di Mosè o del profeta Elia.(5) La chiesa, sin dai pri-mi secoli, ha sempre tenuto in con-siderazione questa pratica e non la ha mai abbandonata. Pensiamo alle “Quattro Tempora” di epoca medio-evale, alla tradizione monastica, ai movimenti riformatori. Nella storia del cristianesi-mo, il digiuno, non è mai disgiunto dal ravvedimento e dalla preghiera ed è atto penitenziale finalizzato a meglio celebrare la Pasqua. Digiu-nare aiuta a prendere consapevolezza di sé per riannodare il rapporto con Dio, reso difficile e appesantito dalla colpa. Il magistero della chiesa pone grande attenzione nel raccomandare il digiuno. Pensiamo alla costituzio-ne apostolica di papa Paolo VI “Pa-enitemini” del 1966, alla enciclica “ Veritatis splendor” di papa Giovan-ni Paolo II, al messaggio del Santo Padre Benedetto XVI, in occasione della quaresima del 2009. La lettura di questi testi ci fornisce più di un motivo di riflessione. Così Paolo VI: ”… Attraverso il “digiuno corporale” l’uomo riacquista vigore e la ferita inferta alla dignità della nostra natura dall’intemperanza, viene curata dalla medicina di una salutare astinenza “. E ancora: “La vera penitenza non può prescindere, in nessun tempo, da una ascesi anche fisica: tutto il nostro

essere, infatti , anima e corpo, anzi tutta la natura, anche gli animali sen-za ragione, come ricorda spesso la Sacra Scrittura, deve partecipare at-tivamente a questo atto religioso con cui la creatura riconosce la santità e maestà divina”. Ed ecco come Benedetto XVI attualizza questo messaggio. “ Ai nostri giorni, la pratica del digiu-no pare aver perso un po’ della sua valenza spirituale e aver acquistato piuttosto, in una cultura segnata dal benessere materiale, il valore di una misura terapeutica per la cura del proprio corpo. Digiunare giova cer-tamente al benessere fisico, ma per i credenti è in primo luogo una “tera-pia” per curare tutto ciò che impedi-sce loro di conformare se stessi alla volontà di Dio.” Vivere la quaresima, anche attraverso il digiuno, vuol dire, dunque, aprirsi alla speranza di riconoscere, come Maria di Magdala, la voce del Maestro. Vivere la qua-resima vuol dire superare il timore, la tristezza e l’ansia che prese i di-scepoli, rinchiusi in casa la sera della domenica, per aprirsi alla gioia e alla letizia dello Spirito. Non c’è chi non veda quanto ciascuno di noi, oggi più di ieri, abbia bisogno di quella gioia e di quella letizia.

Francesco Palimodde

1) Antico inno liturgico in: BenedettoXVI, messaggio per la quaresima del 2009. 2), 3), 4), 5), Ibìdem ;

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Approfondimenti

Non “dire” le preghiere, ma “essere” preghieraCi siamo posti come obiettivo principale

la collaborazione con la Famiglia

Pregare è forse, accanto al verbo respirare, quello che più comu-nemente ci contraddistingue

come esseri appartenenti ad una spe-cie che, oltre che dotata di un musco-lo strano chiamato cuore, è capace di elevare il suo pensiero al di là dei dati materiali d’esistenza per rivolgersi ad un’entità superiore che tutti, in-dipendentemente dalla religione che professano, chiamano Dio. La pre-ghiera è dunque un fenomeno univer-sale, praticata, talvolta, anche da chi non si dice credente perchè anche a costui può capitare di rivolgere pen-sieri e parole al mistero che avvolge e sovrasta l’esistenza. Pregare è dunque anche un modo per dare senso alla nostra vita, è un bisogno dell’anima che non si rassegna al non senso e all’assurdo. Risponde ad una sete che è del cuore e dell’intelletto, una sete di bene, di calore ,contro un mondo che spesso offre solo il contrario. Tanti sono i modi di pregare, molteplici le lingue con cui si intrecciano parole e si de-clinano inni, si sussurrano lamenti, si innalzano invocazioni. Vi sono le preghiere canoniche, quelle della li-turgia, quelle che abbiamo imparato a recitare da bambini: esse risuonano in noi spesso in modo meccanico, altre volte invece, quando le degnia-mo della misericordia dell’attenzio-ne e ne scandiamo ad una ad una le parole, lasciando che sedimentino e vivano in noi, con noi, producono un legame concreto, tangibile , con l’Essere cui sono rivolte. Questo ci procura il frutto migliore : la sere-nità e la forza di accettare l’esistente, che è sempre il più grande miracolo della preghiera. Simone Weil disse che il Pater Noster racchiude tutte le richieste possibili che può contenere una preghiera attraverso questa invo-cazione” Scendi in me per compiere attraverso di me la tua volontà, qua-lunque essa sia.” Essa afferma che “la fede è credere che le azioni compiute

dopo una simile preghiera saranno meno distanti dall’obbedienza a Dio di quelle compiute prima”. Quanto a dire che occorre chiedere di avere la forza di accettare ciò che non si può cambiare. Vi è poi la preghiera che scaturisce spontanea, fatta di parole semplici, le prime che ci vengono in mente non appena la vita ci presenta un conto salato o quando ci offre una gioia inaspettata. Si prega infatti non solo per chiede-re, ma anche per ringraziare, anche se di ciò ci ricordiamo di meno, ed anche di questo occorre essere capa-ci. Spesso infatti siamo felici senza saperlo e ciò accade quando la nostra vita non è interrotta da alcun evento, quando scorre sempre sugli stessi bi-nari e non è sconvolta da alcun fatto traumatico. E’ in quei giorni in cui nulla accade che dovremmo più for-temente ringraziare persino del respi-ro, perchè altri non l’hanno ed allora è per loro che occorre pregare. La preghiera come dono per gli altri è forse la pratica più diffici-le, ma è solo uscendo dal recinto del nostro egoismo che non ci limitiamo a “dire” le preghiere ma ad “essere” preghiera, ad esserlo con la vita con-creta. Santa Teresa d’Avila diceva in-fatti “ Certo bisogna imparare a pre-gare. E a pregare si impara pregando,

come si impara a camminare cam-minando “. La preghiera, lei diceva, non è qualcosa di statico, è un’amici-zia che implica uno sviluppo e spinge a una trasformazione . Che preghiera può essere infatti quella che non si fa azione? Spesso infatti preghiamo solo con le labbra e le nostre azioni mostrano che siamo differenti da ciò che diciamo. Dovremmo chiedere anche di aiutarci ad accettarci per quello che siamo: complessi, piccoli. Così, anziché chiedere l’impossibile, magari ci impegneremmo di più a migliorare il possibile. La preghiera autentica dunque non è una pratica come le altre, ci chiede di cambiare, di liberarci dalla vanità dei formalismi, dal cancro dell’ipocrisia, dalle sciocchezze che solitamente ri-teniamo importanti, ci insegna a la-sciare gli amori piccoli per un amore più grande, “ non ti fermare in cose meno importanti e non contentarti delle briciole che cadono dalla mensa del Padre” diceva San Giovanni della Croce.Ci chiede di abitare un tempo illumi-nato dalla verità , perchè “ Dio è la verità. Chi cerca la verità cerca Dio, che lo sappia o no “ (Edith Stein).

Franca Massaiu.

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Ammentos

AmmentosLa pratica della carità e della condivisionenei tempi passati

Ho memoria di quando ancora ragazzino, a “manu tenta” di mia mamma, mentre calava

la sera, furtivamente, ci recavamo da un’anziana donna del vicinato, vesti-ta a lutto, la carne e lo spirito segnati da un insostenibile dolore. Un tragi-co evento gli aveva tolto un figlio. Zia Bonaria, ormai, non usciva più di casa, stanca della vita, viveva per compiere solo atti di carità per l’ani-ma del figlio. Ci attendeva trepidante in un seminterrato illuminato da una fioca luce ad olio, aveva preparato delle cose che la mamma nascondeva sotto lo scialle; poche parole sussurrate e poi uscivamo nella notte, percorren-do vicoli senza lampioni per portare quei beni a certe famiglie indigenti. Il tutto avveniva sull’uscio della casa prescelta; la beneficiata fatti sparire i doni sussurrava <a suffragiu siada de s’anima y est dispostu>nessuno si accorgeva di nulla e solo due sapeva-no.- L’atto di carità in questo modo aveva un valore inestimabile. Poi come accade nella vita, cia Bonara cessò di vivere.. e con lei finirono quei viaggi notturni… non certo gli effetti. Nel nostro cortile,si affac-ciavano parecchie famiglie e la con-divisione era una prassi consolidata e naturale; quando Mannai faceva il minestrone(avevamo l’orto) ce n’era un piatto per tutti; allo stesso modo, cia Maria Unieri, che andava per campi a inucrare al suo rientro ne distribuiva una buona parte ai vicini. Ciu Miale Ticca (codina)uomo buo-no e tenero con i bambini, al rientro dalla campagna,estraeva dalla capace bertula della frutta saporita, ne aveva per tutti; cosa gradita ed emozionante, erano però, quei venti metri che por-

tavano alla stalla che ci faceva fare sul dorso della sua docile cavalla. Come dimenticare quei dolci fichi neri, buona anche la buccia, colti in quel d’Istei, che cia Ciccia Puligheddu “de su boia”non mancava di regalarci. E i dolci? Cia Juvanna Manca, nota mammanca sa pistoccaglia, ci regalava qualche cur-cinaggia ed i giornali, usati per cuo-cere sos pistoccos, che grattavamo con i denti per succhiarne i residui. Eravamo piccoli, ma una cosa l’ave-vamo capita già da allora, la condi-visione, salvo poche eccezioni, era un’azione, prevalentemente esercita-ta da e fra poveri.- ”Vuhone parthìu no ruppi frente!” L’uomo, benestante, impo-nente di statura e bell’aspetto nel suo costume rutilante abitava la parte alta del paese. La donna, una povera “ag-giudante de cochere” che forse per in-ganno o per segreta illusione, aveva giaciuto con lui. Da questa relazione nacque un figlio. -Il padre non volle mai sapere del figlio e della madre. Il Vicinato si prese cura dei due e il ra-

gazzo divenuto suo malgrado adulto, desiderava lasciare quell’ambiente, dove anche le istituzioni gli ricorda-vano la condizione di N.N. (nescio nominem) senza nome. Pensava di arruolarsi ma la mancanza di paterni-tà lo frenava; si vergognava! La madre consunta dal dolore e dal senso di colpa era spirata prima del tempo. Ma la provvidenza mise sul suo cammino ciu Juvanne, che si as-sunse l’onere di dargli una paternità, la sua; in poco tempo e senza clamori il ragazzo ebbe un cognome e partì nel continente per vivere il suo so-gno. Venne la guerra e l’oblio scese su questa vicenda. Tutti i personaggi di questa storia, tornarono, chi prima chi dopo alla casa del Padre, ma oso pensare che ad accogliere ciu Juvan-ne ci fosse la tenera Madre celeste, con il Figlio;< entrate e riposate buon Samaritano, il tempo di ricevere la ri-compensa dei giusti è finalmente ar-rivato!>

P. Nieddu

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Vita Parrocchiale

www. parrocchiaoliena.itE’ finalmente online il sito web della Parrocchia,

insieme ad esso la pagina Facebook e l’account Twitter

Dopo alcune settimane di ro-daggio in forma ridotta è finalmente online in versio-

ne completa il nuovo sito web della parrocchia di Oliena, www.parroc-chiaoliena.it. Insieme ad esso viene lanciata anche la pagina Facebook Parrocchia di Oliena, che si affianca all’account Twitter del nostro Parro-co don Giuseppe Mattana. Si tratta di un sito web re-sponsive, che si adatta cioè ai vari dispositivi di visualizzazione. Può essere facilmente consultato oltre che su computer anche su tablet e smartphone.Il sito, nato in concomitanza con la nuova versione rivisitata della rivista parrocchiale Su Pàtiu, intende diven-tare un punto di incontro per tutta la comunità. Un contesto nel quale dare voce ai sacerdoti, ma anche ampio spazio a chiunque voglia contribuire alla maturazione spirituale colletti-va.Ecco in breve tutte le sezioni già at-tive:La riflessione del giornoIn home page tutti i giorni una frase o una breve riflessione del Parroco per affrontare con fede il cammino quo-tidiano.Gli editorialiArticoli e interventi diretti dei Sacer-doti, presi da Su Pàtiu o altre fonti,

oppure scritti appositamente per il sito web.Gli articoliDivisi in varie categorie raccolgono i contributi, in arrivo da varie fon-ti, scritti da redattori, collaboratori, educatori, giornalisti, cittadini. In questa sezione si dà spazio alle asso-ciazioni, ai gruppi e a tutte le altre re-altà olianesi. I contributi di chiunque voglia dare una mano o confrontarsi sui temi di interesse della comunità parrocchiale. Scritti del parrocoAlcune opere consultabili pubblicate nel tempo dal parroco Don Giuseppe Mattana, come Credo Signore Amen e Fate questo in memoria di meCalendarioData e ora di tutti le funzioni e gli al-tri appuntamenti importanti della vita parrocchiale, sempre aggiornato.Archivio Su PàtiuTutti i numeri della rivista parroc-chiale Su Pàtiu, nata nel 2003, libera-mente sfogliabili e consultabili.La storia della parrocchiaUna carrellata sulla storia del Colle-gio e della Chiesa gesuitica di Olie-na, con contributi testuali e video.ContattiPer richieste di chiarimenti o per inviare osservazioni, opinioni, in-terventi. Un canale aperto e diretto con la parrocchia. Chiunque potrà

sottoporre alla redazione contributi di vario genere, articoli, riflessioni, immagini, disegni.In futuro saranno ampliate le varie sezioni del sito per renderlo sempre più un vero punto di incontro virtuale per tutta la comunità.

Insieme al sito web nasce anche la pagina Facebook Parrocchia di Olie-na, per un interscambio diretto all’in-terno del social network più diffuso. Diventando fan della pagina, cioè cliccando il “mi piace” relativo, si potranno ricevere sulla propria ba-checa le riflessioni del giorno dal sito web e rimanere informati su tutte le iniziative e i nuovi contributi pubbli-cati www.parrocchiaoliena.it.Già attivo da un po’ di tempo inve-ce l’account Twitter del parroco Don Giuseppe Mattana.

Di seguito i link per trovare la Par-rocchia di Oliena in rete:Sito web: http://www.parrocchiaoliena.it/Pagina Facebook: https://www.face-book.com/pages/Parrocchia-di-Olie-na/1602912296611914Account Twitter Don Giuseppe Mattana: https://twitter.com/gmattana52

La realizzazione e la gestione del sito web sono gentilmente offerti da Creativamedia, Oliena.

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Attività parrocchiali

Prammas: intrecci d’arte e di fedeLa lavorazione artistica delle Palme, in molti casi raggiungelivelli di complessita e finezza che lasciano senza fiato

La Domenica delle Palme è una breve parentesi festosa duran-te la Quaresima, che si colloca

poco prima del momento di massima contrizione, la Settimana Santa, quasi ad anticipare la gioia della Pasqua. In tutto l’areale mediterra-neo si celebra il ricordo dell’ingres-so di Gesù in Gerusalemme con il popolo festante che si incammina in processione agitando rami secondo il racconto evangelico. In Sardegna si impiegano le palme e i rami d’ulivo ed esistono diversi paesi in cui si è consolidata la tradizione della lavo-razione artistica delle palme che in molti casi raggiunge livelli di com-plessità e finezza che lasciano senza fiato. Il tutto è contornato da un forte simbolismo che richiama spesso ad un significato molto più profondo. Vediamo come vengono fatte e lavorate queste palme. La materia prima è costituita dalle foglie centra-li dell’albero della palma datterifera, importata dal nord Africa, e della palma nana, spontanea in Sardegna ed impiegata soprattutto nel nord dell’isola. La lavorazione è spesso similare anche se la diversa confor-mazione delle foglie può richiedere l’impiego di differenti tecniche di in-treccio Esistono due tipi principali di lavorazione: l’intreccio di foglie

recise e l’intreccio sul ramo, anche chiamato tessitura. È nella tessitura che gli intrecciatori più abili danno dimostrazione della loro capacità artistica, ricorrendo solo sporadica-mente all’inserimento di elementi decorativi separati quali fiori e cro-cette. Con le foglie recise si pre-parano diversi lavori. Le croci, sas rughittas, vengono confezionate in tipologie di diversa complessità, fino ad ottenere veri e propri capolavori. Ad esse si aggiungono complementi ornamentali di varia tipologia. Non mancano i lavoretti per i bambini roselline (rosiccheddas), topolini

(soricchittos) e piccoli monili, quali anelli, orecchini e nastri per i cappel-li, spesso intrecciati con tessuti deco-rati (sa vetta) o fili di seta colorata. I lavori più complessi sono gli intrecci sul ramo (sas pandelas) e sono solitamente riservati ai pre-sbiteri e talvolta ai componenti delle confraternite ed in particolare ai prio-ri. In molti paesi della Sardegna esistono confraternite il cui statuto plurisecolare prevede che la settima-na prima della Domenica delle Palme si riuniscano tutti i membri ed accol-gano tutti i volontari in modo da pre-parare le palme per tutte le famiglie del paese. In tal maniera la tradizione viene trasmessa e perpetuata con un insegnamento continuo anche alle generazioni più giovani. Ad Oliena, invece, le con-fraternite si riuniscono in una chiesa la mattina del sabato che precede la Domenica delle Palme e coadiuvati da un nutrito stuolo di volontari pre-parano le palme per le famiglie del paese; non vi è una vera e propria scuola, si impara per imitazione, poi la curiosità, l’interesse e il continuo impegno portano qualcuno ad ec-cellere per passare poi a lavorazioni molto più complesse.

Antonio Massaiu

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L’angolo della Poesia

Ho vistoBimbi scalzicamminare sul cigliodi strade dissestatee salutare incessantementecolonne di soldati stranierisperando di ricevereun pezzo di cioccolata. Ho vistoQuei bambinimuoversi in fila,come formiche,per evitare orrendimeccanismi di mortesepolti tra i giochid’un parco di divertimenti. Ho vistoDonne smuntee logore dal lavoro,avvolte in lugubri scialli,tirare l’aratroal posto di buoiuccisi e mangiatiper lenire la troppa fame.

Ho vistoUomini disperativendere, per pochi denari,oggetti raccolti per passionee gelosamente custoditi,li ho visti persino rischiare la vita,per salvare la propria proledai morsi della fame e del freddo. Ho vistoDonne, ragazze e madri,disposte a perdere la dignitàe a vendere il proprio corpo,anche per un tozzo di pane,per tenere in vita i figlisperando di dare loro un futuropur vivendo un presente incerto. Ho vistoUna città divisa in dueda un muro invisibile,di odio etnico e religioso.Ho vistoSarajevo, i suoi vialie i suoi cecchini,le sue ferite e i suoi morti. Ho vistoPersone cresciute insieme,vicini di casa e compagni di giochi,farsi la guerra e ammazzarsi.Ho vistoDonne portare in grembo figliconcepiti dalla violenzadi uomini non amati. Ho vistoCose che non avrei voluto vedere,cose che mi hanno turbato il sonno,che sono estranee alla mia vita serena,ma le ho viste e non voglio dimen-ticarle.Perché voglio capire e voglio ricor-daredi cosa sono capaci gli uominie cosa può fare la guerra e l’odio. Ho vistoe non voglio dimenticare! 19.01.2010 Antonio Massaiu

1996 - Ho visto(Ricordo della Bosnia Erzegovina)

Foto:

1. Palma a calice;2. Palma a calice con decori floreali (bouchet di rose);4. Palme a calice;5. Croce complessa con decori floreali;7. Croce complessa con decori floreali;8. Croce di media complessità con rosa;12. Palme intrecciate sul ramo con diversa lavorazione;13. Particolare di un ramo intrecciato con complessi motivi floreali;14. Croce di media complessità con decori floreali;15. Ostensorio.

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Su Patiu - Aprile 2015 - n. 27 pag. 16

Si incontra un libro così come si incontra una persona : per caso, perchè ci viene presen-

tata da un amico, perchè la si va a cercare. Ed ogni incontro è sempre, comunque, occasione di crescita, di confronto. Non tutti i libri, è ovvio, hanno lo stesso valore, esattamente come le persone. Tra questi ve ne sono alcuni più importanti di altri. Sono quelli che ci muovono a rifles-sione, quelli che scuotono le nostre comode e fragili certezze, quelli che aprono una finestra su un mondo che non conoscevamo o di cui avevamo avuto notizia superficiale. Sono que-sti i libri “nutrimento”, quelli cioè che aiutano la nostra crescita. Il libro del dottor Giampietro Ibba, “E poi,... Chiara lo sa”, appar-tiene a questa specie. L’autore ci prende per mano e ci conduce nel profondo della sua interiorità, nella complessità della sua fede, ci aiuta a comprendere la grandezza e potenza dell’amore., il dono ineguagliabile della condivisione. Racconta una vicenda di do-lore : la perdita di una figlia diciotten-ne a seguito di un terribile incidente stradale, accaduto in un venerdì d’au-tunno del 2008. Si tratta di una vicen-

E poi? ... Chiara lo sa.L’autore ci prende per mano e ci conducenel profondo della sua interiorità

da a stento narrabile, perchè implica la capacità non di vin-cere il dolore, quel condor che ci divora lasciandoci vivi, ma di trasformarlo, ren-dendolo “utile” a sé e agli altri. Il dolore per la perdita di un fi-glio, infatti, è forse il più indomabile, per-chè il più assurdo ed inaccettabile. Eppu-re, pare dirci il libro, anche da una tragedia siffatta si può ricava-re motivo per vivere . Come? Occupandosi dei figli degli altri, il modo migliore per tenere ancora vivo il ricordo del proprio ; incontrandoli per in-vitarli alla prudenza, all’attenzione, al rispetto delle rego-le, tutte cose che forse non potranno evitare l’imponderabile, ma che cer-to gli renderebbero la vita più diffi-cile. Ci invita anche, come genitori, ad utilizzare al meglio il tempo che trascorriamo con i nostri figli, tem-

po di cui non sappiamo la scadenza, che non appartiene né a noi né a loro, tempo da utilizzare soprattutto per “guardarli, ascoltarli, capirli. Tutto il resto è trascurabile”.

Franca Massaiu

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