sul far del giorno

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    Sul fare del giorno (You must set forth at dawn) di Wole Soyinkatraduzione dall’inglese di Alessandra Di Maio, Valeria Bastia Edizione Frassinelli 2007 pagine 706

    corredato di mappe geopolitiche e cronologia della Nigeria dall’indipendenza al 2005 

    a cura di Rocco Santoro

    PremessaQueste note sono la mia traduzione di testi di altri autori e di scritti di Soyinka. La natura

    autobiografica del testo implicava la voce dell’autore tuttora vivente. Purtroppo non è stato

     possibile anche se è stato contattato a tal fine. Per questa ragione la mia visione del testo non è

    oggetto di questo documento che ha lo scopo solo di far avvicinare Soyinka al pubblico. Egli è una

    delle maggiori voci letterarie viventi, che meriterebbe un posto permanente nello studio della

    letteratura nelle nostre  scuole di ogni ordine e grado come un patrimonio dell’umanità . Invece si

    deve constatare come l’attenzione verso il nobel africano (l’unico non bianco) è cosa recente e

    legata alla necessità del mercato editoriale italiano di evitare la marginalizzazione rispetto alla

     globalizzazione della lettura che si è verificata negli ultimi vent’anni.

    L’Autore Un approccio all’autore di Paul Brians professore della Washington State University ecuratore del sito dedicato al

    drammaturgo nigeriano.,

    Wole Soyinka (nato Akinwande Oluwole Soyinka nel1934) è il piùrinomato scrittore di teatro dell’Africa, vincitore del premio Nobel

     per la letteratura nel 1986. Un Yoruba, egli studiò primaall’University College di Ibadan, successivamente a LeedsUniversity in Inghilterra, dove fu allievo del grande studioso di

    Shakespeare G. Wilson Knight. Gli anni cinquanta del secolo scorso furono un periododi grande sperimentazione nel teatro, sia in Francia e Inghilterra, e Soyinka fu coinvoltonelle varie produzioni in Gran Bretagna prima di ritornare in Nigeria, essendo statocommissionata la scrittura di una opera teatrale di celebrare l’indipendenza nazionale nel1960 ( A Dance of the Forests). Era un miscela di sperimentalismo occidentale etradizione popolare africana, riflettendo un elevata originalità nell’approccio al dramma .Egli ha sempre enfatizzato le sue radici africane, doppiando la sua prima troupe teatrale

     Masks per riconoscere il ruolo della genealogia Yoruba ha giocato nel suo lavoro. 

    Fin dall’inizio Soyinka fu una figura politica. Durante la guerra civile nigeriana non fusufficientemente anti Biafra da essere perseguito dal governo e messo in un isolamento per due anni, dal quale fu rilasciato solamente grazie ad una intensa campagnainternazionale. Questa esperienza ha ispirato il suo libro, A Man Died. Egli ha scrittonumerose opere, sia per il teatro sia per la radio. Fu insignito nel 1986 del premio Nobel

     per la letteratura. Le sue posizioni politiche hanno procurato a lui, come il piùimportante scrittore Nigeriano, un esilio prolungato durante la dittatura di Acheba.

    Soyinka è anche un vigoroso critico di letteratura contemporanea ed è impegnato negliaccesi dibattiti con altri scrittori africani che lo hanno accusato di scrivere in un oscuro

    idiona che deve più dalla tradizione europea che da quella nigeriana. A sua volta egli haargomentato contro il movimento Negritudine, affermando che “la tigre non vanta la suatigritudine”. Un appassionato attaccamento alle sue radici Yoruba combinate con uno

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    sperimentalismo senza timori ha continuato a farneuna figura controversa. Molti dei suoi ultimi scrittisono state satire dirette contro i corrotti leadersafricani come Bokassa e Amin, i cui predecessori neivari stati africani erano obiettivo di rappresentazioniof come Madmen and Specialists. In 1973 Soyinkascrisse uno più seri seguiti a The Trials of Brother

     Jero intolato Jero's Metamorphosis che mirava allemisure d’emergenza prese dal governo nigeriano

    contro i criminali.

    Il suo pensiero

    Boko Haram

    “Guardo a Boko Haram non solo come un gruppo terrorista, ma anche una gangcriminale e un mucchio di psicopatici. Non si può entrare in dialogo con i signori delladorga e i criminali. Potrebbe essere possibile, per esempio, entrare in dialogo con unorganizzazione come MEND, nel Delta del Niger –  anche se io disapprovai la coltrenatura della loro ideologia.

    Boko Haram è una macchina violenta, create da persone che sono fuori controllo. C’èuna sola cosa da fare: distruggere quella macchina altrimenti essi ti distruggeranno. Qui

    è un gruppo il cui solo manifesto: noi vogliamo islamizzare la Nigeria. Questomovimento dice semplicemente: il nostro modo o nessun modo. Questo è quello che noncapisco cosa concerne il dialogo” 

    Dichiarazione ripresa da diversi organi di stampo in occasione del rapimento di 276studentesse nell’aprile 2014.

    Sciovinisti africani

    Forse esso era il fenomeno della sottomissione etnica, sia nell’elite che nei loro scritti,che suggerì l’emergere di una nostra seconda categoria –  chiamata la “rispostaCartesiana” o più familiarmente, “Negritudine”, una fase della affermazione nera –  daigrandi poeti e drammaturghi francofoni neri -- Leópold Sedar Senghor, Aimé Césaire,Léon Damas, David Diop, Birago Diop . . . perfino lo statista poeta marxista Agostinho

     Neto una volta ai primordi! A Cartesio “Penso dunque sono” essi risposero in nomedell’uomo nero “Sento dunque sono”. Il Razionalismo è essenzialmente Europeo, essi

     proclamarono; l’uomo nero è emotivo ed intuitivo. Egli non è un uomo della tecnologia,ma un uomo della danza, del ritmo e del canto.

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    Questa semplificata visione dell’uomo nero mondiale non passò senza le sue sfideovunque ed anche i primi Negritudinisti presto si scoprirono costretti ad avviare unarevisione delle loro posizioni.

    Tratto da "Cross-Currents" (1982) in Art, Dialogue & Outrage (1988), p.180. Si vedaanche "Neo-Tarzanism: The Poetics of Pseudo-Tradition" (1975) in Art, Dialogue &Outrage (1988), pp. 315-329

    I propri miti indigeni dell’Occidente

    La seria divergenza tra un approccio africano tradizionale alla drammaturgia e quelloeuropeo sarà trovato più precisamente in quello che è un riconoscibile stampo

    occidentale di mentalità, un’abitudine comportamentale di pensiero che periodicamenteseleziona aspetti dell’emozione umana, osservazioni fenomeniche, intuizioni metafisichee anche deduzioni scientifiche e le volge dentro separati miti (o verità) sostenute da una

     proliferante superstruttura di idiomi presentati, analogie e modi analitici. Io ho evoluto piuttosto un’elaborata metafora per descriverlo, appropriatamente non è solomeccanicistico, ma rappresenta un periodo tecnologico che segnalò un'altra fase della

    comprensione dell’uomooccidentale della sua visione

    del mondo.

    Dovete immaginare unamacchina a vapore la qualesi smista tra stazionisuburbane piuttosto anguste.Alla prima stazione si

     prende una zavorra diallegoria, sbuffa entrando

    nella prossima emettendouna cortina fumogena sulle

    verità eterne della natura del paesaggio. Alla successiva carica con differenti specie ditronchi i quali chiameremo legname naturalista, soffia a metà strada sosta dove siriempie con il carburante sintetico del surrealismo, dal quale punto ancora un’altravisione olistica del mondo si scorge e si afferma attraverso il fumo psichedelico. Unanuova partita di carbone d’assurdità brucia nella stazione successiva, dalla quale il trenoriparte, sprigionando fumo dapertutto, e nessun fuoco, fino a quando, esso deraglia in

     breve tratto lungo le piste costruttiviste ed è rimorchiata al punto di partenza da unmotore neoclassico.

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    Questo, per noi, è il ritmo creativo occidentale, una serie di spasmi intellettuali i quali,soprattutto oggigiorno, sembrano suscettibile alla manipolazione commerciale. E ladifferenza, che qui stiamo cercando di definire, tra drammaturgia europea ed africanacome una delle rappresentazioni formali uomo dell’esperienza non è semplicemente una

    differenza di stile o forma, né è confinata al dramma unicamente. È rappresentativo delledifferenze essenziali tra due visioni del mondo, una differenza tra una cultura i cuimassimi artefatti sono la prova di una comprensione coerente di irriducibili verità eun’altra, i cui impulsi creativi sono diretti da dialettiche epoche.

    Tratto daFrom "Drama and the African World-view" in Myth, Literature and the AfricanWorld (1976), pp. 37-38.

    Figura 1: I Nobel del 1986 sono riuniti in una foto ricordo. Soyinka è al centro mentre Rita Levi Montalcini è seduta a destra 

    (…) dobbiamo considerare che l’aspetto più controverso del tema in oggetto èfacilmente riconducibile al dibattito sulla rilevanza o meno di un’identità culturale nellearti contemporanee in Africa. L'approccio estremo è che la fonti autentiche cheforniscono l'individuale nella società con quello che abbiamo espresso come "identitàculturale" sono in realtà non-autentiche, dato che sono state trasmesse nella gran parteattraverso il meccanismo selettivo pregiudiziale della classe egemone in ogni momentostorico di un popolo. Questa linea ideologica ideologiche s’impone nella scrittura

    africano - narrativa e saggistica in modalità più profonda di quanto comunemente èimmaginato. Visto come uno strumento oggettivo per affrontare le identificate"nemiche" superstizioni, ha dimostrato più di una fascinosa attrazione per lo studioso escrittore nero poiché egli è entrato nel suo ruolo autocosciente come "leader di pensiero"nella società. ed è contrariato del ruolo fuorviante dentro quella cultura che è manipolatadalla nuova generazione di sfruttatori neri.

    La teoria della cultura, come la mera sovrastruttura eretta sopra il «livello delle forze produttive" da coloro che controllano i "mezzi di produzione" ecc, riveste le fonti

    culturali con crescente frequenza per confondere e disturbare il praticante dentro, o ilricercatore all’interno, la cui principale preoccupazione è quella di riscoprire, esprimere,re-interpretare e altrimenti trasformare creativamente quegl’elementi che rendono una

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    società unica nella sua essenza, con un potenziale di trasformazione graduale. La fiduciaetica dello studioso e /o artista nella singolare natura della propria società (enaturalmente noi intendiamo anche potenziale natura) diventa progressivamente minatafino a che egli comincia a mettere in dubbio l'utilità di qualsiasi interesse costante nella

     propria matrice culturale, vedendo che le sue scoperte che possono, in qualsiasi contesto,essere ridotto a una formula universale, la quale ha tutto il convincimento di non esseresolamente analisi "scientifica" ma prescrittiva per le ambizioni progressive della società.

     Nella scrittura creativa contemporanea, specialmente teatrale, ma anche attraverso saggie dibattiti, il nuovo, volto progressivo di incontro ideologico appare pagare il prezzo delvicolo cieco di tutte le singole dichiarazioni di univoche definizioni culturali. Latendenza è naturalmente non senza fondamento storico. La fascinazione di moda del

     passato africano; gli eccessi della "letteratura breve" nella sua forma moderna di acriticofervore nazionalista; lo sciovinismo artistico in tutte le forme –  un’estrema storica

    reazione contro la letteratura razzista e la sociologia della "africanisti" europei; losfruttamento spudorato dell’orgoglio razziale da parte dei leader senza scrupoli e ladistrazione dalla realtà contemporanee che esso pone –  tutto questo era destinato acondurre ad un contrario estremo.

    Tratto da "Cross-Currents" (1982) in Art, Dialogue & Outrage (1988), p.183.

    Euro-Americano

    Desidero isolare uno dei motivi di questa confusione delle metafore dell’impegno socialenel mondo occidentale, ciò che ha cominciato a tiranneggiare sull’esistenza artistica eavvelenando sempre di più veleni non solo i valori della società più ampia ma anche glistrumenti creativi individuali. E' molto semplicemente, la sindrome di novità, alleato conquello è la fame di moda, cioè il desiderio profondo della conformità nonostante i forti

     proclami creativi al suo contrario - l'individualismo. A noi, non europei, è diventatosconcertamente chiaro che l’occidentale prospera sullo scambio di mode artistiche chesono così rapidi come il nostro cambiamento di governi. Nonostante l'esaltazionedell'individualità del genio, l'artista europeo si sente sicuro all'interno di moda imposte,

     peraltro, temporanee ... Sono ben consapevole, manco a dirlo, di artisti di enorme talentoe di integrità che resistono all’isteria dominante e persistono nel "nel fare le propriecose." Ma poiché critici ed imprenditori prosperano sulla sindrome novità, e l'arte èdiventata una grande impresa commerciale in America soprattutto, è necessario nonguardare ulteriormente alle ragioni per le quali, tra una dinamo promozionale e un’altra,la novità guadagna autorità papale per un assegnato arco di tempo ed tutto quello al difuori di esso è efficacemente scomunicato. Quel che è peggio è che opere che sono al difuori dai riflettori della moda contingente ma posseggono la possibilità di fare soldi,forse a causa del nome dell’autore, o fornendo un ottimo veicolo per un intermediario -diciamo il produttore - sono prese e distorte in modalità irriconoscibile del suo creatore.

    Tratto da "Between Self and System" (1982) in Art, Dialogue & Outrage (1988), p.62

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    Rituale

    La mia enfasi è sull’umano (…) Un allargamento divino della condizione umanadovrebbe essere visto drammaticamente , attraverso l’uomo. La modalità per questo è ilRituale. Il medium è l’Uomo. Rituale eguaglia la dimensione divina (superumana) con  lavolontà della comunità, fondendo il sociale con lo spirituale. …. Il rituale sublimato oespresso è sia terapia sociale sia riaffermazione della solidarietà di gruppo, un agognatoritorno alle origini e alla formazione di gilde e fratrie. L’uomo riafferma il suo debitoalla terra, dedica se stesso di nuovo alla domanda di continuità ed evoca le energie della

     produttività. Riassorbito dentro la psiche comunitaria egli provoca le risorse della Natura; egli è a turno rifornito per il ciclico canale nella sua fragile potenza individuale

    Tratto da "Between Self and System" (1982) in Art, Dialogue & Outrage (1988), p.71,70.

    Ogun

    Copertina: ©1976, Cambridge University Press.

    La storia di Ogun è la storia del completamento della cosmogoniaYoruba; egli incapsula quella cosmogonia dell’entrare nell’esserenei suoi propri riti di passaggio… Ed Ogun è anche il capoartigiano ed artista, agricoltore e guerriero, essenza della

    distruzione e della creatività, un recluso e un gregario permeato, unleader riluttante di umani e divinità. Egli è “il Signore della strada’di Ifa1; cioè, egli apre la strada al cuore della saggezza di Ifa, così

    rappresentando la conoscenza ricercante l’istinto, un attributo che lo pone a parte comel’unica divinità che “cercò la strada”, e imbrigliò le risorse della scienza per tagliare un

     passaggio attraverso il caos primordiale per la riunione degli dei con l’uomo. Il giorno ela sua direzione sono al cuore dell’essere di Ogun e della relazione tra uomo e dei. Lasua direzione e motivazione sono anche un indicatore della distorsione geocentrica delYoruba, per il quale gli dei che necessitavano di venire all’uomo, angosciati da uncontinuativo senso di incompletezza, necessitando di recuperare loro essenza persa alungo di totalità. Ogun era colui che li conduce, suo era il primo rito di passaggioattraverso il regno chthonic2.

    1 Ifa è una tradizione indigena spirituale africana centrata sulla terra, che fu concettualizzata dagli Yoruba, i quali ritengonoessere il luogo da dove ha avuto inizio il mondo. Secondo la narrazione orale, la pratica di Ifa ebbe origine 8000 anni fa.Questo fa di Ifa essere la più antica religione monoteista della storia. Ifa è un essere su tre gambe Olodumare (Creatore),Orisa (Spirito della Natura), and the Antenati. Olodumare è senza genere e non interferisce nelle vicende umane è benevoloe ha fornito l’universo di tutto quello che necessità per il soddisfacimento e la felicità dell’umanità. Orisa sono tutte leespressioni energetiche della natura che sono in costante comunicazione con l’umanità creando una interdipendenza globale.Gli Antenati sono gli spiriti sempre con noi, che devono essere onorati, riconosciuti e consultati. Le persone nascono buonee con il destino di sviluppare il proprio carattere. Non esiste una religione, ma un comune senso di responsabilità individuale

    e condivisione apprezzando il sacro nella vita cercando di integrare tutti gli aspetti dell’esistenza: il fisico, il mentale, l’emotivo e lo spirituale2 NdT letteralmente sotterraneo. Tradurlo infernale è scorretto perché presuppone un giudizio di valore che non esiste nelracconto mitico Yoruba.

    http://prelectur.stanford.edu/lecturers/soyinka/gifs/Myth.jpg

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    Gli strumenti al nostro mondo di transizione, il vortice degli archetipi e la fornace delleimmagini primigenia è l’esperienza ritualizzata degli dei stessi e di Ogun specialmente.

     Nor è l’identificazione di Ogun con l’innata mito poetica di musica fortuita. Musica è illinguaggio intenso della transizione e i suoi comunicanti strumenti, il catalizzatore e ilsolvente di orde rigenerative. L’attore non osa d’avventurarsi in questo mondoimpreparato senza un sacrificio simbolico e un invocazione alla ricerca della felicità deiguardiani dell’abisso. Nella simbolica disintegrazione e recupero dell’ego protagonista èriflesso il destino dell’essere. Questa è l’eredità rituale della tragica arte successiva, chel’eroe tragico sopporta la sua realtà contemporanea, come il rituale protagonistasull’abisso transazionale; ulteriormente, l’evoluzione dell’arte tragica nella direzionedello specifico evento ha ristretto il suo scopo cosmico, comunque da vicino l’eroeapproccia l’archetipo. E la sua moralità è diventata una mera estrapolazionedell’intelletto separato dall’intero processo di continuità tra l’umano e l’essere.  

    Tratto da "The Ritual Archetype" in Myth, Literature and the African World (1976), pp.26 - 27, 36.

    Quarto stadio

    La metafisica Yoruba tiene la visione di tre maggiore area d’esistenza dell’essere. Quelloche si dovrebbe chiamare la sensibilità tradizionale Yoruba è costantemente in contatto econsapevole di queste tre. E’ il mondo del non nato, il mondo dei morti e il mondo deiviventi. C’è una mutuale corrispondenza tra queste tre aree. Tuttavia I credo che ci sia

    una quarta che non è spesso articolata ma che io riconosco come implicita. E’ non fattaovviamente concreta dai rituali, dalla filosofia che si articola presso i preti Ifa. Questa èla quarta aerea : l’area della transizione. E’ l’area chthonic, l’area delle forze realiocculte, dei reali spiriti oscur i ed è anche l’area della tensione della volontà umana. 

    From "Class Discussion" (1974) in In Person: Achebe, Awooner, and Soyinka, ed.Karen L. Morell, pp. 117-118. See also "The Fourth Stage" (1973) inMyth, Literatureand the African World (1976), pp. 140-160..

    Olokun

    E’ la madre di un Aje, l’Orisha (Òrìṣa letteralmente teste guardiano) del grande benessere. Orisha è un entità che possiede la capacità di riflettere alcune dellemanifestazioni di Olodumare, il Supremo Creatore della religione Yoruba, che ha tremanifestazioni Eledumare, the Creator; Olorun, ruler of the heavens; and Olofi, who isthe conduit between Orún (Heaven) and Ayé (Earth). Yoruba Orisha sono spessodescritte come intermediari tra umanità e soprannaturale. Il termine può essere anchetradotto come Divinità o Dei. Ori Olokun è la testa del Dio del mare

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     Tre Olokun: al centro è il reperto conservato al British Museum

    il monumento di Olukun

    Yoruba

    Enciclopedie on line Treccani

    Popolo dell’Africa occidentale, uno dei più numerosi, occupante con il suo nucleocentrale (Oyo o Y. in senso proprio) e con i molti gruppi affini per lingua e cultura(Ife, Ilesha, Egba, Ijebu, Ekiti, Ondo ecc.) le province sud-occidentali della Nigeria finoalla costa atlantica. Popolazioni Y. si estendono verso ovest anche nell’interno del  

    Benin e del Togo.Agricoltori, gli Y. ebbero almeno fin dal 13° sec. un regno ben organizzato, che svolseuna funzione predominante nelle vicende della regione, dando tra l’altro impulso alsorgere della civiltà di Benin e sviluppando una notevole cultura urbana. Ife e Ibadan chene furono i centri più importanti, hanno conservato la loro vitalità anche dopo il declinodel regno Y. nel 18° secolo. L’elevato ordinamento politico e sociale, gli attivi commercie i rapporti con gli Stati del Nigere della costa favorirono la fioritura di un’arte fra le piùoriginali dell’Africa: le statue di pietra, i prodotti raffinati della ceramica, e soprattuttogli splendidi busti e teste di bronzo e di terracotta (scavi di Ife) ne sono le testimonianze

     più ammirevoli.La lingua degli Y. (basata, nella sua moderna forma scritta ufficiale, sul dialetto Oyo)appartiene alla famiglia Kwa delle lingue sudanesi. Sebbene gli Y siano in parte

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    islamizzati e in parte (a sud) aderenti al cristianesimo, i culti tradizionali, particolarmente ricchi, sono caratterizzati da un politeismo in senso stretto, in cui a unEssere supremo, Olorun, possessore della vita, si accompagnano numerose divinitàinferiori, chiamate orisha, tutte dotate di personalità individuata e specializzata nellevarie sfere cosmiche e in quelle delle fondamentali attività umane.

    Ibadan: Città della Nigeria sud-occidentale (1.432.000 ab. ca.;3.175.000 ab. nel 2007 considerandol’intera agglomerazione urbana),capitale dello Stato di Oyo, situata acirca 120 km dalle coste del Golfo diGuinea sulle pendici di un colle

     bagnato dal fiume Ona. Capitale di unantico Stato yoruba, è oggi la secondacittà nigeriana, caratterizzata dalcontrasto fra la parte indigena e imoderni quartieri sviluppatisi dopol’occupazione britannica (1893) edopo l’indipendenza del paese (1960).

    Importante centro commerciale,industriale (attivo nei rami alimentare,

    automobilistico, del tabacco, della gomma) e culturale (sede della maggiore universitàdell’Africa subsahariana, i cui edifici sono ispirati ai più moderni criteri architettonici).

    È unita a Lagos dalla principale ferrovia della Nigeria.

    Letteratura nigeriana

    Anche se i primi romanzi scritti in Nigeria (e da autori nigeriani) risalgono agli anniVenti, il romanzo nigeriano nasce per davvero solo nella seconda metà del Novecento: e

     poiché la Nigeria si è resa indipendente dalla Gran Bretagna nel 1960, è una formafondamentalmente post-coloniale. Dopo un inizio incerto negli anni Cinquanta eSessanta, la produzione romanzesca nigeriana è esplosa tra i Sessanta e gli Ottanta e,

    nonostante il brusco calo dovuto alla crisi petrolifera, il risultato complessivo è notevole. Nei cinquant’anni successivi alla pubblicazione del Bevitore di vino di palma di AmosTutuola (1952), sono uscite più di cinquecento opere; un romanziere nigeriano, BenOkri, ha vinto il Broooker Prize con La via della fame; Wole Soyinka, drammaturgooltre che scrittore, ha vinto il Premio Nobel per la letteratura; e Chinua Achebe èuniversalmente considerato il massimo scrittore africano. Anche la letteratura diconsumo –  in particolare i thriller, i romanzi rosa e la pornografia –  raggiunge cifrenotevole3. Nessun altro Stato dell’Africa sub sahariana ha una produzione letteraria

    quantitativamente paragonabile a quella della Nigeria, anche se l’instabilità economica e

    3 NdT una pubblicazione annuale di oltre 450 titoli di cui oltre il 35% dei generi citati

    Figura 2: territorio degli Yoruba 

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     politica ha ostacolato lo sviluppo di una vera cultura del libro. (…) Cosa significhil’espressione “romanziere nigeriano” non è affatto scontata. Numerosi scrittori nati in

     Nigeria hanno trascorso la maggior parte della loro vita fuori dal paese: Buchi Emechetae Ben Okri sono gli esempi più noti; ma anche Chinua Achebe e Wole Soyinka hanno

    vissuto a lungo all’estero: Altri risiedono in Nigeria ma non vi sono nati: May EllenEzekiel, scrittrice di romanzi d’amore e redattrice della rivista femminile nigeriana«Classique» è nata in Ghana. Rosina Umelo ha vissuto in Nigeria per decenni, ma erainglese e bianca. E come collocare i figli di genitori nigeriani che nascono e cresconoall’estero? Procedendo in modo assai empirico, direi che nascita, cittadinanza oresidenza in Nigeria sono le caratteristiche di fondo dell’«autore nigeriano». Ciò escludei figli di nigeriani nati e cresciuti all’estero, che sono immigrati di seconda generazione evanno considerati, per prendere solo il caso più diffuso, scrittori inglesi o americani.

    (…) Le analisi statistiche confermano ciò che ogni lettore nigeriano sospetta: poche tribùe regioni dominano la letteratura nigeriana, mentre altre sono completamente assenti.Come molti paesi dell’Africa Centrale, La Nigeria è infatti divisa in un sud

     prevalentemente cristiano e in un nord prevalentemente mussulmano; esistono poicentinaia di gruppi etnici, con i tre più grandi che dominano le tre regioni nelle quali il

     Niger e i Benue dividono il paese: yoruba nel sud-ovest, hausa nel nord ed ibo nel sud-est. Ora se i romanzieri fossero un campione rappresentativo della società, la metàdovrebbe essere originaria del nord e circa la meta di religione mussulmana; e invece la

    maggioranza schiacciante viene dal sud (80% con un altro 10% dalla zona intermedia)ed è di religione cristiana (l’81%).(…)Situazione paradossale: autori e editori voglionoun «romanzo nigeriano» accessibile a tutti; ma questo romanzo è poi scritto da autori chenon sono rappresentativi di tutta la popolazione. Allo squilibrio tra le tribù4, le regioni ele religioni, si aggiunge un rapporto fra i sessi che è ancora più sbilanciato: solo il 15%degli scrittori nigeriani sono donne.

    In Nigeria si tende a classificare gli scrittori per generazione, anche per sottolineare ilfatto che ogni generazione ha avuto aspettative radicalmente diverse. (…) un buon modo

     per distinguere le tre generazioni 5 è confrontare le loro opinioni sull’avvento della«cultura della lettura».La prima generazione credeva che fosse imminente; la seconda

     pensava di stare assistendo alla sua nascita; la terza pensa che non la vedrà mai.(…) Laletteratura nigeriana non è solo una tipica letteratura «globale» diffusa un po’ ovunque: èin realtà più conosciuta fuori del paese che al suo interno. (…) In Nigeria continua adesistere una classe di lettori, ma non esiste una cultura della lettura, e non c’è segno chela prima sia in crescita o che la seconda stia emergendo.

    4 NdT gli Hausa sono rappresentati da solo il 5% degli scrittori pur rappresentando il 30% della popolazione5 NdT prima generazione coloniale e post coloniale a cui appartiene Soyinka; la seconda dopo la fine della guerra del Biafraall’inizio degli Settanta coincide con il boom petrolifero; la terza dalla metà degli anni Ottanta in coincidenza con la crisipetrolifera.

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     Tratto da Nigeria 1950-2000 di Wendy Griswold sta in “Il romanzo” a cura di Franco Moretti Vol III

    pp389-397 Giulio Einaudi Editore, 2002

    Indice di sviluppo umano

    L’indice dello sviluppo umano (Human Development Index - HDI) è una misura

    sintetica dello sviluppo umano della società. HDI misura i risultati medi in una nazionerispetto a tre dimensioni dello sviluppo: una lunga e sana esistenza, l’accesso allaconoscenza e un decente standard di vita. Dal profilo statistico matematico l’HDI è lamedia geometrica di indici normalizzati che misurano i risultati raggiunti in ciascunadimensione. L’impiego della media geometrica implica un’imperfetta sostituibilità degliindici delle tre dimensioni in presenza di una formula lineare d’aggregazione che invece

     permette la perfetta sostituibilità tra le dimensioni. Quindi l’effetto dell’aumento di unindice in una dimensione non risulta essere equivalente all’aumento in una altra

    dimensione. Questo limite tuttora non è stato superato da soluzioni consideratesoddisfacenti dalla Banca Mondiale.

    Il grafico realizzato sui dati ufficiali della Banca Mondiale mostra l’andamento di HDI per la Nigeria evidenziando che l’incremento, pur mantenendo graduale, è minimo: si vada 0,466 del 2005 a 0,504 del 2013, ossia un incremento medio annuale del 0,009%. Unasituazione tutt’altro che soddisfacente soprattutto se si pensa allo sviluppo demografico(oltre il 2%) e ai tassi d’aumento del PIL del periodo preso in esame (6,8% mediaannuale). C’è da osservare la mancanza di dati attendibili sull’HDI prima del 2005.