sull’amore e sul matrimonio · 2016. 6. 10. · sull’amore e sul matrimonio (fra fabio...
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Anno 3 n. 4 Ciclostilato in proprio - Ufficio Parrocchiale Cles giugno 2016
Riflessioni, fatti, iniziative e curiosità delle Parrocchie di
Cles, Mechel, Tuenno, Nanno, Pavillo, Rallo e Tassullo
a cura di
don Renzo
Che ciascuno di noi
possa camminare
nella serenità
e nella gioia!
Che tu sappia
seminare fra tutti
la bellezza della vita
e tanta pace.
L’estate piace
ed è attesa;
offre luce, caldo;
mette ali alla libertà.
Ci può essere tempo
per viaggiare
per giocare
per riposare.
Quanto ti è dato,
vivilo con sapienza
sì che poi
possa esser felice.
E che tu goda
di avere Cristo
come Fratello
e miglior Amico.
Con Lui
possa sperimentare
che la Misericordia
fa ricchi i tuoi giorni.
La Misericordia faccia ricchi i tuoi giorni
BUONA ESTATE
Sull’amore e sul matrimonio (fra Fabio Scarsato)
Quando due persone si vogliono bene, con verità e con passione,
responsabilità e fedeltà, nel rispetto dell’unicità e della bellezza di que-
sto sentimento che è ben più del semplice rapporto genitale - che semmai
ne è un aspetto fondamentale di feconda intimità e di piacere – Dio non
può essere estraneo al loro amore e non benedirlo. Che le due persone
ne siano consapevoli o meno, che il tutto rientri o no nei nostri schemi.
Anzi, che le cose non stiano poi esattamente o di già in questi termini
perentori, che sono ideali tutti da raggiungere in un cammino faticoso.
Ma anche tutti da chiedere in dono da Dio.
Che è come dire che la perfezione non ci appartiene neppure sotto le
lenzuola. Aver celebrato il proprio amore nel sacramento del matrimo-
nio, così come qualsiasi altra forma di convivenza, in sé non garantisce
nulla. Un marito non finisce mai. Non smetterò mai di cercarlo, e vice-
versa: una moglie non finisce mai, e non potrò smettere mai di cercarla.
E lo stesso succede tra genitori e figli: per i secondi è la prima volta,
d’accordo, ma in qualche modo lo è anche per i primi, e lo sarà a ogni
successivo figlio.
Altrettanto certo che io vorrei che ogni uomo e ogni donna che si amano
si sposassero in chiesa. Non per la cerimonia, che ormai si può replicare
in più pompa magna ovunque, né per le tradizioni sacrosante di nonni e
genitori. E neanche perché porti bene. Ma perché credo che Gesù è la
nostra vita e la forza dei nostri progetti di vita, e nella fedeltà di Dio pos-
siamo giocarci arditamente e sconsideratamente anche la promessa di
fedeltà reciproca. Dio non abbandona nessuno, ma celebrare il sacra-
mento del matrimonio è partire, come dire? in maniera forte e audace.
Per continuare altrettanto e terminare sempre nello stesso modo. Forse
che cominciare con legami deboli, sostando perennemente accanto a
porte di sicurezza aperte, confidando solamente sulle proprie forze emo-
tive e la tenuta dei propri sentimenti, insomma da soli, non avrà esiti
altrettanto deboli? Evidentemente ogni storia è a sé, ma mi colpisce la
reazione dei nostri anziani di fronte a coppie che si separano: increduli-
tà, e la tristezza che qualcosa di importante, di buono e di bello, un teso-
ro vada perso. Per tutti.
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“E cominciarono a parlare in altre lin-
gue”.” Ciascuno li capiva”: così a Penteco-
ste.
La Parola di Dio è la grande protagonista
oggi: Parola dirompente, sconvolgente,
sorprendente, generatrice di comunione.
In questo tempo però c’è una vera crisi
della parola: le parole non parlano, girano
all’impazzata sul web, intasano le caselle
della posta elettronica. La parola è diventa-
ta debole, senza arte né parte, è diventata
uno strumento per generare macchine del
fango, per insultare, per fare del male. La
parola del web crea solitudini; o non parla
o diventa cattiva.
A noi oggi viene proposto un corso di alfa-
betizzazione per imparare a parlare per di-
re parole di comunione, di vita, di storia, di
futuro.
Nella nostra esperienza conserviamo paro-
le di persone care, per esempio della nostra
mamma o di un amico, parole dette in quel
modo che ci ha fatto del bene e che niente
cancella. Abbiamo dentro alcune parole
toccasana e che ci portano pace. Una pa-
rola che è creatrice se viene da chi ti ama.
Chi ama, con la parola genera e apre solchi
di speranza.
Lo Spirito di Cristo, vero Web della Verità,
oggi dona una Parola nuova, la dona intat-
ta dopo duemila anni: è Gesù Cristo!
“Prenderà del mio e ve l’annunzierà!”. Sì,
si tratta di Gesù! Non è parola astrusa, non
è un concetto: è un Volto da vedere e toc-
care. Credere è vedere: non è anzitutto un
pensare: siamo chiamati a vedere Dio in
Gesù che per trent’anni ha imparato l’arte
di essere uomo. E così Gesù può racconta-
re storie di quotidianità e può parlare di un
Padre che ti ama perché sei suo figlio. Un
Padre che ti ama e non sta a vedere se lo
ami.
Gesù si sporca le mani con la terra; fre-
quenta la stanza dove si soffre. E’ Volto di
un Uomo che muore regalando Misericor-
dia e parlando bene della terra. Su questo
Dio siamo chiamati a volgere lo sguardo.
Siamo in ritardo nel guardare a questo Dio
così Uomo! Dio parla con gli occhi: perché
ha guardato ci capisce.
Frequentate questo Dio dalla bellezza tutta
da vedere (e da mangiare!), il Dio che con
la sua Parola può cambiare il mondo. La
sua Parola diventerà come rugiada se voi
imboccherete la via della tenerezza!
Il futuro della Chiesa è in quel meraviglio-
so Dio che essa rischia di tenere ancora nel
cellofan: siamo una Chiesa che fa cornicet-
te attorno al Signore anziché viverlo.
Davanti a noi non c’è un tempo maledetto:
c’è un tempo di vita e di salvezza. Perché
lo Spirito ci dà la Parola eterna.
Non dobbiamo rimpiangere il passato (fra
il resto anche perché cadiamo nel mecca-
nismo della idealizzazione). Qui ora c’è
tutto: abbiamo Dio! Il passato va ripescato
per ritornare a quando abbiamo sperimen-
tato l’amore di Dio. Tra di noi c’è bisogno
di non staccarci da Dio.
Comunità pastorale di Santo Spirito: cam-
mina con Dio! Buon cammino a tutte sette
le Comunità.
15.05.2016
istituzione dell’Unità Pastorale di Santo Spirito
Appunti dall’omelia di don Lauro, vescovo
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Gesù è “l’uomo degli incontri“. Egli non
“cerca mai il peccato di una persona, ma
si posa sempre sulla sofferenza e sul biso-
gno”. Noi che vogliamo essere discepoli
di Gesù, siamo chiamati a fare lo stesso:
sull’esempio del racconto del buon sama-
ritano dobbiamo “vedere, capire, toccare e
lasciarsi toccare dalle lacrime” del nostro
prossimo.
Vedere è quanto fa il buon samaritano:
non si tratta di un vedere fine a se stesso
ma di un vedere che va a fondo, che va a
comprendere i perché. Dietro ogni soffe-
renza, dietro ogni lacrima ci sono molti
perché: aiutare il prossimo non è solo ri-
solvere il problema immediato, ma andare
alla radice del problema ed eliminare ciò
che lo causa.
Per fare questo è necessario fermarsi: “la
vera differenza non è tra cristiani, musul-
mani o ebrei, la vera differenza non è tra
chi crede o chi dice di non credere. La ve-
ra differenza è tra chi si ferma e chi non si
ferma davanti alle ferite, tra chi si ferma e
chi tira dritto. Se io ho passato un’ora
soltanto ad addossarmi il dolore di una
persona, lo conosco di più, sono più sa-
piente di chi ha letto tutti i libri. Sono sa-
piente della vita“.
Questa sapienza della vita è quella che
permette di comprendere i bisogni del
prossimo, è quella che genera la compas-
sione.
Il samaritano “vide le ferite di quell’uomo,
e si sentì ferire“: al posto di passare oltre,
il samaritano si ferma, tocca le ferite di
quell’uomo e si lascia toccare da queste.
In una parola, ne ebbe compassione. “Se
asciugo una lacrima, io lo so, non cambio
il mondo, non cambio le strutture
Vedere, fermarsi, toccare:
tre verbi da non dimenticare mai
(Ermes Ronchi)
dell’iniquità, ma ho inoculato l’idea che la
fame non è invincibile, che le lacrime degli
altri hanno dei diritti su ciascuno e su di
me, che io non abbandono alla deriva chi
ha bisogno, che tu non sei gettato via, che
la condivisione è la forma più propria
dell’umano.
Perché la misericordia è tutto ciò che è es-
senziale alla vita dell’uomo.
La misericordia è un fatto di grembo e di
mani. E Dio perdona così: non con un do-
cumento, con le mani, un tocco, una carez-
za”.
In molte scene del Vangelo, infatti, quando
Gesù incontra gli ultimi della società di al-
lora, come il lebbroso o il figlio morto del-
la vedova di Nain, vediamo proprio che
Gesù segue lo schema appena descritto
“vedere, capire, toccare e lasciarsi tocca-
re“.
E allora “come fare per vedere, capire, toc-
care e lasciarsi toccare dalle lacrime” de-
gli altri?: “imparando lo sguardo e i gesti
di Gesù, che sono quelli del buon samari-
tano: vedere, fermarsi, toccare, tre verbi
da non dimenticare mai“.
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Papa Francesco ha sottolineato come la miseri-
cordia di Dio sia una vero e proprio oceano, in-
contenibile e inarrestabile, tanto ce sono infiniti
i modi in cui si rende visibile ai nostri oc-
chi. “Dio non si stanca mai di esprimerla, noi
non dovremmo mai abituarci a riceverla, ricer-
carla, e desiderarla! È qualcosa di sempre nuo-
vo che provoca stupore e meraviglia nel vedere
la grande fantasia creatrice di Dio quando ci
viene incontro con il suo amore“.
La misericordia prima di tutto si manifesta per
mezzo della vicinanza: “una vicinanza che si
esprime e si manifesta principalmente come aiu-
to e protezione. Citando il profeta Osea, il Santo
Padre ha invitato a pensare alla vicinanza di Dio
come “all’abbraccio di un papà e di una mam-
ma con il loro bambino … Dio prende ciascuno
di noi e ci solleva fino alla sua guancia. Quanta
tenerezza contiene e quanto amore esprime!“
Perché è tanto importante comprendere appieno
al misericordia di Dio? Perché “Gesù ci ha detto
che dobbiamo essere “misericordiosi come il
Padre” (cfr Lc 6,36)“, e questo non solo a paro-
le, ma nei fatti. “Può essere facile parlare di
misericordia, mentre è più impegnativo diventa-
re concretamente dei testimoni“. “È questo un
percorso che dura tutta la vita e non dovrebbe
conoscere alcuna sosta“.
La misericordia di Dio, infatti, anche in virtù dei
suoi tanti volti, che sono la vicinanza, la tene-
rezza, la compassione, la condivisione, la con-
solazione, il perdono, “non può essere tenuta
nascosta né trattenuta solo per sé stessi“: “chi
più ne riceve, più è chiamato a offrirla, a condi-
viderla – ha spiegato il Papa – È qualcosa che
brucia il cuore e lo provoca ad amare, ricono-
scendo il volto di Gesù Cristo soprattutto in chi
è più lontano, debole, solo, confuso ed emargi-
nato“.
“La misericordia non è ferma va alla ricerca
della pecora perduta, e quando la ritrova espri-
me una gioia contagiosa“, così anche oggi “la
misericordia non può mai lasciarci tranquilli. È
l’amore di Cristo che ci “inquieta” fino a quan-
do non abbiamo raggiunto l’obiettivo; che ci
spinge ad abbracciare e stringere a noi, a coin-
La nostra fede è concreta,
è misericordia;
non è una idea
volgere quanti hanno bisogno di misericordia per
permettere che tutti siano riconciliati con il Pa-
dre“.
Infine, Francesco ha sottolineato come l’apostolo
“Tommaso era un testardo. Non aveva creduto. E
ha trovato la fede proprio quando ha toccato le
piaghe del Signore. Una fede che non è capace di
mettersi nelle piaghe del Signore, non è fede! Una
fede che non è capace di essere misericordiosa
come sono segno di misericordia le piaghe del
Signore, non è fede: è idea, è ideologia. La nostra
fede è incarnata in un Dio che si è fatto carne,
che si è fatto peccato, che è stato piagato per noi!
Ma se noi vogliamo credere sul serio e avere la
fede, dobbiamo avvicinarci e toccare quella pia-
ga, accarezzare quella piaga e anche abbassare
la testa e lasciare che gli altri accarezzino le no-
stre piaghe“.
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Da quanto i vostri catechisti hanno detto,
voi siete ragazzi normali, ragazzi del no-
stro tempo. Chiamati oggi a guardare in-
sieme a Dio, ma forse ancora di più a la-
sciarvi guardare da Dio. Nella scuola do-
vete prendervi l’impegno di porre attenzio-
ne ad una formula? Una volta la si usava
scrivere su una mano o su un polso. Forse
anche oggi lo si usa fare? E’ vero? Ma co-
sa ti scrivi sulla mano? Il nome della per-
sona che pensi, la formula per il tema, in-
somma ciò che è importante e che vuoi ri-
cordare.
Oggi Dio fa questo per voi! Dio scrive sul-
la sua mano la realtà più importante, i no-
stri nomi, i vostri nomi. Dio sa riconosce-
re la sua calligrafia e li pronuncia in modo
splendido. E’ il Buon Pastore che ama le
sue pecore. E’ un Dio pronto a tutto per
noi. A noi capita di dire: ”Sono pronto a
tutto”, ma poi quando le cose si fanno dif-
ficili, lasciamo perdere. Il Dio cristiano re-
sta pronto a tutto.
A Lui interessano le passioni dei suoi figli.
Ama ciascuno con le sue qualità. Ed ognu-
no di noi ha qualità E se si mettono in cir-
colo assieme a quelle degli altri si moltipli-
cano. Nella relazione tutto si moltiplica.
Dio fa tifo alle nostre relazioni e alla no-
stra creatività. Si adopera per animare la
relazione con noi stessi (è difficile a volte)
e con gli altri. Sostiene il nostro desiderio
di amare e di essere amati. Dio è appassio-
nato alla liturgia della nostra vita che co-
nosce entusiasmi e stanchezza.
Ragazzi, cercate persone che vi raccontino
Dio, il Dio che fa tifo per voi, che desideri-
no che viviate dando libertà alle vostre
qualità, che vi aiutino ad ospitare doman-
de. Perché non bastano le rispostine. Cer-
care è trovare il coraggio di cercare. Dio
centra con il coraggio delle domande. Cer-
cate le vostre risposte, non quelle degli al-
tri. Cercate il vostro credo. E fatelo insie-
me. In montagna se si va da soli, ci si fer-
ma. Se ci si va con altri, ci si sostiene. Ed
alla meta ci sia arriva. Lasciate che Dio vi
stia accanto. Ricordatevi che a Dio voi sta-
te a cuore. Vivere dentro la Chiesa è una
grande possibilità. I gruppi parrocchiali
sono una grande occasione. Fate più del
possibile per restarci!
Una mamma raccontava che suo figlio le
chiedeva: “Mamma, sei contenta della tua
vita?”. “L’ho guardato dopo un momento
di forte stupore e ho detto di sì”
Nella giornata mondiale delle vocazioni
ricordo che vedere una coppia di sposi o
dei preti che sorridono, una suora, dei cori-
sti entusiasti: questo attira!
Tu, genitore, se tuo figlio ti chiedesse se
sei felice della vita che vivi, cosa risponde-
resti?
Guardatevi le scarpe: non le scarpe per og-
gi, per la Cresima adatte per il fotografo.
Solo le scarpe del battezzato e del cresima-
to sono scarpe che metti senza paura. Sono
scarpe con le quali fai chilometri.
Vi auguro di cambiare scarpe. Di metterle
comode e di trovare adulti cristiani che vi
aiutino a camminare dietro al Pastore affa-
scinante.
Omelia di don Tiziano Telch 16.04.2016: Cresima in Cles
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Se nella nostra vita non
c’è Gesù, ci si rinchiude
in se stessi
Il Giubileo dei Giovani, con oltre 60.000 giovani
giunti da tutta Italia ed Europa per festeggiare con
Papa Francesco questo Anno Santo della Misericor-
dia, ha riempito strade e piazze di Roma: tra gli e-
venti inattesi della giornata, che hanno contribuito
ad aumentare ancora di più la gioia, la presenza del
Pontefice tra i padri confessori.
In una Piazza San Pietro trasformata in un grande
luogo di confessione, tra gli oltre 150 sacerdoti che
dispensavano il Sacramento della Confessione ai
tanti fedeli, particolarmente giovani visto che in
questi giorni vi è appunto il Giubileo dei Giovani, è
arrivato Papa Francesco, che, dalle 11.30 alle
12.45, ha confessato 16 ragazzi.
Sempre ai giovani è stato dedicato il messaggio su
Twitter, nel quale Francesco ha scritto: “Cari ra-
gazzi e ragazze i vostri nomi sono scritti nel cielo,
nel cuore misericordioso del Padre. Siate corag-
giosi, controcorrente!”.
Dopo aver ricevuto la confessione, i giovani che
stanno partecipando al Giubileo hanno quindi attra-
versato la Porta Santa, dopo esservi giunti in pelle-
grinaggio partendo da Castel Sant’Angelo e percor-
rendo Via della Conciliazione: un passaggio, que-
sto, da cui il Papa è voluto partire nel suo video-
messaggio trasmesso in occasione della Festa
all’Olimpico, tenutasi nella serata, che è stata un
susseguirsi di cantanti e testimonianze.
“Non dimenticate che la Porta indica l’incontro
con Cristo, che ci introduce all’amore del Padre e
ci chiede di diventare misericordiosi, come Lui è
misericordioso”, ha dunque detto Bergoglio ai
giovani. Quindi facendo espresso riferimento alla
bandana che è stata consegnata ai giovani parteci-
panti e che riporta opere di misericordia corporale
concrete, Francesco ha ricordato come que-
ste appartengono alla vita di tutti i giorni e
“permettono di riconoscere il volto di Gesù nel
volto di chi incrocia il nostro cammino, soprattut-
to i più deboli: profughi, forestieri, ammalati“.
“Essere misericordiosi“, ha inoltre aggiunto Ber-
goglio, “vuol dire anche essere capaci di perdo-
no. E questo non è facile, eh?“. Perdonare, ma
anche chiedere scusa quando siamo noi stessi a
lasciarsi trasportare dalle emozioni: “può succede-
re che, a volte, in famiglia, a scuola, in parroc-
chia, in palestra o nei luoghi di divertimento
qualcuno ci possa fare dei torti e ci sentiamo offe-
si; oppure in qualche momento di nervosismo
possiamo essere noi ad offendere gli altri. Non
rimaniamo con il rancore o il desiderio di vendet-
ta!“, ha dunque detto Francesco, e an-
che impariamo a chiedere scusa.
La vera felicità è stare con Gesù: “Ragazzi, quan-
te volte mi capita di dover telefonare a degli ami-
ci, però succede che non riesco a mettermi in con-
tatto perché non c’è campo. Sono certo che capita
anche a voi, che il cellulare in alcuni posti non
prenda… – ha dunque concluso Papa Francesco –
Bene, ricordate che se nella vostra vita non c’è
Gesù è come se non ci fosse campo! Non si riesce
a parlare e ci si rinchiude in se stessi. Mettiamoci
sempre dove si prende! La famiglia, la parroc-
chia, la scuola, perché in questo mondo avremo
sempre qualcosa da dire di buono e di vero“.
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“Piccolo” perché si tratta di meno di 10
Km. ma si sa, con le cose del Signore le
unità di misura sono altre.
Ad esempio: se calcoliamo la partecipazio-
ne, la gioia di trovarsi insieme, il numero
di paesi coinvolti nel GIUBILEO DELL’
ANZIANO E DEL MALATO che si è ce-
lebrato a Sanzeno domenica 8 maggio, al-
lora potremmo anche chiamarlo un
GRANDE INCONTRO CON GESU’ RI-
SORTO E CON LA MISERICORDIA
DEL SIGNORE.
Alle 15, tutti pronti davanti alla PORTA
SANTA della bellissima Basilica dei Santi
Martiri Sisinio, Martirio e Alessandro che
proprio lì, più di 1600 anni fa, sono stati
uccisi e bruciati dalla popolazione locale
ancora pagana.
Essi hanno portato per primi la Parola di
Dio in Val di Non e qui hanno trovato il
martirio. E’ per questo che ora, nel sole
tiepido e nel vento che scompiglia le vesti
dei Sacerdoti e i capelli delle signore, da-
vanti al bel portale della Basilica di Sanze-
no, penso che passano i millenni ma le co-
se non sembrano cambiare: anche adesso,
proprio nei primi paesi dove è arrivata la
UN “PICCOLO PELLEGRINAGGIO” della neonata Unità Pastorale di Santo Spirito
(Cles-Mechel-Rallo-Pavillo-Nanno-Tassullo-Tuenno)
fede, lì si accaniscono le persecuzioni.
S. Paolo ci racconta in questi giorni nella
liturgia, della sua predicazione nelle città
dell’odierna Siria, e noi tutte le sere vedia-
mo in TV gli abitanti straziati di Aleppo
che scavano nelle macerie della loro città
(1.900.000 abitanti, capitale culturale del
mondo islamico, patrimonio dell’ Umani-
tà) nella speranza di trovare qualche perso-
na cara ancora viva.
Ma è ora di entrare! Preceduti da don
Renzo, don Sandro, don Daniele, padre
Valerio e don Marco, attraversiamo la Por-
ta Santa con tutti i nostri malati. La Basili-
ca è piena, il Coro di Revò ci accompagna
con calore.
All’ unzione dei malati quasi tutti sorrido-
no, sono riconoscenti del- l’attenzione
che ricevono, alcuni sembrano stupiti di
quelle 3 piccole croci che il Sacerdote di-
segna sulla loro fronte e sul palmo delle
loro mani: è colpa nostra, non abbiamo
pensato di spiegare loro che è una carezza
del Signore per il pensiero e le azioni del-
la loro vita. pco