sulle tracce della grande guerra
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Sulle tracce della Grande Guerra
RICORDI, DOCUMENTI E IMMAGINI
LA GUERRA VISSUTA DAI NOSTRI NONNI
I.C. COMO LAGO ‘LEOPARDI’ CLASSE 3^D
La Grande Guerra
La storia è una disciplina che unisce insieme le informazioni fornite dai documenti scritti e quelle delle fonti materiali, intese nella maniera più ampia. Le fonti scritte, narrative o documentarie, rivestono particolare importanza nella capacità di comunicare non soltanto il ricordo di un fatto, ma anche il contesto culturale, informazioni sull’autore, riferimenti ad altre fonti scritte in una fitta rete di rimandi. E’ proprio su quest’ultimi che nell’anno del centenario vogliamo porre attenzione: i rimandi, le trame, gli appigli, il senso che il recente secolo ha ancora per noi.
Il nostro lavoro di détectives è iniziato nelle nostre case. Abbiamo intervistato parenti e conoscenti, chiesto loro di fornirci documenti e testimonianze di persone care che quella guerra l’avevano combattuta. Abbiamo cercato di far emergere i diversi sentimenti dal dolore alle velleità, aspirazioni, speranze, sconforto etc…
Ed eccoci ora a spolverare i ricordi affidati alle ritrovate cartoline e lettere dal fronte ormai ingiallite, diari fotografici, medaglie etc…
Sicuramente un déjà vu, reperti come tanti….
per noi semplicemente unici .
Il mio bisnonno Teodorico Zamperini
partecipa alla Prima Guerra, tiene un
album fotografico denso di annotazioni. I
miei genitori custodiscono gelosamente
questo tesoro documentario lasciato alla
di famiglia. Ho scelto le foto qui inserite
perché rappresentano l’inizio di un
viaggio. Si allega alla fine una essenziale biografia di nonno Teodorico.
La battaglia di monte Piana fu un
lungo e sanguinoso scontro avvenuto
sulla sommità dell'omonimo monte
facente parte del massiccio delle
Dolomiti di Sesto, dove tra il 1915 e il
1917 si consumarono alcuni dei più
violenti scontri tra soldati italiani e
austro-ungarici che per ben due anni
lottarono sulla sommità pianeggiante di
questo monte. Fu uno dei teatri più
sanguinosi e statici di tutta la guerra, e
nonostante la netta superiorità di
uomini e armamenti del Regio Esercito,
i comandi italiani non furono mai in
grado di conquistare le postazioni
dominanti sul monte occupate dagli
austriaci, sia per errori tattici sia per
incompetenza di una guerra nuova e
insolita in alta montagna. Alla resa dei
conti i due anni di guerra su Monte
Piana portarono ad un nulla di fatto, i
due contendenti per due lunghi anni si
combatterono su un fazzoletto di terra,
senza mai riuscire a sovvertire le forze
nemiche
«La notte del 3 novembre 1917 tutte le truppe del settore convenute a dogana Misurina
si ritirarono tristemente, riguardando quelle cime nevate che la luna inargenta.
Lo stato d’animo di quella notte tragica e dei seguenti è indescrivibile! Povere terre
nostre che si abbandonavano alla rapina austriaca.» Dal diario di Teodorico….
Monte Piana, Dolomiti di Sesto
« [...] ogni quarto d'ora una luce più odiosa della tenebra [...] per pochi secondi
illuminava ogni cosa a giorno.
Allora tutti ammutivano e ciascuno s’irrigidiva nell'atto in cui si trovava, con
quegli occhi sbarrati, con quelle facce smunte da tre giorni senza pane e due
notti senza sonno.»
Tenente Antonio Meneghetti
« Quassù l'inverno cominciò già alla fine di settembre, non nel silenzio e nella pace,
[...] ma con il frastuono pauroso della guerra. [...] il nemico non concedeva nemmeno
l'ultimo riposo ai propri caduti, rimasti a centinaia davanti ai nostri reticolati dopo
sanguinosi attacchi, e che noi avevamo seppellito sul posto; le granate dei grossi
calibri sconvolgevano notte e giorno il terreno riaprendo le fosse. [...] »
Kaiserschütze Heinz von Lichem
L’invio e l’arrivo della posta era un momento importante per i soldati al fronte. Con
le lettere riuscivano a tenersi in contatto non solo con le famiglie, ma anche con un
mondo Il “normale” al quale speravano di ritornare. Durante la guerra la percezione
di far parte di un evento memorabile alimenta l’impulso di lasciare una traccia di ciò
che si sta vivendo, per cui solo dai fronti vengono movimentate 4 miliardi di missive:
una bulimia di scrittura. Le testimonianze epistolari sono preziose perché ci danno
un’immagine autentica e diretta di quanto è accaduto.
«(..)La posta che arriva su, ci sveglia, ci travolge con gli altri in un'ondata di contentezza, perché nessuno se l'aspettava; anche noi ne riceviamo tanta: tutte Le Voci arretrate che abbiamo chieste, giornali, lettere d'amici. C'è ancora un po' di luce nell'aria tanta da permetterci di decifrare gli scritti che più ci stanno a cuore.»
Gianni Stuparich, ufficiale volontario nell'esercito italiano
ARRIVO DEL CAMION DELLA POSTA
La posta militare è nata inizialmente per l'esclusivo servizio di collegamento in tempo di guerra
fra i comandi militari e le unità mobili combattenti realizzata con staffette e portaordini.
Organizzata con i propri uffici e gestita dai militari con bolli e loro mezzi di trasporto, i militari
gestivano perciò anche il flusso epistolare fra i combattenti e le famiglie della truppa; tale canale
postale entrava in servizio anche durante le manovre militari e in modo massiccio in caso di
conflitto. In questo ultimo caso il motivo non dichiarato era anche quello di poter censurare e
controllare la posta dei combattenti indirizzata alle loro famiglie ed avere maggiore sicurezza nel trasporto.
DAL PAESE DEL RETICOLATO
Tra le medaglie sottostanti c’è il simbolo dei Marconisti (il cerchio con all’interno un fulmine)
ovvero coloro che usavano il telegrafo per mandare informazioni agli altri reggimenti. Quella invece a
forma di croce con la mostrina a righe blu, bianche, rosse e verdi è la Medaglia di Vittorio Veneto –
oggetto consegnato a tutti i militari che hanno partecipato alla Prima Guerra Mondiale 50 anni dopo la vittoria (1968).
Le bombe a mano furono un'arma molto utilizzata dagli eserciti della Grande Guerra
durante gli assalti alle trincee nemiche. I soldati, quando arrivavano a qualche decina di
metri dalle posizioni nemiche, le lanciavano provocando grandi danni con la loro
deflagrazione. Gli addetti a questi attacchi furono i Granatieri i quali avevano il compito di
avanzare verso le linee nemiche dopo che le squadre tagliafili avevano creato una breccia
tra i reticolati nemici. Furono anche utilizzate in larga scala per eliminare la presenza nemica
dalle grotte, ricoveri e gallerie.
Potevano avere un doppio innesco: a tempo (con una miccia) o a percussione. Per questioni
pratiche, i soldati preferivano di gran lunghe le prime in quanto le seconde potevano
esplodere anche prima di essere lanciate, con un urto accidentale durante l'assalto o per
una distrazione.
Bomba a mano esplosa ritrovata sull’Adamello
LA BAIONETTA è un’arma simile ad un coltello a lama lunga e innestabile sul fucile, usata da tutti gli eserciti della Prima Guerra Mondiale, anche se sorpassata per efficacia e potere offensivo dall’artiglieria, dalle bombe a mano, dai mortai e dai gas venefici. Quest’arma tanto cruda e rozza, quanto devastante se usata nel combattimento corpo a corpo, veniva impiegata come un vero e proprio coltello da campeggio. Pare fosse ideale per abbrustolire le fette di pane raffermo, sul fuoco, per aprire le lattine di carne in scatola e persino per rimestare il contenuto delle latrine all’aria aperta o le braci di un focolare.
BAIONETTA DEL BISNONNO COSTAMAGNA
La trincea è uno stretto fossato scavato
per circa due metri di profondità e
altrettanti di larghezza che si estende
per diversi chilometri lungo il territorio di
guerra. La trincea fu spesso usata nella
prima guerra mondiale per scopi bellici
o per semplici spostamenti.
Il soldato era protetto dai proiettili del
nemico ma in quei "corridoi" si viveva
una vita a contatto costante con la
morte o, perlomeno, con il pericolo di
morte. Spesso le trincee erano coperte
da filo spinato e avevano delle fenditure
nel terreno dove si appoggiavano fucili
e mitragliatrici dell'epoca.
TRINCEE DI CAVALLASCA, LINEA CADORNA, COMO
Chi viveva in trincea subiva il logoramento fisico e morale. I soldati di fanteria e
gli ufficiali inferiori non ricevevano il cambio per interminabili settimane, erano
esposti a tutte le intemperie del tempo, venivano trattati con arroganza dai
superiori come nella vita i borghesi trattavano gli operai e i contadini, venivano
puniti se per caso durante la battaglia perdevano il berretto. Inoltre gli ufficiali
superiori si assegnavano da soli medaglie e medaglie senza mai andare in prima
linea come avrebbero dovuto.
Gianni Stuparich, ufficiale volontario nell'esercito italiano, negli appunti fatti nel corso della prima battaglia dell’ Isonzo -23 giugno 1915- nei pressi del monte Cosich, al confine con il Trentino, descrive le pessime condizioni di vita nelle trincee a causa del puzzo delle feci per l’assenza di latrine; per la presenza di topi, mosche, pulci e pidocchi; per il fango prodotto dalla pioggia che riempiva le fosse; per i piedi infettati, insensibili e gonfi.
“Piove, piove. Siamo tutti rannicchiati nel fango; le fosse sono piene d'acqua. E non la smette. Mi sono coperto col telo da tenda, sono tutto dolorante, rigido, bagnato, in questa mia tomba umida, stanco.”
Nonostante il caro prezzo pagato a causa delle decisioni dei potenti , la trepidazione traspare nelle annotazioni del caro bisnonno Teodorico per le visite celebri di Sua Maestà e del generale Cadorna.
TEODORICO ZAMPERINI: BIOGRAFIA STORICA ESSENZIALE
Nato nel 1898 a Lecco Teodorico Zamperini fu il secondo laureato in economia e commercio di
Lecco presso l’università Bocconi con una tesi sull’utilizzo dell’energia idroelettrica per lo sviluppo
industriale della Valsassina.
Partecipò giovanissimo alla prima guerra mondiale con incarichi amministrativi a seguito delle
truppe alpine sul fronte del Veneto e del Trentino, tra i suoi compiti c’era quello di portare la posta
e le paghe ai soldati nelle trincee di alta montagna, per raggiungere le trincee spesso si usava una
piccolissima teleferica dove poteva stare solamente una persona sdraiata sul fondo del carrellino,
la teleferica del Cristallino, racconta, copriva quasi un chilometro in lunghezza e circa seicento
metri di dislivello da terra.
Durante la sua permanenza sul monte Piano ebbe anche l’occasione di incontrare il re Vittorio
Emanuele II e il generale Cadorna.
Nel 1918 si spostò nella zona del monte Grappa dove si ammalò di meningite, rimanendo per due
mesi isolato in una tenda dell’ospedale militare, ritornò a casa verso la fine del 1918.
Al ritorno dalla guerra incominciò a lavorare nell’azienda Badoni, un’acciaieria. Non partecipò alla
seconda guerra mondiale visto che l’azienda in cui lavorava produceva materiale per l’esercito.