sull'oceano

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Edmondo De Amicis SULL’OCEANO a cura di Giorgio Bertone prefazione di Antonio Gibelli DIABASIS Il primo fra noi che abbia studiato l’emigrazione dal vero è sta- to De Amicis, ed essa gli ha ispirato alcune pagine stupende, quelle che danno il maggiore e il più permanente valore al suo nuovo libro. Pasquale Villari, 1889 Mi porterai 4 o 5 volumi… l’Assommoir, Germinal, Une vie di Mau-passant… Magari Sull’Oceano di D.A., magari i MiserabiliFilippo Turati dal carcere alla madre, 1898 Alla vita gaudente e leggiera e pettegola dei passeggieri della prima classe l’autore contrappone il triste, commovente, ango- scioso spettacolo della poveraglia dell’ultima classe, carne d’I- talia gettata sul mercato straniero. Benedetto Croce, 1903 Sull’Oceano è un libro completo. Il contrasto fra i viaggiatori di 1 a e di 3 a , la sanguinante disparità fra coloro che godono la vita in tutte le sue manifestazioni più elette e quelli che vedono ma- ledire la vita… Vero Eretico alias Benito Mussolini, 1908 DIABASIS Edmondo De Amicis SULL’OCEANO CISEI Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana Comitato promotore “Dal porto al mondo” Dal porto al mondo è una collana promossa dal Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana (CISEI) di Genova e coordinata da Antonio Gibelli. Al centro del- l’attenzione Genova come porto di imbarco dei mi- granti, luogo metaforico di transito, crocevia della co- municazione tra l’Italia, le Americhe, il resto del mon- do. La collana privilegia racconti di viaggio, testi di autobiografia e di memoria, epistolari dove i percorsi della diaspora rivivono attraverso la soggettività dei protagonisti e le tracce scritte della loro esperienza. Per conservare e valorizzare la memoria dell’emigra- zione in partenza dal porto di Genova durante il perio- do storico contraddistinto dalle grandi migrazioni transoceaniche, l’Autorità Portuale di Genova si è resa promotrice dell’ideazione e della creazione del CISEI, un centro di eccellenza internazionale per lo studio del- la storia dell’emigrazione dedicato a studiosi e appas- sionati, attivo a Genova a partire dalla primavera 2005. Il Comitato Promotore del CISEI è costituito da: Autori- tà Portuale di Genova, Comune di Genova, Provincia di Genova, Regione Liguria, Camera di Commercio di Ge- nova, Università di Genova, Curia Arcivescovile di Ge- nova, Direzione Marittima della Liguria, Archivio di Sta- to e Soprintendenza Archivistica della Liguria. Il CISEI si avvale della collaborazione di un gruppo di noti studiosi che garantiscono il rigore scientifico del- l’iniziativa. Il Comitato scientifico è composto da Lo- renzo Coveri, Federico Croci, Chiara Evangelista, Ferdi- nando Fasce, Antonio Gibelli, Adele Maiello, Silvia Mar- tini, Augusta Molinari, Don Luigi Molinari, Pierangelo Campodonico, Francesco Surdich e dai rappresentan- ti di Direzione Marittima della Liguria, Soprintendenza Archivistica di Genova, Archivio di Stato. Questa è l’unica edizione – controllata sul mano- scritto e commentata tenendo conto dell’Archivio delle carte di De Amicis – di un libro straordinario che apparve nel 1889 e diventò subito uno tra i più fortunati, letti e discussi di fine Ottocento. Sull’O- ceano è il grande affresco della nostra emigrazio- ne in Sudamerica, traguardata nel microcosmo av- venturoso, doloroso, variopinto della nave. Edmondo De Amicis (1846-1908), ufficiale all’Acca- demia militare di Modena, dopo la partecipazione al- la battaglia di Custoza scelse la via del giornalismo tu- ristico, pubblicando i volumi Spagna (1873), Olanda e Ricordi di Londra (1874), Marocco (1876), Costanti- nopoli e Ricordi di Parigi (1879). L’adesione al partito socialista italiano segnò una svolta nella sua produ- zione, già preannunciata dalle tematiche affrontate in Cuore (1886) e Sull’Oceano. Icona dell’intellettuale postunitario criticato e dissacrato dalla critica lette- raria degli anni Sessanta (Eco, Arbasino), De Amicis è stato riscoperto da Calvino con il racconto dimentica- to Amore e ginnastica (1971). Giorgio Bertone insegna Letteratura italiana all’Uni- versità di Genova. Ha pubblicato testi e studi critici di vari autori dell’Otto-Novecento. Si è occupato dei rap- porti tra parola e paesaggio a partire dal saggio Pae- saggio e letteratura, in: Storia d’Italia, La Liguria (1994); con il volume Lo sguardo escluso. L’idea di paesaggio nella letteratura occidentale (2000), pre- mio Grinzane Cavour-Hanbury; infine con Letteratura e paesaggio. Liguri e no: Montale, Caproni, Calvino, Ortese, Biamonti, Primo Levi, Yehoshua (2001). 16,00 CISEI Centro Internazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana Comitato promotore “Dal porto al mondo”

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Sull’Oceano, è la narrazione di un viaggio da Genova a Buenos Aires, passando per Montevideo, straordinaria epopea di una nave e del suo carico di uomini, avventurieri, disperati... Il libro uscì in prima edizione nel 1889. Ne seguì un immediato successo che moltiplicò le vendite e permise una pubblicazione di lusso, illustrata, l’anno successivo. Con le sue dieci edizioni in due settimane e le sue recensioni eccellenti, il libro costituì uno dei primi “casi letterari” dell’editoria di casa nostra. Questa è l'unica edizione, controllata sul manoscritto e controllata sulla base dell'Archivio De Amicis.

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Edmondo De Amicis

SULL’OCEANOa cura di Giorgio Bertone

prefazione di Antonio Gibelli

DIABASIS

Il primo fra noi che abbia studiato l’emigrazione dal vero è sta-to De Amicis, ed essa gli ha ispirato alcune pagine stupende,quelle che danno il maggiore e il più permanente valore al suonuovo libro.

Pasquale Villari, 1889

Mi porterai 4 o 5 volumi… l’Assommoir, Germinal, Une vie diMau-passant… Magari Sull’Oceano di D.A., magari i Miserabili…

Filippo Turati dal carcere alla madre, 1898

Alla vita gaudente e leggiera e pettegola dei passeggieri dellaprima classe l’autore contrappone il triste, commovente, ango-scioso spettacolo della poveraglia dell’ultima classe, carne d’I-talia gettata sul mercato straniero.

Benedetto Croce, 1903

Sull’Oceano è un libro completo. Il contrasto fra i viaggiatori di1a e di 3a, la sanguinante disparità fra coloro che godono la vitain tutte le sue manifestazioni più elette e quelli che vedono ma-ledire la vita…

Vero Eretico alias Benito Mussolini, 1908

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C I S E ICentro Internazionale di Studi sull’Emigrazione ItalianaComitato promotore

“Dal porto al mondo”

Dal porto al mondo è una collana promossa dal CentroInternazionale di Studi sull’Emigrazione Italiana (CISEI)di Genova e coordinata da Antonio Gibelli. Al centro del-l’attenzione Genova come porto di imbarco dei mi-granti, luogo metaforico di transito, crocevia della co-municazione tra l’Italia, le Americhe, il resto del mon-do. La collana privilegia racconti di viaggio, testi diautobiografia e di memoria, epistolari dove i percorsidella diaspora rivivono attraverso la soggettività deiprotagonisti e le tracce scritte della loro esperienza.

Per conservare e valorizzare la memoria dell’emigra-zione in partenza dal porto di Genova durante il perio-do storico contraddistinto dalle grandi migrazionitransoceaniche, l’Autorità Portuale di Genova si è resapromotrice dell’ideazione e della creazione del CISEI,un centro di eccellenza internazionale per lo studio del-la storia dell’emigrazione dedicato a studiosi e appas-sionati, attivo a Genova a partire dalla primavera 2005.

Il Comitato Promotore del CISEI è costituito da: Autori-tà Portuale di Genova, Comune di Genova, Provincia diGenova, Regione Liguria, Camera di Commercio di Ge-nova, Università di Genova, Curia Arcivescovile di Ge-nova, Direzione Marittima della Liguria, Archivio di Sta-to e Soprintendenza Archivistica della Liguria.

Il CISEI si avvale della collaborazione di un gruppo dinoti studiosi che garantiscono il rigore scientifico del-l’iniziativa. Il Comitato scientifico è composto da Lo-renzo Coveri, Federico Croci, Chiara Evangelista, Ferdi-nando Fasce, Antonio Gibelli, Adele Maiello, Silvia Mar-tini, Augusta Molinari, Don Luigi Molinari, PierangeloCampodonico, Francesco Surdich e dai rappresentan-ti di Direzione Marittima della Liguria, SoprintendenzaArchivistica di Genova, Archivio di Stato.

Questa è l’unica edizione – controllata sul mano-scritto e commentata tenendo conto dell’Archiviodelle carte di De Amicis – di un libro straordinarioche apparve nel 1889 e diventò subito uno tra i piùfortunati, letti e discussi di fine Ottocento. Sull’O-ceano è il grande affresco della nostra emigrazio-ne in Sudamerica, traguardata nel microcosmo av-venturoso, doloroso, variopinto della nave.

Edmondo De Amicis (1846-1908), ufficiale all’Acca-demia militare di Modena, dopo la partecipazione al-la battaglia di Custoza scelse la via del giornalismo tu-ristico, pubblicando i volumi Spagna (1873), Olanda eRicordi di Londra (1874), Marocco (1876), Costanti-nopoli e Ricordi di Parigi (1879). L’adesione al partitosocialista italiano segnò una svolta nella sua produ-zione, già preannunciata dalle tematiche affrontate inCuore (1886) e Sull’Oceano. Icona dell’intellettualepostunitario criticato e dissacrato dalla critica lette-raria degli anni Sessanta (Eco, Arbasino), De Amicis èstato riscoperto da Calvino con il racconto dimentica-to Amore e ginnastica (1971).

Giorgio Bertone insegna Letteratura italiana all’Uni-versità di Genova. Ha pubblicato testi e studi critici divari autori dell’Otto-Novecento. Si è occupato dei rap-porti tra parola e paesaggio a partire dal saggio Pae-saggio e letteratura, in: Storia d’Italia, La Liguria(1994); con il volume Lo sguardo escluso. L’idea dipaesaggio nella letteratura occidentale (2000), pre-mio Grinzane Cavour-Hanbury; infine con Letteraturae paesaggio. Liguri e no: Montale, Caproni, Calvino,Ortese, Biamonti, Primo Levi, Yehoshua (2001).

€ 16,00

C I S E ICentro Internazionale di Studi sull’Emigrazione ItalianaComitato promotore

“Dal porto al mondo”

D a l p o r t o a l m o n d o

Collana coordinata da Antonio Gibelli

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In copertinaEmigranti sul ponte Federico Guglielmo nel porto di Genova

in attesa di imbarcarsi sullo Scrivia.Disegno da «L’Illustrazione Italiana», 30 novembre 1884

Progetto grafico e copertinaBosioAssociati, Savigliano (CN)

ISBN 88 8103 319 4

Prima edizione © 1983 Herodote Edizioni s.r.l.© 2005 Edizioni Diabasis

via Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italiatelefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047

[email protected] www.diabasis.it

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D I A B A S I S

Edmondo De Amicis

Sull’Oceano

a cura diGiorgio Bertone

prefazione diAntonio Gibelli

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Dal porto al mondo, con De Amicis, Antonio Gibelli

Nota alla nuova edizione 2005, Giorgio Bertone

La patria in piroscafo. Il viaggio di Edmondo De AmicisGiorgio Bertone

Sull’OceanoL’imbarco degli emigranti

Nel golfo Leone

L’Italia a bordo

A prua e a poppa

Signori e Signore

Rancori e amori

Sul tropico del Cancro

L’oceano giallo

Gli originali di prua

Il dormitorio delle donne

Il passaggio dell’equatore

Il piccolo Galileo

Il mare di fuoco

L’oceano azzurro

Il morto

La giornata del diavolo

In extremis

Domani!

L’America

Sul Rio de la Plata

Nota al testo, Giorgio Bertone

Tavole

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Dal porto al mondo, con De AmicisAntonio Gibelli

Questo libro costituisce una tra le più note e suggestive testimonianze d’e-poca sul fenomeno migratorio, impreziosita dalle puntuali annotazioni, sto-riche e letterarie, ma anche tecniche, di uno studioso che conosce bene tantoDe Amicis quanto la vicenda ottocentesca della marineria e in particolare lesue peripezie in ordine al trasporto dei migranti: e che avverte (e sa trasmet-tere) il fascino del viaggio, anche e soprattutto del viaggio per mare, fascinoche è pur implicato in qualche modo nell’esperienza migratoria, malgrado gliaffanni e le miserie da cui i migranti furono allora e sono ancor oggi afflittinelle loro traversate, e malgrado i fattori in senso lato costrittivi che ne moti-varono, come ne motivano oggi, lo spostamento quanto mai periglioso. Pernoi è poi un’occasione per riflettere sopra un tema di grande attualità, sul qua-le di recente sono fiorite molteplici iniziative scientifiche, artistiche e musea-li, e sulle angolazioni nuove, le nuove fonti e i nuovi tipi di “racconto” che og-gi si possono utilizzare per guardare al fenomeno e alla sua storia.

Tutto ciò può ben partire da Genova, come partirono da Genova milio-ni di migranti italiani (l’assoluta maggioranza di quelli che andavano ol-treoceano, almeno fino all’inizio del Novecento), come partirono da Ge-nova quelli descritti da De Amicis, e quelli che Agostino Bertani osservòaffollarsi sulle banchine in attesa dell’imbarco e interrogò, nel quadro del-le sue inchieste sulle condizioni della società contadina, più o meno nellastessa epoca. Genova rappresenta un punto di osservazione assolutamenteprivilegiato del tema in questione. Dal suo porto si imbarcarono nel corso dicirca un secolo, a partire dagli anni Trenta dell’Ottocento, quasi quattro mi-lioni di persone, con un flusso che toccò il massimo di intensità proprio nelperiodo in cui cade il viaggio di Sull’Oceano (due milioni in totale nell’ulti-mo quarto del secolo XIX). Sulle sue banchine attraccarono centinaia dinavi per migliaia di viaggi verso il Sud e verso il Nord America: prima a ve-la, poi a vapore, in una transizione economicamente difficile, per taluni proi-bitiva, che attraversò fasi di combinazione tra l’uno e l’altro mezzo propul-sivo, di cui il piroscafo Nord America, utilizzato dallo scrittore onegliese, èun tipico esempio. Nei suoi palazzi e nei suoi «scagni» abitarono armatoripiccoli e grandi che fecero fortuna sul movimento degli uomini, sui velierio sui bastimenti dai ventri capienti, capaci di «insaccar miseria» in quantità

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enormi, e che infatti promossero e finanziarono riviste di intonazione libe-rista per sostenere l’utilità e la modernità del fenomeno migratorio, in con-trasto con le opinioni prevalenti all’epoca. Nei suoi circoli scientifici e in-tellettuali si coltivarono studi sul Nuovo Mondo, si promossero iniziativedivulgative per descriverne le caratteristiche e i pregi, per fornire informa-zioni e consigli a chi intendesse seguire la via che si era aperta.

Malgrado pregevoli studi prodotti soprattutto negli ultimi vent’anni, nonsi può dire che la memoria di questo imponente passaggio della storia ge-novese abbia ancora il posto e l’evidenza che merita, né che sia stato ade-guatamente valorizzato e risulti quindi immediatamente leggibile all’in-contro con la città. Il recupero del porto antico ha reso finalmente accessi-bili quei luoghi che furono abitati per molti decenni dalle popolazionimigranti, le banchine dove si addensavano in attesa dell’imbarco (fino altardo Ottocento esposti alle intemperie, senza alcuna protezione o riparo),dalle quali vedevano staccarsi in lento movimento i giganteschi bastimenti.Nelle biblioteche genovesi esistono collezioni importanti di riviste otto-centesche e novecentesche, spesso graficamente eleganti e ampiamente il-lustrate, dai titoli esotici come «L’Amazzonia», dove si può trovare eco diquell’epoca di traffici, avventure, commerci, sofferenze, speranze. Negli ar-chivi cittadini sono sepolte migliaia di carte che parlano di quelle vicende,elenchi di partenti, certificati medici per i nullaosta, carte processuali con-cernenti le “diserzioni”, ossia gli abbandoni della nave da parte di membridell’equipaggio una volta toccati i porti sudamericani, per sfidare la fortu-na. Da qualche tempo, inoltre, il CISEI (Centro internazionale di studi del-l’emigrazione italiana), promosso dall’Autorità Portuale di Genova (ancheper la spinta delle innumerevoli richieste di recupero delle radici di discen-denti dei migranti), con la collaborazione di altri enti, ha meritoriamente efaticosamente cercato di avviare un percorso di recupero della memoria e dicoordinamento dei molteplici cantieri esistenti.

Tuttavia manca ancora un luogo fisico dove le tante tracce grandi e picco-le dell’imponente flusso, gli esempi di oggetti, documenti, suoni e immaginiche lo raccontano abbiano una collocazione adeguata, o almeno un luogovirtuale dove il visitatore, lo studioso e il curioso possano trovare una rap-presentazione efficace di questo universo, una mappa per orizzontarsi al suointerno e una guida per seguirne il percorso dentro la città e per collegarsi diqui – come ormai consentono gli straordinari mezzi elettronici – al resto delmondo, ripercorrendo i mille fili che la mobilità degli uomini e la comunica-zione tra di essi hanno steso tra i continenti come una ragnatela invisibile.Occorreranno ancora impegno e convinzione perché prenda corpo un’ini-ziativa organica all’altezza di Genova capitale della diaspora italiana per cir-ca un secolo e custode di un pezzo importante della sua memoria: un’inizia-

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Al valoroso comandanteCARLO DE AMEZAGA

dedico questo libroin segno di affetto e di gratitudine.

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Signori e Signore

Con un gazzettino vivente com’era quell’agente bancario, non tardai a co-noscere, anche senza volerlo, quasi tutti i passeggieri di prima.

La mattina seguente egli mi si venne a mettere accanto a tavola, al postodell’avvocato, che non s’era levato da letto. Ogni giorno egli faceva una mez-za dozzina di conoscenze nuove. La sera avanti aveva attaccato conversa-zione con gli sposi, che occupavano il camerino accanto al suo, ed essendo-si accorto ch’eran così timidi e impacciati davanti alla gente, si proponeva distuzzicarli un poco. Appena seduto, domandò allo sposo, che gli era sedutodi faccia, se aveva riposato bene. Quegli rispose bene, grazie, guardandolocon occhio inquieto. – Eppure, – disse l’altro con l’aria più naturale del mon-do, fissando lui e lei, – mi è parso che questa notte il mare fosse agitato. – Ivicini sorrisero, e quelli, arrossendo tutti e due, si misero a osservare le posatecon attenzione profonda. Ma l’agente non mostrò d’avvedersene. E attaccòil lucignolo subito, parlando piano e spedito, senza far però meno onore al-la cucina del Galileo. Il prete lungo era un napoletano, stabilito da circatrent’anni nell’Argentina, dove ritornava dopo un breve viaggio in Italia, fat-to, diceva (ma era dubbio), per vedere il Papa. Gli aveva inteso raccontar lasua storia una sera. Era andato all’Argentina senza camicia, aveva fatto il par-roco nelle colonie agricole nascenti, in varii Stati della Repubblica, in terrequasi disabitate, dove andava a portare il viatico a cavallo, galoppando pernotti intere, col santissimo Sacramento a tracolla e la rivoltella alla cintura, ediceva d’esser stato più volte assalito, e d’essersi difeso a rivoltellate, e che an-che si era dato il caso di viaggiatori, i quali, incontrandolo al lume della luna,atterriti dalla sua gigantesca ombra nera, s’erano dati alla fuga. Si capiva chedoveva aver curato altrettanto la borsa propria che l’anima altrui, facendosipagar matrimoni e sepolture a prezzi d’affezione, tant’è vero che si vantavafrancamente d’aver messo insieme un buon gruzzolo, e non parlava d’altroche di pesos e di patacones, con un certo giro inquietante della mano a ven-tarola, e con un accento di Basso porto, che trent’anni di parlata spagnuolanon eran riusciti ad alterare. Del tenore sapeva poco: doveva avere una bel-la voce, ma un po’ di gatto scorticato: del resto, il solito pavone in corpo: findal primo giorno andava mostrando ai passeggieri un giornale logoro, con un

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articoletto di cronaca teatrale, in cui erano sottolineate le parole: quest’arti-sta possiede la chiave del cuore umano; e quella chiave del cuore diceva l’a-gente che lo faceva pensare a quella di casa dei suoi uditori; ma si poteva an-che ingannare. Credeva che stesse preparando un concerto vocale e istru-mentale per la sera del passaggio dell’equatore. Conosceva meglio la signorabionda dalle calze nere, svizzera italiana, moglie d’un italiano, professorenon sapeva di che a Montevideo: aveva fatto con lei il viaggio da Genova inAmerica due anni prima. Una amabilissima creatura, buona come il pane,un cervello di passero, bella e ignorante come una dalia, una vera fanciullo-na di trent’anni, a cui la condizione degli uomini soli in un lungo viaggio dimare ispirava un sentimento di pietà amorosa e coraggiosa. In dieci anni, ri-facendo ogni tanto una scappata in patria, essa aveva già rallegrato del suo ri-so infantile e consolato della sua dolce pietà sette o otto piroscafi, e godevad’una certa celebrità simpatica presso le società di navigazione. Nel viaggio didue anni avanti, fra l’altre, le era seguita un’avventura comica con un depu-tato argentino, il quale si trovava appunto con noi, per caso, sul Galileo. Co-stui, che era un signore faceto e amabile, ma assestato e intollerantissimo deldisordine nelle cose sue, occupava un camerino sopra coperta. Ora mentreegli giocava nel salone o passeggiava a prua, la signora e una sua amica ave-vano preso l’abitudine d’andargli a metter tutto sottosopra per farlo poi am-mattire a riordinare. E il gioco era riuscito bene parecchie volte. Ma un gior-no, essendosi arrischiata sola la svizzerella a fare il solito arruffio, era so-praggiunto all’impensata l’argentino e, montato sulle furie, aveva chiusol’uscio del camerino per obbligarla a rimettere ogni cosa al suo posto. Se-nonché le cose spostate essendo molte, il lavoro di riordinamento era dura-to un pezzo, e levatasi in quel frattempo una burrasca per effetto d’un colpodi vento improvviso, la signora aveva dovuto rimaner chiusa là dentro pervarie ore, mentre di sotto, pei corridoi, il marito spaventato la chiamava daogni parte ad alte grida, e voleva che si gettasse una lancia in mare per ripe-scarla, senz’accorgersi della ridente commiserazione che lo circondava. Non-dimeno tutto era finito senza guai. Ma in questo viaggio pareva che il signo-re e la signora non dessero segno di conoscersi. Io mi voltai a guardar lui, infondo alla tavola: era un bruno tra i trentotto e i quaranta, di profilo energi-co, con l’occhialetto: una faccia d’uomo, infatti, da non permettere che gli siviolasse impunemente il domicilio. Quanto al marito professore, disse l’a-gente, era un bel capo: appassionato, sebbene avesse una faccia più lettera-ria che scientifica, per gli studi di meccanica nautica: passava la giornata ingravi meditazioni davanti alla macchina, ai timoni, ai verricelli, a ogni piùpiccolo ordigno del piroscafo, facendosi dare dagli uffiziali delle spiegazio-ni minute, che andava poi a ripetere a prua, per il gusto di sbocconcellare alpopolo il pane della scienza, mentre altri gli addentava il suo a poppa. Ma in

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quel momento io stavo osservando, accanto all’argentino, un signore bion-do slavato, con due favoriti che parevan due salici piangenti di capelli, comequei che si vedono nelle vetrine dei parrucchieri; il quale girava intorno de-gli occhi di pesce sospettosi, e non parlava a nessuno. Domandai all’agentese sapeva chi fosse. Oh! un bel caso. Si sospettava che fosse un ladro fuggi-tivo. Ne correva la voce sul Galileo. Era un francese. Non si sapeva quale deipasseggieri, leggendo il Figaro arrivato a Genova il giorno stesso della par-tenza, aveva creduto di riconoscere una maravigliosa rassomiglianza fra quel-la faccia strana e diffidente, e certi connotati che dava il giornale parigino diun cassiere di non so quale casa bancaria di Lione, scappato tre giorni prima,lasciando un vuoto di macchina pneumatica. Egli avrebbe fatto delle inve-stigazioni: alla peggio, sperava di scoprire il segreto all’arrivo, quando fossesalita a bordo la polizia.

Della coppia matrimoniale che sedea di rimpetto a costui, non aveva an-cora chiesto informazioni: erano i miei due vicini di camerino, quelli dellaspazzola: la signora, sulla quarantina, piccoletta, con due occhi freddi, e unperpetuo sorriso forzato sulle labbra sottili; non brutta, ma di quelle perso-ne a cui l’animo ha guastato il viso, le quali, a primo aspetto, ispirano ripu-gnanza per cagion del male che debbono fare agli altri, e compassione perquello che debbono soffrire esse medesime: il marito, una figura di maggiordi cavalleria in riposo, d’animo forte, pareva; ma domato da una natura piùforte della sua, e logorato da un’afflizione sorda e immutabile. Non si parla-vano mai, come se non si conoscessero, e non erano mai insieme, fuorché atavola; ma il mio vicino aveva osservato che lei saettava a lui delle terribiliocchiate di traverso, quando le pareva che fissasse qualche signora: all’affet-to morto era sopravvissuta la gelosia dell’orgoglio. Una coppia male accop-piata, insomma, come due forzati stretti da una catena, fra i quali ci dovevaessere un’avversione profonda, e un mistero. Quello che conosceva megliodi tutti era il comandante: bravo marinaio, rozzo e irascibile, possessore d’unvocabolario maravigliosamente ricco di sacrati e d’ingiurie genovesi, cheprodigava al basso personale dell’equipaggio: vere litanie d’improperi, con-dotte con un crescendo di effetto irresistibile; e altero della vigoria dei suoipugni, dei quali s’era molto servito durante i suoi vent’anni di onorato co-mando. Aveva una fissazione, quella d’una severità assoluta in fatto di mo-rale. Porcaie a bordo no ne vêuggio. – Non voglio porcherie a bordo – era ilsuo intercalare. Voleva il bastimento casto come un monastero, e credevad’ottenerlo. All’occasione dava delle lezioni memorabili. In uno degli ultimiviaggi, avendo scoperto una sera che due passeggieri di diverso sesso, nonlegati né dal codice né dalla chiesa, erano addormentati in un camerino dicoperta, egli aveva fatto inchiodare una grand’asse a traverso all’uscio, e cel’aveva lasciata fino a che i due, il dì seguente, morsi dalla fame, dopo aver

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picchiato furiosamente, erano stati costretti a uscire coram populo, mëzimorti da-a vergêugna. Ma aveva rischiato d’ammalare dalla rabbia nell’ultimatraversata, portando da Buenos Ayres a Genova un’intera compagnia lirica,e un corpo di ballo di cento e venti gambe; a tener a segno le quali non ci sa-rebbero stati sul piroscafo abbastanza assi né chiodi; e tutta la sua eloquen-za minacciosa nella lingua del scì non aveva impedito che il Galileo si con-vertisse in un paradiso maomettano, filante dodici miglia all’ora. In condi-zioni ordinarie, peraltro, quando non era soverchiato dal numero edall’audacia del nemico, era rigoroso al punto da non tollerare nemmeno uncorteggiamento discreto. Ma si vantava di far stare tutti a segno senza man-care menomamente alle leggi della cortesia, di saper dir tutto a tutti senzaoffendere. Quando un passeggiere si stringeva troppo intorno a una signo-ra, egli lo chiamava in disparte, e gli diceva rispettosamente: – Mi scusi, lei co-mincia a diventar nauseante (angoscioso). Porcaie a bordo no ne vêuggio. –Del rimanente, un galantuomo.

Il vecchio maestoso che gli stava accanto – l’Hamerling – era un chileno,un gran signore, chiamato a bordo quello che fa forare una montagna, per-ché aveva fatto quel po’ di viaggio dal suo paese (trentacinque giorni di ma-re) per andare a comprare delle perforatrici in Inghilterra, non trattenendo-si in Europa, dallo sbarco all’imbarco, che due settimane precise. Serio, co-me sono i chileni in generale, e di modi aristocratici, aveva bazzicato neiprimi giorni la brigata degli argentini; ma questi avendolo punto in una di-sputa sull’eterna questione dei confini meridionali delle due repubbliche,egli se n’era scostato, e non parlava più che col comandante e col prete. Al-tri non conosceva, per il momento, il mio vicino. Ma andava spiando un gio-vane toscano sbarbatello e azzimato, seduto a tavola davanti alla moglie delprofessore, addosso alla quale lasciava gli occhi, assorto a tal segno che qual-che volta gli rimaneva la forchetta per aria, a mezza via tra il piatto e la boc-ca, come colpita anch’essa d’ammirazione. Costui aveva l’aspetto d’un DonGiovannino affamato, che facesse la prima volata lunga fuori di casa; ma do-tato, sotto quell’apparenza di primo amoroso esordiente, d’un’audacia uni-ca; e mentre circuiva la svizzera, che doveva aver conosciuto a terra, facevaogni momento delle escursioni a prua, fiutando l’aria come un poledro stal-lino, la sera in special modo, con molto rischio di farsi spolverare dagli emi-granti i panni attillati, ch’ei cambiava due volte al giorno.

Ciò dicendo, l’agente fece rotolare un’arancia fin quasi sul piatto dellosposo, e tese improvvisamente la mano, dicendo: – Favorisca... – Povero spo-so! Proprio in quel momento, approfittando della solita confusione d’ognifin di pasto, egli lasciava spenzolare il braccio destro sotto la tavola, mentrela sposa teneva nascosto nello stesso modo il braccio sinistro: alla improvvi-sa domanda, le due mani risalirono vivamente sopra la mensa, separate, è ve-

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ro, ma troppo tardi: la «casta porpora» aveva tradito il segreto. – Son trop-po felici, – mi disse sotto voce l’agente; – gli voglio amareggiare la vita.

Poi s’alzò, e mezz’ora dopo, salendo sul cassero, lo vidi sul castello cen-trale, che discorreva con un prete delle seconde classi. Ma queste, quasi spo-polate, non dovevano offrire gran pascolo alla sua curiosità. C’eran due pre-ti vecchi che leggevano quasi sempre il breviario; una vecchia signora sola,con gli occhiali verdi, che sfogliava dalla mattina alla sera una raccolta di an-tichi giornali illustrati, e una famiglia numerosa, tutta vestita a lutto, che for-mava in mezzo al piroscafo un gruppo nero e triste, immobile per ore intere.Solamente i due ragazzi più piccoli facevano qualche volta, per il ponte pén-sile, una scappata fin sul cassero di poppa, dove la signorina dalla croce ne-ra li carezzava mestamente, con le sue manine affilate d’inferma.

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Il piroscafo Galileo

La prima delle navi a vapore italiane ad essere battezzata Galileo fu quella dell’armatore Zu-coli, genovese, che la fece costruire nei cantieri inglesi (1852). Stazzava appena 69 tonnellateed era dotata di ruote a pale. Viaggiò solo nel Mediterraneo e fu impiegata nella linea “turi-stica” tra Genova e La Spezia.

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La Caracciolo

L’Italia alla scoperta del globo: dopo il famoso viaggio intorno al mondo della corvetta ad eli-ca Magenta (1866-68), nel 1881-84 fu la volta della Caracciolo, anch’essa una pirocorvetta mi-litare (armata con tre alberi a vele quadre), che effettuò la circumnavigazione della terra alcomando di Carlo De Amezaga (cui è dedicato Sull’Oceano: ecco dov’era durante la traversatadeamicisiana), che ne lasciò un’importante relazione pubblicata a Roma nell’86 con detta-gliate spiegazioni tecniche, biologiche ecc., e un esame generale delle possibilità di insedia-menti coloniali italiani. Qui è rappresentata la Caracciolo a Capo Froward nello stretto di Magellano.

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La copertina dell’edizione del 1890 di Sull’Oceano

In vista della lussuosa edizione illustrata del 1890 Emilio Treves decise di inviare al Plata ilpittore Arnaldo Ferraguti sul Nord America, il medesimo piroscafo che trasportò De Amicisnell’84, per ottenere disegni più completi e realistici. Per la copertina furono scelte due illu-strazioni che sembrano alludere, l’una, all’arte della vela moritura, l’altra, ai nuovi apparecchia vapore che la stanno soppiantando. Comunque: due particolari. Già al tempo di Cuore DeAmicis lamentava con Treves la «maledetta ostinazione degli illustratori a rifuggire dai dise-gni complessi, a scansare le difficoltà, a non voler lavorare d’immaginazione, a far sempre il ri-tratto, la figura, la coppia, il dettaglio».Arnaldo Ferraguti (che sposerà Olga Treves, nipote di Emilio) fu tra i primissimi illustratoridi Cuore e attivissimo sui periodici della casa editrice. Tra l’altro nel 1895 illustrerà I naufra-ghi del Poplador di Emilio Salgari.

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Lo Scrivia

È un “disegno dal vero”, che rappresenta degli emigranti – in attesa di imbarcarsi – sul pon-te Federico Guglielmo nel porto di Genova, ed è apparso sull’«Illustrazione Italiana» del 30novembre 1884 (l’anno del viaggio deamicisiano) con questa didascalia: «Emigranti! Ne ab-biamo visti passare per Milano, nei giorni scorsi: erano delle campagne venete e lombarde;magri, pallidi co’ segni della fame sul viso; non lieti, certo. Ciascuno aveva un sacco; qualcu-no, meno povero, si trascinava dietro una valigia. A Genova, s’imbarcarono sul piroscafo Scri-via, avviati all’America, dalla quale alcuni sperano di tornare con qualche po’ di ben di Dio.I nostri corrispondenti colsero dal vero il momento in cui quegl’infelici s’imbarcavano».Alla fine di quel viaggio, il 7 dicembre, il piroscafo, carico di emigranti, fu messo sotto mira dauna cannoniera argentina per impedirgli lo sbarco, dal momento che a bordo era scoppiata un’e-pidemia. Ma poté poi approdare a Montevideo, evitando quindi di dover ritornare in Europa,come capitò ad altri bastimenti italiani a bordo dei quali all’andata s’era sviluppato il colera.Lo Scrivia fu ordinato nell’82 ai cantieri scozzesi, insieme con altre sei unità, dal giovane ar-matore genovese Raggio, e destinato con le navi gemelle all’esclusivo trasporto di emigranti(circa mille per volta).

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Affrescodella migrazione

italiana ottocentescain America Latinai poveri e i ricchi

nel corpo navigante di una navequesto libro

tra i maggiori di De Amicisviene pubblicato

nel carattere Simoncini Garamondsu carta Arcoprint

delle cartiere Fedrigonidalla tipografia Grafitalia

di Reggio Emilianell’apriledell’annoduemilacinque

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