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Page 1: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea Triennale in Matematica

Tesi di Laurea Triennale

Sviluppi di Fourier su gruppi compatti

e sui loro spazi omogenei

Candidato:

Gabriele Benedetti

Relatore:

Prof. Fulvio Ricci

Anno Accademico 2008/2009

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Indice

Introduzione 5

1 Gruppi topologici compatti 6

1.1 Denizioni ed esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.2 La misura di Haar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.3 Gli spazi Lp(G) e C(G) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

2 Spazi omogenei 13

2.1 Denizioni ed esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.2 Misure G-invarianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

3 Teoria delle rappresentazioni:

il contesto generale 17

3.1 Denizioni ed esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173.2 Operazioni sulle rappresentazioni . . . . . . . . . . . . . . . . 193.3 Rappresentazioni irriducibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

4 Teoria delle rappresentazioni:

il caso compatto 22

4.1 Le rappresentazioni irriducibili di un gruppo compatto . . . . 224.2 Decomposizione di rappresentazioni . . . . . . . . . . . . . . . 24

5 La decomposizione canonica di L2(G) 26

5.1 Gli elementi di matrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265.2 I sottospazi irriducibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285.3 Il teorema di Peter-Weyl . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 295.4 La proiezione su Mπ: i caratteri χπ . . . . . . . . . . . . . . . 325.5 La trasformata di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

6 Sviluppi in serie di funzioni 37

6.1 La formula di inversione in L2(G) . . . . . . . . . . . . . . . . 376.2 Convergenza in Lp . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

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7 Il teorema di Peter-Weyl per spazi omogenei 43

7.1 La decomposizione canonica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 437.2 Operatori G-invarianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 457.3 Sviluppi di Fourier su M . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

8 Analisi sulla sfera 49

8.1 Le armoniche sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 498.2 Le armoniche zonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 548.3 Medie di Cesàro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 568.4 Convergenza dello sviluppo di Fourier . . . . . . . . . . . . . 58

Sviluppi ulteriori 61

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Notazioni

e identità del gruppo G

B(X) i boreliani dello spazio topologico X

C(G) l'insieme delle funzioni continue sul gruppo G a valoricomplessi

Lp(G) l'insieme delle funzioni f misurabili sul gruppo G a valoricomplessi tali che |f |p sia integrabile (p ∈ [1,+∞))

L(H) l'insieme degli operatori limitati da uno spazio di HilbertH in sé

U(H) l'insieme degli operatori unitari da uno spazio di HilbertH in sé

MK(n) l'insieme delle matrici n× n a coecienti in K

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Introduzione

Questo elaborato si propone di sviluppare alcuni strumenti per lo studiodell'analisi su gruppi topologici compatti. In particolare ci concentreremosugli spazi di funzioni classici: le funzioni Lp, con p nito, e le funzioni con-tinue.Decriveremo la loro struttura algebrica e topologica ed il rapporto strettotra le due. Il nostro obiettivo principale sarà quello di trovare, in tali spazi,una classe densa di funzioni che abbia buone proprietà di regolarità.Per fare questo ci soermeremo dapprima sullo spazio delle funzioni conquadrato integrabile, in cui lo studio è facilitato per la presenza del prodottoscalare, poi cercheremo di estendere i risultati agli altri spazi. Quest'ultimocompito è stato storicamente il più dicoltoso e allo stato attuale ci si deveaccontentare di risultati validi solo per specici gruppi.Abbiamo deciso di limitarci a considerare il caso dei gruppi compatti poiché,sebbene non presenti molte delle complicazioni che si incontrano nello studiogenerale, mostra già quali siano le tecniche e i concetti più importanti pertutta l'analisi armonica astratta.Nel nostro approccio lo strumento principale sarà il teorema di Peter-Weyl(1927) che getta un ponte tra il contesto algebrico e quello analitico lavoran-do sulle rappresentazioni regolari del gruppo in spazi di Hilbert.Dopo aver stabilito per i gruppi i primi risultati, vedremo poi come estenderliad una più vasta gamma di spazi topologici: gli spazi omogenei.Per concludere vedremo le tecniche sviluppate all'opera su un esempio con-creto: le sfere negli spazi euclidei. Abbiamo scelto tale esempio per duemotivi. Il primo è di carattere pratico: sulla sfera si riescono a portare avan-ti esplicitamente i calcoli necessari. Il secondo motivo è che l'analisi sullesfere, e sul gruppo ortogonale che agisce su di esse, ha molta importanzaper la sica. In elettromagnetismo e meccanica quantistica si è interessatisoprattutto a problemi che riguardano il laplaciano, ad esempio l'esistenzadi un sistema completo di autofunzioni per un tale operatore.

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Capitolo 1

Gruppi topologici compatti

Iniziamo col ricordare le denizioni e le proprietà principali dei grup-pi topologici e dei loro spazi omogenei i quali, di fatto, danno all'analisiarmonica l'ambiente e gli strumenti necessari per poter essere sviluppata.

1.1 Denizioni ed esempi

Denizione 1.1.1. G si dice gruppo topologico se soddisfa gli assiomi digruppo ed è dotato di una topologia che renda continui il prodotto

µ : G×G → G(g, h) 7→ gh

e l'inversioneι : G → G

g 7→ g−1

Osservazione. Durante il resto dell'esposizione quando parleremo di ungruppo topologico sottintenderemo che sia:

1. Hausdor

2. a base numerabile

La tipologia di gruppi su cui ci concentreremo sarà quella dei gruppicompatti. Diamo degli esempi.

Esempio 1.1.1. Citiamo 3 casi signicativi:

• SO(n): il gruppo delle matrici reali n× n ortogonali con determinanteuguale ad 1.La topologia è quella indotta dallo spazio MR(n) di tutte le matricin×n. Per SO(n) le proprietà 1 e 3 dell'osservazione precedente seguono

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da quelle di MR(n). La compattezza è data dal fatto che SO(n) è unsottoinsieme chiuso e limitato di MR(n). Infatti

SO(n) = T ∈MR(n)| T ′T = I, detT = 1

e gli elementi di SO(n) visti come operatori su Rn conservano la norma.

• SU(n): il gruppo delle matrici complesse n × n unitarie con determi-nante uguale a 1.Per quanto riguarda la topologia e le tre proprietà citate, il discorso èanalogo a quello fatto per SO(n).

• gruppi niti dotati della topologia discreta.Le proprietà sono banalmente soddisfatte. Appartengono a questaclasse i gruppi Z/mZ, i quali nonostante la loro semplicità, sono moltoimportanti, soprattutto per le applicazioni all'analisi computazionale.

1.2 La misura di Haar

La caratteristica fondamentale del tipo di gruppi che studiamo è la pos-sibilità di denire sui boreliani una misura che sia invariante per traslazionisinistre e destre.

Denizione 1.2.1. Sia G un gruppo topologico e µ una misura positiva nonbanale denita su B(G).µ si dice misura di Haar sinistra per il gruppo G se:

• è nita

• è regolare (dall'esterno e dall'interno)

• ∀g ∈ G, ∀E ∈ B(G), µ(E) = µ(gE)

Allo stesso modo si denisce una misura di Haar destra. Si ha dunque ilseguente fatto.

Teorema 1.2.1. Se G è un gruppo compatto allora possiede misure di Haar

sinistre e destre. Tali misure sono uniche a meno di moltiplicazione per

costanti positive. Inoltre una misura di Haar destra è anche sinistra e

viceversa.

In virtù di questo teorema d'ora in poi parleremo genericamente di misuradi Haar senza specicare se sia destra o sinistra. Dato il gruppo G compattossiamo la misura di Haar µ una volta per tutte ponendo µ(G) = 1. Ri-portiamo ora alcune proprietà della misura di Haar che ci saranno utili nelseguito.

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Proposizione 1.2.2. Sia G un gruppo compatto con misura di Haar µ.Allora:

1. ∀ U aperto, µ(U) > 0

2. ∀ f ∈ L1(G), ∀g ∈ G,∫f(x)dµ(x) =

∫f(gx)dµ(x) =

∫f(xg)dµ(x)

3. ∀ f ∈ L1(G),∫f(x)dµ(x) =

∫f(x−1)dµ(x)

1.3 Gli spazi Lp(G) e C(G)

Passiamo allo studio degli spazi di funzioni. Da un punto di vista analiticociascuno di essi è uno spazio di Banach separabile (la separabilità discendedall'aver supposto la topologia di G dotata di una base numerabile).G può agire in due modi su questi spazi tramite come gruppo di automorsmilineari continui.Fissato g ∈ G possiamo considerare, ad esempio, i due operatori ρg e λgsu C(G), tali che: ρgf(x) = f(xg) e λgf(x) = f(g−1x). Deniamo poioperatori analoghi su tutti gli spazi Lp. Per le proprietà della misura diHaar questi operatori conservano la norma.In L2 le due azioni di G appena descritte deniscono un gruppo di operatoriunitari. Vale il seguente risultato:

Teorema 1.3.1. Tutti i gruppi di operatori introdotti sono fortemente con-

tinui.

Osservazione. Questo vuol dire, ad esempio, che ssata f ∈ C(G)

g → e ⇒ ‖ρgf − f‖∞ → 0

Da questo si deduce che l'applicazione

Ω : G× C(G) → C(G)(g, f) 7→ ρgf

è continua. Infatti ssiamo g ∈ G e f ∈ C(G). Allora

‖ρgf−ρg′f ′‖∞ ≤ ‖ρg′f−ρg′f ′‖∞+‖ρgf−ρg′f‖∞ ≤ ‖f−f ′‖∞+‖ρgf−ρg′f‖∞

Quest'ultima quantità può essere resa piccola a piacere pur di prendere f ′

abbastanza vicina a f e g′ abbastanza vicino a g.

Introduciamo ora il prodotto di convoluzione, che risulta essere una map-pa bilineare continua, da L1×L1 a L1. Date φ, ψ ∈ L1 possiamo descriverloin due modi equivalenti:

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1. Esiste E ∈ B(G), µ(E) = 1 tale che ∀g ∈ E è ben denito∫φ(h)ψ(h−1g)dµ(h)

come numero complesso. Poniamo quindi

φ ∗ ψ(g) = ∫

φ(h)ψ(h−1g)dµ(h) se g ∈ E0 se g /∈ E

φ ∗ ψ individua allora una classe di equivalenza di funzioni in L1.

2. Consideriamo la seguente funzione:

X : G → L1(G)h 7→ φ(h)λhψ

X è integrabile secondo Bochner perché è fortemente misurabile, inquanto prodotto di una funzione in L1 e di una funzione continua daG in L1, e ‖X‖1 è integrabile:∫‖X(h)‖dµ(h) =

∫|φ(h)|‖λhψ‖dµ(h) =

∫|φ(h)|‖ψ‖dµ(h) = ‖φ‖‖ψ‖

Pongo φ ∗ ψ =∫X(h)dµ(h)

Per vericare che le due denizioni sono equivalenti basta vedere che ognielemento del duale di L1 assume lo stesso valore sulle due funzioni, ma ciò èuna facile conseguenza del Teorema di Fubini-Tonelli e del fatto che il dualedi L1 è isomorfo a L∞. Abbiamo la seguente proposizione che racchiudealcune proprietà della convoluzione.

Proposizione 1.3.2. Sia φ ∈ L1 e ψ ∈ Lp, allora φ ∗ ψ ∈ Lp e

‖φ ∗ ψ‖p ≤ ‖φ‖1‖ψ‖p

Sia φ ∈ Lp e ψ ∈ Lp′ (con p e p′ esponenti coniugati), allora φ ∗ψ ∈ C(G) e

‖φ ∗ ψ‖∞ ≤ ‖φ‖p‖ψ‖p′

Inoltre se φ, ψ ∈ L1

∀g ∈ G, λg(φ ∗ ψ) = (λgφ) ∗ ψ, ρg(φ ∗ ψ) = φ ∗ (ρgψ)

supp(φ ∗ ψ) ⊂ suppφ · suppψ

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La proposizione ci dice che ogni funzione f ∈ L1 induce un operatorecontinuo da Lp in sé e che quindi in L1 il prodotto di convoluzione è continuo.D'altra parte, se f ∈ Lp(G), abbiamo ‖f‖1 ≤ ‖f‖p. Perciò il prodotto diconvoluzione risulta essere continuo anche tra funzioni in Lp(G). Deniamoora un'involuzione isometrica su ogni Lp. Se f ∈ Lp pongo

f∗(g) = f(g−1)

f si dice simmetrica se f∗ = f .Ogni Lp(G) dotato di questa involuzione e dellla convoluzione è una *-algebradi Banach. L'algebra è commutativa se e solo se il gruppo è commutativo.In ogni caso il centro dell'algebra è formato dalle funzioni f tali che

∀h ∈ G, ρhλhf = f

Riformuliamo questa condizione in due modi più espliciti:

1. ∀h ∈ G, ∀g ∈ G, f(g) = f(h−1gh)

2. ∀h ∈ G, ∀g ∈ G, f(hg) = f(gh)

Una funzione di questo tipo viene detta centrale.In genere Lp(G) non possiede un'identità a meno che il gruppo non abbia latopologia discreta. Per algebre di Banach senza identità ci si limita a cercarequalcosa di più debole.

Denizione 1.3.1. Sia A un'algebra di Banach senza identità. Una suc-cessione (xn) di elementi in A si dice identità approssimata se, ∀ z ∈ A, lesuccessioni (xnz) e (zxn) convergono a z.

Diamo ora una condizione suciente anché una successione di funzioniin L1 sia un'identità approssimata di L1.

Proposizione 1.3.3. Sia (φn) una successione di funzioni in L1(G) tale

che:

1. ∀ U intorno di e,∫Uc |φn|dµ

n→∞−→ 0

2. ∀n ∈ N, ‖φn‖1 ≤ C

3. ∀n ∈ N,∫φndµ = 1

Allora (φn) è un'identità approssimata.

Dimostrazione.

φn∗f−f =∫φn(h)λhf dµ(h)−

∫φn(h)f dµ(h) =

∫φn(h) (λhf − f) dµ(h)

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Page 12: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

‖φn ∗ f − f‖1 ≤∫|φn(h)|‖λhf − f‖1dµ(h)

≤ C · suph∈U‖λhf − f‖1 + 2‖f‖1

∫Uc|φn| dµ

Per la continuità delle traslazioni in L1 scegliamo U come un intorno di e inmodo che il primo addendo sia piccolo a piacere. A questo punto la conclu-sione segue sfruttando la proprietà 2 di cui gode (φn).Un ragionamento analogo porta alla tesi riguardo alla moltiplicazione adestra.

Osservazione. , Se (φn) è una successione in L1 che soddisfa le tre proprietàcitate, adattando la dimostrazione precedente si ha che, se f appartiene aLp(G), abbiamo la convergenza di φn ∗ f e f ∗ φn a f in norma p, se fappartiene a C(G) le stesse due successioni convergono a f in norma innito.Quindi, a patto di scegliere la successione formata da funzioni Lp otteniamoidentità approssimate in ogni Lp(G).

Per avere una identità approssimata basta quindi prendere le funzionicaratteristiche normalizzate di un sistema fondamentale di intorni di e cheformi una catena discendente al crescere di n. Tuttavia sarà spesso utileavere a disposizione funzioni che abbiano maggiore regolarità. Vediamo unesempio.

Proposizione 1.3.4. Se G è un gruppo di Lie, allora possiede un'identità

approssimata fatta da funzioni C∞.

Dimostrazione. Sia ψ una carta locale da W , intorno di e, ad un aperto Udi RN , tale che ψ(e) = 0. Prendiamo poi una successione γn di funzionipositive in C∞(U) con supporti compatti Kn. Scegliamo inoltre i supportiin modo che comunque prenda un intorno di 0 questi siano denitivamentecontenuti in esso.Deniamo le funzioni γ′n su G in questo modo

γ′n(g) =ψ γn(g) se g ∈W

0 se g /∈W

Se riscaliamo le γ′n in modo che abbiano norma L1 unitaria, otteniamoun'identità approssimata costituita da funzioni C∞.

Chiudiamo questo capitolo dando una caratterizzazione degli ideali chiusidi Lp(G).

Proposizione 1.3.5. Sia J un sottospazio chiuso di Lp(G). J è un ideale

sinistro (destro) se solo se è invariante per traslazioni sinistre (destre).

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Dimostrazione. Supponiamo J un ideale sinistro chiuso. Prendiamo (φn)un'identità approssimata di Lp(G). Sia f ∈ J e vogliamo dimostrare cheλgf ∈ J .Per ipotesi le seguenti funzioni si trovano in J :

ψn = (λgφn) ∗ f = λg (φn ∗ f)

Dato che λg è un operatore continuo e (φn) un'identità approssimata, semandiamo n all'innito troviamo ψn → λgf .Poichè J è chiuso abbiamo λgf ∈ J .Viceversa, sia f ∈ J e φ ∈ Lp. Ricordando il modo di denire la convoluzionetramite un integrale di Bochner abbiamo

φ ∗ f =∫GJ(h) dµ(h)

Per ipotesi l'immagine della funzione J è tutta contenuta nello spazio diBanach J e dunque anche il suo integrale.

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Page 14: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Capitolo 2

Spazi omogenei

2.1 Denizioni ed esempi

Denizione 2.1.1. Sia G un gruppo topologico e M uno spazio topologicodi Hausdor. Diciamo che M è uno spazio omogeneo di G se esiste unamappa continua Φ da G×M in M con le seguenti proprietà:

• Φ(g,Φ(h, x)) = Φ(gh, x)

• l'azione è transitiva, ovvero dati x, y ∈ M esiste g ∈ G tale che y =Φ(g, x)

Osservazione. • Se x ∈M e g ∈ G, indichiamo Φ(g, x) semplicementecon gx.

• Fissato g ∈ G la mappa da M in sè x 7→ gx è un omeomorsmo.

• Se G è compatto, allora M è compatto perché, ssato x0 in M , èl'immagine di G tramite la funzione continua g 7→ gx0.

Esempio 2.1.1. 1. Sia G un gruppo topologico e K un suo sottogruppochiuso. Allora lo spazio topologico quoziente G/K delle classi lateralisinistre è di Hausdor e G agisce in modo continuo e transitivo su diesso. Dunque G/K è uno spazio omogeneo.

2. Sia Sn con n ≥ 1 la sfera nello spazio euclideo n + 1 dimensionale.Allora il gruppo SO(n+1) agisce in modo transitivo su Sn e si vericache la sfera è uno spazio omogeneo del gruppo speciale ortogonale.

Fissato il gruppo G deniamo una classe di morsmi tra i suoi spaziomogenei.

Denizione 2.1.2. SiamoM edN due spazi omogenei. f si denisce mappaG-invariante tra M e N se è continua e per ogni g ∈ G e x ∈M si ha

f(gx) = gf(x)

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M ed N si dicono equivalenti se f è anche un omeomorsmo.

Alla luce di quest'ultima denizione vediamo come, a meno di equivalen-za, il primo esempio esaurisca tutti gli spazi omogenei per un dato gruppoche sia compatto.Fissiamo x0 ∈M e consideriamo la funzione

F : G → Mg 7→ gx0

Questa funzione è surgettiva e continua perché M è uno spazio omogeneo.Inoltre poiché G è compatto e M è di Hausdor F è chiusa.Sia K lo stabilizzatore di x0. Allora K è chiuso e F è costante sulle sueclassi laterali. F passa al quoziente ad una f da G/K a M . Dato che F ècontinua e chiusa, f risulta essere un omeomorsmo.Inne f è una mappa G-invariante e perciò G/K e M sono spazi omogeneiequivalenti.

Esempio 2.1.2. Fissiamo il punto p di coordinate (0, . . . , 1) su Sn. Allora:

Stab(p) ' SO(n) ⇒ Sn ' SO(n+ 1)/SO(n)

Dunque d'ora in avanti gli spazi omogenei che considereremo sarannoquelli formati da classi laterali di sottogruppi chiusi, e perciò compatti.Introduciamo allora, se K è un sottogruppo chiuso di G, i sottospazi dellefunzioni che sono costanti sulle sue classi laterali che chiameremo C(G;K) eLp(G;K). Tali sottospazi sono chiusi, infatti, ad esempio

C(G;K) =⋂k∈Kf ∈ C(G)| ρkf = f

2.2 Misure G-invarianti

In modo analogo a quanto fatto per la misura di Haar cerchiamo unamisura sugli spazi omogenei che abbia buone proprietà per l'azione di G.

Denizione 2.2.1. Sia M uno spazio omogeneo di G e sia η una misurapositiva non banale su B(M). Diciamo che η è una misura G-invariante se:

• è nita

• è regolare (dall'esterno e dall'interno)

• ∀g ∈ G, ∀E ∈ B(M), η(E) = η(gE)

Vale il seguente risultato.

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Page 16: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Teorema 2.2.1. Sia G un gruppo compatto e sia M = G/K uno spazio

omogeneo di G. Esiste ed è unica a meno di costanti una misura G-invariantesu M .

Siano inoltre µ e ν le misure di Haar di G e K rispettivamente ed η una

misura G-invariante tale che η(M) = 1. Se q : G → G/K è la proiezione,

allora η = q(µ) e se φ ∈ C(G)∫Gφ dµ =

∫Mf dη con f(gK) =

∫Kφ(gk)dν(k)

Dimostrazione. Consideriamo le due mappe lineari seguenti.

P : C(G) → C(M)f(x) 7→ Pf(gK) =

∫K f(gk)dν(k)

Q : C(M) → C(G;K)f 7→ f q

Q è un isomorsmo tra i due spazi con inversa la restrizione di P a C(G;K).QP rappresenta la proiezione di C(G) su C(G;K).SiaΛ il funzionale positivo denito su C(M) tale che

Λf =∫GQf dµ

Λ è invariante per l'azione di G. Poniamo fg(x) = f(gx). Si ha

Λfg =∫

(fg q)(h) dµ(h) =∫Qf(gh) dµ(h) =

∫Qf(h) dµ(h) = Λf

Utilizzando il teorema di Riesz-Markov troviamo una misura η regolare suB(M) che induce Λ, invariante e tale che η(M) = Λ1M = µ(G) = 1.Inne ∫

Mf dη =

∫GQf dµ =

∫Gf q dµ ⇒ η = q(µ)

Dimostriamo ora l'unicità. Sia η′ un'altra misura G-invariante. Consideri-amo il funzionale positivo Γ denito su C(G):

Γf =∫MPf dη′

Questo funzionale è invariante per traslazioni sinistre:

Pλgf(hK) =∫Kf(g−1hk) dν(k) = Pf(g−1hK)

Γλgf =∫MPf(g−1hK) dη′(hK) =

∫MPf(hK) dη′(hK) = Γf

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Page 17: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Per il teorema di Riesz-Markov esiste una misura µ′ invariante a sinistra suB(G) che induce Γ. Grazie al Teorema 1.2.1 µ′ è una misura di Haar per Ge µ′ = cµ, c > 0.Siano f ∈ C(M) e φ ∈ C(G;K) tali che Pφ = f e Qf = φ.∫

Mf dη′ =

∫MPφ dη′ =Γφ =

∫Gφ d(cµ) = c

∫GQf dµ = c

∫Mf dη

Dunque η′ = cη.L'ultima parte dell'enunciato segue considerando il funzionale su C(G) as-sociato a η.

Esempio 2.2.1. Nonostante il modo astratto con cui abbiamo costruito lemisure G-invarianti, spesso se ne può dare una descrizione più concreta enaturale.Nel caso di Sn una misura SO(n + 1)-invariante è data dalla misura diHausdor n-dimensionale che lo spazio ambiente Rn+1 induce sulla sfera. SeE ∈ B(Sn) ed l è la misura di Lebesgue di Rn+1 denisco

m(E) = limr→0

1rlsω| ω ∈ E, 1 ≤ s ≤ 1 + r

Concludiamo il capitolo dimostrando che l'isomorsmo Q tra gli spaziC(M) e C(G;K) si può estendere anche ai relativi spazi Lp.

Proposizione 2.2.2. Se f è un rappresentante di una classe di equivalenza

in Lp(M) allora f q identica una classe in Lp(G;K) che dipende solo dallaclasse di f . La funzione

Q : Lp(M) → Lp(G;K)f 7→ f q

così denita è un'isometria surgettiva tra i due spazi.

Dimostrazione. Per mostrare che la classe di f q dipende solo dalla classedi f ci basta dire che, se f = 0 η-quasi ovunque, allora f q = 0 µ-quasiovunque. Infatti

µf q = 0 = µ(q−1(f = 0)) = ηf = 0 = 1

Poiché η = q(µ) allora∫M|f |pdη =

∫G|f |p q dµ =

∫G|Qf |pdµ ⇒ Qf ∈ Lp(G;K)

Quindi Q è un isometria tra gli spazi Lp(M) e Lp(G;K).Q è surgettiva perchè se φ ∈ Lp(G;K) possiamo denire su M la funzionemisurabile Φ, tale che Φ(gK) = φ(g).Φ q = φ e analogamente a prima, per le proprietà della misura immagine,Φ ∈ Lp(M), che implica QΦ = φ.

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Page 18: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Capitolo 3

Teoria delle rappresentazioni:

il contesto generale

Per continuare nello studio degli spazi funzionali del gruppo G e dei suoispazi omogenei, abbiamo ora bisogno di porre in evidenza una particolareclasse di funzioni legate alle rappresentazioni regolari di G su spazi di Hilbert.Prima di passare all'analisi vera e propria di C(G) e Lp(G) ci occorrono quin-di alcuni risultati di teoria delle rappresentazioni.In questo capitolo ci occuperemo in generale di gruppi topologici di Haus-dor, mentre nel prossimo metteremo in luce le proprietà più speciche dicui godono i gruppi compatti.

3.1 Denizioni ed esempi

Denizione 3.1.1. Sia G un gruppo topologico e H uno spazio di Hilbert.Un omomorsmo π : G→ U(H) tale che, ssato u ∈ H, la mappa

γu : G → Hg 7→ π(g)u

sia continua, si dice rappresentazione di G su H.π si dice nita se dimH <∞.

Esempio 3.1.1. 1. Le azioni λ e ρ di G su L2(G) descritte nel paragrafo1.3 sono rappresentazioni di G e vengono chiamate rappresentazione

regolare sinistra e rappresentazione regolare destra.

2. Se M è uno spazio omogeneo di G allora

τ : G → U(L2(M))g 7→ τg

tale cheτg(f)(x) = f(g−1x)

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Page 19: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

è una rappresentazione di G.

Denizione 3.1.2. Sia π una rappresentazione di G su H e sia V 6= 0 unsottospazio chiuso di H.Diciamo che V è invariante per π se ∀g ∈ G, π(g)V ⊆ V .In questo caso π induce una rappresentazione di G su V , che chiameremosottorappresentazione di π e indicheremo con πV .

Esempio 3.1.2. SeK è un sottogruppo chiuso diG allora L2(G;K) è un sot-tospazio chiuso di L2(G) invariante per λ e possiamo considerare la relativasottorappresentazione.

Osservazione. Se V ⊂ H è un sottospazio proprio invariante per π, lostesso vale per V ⊥. Infatti se v ∈ V ⊥, allora ∀g ∈ G e ∀u ∈ V

〈π(g)v, u〉 = 〈v, π(g)∗u〉 = 〈v, π(g−1)u〉 = 0

Denizione 3.1.3. Sia π una rappresentazione di G su H. Se H nonpossiede sottospazi propri invarianti, π si dice irriducibile. Al contrario,siano Hii∈I sottospazi propri invarianti ortogonali a due a due tali che

Hi =⊕i∈I

Hi

Posto πi = πHi diciamo che π è la somma diretta delle πi e scriviamo

π =⊕i∈I

πi

Inne chiameremo sottospazio irriducibile un sottospazio V di H invariantee tale che πV sia irriducibile.

Introduciamo inne i morsmi tra rappresentazioni.

Denizione 3.1.4. Siano π1 e π2 rappresentazioni di G su H1 e H2 rispet-tivamente. Indichiamo con I(π1, π2) gli operatori di intrallacciamento tra π1

e π2, ovvero l'insieme degli operatori T da H1 ad H2 tali che

∀g ∈ G, Tπ1(g) = π2(g)T

π1 e π2 si dicono equivalenti se I(π1, π2) contiene operatori unitari.

Per semplicità se π1 = π2 = π chiameremo gli operatori appena denitiil centralizzante di π e li indicheremo con I(π) al posto di I(π, π).

Osservazione. Se T ∈ I(π1, π2) allora T ∗, l'aggiunto di T , appartiene aI(π2, π1):

π1(g)T ∗ = π1(g−1)∗T ∗ =(Tπ1(g−1)

)∗ =(π2(g−1)T

)∗ = T ∗π2(g)

Esempio 3.1.3. Sia M = G/K uno spazio omogeneo di G. Allora, in virtùdella Proposizione 2.2.2, le rappresentazioni di G su L2(M) e L2(G;K) sonoequivalenti tramite Q.

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Page 20: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

3.2 Operazioni sulle rappresentazioni

Vediamo ora come possiamo da una o più rappresentazioni ottenerne dinuove.

La rappresentazione controgradiente

Consideriamo la mappa da uno spazio di Hilbert H nel suo duale H ′

θ : H → H ′

u 7→ θ(u)

tale che θ(u)v = 〈v, u〉. θ è antilineare e conserva la norma. Inoltre ilprodotto scalare (·, ·) su H ′ è tale che (θ(u), θ(v)) = 〈v, u〉.Se T è un operatore in H allora indichiamo con T ∗ e T ′ l'aggiunto e iltrasposto di T . Si ha

T ′θ(u) = θ(T ∗u)

Sia ora π una rappresentazione di G su H. Possiamo denire una rappre-sentazione π su H ′:

π(g) = (π(g)∗)′,

π(g) è unitaria:

‖π(g)θ(u)‖ = ‖θ(π(g)u)‖ = ‖π(g)u‖ = ‖u‖ = ‖θ(u)‖

Verichiamo la continuità:

‖π(g)θ(u)− θ(u)‖ = ‖θ(π(g)u)− θ(u)‖ = ‖π(g)u− u‖

e quindi tende a zero quando g tende ad e.π si dice rappresentazione controgradiente di π.

Il prodotto tensore di rappresentazioni

Siano H1 e H2 due spazi di Hilbert di dimensione nita con prodottiscalari 〈·, ·〉1 e 〈·, ·〉2 e ssiamo due basi ortonormali ui e vj su questispazi.Consideriamo il prodotto tensoreH1⊗H2 diH1 eH2 come C-spazi vettoriali.Mettiamo su H1 ⊗H2 l'unico prodotto scalare tale che

(ui ⊗ vj , uk ⊗ vl) = δikδjl

Per tale prodotto scalare si ha

(u⊗ v, u′ ⊗ v′) = 〈u, u′〉1〈v, v′〉2

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Page 21: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Siano ora π1 e π2 due rappresentazioni di G su H1 e H2.Per ogni g elemento di G poniamo

(π1 ⊗ π2)(g) = π1(g)⊗ π2(g)

Gli operatori così deniti sono unitari perché mandano la base ortonormaleui ⊗ vj in una base ortonormale.Inoltre (π1 ⊗ π2)(g)(u ⊗ v) è continua in g perché composizione delle dueseguenti funzioni continue:

γu,v : G → H1 ×H2

g 7→ (π1(g)u, π2(g)v)

⊗ : H1 ×H2 → H1 ⊗H2

(π1(g)u, π2(g)v) 7→ (π1(g)u⊗ π2(g)v)

π1 ⊗ π2 si dice prodotto tensore delle rappresentazioni π1 e π2.

3.3 Rappresentazioni irriducibili

Occupiamoci ora più da vicino delle rappresentazioni irriducibili.

Denizione 3.3.1. Sia G un gruppo topologico. L'insieme G delle classi diequivalenza delle rappresentazioni irriducibili è detto oggetto duale del gruppoG.Se π1 e π2 appartengono alla stessa classe scriviamo π1 ∼ π2.

Prima di vedere qualche risultato premettiamo una caratterizzazione deisottospazi invarianti.

Proposizione 3.3.1. Sia π una rappresentazione di G su H e sia V 6= 0 un

sottospazio chiuso.

V è invariante se e solo se l'operatore di proiezione PV sul sottospazio

appartiene a I(π).

Dimostrazione. Se V è invariante così è anche V ⊥. Prendiamo z ∈ H, alloraesistono u ∈ V e v ∈ V ⊥ tali che z = u+ v.

π(g)PV z = π(g)PV (u+ v) = π(g)u = PV π(g)u+ PV π(g)v = PV π(g)z

Viceversa se PV ∈ I(π), u ∈ V

PV π(g)u = π(g)PV u = π(g)u ⇒ π(g)u ∈ V

Teorema 3.3.2 (Lemma di Schur). Sia π una rappresentazione di G su H.

π è irriducibile se e solo se I(π) = αI| α ∈ C.

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Page 22: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Dimostrazione. Se π è riducibile allora esiste V sottospazio proprio invari-ante. PV non è un multiplo dell'identità e per la proposizione precedenteappartiene a I(π).D'altra parte se I(π) 6= αI| α ∈ C esiste un operatore A autoaggiuntoche non è un multiplo dell'identità in I(π). Allora anche una sua proiezionespettrale non banale P appartiene a I(π) (si veda Rudin (1973)).P (H) è un sottospazio proprio invariante.

Corollario 3.3.3. Sia G un gruppo topologico abeliano. Le rappresentazioni

irriducibili di G hanno dimensione 1.

Dimostrazione. Se π è irriducibile π(G) ⊆ αI| α ∈ C. Ciò vuol dire cheogni sottospazio di dimensione 1 è invariante e quindi lo spazio di Hilbert sucui G agisce è isomorfo a C.

Corollario 3.3.4. Siano π1 e π2 rappresentazioni irriducibili di G.π1 ∼ π2 se e solo se I(π1, π2) 6= 0

Dimostrazione. Sia T 6= 0, T ∈ I(π1, π2). Allora T ∗T ∈ I(π1) e quindi peril Lemma di Schur T ∗T = cI. Se Tu 6= 0 allora

0 6= 〈Tu, Tu〉2 = 〈T ∗Tu, u〉1 = c‖u‖2

Perciò c > 0 e U = 1√cT è un operatore unitario in I(π1, π2).

Chiudiamo il capitolo con un risultato importante che ci tornerà utile inseguito. Se ne può trovare la dimostrazione in Folland (1995).

Teorema 3.3.5 (Gelfand-Raikov). Se G è un gruppo localmente compatto

le rappresentazioni irriducibili separano i punti di G.Ciò vuol dire che, se g e h sono punti distinti di G, esiste una rappresen-

tazione irriducibile π tale che π(g) 6= π(h).

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Page 23: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Capitolo 4

Teoria delle rappresentazioni:

il caso compatto

4.1 Le rappresentazioni irriducibili di un gruppo

compatto

La chiave per ottenere i prossimi risultati risiede nei due seguenti fatti.

Lemma 4.1.1. Siano π1 e π2 rappresentazioni di un gruppo compatto G su

H1 e H2. Consideriamo un operatore T : H1 → H2. Se u ∈ H1 poniamo

T u =∫Gπ2(g)∗Tπ1(g)u dµ(g)

T è un operatore lineare ben denito da H1 a H2 e appartiene a I(π1, π2).Inoltre T è compatto se lo è T e, se π1 = π2, allora T autoaggiunto implica

T autoaggiunto.

Dimostrazione. ∀u ∈ H1 l'applicazione g 7→ π2(g)∗Tπ1(g)u è continua edunque integrabile secondo Bochner. Perciò T è una funzione ben denitae, per la linearità dell'integrale, è lineare. Vediamo che è anche limitata:

‖T u‖ ≤∫G‖π2(g)∗Tπ1(g)u‖dµ(g)

≤∫G‖Tπ1(g)u‖dµ(g)

≤ ‖T‖∫G‖π1(g)u‖dµ(g)

= ‖T‖‖u‖

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Page 24: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Mostriamo che T ∈ I(π1, π2):

π2(h)T u =∫Gπ2(h)π2(g)∗Tπ1(g)u dµ(g)

=∫Gπ2(hg−1)Tπ1(g)u dµ(g)

=∫Gπ2(g′)∗Tπ1(g′h)u dµ(g′)

= T π1(h)u

dove nel terzo passaggio abbiamo fatto il cambio di variabili hg−1 = g′−1.Supponiamo ora T compatto. Per vedere che anche T è compatto bastamostrare che, data (un) in H1 che tende a u nella topologia debole, alloraT un tende a T u nella topologia forte di H2.Fissato g ∈ G, per n→∞, abbiamo

π2(g)∗Tπ1(g)un → π2(g)∗Tπ1(g)u

per il fatto che T compatto implica π2(g)∗Tπ1(g) compatto.Inoltre la successione di funzioni continue (Fn)

Fn : G → H2

g 7→ π2(g)∗Tπ1(g)un

è dominata da C = ‖T‖ · supn ‖un‖. C è una costante nita perché unasuccessione che converge debolmente è limitata. Applicando il Teorema di

Convergenza Dominata a (Fn) otteniamo T un → T u.Inne se π1 = π2 = π e T è autoaggiunto:

〈T u, v〉 =∫〈π(g)∗Tπ(g)u, v〉dµ(g) =

∫〈u, π(g)∗Tπ(g)v〉dµ(g) = 〈u, T v〉

dove i passaggi sono giusticati dal fatto che π(g)∗Tπ(g) è autoaggiunto e leapplicazioni lineari e antilineari continue commutano con l'integrale.

Lemma 4.1.2. Sia π una rappresentazione di un gruppo compatto G su uno

spazio di Hilbert H. Allora H possiede un sottospazio invariante nito.

Dimostrazione. Fissiamo v ∈ H di norma 1 e consideriamo l'operatore

T : H → Hu 7→ 〈u, v〉v

T è autoaggiunto e compatto. Dunque anche T costruito come nel lemmaprecedente ha queste proprietà.

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Page 25: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Facciamo vedere che T 6= 0. Per continuità esiste U intorno di e in G su cui|〈π(g)v, v〉|2 > 1

2 .

〈T v, T v〉 =∫〈π(g)∗Tπ(g)v, π(g)∗Tπ(g)v〉dµ(g)

=∫〈Tπ(g)v, Tπ(g)v〉dµ(g)

=∫‖〈π(g)v, v〉v‖2dµ(g)

=∫|〈π(g)v, v〉|2dµ(g) > 0

Il teorema spettrale per operatori compatti (vedi Rudin (1973)) ci assicuraallora che esiste una proiezione spettrale P , relativa ad un autovalore diversoda zero, che appartiene a I(π). Per compattezza P (H) ha dimensione nitae, per la Proposizione 3.3.1, è invariante per π.

Passiamo ora dimostrare facilmente la proposizione più importante delcapitolo che caratterizza le rappresentazioni irriducibili.

Proposizione 4.1.3. Sia G un gruppo compatto e π una sua rappresen-

tazione irriducibile su H. Allora π è nita.

Chiamiamo dπ = dimH.

Dimostrazione. Poiché H possiede un sottospazio invariante di dimensionenita e π è irriducibile, tale sottospazio deve coincidere con H. Ne segue chedimH <∞.

4.2 Decomposizione di rappresentazioni

Facciamo ora vedere come ogni rappresentazione sia costruita a partireda rappresentazioni irriducibili.

Proposizione 4.2.1. Sia π una rappresentazione di un gruppo compatto G.Allora π è somma diretta di irriducibili.

Dimostrazione. Consideriamo l'insieme Σ formato dagli insiemi Hii∈I disottospazi di H aventi le seguenti proprietà:

• gli Hi sono a due a due ortogonali

• ogni Hi è invariante

• πHi è irriducibile

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Page 26: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Mettiamo su Σ una relazione di ordine parziale :

A B ⇐⇒ (V ∈ A⇒ V ∈ B)

Σ è chiaramente induttivo e inoltre è non vuoto.Infatti per il Lemma 4.1.2 esiste un sottospazio nito invariante e al suointerno possiamo trovare un sottospazio irriducibile. Applicando il Lemma

di Zorn troviamo un elemento massimale Hii∈I . Sia V =⊕

i∈I Hi.Se fosse V 6= H allora V ⊥ sarebbe invariante. Ancora sfruttando il Lemma

4.1.2 potremmo trovare al suo interno un sottospazio V ′ irriducibile. Maallora

Hii∈I ≺ Hii∈I⋃V ′

Data una rappresentazione π individuiamo una decomposizione canonica.

Denizione 4.2.1. Sia π una rappresentazione di un gruppo compatto Gsu H. Fissata [σ] ∈ G consideriamo l'insieme degli Hi, con i ∈ I, formatodai sottospazi invarianti di H tali che Hπ

i ∼ σ. Poniamo

Mσ = Spani∈IHi

Proposizione 4.2.2. Sia π una rappresentazione di un gruppo compatto Gsu H. Se [σ1], [σ2] ∈ G sono distinte alloraMσ1 ⊥Mσ2.

Inoltre se V ⊆Mσ1 è un sottospazio irriducibile allora πV ∼ σ1.

Dimostrazione. Per i = 1, 2 sia Vi uno dei sottospazi che generano Mσi

secondo la Denizione 4.2.1. Per semplicità chiamiamo σi la restrizione diπ a Vi. Sia P l'operatore di proiezione su V2. Sappiamo che P ∈ I(π). Daquesto segue che Q = P|V1

∈ I(σ1, σ2). Infatti se u ∈ V1:

σ2(g)Qu = σ2(g)Pu = π(g)Pu = Pπ(g)u = Pσ1(g)u = Qσ1(g)u

Per il Corollario 3.3.4, Q = 0 e quindi, per l'arbitrarietà di V1 e V2, abbiamoMσ1 ⊥Mσ2 .Sia V1 come nella prima parte della dimostrazione e tale che V non siaortogonale a V1. Consideriamo P l'operatore di proiezione su V1 e Q = P|V .Analogamente a prima troviamo che Q ∈ I(V π, σ1).Q 6= 0 e il Corollario 3.3.4 implicano πV ∼ σ1.

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Page 27: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Capitolo 5

La decomposizione canonica di

L2(G)

Iniziamo lo studio di L2(G). Il primo passo sarà quello di concentrarcisui sottospazi invarianti delle rappresentazioni λ e ρ di G su L2(G).

5.1 Gli elementi di matrice

Denizione 5.1.1. Sia π una rappresentazione irriducibile di G su H. Alvariare di u e v in H chiamiamo elementi di matrice le funzioni continue suG del tipo

φu,v(g) = 〈π(g)v, u〉

Indichiamo l'insieme degli elementi di matrice relativi a π conMπ e lo spaziovettoriale generato da Mπ al variare di π tra le rappresentazioni irriducibilicon E .

Vediamo le prime proprietà.

Proposizione 5.1.1. Valgono i seguenti fatti:

1. Mπ dipende solo dalla classe di equivalenza di π in G

2. Mπ è invariante per λ e ρ(ovvero è un ideale sia destro che sinistro in L2(G))

3. se u, u′, v, v′ sono vettori in H allora∫Gφu,u′φv′,vdµ =

1dπ〈v, u〉〈u′, v′〉

4. se ui è una base ortonormale di H allora√

dπφui,ujsono una base

ortonormale di Mπ e dunque dimMπ = d2π

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Page 28: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Dimostrazione. 1. Supponiamo π1 ∼ π2 e siano H1 e H2 gli spazi sucui agiscono le due rappresentazioni. Esiste un operatore unitario inI(π1, π2). Chiamiamo U questo operatore. Dati u, v ∈ H2 allora

φu,v(g) = 〈π2(g)v, u〉2 = 〈π2(g)UU∗v, u〉2= 〈Uπ1(g)U∗v, u〉2= 〈π1(g)U∗v, U∗u〉1= φU∗u,U∗v

2. Riportiamo i passaggi solo per ρ:

ρhφu,v(g) = 〈π(gh)v, u〉 = 〈π(g)π(h)v, u〉 = φu,π(h)v(g)

3. Siano u, v vettori di H diversi da zero. Consideriamo l'operatore Auvsu H tale che

Auvx = 〈x, u〉v

Sia Auv come nel Lemma 4.1.1. Per il Lemma di Schur Auv = cuvI.

dπcuv = tr Auv = tr(∫

π(g)∗Auvπ(g)dµ(g))

=∫

tr [π(g)∗Auvπ(g)] dµ(g)

=∫

trAuvdµ(g) = trAuv

Calcoliamo la traccia di Auv rispetto ad una base ortonormale che hav‖v‖ come primo vettore.

trAuv = 〈Auvv

‖v‖,v

‖v‖〉 = 〈v, u〉

Quindi cuv = 1dπ〈v, u〉 e

cuv〈u′, v′〉 = 〈Auvu′, v′〉 =∫〈π(g)∗Auvπ(g)u′, v′〉dµ(g)

=∫〈Auvπ(g)u′, π(g)v′〉dµ(g)

=∫〈π(g)u′, u〉〈v, π(g)v′〉dµ(g)

=∫φu,u′(g)φv,v′(g)dµ(g)

4. Si vede facilmente che le funzioni menzionate generano e per il puntoprecedente hanno norma unitaria e sono ortogonali a due a due.

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Page 29: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Osservazione. Se ui è una base ortonormale di H allora per ogni g nelgruppo possiamo considerare la matrice Nπ(g) che rappresenta π(g) rispettoa questa base. Allora si ha

Nπ(g) =

φu1,u1(g) · · · φu1,un(g)...

. . ....

φun,u1(g) · · · φun,un(g)

Dunque φui,uj (g) è l'entrata di coordinate (i, j) della matriceNπ(g) e da qui ilnome di elementi di matrice per le funzioni φu,v(g). Quindi d'ora in avanti,per semplicità di scrittura, porremo πij(g) = φui,uj (g) quando lavoreremocon una base ortonormale ui su H.

Chiudiamo il paragrafo dando qualche informazione in più sugli elementidi matrice quando il gruppo che studiamo è di Lie.

Corollario 5.1.2. Se G è un gruppo di Lie compatto, allora E ⊆ C∞(G).

Dimostrazione. Sia φu,v ∈ Mπ e ψn un'identità approssimata formata dafunzioni C∞, la cui esistenza è garantita dalla Proposizione 1.3.4. Allora lasuccessione φu,v ∗ ψn è contenuta in Mπ per la Proposizione 1.3.5. Inoltretale successione tende a φu,v ed è formata da funzioni C∞.Questo vuol dire che gli elementi diMπ

⋂C∞(G) sono un sottospazio denso

di Mπ. Essendo Mπ di dimensione nita, abbiamo Mπ ⊆ C∞(G).

5.2 I sottospazi irriducibili

Ci occuperemo di descrivere i sottospazi irriducibili per λ e ρ. Per bre-vità svolgeremo solo le dimostrazioni riguardanti la rappresentazione regolaredestra.

Denizione 5.2.1. Se π è una rappresentazione su H e v ∈ H, poniamo

Mπv = φv,u| u ∈ H

vMπ = φu,v| u ∈ H

Proposizione 5.2.1. Valgono i seguenti fatti:

1. Mπv è invariante per ρ e vM

π è invariante per λ

2. se v, v′ ∈ H, allora

v ⊥ v′ ⇐⇒ [Mπv ⊥Mπ

v′ e vMπ ⊥ v′M

π]

3. ρ ristretta a Mπv è equivalente a π; λ ristretta a vM

π a π.

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Page 30: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

4. se [π], [π′] ∈ G, allora

[π] 6= [π′] ⇐⇒ Mπ ⊥Mπ′

Dimostrazione. 1. La tesi segue dal punto 2 della Proposizione 5.1.1.

2. Per il terzo punto della Proposizione 5.1.1 abbiamo che

〈v, v′〉 = 0 ⇐⇒[∀u, u′ ∈ H,

∫Gφv,uφv′,u′dµ = 0

]3. Senza perdere di generalità possiamo supporre v di norma unitaria.

Consideriamo allora la mappa lineare

U : H → Mπv

u 7→√dπφv,u

Dai punti 1 e 3 della Proposizione 5.1.1 segue che U è un operatoreunitario di intrallacciamento tra π e la restrizione di ρ a Mπ

v .Analogamente per λ consideriamo

U : H ′ → vMπ

θ(u) 7→√dπφu,v

4. Al variare di v ∈ H i sottospazi Mπv generano Mπ.

La tesi segue quindi dalla Proposizione 4.2.2.

5.3 Il teorema di Peter-Weyl

Siamo ora pronti per i due teoremi centrali della nostra esposizione.

Teorema 5.3.1. E è denso in C(G) e quindi in ogni spazio Lp.

Dimostrazione. Sfruttando il teorema di Stone-Weierstrass ci basta che E :

1. sia un'algebra autoaggiunta

2. non si annulli in nessun punto

3. separi i punti

Vediamo questi punti nell'ordine:

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Page 31: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

1. Siano π1 e π2 due rappresentazioni irriducibili su H1 e H2. Prendiamou, u′ ∈ H1 e v, v′ ∈ H2. Vogliamo vedere che il prodotto degli elementidi matrice relativi a (u, u′) e (v, v′) appartiene a E . Infatti

〈π1(g)⊗ π2(g)u⊗ v, u′ ⊗ v′〉 = 〈π1(g)u⊗ π2(g)v, u′ ⊗ v′〉= 〈π1(g)u, u′〉1〈π2(g)v, v′〉2

Sia π1 ⊗ π2 = ⊕iσi con σi irriducibili. Allora il prodotto dei dueelementi di matrice sta nello spazio vettoriale generato dagli Mσi .Mostriamo che f ∈ E ⇒ f ∈ E .π irriducibile implica π irriducibile. Se u, v ∈ H allora

〈π(g)v, u〉 = 〈θ(u), θ(π(g)v)〉 = 〈θ(u), π(g)θ(v)〉 = 〈π(g)θ(v), θ(u)〉

2. Prendiamo la rappresentazione su C che manda G nell'identità.

3. Per il Teorema di Gelfand-Raikov dati g e h punti distinti di G esisteuna rappresentazione irriducibile π tale che π(g) 6= π(h). Dunque idue operatori avranno un elemento di matrice distinto.

Teorema 5.3.2 (Peter-Weyl). Sia G un gruppo topologico compatto e sia Iun insieme di rappresentanti per le classi di G. Allora L2(G) è la somma

hilbertiana degli Mπ al variare di π in I.Dunque gli Mπ corrispondono ai sottospaziMπ della Denizione 4.2.1.

Dimostrazione. Il sottospazio ⊕π∈I

è chiuso in L2(G) e denso per il teorema precedente. Dunque

L2(G) =⊕π∈I

Inne se V è irriducibile e λV ∼ π, allora, per la Proposizione 4.2.2

π′ π ⇒ V ⊥Mπ′

QuindiMπ ⊆Mπ.

Osservazione. D'ora in avanti supporremo ssato una volta per tutte l'in-sieme I e se π ∈ I chiameremo Hπ lo spazio di Hilbert ad essa associato.Ricordiamo, inoltre, che se G ha una base numerabile allora L2(G) è unospazio separabile e dunque la cardinalità di G, e quindi di I, è al piùnumerabile.

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Page 32: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Diamo ora una descrizione degli operatori invarianti per traslazioni.

Corollario 5.3.3. Sia T ∈ I(ρ). Allora T manda ciascun Mπ in sé.

∀π ∈ I ssiamo una base ortonormale dello spazio di Hilbert relativo e sia

Nπ(g) la matrice di π(g) in questa base. Esiste Tπ ∈ MC(dπ) tale che il

prodotto tra matrici TπNπ(g) abbia Tπij nell'entrata di posto (i, j).

Inoltre ‖T|Mπ ‖ = ‖Tπ‖ e ‖T‖ = supπ∈I‖Tπ‖

(per le matrici consideriamo la norma del sup sulla palla unitaria). Vicev-

ersa se (Tπ)π∈I è una famiglia di matrici tale che supπ∈I ‖Tπ‖ < ∞ allora

possiamo denire un operatore T in I(ρ) tale che Tπij è l'entrata di posto

(i, j) della matrice TπNπ(g).

Dimostrazione. Fissiamo π e π′ rappresentazioni irriducibili e prendiamo VeW due sottospazi irriducibili diMπ eMπ′ . Sia P ′ l'operatore di proiezionesu W . P ′T|V appartiene a I(ρV , ρW ). Se π π′ allora T (V ) ⊥W . Quindi

T (Mπ) ⊆Mπ

Sia vi una base ortonormale di Hπ. Deniamo gli operatori

Aij : Mπvi → Mπ

vj

φvi,u 7→ φvj ,u

Aij è ben posto per il punto 3 della Proposizione 5.2.1 e commuta con leazioni in partenza e in arrivo. Sia Pj la proiezione suMπ

vj . Allora l'operatoreAjiPjT|Mπ

viè di intrallacciamento e dunque esiste nij tale che

AjiPjT|Mπvi

= nijIMvi

PjTπik = nijAijπik ⇒ Tπik =dπ∑j=1

nijπjk

La parte riguardo alle norme è una facile verica.Passiamo al viceversa. La condizione sulle norme ci permette di denire unoperatore T limitato su L2(G). Per concludere dimostriamo che l'azione diT su ogni Mπ commuta con le traslazioni destre.Ma una traslazione per h ∈ G agisce su Nπ(g) come la moltiplicazione adestra per la matriceNπ(h) dal momento cheNπ(gh) = Nπ(g)Nπ(h). QuindiT commuta con ρh perché il primo è rappresentato dalla moltiplicazione asinistra per una matrice e il secondo da una moltiplicazione a destra.

Osservazione. Il risultato per λ è analogo e coinvolge moltiplicazioni adestra per matrici.Diciamo brevemente come si compongono gli operatori visti nel corollario

31

Page 33: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

precedente tramite le matrici a loro associate. Se S, T ∈ I(ρ) hanno matriciAπ e Bπ rispettivamente allora ST avrà come matrice BπAπ.Al contrario se S, T ∈ I(λ) hanno matrici Aπ e Bπ allora ST avrà comematrice AπBπ.

Il risultato per sottospazi invarianti ora segue facilmente.

Corollario 5.3.4. Se V è un sottospazio invariante per ρ allora V è la

somma hilbertiana dei sottospazi V π = V⋂Mπ al variare di π in I, i quali,

dunque, rappresentano le proiezioni di V sui vari Mπ.

Dimostrazione.⊕

(V⋂Mπ) ⊆ V . Se il contenimento fosse proprio allora

scegliamo W sottospazio irriducibile nell'ortogonale di⊕

(V⋂Mπ) in V .

W sarebbe un sottospazio invariante per ρ e, se ρW ∼ π, allora W ⊆ Mπ.Assurdo.

5.4 La proiezione su Mπ: i caratteri χπ

Descriviamo ora Pπ, l'operatore di proiezione sul sottospazio Mπ.Sia

√dππij una base ortonormale per Mπ. Se f ∈ L2(G):

1dπPπf(h) =

∑i,j

〈f, πij〉πij(h) =∫f(g)

∑i,j

πij(g)πij(h)

dµ(g)

=∫f(g)

∑i,j

πji(g−1)πij(h)

dµ(g)

=∫f(g) tr

(π(g−1)π(h)

)dµ(g)

=∫f(g) trπ(g−1h)dµ(g) = (f ∗ trπ) (h)

Otteniamo la formulaPπf = dπf ∗ trπ

Denizione 5.4.1. Chiamiamo carattere di π, e lo indichiamo con χπ, lafunzione trπ. χπ ha norma unitaria in L2 e, per le proprietà della traccia,χπ è una funzione centrale.

Passiamo ora al seguente lemma riguardante le funzioni centrali.

Lemma 5.4.1. Se f ∈ L1 è una funzione centrale allora

dπf ∗ χπ =(∫

fχπdµ

)χπ

32

Page 34: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Dimostrazione. Consideriamo l'operatore

F =∫Gf(g)π(g−1)dµ(g)

Fπ(h) =∫Gf(g)π(g−1h)dµ(g) =

∫Gf(hg)π(g−1)dµ(g)

=∫Gf(gh)π(g−1)dµ(g)

=∫Gf(g)π(hg−1)dµ(g) = π(h)F

Per il Lemma di Schur, F = cI. Quindi:

dπf ∗ χπ(h) = dπ

∫Gf(g) tr

(π(g−1)π(h)

)dµ(g) = dπ tr (Fπ(h))

= (dπF )χπ(h) = (trF )χπ(h)

=(∫

Gf(g)χπ(g−1)dµ(g)

)χπ(h)

Abbiamo allora il seguente risultato.

Corollario 5.4.2. χπ è l'unica funzione centrale di Mπ a meno di multipli

scalari e valgono le seguenti regole di moltiplicazione:

χπ ∗ χπ′ = 1

dπχπ se π ∼ π′0 altrimenti

Dimostrazione. Se f ∈Mπ allora f = dπf ∗ χπ =(∫fχπdµ

)χπ.

Per la seconda asserzione basta osservare che

π π′ ⇐⇒∫Gχπχπ′ dµ = 0

Introduciamo ora una generalizzazione della trasformata di Fourier clas-sica, che si rivelerà uno strumento molto potente e ci permetterà,perciò, diandare più in profondità nello studio degli spazi di funzioni.

5.5 La trasformata di Fourier

Denizione 5.5.1. Sia f ∈ L1(G) e π ∈ I una rappresentazione irriducibile.Chiamiamo trasformata di Fourier di f in π l'operatore

f(π) =∫Gf(g)π(g)∗dµ(g)

33

Page 35: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Esempio 5.5.1. Troviamo χπ(π′).Poichè χπ è centrale, per quanto visto nel Lemma 5.4.1, χπ(π′) = cπ,π′I.Per trovare la costante prendiamo la traccia dell'operatore:

dπ′cπ,π′ =∫Gχπ(g) trπ′(g−1)dµ(g) =

∫Gχπ(g)χπ′(g)dµ(g) = δππ′

Inne χπ(π′) = 1dπδππ′I.

Evidenziamo alcune caratteristiche della trasformata.

Proposizione 5.5.1. Fissata π in I, l'applicazione che associa a f ∈ L1

l'operatore f(π) ha le seguenti proprietà:

1. è lineare

2. φ ∗ ψ(π) = ψ(π)φ(π)

3. f∗(π) = f(π)∗

4. ρhf(π) = π(h)f(π), λhf(π) = f(π)π(h−1)

5. ‖f(π)‖ ≤ ‖f‖1

6. f ∗ φu,v = φf∗(π)u,v

, φu,v ∗ f = φu,f(π)v

dove f, φ, ψ sono funzioni in L1(G).

Dimostrazione. 1, 3, 4, 5 sono delle facili veriche.Per il punto 2 utilizziamo il Teorema di Fubini-Tonelli :

φ ∗ ψ(π) =∫G

(∫Gφ(h)ψ(h−1g)dµ(h)

)π(g−1)dµ(g)

=∫G

∫Gφ(h)ψ(h−1g)π(g−1)dµ(g)dµ(h)

=∫Gφ(h)

(∫Gψ(h−1g)π(g−1)dµ(g)

)dµ(h)

=∫Gφ(h)

(∫Gψ(g)π(g−1h−1)dµ(g)

)dµ(h)

= ψ(π)φ(π)

Occupiamoci del punto 6:

f ∗ φu,v(h) =∫Gf(g)φu,v(g−1h)dµ(g) =

∫Gf(g)〈π(h)v, π(g)u〉dµ(g)

= 〈π(h)v, f∗(π)u〉

I calcoli del secondo caso sono analoghi.

34

Page 36: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Da queste semplici proprietà possiamo ricavare una descrizione completadei sottospazi irriducibili di Mπ.

Corollario 5.5.2. Sia V ⊆Mπ un sottospazio invariante per ρ. Esistono

ui ∈ Hπ, i = 1, . . . , k ≤ dπ

tra loro ortogonali e tali che

V =k⊕i=1

Mπui

Dimostrazione. Sia f una funzione in V diversa da zero. Allora

f = dπf ∗ χπ = dπ

dπ∑i=1

f ∗ πii

dunque esiste j tale che f∗πjj 6= 0. Poiché V è invariante, per la Proposizione1.3.5, f ∗ πjj ∈ V . Ma per il punto 5 della proposizione precedente esistonou, v ∈ Hπ tali che f ∗ πjj = φu,v. Quindi Mπ

u ⊆ V . La tesi segue oraapplicando induttivamente il precedente ragionamento all'ortogonale di Mπ

u

in V e utilizzando il punto 2 della Proposizione 5.2.1.

La trasformata può anche essere utilizzata per descrivere in modo alter-nativo la proiezione su Mπ:

Pπf(h) = dπf ∗ χπ(h) =∫Gf(g) trπ(g−1h)dµ(g)

= dπ tr(∫

Gf(g)π(g−1)π(h)dµ(g)

)= dπ tr

(f(π)π(h)

)Per nire questa sezione descriviamo gli operatori di convoluzione su L2.Sia π ∈ I e prendiamo una base ortonormale di Hπ. Sia

√dππij la base

corrispondente di Mπ formata dagli elementi di matrice. Si ha il seguenterisultato:

Proposizione 5.5.3. Sia f ∈ L1(G). Consideriamo la matrice associata a

f(π). Allora

f(π)ij =∫Gfπjidµ

L'operatore associato a f che manda φ ∈ L2 in f ∗ φ appartiene a I(ρ).La matrice relativa alla base scelta su Mπ è quella relativa a f(π) nella

corrispondente base di Hπ. Analogamente l'operatore che manda φ ∈ L2 in

φ ∗ f appartiene a I(λ). La matrice relativa alla base scelta su Mπ è quella

relativa a f(π) nella corrispondente base di Hπ.

35

Page 37: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Dimostrazione.

f(π)ij = 〈f(π)uj , ui〉 =∫Gf(g)〈π(g−1)uj , ui〉dµ(g) =

∫Gfπji dµ

Svolgiamo i calcoli per la sola rappresentazione destra.

f ∗ πij(h) = 〈π(h)uj , f∗(π)ui〉 = 〈π(h)uj , f(π)∗ui〉

=∑k

f(π)∗kiπkj

=∑k

f(π)ikπkj

Osservazione. Notiamo che la composizione di due applicazioni di con-voluzione, grazie alla proprietà 2 della trasformata, si comporta, a livellodi matrici, come avevamo descritto nell'osservazione successiva al Corollario5.3.3.

36

Page 38: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Capitolo 6

Sviluppi in serie di funzioni

6.1 La formula di inversione in L2(G)

La trasformata ci permette di associare ad una funzione in L1(G) uninsieme di operatori in spazi di Hilbert. Ci possiamo a questo punto porre ilproblema di come ricostruire la funzione a partire dalla sua trasformata edin generale di dare una descrizione delle famiglie di operatori che si possonoottenere trasformando funzioni in L1. Combinando il Corollario 5.3.3 e laProposizione 5.4.4 otteniamo la condizione necessaria:

supπ∈I‖f(π)‖ <∞

Vediamo però subito come questa richiesta sia ancora lontana dal descriveregli operatori che ci interessano.

Lemma 6.1.1 (Riemann-Lebesgue). Sia f ∈ L1. Allora ∀ε > 0 esistono

solo un numero nito di π ∈ I tali che ‖f(π)‖ > ε.

Dimostrazione. Se f ∈ Mπ allora, per la Proposizione 5.4.4, f(π′) = 0tranne al più per π′ equivalente a π.Quindi la tesi è vera per f ∈ E . Se f è generica trovo φ ∈ E tale che‖f − φ‖1 < ε. Allora

‖f(π)‖ ≤ ‖f(π)− φ(π)‖+ ‖φ(π)‖ ≤ ‖f − φ‖1 + ‖φ(π)‖

Purtroppo neanche questa condizione è suciente come si può già vederesu un gruppo classico come S1.Gli strumenti sviluppati n qui, però, ci consentono di dare la risposta inambiente L2.

37

Page 39: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Teorema 6.1.2 (d'inversione). Se f ∈ L2(G), allora

f(g) =∑π∈I

dπ tr(f(π)π(g)

)=∑π∈I

dπf ∗ χπ(g)

Se denotiamo con ‖ · ‖HS la norma di Hilbert-Schmidt di un operatore allora

‖f‖22 =∑π∈I

dπ‖f(π)‖2HS =∑π∈I

dπ tr(f(π)f(π)∗

)Viceversa, data una famiglia di operatori Tππ∈I , con Tπ ∈ L(Hπ), tale che∑

π∈Idπ‖Tπ‖2HS <∞

esiste f ∈ L2(G) tale che f(π) = Tπ ∀π ∈ I.

Dimostrazione. La prima parte è conseguenza della descrizione dell'opera-tore di proiezione che abbiamo dato nel capitolo precedente.Per ottenere la formula di Plancherel sulla norma L2, basta calcolare ‖Pπf‖22:

‖Pπf‖22 = dπ∑i,j

|〈f, πij〉|2 = dπ∑i,j

|f(π)ij |2 = dπ‖f(π)‖2HS

Viceversa siano (Tπ)ij le entrate della matrice che rappresenta Tπ nella baseortonormale di Hπ che abbiamo scelto. Poniamo:

f =∑π∈I

dπ∑i,j=1

dπ (Tπ)ji πij

f è ben denita in L2 perché

‖dπ∑i,j=1

dπ (Tπ)ji πij‖22 = dπ

dπ∑i,j=1

| (Tπ)ji |2 = dπ‖Tπ‖2HS

e la somma su π è nita per ipotesi.Inne, per la Proposizione 5.4.4,

f(π)ij =∫Gf(g)πji(g)dµ(g) = (Tπ)ij

Quindi, poiché le matrici relative a f(π) e Tπ sono uguali nella particolarebase scelta, anche i due operatori coincidono.

38

Page 40: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

6.2 Convergenza in Lp

Poiché gli operatori Pπ sono rappresentati dalla convoluzione per unafunzione continua, li possiamo estendere a tutti gli spazi Lp(G).Per la separabilità di L2(G) possiamo indicizzare gli elementi di I tramite inumeri naturali:

I = πkk∈N

Chiamiamo χk i relativi caratteri e denotiamo con Sk gli operatori di con-voluzione per le funzioni

σk =k∑j=0

djχj

Il primo punto del Teorema 6.1.2 si può allora riscrivere

f ∈ L2 ⇒ f = limk→∞

Skf

Cosa si può dire della successione (Skf)k quando f appartiene ad un genericospazio Lp(G)? È vero che (σk)k è una identità approssimata, non solo inL2(G), ma anche negli altri spazi funzionali?Cercheremo di dare qualche risposta a queste domande. Per cominciarepresentiamo una condizione necessaria e suciente per la convergenza in Lp

che si basa sugli operatori Sk. Nello spazio delle funzioni continue vale unrisultato analogo.

Proposizione 6.2.1. Per ogni funzione f in Lp la successione (Skf) con-

verge in Lp ad f se e solo se gli operatori Sk sono uniformemente limitati

da Lp(G) in sé.

Dimostrazione. Se (Skf) converge in Lp vuol dire in particolare che è limitatae quindi esiste Cf > 0 tale che

supk∈N‖Skf‖p = Cf

Per il Teorema di Banach-Steinhaus allora esiste C > 0 tale che

supk∈N‖Sk‖ = C

Vediamo il viceversa. Sappiamo già di avere la convergenza in norma p perogni funzione φ ∈ E . ∀ε > 0 sia φε un elemento di E tale che ‖φε − f‖p < εe sia C > 0 tale che

∀k ∈ N, ‖Sk‖p ≤ C

Allora

‖Skf − f‖p ≤ ‖Skf − Skφε‖p + ‖Skφε − φε‖p + ‖φε − f‖p≤ (C + 1)‖φε − f‖p + ‖Skφε − φε‖p

39

Page 41: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Prendendo il limite superiore su k ho

lim supk∈N

‖Skf − f‖p ≤ ε

per l'arbitrarietà di ε questo implica la tesi.

Vediamo che c'è un legame tra le norme degli operatori Sk e le funzioniσk. Osserviamo innanzitutto che, se f ∈ L1(G), l'operatore di convoluzioneper f , che chiamiamo Tf , ha norma esattamente uguale a ‖f‖1 su L1. Infattidalla Proposizione 1.3.2 abbiamo ‖Tf‖1 ≤ ‖f‖1. Prendiamo ora un'identitàapprossimata positiva (φk). Allora

‖f ∗ φk‖1 ≤ ‖Tf‖1‖φk‖1 = ‖Tf‖

Passando al limite abbiamo la disuguaglianza ‖f‖1 ≤ ‖Tf‖1.D'altra parte Tf ha norma uguale a ‖f‖1 anche in L∞. Infatti sia φ ∈ L∞la funzione così denita

φ(g) =f∗(g)/|f∗(g)| se f∗(g) 6= 00 se f∗(g) = 0

Allora f∗φ è una funzione continua e f∗φ(e) = ‖f‖1. Dunque ‖Tf‖∞ ≥ ‖f‖1.L'altra disuguaglianza segue ancora dalla Proposizione 1.3.2.Per il Teorema di Riesz-Thorin ciò implica che ∀p ∈ [1,∞] ‖Tf‖p ≤ ‖f‖1.Questo ci permette di arrivare a condizioni più maneggevoli.

Proposizione 6.2.2. Per ogni funzione f in Lp la successione (Skf) con-

verge in Lp ad f se e solo se le funzioni σk sono equilimitate in L1.

Dimostrazione. La sucienza è data dalla disuguaglianza ‖Skf‖p ≤ ‖σk‖1,che vale per p arbitrario. La necessità segue dal fatto che ‖Skf‖1 = ‖σk‖1.

Purtroppo le ipotesi di limitatezza non sono sempre vericate.Ad esempio, se prendiamo S1 ' R/Z, allora

σk(t) =k∑

m=−ke2πimt

e si trova la disuguaglianza

‖σk‖1 ≥ C log(k + 2)

Poiché in generale la serie delle f ∗djχj non converge, si cerca di applicare adessa dei metodi di sommazione. L'ecacia di un certo tipo di sommazionedipende fortemente dal gruppo G. I metodi più classici sono quelli di Cesàroe di Abel e vedremo nell'ultimo capitolo quali risultati danno, ad esempio

40

Page 42: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

sulle sfere.Per adesso ci accontentiamo di descrivere un approccio astratto che vale perogni gruppo e che ci darà, come corollario, l'iniettività della trasformata diFourier.Diamo prima una denizione ed un lemma.

Denizione 6.2.1. Sia G un gruppo topologico e V un suo sottoinsieme.V si dice simmetrico se x ∈ V ⇐⇒ x−1 ∈ V .V si dice centrale se ∀y ∈ G, x ∈ V ⇐⇒ yxy−1 ∈ V .

Lemma 6.2.3. Sia G un gruppo topologico. Allora esiste (Vn) un sistema

fondamentale di intorni di e costituito da insiemi simmetrici e centrali.

Dimostrazione. Sia (Wn) un sistema fondamentale di intorni di e. AlloraWn

⋂W−1n è un sistema fondamentale di intorni centrali.

Sfruttando quanto appena detto e la continuità della moltiplicazione, datoWn esiste W ′n intorno simmetrico di e tale che W ′n ·W ′n ·W ′n ⊂ Wn. Per lacompattezza di G esistono x1, . . . , xk tali che G =

⋃iW

′nxi.

Sia V ′n =⋂i x−1i W ′nxi. Dato z ∈ G, esiste xi tale che zx−1

i ∈W ′n.Se x ∈ V ′n si ha dunque zxz−1 ∈W ′n ·W ′n ·W ′n ⊂Wn. Prendiamo inne

Vn =⋃x∈G

xV ′nx−1

Siano ora φk le funzioni caratteristiche normalizzate del sistema di intornicentrali che abbiamo trovato e sia f in Lp(G). φk e f ∗ φk appartengonoentrambe ad L2(G) e quindi le successioni(

l∑i=0

dif ∗ φk ∗ χi

)l

,

l∑j=0

djφk ∗ χj

l

tendono in L2 a f ∗ φk e φk rispettivamente.Dunque il prodotto di convoluzione delle due successioni tende in normainnito a f ∗ φk ∗ φk. Esplicitando ho(

l∑i=0

dif ∗ φk ∗ χi

)∗

l∑j=0

djφk ∗ χj

=

l∑i,j=0

didjf ∗ φk ∗ φk ∗ χi ∗ χj

=l∑

i=0

dif ∗ φk ∗ φk ∗ χi

41

Page 43: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Chiamiamo ψk = φk ∗ φk. Allora (ψk)k è un'identità approssimata centralee per il Lemma 5.4.1

ψk ∗ χi =1di

(∫Gψkχidµ

)χi = akiχi

Quindif ∗ ψk =

∑i∈N

akidif ∗ χi

dove la convergenza della serie è uniforme. Passando al limite su k ho laconvergenza in norma p ad f .A questo metodo di sommazione è associata la matrice A che nel posto (k, i)ha l'elemento

aki =1di

(∫Gψkχidµ

)Corollario 6.2.4. Sia f ∈ L1(G). Se ∀π ∈ I, f(π) = 0, allora f = 0.

Dimostrazione.

f(π) = 0 ⇒ Pπf(g) = dπ tr(f(π)π(g)

)= 0

Quindi f ∗ ψk = 0, usando le notazioni precedenti, e dunque f = 0.

42

Page 44: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Capitolo 7

Il teorema di Peter-Weyl per

spazi omogenei

7.1 La decomposizione canonica

Come abbiamo fatto per l'analisi del gruppo, partiamo da L2(M).Sappiamo che questo spazio è isomorfo a L2(G;K) e che la rappresentazionedi G sul primo spazio è equivalente alla restrizione di λ al secondo.Poiché L2(G;K) è invariante a sinistra, sappiamo dal Corollario 5.3.4 che

L2(G;K) =⊕π∈I

(L2(G;K)

⋂Mπ

)Ci proponiamo di dare una descrizione esplicita di L2(G;K)

⋂Mπ.

Prima ci occorre una denizione.

Denizione 7.1.1. Sia π ∈ I. Indichiamo con HKπ il sottospazio dei vettori

K-invarianti, ovvero l'insieme degli u ∈ Hπ tali che

∀k ∈ K, π(k)u = u

Se HKπ 6= 0 chiamiamo π una rappresentazione di tipo 1 rispetto a K.

Deniamo mπ = dimHKπ e denotiamo con IK gli elementi di I di tipo 1

rispetto a K.

Si ha la seguente caratterizzazione.

Proposizione 7.1.1. Sia uii una base ortonormale di HKπ . Allora

L2(G;K)⋂Mπ =

mπ⊕i=1

uiMπ

Quindi L2(G;K)⋂Mπ 6= 0 se e solo se π è di tipo 1 rispetto a K.

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Page 45: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Dimostrazione. Prendiamo u ∈ HKπ e v ∈ Hπ. Mostriamo che φv,u è

invariante per K.φv,u(gk) = φv,π(k)u(g) = φv,u(g)

Vediamo il viceversa. Poiché L2(G;K)⋂Mπ è invariante a sinistra per G,

esso è la somma ortogonale di sottospazi del tipo uMπ.

Ma φv,u ∈ L2(G;K)⋂Mπ implica che

∀k ∈ K, φv,u(e) = φv,u(k)

ovvero〈u, v〉 = 〈π(k)u, v〉

Se questo vale per ogni v ∈ Hπ, allora vuol dire che u = π(k)u.

Riassumendo

L2(G;K) =⊕π∈IK

(L2(G;K)

⋂Mπ

)e se uii è una base ortonormale di Hπ, tale che i primi mπ vettori sonouna base ortonormale di HK

π , allora√dπφui,uj

j=1,...,mπ

i=1,...,dπ

è una base ortonormale di L2(G;K)⋂Mπ.

Possiamo dare anche un risultato più preciso che estende il Teorema 5.3.1..Sia EK lo spazio vettoriale generato dagli elementi di matrice φv,u con u inHKπ per qualche π.

Proposizione 7.1.2. EK è denso in C(G;K).

Dimostrazione. Sia f ∈ C(G;K), allora, come avevamo visto nello scorsocapitolo, f è limite uniforme della seguente successione di funzioni continue

fj =∑i∈N

ajidif ∗ χi

dove la serie a destra converge in norma uniforme.Ogni fj sta nella chiusura di EK in C(G;K). Infatti f ∗ χi ∈Mπi . Inoltre èinvariante a destra per K:

k ∈ K ⇒ ρk(f ∗ χi) = ρk(χi ∗ f) = χi ∗ ρkf = χi ∗ f

Quindi f ∗ χi ∈MπiK e la proposizione è dimostrata.

Per completezza diamo gli analoghi enunciati per L2(K;G) e C(K;G).

44

Page 46: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Proposizione 7.1.3.

L2(K;G) =⊕π∈IK

(L2(K;G)

⋂Mπ

)Se uii è una base ortonormale di Hπ, tale che i primi mπ vettori sono una

base ortonormale di HKπ , allora√

dπφui,uj

j=1,...,dπ

i=1,...,mπ

è una base di L2(K;G)⋂Mπ.

L2(K;G)⋂Mπ 6= 0 se e solo se π è di tipo 1 rispetto a K.

Lo spazio vettoriale generato dagli elementi di matrice φu,v con u ∈ HKπ per

qualche π è denso in C(K;G).

7.2 Operatori G-invarianti

Studiando gli spazi funzionali del gruppo ci siamo interessati a queglioperatori che commutavano con l'azione di G e in particolare agli operatoridi convoluzione. Vogliamo ora fare la stessa cosa per Lp(M) e C(M) pas-sando dapprima per gli spazi isomor Lp(G;K) e C(G;K). In conclusionevorremo, però, degli operatori che si possano descrivere utilizzando esclusi-vamente il linguaggio fornitoci da M . Discutiamo il caso Lp, quello dellefunzioni continue è analogo.Supponiamo dunque che l'operatore su Lp(G;K) che ci interessa sia la con-voluzione per una funzione ψ ∈ L1(G;K) e chiamiamolo Tψ.Poiché Lp(G;K) ∗ Lp(G;K) ⊆ Lp(G;K) abbiamo la buona denizione. Os-serviamo poi che ψ deve essere a destra nel prodotto di convoluzione, anchél'operatore commuti con λ.Sia φ ∈ Lp(G;K). Se q : G→ G/K è la proiezione, chiamiamo Φ e Ψ le duefunzioni in Lp(G/K) tali che φ = Φ q e ψ = Ψ q.Esplicitiamo Tψ(φ)(g) = φ ∗ ψ(g):

φ ∗ ψ(g) =∫Gφ(h)ψ(h−1g)dµ(h) =

∫G

Φ(hK)Ψ(h−1gK)dµ(h)

Se ora volessimo esprimere questo integrale in termini della misura η denitasu M avremmo dei problemi perché ψ(h−1g) non dipende solo dalla classelaterale hK, ma anche dal rappresentante h che abbiamo scelto.Ciò che vogliamo è che

∀k ∈ K, ψ(h−1g) = ψ((hk)−1g) = ψ(k−1h−1g)

ovvero che ψ sia invariante a sinistra per K. Siamo portati quindi allaseguente denizione.

45

Page 47: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Denizione 7.2.1. Sia G un gruppo topologico e K un sottogruppo chiuso.Una funzione f sul gruppo è detta bi-K-invariante se e solo se

∀k1, k2 ∈ K, f(k1gk2) = f(g)

Indichiamo con C(K;G;K) e Lp(K;G;K) rispettivamente le funzioni con-tinue ed Lp bi-K-invarianti. Tali funzioni possono essere pensate, a menodi isomorsmi, come funzioni K-invarianti su M . In questo caso usiamo lenotazioni C(K;M) e Lp(K;M).

Per le funzioni appena introdotte l'azione di G passa al quoziente su M .Ovvero è ben denita e continua la mappa

Ω : M × L1(K;M) → L1(K;M)(gK,Φ) 7→ τgΦ

Se x ∈M e g ∈ G, allora

Ω(gx,Φ) = Ω(x, τgΦ)

Se invece ssiamo Ψ e consideriamo la funzione

ZΨ : M ×M → C(x, y) 7→ Ω(y,Ψ)(x)

essa è tale che

1. ∀y ∈M la funzione x 7→ Zψ(x, y) è integrabile;

2. per ogni elemento g del gruppo,

ZΨ(gx, gy) = Ω(gy,Ψ)(gx) = Ω(y, τgΨ)(gx) = Ω(y,Ψ)(x)

ovvero ZΨ(gx, gy) = ZΨ(x, y).

Ritornando all'operatore Tψ, abbiamo

φ ∗ ψ(g) =∫G

Φ(hK)Ω(hK,Ψ)(gK)dµ(h) =∫M

Φ(y)Ω(y,Ψ)(gK)dη(y)

=∫M

Φ(y)ZΨ(y, gK)dη(y)

Otteniamo inne l'operatore invariante TΨ che agisce direttamente su Lp(M)

TΨΦ =∫M

Φ(y)Ω(y,Ψ)dη(y)

oppure esplicitando la variabile:

TΨΦ(x) =∫M

Φ(y)ZΨ(x, y)dη(y)

46

Page 48: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

La funzione Z viene detta nucleo integrale dell'operatore TΨ. Viceversa dataun'applicazione Z che soddisfa le due proprietà precedenti, possiamo denireun operatore T invariante su Lp(M):

TΦ(gK) =∫M

Φ(y)Z(gK, y)dη(y)

Se costruiamo Ψ ∈ L1(M) e ψ ∈ L1(G;K) così:

Ψ(x) = Z(x, eK), ψ = Ψ q

Ψ è K-invariante e ψ ∈ L1(K;G;K). Infatti se k ∈ K:

τkΨ(x) = Z(k−1x, eK) = Z(x, kK) = Ψ(x)

Inoltre se φ = Φ q, possiamo scrivere:∫M

Φ(y)Z(gK, y)dη(y) =∫Gφ(h)Z(gK, hK)dµ(h)

=∫Gφ(h)Z(h−1gK, eK)dµ(h)

=∫Gφ(h)Ψ(h−1gK)dµ(h)

=∫Gφ(h)ψ(h−1g)dµ(h) = φ ∗ ψ(g)

Quindi T è l'operatore associato alla convoluzione per ψ.Per la corrispondenza appena evidenziata tra gli operatori G-invarianti suLp(M) di tipo integrale e L1(K;G;K), siamo portati allo studio degli spazifunzionali formati dalle funzioni bi-K-invarianti.Come al solito iniziamo da L2.

Proposizione 7.2.1.

L2(K;G;K) =⊕π∈IK

(L2(K;G;K)

⋂Mπ

)Sia π ∈ IK . Se vii è una base ortonormale di HK

π , allora una base

ortonormale di L2(K;G;K)⋂Mπ è costituita da√dπφvi,vj

i,j=1,...,mπ

Dimostrazione. L2(K;G;K) è contenuto sia in L2(G;K) che in L2(K;G).Se π ∈ IK , consideriamo vii una base ortonormale di Hπ, tale che i primimπ vettori siano una base di HK

π . Se f è una funzione L2 bi-K-invarianteper la Proposizione 7.1.1 e la Proposizione 7.1.3 il prodotto scalare tra fe φvi,vj è nullo se almeno uno tra i e j è maggiore di mπ. D'altra partese vi e vj appartengono a HK

π allora φvi,vj è bi-K-invariante e questo ci faconcludere.

47

Page 49: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

7.3 Sviluppi di Fourier su M

Sia f ∈ L2(G;K) e consideriamo il suo sviluppo

f =⊕π∈IK

dπf ∗ χπ

Ciò vuol dire che dπf ∗χπ è la proiezione di f su L2(G;K)⋂Mπ. Chiamiamo

P questa proiezione e sia uii una base ortonormale di Hπ, tale che i primimπ vettori formino una base di HK

π .

dπf ∗ χπ = Pf = P (Pf) = P (f ∗ χπ) = f ∗ (Pχπ) = f ∗

(mπ∑i=1

φui,ui

)

Poniamo

χKπ =mπ∑i=1

φui,ui

questa è una funzione in C(K;G;K) che non dipende dalla base scelta.Abbiamo quindi

f =⊕π∈IK

dπf ∗ χKπ

Per comodità di notazione indicizziamo con i numeri naturali le rappresen-tazioni di tipo 1: IK = πii. Allora, come abbiamo visto nella sezioneprecedente, possiamo associare a

σKj =j∑l=0

χKi

un operatore SKj su Lp(M) per ogni p nito e su C(M).Come avevamo fatto nello studiare gli spazi funzionali del gruppo, ci doman-diamo ora se, per f in un generico Lp(M), si abbia la convergenza di (SKj f)ja f in norma p.Si ripetono le considerazioni fatte in precedenza. Un criterio necessario esuciente è che le funzioni σKj siano equilimitate in L1(G;K).Anche in questo caso la strada che si segue per avere risultati di convergenzaper gruppi specici è quella di lavorare sulla serie con particolari metodi disommazione.

48

Page 50: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Capitolo 8

Analisi sulla sfera

Applichiamo ora i risultati ottenuti alla sfera Sn ⊆ Rn+1.Abbiamo osservato in precedenza che si tratta di uno spazio omogeneo delgruppo SO(n+ 1). Scegliamo il polo nord q di coordinate (0, . . . , 0, 1) comepunto base per l'isomorsmo con SO(n+1)/SO(n). Il nostro primo obiettivosarà quello di trovare esplicitamente ESO(n) passando per una descrizione deisottospazi

L2(SO(n+ 1);SO(n))⋂Mπ

e, all'interno di essi, delle funzioni bi-SO(n)-invarianti.

8.1 Le armoniche sferiche

Iniziamo con alcune notazioni e denizioni.Indichiamo con P i polinomi in n+ 1 variabili a coecienti complessi e conPk il sottospazio formato dagli elementi di P omogenei di grado k.

Denizione 8.1.1. Sia P ∈ P. Diciamo che P è un polinomio armonico seil suo laplaciano è nullo, ovvero ∆P = 0. Indichiamo con H l'insieme deipolinomi armonici e con H le funzioni da Sn in C associate a tali polinomi.Denotiamo con Hk e Hk i sottospazi, di H e H rispettivamente, formatidai polinomi armonici omogenei di grado k e dalle funzioni a loro associate.Chiamiamo H lo spazio delle armoniche sferiche.

Utilizzando il Teorema di Stone-Weierstrass otteniamo che le funzioni,con dominio Sn, associate a P sono dense in C(Sn). Le ipotesi del teoremasono soddisfatte, infatti tali funzioni:

1. formano un algebra autoaggiunta;

2. contengono le costanti;

3. separano i punti. Se x e y sono due punti di Sn distinti avranno unacoordinata in cui dieriscono. La proiezione su tale coordinata assumevalori diversi su x e y.

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Page 51: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Vediamo come in realtà questo sottospazio denso di C(Sn) coincida conquello delle armoniche sferiche.Introduciamo su ogni Pk il prodotto scalare di Riesz-Fischer.Se P ∈ Pk consideriamo l'operatore dierenziale

P (D) = P (∂

∂x1, . . . ,

∂xn+1)

Se P,Q ∈ Pk deniamo quindi l'applicazione sesquilineare:

〈P,Q〉 = P (D)Q

Per vericare che sia eettivamente un prodotto scalare (a valori in C ehermitiano) basta vedere come si comporta su due monomi:

〈xα, xβ〉 = δαβα!

che ci dà le due proprietà che volevamo.Vediamo ora come questo prodotto ci dia un'utile decomposizione di Pk.

Lemma 8.1.1. Sia k un intero maggiore di 1. Allora:

Pk = Hk ⊕(|x|2Pk−2

)Dimostrazione. Consideriamo la funzione lineare

T : Pk → Pk−2

P 7→ ∆P

Se T ∗ è l'aggiunta di T allora

Pk = kerT ⊕ ImT ∗

Chiaramente kerT = Hk.Sia N(x) = |x|2 e determiniamo T ∗:

〈P, TQ〉 = P (D)∆Q = P (D)N(D)Q = P (D)N(D)Q = (PN)(D)Q

Quindi T ∗ è proprio la moltiplicazione per N .

Dato P omogeneo di grado k, questo lemma ci permette, lavorandoinduttivamente, di scomporlo in modo unico nella forma

P (x) = Pk(x) + |x|2Pk−2(x) + |x|4Pk−4(x) + . . .+ P1(x) + P0(x)

con Pi ∈ Hi. Le funzioni, denite su Sn, associate ai due polinomi P ePk +Pk−2 + . . .+P0 coincidono e quindi, poiché ogni elemento in P è sommadi polinomi omogenei, otteniamo la densità di H.Inoltre la mappa che associa ad un elemento di H la rispettiva funzione in H

50

Page 52: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

è iniettiva perché due funzioni armoniche in Rn+1 che coincidono sulla sferacoincidono su tutta la palla unitaria. Dunque i due polinomi che le induconosono uguali.Possiamo calcolare, allora, la dimensione dk di Hk come spazio vettoriale.Per il Lemma 8.1.1 avremo

dk = dimPk − dimPk−2 =(n+ k

n

)−(n+ k − 2

n

)Per dimostrare che gli Hk sono invarianti per l'azione di SO(n + 1) suL2(G;K) ci basta il seguente risultato.

Lemma 8.1.2. Sia A ∈MR(n) e f ∈ C∞(Rn). Allora

∆(f A)(x) =n∑

j,k=1

bj,k∂j∂kf(Ax)

con bj,k entrata di posto (j, k) della matrice AtA.Conseguentemente, se A è ortogonale, ∆(f A)(x) = ∆f(Ax).

Dimostrazione.

∂2i (f A)(x) = ∂i

∑j

(∂jf A)(x)aji

=

∑j

aji∂i(∂jf A)(x)

=∑j,k

ajiaki∂i∂jf(Ax)

Inne

∆(f A)(x) =∑i,j,k

ajiaki∂i∂jf(Ax) =∑j,k

(∑i

ajiaki

)∂i∂jf(Ax)

=∑j,k

bjk∂i∂jf(Ax)

Vediamo che forma assumono le armoniche sferiche per n = 1.Innanzitutto S1 ' SO(2) e quindi abbiamo a che fare con uno spazio omo-geneo banale cioè con un gruppo vero e proprio.In questo caso dimH0 = 1 e, per k positivo, dk = 2. Troviamo facilmentedue polinomi armonici omogenei di grado k indipendenti: se identichiamoR2 con C, abbiamo Pk(z) = zk e Qk(z) = zk. Se parametrizziamo S1 conuna variabile angolo t, i polinomi trovati corrispondono, al variare di k in Z,

51

Page 53: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

alle funzioni φk(eit) = eikt. Sappiamo, dunque, che lo spazio vettoriale daesse generato è denso in C(S1) ed un semplice calcolo mostra che sono a duea due ortogonali in L2(S1).Inoltre il sottospazio unodimensionale Vk che ciascuna di esse genera è in-variante per l'azione di SO(2). Infatti tale azione si può descrivere come lamoltiplicazione per un numero complesso α = eiθ di norma unitaria. Allora

τα(φk)(eit) = φk(ei(t+θ)) = eik(t+θ) = αkeikt = αkφk(eit)

Questo implica che i Vk coincidono con i sottospazi Mπ e, quindi, per n = 1,abbiamo trovato quella descrizione esplicita di E che cercavamo.Passiamo ora al caso n > 1.Considerati in L2(SO(n + 1);SO(n)) gli Hk sono invarianti per λ. Quindisi decomporranno nella somma ortogonale di alcuni sottospazi del tipo vM

π

con π di tipo 1 rispetto a SO(n) e v ∈ HSO(n)π . In realtà il sottospazio che

interviene è uno solo. Per dimostrare questo basta far vedere che in ogniHk c'è al più una sola funzione (a meno di scalari) che sia invariante perSO(n). Infatti in ogni vMπ c'è almeno la funzione bi-SO(n)-invariante φv,ve, se un Hk fosse costituito da più di un sottospazio del tipo vM

π, trovereidegli elementi di matrice bi-SO(n)-invarianti ortogonali tra loro. Prima diarrivare al risultato ci occorre un lemma.

Lemma 8.1.3. Sia P un polinomio in n variabili a coecienti complessi con

n > 1. P è invariante per l'azione di SO(n) se e solo se esiste un polinomio

Q a coecienti complessi in una variabile tale che: P (x) = Q(|x|2).

Dimostrazione. Se P si può scrivere come polinomio nella norma al quadratodi x chiaramente è invariante per rotazioni. Dimostriamo il viceversa.Osserviamo che la tesi è vera per un polinomio armonico. Infatti un talepolinomio è costante sulla sfera unitaria se e solo se è una costante. Se Pè un polinomio generico, poiché l'azione di una rotazione manda le partiomogenee di P in sé stesse, possiamo supporre P omogeneo. Dimostriamoallora la tesi per induzione sul grado di P . Per k = 0, 1 la tesi è banalmentevera perché ogni polinomio è armonico. Supponiamo k > 1. Per il Lemma

8.1.1 sappiamo che esistono unici un polinomio Q ∈ Hk e un elemento R diPk−2 tali che

P (x) = Q(x) + |x|2R(x)

L'unicità della scrittura impone che anche Q ed R siano invarianti per ro-tazioni. Questo implica Q = 0 e per induzione che k sia pari e R(x) = |x|k−2.Quindi P (x) = |x|k.

Proposizione 8.1.4. In ogni Hk, a meno di scalari, c'è al più una sola

funzione SO(n)-invariante.

52

Page 54: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Dimostrazione. La tesi si riduce a dimostrare che, a meno di scalari, c'è alpiù un polinomio SO(n)-invariante in Hk. Sia x = (x′, xn+1), con x′ ∈ Rn,il vettore delle coordinate e riscriviamo P nel seguente modo

P (x) = c0xkn+1 + c1x

k−1n+1P1(x′) + c2x

k−2n+1P2(x′) + . . .+ Pk(x′)

con Pj polinomio in n variabili omogeneo di grado j.Poiché P è SO(n)-invariante così saranno tutti i polinomi Pj . Infatti losviluppo di P come polinomio in xn+1 a coecienti polinomi in n variabili èunico. Per il Lemma 8.1.3 abbiamo

P (x) = c0xkn+1 + c2x

k−2n+1|x

′|2 + . . . c2jxk−2jn+1 |x

′|2j + . . .

Se avessi due polinomi indipendenti SO(n)-invarianti in Hk, allora potreitrovare in Hk un polinomio P che si sviluppa nel modo appena descritto etale che c0 = 0. Per un tale polinomio dimostriamo per induzione su j chetutti i c2j sono nulli.Il passo base è costituito dall'ipotesi che abbiamo fatto su P . Supponiamoora che c2i = 0 se i < j. Poiché P è armonico il suo laplaciano è nullo epossiamo scrivere:

0 = ∆P (x) = c2jxk−2jn+1 ∆|x′|2j +Q(x)

dove il polinomio Q(x) ha grado in xn+1 minore stretto di k − 2j. Questoimplica

c2j∆|x′|2j = 0

Sappiamo però dal Lemma 8.1.1 che |x′|2j non è armonico. Infatti appartienea |x′|2P2j−2 che è ortogonale a H2j . Dunque l'unica possibilità è c2j = 0.

Osservazione. La dimostrazione che abbiamo presentato non è costruttiva.Basandoci sul fatto che sappiamo già dell'esistenza di un polinomio che siainvariante per SO(n) non abbiamo avuto bisogno di esibirlo esplicitamente.Tuttavia utilizzando la decomposizione

P (x) = c0xkn+1 + c2x

k−2n+1|x

′|2 + . . . c2jxk−2jn+1 |x

′|2j + . . .

possiamo trovare i coecienti che ci interessano. Fissando un c0 diverso dazero e imponendo che ∆P sia il polinomio nullo, si ricavano univocamentegli altri c2j .

Quanto detto ci permette di arrivare alla seguente proposizione.

Proposizione 8.1.5. Se n > 1, gli Hk sono sottospazi irriducibili di L2(Sn).A due sottospazi distinti corrispondono due rappresentazioni irriducibili non

equivalenti e dunque gli Hk corrispondono agli L2(SO(n+ 1);SO(n))⋂Mπ

e sono perciò a due a due ortogonali.

53

Page 55: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Dimostrazione. La prima parte dell'enunciato è già stata dimostrata. Per

ottenere che le classi di equivalenza in SO(n+ 1) delle rappresentazioni as-sociate agli Hk sono tutte distinte basta osservare che, per n > 1, dk è unafunzione strettamente crescente in k.Inne, poiché lo spazio delle armoniche sferiche è denso in L2(Sn), otteni-amo che gli Hk esauriscono tutti i sottospazi L2(SO(n+ 1);SO(n))

⋂Mπ al

variare di π tra le rappresentazioni di tipo 1 rispetto a SO(n).

Occupiamoci ora del problema di convergenza dello sviluppo di Fouriersulle sfere di dimensione maggiore di 1. Il problema su S1 è ampiamentediscusso nella letteratura, si veda ad esempio Zygmund (1959). Si ha ilclassico risultato secondo cui c'è convergenza negli Lp con p ∈ (1,∞) mentrenon c'è in L1(S1) e C(S1). Per ottenerla in questi due ultimi spazi bastaapplicare alla serie il metodo di Cesàro di ordine δ per un qualsiasi δ realepositivo.

8.2 Le armoniche zonali

In virtù del fatto che le funzioni SO(n)-invarianti in Hk formano unsottospazio di dimensione 1 abbiamo un altro metodo per calcolarne unaoltre a quello suggerito nell'osservazione che segue la Proposizione 8.1.4.Sappiamo infatti che la proiezione su Hk si scrive in L2(SO(n + 1)) comeconvoluzione per una funzione continua bi-SO(n)-invariante. Indichiamo conZqk l'armonica sferica corrispondente in L2(Sn) e con Zk : Sn × Sn → C ilnucleo integrale associato alla proiezione. Zqk è completamente determinatadal valore assunto al polo nord: Zqk(q) = d2

k.L'associazione tra Sn e SO(n+1)/SO(n) è stata fatta prendendo come puntobase il polo nord e quindi scegliendo in SO(n+ 1) lo stabilizzatore di q, cheè un gruppo isomorfo a SO(n).Tuttavia avremmo potuto scegliere un qualsiasi altro punto ω sulla sfera. Inquesto caso, ripetendo i ragionamenti fatti, otteniamo una diversa funzioneZωk in Hk. Se A è una rotazione tale che Aω = ω′ allora Zωk (x) = Zω

′k (Ax).

Infatti la funzione x 7→ Zω′

k (Ax) è un elemento di Hk invariante per l'azionedello stabilizzatore di ω. Giustichiamo questa aermazione. Se B è unelemento in questo sottogruppo allora ABA−1 è nello stabilizzatore di ω′ e

Zω′

k (ABx) = Zω′

k ((ABA−1)Ax) = Zω′

k (Ax)

Per concludere l'uguaglianza basta osservare che

Zω′

k (Aω) = Zω′

k (ω′) = d2k = Zωk (ω)

Diamo quindi la seguente denizione.

54

Page 56: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Denizione 8.2.1. Una funzione f : Sn → C si dice zonale di polo ω se esolo se f(ω′) = f(Aω′) per ogni A ∈ SO(n+ 1) che ssa ω.Zωk si dice armonica zonale di polo ω e grado k.

Proposizione 8.2.1. Sia Yjj una base ortonormale di Hk. Le armoniche

zonali soddisfano le seguenti proprietà:

1. ∀A ∈ SO(n+ 1), Zk(Aω,Aω′) = Zk(ω, ω′)

2. Zk(ω, ω′) = Zω′

k (ω)

3. Zk(ω, ω′) =∑

j Yj(ω)Yj(ω′) e Zk è reale

4. Zk(ω, ω′) dipende solo dal prodotto scalare tra ω e ω′.Esiste una funzione continua zk : [−1, 1]→ R tale che

zk(ω · ω′) = Zk(ω, ω′) = Zω′

k (ω)

Dimostrazione. Vediamo i punti nell'ordine:

1. Segue dal fatto che Zk è un nucleo integrale.

2. Sia fω′(ω) = Zk(ω, ω′). Se A è una rotazione che manda ω′ in q, allora

fω′(ω) = Zk(ω,A−1q) = Zk(Aω, q) = Zqk(Aω) = Zω

′k (ω)

3. Scriviamo l'operatore di proiezione tramite la base Yjj :

Tkf(ω) =∑j

〈f, Yj〉Yj(ω) =∫f(ω′)

∑j

Yj(ω′)Yj(ω)

dω′

e dunque∑

j Yj(ω)Yj(ω′) è il nucleo integrale della proiezione.

Se Y ∈ Hk, allora anche Y ∈ Hk e possiamo scegliere la base reale.

4. Il prodotto scalare tra ω1 e ω2 è lo stesso di quello tra ω3 e ω4 se e solose esiste un elemento A in SO(n + 1) tale che Aω1 = ω3 e Aω2 = ω4.Ciò si riduce a dimostrare che se ω ·ω1 = ω ·ω2 esiste un elemento nellostabilizzatore di ω che manda un punto nell'altro. Senza perdere digeneralità possiamo supporre che ω sia il polo nord q. Allora le primen coordinate di ω ed ω′ formano vettori in Rn con la stessa norma epoiché n > 1 esiste una matrice N ∈ SO(n) che manda uno nell'altro.Allora la matrice ortogonale cercata è(

1 00 N

)

55

Page 57: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Ora che abbiamo analizzato alcune proprietà dei nuclei integrali associatiagli operatori di proiezione sui sottospazi di armoniche sferiche, andiamo astudiare la convergenza dello sviluppo di Fourier. Sappiamo già che su S1 nonc'è la convergenza per funzioni in L1. Quello che cercheremo quindi di faresarà di applicare il metodo di Cesàro, uno dei procedimenti di sommazionepiù semplici, alla nostra serie.

8.3 Medie di Cesàro

Se abbiamo una successione convergente in uno spazio di Banach unadelle trasformazioni che possiamo operare sugli elementi per mantenere laconvergenza è quella di considerare la successione delle medie aritmetiche.In generale possiamo dire che passare alle medie è un modo per avere miglioriproprietà di convergenza visto che può succedere che la successione originalenon converga mentre le medie tendano ad un limite l.Il metodo di Cesaro di ordine δ, con δ numero reale maggiore od uguale azero, generalizza questo procedimento di media.Diamo prima induttivamente la denizione per δ ∈ N e poi la estenderemoagli altri valori per interpolazione.Sia (uk)k∈N una successione in uno spazio di Banach. Costruiamo le succes-sioni ausiliarie (U δk )k∈N ricorsivamente per ogni δ naturale.

U0k = uk, U δ+1

k =k∑j=0

U δj

Chiamiamo poi Aδk il numero di elementi della successione di partenza cheabbiamo sommato in ciascun U δk . Si vede che (Aδk)k sono le successioniausiliarie ottenute a partire dalla successione costantemente uguale ad 1.Si dice media di Cesàro di ordine δ la successione formata dagli elementi

uδk =U δkAδk

, ∀k ∈ N

Troviamo facilmente

Aδk =(k + δ

k

)Andando ad esplicitare le nuove successioni in funzione di quella originaleabbiamo

uδk =1Aδk

k∑j=0

Aδ−1k−juj

Possiamo estendere la denizione di Aδk anche per δ > −1:

Aδk =(k + δ

k

)=

(δ + k)(δ + k − 1) . . . (δ + 1)k!

56

Page 58: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Con la stessa denizione data per i valori naturali troviamo, utilizzandoquesta interpolazione dei coecienti binomiali classici, il metodo di Cesaro diordine δ, con δ un generico reale non negativo. Enunciamo alcune proprietàdelle medie di Cesàro. Per la dimostrazione e ulteriori risultati rimandiamoa Zygmund (1959).

Proposizione 8.3.1. Sia (uk)k una successione in uno spazio di Banach X.

Seguendo le notazioni appena introdotte si ha:

1. Aδk > 0

2. Se δ è ssato e si fa tendere k all'innito:

Aδk = O(kδ)

3. Siano δ, ε > 0, allora

U δ+εk =k∑j=0

Aε−1k−jU

δj

Vediamo ora come quanto esposto non sia altro che un particolare metododi sommazione tramite matrice. Descriviamo dapprima in cosa consistonoin generale tali metodi.Consideriamo A una matrice di numeri reali innita le cui entrate akj sianoindicizzate da N× N. Inoltre A sia tale che:

1. Fissato j la successione (akj)k tenda a zero

2. Esista una costante C > 0 tale che, ∀k ∈ N,∑j∈N|akj | ≤ C

3. Esista e sia uguale ad 1 il limite in k della seguente successione∑j∈N

akj

k

Vale allora il seguente lemma che non dimostreremo.

Lemma 8.3.2. Sia B uno spazio di Banach e sia A una matrice innita con

le tre proprietà appena descritte. Se (uk)k è una successione limitata in B,allora è ben denita la successione

(u′k)k =

∑j∈N

akjuj

k

e se (uk)k ammette u come limite, lo stesso vale per (u′k)k.

57

Page 59: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Questo lemma ci permette di arrivare alle proprietà di convergenza dellemedie di Cesàro a cui siamo interessati.

Proposizione 8.3.3. Sia (uk)k una successione in uno spazio di Banach e

sia δ ≥ 0. Se la media di Cesàro di ordine δ converge ad u, lo stesso vale

per ogni media di ordine maggiore od uguale a δ.In particolare, prendendo δ = 0, se la successione di partenza converge ad ulo stesso vale per tutte le sue medie di Cesàro.

Dimostrazione. Sia ε > 0. In virtù del Lemma 8.3.1 basta far vedere cheottengo (uδ+εk )k da (uδk)k tramite un metodo di sommazione con matrice.Dalla Proposizione 8.3.1 sappiamo che

U δ+εk =k∑j=0

Aε−1k−jU

δj

Quindi

uδ+εk =k∑j=0

Aε−1k−jA

δj

Aδ+εk

uδj

Le medie di ordine δ + ε sono quindi ottenute a partire da quelle di ordineδ tramite la matrice triangolare inferiore che ha al posto (k, j), con j ≤ k, ilnumero

akj =Aε−1k−jA

δj

Aδ+εk

Tale matrice soddisfa le tre condizioni di cui abbiamo parlato in precedenza.Fissiamo j, allora

akj = O

(Aε−1k−j

Aδ+εk

)= O(kε−1k−δ−ε) = O(k−δ−1)

e quindi tende a zero per k che va all'innito. Poiché la matrice ha entratepositive, per controllare le ultime due condizioni ci basta vericare la 3.

∑j≤k

akj =1

Aδ+εk

∑j≤k

Aε−1k−jA

δj =

Aδ+εk

Aδ+εk

= 1

8.4 Convergenza dello sviluppo di Fourier

Consideriamo f ∈ Lp(Sn) e Zk l'armonica zonale di grado k e siano Fe Zk le corrispettive funzioni in Lp(SO(n + 1);SO(n)) (il caso di f con-tinua è analogo). Allora l'operatore di proiezione su Hk è rappresentato in

58

Page 60: Sviluppi di Fourier su gruppi compatti e sui loro spazi

Lp(SO(n + 1);SO(n)) dalla convoluzione per Zk. Possiamo quindi scriverele somme parziali dello sviluppo di Fourier nel seguente modo:

Skf = F ∗

k∑j=0

Zj

Se adesso prendiamo la media di Cesàro di ordine δ otteniamo:

Sδkf = F ∗

1Aδk

k∑j=0

Aδ−1k−j

j∑i=0

Zi

ovvero

Sδkf = F ∗

1Aδk

k∑j=0

Aδk−jZj

Chiamiamo

W δk =

1Aδk

k∑j=0

Aδk−jZj

AlloraSδkf = F ∗ W δ

k

Per ottenere la convergenza vediamo per quali δ la successione di funzioni(W δ

k )k è limitata in L1(SO(n+ 1)). Un ragionamento analogo a quello con-tenuto nella Proposizione 8.3.3 mostra che tali valori formano una semirettaillimitata superiormente, eventualmente vuota.Chiamiamo W δ

k ∈ C(Sn) la funzione zonale di polo q associata a W δk e sia

wδk ∈ C([−1, 1]) tale che

wδk(q · ω) = W δk (ω)

Le richieste sulla successione (W δk )k si trasferiscono a condizioni equivalenti

sulle wδk. Tali condizioni sono più vantaggiose poiché le wδk si scrivono piùsemplicemente, essendo funzioni in [−1, 1].Se η è la misura di Hausdor su Sn, allora η è la misura immagine del-la misura di Haar su SO(n + 1) tramite l'applicazione di proiezione sulleclassi laterali. Quindi la limitatezza della successione (W δ

k )k equivale aquella di (W δ

k )k. Inne se chiamiamo ξ la misura immagine di η rispettoall'applicazione di proiezione sull'ultima coordinata

P : Sn → [−1, 1]ω 7→ q · ω = ωn+1

Otteniamo nalmente la condizione:∃C > 0 tale che, ∀k ∈ N, ∫ 1

−1|wδk(t)|dξ(t) ≤ C

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Andando ad esplicitare ξ, si trova che ha per densità rispetto alla misura diLebesgue su [−1, 1] la seguente funzione

X : [−1, 1] → Rt 7→ cn(1− t2)

n−22

Non vericheremo per quali δ la condizione è vericata. Infatti questo im-plicherebbe determinare esplicitamente wδk e addentrarci in stime piuttostotecniche che si possono trovare in Szegö (1959), 9.41. Enunciamo però ilrisultato nale a cui si giunge.

Teorema 8.4.1. Per δ > n−12 la successione di funzioni (wδk)k è limitata in

L1([−1, 1], ξ) ed abbiamo la convergenza delle medie di Cesàro dello sviluppo

di Fourier nello spazio delle funzioni continue ed in ogni Lp(Sn).

Concludiamo qui il nostro studio degli spazi funzionali sulla sfera. Os-serviamo però che gli aspetti che si potrebbero analizzare non sono aattoesauriti (Bonami and Clerc (1973)). Ad esempio ssato un ordine δ inferiorea n−1

2 ci si può chiedere per quali valori di p si ha la convergenza delle mediedi Cesàro di ordine δ. Se chiamiamo questo insieme Cδ, si può poi studiareal variare di δ come cambia Cδ. Si sa in generale, per la dualità di Lp ed Lp

′,

con p e p′ esponenti coniugati, e per interpolazione, che Cδ è un intervalloche ha per estremi due esponenti coniugati pδ ≤ p′δ. Al crescere di δ l'inter-vallo si allarga no a raggiungere [1,∞) per valori maggiori di n−1

2 . Anchein dimensione bassa, però, non si conosce molto di più sul comportamentodi questi insiemi.

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Sviluppi ulteriori

Lo studio dei gruppi compatti rappresenta l'anello di congiunzione tra lateoria puramente algebrica dei gruppi niti e l'analisi sui gruppi localmentecompatti. Abbiamo visto come i gruppi compatti ereditino molto dai gruppiniti: le rappresentazioni irriducibili hanno dimensione nita ed ogni rap-presentazione è somma di irriducibili (sebbene questa somma possa essereinnita per un gruppo compatto). Se volessimo addentrarci nel caso generaleci accorgeremmo che quanto descritto nella nostra esposizione non esauriscela varietà di fenomeni che si possono presentare. Ad esempio le due proprietàcitate sopra vengono a mancare se rimuoviamo l'ipotesi della compattezzae uno tra i problemi è quindi quello di estendere il concetto di somma dirappresentazioni a quello più ampio di integrale.Anche per i gruppi compatti, però, il panorama che abbiamo delineato inquesto elaborato è tutt'altro che completo. Tra le problematiche più impor-tanti di cui non ci siamo occupati rimangono la struttura delle algebre diconvoluzione Lp(G) e dei loro ideali e la convergenza quasi ovunque dellaserie di Fourier. Per entrambi rimandiamo a Hewitt and Ross (1970).

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Bibliograa

Bonami, A. and Clerc, J.-L. (1973). Sommes de cesàro et multiplicateurs desdéveloppements en harmonics sphériques. Trans. Amer. Math. Soc. 183,pages 223263.

Folland, G. B. (1995). A Course in Abstract Harmonic Analysis. CRC Press.

Hewitt, E. and Ross, K. A. (1970). Abstract Harmonic Analysis II. Springer-Verlag.

Rudin, W. (1973). Functional Analysis, pages 305313. McGraw-Hill.

Szegö, G. (1959). Orthogonal Polynomials. American Mathematical Society.

Zygmund, A. (1959). Trigonometric Series (Vol.1), pages 7478. CambridgeUniversity Press.

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