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© Copyright 2017 - Tutti i diritti riservati GRIFFIN srl unipersonale - Divisione libri TIMEO Ogni parte di quest’opera è protetta dalle leggi sul diritto d’autore Ogni utilizzo al di fuori dei limiti di queste leggi

senza il consenso dell’Editore è illegale e punibile

CHINESITERAPIATECNICHE DI IERI, OGGI E DOMANI 1a edizione, 2017

ISBN: 978-88-97162-60-5

AUTORI:Alessandro Zati, Letizia Gelsomini

ILLUSTRAZIONI E FOTOGRAFIE:Laura De Pasquale www.illustramed.com

In copertina, illustrazione di Laura De Pasquale

Il presente volume è edito da:

GRIFFIN s.r.l. Unipersonale Piazza Castello 5/E - 22060 Carimate (Co)Tel. 031.789.085 • Fax [email protected] - www.griffineditore.it

Divisione libri TIMEOVia G. Rossini, 10 - 40067 Rastignano (Bo)

Tel. 051.6260473 • Fax [email protected] - www.timeoeditore.it

Editing e impaginazione: Fabio PellizottiStampa e confezione: Starprint srl - Bergamo (I)

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AUTORI

Alessandro Zati Laureato in Medicina e Chirurgia; specialista in Terapia Fisica e Riabilitazione e in

Reumatologia. È docente a contratto presso l’Università degli studi di Bologna nella Scuola di Medicina Fisica e Riabilitazione e nel Corso di Laurea di Fisioterapia. Svolge l’attività di medico ospedaliero e di ricerca presso la Struttura Complessa di Medicina Fisica e Riabilitazione dell’Istituto Ortopedico Rizzoli (Istituto di Ricerca e Cura a Ca-rattere Scientifico) di Bologna.

Letizia Gelsomini Laureata in Medicina e Chirurgia; è specialista in Medicina Fisica e Riabilitazione.

Campionessa di nuoto, è da sempre appassionata di numerose discipline sportive. Attualmente svolge attività di ricerca presso l’Istituto delle Scienze Neurologiche (Isti-tuto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico) di Bologna.

ILLUSTRATRICELaura De Pasquale Laureata presso l’Università di Bologna in Disegno Anatomico, svolge attività di illu-

stratrice e project manager nel settore della divulgazione a carattere medico-scientifico.

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Le tecniche di riabilitazione negli ultimi decenni hanno fatto passi da gigante: dall’applicazione kabatiana dei principi di neurofisiologia allo sviluppo delle scienze robotiche sono passate solo tre generazioni di Riabilitatori; questi professionisti rie-scono ancora a parlarsi? A comprendersi? La risposta è sì, devono parlarsi e compren-dersi, perchŽ cÕ • del buono nel passato, nel presente e nel futuro; queste eccellenze non possono escludersi a vicenda. Lo spirito del libro è questo: mantenere la conti-nuità culturale da Kabat e Bobath alle nuove tecniche riabilitative.

Il libro è rivolto agli studenti della laurea in Fisioterapia e della specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione. Vengono descritte le principali metodiche riabili-tative in uso presso i centri di riabilitazione di tutto il mondo, cercando una sintesi tra la cultura Francese e quella Anglosassone, passando per la nostra Italiana, valorizzata da Perfetti e Rizzolatti, vero motivo di orgoglio nazionale.

Per ogni capitolo abbiamo svolto anche un’accurata ricerca bibliografica che ha lo scopo di dare allo studente che lo desidera il modo di approfondire ciascun argomento con i relativi trattati nella lingua originale.

Questi obiettivi hanno portato gli autori a rielaborare le lezioni di chinesiterapia svolte dal dr. Zati per conto dell’Università di Bologna: ogni argomento è stato pro-cessato con professionisti particolarmente esperti nel loro settore; tra questi: Medici, Fisioterapisti, Bio-Ingegneri e Tecnici Ortopedici.

Le immagini sono state realizzate da una illustratrice laureata presso l’Università di Bologna in Disegno Anatomico; la maggior parte dei disegni • stata fatta partendo da situazioni terapeutiche, cioè fotografando prima l’esercizio riabilitativo nel suo svolgimento e poi riproducendolo graficamente in maniera semplificata e didattica. In molti casi abbiamo preferito lasciare l’immagine fotografica perché risultava più incisiva ai fini dell’apprendimento.

Siamo consci di aver tralasciato molte cose, ma ogni concetto è stato analizzato con tanta pazienza e tanto spirito costruttivo da parte nostra e da parte di tutti coloro che hanno collaborato. A questi va il nostro sincero ringraziamento.

gli Autori dr. Alessandro Zati dr.ssa Letizia Gelsomini

PREFAZIONE

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Prefazione

Alessandro Zati e Letizia Gelsomini pagina 7

I. LA CHINESITERAPIA IN EUROPA

CENNI STORICI ” 17

CLASSIFICAZIONE ” 20

BIBLIOGRAFIA ” 20

II. LA CHINESITERAPIA PASSIVA

LE POSTURE TERAPEUTICHE ” 23

LE ORTESI ” 23

LA MOBILIZZAZIONE PASSIVA ” 31

MANIPOLAZIONI ARTICOLARI ” 37

BIBLIOGRAFIA ” 38

III. LA CHINESITERAPIA ATTIVA

IL RINFORZO MUSCOLARE ” 41

ESERCIZIO ISOMETRICO ” 41

ESERCIZIO ISOTONICO ” 43

ESERCIZIO ISOCINETICO ” 48

BIBLIOGRAFIA ” 54

IV. IL METODO KABAT-KNOTT-VOSS

LA FACILITAZIONE NEURO-MUSCOLARE (P.N.F.) ” 59

IL METODO ” 60

LE TECNICHE ” 63

IL TRATTAMENTO KABAT NELLE PARALISI PERIFERICHE DEL NERVO FACCIALE ” 74

BIBLIOGRAFIA ” 77

Indice

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V. IL METODO BOBATH

I CONIUGI BOBATH ” 79

LA PATOLOGIA COME DISORDINE NEUROLOGICO ” 80

ALTERAZIONI NEUROLOGICHE DEI MECCANISMI POSTURALI RIFLESSI ” 83

TECNICHE BASE ” 85

TEST DI MILANI-COMPARETTI ” 94

BIBLIOGRAFIA ” 94

VI. IL METODO PERFETTI

L’ESERCIZIO TERAPEUTICO CONOSCITIVO ” 97

LA FACILITAZIONE CORTICALE ” 97

LA TEORIA DELL’IMMAGINE MOTORIA ” 98

IL LINGUAGGIO E LA SIGNIFICATIVITÀ DEL GESTO ” 100

LO SPECIFICO PATOLOGICO ” 101

STRUTTURAZIONE DELL’ESERCIZIO TERAPEUTICO CONOSCITIVO ” 102

FASI DELL’ESERCIZIO TERAPEUTICO ” 102

TRATTAMENTO SEQUENZIALE ” 103

SUSSIDI TERAPEUTICI ” 104

LA RIEDUCAZIONE DELLA MANIPOLAZIONE ” 106

LA RIEDUCAZIONE DEL CAMMINO ” 110

BIBLIOGRAFIA ” 115

VII. LA RIEDUCAZIONE PROPRIOCETTIVA

LA PROPRIOCEZIONE ” 119

SISTEMI SENSORIALI DELL’EQUILIBRIO ” 120

OBIETTIVI DELLA RIABILITAZIONE PROPRIOCETTIVA ” 122

LAVORO IN CATENA CINETICA APERTA E CHIUSA ” 122

ATTREZZI DI RIEDUCAZIONE PROPRIOCETTIVA ” 124

METODI DI MISURA DELLA PROPRIOCEZIONE ” 128

VALUTAZIONE CLINICA: TEST DI FREGLY ” 128

VALUTAZIONE STRUMENTALE: TEST DI RIVA ” 129

LA RIABILITAZIONE PROPRIOCETTIVA ” 136

IL PROGETTO PROPRIOCETTIVO ” 137

IL PROGRAMMA PROPRIOCETTIVO ” 138

RIEDUCAZIONE PROPRIOCETTIVA DELL’ARTO SUPERIORE ” 139

RIEDUCAZIONE PROPRIOCETTIVA DELL’ARTO INFERIORE ” 142

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RIEDUCAZIONE PROPRIOCETTIVA DEL RACHIDE ” 145

BIBLIOGRAFIA ” 146

VIII. LA RIEDUCAZIONE POSTURALE GLOBALE

LA POSTURA ” 149

VALUTAZIONE CLINICA E STRUMENTALE ” 150

LA RIEDUCAZIONE POSTURALE GLOBALE DI SCUOLA FRANCESE ” 163

LE CATENE CINETICHE MIOFASCIALI ” 163

FASI DELLA RIEDUCAZIONE POSTURALE GLOBALE ” 168

BIBLIOGRAFIA ” 171

IX. LA RIEDUCAZIONE VERTEBRALE

IL METODO MCKENZIE ” 175

LA DIAGNOSI MECCANICA ” 177

VALUTAZIONE FUNZIONALE ” 179

TRATTAMENTO & AUTOTRATTAMENTO ” 186

ESEMPI DI ESERCIZIO TERAPEUTICO SECONDO MCKENZIE ” 187BIBLIOGRAFIA ” 191

X. LA MEDICINA MANUALE

EVOLUZIONE DELLE TECNICHE ” 193

LA MANIPOLAZIONE ARTICOLARE ” 195

THRUST & SNAP ” 196

LE MANIPOLAZIONI VERTEBRALI ” 197

LE MANIPOLAZIONI ARTICOLARI PERIFERICHE ” 206

BIBLIOGRAFIA ” 211

XI. LA “MIRROR TERAPHY”

NEURONI A SPECCHIO E APPRENDIMENTO ” 213

IL SISTEMA MIRROR IN RIABILITAZIONE ” 216

BIBLIOGRAFIA ” 222

XII. LA RIEDUCAZIONE ROBOTICA

ROBOTICA E MEDICINA ” 225

ABILITÀ ROBOTICHE ” 226

TIPI DI MACCHINE PER LA RIABILITAZIONE ROBOTICA ” 228

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LA RIABILITAZIONE ROBOTICA DELL’ARTO SUPERIORE ” 230

SISTEMI ESOSCHELETRICI PER L’ARTO SUPERIORE ” 230

SISTEMI END-EFFECTOR PER L’ARTO SUPERIORE ” 232

LA RIABILITAZIONE ROBOTICA DELL’ARTO INFERIORE ” 234

SISTEMI ESOSCHELETRICI PER L’ARTO INFERIORE ” 234

ESOSCHELETRO IN ALLEVIO DI PESO ” 234

ESOSCHELETRO SOSTITUTIVO ” 239

SISTEMI END-EFFECTOR PER L’ARTO INFERIORE ” 245

BIBLIOGRAFIA ” 248

XIII. LA RIEDUCAZIONE IN REALTÀ VIRTUALE

APPLICAZIONI DELLA REALTÀ VIRTUALE ” 251

CARATTERISTICHE DI UN SISTEMA RIABILITATIVO DI REALTÀ VIRTUALE ” 253

SISTEMI DI REALTÀ VIRTUALE E GRADO DI IMMERSIVITÀ ” 255

REALTÀ VIRTUALE NON IMMERSIVA ” 255

REALTÀ VIRTUALE PARZIALMENTE IMMERSIVA ” 256

REALTÀ VIRTUALE IN TERZA PERSONA: L’AVATAR ” 256

REALTÀ VIRTUALE TOTALMENTE IMMERSIVA ” 258

REALTÀ VIRTUALE AUMENTATA ” 260

TELERIABILITAZIONE ” 266

BIBLIOGRAFIA ” 268

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1CENNI STORICI

La chinesiterapia, intesa come terapia mediante il movimento, è un concetto radi-cato nella nostra societˆ e ha origini culturali talmente lontane che • plausibile ritenere che l’essere umano abbia la consapevolezza che il movimento è l’essenza della vita.

Già nell’antico regno di Persia (4000 A.C.) veniva data grande attenzione alla preparazio-ne fisica, soprattutto in età adolescenziale, con chiari scopi militari.

Tuttavia, mai come nella Grecia del perio-do Classico ed Ellenistico (dal V secolo a.C. alla conquista romana, 31 a.C.) ci fu una più grande considerazione per il benessere del corpo, inteso come un insieme inscindibile di bellezza e salute. Le attività fisiche erano svol-te in vere palestre che consistevano in strutture coperte dedicate all’attività preparatoria agli esercizi, che sarebbero stati poi svolti in spazi esterni. I giovani atleti erano seguiti attenta-mente dal Ò paidotribeÓ , una sorta di allenato-re-fisioterapista-maestro. Molti medici greci

Capitolo 1

LA CHINESITERAPIA IN EUROPA

CENNI STORICI E CLASSIFICAZIONE

Fig. I.1 Ippocrate di

Coo (o Cos, o Kos)

460 a.C. Larissa, 377 a.C.

Fig. I.2.Aulo Cornelio Celso Gallia Narbonense

(14 a.C.– 37 d.C.)

favorirono l’uso della primordiale chinesitera-pia nei loro filosofici concetti. In quell’epoca gli esercizi venivano praticati in completa nu-dità; il termine esercizio, infatti, deriva da ex: venire fuori, arcŽ ere, inteso come il liberare il corpo dagli indumenti o dalle armature.

Alcmeone e Filololao, della celebre scuo-la di Crotone (500 a.C.), ma anche Ippocrate (460 - 370 a.C. circa) nel trattato “il regime nelle malattie acute” incoraggiavano la pratica dell’esercizio fisico, nella ricerca del sommo benessere. I discepoli di Ippocrate sosteneva-no: Ò Il movimento • vita mentre la mancanza di azione • morteÓ .

I Romani raccolsero tante eredit̂ del mondo greco, tra cui quella del culto dell’esercizio fisi-co. Infatti, secondo alcuni, Asclepiade di Bitinia (174 a.C.) può essere considerato il padre della Medicina Fisica, in quanto fondatore della teo-ria e della pratica ginnica romane. La sua terapia si basava sulla prescrizione di sedute ginniche (esercizi, massaggi e bagno) capaci di muovere le articolazioni e stimolare la sudorazione, con-siderata elemento chiave per la guarigione.

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12 Capitolo 1

1

CLASSIFICAZIONE

Nella sua estrema semplificazione, la chi-nesiterapia è il movimento utilizzato come terapia; in realtà, il termine chinesiterapia rac-chiude in sé sia il mezzo che il fine dell’atto terapeutico. Questo ha fatto sì che nei secoli siano stati proposti tanti sinonimi di chinesi-terapia:

ginnastica medica, ginnastica correttiva, rieducazione motoria, riabilitazione, riedu-cazione funzionale, ginnastica preparatoria, esercizio terapeutico, facilitazione neuromu-scolare, …. Nessuno di questi è risultato pie-namente rispondente alla necessità di definire compiutamente questa antica disciplina che da secoli, in ogni parte del mondo, continua

a essere definita chinesiterapia o, se preferite, kinesitherapy (KT).

Anche la classificazione della chinesitera-pia è difficile da proporre, per le innumerevoli sfaccettature che le varie metodiche presen-tano. Ne riportiamo un esempio, (tab. I) deri-vato dalla tassonomia espressa da Farneti nel lontano 1964, integrata dagli sviluppi culturali successivi.

Nella trattazione che segue, per motivi di-dattici, descriveremo le varie tecniche utiliz-zando un criterio più cronologico che tassono-mico, perché ci è sembrato più comprensibile seguire lo sviluppo culturale della riabilitazio-ne nel tempo, anzichè attenerci ad una rigida regola di classificazione.

Tab. I. Classificazione della Chinesiterapia

CHINESITERAPIA PASSIVA

• ALLINEAMENTO POSTURALE ✓ Posture ✓ Ortesi di allineamento

posturale

• MOBILIZZAZIONE PASSIVA > In Rilasciamento > Forzata > Manipolazione articolare

CHINESITERAPIA ATTIVA

• TECNICHE DI POTENZIAMENTO MUSCOLARE

✓ Esercizio isometrico ✓ Esercizio isotonico ✓ Esercizio isocinetico• FACILITAZIONE

NEUROMUSCOLARE• ESERCIZIO TERAPEUTICO

CONOSCITIVO• RIEDUCAZIONE POSTURALE

GLOBALE• RIEDUCAZIONE

PROPRIOCETTIVA• RIEDUCAZIONE ROBOTICA• RIEDUCAZIONE IN REALTA’

VIRTUALE

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Capitolo 2

LE POSTURE TERAPEUTICHE

Il campo di applicazione è talmente vasto da comprendere sia le metodiche di nursing infermieristico che parti importanti di diverse tecniche riabilitative. Le prime esulano dagli scopi del nostro testo e se ne rimanda la de-scrizione a libri infermieristici dedicati (Cra-ven, Kozier).

LÕ allineamento posturale assume partico-lare importanza in un percorso chinesiterapico qualora diventi fonte di corrette informazioni sensoriali, finalizzate a ripristinare o a mante-nere un corretto schema neuro-motorio. Que-sto concetto è valido sia per pazienti neurolo-gici con importanti deficit sensoriali, sia per pazienti ortopedici costretti allÕ immobilizza-zione, sia per pazienti affetti da gravi malattie

reumatiche (v. spondiloartrite anchilosante) in cui la postura passiva corretta è un atto tera-peutico basilare.

LE ORTESI

Le ortesi assumono grande importanza nel favorire il corretto allineamento posturale di un arto affetto o da paralisi o da patologie or-topediche che comportano ipomobilitˆ pro-lungata. Si distinguono: ortesi di posizione (dette anche statiche o impropriamente pas-sive) e ortesi dinamiche.

- Le ortesi di posizione dette comune-mente splint (letteralmente: stecca) sono es-senzialmente delle strutture di contenimento

LA CHINESITERAPIA PASSIVA

Fig. II.1-A. Fig. II.1-B.

Fig. II.1. Postura al letto per pazienti sottoposti ad intervento di protesi di anca di recente impianto, utile a prevenire lussazioni e/o retrazioni muscolo-tendinee; A: posizione supina, B: posizione sul fianco

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14 Capitolo 2

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anatomico per gli arti, realizzate per lo più in materiale termoplastico, modellabile, per essere adattate facilmente alla morfologia dell’individuo. Esistono anche ortesi già confezionate, disponibili in diverse misu-re, abbastanza adattabili a pazienti di taglia standard.

- Le ortesi dinamiche dette impropria-mente splint dinamici, sono tutori anatomici alla cui struttura portante vengono applicate delle forze elastiche, con lo scopo di permet-tere l’uso dell’attività motoria residua e nel contempo mantenere l’allineamento corretto nei segmenti osteo-articolari lesionati.

Vediamo alcuni esempi di tutori utilizzati in patologie di larga diffusione.

Ortesi per le paralisi dell’arto superiore

Le paralisi periferiche possono dipendere da una lesione sia radicolare, sia di plesso, sia di tronco nervoso. Il deficit porta a squilibri funzionali tanto più ampi e gravi quanto più la sede della lesione è “alta”, cioè prossimale. I tutori sono utilizzati per lo più per assistere la funzione della mano.

Schematicamente, i tutori i possono essere descritti in base al territorio neurologico leso a cui devono sopperire, non dimenticando, tut-tavia, che spesso le lesioni sono a carico di più di una struttura nervosa e quindi la confezio-ne di un’ortesi può richiedere una valutazione complessa e una confezione personalizzata.

Fig. II.4-A. Fig. II.4-B.

Fig. II.4. Tutore di posizione per paralisi di nervo radiale: A: in materiale termoplastico custom made B: preconfezionato, ferula dr. Bunnel per estensione polso (Roten®, MB).

Fig. II.2. Postura per paziente emiplegico per contrastare le componenti dominanti della spasticità

Fig. II.3. Postura a sfinge utile a contrastare la retrazione delle anche in flessione a causa dell’eccessiva posizione seduta, utilizzata nella rieducazione di diverse malattie reumatiche (per esempio Artrite

Reumatoide e Spondiloartrite Anchilosante)

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15La Chinesiterapia passiva

2

Fig. II. 6. Tutore di posizione per paralisi distale di nervo mediano

Paralisi in territorio di nervo radialeIl deficit funzionale che esso compor-

ta a carico della mano è sempre importante. È richiesto l’uso di un’ortesi per mantenere le strutture muscolo-tendinee paralizzate nei corretti rapporti morfologici e funzionali, in attesa dell’auspicata re-innervazione.

La lesione “bassa” (o distale) del nervo ra-diale, a livello della mano, causa un deficit dell’estensione delle dita e dell’estensione-abduzione del pollice.

La lesione “alta” (o prossimale) del nervo radiale, per esempio a livello dell’avambrac-cio, causa il deficit dell’estensione del polso, che aggrava notevolmente il danno funziona-le dovuto alla componente distale. Infatti, un polso flesso rende difficoltosa anche la fles-sione delle dita, funzione non di competenza del nervo radiale.

Tutore di posizione. Il tutore mira essen-zialmente a sostenere il polso e mantenere la mano in una posizione ottimale per facilitare la funzione di presa delle dita e di opposizio-ne del pollice. Può essere eseguito su misura, in materiale plastico termo-modellabile (v. Fig. II.4-A) o adattato partendo da ausili pre-confezionati (v. Fig.II.4B).

Tutore dinamico. È costituito da un sistema articolato a molle, che carica il polso in esten-

sione, e da cinque tiranti elastici, che manten-gono le dita in parziale estensione. Ha lo scopo sia di mantenere la postura corretta del polso, sia di consentire la flessione attiva delle dita e il loro ritorno passivo in una posizione di ripo-so (intermedia di flesso-estensione).

Data la complessità di regolazione della tensione degli elastici e delle molle, il tutore dinamico è da preferirsi al precedente qualo-ra si desideri prevenire la retrazione fibrosa dei tendini flessori delle dita e dell’aponeu-rosi palmare.

Paralisi in territorio di nervo medianoNella lesione “bassa”, a livello del polso

(per esempio, per compressione grave al tun-nel carpale), vengono interessati i muscoli I e II interosseo, il capo superficiale del flesso-re breve, l’abduttore breve e l’opponente del pollice. Generalmente il polso è stabile e la prono-supinazione è conservata.

La lesione “alta”, per esempio a livello dell’avambraccio, comporta il deficit moto-rio dei seguenti muscoli: pronatore rotondo, pronatore quadrato, flessore radiale del car-po, flessore superficiale delle dita, flessore lungo del pollice e dell’indice.

Tutore di posizione. Nel caso di lesione bassa in genere è sufficiente uno splint che mantenga il pollice in semplice opposizione (essendo il polso stabile) per favorire l’oppo-sizione pollice–indice (v. Fig. II.6).

Se la lesione è alta il tutore deve sostene-re anche il polso, ed eventualmente assistere la pronazione. In questo caso il tutore mantiene l’avambraccio in una posizione intermedia di

Fig. II.5. Tutore dinamico per paralisi di nervo radiale; ferula dr. Bunnel per estensione polso e dita, con

estensione-abduzione pollice (Roten®, MB).

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16 Capitolo 2

2

prono-supinazione e, contemporaneamente, fa-vorisce l’opposizione del pollice mediante una “C” che avvicina il pollice alle prime due dita.

Tutore dinamico. Prevede un sistema a molle che mantiene le articolazioni delle dita in leggera flessione, per prevenire la retrazione degli estensori mentre viene favorita la ripresa attiva della pinza pollice-indice (v. Fig. II.7).

Paralisi in territorio di nervo ulnareLa lesione “bassa” interessa i muscoli: ad-

duttore, abduttore e flessore breve del pollice,

opponente del mignolo, tutti gli interossei e i lombricali del IV e V dito. L’assenza dell’azio-ne adduttoria del pollice vanifica l’efficienza della pinza laterale (segno di Froment). Inoltre, la riduzione della flessione delle articolazioni metacarpo-falangee (MF), particolarmente evi-dente nel IV e V dito, comporta l’atteggiamen-to noto come “mano benedicente”. Nel tempo, l’ipotrofia dei muscoli interossei e lombricali realizza il quadro clinico dell’ “artiglio ulnare”.

La lesione “alta” del nervo, (in genere al gomito), causa un ulteriore deficit del muscolo flessore ulnare del carpo e del flessore profon-do del IV e V dito. Ciò comporta l’instabilità e la deviazione radiale del polso.

Nel complesso, la paralisi di nervo ulnare causa la perdita del “power grip”, o presa di for-za, dovuta all’azione coordinata del polso e dei muscoli intrinseci della mano. Anche i delicati movimenti fini della mano, come manipolazio-ne di oggetti e la scrittura, ne risentono. Tutta-via, la mano non perde mai completamente la sua funzione, anche se l’ “altezza” della lesione ne determina la gravità effettiva. Per questo, i tutori per la paralisi del nervo ulnare sono meno utilizzati rispetto ai precedenti.

Tutore di posizione. Ha lo scopo di mante-nere stabile l’arco traverso metacarpale e preve-nire l’instaurarsi della deformità ad artiglio. Un altro obiettivo dello splint è impedire che du-rante la presa di forza si realizzi l’iperestensione

Fig. II.8-A Fig. II.8-B

Fig. II.8. Tutore per paralisi di nervo ulnare; A: statico;B: dinamico, ferula dr. Bunnel per flessione metacarpi (Roten®, MB).

Fig. II.7. Tutore dinamico per paralisi di nervo mediano con mantenimento delle dita in semi-flessione; ferula dr. Bunnel

per flessione metacarpi e dita (Roten®, MB).

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Capitolo 6

L’ESERCIZIO TERAPEUTICO CONOSCITIVO

Classe 1940, toscano di Massa, medi-co chirurgo laureatosi all’Università di Pisa, Carlo Perfetti iniziò a metà degli anni ‘60 la propria carriera come neurologo nella clinica delle Malattie Nervose e Mentali dellÕ Univer-sità di Pisa. Negli anni ’70 avvenne l’incontro culturale con Gianfranco Salvini, geriatra fio-rentino che si occupava di riabilitazione. En-trambi erano critici della riabilitazione basata sui riflessi ed ammiravano la neuropsicologia clinica dellÕ Est Europeo, che metteva in luce l’essenzialità dei processi cognitivi (Vigotskij, Lurija, LeontÕ ev, Anochin).

Assieme a Salvini, Perfetti gettò le basi di una metodica riabilitativa originale, denomi-nata Ò Esercizio Terapeutico ConoscitivoÓ , checostituisce tuttÕ oggi la struttura portante del-la Ò Riabilitazione NeurocognitivaÓ . LÕ idea di base • la seguente: Ò É il movimento • azione, elaborata per interagire con la realtà; finaliz-zata alla conoscenza, cio• allÕ assegnazione di un senso nel mondoÓ .

Le prime esperienze vennero condotte presso lÕ ospedale di Calambrone, sul litorale Pisano. In quell’oasi di tranquillità la tecnica dellÕ Esercizio Terapeutico Conoscitivo usc“ dalla fase sperimentale e si strutturò fino a rag-giungere il livello di Scuola.

Nel 1986 Perfetti approdò all’Ospedale Pubblico di Schio, per ricoprire la carica di primario presso la Sezione Recupero e Rie-ducazione Funzionale. Il nuovo ospedale si rivel˜ il posto Ò giustoÓ . La Sezione di Recu-pero dellÕ ospedale di Schio divenne meta di

soggiorno di studio e di tirocinio per numerosi terapisti e medici che, da ogni regione dÕ Italia e da numerose nazioni straniere, venivano ad apprendere quanto elaborato dalla Scuola ria-bilitativa di Perfetti.

Nel 2001, dopo il pensionamento, Per-fetti lasci˜ lÕ ospedale di Schio e si trasfer“ a Santorso di Vicenza, dove, con il supporto del Comune, istitu“ il Ò Centro di Neuroriabilita-zione CognitivaÓ , struttura clinico-terapeutica extra-ospedaliera. LÕ esigenza di coltivare, ol-tra alla clinica, anche la ricerca, fece s“ che alla struttura operativa venne affiancato anche un “Centro Studi”, ove il Professore riveste tutto-ra la carica di direttore scientifico.

Nel tempo, lÕ Esercizio Terapeutico Cono-scitivo (ETC), comunemente chiamato “me-todo Perfetti”, si è guadagnato la stima e la considerazione della maggior parte dei riabili-tatori, non solo Italiani; ha ricevuto favorevoli recensioni in libri di testo e in riviste francesi, spagnole, austriache, svizzere e giapponesi; è stato oggetto di numerose pubblicazioni, con-vegni, corsi e congressi internazionali. Attual-mente, lÕ ETC ricopre un ruolo, originale e in-sostituibile, nellÕ insegnamento presso nume-rose scuole per terapisti e fisiatri, sia italiane che estere.

LA FACILITAZIONE CORTICALE

Negli anni Õ 70 la teoria e la modalitˆ con cui si proponeva lÕ Esercizio Terapeutico Co-noscitivo erano decisamente controcorrente. Nello stesso periodo dominavano la scena mondiale altre tecniche. Nel mondo anglosas-

IL METODO PERFETTI

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104 Capitolo 6

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SUSSIDI TERAPEUTICI

Il primo Esercizio Terapeutico Conosciti-vo proposto da Perfetti utilizzava sussidi mol-to semplici, come spessori di varia consisten-za, piste tracciate su cartoni…

Sono state poi proposte tavolette e pedane oscillanti, che hanno generato non poca con-fusione con la tecnica propriocettiva, che ha nell’automaticità sottocorticale il suo target principale e che quindi richiede, come vedre-mo, strategie terapeutiche completamente di-verse dall’ ECT.

I sussidi si suddividono in fissi e mobili.

Sussidi fissi

Sono attrezzi molto semplici, preparabili in qualsiasi condizione, in qualsiasi palestra. Constano di:

- oggetti: strutture piane con superficie di varia tipologia (liscia, ruvida); strut-ture tridimensionali di forma simile e diversa dimensione senza significato semantico; numeri e lettere in rilievo; spugne di varia consistenza (dura, ela-stica). Il quesito percettivo è l’indivi-duazione della caratteristica peculiare di un oggetto appartenente alla stessa categoria.

- piste percettive: sono linee tracciate su carta o cartoni; servono a ricercare non solo la percezione cutanea del movi-mento ma anche il senso stereognosico sia delle articolazioni che dell’arto.

Le piste possono essere tracciate secondo fogge e direzioni varie e cercano di riprodurre i movimenti elementari del distretto anatomi-co, in una sequenza di complessità crescente.

NOTA.– L’assenza della vista è la condizione base

per l’esecuzione dell’esercizio percettivo (1°) e percettivo-motorio (2°); al contra-rio, la vista deve essere sempre utilizzata per la verifica finale dell’esercizio.

Fig. VI.5-A

Fig. VI.5-B

Fig. VI.5-C

Fig. VI.5. Esempi di sussidi fissi per l’Esercizio Terapeutico Conoscitivo A: oggetti di forma semplice, simili nella dimensione e forma, diversi per la tipologia di superficie (rugosa o liscia...); B: oggetti di forma semplice, simili nella forma e nella

superficie, diversi per la dimensione; C: traiettorie semplici (lineari) graduate.

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109Il Metodo Perfetti

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Lo strumento utilizzato è un ponte gra-duato (v. Fig. VI.14 -A). L’entità del movi-mento deve essere proporzionata alle capaci-tà discriminative e motorie del paziente e non deve evocare l’irradiazione abnorme.

L’esercizio successivo prevede l’uso di un sussidio mobile, vale a dire di una tavola basculante in senso trasversale su di una cer-niera (Fig. VI.14-B). In questo esercizio di 2°-3°, il paziente deve percepire la differente consistenza di spessori o spugne poste sotto la tavoletta e controllare che il basculamento dell’unità motoria mano/avambraccio avven-ga senza un’irradiazione abnorme alle dita.

Fig. VI.13. Esercizi per il polso in flessione-estensione con arco graduato

Fig. VI.12-A Fig. VI.12-B

Fig. VI.12. Esercizi per il polso in inclinazione ulnare e radiale;A: con settori numerici (orologio); B: con piste percettive

Fig. VI.14-A Fig. VI.14-B

Fig. VI-14. Esercizi per la prono-supinazione polso/avambraccio;A: con supporto ad arco; B: su sussidio mobile

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110 Capitolo 6

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Esercizi per il gomito e la spalla

Vengono usate soprattutto piste percet-tive, a varia foggia e di complessitˆ crescente. LÕ esercitazione viene proposta prima in scar-ico, fondamentale nel 1° e 2° grado (v. Fig. VI.15- A). Segue poi la rieducazione in gravitˆ ridotta, infine libera (v. Fig. VI-15 -B).

La conclusione • la sommatoria delle unitˆ funzionali in gesti finalizzati.

LA RIEDUCAZIONE DEL CAMMINO

Concepita per la rieducazione dellÕ emi-plegico, la rieducazione al cammino con schemi perfettiani ha un senso compiuto solo nellÕ obiettivo di un recupero qualitativo dello schema del passo. Diversamente, altre tecni-che consentono di raggiungere unÕ attivitˆ de-ambulatoria in un lasso di tempo assai pi• bre-ve e, spesso, con risultati funzionalmente sod-disfacenti alle necessitˆ del paziente. LÕ eser-cizio terapeutico conoscitivo mira dunque ad una Ò qualitˆ Ó che deve essere attentamente bilanciata con le esigenze reali del paziente. Infatti, la tecnica comporta un lungo e assai minuzioso addestramento.

Fig. VI.15-A Fig. VI.15-A Fig. VI.15-B

Fig. VI.15. Esercizi analitici per spalla- gomito e ricombinazione del gesto; A: in favore di gravità; B: contro gravità

Esercizi al letto

Fin dalle prime fasi dellÕ evento acuto dell’ictus cerebri (ma discorso analogo po-trebbe esser fatto anche per molte condizio-ni post-chirurgiche ortopediche) • assai utile non lasciare lÕ apparato sensoriale degli arti inferiori nel silenzio percettivo. A questo fine, gli esercizi di 1° e 2° grado sono assai utili e praticabili precocemente. Essi consta-no di riconoscimenti di movimenti elemen-tari, eseguiti sul piano del letto: a ginocchio esteso, per focalizzare lÕ attenzione al movi-mento dell’anca; a ginocchio flesso, per coin-volgere anche i recettori del ginocchio. Nelle fasi acute • assai comune evidenziare un de-

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LA PROPRIOCEZIONE

La rieducazione propriocettiva • una tec-nica chinesiterapica largamente diffusa, sia in ambiente medico che sportivo, dove, oltre che per la riabilitazione post-traumatica, • uti-lizzata anche per migliorare la performance dellÕ atleta. A fronte delle tante applicazioni, la

Capitolo 7

LA RIEDUCAZIONE PROPRIOCETTIVA

Fig. VII. 1. Rieducazione propriocettiva: dalla presa di coscienza posturale, al potenziamento propriocettivo, fino al miglioramento della performance.

rieducazione propriocettiva appare non ancora del tutto definita e in continua evoluzione.

Ad occuparsi per primo di propriocezione fu il neurologo francese Duchenne di Boulo-gne (1806-1875) che, con le sue osservazioni sullÕ atassia motoria, scopr“ lÕ esistenza delle sensazioni propriocettive dei muscoli e delle articolazioni.

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122 Capitolo 7

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mantenere la presa di un oggetto che scivola dalla mano in maniera semi-incosciente.

• 4° livello corticale. L’attivazione corticale si verifica in un

tempo compreso tra 120-180 millise-condi dalla stimolazione dei proprio-cettori; induce le risposte volontarie vere e proprie, atte a favorire la me-morizzazione delle percezioni e il mi-glioramento degli schemi funzionali.

OBIETTIVI DELLA RIABILITAZIONE PROPRIOCETTIVA

Come abbiamo visto, il livello d’integra-zione della stimolazione propriocettiva più efficace a contrastare il disequilibrio è quello sottocorticale. La rieducazione propriocettiva è una tecnica che si rivolge prevalentemente al livello sottocorticale; non ha come obiet-tivo la “coscientizzazione” del movimento; al contrario, mira essenzialmente all’automa-tizzazione della risposta motoria, utilizzando circuiti brevi mono-sinaptici o pauci-sinapti-ci. Spesso, infatti, in condizione di disequili-brio, la velocità della risposta e motoria è più importante della coscienza e della complessi-tà della risposta stessa.

La tecnica propriocettiva non trova dun-que nella sottocorticalità un limite, ma piutto-sto il fine principale, che tuttavia non esclude la “coscientizzazione” del movimento, atta a favorire l’elaborazione e l’apprendimento di strategie motorie complesse che saranno utili nelle successive esperienze sensomotorie.

LAVORO IN CATENA CINETICA APERTA E CHIUSA

La rieducazione propriocettiva opera non tanto per singoli muscoli o distretti, quanto per catene cinetiche.

Le catene cinetiche Sono sistemi meccanici costituiti da seg-

menti rigidi collegati tramite giunzioni mobi-li, dette giunti meccanici. Riportando lo sche-

Fig. VII.2. Integrazione della propriocezione ai vari livelli del SNC.

Fig. VII.3. Schema della catena cinetica anteriore dell’arto superiore. La spalla rappresenta il sistema di stabilizzazione (semi-vincolo prossimale);

il gomito, il giunto meccanico dei segmenti; la mano, l’elemento distale libero.

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123La Rieducazione Propriovettiva

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ma nel corpo umano, i segmenti sono rappre-sentati dalle ossa e i giunti dalle articolazioni. I muscoli sono i generatori del movimento e spesso sono rappresentati graficamente come molle; in realtà, i muscoli, pur possedendo caratteristiche elastiche, sono soprattutto si-stemi attivi, in quanto non sono solo gene-ratori di movimento, ma anche dotati di pro-priocettori.

Le catene cinetiche sono unità anatomo-funzionali ormai ampiamente riconosciute; pertanto, considerare la muscolatura in senso classico, cioè come un insieme di elementi meccanici semplici, è del tutto superato. Tut-te le volte che eseguiamo un esercizio fisico, non attiviamo un singolo gruppo muscolare ma l’intera catena meccanica e propriocettiva in cui questo è inserito.

Catena Cinetica Aperta (CCA)

È il sistema in cui l’estremità distale è priva di un vincolo fisso.

Per l’arto superiore, dove la gestualità coinvolge sempre la mano, l’attività in CCA è uno schema di movimento più comune che per l’arto inferiore.

Schemi in CCA molto frequenti sono, per esempio: il lancio e la presa di un oggetto, la spinta a una porta... . È aperta anche la catena cinetica dell’arto superiore durante la scrittu-ra, dove il movimento rotatorio della mano è basato sulla minima pressione della penna sul foglio: la scrittura è tanto più rapida quanto più il contatto è limitato.

Per l’arto inferiore la CCA è meno fre-quente, ma tutt’altro che occasionale: l’al-lontanamento di un oggetto, come il calcio dato a un pallone, è una CCA. Anche la fase oscillante del passo può essere vista come una condizione di CCA. Le CCA sono spes-so usate nella riabilitazione dell’arto inferio-re nella preparazione del carico e delle altre attività eseguite poi in CCC.

Catena Cinetica Chiusa (CCC)

È rappresentata da un sistema la cui estre-mità distale presenta un vincolo fisso o semi-fisso, nel senso che la catena non è completa-mente libera di muoversi nello spazio durante l’esecuzione del gesto.

Per l’arto superiore la CCC è rappresen-tata da attività quali: l’appoggio a un passa-mano nella salita e discesa delle scale; la so-spensione ad un montante in autobus; l’uso del manubrio della bicicletta o del volante dell’auto…

Per l’arto inferiore la CCC può essere rappresentata dalla condizione meccanica che si realizza durante tutte le reazioni di soste-gno. L’esercitazione in CCC si può svolgere sia in carico parziale che totale; quest’ultimo, anche con contrasto (v. Fig.VII.4).

Fig. VII.4. Esercizi propriocettivi in CCC con contrasto

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140 Capitolo 7

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Fig. VII.16- A Fig. VII.16- B

Fig. VII.16-C Fig. VII.16-D

Fig. VII.16-E

Fig.VII.16. Esempi di esercizi propriocettivi in CCC Ad occhi aperti e occhi chiusi per la stabilizzazione dell’arto superiore, a complessità crescente

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IL METODO MCKENZIE

La tecnica McKenzie • nata negli anni ottanta in Nuova Ze-

landa; • una rieducazione specifica per il rachide; si

basa su una buona conoscenza dell’anatomia, della chinesiologia

e delle metodiche riabilitative con-temporanee. Inoltre, esprime un em-

pirismo squisitamente anglosassone: • il risultato terapeutico a comprovare e guidare

il programma riabilitativo. Questa metodica, concepita per la lom-

balgia, si • rapidamente allargata al tratta-mento del rachide in toto e, infine, degli arti. Gli obiettivi terapeutici sono la riduzione del dolore contestualmente al recupero della fun-zione.

Il metodo McKenzie ha rappresentato per quegli anni un evento assolutamente innovati-vo perché, facendo riferimento al rachide, ha introdotto il concetto dellÕ utilitˆ dellÕ esercizio

Capitolo 9

LA RIEDUCAZIONE VERTEBRALE

Fig. IX.1. Postura “base” in estensione

in estensione (v. Fig. IX.1). Infatti, fino ad al-lora, il trattamento della lombalgia si basava principalmente su esercizi di rilassamento dei muscoli estensori del rachide e di rinforzo dei muscoli addominali; questi ultimi per favorire il “sostegno pneumatico anteriore” al rachide (Kapandij).

Il suo ideatore è Robin McKenzie, fi-sioterapista neozelandese, autore di cinque libri: Ò Prendersi cura della propria schi-ena Ó , Ò Prendersi cura del proprio collo Ó , Ò The Lumbar Spine, Mechanical Diagnosis and TherapyÓ , Ò The Cervical and Thoracic Spine, Mechanical Diagnosis and TherapyÓ , Ò The Human Extremities, Mechanical Diag-nosis and TherapyÓ .

McKenzie, nel corso della sua carriera, ha ricevuto molti riconoscimenti da prestigiose organizzazioni, quali: American Physical The-rapy Association; International Society for the study of the Lumbar Spine, American Back Society, New Zealand Society of Physiothera-

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180 Capitolo 9

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IX.3) o essere causati da più direzio-ni di movimento (multidirezionali). Si cercherà allora di ripristinare la corret-ta meccanica articolare del segmento interessato con manovre mirate, consi-stenti in trazioni lente e ripetute, eser-cizi rilassanti e contrazioni muscolari stabilizzanti.

· I movimenti test evidenziano la perdita di alcune direzioni articolari. Il qua-dro clinico con ogni probabilità sotten-de una sindrome da derangement. Se le manovre terapeutiche non riducono il dolore o addirittura lo accentuano con la periferizzazione dello stesso, la prima indicazione è quella di agire in un’altra direzione di movimento; se, al contrario, il test determina sollievo o

centralizza il dolore, allora è corretto proseguire con il trattamento in quella direzione di movimento.

Di seguito elenchiamo i movimenti-test per il rachide cervicale, dorsale e lombare; i test vanno eseguiti al primo trattamento e ripetuti successivamente nei controlli per verificare la risposta terapeutica.

Come la maggior parte delle tecniche riabi-litative dell’epoca, anche l’esercizio McKenzie tiene conto della regola del non dolore; tutta-via, il concetto che guida la scelta dell’esercizio McKenzie nella scelta di una manovra rispetto ad un’altra non è solo la regola del non dolore: la manovra-test deve essere anche efficace nella ridurre la sintomatologia. Il movimento da dia-gnostico diventa terapeutico.

MOVIMENTI TEST PER IL RACHIDE CERVICALE

1a. Flessione In ortostatismo

1b. Flessione Da seduto

2a. Estensione In ortostatismo

2b. Estensione Da seduto

3a. Protrusione (spostamento del mento il più avanti possibile) In ortostatismo

3b. Protrusione (spostamento del mento il più avanti possibile) Da seduto

4a. Retrazione (portare il mento verso il collo) In ortostatismo

4b. Retrazione (portare il mento verso il collo) Da seduto

5a. Rotazione laterale (destra e sinistra) In ortostatismo

5b. Rotazione laterale (destra e sinistra) Da seduto

6a. Inclinazione laterale (destra e sinistra) In ortostatismo

6b. Inclinazione laterale (destra e sinistra) Da seduto

Tab. IX.1. Movimenti test per il rachide cervicale

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181La Rieducazione Vertebrale

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Fig.

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188 Capitolo 9

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Fig. IX.10. Esercizio di auto-trattamento in estensione del rachide dorsale da supino

Fig. IX.11. Esercizio con contrasto del terapista da prono

Fig. IX.9-A Fig. IX.9-B

Fig. IX.9. Rotazione laterale rachide cervicale; A: in auto-trattamento; B: con iperpressione

Esempi di esercizi per il rachide dorsale

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189La Rieducazione Vertebrale

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Fig. IX.12-A

Fig. IX.12-B

Fig. IX.12. Sequenza dell’esercizio da prono (A) in estensione per il rachide lombare, (B) in auto-trattamento; è il più classico degli esercizi McKenzie.

Esempi di esercizi per il rachide lombare

Fig. IX.13-A Fig. IX.13-B

Fig. IX.13. Sequenza di postura in estensione per il rachide lombare; A: Postura in estensione, in ortostatismo; B: auto-estensione del paziente

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Fig. IX.14-A

Fig. IX.14-B

Fig. IX.14-C

Fig. IX.14. Sequenza di esercizio in flessione per il rachide lombare da supino;A: postura base; B: autocorrezione; C: il fisioterapista completa l’esercizio con una mobilizzazione passiva forzata.

Esempi di esercizi per il rachide lombare

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Capitolo 11

LA MIRROR THERAPY

NEURONI A SPECCHIO E APPRENDIMENTO

Tra gli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso un gruppo di ricercatori dellÕ Universitˆ di Parma, coordinato da Giacomo Rizzolatti (tra questi: Fadiga, Fogassi, Gallese e Di Pellegrino), ipo-tizz˜ una nuova categoria funzionale di neuro-ni corticali: i neuroni a specchio.

La teoria dei neuroni a specchio venne di-vulgata tramite numerose riviste scientifiche che subito ne colsero l’importanza. Da allora, i neuroni mirror hanno rivoluzionato diver-si campi della Neurofisiologia, non ultima la Neuro-riabilitazione. Infatti, se ogni forma di riabilitazione • apprendimento, non si pu˜

ignorare lÕ esistenza di questa nuova via di ap-proccio neuro-funzionale.

Il sistema dei neuroni a specchio è sta-to evidenziato per la prima volta nelle scim-mie, dove • stato mappato con precisione: i Ò mirrorÓ prevalgono nella corteccia premo-toria e nel lobo parietale inferiore. Le inda-gini sullÕ uomo, eseguite prevalentemente mediante risonanza magnetica funzionale, hanno permesso di ipotizzare una notevole rassomiglianza topografica con i dati ottenuti sull’animale. Inoltre, nell’uomo, anche l’area del giro frontale inferiore, nella sua porzione posteriore, • apparsa ricca di neuroni a spec-chio (Rizzolatti).

Prima della teoria dei neuroni mirror, si pensava che l’apprendimento avvenisse essen-zialmente attraverso due meccanismi: lÕ uno deduttivo e lÕ altro simulativo. Il sistema mir-ror si pone come terzo meccanismo: intuitivo, parallelo agli altri, non alternativo.

Apprendimento deduttivo. Secondo questo percorso, quando lÕ indivi-

duo osserva il comportamento di un suo simile o qualunque altro evento contenente unÕ in-cognita, attiva l’apparato sensoriale che in-via un complesso dÕ informazioni alle regioni corticali ad attivitˆ cognitiva. QuestÕ ultime, a loro volta, confrontano le informazioni ottenu-te con le precedenti esperienze personali e le elaborano fino a comprenderne il significato e ad attivare i pattern logicamente conseguenti. In sintesi, si può dire che, identificata la causa di unÕ azione, lÕ individuo ne deduce la conclu-sione pi• probabile e prepara la reazione pi• idonea.Fig. XI.1. I neuroni a specchio utilizzano un sistema di apprendimento intuitivo.

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Fig. XI.5-A

Fig. XI.5-B

Fig. XI.5-C

Fig. XI.5-D

Fig.XI. 5 mirror therapy per l’arto inferiore. A, B, C: utilizzo di palla propriocettiva per imitare le fasi dello schema del cammino (D)

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