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Universit` a di Torino Corso di Studi in Scienza dei Materiali Laurea Magistrale in Scienza dei Materiali A. A. 2013-2014 TEORIA DEL FUNZIONALE DELLA DENSIT ` A Appunti del corso Bartolomeo Civalleri [appunti aggiornati al September 16, 2014] 1

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Page 1: TEORIA DEL FUNZIONALE DELLA DENSITA Appunti del corso · DELLA DENSITA Appunti del corso Bartolomeo Civalleri [appunti aggiornati al September 16, 2014] 1. Premessa ... 3 Matrici

Universita di Torino

Corso di Studi in Scienza dei Materiali

Laurea Magistrale in Scienza dei Materiali

A. A. 2013-2014

TEORIA DEL FUNZIONALEDELLA DENSITA

Appunti del corso

Bartolomeo Civalleri

[appunti aggiornati al September 16, 2014]

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Premessa

Queste note richiamano gli argomenti svolti nel modulo di Teoria del Funzionale della Densitadel corso opzionale di Complementi di Scienza dei Materiali Computazionale per la LaureaMagistrale in Scienza dei Materiali presso l’Universita di Torino.

NOTA: Gli appunti sono in continuo aggiornamento e quindi alcuni capitoli possono non esserecompleti o in fase di revisione. Le figure sono state rimosse per evitare problemi di copyright(contattare il docente)

Testo di riferimento:Koch, W., Holthausen, M.C.; A Chemist’s Guide to Density Functional Theory, Wiley-VCH,Weinheim, 2000

Altri testi consultabili per approfondimenti sono:

• Parr, R.G; Yang, W. Density Functional Theory of Atoms and Molecules, OxfordUniversity Press, NY, 1989

• Dreizler, R.M.; Gross, E.K.U. Density Functional Theory: An Approach to the Many-Body Problem; Springer-Verlag, Berlin, 1990

• Gill, P.W.M.; Density Functional Theory (DFT), Hartree-Fock (HF), and the Self-consistent Field, in Encyclopedia of Computational Chemistry, Schleyer, P.v.R.; Allinger,N.L.; Clark, T.; Gasteiger, J.; Kollman, P.A.; Schaefer III, H.F.; Schreiner, P.R. (eds.);Wiley, Chichester, 1998, vol. A, pp. 678-689

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Contents

1 Introduzione 51.1 Dalla funzione d’onda alla densita elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.2 Un esempio semplice: il modello di Thomas-Fermi . . . . . . . . . . . . . . . 8

2 Teoremi di Hohenberg-Kohn 112.1 Teorema I: la densita come variabile base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112.2 Teorema II: principio variazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142.3 Il problema della v- e N-rappresentabilita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162.4 Riformulazione di Levy-Lieb: la ricerca-vincolata . . . . . . . . . . . . . . . . 162.5 Estensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.5.1 Sistemi con polarizzazione di spin . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182.5.2 Dipendenza dalla temperatura e ensemble statistici . . . . . . . . . . . 182.5.3 Dipendenza dalla densita di corrente . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192.5.4 Dipendenza dal tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

3 Matrici densita e buca di scambio e correlazione 203.1 Matrici densita e operatore densita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.2 Matrici densita ridotte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213.3 Matrici densita spinless . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243.4 Densita di paia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253.5 Buca di scambio-correlazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

3.5.1 La buca di Fermi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283.5.2 La buca di Coulomb . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293.5.3 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

4 Approccio di Kohn-Sham 324.1 Sistema di elettroni non interagenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 324.2 Funzionale di scambio e correlazione ed equazioni di Kohn-Sham . . . . . . . 344.3 Discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

4.3.1 Significato delle autofunzioni di Kohn-Sham . . . . . . . . . . . . . . 374.3.2 Significato degli autovalori di Kohn-Sham . . . . . . . . . . . . . . . . 384.3.3 Significato del potenziale di XC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384.3.4 Nota su scambio esatto e funzionale di scambio e correlazione . . . . . 39

4.4 Connessione adiabatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404.4.1 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

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5 Funzionali di scambio e correlazione 435.1 La scala di Giacobbe (Jacob’s Ladder) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 445.2 Funzionali di scambio e correlazione ibridi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

5.2.1 Funzionali ibridi globali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 485.2.2 Funzionali ibridi di tipo Range-Separated (RSH) . . . . . . . . . . . . 49

5.3 Metodi doppio-ibridi (Double-Hybrids) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 505.3.1 Metodo B2-PLYP (S. Grimme JCP 124 (2006)034108) . . . . . . . . 50

5.4 Alcune note schematiche sulla costruzione di un funzionale . . . . . . . . . . . 515.4.1 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

5.5 Funzionali locali e correzioni per il gradiente da GEA (GGA) . . . . . . . . . 53

6 Implementazione dei metodi DFT 556.0.1 Implementazione dei metodi DFT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55

7 Valutazione dei metodi DFT 60

A Sul concetto di funzionale e derivata di un funzionale 62A.1 Funzionale e derivata funzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62A.2 Formula di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65A.3 Minimo di un funzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

B PBE’s type exchange functionals and functional derivatives 69

C B97-like exchange-correlation functional and functional derivatives 73

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Chapter 1

Introduzione

1.1 Dalla funzione d’onda alla densita elettronica

Consideriamo l’approccio tradizionale (o standard) ai metodi della meccanica quantistica in-centrato sull’uso come variabile base della funziona d’onda.Per una molecola con N elettroni si deve risolvere l’equazione di Schrodinger HΨ = EΨ,dove l’operatore Hamiltoniano elettronico ha l’espressione

Helec = −1/2N∑i

∇2i −

N∑i

M∑A

ZAria

+N∑i

N∑j>i

1

rij+

M∑A

M∑B>A

ZAZBRAB

(1.1)

dove ria = |ri −RA|, rij = |ri − rj| e RAB = |RA −RB|.Helec puo essere riscritto evidenziando la dipendenza da un potenziale esterno, Vext, rappre-sentato dall’interazione con i nuclei atomici, v(ri) =

∑MA

ZA

ria, quindi

Helec = −1/2N∑i

∇2i −

N∑i

v(ri) +N∑i

N∑j>i

1

rij(1.2)

Dalle relazioni (1.1) e (1.2) risulta che Helec e completamente definito quando sono noti:

1. il numero di elettroni, N

2. il potenziale esterno, Vext, che a sua volta e definito da

• carica nucleare, ZA

• posizione dei nuclei, RA

Dato l’operatore H (tralasciamo l’indicazione elec) e possibile risolvere l’equazione di Schrodingere ottenere la funzione d’onda e l’energia. Per fare questo siamo aiutati da un importante stru-mento: il principio variazionale, che stabilisce che

〈Ψtr|H|Ψtr〉 = Etr ≥ E0 = 〈Ψ0|H|Ψ0〉 (1.3)

esiste quindi una relazione funzionale tra E e Ψ

E = E[Ψ]

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L’energia e un funzionale della funzione d’onda.Possiamo esprimere il principio variazionale anche come

E = minΨ→N

E[Ψ] = minΨ→N〈Ψ|H|Ψ〉 = min

Ψ→N〈Ψ|Te + Vext + Vee|Ψ〉

dove Ψ→ N significa che si ricerca la Ψ tra tutte le funzioni d’onda N -elettroniche fisicamenteaccettabili (continue, con derivate continue e di quadrato integrabile - vedere primo postulatodella QM)Ad esempio per il metodo Hartree-Fock si ha

E = minΦ→N〈Φ|H|Φ〉 = min

Φ→NE[Φ]

dove il minimo si ottiene ricercando il miglior set di spinorbitali che definiscono il determinantedi Slater, Φ.Quindi, mettendo insieme tutte queste osservazioni possiamo dire che dati N,ZA,RA questidefiniscono l’operatore hamiltoniano che attraverso la soluzione dell’equazione di Schrodingerdeterminano Ψ e l’energia, E. Possiamo indicare questo con

N,ZA,RA =⇒ H =⇒ Ψ =⇒ E

Otteniamo, allora, cheE = E[N, Vext]

dove si evidenzia che l’energia dipende dal numero di elettroni e dal potenziale esterno.La relazione funzionale scritta sopra non vale solo per l’energia, ma per qualsiasi altra osserv-abile. Il valore di aspettazione per un’osservabile e dato infatti da O = 〈Ψ|O|Ψ〉.Anche la densita elettronica, ρ(r), si puo ottenere da Ψ come

ρ(r1) = N

∫· · ·∫|Ψ(x1,x2, ...,xN)|2ds1dx2 · · · dxN

questa e la probabilita di trovare uno qualsiasi degli N elettroni nell’elemento di volume dr1

con spin arbitrario (gli altri N − 1 elettroni hanno posizione e spin arbitrari). ρ(r) e piupropriamente una densita di probabilita.La densita elettronica, ρ(r), ha una serie di importanti proprieta

• ρ(r) e positiva

• ρ(r) dipende dalle sole variabili spaziali: ρ(x, y, z)

• ρ(r) svanisce all’infinito: ρ(r→∞) = 0

• integrata da il numero di elettroni totale:∫ρ(r1)dr1 = N

Inoltre, ρ(r)

• e un osservabile fisica, ottenibile da esperimenti di diffrazione di raggi X

• presenta dei massimi solo in corrispondenza della posizione dei nuclei, RA

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• sui nuclei e presente una cuspide, conseguenza della singolarita nel termine−ZA

riAdell’hamiltoniano

per riA → 0. Questa cuspide dipende dalla carica nucleare attraverso la relazione

limriA→0

[∂

∂r+ 2ZA

]ρ(r) = 0

dove ρ(r) e la media sferica di ρ(r)

ρ(r) =1

∫ π

0

∫ 2π

0

ρ(r) sin θdθdφ

La condizione di cuspide puo ugualmente essere espressa come

−2ZA =∂ ln ρ(r)

∂riA|ri=RA

La relazione sopra e facilmente verificabile nel caso di un atomo (ad esempio, si provi

come esercizio a verificarlo per l’atomo di idrogeno per il quale Ψ1s = 1π1/2

(Za

)3/2e−Z

ra ).

Nel caso molecolare la densita elettronica e mediata sfericamente nell’intorno della po-sizione dei nuclei, RA.

• decade con un andamento esponenziale asintotico per grandi distanze dai nuclei come

ρ(r) ∝ exp[−2√

2I|r|]

dove I e il potenziale di ionizzazione

Quindi ρ(r), come Ψ, contiene tutti gli ingredienti necessari per definire l’operatore hamilto-niano: N,ZA,RA; e di conseguenza tutte le proprieta molecolari. Si puo scrivere

ρ(r) =⇒ N,ZA,RA =⇒ H =⇒ Ψ =⇒ E

Possiamo allora affermare che l’energia e un funzionale della densita elettronica

E = E[ρ(r)]

e vale il seguente principio variazionale

E = minρ→N,Vext

E[ρ]

dove ρ→ N, Vext indica che la ricerca va fatta su tutte le ρ accettabili dal punto di vista fisicoe cioe che integrate diano il numero totale di elettroni, N , e che definiscano univocamente ilpotenziale esterno, Vext.Questi due risultati corrispondono ai due teoremi di Hohenberg-Kohn. Il primo stabiliscel’esistenza del funzionale, E[ρ], e il secondo definisce un principio variazionale.

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1.2 Un esempio semplice: il modello di Thomas-Fermi

I primi tentativi di usare la densita elettronica come variabile base risalgono in realta alleorigini della meccanica quantistica. Infatti, nel 1927, Thomas e Fermi in modo indipendente,proposero un semplice modello meccanico-statistico della struttura elettronica degli atomi. Inpratica il modello di Thomas-Fermi ha un interesse prevalemtemente storico con scarsa utilitaconcreta, ma e da considerarsi il primo esempio di quella che diventera la teoria del funzionaledella densita.Thomas e Fermi considerano un sistema ideale di elettroni non interagenti, cioe un gas uniformedi elettroni non interagenti. L’energia del sistema in esame dipendera quindi esclusivamentedall’energia cinetica degli elettroni. Anche se l’assunzioni fatte sono molto drastiche e pos-sibile dimostrare che per tale sistema l’energia dipende solamente dalla densita elettronica ρ(r).

Dividiamo lo spazio in piccoli cubetti (celle) ognuno di lato l e volume ∆V = l3, ognuno con-tenente un numero fissato di elettroni ∆N (che puo essere diverso da cella a cella). Assumianoquindi che gli elettroni in ogni cella si comportino come particelle fermioniche indipendenti aT = 0K e che le celle siano tra loro indipendenti.I livelli energetici delle particelle in una buca di potenziale tridimensionale infinita sono dati da

ε(nx, ny, nz) =h2

8ml2(n2

x + n2y + n2

z) =h2

8ml2R2

dove nx, ny, nz = 1, 2, 3, ....Per numeri quantici elevati, cioe per grandi valori di R, il numero di livelli energetici con energiaminore di ε puo essere approssimato dal volume di un ottante di una sfera di raggio R nellospazio (nx, ny, nz). Questo numero e

Φ(ε) =1

8

(4πR3

3

)=π

6

(8ml2ε

h2

)3/2

(1.4)

Il numero di livelli energetici tra ε e ε+ δε e quindi

g(ε)∆ε = Φ(ε+ δε)− Φ(ε) =π

4

(8ml2

h2

)3/2

ε1/2δε+O((δε)2) (1.5)

dove la funzione g(ε) e la densita degli stati con energia ε.Per calcolare l’energia totale di una cella con ∆N elettroni, occorre conoscere la probabilitadi occupazione dello stato con energia ε che indichiamo con f(ε). Questa e data dalla dis-tribuzione di Fermi-Dirac

f(ε) =1

1 + eβ(ε−µ)(1.6)

dove β = 1kBT

e kB e la costante di Boltzmann. A T = 0K la ?? si riduce alla funzionegradino

f(ε) = 1, ε < εF (1.7)

f(ε) = 0, ε > εF (1.8)

con β → ∞, dove εF e l’energia di Fermi. Tutti gli stati con energia minore di εF sonooccupati mentre quelli con energia maggiore sono non-occupati.

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Sommando i contributi dovuti ai diversi stati energetici, si ricava l’energia totale degli elettroninella cella

∆E = 2∫εf(ε)g(ε)dε

= 4π(

2mh2

)3/2l3∫ εF

0ε3/2dε

= 8π5

(2mh2

)3/2l3ε

5/2F

(1.9)

dove il fattore 2 indica che ogni livello e doppiamente occupato da un elettrone con spin α e unaltro con spin β. L’energia di Fermi e legata al numero di elettroni ∆N nella cella attraversola formula

∆N = 2

∫f(ε)g(ε)dε =

3

(2m

h2

)3/2

l3ε3/2F (1.10)

Eliminando εF dalla 1.9 usando la 1.10 si ricava

∆E =3π

5∆NεF =

3h2

10m

(3

)2/3

l3(

∆N

l3

)5/3

(1.11)

L’equazione 1.11 e la relazione tra l’energia cinetica totale e la densita elettronica ρ =∆N/l3 = ∆N/V per ogni cella nello spazio. (Notare che celle diverse possono avere val-ori diversi di ρ.)Sommando i contributi da tutte le celle si ottiene l’energia cinetica totale che in unita atomichediventa

TTF [ρ] = CF

∫ρ5/3(r)dr (1.12)

dove

CF =3

10(3π2)2/3 = 2.871 (1.13)

ed e stato considerato il limite per ∆V → 0 con ρ = ∆N/∆V = ρ(r) con valore finito perpassare da una somma ad un integrale.Questo e il famoso funzionale energia cinetica di Thomas-Fermi che fu applicato allo studiodegli elettroni negli atomi.

Nota: in questa approssimazione e stato assunto che le proprieta elettroniche siano determi-nate da funzionali della densita elettronica che localmente si rifanno ad un sistema elettronicoomogeneo. Questa assunzione e alla base di quella che vedremo essere l’approssimazione lo-cale dei funzionali della densita (local density approximation, LDA).

Se al contributo cinetico dato dalla 1.12 si sommano le energie elettrostatiche classiche diattrazione elettrone-nucleo e repulsiva elettrone-elettrone (trascurando i contributi di scambioe correlazione) si ottiene per un atomo l’energia espressa solo in termini della densita elettronica

ETF [ρ(r)] = CF

∫ρ5/3(r)dr−

∫Z

rρ(r)dr +

1

2

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

|r1 − r2|dr1dr2 (1.14)

Questo e il funzionale energia totale nella teoria atomica di Thomas-Fermi. Per le molecolel’espressione sopra puo essere opportunamente modificata.

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Si puo assumere allora che per lo stato fondamentale di un atomo la densita elettronicaminimizza il funzionale ETF [ρ(r)] soggetto al vincolo

N = N [ρ(r)] =

∫ρ(r)dr (1.15)

dove N e il numero totale di elettroni nell’atomo. Usando il metodo dei moltiplicatori di La-grange, la densita elettronica dello stato fondamentale deve soddisfare il principio variazionale

δ

ETF [ρ]− µTF

(∫ρ(r)dr−N

)= 0 (1.16)

che porta all’equazione di Eulero-Lagrange

µTF =δETF [ρ]

δρ(r)=

5

3CFρ

2/3(r)− φ(r) (1.17)

dove φ(r) e il potenziale elettrostatico nel punto r generato dal nucleo e dall’intera distribuzioneelettronica

φ(r) =Z

r−∫

ρ(r2)

|r− r2|dr2 (1.18)

L’equazione di Eulero-Lagrange puo essere risolta insieme al vincolo per ricavare la densitaelettronica che inserita nella 1.14 permette di ottenere l’energia dello stato fondamentale.

Il modello di Thomas-Fermi puo essere esteso ad un gas di elettroni integragenti includendo icontributi di scambio (Dirac-Slater, TFD)[3, 4] e correlazione (Wigner, TFDW)[5] o per tenereconto di effetti di non omogeneita del gas di elettroni (Weizsacker, Kirzhnitz, TFW)[6, ?]. Lacrudezza delle approssimazioni del modello lo rendono inaccurato per la descrizione di atomi emolecole ed e stato dimostrato non essere in grado ne di riprodurre la struttura a guscio degliatomi ne di dare alcuna legame tra gli atomi in una molecola [7].

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Chapter 2

Teoremi di Hohenberg-Kohn

La formulazione moderna della teoria del funzionale della densita ha avuto origine con il famosoarticolo di P. Hohenbger e W. Kohn (HK) del 1964[8]. Gli autori dimostrarono che un ruolochiave puo essere assegnato alla densita di particelle per lo stato fondamentale di un sistemamulti-corpi. La densita diventa quindi la variabile base per la descrizione del sistema in quantotutte le proprieta osservabili possono essere considerate funzionali unici della densita dellostato fondamentale.

A differenza da quanto visto per il modello di Thomas-Fermi, l’approccio di Hohenberg e Kohne di formulare la teoria del funzionale della densita come una teoria esatta per un sistema multi-corpi. A fini del corso, noi consideriamo un sistema di multielettronico a nuclei fissi descrittodall’hamiltoniano

Helec = −1/2N∑i

∇2i −

N∑i

v(ri) +N∑i

N∑j>i

1

rij(2.1)

ma la teoria e del tutto generale e si applica ad un sistema di particelle (fermioni o bosoni)soggette all’azione di un potenziale esterno Vext(r).La formulazione di basa su due teoremi fondamentali.

2.1 Teorema I: la densita come variabile base

Teorema I:Per qualsiasi sistema di particelle interagenti soggetto all’azione di un potenziale esternoVext(r), il potenziale Vext(r) e determinato unicamente, a meno di una costante, dalla densitadi particelle nello stato fondamentale, ρ0(r).

CorollarioDato che l’hamiltoniano e completamente definito, eccetto che per uno shift di energia, neconsegue che sono anche definite le funzioni d’onda multi-particelle per tutti gli stati (fonda-mentale ed eccitati). Percio tutte le proprieta del sistema sono completamente determinatedata la sola densita dello stato fondamentale ρ0(r).

Dimostrazione:

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Consideriamo un sistema di multielettronico il cui la funzione d’onda Ψ0 dello stato fonda-mentale sia non degenere.(Nota: l’estensione al caso degenere e facile, ma vedremo piu avanti che e possibile general-izzare i teoremi di HK in una formulazione che vale per stati degeneri e non degeneri).L’hamiltoniano 2.1 puo essere scritto in modo conciso come

H = T + Vext + Vee

La dimostrazione ”intuitiva” vista in precedenza che l’energia e un funzionale della densitaelettronica puo essere formalizzata in tre passaggi:

A. Esiste una corrispondenza biunivoca tra il potenziale esterno Vext(r) e la funzione d’onda

Ψ0. Come gia sottolineato, definire Vext(r) corrisponde a definire H e quindi la funzione

d’onda Ψ che soddisfa 〈Ψ0|H|Ψ0〉, con E0 energia dello stato fondamentale.Dato Vext(r), la funzione d’onda Ψ0 e univocamente definita. Se cosı non fosse, sarebbepossibile avere due potenziali diversi Vext(r) e V ′ext(r), che differendo tra loro per piu di unacostante

Vext(r)− V ′ext(r) 6= cost (2.2)

(potenziali del tipo Vext(r) = V ′ext(r) + cost sono considerati equivalenti) danno origine allastessa funzione d’onda Ψ.Per dimostrare che questo non e vero, partiamo dalle corrispondenti equazioni di Schrodingersi ha

〈Ψ|H|Ψ〉 = 〈Ψ|T + Vext + Vee|Ψ〉 = E0

e〈Ψ′|H ′|Ψ′〉 = 〈Ψ′|T + V ′ext + Vee|Ψ′〉 = E ′0

se fosse Ψ = Ψ′ per sottrazione si avrebbe

(Vext − V ′ext)|Ψ〉 = (E0 − E ′0)|Ψ〉 (2.3)

Dato che Vext e V ′ext sono potenziali moltiplicativi, la 2.3 porterebbe a Vext− V ′ext = E0−E ′0 =∆E(cost) in contraddizione con la 2.2.Questo dimostra quindi

Vext ⇐⇒ H ⇐⇒ Ψ

B. Esiste una corrispondenza univoca tra Ψ0 e ρ(r). Questa relazione e implicita nelladefinizione di ρ

ρ(r) = N

∫· · ·∫|Ψ(x1,x2, ...,xN)|2ds1dx2 · · · dxN

e quindi possiamo scrivereΨ =⇒ ρ(r)

C. Alla densita elettronica ρ(r), che corrisponde a uno stato fondamentale non degenere,corrisponde univocamente un potenziale esterno Vext(r). Lo si dimostra per assurdo.Siano Vext(r) e V ′ext(r) due potenziali diversi, tali che Vext(r) 6= V ′ext(r) + cost, cui corrispon-

dono le hamiltoniane H e H ′ e quindi le due autofunzioni per lo stato fondamentale Ψ0 e Ψ′0

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che per quanto dimostrato prima (A) sono diverse. Supponiamo pero che Ψ0 e Ψ′0 definiscanola stessa densita di carica ρ(r).Per il teorema variazionale, dato che Ψ0 6= Ψ′0, ed essendo lo stato fondamentale non degenere,vale

E0 = 〈Ψ0|H|Ψ0〉 < 〈Ψ′0|H|Ψ′0〉ma anche

E ′0 = 〈Ψ′0|H ′|Ψ′0〉 < 〈Ψ0|H ′|Ψ0〉da cui

〈Ψ0|H − H ′|Ψ0〉 < 〈Ψ′0|H − H ′|Ψ′0〉dato che le hamiltoniane differiscono solo per il potenziale esterno si ottiene

〈Ψ0|Vext − V ′ext|Ψ0〉 < 〈Ψ′0|Vext − V ′ext|Ψ′0〉

che si puo scrivere come∫ρ(r)[vext(r)− v′ext(r)]dr <

∫ρ′(r)[vext(r)− v′ext(r)]dr

da cui ρ(r) < ρ′(r), ma essendo per ipotesi ρ(r) ≡ ρ′(r), si arriva ad un assurdo.Non possono quindi esistere due potenziali esterni diversi che generano la stessa densita elet-tronica. Ne consegue che

ρ(r) =⇒ vext(r)

Riassumendo i risultati ottenuti si ricava

vext(r) ⇐ ρ(r)m ⇑H ⇔ Ψ0

(2.4)

da cui risulta che non solo esiste una relazione diretta tra Ψ0 e ρ(r), ma anche una relazioneinversa, percio la funzione d’onda e un funzionale della densita Ψ0[ρ] e di conseguenza tuttele proprieta (osservabili) del sistema

〈Ψ[ρ]|O|Ψ[ρ]〉 = O[ρ]

sono funzionali della densita.Con particolare riferimento all’energia, il primo teorema di HK stabilisce quindi l’esistenza delfunzionale

Ev[ρ] = Vext[ρ] + T [ρ] + Vee[ρ]

in cui si e evidenziata la dipendenza esplicita da vext(r) e che i singoli contributi all’energiatotale sono essi stessi dei funzionali della densita, come appena dimostrato.

E possibile, a questo punto, esplicitare nell’espressione dell’energia, i contributi che dipendonodal sistema stesso: il potenziale esterno dovuto all’interazione attrattiva elettrone-nucleo equelle che sono universali perche la loro espressione non dipende da N,RA e ZA

Ev[ρ] =

∫ρ(r)vext(r)dr + T [ρ] + Vee[ρ]

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Raccogliendo i termini che sono indipendenti dal sistema

Ev[ρ] =

∫ρ(r)vext(r)dr + FHK [ρ]

si puo definire il funzionale universale di HK

FHK [ρ] = T [ρ] + Vee[ρ] = 〈Ψ[ρ]|T + Vee|Ψ[ρ]〉

FHK [ρ] e universale nel senso che e lo stesso funzionale per atomi, molecole e solidi indipen-dentemente dal fatto che l’interazione degli elettroni sia con un nucleo, alcuni nuclei o unreticolo cristallino.

2.2 Teorema II: principio variazionale

Teorema II:E possibile definire un funzionale universale per l’energia, E[ρ], in termini della densita ρ(r),valido per qualsiasi potenziale esterno vext(r). Dato un qualunque potenziale esterno vext(r),l’energia esatta dello stato fondamentale del sistema e il minimo globale di questo funzionalee la densita ρ(r) che minimizza il funzionale e la densita esatta dello stato fondamentale.

CorollarioLa conoscenza del funzionale E[ρ] e sufficiente, da sola, a determinare esattamente l’energia ela densita dello stato fondamentale. In generale, stati elettronici eccitati devono essere deter-minati in altri modi. Anche proprieta all’equilibrio termico (con T 6= 0 K) come ad esempiola capacita termica sono determinate direttamente come funzionale della densita passandoattraverso la definizione dell’energia libera come funzionale della densita.

Dimostrazione:Il secondo teorema di HK puo anche essere riformulato come: data una densita di prova ρ(r),tale che soddisfi le condizioni ρ(r) ≥ 0,

∫ρ(r)dr = N e che sia associata a un qualche

potenziale esterno vext(r),E0 ≤ Ev[ρ] (2.5)

Per dimostrare il teorema, notiamo che il primo teorema di HK stabilisce che ρ determina

v, l’hamiltoniana˜H e la funzione d’onda Ψ. Per quest’ultima vale il principio variazionale

definito dalla relazione 1.3 e quindi puo essere utilizzata come funzione d’onda di prova perl’hamiltoniana generata dal potenziale esterno vero vext(r), cioe

〈Ψ|H|Ψ〉 ≥ 〈Ψ0|H|Ψ0〉 = E0[ρ0]

quindi per il primo teorema di HK vale

T [ρ] + Vee[ρ] +

∫ρ(r)vextdr = Ev[ρ] ≥ E0[ρ0]

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che e il risultato cercato.

Assumendo che Ev[ρ] sia differenziabile, il principio variazionale stabilito sopra fornisce unostrumento molto utile per ricavare l’energia dello stato fondamentale imponendo che

δ

Ev[ρ]− µ

(∫ρ(r)dr−N

)= 0 (2.6)

che si riduce alla risoluzione dell’equazione di Eulero-Lagrange

µ =δEv[ρ]

δρ(r)= vext(r) +

δFHK [ρ]

δρ(r)

Se si conoscesse la forma esatta del funzionale FHK [ρ] da inserire nella 2.6 si sarebbe risoltoil problema di trattare un sistema multielettronico in modo esatto. Per farlo occorre dareuna forma esplicita ai funzionali energia cinetica e repulsione elettrone-elettrone. Purtroppo,la loro forma funzionale non e nota. Per il momento limitiamoci pero ad estrarre da Vee[ρ]almeno il contributo coulombiano classico, J [ρ], che e noto

Vee[ρ] =1

2

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12

dr1dr2 + Encl[ρ] = J [ρ] + Encl[ρ]

dove Encl[ρ] e un termine non classico di interazione elettrone-elettrone che contiene tutti glieffetti di correlazione elettronica e di auto-interazione.

Il secondo teorema di HK limita, di fatto, l’applicabilita del principio variazionale, definito dalla2.5, allo stato fondamentale del sistema poiche e valido solo per E0, a differenza del primoteorema che e valido per tutti gli stati elettonici del sistema. In questo caso non viene fornitaalcuna indicazione per gli stati eccitati.

In sintesi:

• tutte le proprieta di un sistema definito dal potenziale esterno vext(r) sono determinatedalla densita dello stato fondamentale;

• l’energia dello stato fondamentale associata ad una densita ρ(r) e ottenibile attraversola relazione funzionale

∫ρ(r)vext(r)dr + FHK [ρ];

• questo funzionale raggiunge il suo valore minimo, rispetto a tutte le densita permesse,se e solo se la densita usata e la vera densita elettronica dello stato fondamentale (cioe,ρ(r) = ρ0(r))

questi tre punti che implicano: Ψ[ρ], universalita e teorema variazionale, costituiscono laformulazione classica dei teoremi di HK.

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2.3 Il problema della v- e N-rappresentabilita

Quanto detto finora nasconde un problema teorico di carattere piu formale: esistono dellerestrizioni allo spazio delle densita nella definizione di funzionale data da HK?In realta, la dimostrazione originale di HK e ristretta alle densita ρ(r) che sono le densita dellostato fondamentale dell’hamiltoniana elettronica associate ad un qualche potenziale esternovext(r). Queste densita vengono chiamate v-rappresentabili. Esiste quindi uno spazio, cheraccoglie tutte le possibili densita, all’interno del quale si possono definire e costruire i fun-zionali della densita.In altre parole, non tutte le densita possibili sono valide nel contesto del primo teorema diHK. Dovrebbero essere considerate solo quelle che sono associate con una funzione d’ondaantisimmetrica e un operatore hamiltoniano che contiene un qualche potenziale esterno. Unaltro problema che si origina da questo aspetto e quello di stabilire quando la ρ e accettabile(v-rappresentabile). Al momento non sono note le condizioni matematiche che devono esseresoddisfatte dalla ρ per essere v-rappresentabile.

Si puo dimostrare, come vedremo meglio nella prossima sezione, che il problema della v-rappresentabilita non e essenziale e che la teoria DFT puo essere riformulata in modo tale darichiedere che per il funzionale e per il principio variazionale, la densita debba soddisfare unacondizione meno restrittiva, la cosiddetta N-rappresentabilita.Una densita e N-rappresentabile se puo essere ottenuta da una qualche funzione d’onda an-tisimmetrica N-elettronica. In questo caso le condizioni matematiche perche una densita siaN-rappresentabile sono note

ρ(r) ≥ 0,∫ρ(r)dr = N , e

∫|∇ρ1/2|2dr <∞

(cioe condizioni di: non negativita, normalizzazione e continuita) e sono soddisfatte da prati-camente qualsiasi densita.Le funzioni v-rappresentabili sono ovviamente un sottoinsieme di quelle N-rappresentabili.

2.4 Riformulazione di Levy-Lieb: la ricerca-vincolata

Una definizione alternativa di funzionale della densita e stata proposta da Levy e Lieb. Essaha alcuni vantaggi rispetto alla definizione data nei teoremi di HK:

• estende la definizione di funzionale della densita rendendola piu trattabile formalmentee chiarisce il suo significato fisico;

• fornisce una via per arrivare al funzionale esatto;

• porta alla stessa densita e energia di minimo come nell’analisi di HK e si applica ancheal caso di stati fondamentali degeneri.

L’idea di Levy e Lieb (LL) e di definire una procedura di minimizzazione in due passi.Partendo dall’espressione dell’energia in termini della funzione d’onda

E = 〈Ψ|Te + Vext + Vee|Ψ〉 = 〈Ψ|T |Ψ〉+ 〈Ψ|Vee|Ψ〉+

∫ρ(r)vext(r)dr

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L’energia dello stato fondamentale puo essere ricavata minimizzando l’espressione sopra rispettoa tutte le Ψ antisimmetriche N-elettroniche.

E0 = minΨ→N〈Ψ|Te + Vext + Vee|Ψ〉

Quella che determina l’autovalore piu basso e la funzione d’onda dello stato fondamentale Ψ0.Per collegare il principio variazionale sopra alla teoria DFT, si considera solo l’insieme difunzioni Ψ che danno la stessa densita ρ(r) e si cerca la Ψ che minimizza l’energia

E = minΨ→ρ(r)

[〈Ψ|T + Vee|Ψ〉

]+

∫ρ(r)vext(r)dr

a questo punto si minimizza l’energia per quella data densita ρ(r)

E0 = minρ(r)→N

(min

Ψ→ρ(r)

[〈Ψ|T + VeeΨ〉

]+

∫ρ(r)vext(r)dr

)Dalle espressioni sopra si puo definire il funzionale universale di Levy-Lieb FLL[ρ] come

FLL[ρ] = minΨ→ρ(r)

〈Ψ|T + VeeΨ〉

quindi

E0 = minρ(r)→N

(FLL[ρ] +

∫ρ(r)vext(r)dr

)Bisogna notare che

• Il significato di E0 e quindi il minimo della somma di energia cinetica e repulsioneelettronica cercato tra tutte le possibili Ψ che danno la stessa densita ρ0;

• la ricerca e vincolata (constrained-search) perche si considera solo l’insieme delle funzionid’onda che danno la densita ρ0(r) a differenza del caso tradizionale

E0 = minΨ→N〈Ψ|H|Ψ〉

dove la ricerca considera l’intero spazio delle funzioni d’onda antisimmetriche N-elettroniche;

• il funzionale di LL e definito per qualsiasi densita che sia N-rappresentabile;

• FLL[ρ0] = FHK [ρ0] quando ρ0 e v-rappresentabile;

• la definizione di FLL elimina la restrizione della dimostrazione originale di HK di avereuno stato fondamentale non degenere;

• anche se questa formulazione e piu generale non fornisce alcuna via pratica per potersfruttare le enormi potenzialita offerte dalla teoria DFT.

• Nel passare dalla complessita della Ψ, funzione a 4N -variabili, alla densita elettronica,ρ(r), funzione di tre sole variabli, tutta la complessita si trasferisce nel funzionale F [ρ]che non e noto.

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2.5 Estensioni

I teoremi di HK possono essere generalizzati al caso di particelle di diverso tipo o per condizionidiverse. Di seguito sono elencate alcune delle estensioni della teoria del funzionale della densitacon alcuni commenti e non verranno discusse ulteriormente. Per dettagli vedere i riferimenticitati.

• sistemi con polarizzazione di spin

• sistemi non elettronici e multicomponenti

• stati eccitati

• dipendenza dalla temperatura e ensemble statistici

• dipendenza dal tempo (TD-DFT - Time Dependent-DFT)

• dipendenza dalla densita di corrente (Current-DFT)

2.5.1 Sistemi con polarizzazione di spin

In questo caso, oltre al potenziale esterno esiste un potenziale locale magnetico di interazioneelettronica spin-spin (tipo Zeeman). Cioe il potenziale agisce solo sugli spin e non sul motoorbitale degli elettroni.All’interno di questo modello, i teoremi visti possono essere generalizzati per includere duetipi di densita: la densita elettronica totale, ρ(r) = ρα(r) + ρβ(r), e la densita di spin,s(r) = ρα(r)− ρβ(r). Questo porta al funzionale dell’energia

E = EHK [ρ(r), s(r)] ≡ E[ρ(x)]

dove x = r, σ.Questa generalizzazione costituisce la Spin-DFT che e la base per poter trattare sistemi mul-tielettronici con molteplicita di spin non nulla. E quindi essenziale per la descrizione di solidicon ordine magnetico, come ad esempio nel caso della stabilita relativa di fasi antiferro- eferro-magnetiche.In assenza di un campo magnetico tipo Zeeman, la soluzione a piu bassa energia puo avere unapolarizzazione di spin ρα(r) 6= ρβ(r). Questo e un caso analogo alla soluzione unrestrictedcon rottura di simmetria che si ritrova nella teoria di Hartree-Fock.

Aggiungere note su SDFT e teoremi di HK

2.5.2 Dipendenza dalla temperatura e ensemble statistici

I teoremi di HK validi a T = 0 K si possono estendere a sistemi multi-particelle all’equilibriotermico per diversi ensemble statistici. Questo fu dimostrato da Mermin subito la pubblicazionedell’articolo di Hohenberg-Kohn.L’estensione porta a conclusioni ancora piu generali perche non solo l’energia interna, ma anchel’entropia, la capacita termica, l’energia libera, ... sono funzionali della densita elettronica.Inoltre, i teoremi possono anche essere estesi al caso in cui si abbia un sistema all’equilibriotermico con potenziale chimico costante, ma con fluttazioni del numero di elettroni.

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2.5.3 Dipendenza dalla densita di corrente

Nel caso in cui l’effetto di un campo magnetico esterno coinvolge non solo i termini elettronicispin-spin, la densita elettronica da sola non e piu sufficiente, ma occorre includere anche ladensita di corrente j = −p. E possibile dimostrare che anche in questo caso i teoremi di HKsono validi e quindi tutte le proprieta del sistema sono funzionali di ρ e j.Questa teoria rappresenta una delle attuali frontiere di sviluppo della teoria DFT.

2.5.4 Dipendenza dal tempo

La dipendenza dal tempo tiene conto dell’evoluzione temporale di uno stato quantistico.E stato dimostrato che, data una funzione d’onda iniziale al tempo t, l’evoluzione della Ψ(r, t)a qualsiasi altro tempo t′ e un funzionale unico della densita dipendente dal tempo ρ(r, t). Ladimostrazione che esiste questa relazione funzionale e un principio variazionale corrispondentee stata data nel 1985 da Runge e Gross. Su questa formulazione si basa anche l’estensionedella teoria DFT agli stati eccitati.

Aggiungere note su TDDFT e teoremi di HK, riferimenti a RG e review Dreuw/Head-Gordon

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Chapter 3

Matrici densita e buca di scambio ecorrelazione

3.1 Matrici densita e operatore densita

Il concetto di matrice densita e molto generale ed e stato introdotto nella meccanica statisticaquantistica per descrivere un sistema il cui stato quantistico non e completamente specificato.In questi casi esistono diverse funzioni d’onda compatibili con l’informazione data e occorreuna qualche media statistica oltre alla media quantistica, che definisce il valore atteso, datada una delle funzioni d’onda.Qui non discuteremo gli aspetti formali, ma ne introduciamo solo la definizione e poi ne dis-cuteremo velocemente alcune proprieta per arrivare a definire la densita di paia e la buca discambio e correlazione.

Sappiamo che il significato fisico di Ψ(rN , sN), funzione d’onda di un sistema N -elettronico,e legato al suo modulo quadro |Ψ|2 che rappresenta una funzione distribuzione di probabilita

|Ψ(rN , sN)|2drN

dove drN = dr1, dr2, ..., drN ; rN = r1, r2, ..., rN e sN e l’insieme s1, s2, ..., sN .|Ψ|2 da cioe la probabilita di trovare il sistema N -elettronico con coordinate spaziali tra rN erN + drN e coordinate di spin uguali a sN .Usando x ≡ r, s, la quantita sopra diventa

ΨN(x1x2 · · ·xN)Ψ∗N(x1x2 · · ·xN) (3.1)

E possibile generalizzare questa espressione per definire un oggetto del tipo

γN(x′1x′2 · · ·x′N ,x1x2 · · ·xN) ≡ ΨN(x′1x

′2 · · ·x′N)Ψ∗N(x1x2 · · ·xN) (3.2)

Si considerano quindi due set di variabili indipendenti x′N e xN che possono essere pensaticome due insiemi di indici che attraverso la 3.2 restituiscono un valore numerico che si puoconsiderare come un elemento di una matrice che viene chiamata matrice densita.Nel caso in cui xi = x′i per tutti i valori di i, si ottiene un elemento diagonale della matriceche corrisponde alla 3.1.

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La 3.2 puo anche essere vista come la rappresentazione nello spazio continuo delle coordinatex con base |x1x2 · · ·xN) dell’operatore densita

|ΨN〉〈ΨN | = γN (3.3)

dato che

〈x′1x′2 · · ·x′N |γN |x1x2 · · ·xN〉 = (x′1x′2 · · ·x′N |ΨN〉〈ΨN |x1x2 · · ·xN)

= ΨN(x′1x′2 · · ·x′N)Ψ∗N(x1x2 · · ·xN)

(3.4)

La matrice densita e quindi la rappresentazione dell’operatore densita nello spazio delle coor-dinate.L’operatore γN e un operatore proiezione, e Hermitiano, e, se ΨN e normalizzata, la tracciadell’operatore e

tr(γN) =

∫ΨN(xN)Ψ∗N(xN)dxN = 1

dove, in una base continua, la sommatoria sugli elementi diagonali diventa un integrale.

Una proprieta importante nel formalismo della matrice densita e che l’espressione del valormedio di un’osservabile che corrisponde all’operatore O diventa

〈O〉 = tr(γN O) = tr(OγN) (3.5)

che si puo verificare tenendo conto che

tr(OγN) =∫〈xN |O|ΨN〉〈ΨN |xN〉dxN

=∫〈xN |O

[∫|x′N〉〈x′N |dx′N

]|ΨN〉〈ΨN |xN〉dxN

=∫ ∫〈xN |O|x′N〉〈x′N |ΨN〉〈ΨN |xN〉dxNdx′N

=∫ ∫

O(x′,x)γN(x′,x)dxNdx′N

=∫ ∫

Ψ∗N(xN)O(x′,x)ΨN(x′N)dxNdx′N

(3.6)

dove si e usata la relazione di completezza∫|xN〉〈xN |dxN = 1 e che O(x′,x) e la rappresen-

tazione dell’operatore O nella base continua dello spazio delle coordinate. Per un operatorelocale O(x′,x) = O(x)δ(x′ − x), la 3.5 si riduce alla forma classica∫

Ψ∗N(xN)O(x)ΨN(xN)dxN = 〈ΨN |O|ΨN〉

La relazione 3.5 rappresenta un risultato importante perche evidenzia che l’operatore densitacontiene le stesse informazioni della funzione d’onda N -elettronica.

3.2 Matrici densita ridotte

La matrice densita definita in precedenza viene anche detta matrice densita di ordine N. Datopero che l’operatore H dipende solo da operatori mono- e bi-elettronici e non dipende in modoesplicito dallo spin (cosı come gli operatori corrispondenti ad altre osservabili), l’espressione3.2 puo essere quindi semplificata integrando su N − 2 variabili. Per elettroni (fermioni), laΨN deve essere antisimmetrica. Questa integrazione consente di definire delle matrici densita

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ridotte.In generale, si definisce la matrice densita ridotta di ordine p l’espressione

γp(x′1x′2 · · ·x′p,x1x2 · · ·xp) =

=

(Np

)∫· · ·∫γN(x′1x

′2 · · ·x′pxp+1 · · ·xN ,x1x2 · · ·xp · · ·xN)dxp+1 · · · dxN

Di particolare interesse sono quindi la matrice densita del secondo ordine

γ2(x′1x′2,x1x2) =

N(N − 1)

2

∫· · ·∫

Ψ(x′1x′2x3 · · ·xN)Ψ∗(x1x2x3 · · ·xN)dx3, ..., dxN

(3.7)e del primo ordine

γ1(x′1,x1) = N

∫· · ·∫

Ψ(x′1x2 · · ·xN)Ψ∗(x1x2 · · ·xN)dx2, ..., dxN (3.8)

Le due matrici sono rispettivamente normalizzate al numero di coppie N(N−1)2

e al numero dielettroni N .La matrice densita del primo ordine puo essere ottenuta da γ2 per integrazione

γ1(x′1,x1) =2

N − 1

∫γ2(x′1x2,x1x2)dx2 (3.9)

in questo caso non e necessaria la matrice densita ridotta γ2(x′1x′2,x1x2) completa, ma e

sufficiente quella a tre variabili γ2(x′1x2,x1x2).Ovviamente alle due matrici densita introdotte sopra corrispondono due operatori densita γ2

e γ1 che sono Hermitiani e le cui corrispondenti matrici densita sono le loro rappresentazioninello spazio delle coordinate.Inoltre, devono essere antisimmetriche rispetto allo scambio di due particelle, come implicitonella definizione di γN . In particolare, per la matrice densita di ordine 2 si ha

γ2(x′1x′2,x1x2) = −γ2(x′2x

′1,x1x2) = −γ2(x′1x

′2,x2x1) = γ2(x′2x

′1,x2x1) (3.10)

Un importante risultato, legato alle matrici densita ridotte, riguarda il valor medio di unosservabile.Per un operatore monoelettronico

O1 =N∑i=1

O1(xi, x′i)

si ottiene

〈O1〉 = tr(γN O1) =

∫O1(x1,x

′1)γ1(x′1,x1)dx1dx

′1 (3.11)

se l’operatore e locale, come ad esempio la parte monoelettronica dell’operatore Hamiltoniano,si ha

O1 =N∑i=1

O1(xi, x′i)δ(x

′i − xi) =

N∑i=1

O1(xi)

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e il corrispondente valor medio diventa

〈O1〉 =

∫[O1(x1)γ1(x′1,x1)]x′1=x1

dx1 (3.12)

dove la notazione adottata indica che O1 agisce solo su x e che x′ viene trasformato in x dopol’applicazione di O1 e prima dell’integrazione

La 3.12 si puo verificare facilmente usando la 3.8

〈O1〉 =∫

Ψ∗(x1x2 · · ·xN)[∑N

i=1O1(xi)]

Ψ∗(x1x2 · · ·xN)dx1dx2 · · · dxN=

∑Ni=1

∫Ψ∗(x1x2 · · ·xN)O1(xi)Ψ(x1x2 · · ·xN)dx1dx2 · · · dxN

=∑N

i=1

∫[O1(xi)Ψ(x1x2 · · ·xN)Ψ∗(x′1x

′2 · · ·x′N)]x′i=xi

dx1dx2 · · · dxN=

∫xidxi[O1(xi)

∫Ψ(x1x2 · · ·xN)Ψ∗(x′1x

′2 · · ·x′N)dx1 · · · dxj 6=i · · · dxN

]x′i=xi

=∑N

i=11N

∫[O1(xi)γ1(x′i,xi)]x′i=xi

dxi(3.13)

da cui, per l’indistiguibilita degli elettroni, si arriva alla 3.12.Anche per gli operatori bielettronici si arriva ad un risultato analogo. Dato che per il problemache ci interessa gli operatori sono locali, si considera solo la parte diagonale

O2 =N∑i=1

N∑j>i

O2(xixj, x′ix′j)δ(x

′i − xi)δ(x′j − xj) =

N∑i=1

N∑j>i

O2(xi, xj)

si ottiene il corrispondente valor medio in termini della matrice densita di ordine 2

〈O2〉 = tr(γN O2) =

∫ ∫[O2(x1,x2)γ2(x′1x

′2,x1,x2)]x′1=x1,x′2=x2

dx1dx2 (3.14)

Considerando l’operatore Hamiltoniano e utilizzando le relazioni precedenti, si arriva all’importanterisultato

E = tr(γNH) = E[γ1, γ2] = E[γ2]

=∫ [(−1

2∇2

1 + v(r1))γ1(x′1,x1)

]x′1=x1

dx1 +∫ ∫ [

1r12γ2(x′1x

′2,x1,x2)

]x′1=x1,x′2=x2

dx1dx2

(3.15)che l’energia e esprimibile in termini delle matrici densita di ordine 1 e 2, ma per la 3.9 la solamatrice densita di ordine 2 e necessaria.E allora evidente che la funzione d’onda multielettronica contiene piu informazione di quantane e necessaria per determinare il valor medio delle osservabili. La ridondanza di informazionecontenuta nella funzione d’onda si spiega considerando il carattere statistico (valor medio)dell’informazione che si e in grado di estrarre circa le osservabili fisiche.Si potrebbe quindi pensare di usare la γ2 come variabile base e ottenere l’energia per mini-mizzazione dell’espressione sopra rispetto alla γ2, ma c’e una grossa difficolta nel realizzarequesto a causa del problema della N -rappresentabilita della matrice densita di ordine 2. Re-centi sviluppi hanno pero in parte superato questo problema ed e stato proposto un metodoper implementare questa idea [10].

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3.3 Matrici densita spinless

Facciamo un ulteriore passo avanti integrando (o meglio sommando) le matrici densita dei variordini rispetto alle variabili di spin. Si ottengono in questo modo le cosiddette matrici densitaspinless i cui elementi diagonali corrispondono a delle densita elettroniche.Possiamo quindi definire la matrici densita spinless di ordine 1 e 2 come

ρ1(r′1, r1) =∫γ1(r′1s1, r1s1)ds1

= N∫· · ·∫

Ψ(r′1s1x2 · · ·xN)Ψ∗(r1s1x2 · · ·xN)ds1dx2 · · · dxN(3.16)

e

ρ2(r′1r′2, r1r2) =

∫γ2(r′1s1r

′2s2, r1s1, r2s2)ds1ds2

= N(N−1)2

∫· · ·∫

Ψ(r′1s1r′2s2x3 · · ·xN)Ψ∗(r1s1r2s2x3 · · ·xN)ds1ds2dx3 · · · dxN

(3.17)Da cui si possono estrarre gli elementi diagonali che sono rispettivamente

ρ(r1) = ρ1(r1, r1)

= N∫· · ·∫|Ψ|2ds1dx2 · · · dxN

(3.18)

la densita elettronica (densita di probabilita di avere un elettrone in r1, indipendentemente dalsuo stato di spin) e

ρ2(r1, r2) = ρ2(r1r2, r1r2)

= N(N−1)2

∫· · ·∫|Ψ|2ds1ds2dx3 · · · dxN

(3.19)

la densita elettronica di paia (densita di probabilita di avere un elettrone in r1 e un altro in r2,indipendentemente dal loro stato di spin).Le due matrici densita, ρ1 e ρ2 sono ovviamente legate

ρ1(r′1, r1) =2

N − 1

∫ρ2(r′1r2, r1r2)dr2

da cui

ρ(r1) =2

N − 1

∫ρ2(r1, r2)dr2 (3.20)

Quando gli operatori mono e bielettronici non dipendono in modo esplicito dalle variabili dispin si possono ottenere, in analogia alle 3.12 e 3.14, le espressioni dei valori medi in terminidelle matrici densita spinless di ordine 1 e 2.In particolare, se l’operatore H non contiene termini di spin, l’espressione dell’energia 3.15diventa

E = E[ρ1(r′1, r1), ρ2(r1r2)] = E[ρ2(r′1r′2, r1r2)]

=∫ [−1

2∇2

rρ1(r′, r)]r′=r

dr +∫v(r)ρ(r)dr +

∫ ∫1r12ρ2(r1, r2)dr1dr2

(3.21)

dove, dato che l’operatore cinetico non e un operatore moltiplicativo (∇2r = ∇r ·∇r′) dipende

dalla matrice densita di ordine 1 completa, ρ1(r′1, r1), mentre gli altri operatori sono locali eagiscono solo sulla parte diagonale di ρ1 e ρ2.In questo caso l’energia dipende solo piu da funzioni di tre o al massimo sei variabili.

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3.4 Densita di paia

Come si vede dalla 3.21 la densita di paia spinless, ρ2(r1, r2), e la corrispondente densita dipaia

γ2(x1,x2) =N(N − 1)

2

∫· · ·∫|Ψ(x1x2x3 · · ·xN)|2dx3, ..., dxN (3.22)

(e conseguentemente le matrici densita che le generano) giocano un ruolo determinante nelladescrizione della repulsione elettrone-elettrone e quindi della correlazione dei moti elettronici.La 3.22 definisce la densita di probabilita di trovare una coppia di elettroni con spin s1 e s2

in r1 e r2 simultaneamente, indipendentemente dalla posizione e dallo stato di spin degli altriN − 2 elettroni.Per elettroni non interagenti, la densita di paia si riduce al semplice prodotto delle probabilitaindividuali

γ2(x1,x2) =N − 1

Nγ1(x1)γ1(x2) (3.23)

il fattore N−1N

tiene conto che del fatto che se uno degli N elettroni e in x1, la probabilita ditrovare un altro elettrone simultaneamente in x2 si riduce di quel fattore perche l’elettrone inx1 non puo anche trovarsi allo stesso tempo in x2. In realta gli elettroni: (i) sono carichi esoggetti al potenziale repulsivo Coulombiano e (ii) sono dei fermioni e quindi devono soddis-fare il principio di antisimmetria. Vediamo come queste proprieta influenzano la densita di paia.

Se si considera il principio di antisimmetria, ne deriva dalla 3.10 che anche la densita di paiadeve cambiare di segno allo scambio di due particelle

γ2(x1,x2) = −γ2(x2,x1)

Nel caso in cui gli elettroni hanno lo stesso spin e stessa posizione x1 = x2 si trova che

γ2(x1,x1) = −γ2(x1,x1)

questo puo essere vero solo se γ2(x1,x2) = 0, cioe, la probabilita di trovare due elettroni conlo stesso spin nella stessa posizione e nulla.Questo indica che gli elettroni con stesso spin non si muovono in modo indipendente, masi escludono a vicenda. E una diretta conseguenza del principio di antisimmetria (principiodi esclusione si Pauli) e vale anche per particelle fermioniche non cariche. Questo effetto sichiama anche correlazione di scambio o di Fermi e non si manifesta per elettroni con spinopposto.La correlazione di scambio e inclusa nel metodo Hartree-Fock.

Se si considera l’effetto della carica sull’interazione elettronica, questo dipendera dal termine1r12

nell’Hamiltoniano. L’effetto e indipendente dallo spin. Se da questo contributo si escludela parte di repulsione classica, quello che rimane e un termine elettrostatico ”quantistico” cheviene indicato come correlazione Coulombiana o di Coulomb. Questo contributo e assentenel metodo Hartree-Fock.

Sulla base di quanto detto, e conveniente esprimere l’influenza della correlazione di Fermi e diCoulomb sulla densita di paia separandola in due parti: (i) il prodotto delle densita indipendentie (ii) il resto che contiene gli effetti di correlazione e include il termine di normalizzazione

γ2(x1,x2) = γ(x1)γ(x2) [1 + f(x1,x2)] (3.24)

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dove f(x1,x2) contiene le informazioni sulla correlazione ed e chiamato fattore o funzione dicorrelazione di paia.Se gli elettroni non sono correlati, allora f(x1,x2) = 0 e la densita di paia assume la forma3.23. In questo caso pero la γ2(x1,x2) non normalizza al numero corretto di coppie (N”

invece di N(N − 1)), ma include il contributo spurio di auto-interazione.

E possibile definire un’altra quantita interessante, la probabilita condizionata

g(x2,x1) =γ2(x1,x2)

γ1(x1)(3.25)

questa rappresenta la probabilita di trovare un elettrone in posizione x2 quando ce n’e gia unoin posizione x1. L’integrale di g(x2,x1) vale∫

g(x2,x1)dx2 = N − 1 (3.26)

dato che contiene informazioni su tutti gli elettroni eccetto quello di riferimento in x1. Si puoscrivere anche in termini di matrici densita spinless:

g(x2,x1) =ρ2(r1, r2)

ρ1(r1)(3.27)

3.5 Buca di scambio-correlazione

La differenza tra la probabilita condizionata g(x2,x1) e quella non condizionata, γ(x2), ditrovare un elettrone in x2

hXC(x1,x2) =γ2(x1,x2)

γ1(x1)− γ1(x2) = γ1(x2)f(x1,x2) (3.28)

descrive la deviazione della g(x2,x1) da γ1(x2) e include gli effetti di correlazione, di scambioe di Coulomb, e la correzione di auto-interazione.Questa grandezza e la cosiddetta buca di scambio e correlazione, che gode di alcune interes-santi proprieta

• solitamente ha segno negativo, specialmente nelle vicinanze dell’elettrone di riferimento;

• integrando l’equazione 3.28 si ottiene∫hXC(x1,x2)dx2 = −1

cioe, la buca di scambio e correlazione contiene esattamente la carica di un elettrone.Questo deriva dal fatto che g(x2,x1) integrata da N − 1 e che l’integrale della densitaelettronica e N .

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• l’interpretazione permette di capire come gli effetti di scambio e correlazione influenzanola distribuzione elettronica. Cioe, si puo immaginare che l’elettrone possieda una bucadi potenziale attorno a se stesso, tale che la probabilita di trovare un altro elettrone nellesue vicinanze diminuisce.Dato che la buca e solitamente negativa mentre la densita elettronica e positiva, neconsegue che, ad una certa distanza dall’elettrone, l’interazione elettrostatica tra le duesia attrattiva e quindi fornisca un contributo stabilizzante.

Consideriamo nuovamente il contributo di repulsione elettronica espresso in termini di densitadi paia (tralasciando la dipendenza dallo spin)

〈Vee〉 = 〈Ψ|N∑i=1

N∑j>i

1

r12

|Ψ〉 =1

2

∫ ∫ρ2(r1, r2)

r12

dr1dr2

questo implica che l’interazione tra due elettroni dipende inversamente dalla loro distanzapesata per la probabilita che i due elettroni si trovino a quella distanza.Esprimendo la ρ2(r1, r2) come

ρ2(r1, r2) = ρ(r1)ρ(r2) + ρ(r1)hXC(r1, r2)

possiamo dividere il contributo di repulsione elettronica in due parti dal chiaro significato fisico

〈Vee〉 =1

2

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12

dr1dr2 +1

2

∫ ∫ρ(r1)hXC(r1, r2)

r12

dr1dr2 (3.29)

• Il primo termine e J [ρ] l’energia di interazione classica tra due distribuzioni di caricainclusa se stessa, cioe include anche il contributo spurio di auto-interazione. Si noti chenel caso di un sistema con un solo elettrone, questo significa che J [ρ] 6= 0, quandoinvece non esiste nessuna interazione elettrone-elettrone.

• il secondo termine e l’interazione tra la densita elettronica e la densita di carica dellabuca di XC. Questo termine include quindi la correzione dell’auto-interazione oltre aicontributi quantistici di correlazione

Data la 3.15 e nota la matrice densita di ordine 1, se si conoscesse in modo esatto la formadella buca di scambio e correlazione sarebbe possibile calcolare l’energia esatta di un sistemamultielettronico.

E quindi interessante capire meglio quali sono le caratteristiche di hXC(x1,x2).La buca di XC puo essere formalmente separata in

hXC(r1, r2) = hs1=s2X (r1, r2) + hs1,s2C (r1, r2) (3.30)

• hs1=s2X (x1,x2) rappresenta la buca di Fermi che definisce la densita di probabilita di

esclusione di due elettroni per effetto del principio di Pauli (antisimmetria, scambio) esi applica ad elettroni con lo stesso spin.

• hs1,s2C (x1,x2) e la buca di Coulomb per elettroni di spin opposto e deriva da effettielettrostatici (solitamente indicati con il termine correlazione).Solo la buca di XC completa ha significato fisico.

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Quindi, la 3.29 diventa

〈Vee〉 =1

2

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12

dr1dr2+1

2

∫ ∫ρ(r1)hX(r1, r2)

r12

dr1dr2+1

2

∫ ∫ρ(r1)hC(r1, r2)

r12

dr1dr2

(3.31)

3.5.1 La buca di Fermi

• La buca di Fermi e quella che da il contributo maggiore alla hXC(x1,x2);

• L’integrale della buca di Fermi su tutto lo spazio delle coordinate e pari a -1∫hs1=s2X (r1, r2)dr2 = −1

come nel caso della buca completa hXC .Questo deriva dal fatto che la probabilita condizionata per elettroni di spin s integratada Ns − 1 invece di Ns perche c’e gia un elettrone con lo stesso spin s in r1.

• Questo implica che la buca di Fermi si comporta come se stesse rimuovendo una caricaintera e, in questo modo, elimina il problema dell’auto-interazione.

• Per il principio di eclusione di Pauli sappiamo che due elettroni con lo stesso spin snon possono occupare la stessa posizione nello spazio, questo fa sı che la buca di Fermisoddisfi la relazione

limr2→r1

hs1=s2X (r1, r2) = −ρ(r1)

che garantisce la cancellazione del contributo spurio di auto-interazione:

limr2→r1

(∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12

dr1dr2 +

∫ ∫ρ(r1)hX(r1, r2)

r12

dr1dr2

)= 0

Questa relazione definisce anche la profondita della buca, che ovviamente e nulla quandogli elettroni hanno spin opposto

hs1 6=s2X (r1, r2) = 0

• La buca di Fermi e sempre negativa

hs1=s2X (r1, r2) < 0

• Modificando la 3.24 per il caso della buca di Fermi, si ha

hs1=s2X (r1, r2) = ρ(r2)fX(r1, r2)

la forma della buca dipende quindi da fX(r1, r2) (fattore di correlazione di Fermi), maanche dalla densita elettronica in r2. Ne consegue che la buca non ha simmetria sferica,ma tende ad essere solitamente piu larga attorno all’elettrone sonda.

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3.5.2 La buca di Coulomb

• La buca di Coulomb e immediatamente definibile come differenza tra la buca di XCtotale e quella di Fermi

hs1 6=s2C (r1, r2) = hs1 6=s2XC (r1, r2)− hs1=s2X (r1, r2)

• Dalle relazioni di normalizzazione di hXC e di hX consegue che la buca di Coulombintegrata su tutto lo spazio e nulla∫

hs1 6=s2C (r1, r2)dr2 = 0

• La buca di Coulomb sara negativa e piu profonda intorno alla posizione dell’elettrone diriferimento dato che si origina dall’interazione repulsiva elettrostatica 1

r12.

Dato che il suo valore integrato e nullo deve essere anche positiva da qualche parte(lontano dall’elettrone di riferimento).

• Dato che non ci sono restrizioni sulla posizione di elettroni con spin opposto quandor2 → r1, la hs1 6=s2C (r1, r1) non assume valori ben definiti, ma esistono delle condizioni dicuspide simili a quelle viste per la densita elettronica. Queste condizioni non sussistonoquando gli elettroni hanno spin parallelo dato che questi non possono trovarsi nella stessaposizione

3.5.3 Esempi

Per capire meglio il significato fisico e la forma della buca di scambio-correlazione e delle sin-gole buche, vediamo due esempi: il primo riguarda un sistema molto semplice, la molecola diidrogeno H2, il secondo e relativo al silicio cristallino.

Figure 3.1: Buca di Fermi e di Coulomb e buca totale di XC per la molecola di H2 a diversedistanze H-H. [11] In tutti i grafici l’elettrone di riferimento e posto alla sinistra del nucleo didestra. Le posizioni dei nuclei sono indicati sugli assi con dei cerchi neri.

Molecola di idrogenoLe buche di Fermi e di Coulomb e quella totale della molecola di idrogeno, nel suo statofondamentale, sono rappresentate nella figura 3.1 [11].Consideriamo prima la buca di Fermi. Lo stato fondamentale di H2 e caratterizzato da unaconfigurazione a spin appiati (↑↓) e il ruolo della buca di scambio e solo quello di cancellare iltermine di auto-interazione. Per cui per l’elettrone α (o quello β), la buca corrispondente euguale alla densita ρα = 1

2ρ, cioe a meta del modulo quadro dell’orbitale molecolare σg.

E quindi:

• delocalizzata sull’intera molecola

• nelle vicinanze dei nuclei rappresenta una rimozione di carica pari a mezzo elettrone

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• in questo caso, e indipendente dalla posizione dell’elettrone di riferimento

Anche nel caso rHH → ∞ la buca continua a escludere solo mezzo elettrone quando invecedovrebbe rimuoverne uno, come succede nel caso della buca XC completa (si veda figura 3.1in basso a destra). L’interazione dell’elettrone di riferimento con il nucleo e quindi in parteschermata e la sua densita tendera ad essere piu diffusa. Questo e quello che succede con ilmetodo HF dove esiste solo la buca di scambio. L’effetto di avere una densita troppo diffusacausa una sottostima dell’interazione elettrone-nucleo, valori troppo bassi dell’energia cineticae della repulsione elettronica, determinando in questo modo una curva di dissociazione noncorretta.Nel caso della buca di Coulomb, si osserva la creazione di una buca attorno all’elettrone di rifer-imento mentre si ha un addensamento di densita dalla parte opposta. La buca e delocalizzata.All’aumentare della distanza H-H, la buca non rimane invariata, ma l’effetto appena descrittodiventa piu pronunciato. Al limite, viene rimosso mezzo elettrone nelle vicinanze dell’elettronedi riferimento e creata una densita di carica di meta elettrone sull’altro nucleo. In questo casola buca di Coulomb dipende dalla posizione dell’elettrone di riferimento a differenza della bucadi Fermi che e delocalizzata. In particolare, la buca deve invertirsi quando l’elettrone si spostada destra a sinistra e si trova appena dopo il centro del legame.La buca di XC totale e invece localizzata nelle vicinanze dell’elettrone di riferimento. A grandidistanze, si ha una parziale cancellazione della buca di Fermi e di quella di Coulomb attornoal nucleo di sinistra, con l’effetto netto di localizzare l’intera buca attorno all’elettrone diriferimento e rimuovere esattamente un elettrone, come dovrebbe essere per avere il limite didissociazione corretto. La buca completa ovviamente dipende dalla posizione dell’elettrone diriferimento. E importante notare che solo la combinazione della buca di Fermi con quella diCoulomb fa emergere la forma corretta della buca di scambio e correlazione.

Cristallo di silicioNelle figure 3.2 e 3.3 [12] sono riportati per il cristallo di silicio, invece della buca di scambio equella di correlazione, i corrispondenti fattori di correlazione di scambio e di Coulomb valutatirispettivamente nell’intorno di un elettrone di riferimento posto al centro del legame Si-Si (leg)e nel sito tetraedrico interstiziale (sti).

Dall’analisi di questi punti si puo notare che fX tende ad essere piu anisotropo rispetto al

Figure 3.2: Cristallo di silicio: (a) fattore di correlazione di scambio e (b) fattore di correlazionedi Coulomb nel piano (110) che passa attraverso gli atomi con l’elettrone di riferimento posto alcentro del legame. Gli atomi e i legami nel piano (110) sono rappresentati in modo schematico.

Figure 3.3: Cristallo di silicio: (a) fattore di correlazione di scambio e (b) fattore di correlazionedi Coulomb nel piano (110) che passa attraverso gli atomi con l’elettrone di riferimento postonel sito tetraedrico interstiziale. Gli atomi e i legami nel piano (110) sono rappresentati inmodo schematico.

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fattore di correlazione di Coulomb. Dal confronto delle figure si osserva che nel sito inter-stiziale la forma di fC e piu allargata e profonda rispetto al centro del legame. Questo e unaspetto generale per cui fC tende ad essere piu allargato e profondo dove la densita elettronicae minore (ρleg > 30 · ρsti).

L’idea di buca di scambio e correlazione oltre a chiarire gli effetti di repulsione elettrone-elettrone e il concetto di correlazione elettronica riveste un ruolo molto importante nella teoriadel funzionale della densita sia per definire il significato fisico del funzionale di scambio e cor-relazione (che definiremo nel prossimo capitolo) che come modello per la sua costruzione.

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Chapter 4

Approccio di Kohn-Sham

Il teorema fondamentale di HK stabilisce che e possibile calcolare le proprieta dello statofondamentale conoscendo ρ0, senza la necessita di conoscere la funzione d’onda, ma nonfornisce alcuna indicazione su come questo si possa realizzare. La via per determinare ρ0,e quindi E[ρ0] e stata trovata da Kohn e Sham (KS) nel 1965 [13]. Tutti i metodi DFTattualmente in uso si basano sull’approccio KS.

4.1 Sistema di elettroni non interagenti

KS considerano un sistema di riferimento ausiliario, indicato con il suffisso s, costituito da Nelettroni (fermioni) non interagenti. In questo caso, l’hamiltoniano ha la forma

Hs = Ts + Vs =∑i

[−1

2∇2i + vs(ri)]

In accordo con i teoremi di HK, esiste quindi un funzionale

Es[ρ] = Ts[ρ] +

∫vs[ρ, r]ρ(r)dr

per il quale l’equazione di Eulero-Lagrange δE[ρ] = 0 permette di ottenere la densita elet-

tronica esatta dello stato fondamentale ρs(r) corrispondente a Hs. In questo caso, Ts denotail funzionale universale dell’energia cinetica per un sistema di elettroni non interagenti.

Lo stesso sistema di elettroni non interagenti, nella meccanica quantistica tradizionale cor-risponde al cosiddetto metodo di Hartree per il quale l’autofunzione dell’Hamiltoniano soprae il semplice prodotto degli spin-orbitali monoelettronici

ϑi(xi) = θi(ri)σ(si)

detto prodotto di Hartree

ΨHP =N∏i

ϑi(x)

In realta, il principio di antisimmetria impone che la funzione d’onda corrispondente sia ildeterminante di Slater.

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Cio significa che la funzione d’onda Ψs,0 per lo stato fondamentale del sistema di riferimentoe il prodotto antisimmetrizzato degli spin-orbitali monoelettronici a piu bassa energia ϑi,

Φ = AN∏i

ϑi(xi)

dove A e l’operatore di antisimmetrizzazione

A =1√N !

N !∑p=0

(−1)pP =1√N !

[I −

∑ij

Pij +∑ijk

Pijk − ...

]

L’operatore I e l’identita, mentre Pij genera tutte le possibili permutazioni delle coordinate di

due elettroni, Pijk tutte le permutazioni delle coordinate di tre elettroni, ecc.Gli spin-orbitali sono quindi ottenuti dalla risoluzione di un set di equazioni monoelettronichedel tipo [

−1

2∇2i + vs(ri)

]ϑi(x) = εiϑi(x)

hiϑi = εiϑi

dove εi sono le energie degli spin-orbitali.In questo caso, se lo stato fondamentale non e degenere, la densita elettronica ρs(r) corrispon-dente e

ρs(r) =N∑i=1

∑σ

|ϑi(r, σ)|2 (4.1)

Si noti che quando lo stato fondamentale e closed shell, due elettroni a spin opposto sonodescritti dalla stessa funzione spaziale, come nel metodo Restricted-HF, e la sommatoria soprasi riduce a N/2.

I due approcci appena descritti sono del tutto equivalenti e devono portare allo stesso risultato.Inoltre, mostrano che, come ci si aspetta dalla discussione del capitolo precedente, esiste unaconnessione tra le due metodologie stabilita dalla 4.1.All’interno di questo quadro, Kohn-Sham assumono che il sistema di N elettroni non inter-agenti, sottoposto al potenziale esterno vs(x) sia tale da generare la densita elettronica delsistema di elettroni interagenti

ρs(r) = ρ0(r)

Schematicamente questa assunzione si puo rappresentare come:

Vext(r) ⇐HK⇐ ρ0(r) ⇐KS⇒ ρs(r) = ρ0(r) ⇒HKs⇒ Vs(r)⇓ ⇑ ⇑ ⇓Ψi =⇒ Ψ0 ϑi=1,N(x) ⇐= ϑi(x)

(4.2)

dove la notazione HKs indica che il teorema di HK si applica al sistema di particelle non in-tergenti e la freccia con KS rappresenta la connessione tra il sistema multielettronico e quellodi elettroni indipendenti.

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Assumendo che esista un potenziale vs(r) che genera la densita ρ0(r), dal primo teorema di HKne consegue che anche il potenziale esterno vs(r) e univocamente determinato. Formalmente,l’univocita del potenziale rimane una questione di v-rappresentabilita che in questo caso vieneindicata come v-non interagente-rappresentabilita. Anche se non esiste una dimostrazionerigorosa, si assume che ρ0(r) sia v-non interagente-rappresentabile.La conseguenza della 4.2 e che

ϑi(r) = ϑi[ρ; r] (4.3)

cioe gli orbitali sono funzionali della densita elettronica ρ(r), e che il funzionale dell’energiacinetica di un sistema di elettroni non interagenti si puo scrivere come

Ts[ρ(r)] = −1

2

N∑i

∑s

〈ϑi(x)|∇2|ϑi(x)〉 =1

2

N∑i

∑s

∫|∇ϑi(x)|2dr (4.4)

che non e piu un funzionale esplicito della densita elettronica, come quello visto nel modellodi Thomas-Fermi, ma e un funzionale implicito di ρ(r) attraverso gli spin-orbitali.

4.2 Funzionale di scambio e correlazione ed equazioni

di Kohn-Sham

Il passaggio successivo fatto da KS e che l’equazione originale di Hohenberg-Kohn:

E0 = Ev[ρ0] =

∫ρ0(r)v(r)dr + T [ρ0] + Vee[ρ0] (4.5)

puo essere riformulata come segue (per semplicita si omette l’indice 0, ρ0 ≡ ρ). Sulla base diquanto visto sopra, il contributo cinetico si puo scrivere come

T [ρ] ≡ ∆T [ρ]− Ts[ρ]

dove ∆T e la differenza fra l’energia cinetica media dello stato fondamentale del sistema realee del sistema di riferimento costituito da elettroni non interagenti (che generano la stessadensita elettronica del sistema reale).Come abbiamo visto, nel termine di interazione elettrone-elettrone e possibile esplicitare ilcontributo di energia di repulsione elettrostatica classica fra due elettroni descritti dalla dis-tribuzione di carica ρ:

Vee[ρ] =1

2

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12

dr1dr2 + Encl[ρ]

dove il funzionale Encl[ρ] contiene, a questo punto, tutti i contributi non classici legati allacorrelazione elettronica di Fermi e di Coulomb.L’equazione 4.5 diventa:

Ev[ρ] =

∫ρ(r)v(r)dr + Ts[ρ] +

1

2

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12

dr1dr2 + ∆T [ρ] + ∆Encl[ρ] (4.6)

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I funzionali ∆T [ρ] e ∆Encl[ρ] sono incogniti. Dato che, nota la densita elettronica, i primi treaddendi si calcolano facilmente. Kohn e Sham raggruppano quindi tutto cio che non e notoesplicitamente e definiscono il cosiddetto funzionale di correlazione e scambio, Exc[ρ]:

Exc[ρ] ≡ ∆T [ρ] + ∆Encl[ρ] (4.7)

L’energia di scambio e correlazione Exc raggruppa di conseguenza tutti i contributi non classicisi interazione elettrone-elettrone piu quelli cinetici. Cioe contiene quattro componenti:

• Energia di correlazione cinetica ∆T

• Energia di scambio (originata dal principio di antisimmetria)

• Energia di correlazione coulombiana

• Correzione di auto-interazione (SIC, Self Interaction Correction)

La SIC deriva dal fatto che nell’espressione che fornisce la repulsione coulombiana, ogni elet-trone contribuisce alla densita elettronica con cui interagisce. Nella espressione Hartree-Fockquesto termine viene esattamente compensato da un termine spurio di scambio. Nel fun-zionale di XC esatto, questo effetto e perfettamente compensato. Come vedremo meglio nelseguito, quando invece il contributo di scambio e descritto con un funzionale della densitaapprossimato, questo non avviene.In questo modo, l’energia totale del sistema N-elettronico puo essere espressa come

E0 = Ev[ρ] =

∫ρ(r)v(r)dr + Ts[ρ] +

1

2

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12

dr1dr2 + Exc[ρ] (4.8)

I primi tre addendi si calcolano facilmente, nota la densita elettronica, e danno il contributoprincipale all’energia. Il quarto addendo, Exc[ρ] fornisce un contributo relativamente piccolo,che pero deve essere valutato accuratamente e gioca un ruolo fondamentale nell’approccio diKS.Tutta la complessita del trattare il sistema multi-corpi viene quindi trasferita nel funzionaledi XC che rimane incognito. Occorre comunque notare che l’approccio di Kohn-Sham eformalmente esatto e che se la forma del funzionale Exc[ρ] fosse nota si potrebbe ottenerel’energia dello stato fondamentale attraverso la ρ(r). La determinazione del miglior funzionaledi XC rappresenta uno degli aspetti centrali della teoria del funzionale della densita nellaformulazione di KS. I diversi metodi DFT di uso comune nei calcoli quantistici di molecole esolidi sono caratterizzati appunto dall’uso di funzionali approssimati. Lo stato dell’arte nellaricerca del funzionale di XC esatto e le diverse proposte che si trovano in letteratura verrannodiscusse piu in dettaglio nel prossimo capitolo.Prima, occorre trovare una via per conoscere la densita elettronica dello stato fondamentale.Ricordiamo che il sistema di riferimento di particelle non interagenti ha la stessa densita elet-tronica della molecola nello stato fondamentale: ρs = ρ0. La densita di probabilita elettronica,quando la funzione d’onda sia un determinante di Slater costruito a partire dagli orbitali a piubassa energia, e data da:

ρ = ρs =nocc∑i=1

|ϑKSi |2 (4.9)

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Nota ρ, e possibile calcolare il valore dei primi tre contributi ad E0.

Ev[ρ] = −12

∑nocci < ϑKSi (ri)|∇2

i |ϑKSi (ri) > −∑M

A ZA∫ ρ(ri)

riAdri

+12

∫ ∫ ρ(ri)ρ(rj)

rijdridrj + Exc[ρ]

All’energia elettronica viene poi aggiunto il termine della repulsione nucleare (costante nellaapprossimazione di Born-Oppenheimer). Sulla base di quando visto, a parte Exc[ρ], tutti itermini sono funzionali impliciti di ρ perche ϑKSi (r) = ϑKSi [ρ; r].

Ev[ρ] = −12

∑nocci < ϑKSi (ri)|∇2

i |ϑKSi (ri) > −∑M

A ZA∑nocc

i

∫ |ϑKSi (ri)|2riA

dri

+12

∑nocci

∑noccj

∫ ∫ |ϑKSi (ri)|2|ϑKS

j (rj)|2

rijdridrj + Exc[ρ]

La densita elettronica dello stato fondamentale si ottiene basandosi sul teorema variazionaledi Hohenberg-Kohn: data una densita elettronica approssimata ρ′, il cui integrale su tutto lospazio configurazionale sia pari al numero di elettroni∫

ρ′(r)dr = N

l’energia ottenuta applicando il funzionale esatto alla densita approssimata e un limite superiorerispetto all‘energia fornita dalla densita esatta:

E0[ρ′] ≥ E0[ρ0]

In questo caso pero, nell’equazione di Eulero-Lagrange, invece di variare ρ, si variano gli orbitaliϑKSi :

δEKS[ρ]

δρ= 0 → δEKS[ρ]

δϑKSi [ρ; r]

δϑKSi [ρ; r]

δρ

mantenendo il vincolo di ortonormalita degli spin-orbitali (< ϑKSi |ϑKSj >= δij). La ρ(r) siottiene infine dalla relazione 4.9. In questo modo, passando attraverso agli orbitali di KS, ladensita elettronica che corrisponde al minimo della energia del sistema N-elettronico si ricavarisolvendo equazioni formalmente simili alle equazioni di Hartree-Fock:

[−1

2∇2i + veff (ri))]ϑ

KSi (ri) = εKSi ϑKSi (ri) (4.10)

hKSi ϑKSi = εKSi ϑKSi (4.11)

dove hKSi e un’operatore monoelettronico che definisce l’Hamiltoniano efficace di KS

HKS =N∑i

hKSi

e il potenziale efficace e dato da:

veff (ri) = −∑A

ZAriA

+

∫ρ(rj)

rijdrj + vxc[ρ, ri) (4.12)

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dove vxc[ρ, r)] e il potenziale di scambio e correlazione che si ricava dalla derivata funzionaledell’energia di scambio e correlazione Exc[ρ]

vxc(r) ≡ δExc[ρ(r)]

δρ(r)(4.13)

La procedura per ottenere una derivata funzionale e descritta nell’Appendice 1.6.In definitiva, KS facendo riferimento al sistema di elettroni non-interagenti per definire Tsreintroducono gli orbitali e trasformano la singola equazione di Eulero-Lagrange in un set diN equazioni monoparticellari.Le equazioni di KS, come quelle di Hartree-Fock, devono essere risolte in modo iterativoattraverso una procedura di auto-consistenza delle soluzioni (SCF). Occorre pero notare chea differenza delle equazioni di HF quelle di KS includono in modo esplicito la correlazioneelettronica ad un costo di calcolo analogo se non minore dato che il potenziale di XC e locale.Se il funzionale di scambio e correlazione fosse noto in modo esatto, e di conseguenza ilpotenziale, l’energia ottenuta dalla risoluzione delle equazioni di KS sarebbe esatta. Come peril metodo HF, l’energia totale del sistema non e la somma degli autovalori, ma e

EKS =nocc∑i

εKSi − 1

2

∫ ∫ρ(ri)ρ(rj)

rijdridrj + Exc[ρ(r)]−

∫ρ(r)vXC(r)dr (4.14)

4.3 Discussione

Di seguito verra discusso piu in dettaglio il significato fisico degli ingredienti che entrano ingioco nelle equazioni di Kohn-Sham. E importante notare che la discussione che segue valenel caso esatto, cioe quando il funzionale di XC e quello esatto. Per funzionali approssimatinon tutte le proprieta analizzate sono rispettate.

4.3.1 Significato delle autofunzioni di Kohn-Sham

• Gli orbitali Kohn-Sham ϑKSi (1) sono orbitali del sistema fittizio di riferimento, non hannoaltro significato che quello di fornire la densita elettronica dello stato fondamentale delsistema reale attraverso la 4.9.

• In pratica si e osservato che gli orbitali occupati di Kohn-Sham sono molto simili agliorbitali Hartree-Fock, e possono essere usati per gli stessi tipi di analisi delle proprietamolecolari. Ci si basa sul fatto che sono definiti attraverso un potenziale che e esatto inprincipio e che generano la densita elettronica esatta dello stato fondamentale (anche senon sono legati ad una vera funzione d’onda, ma solo all’espressione del determinantedi Slater).

• Recentemente, sono stati anche impiegati in metodi di calcolo di tipo perturbativo (adesempio come nei metodi ”doppi ibridi” discussi nel prossimo capitolo) e multiconfigu-razionale.

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4.3.2 Significato degli autovalori di Kohn-Sham

• A differenza degli autovalori ottenuti dalle equazioni di HF, in questo caso non e validoil teorema di Koopman Quindi, nessun significato fisico preciso puo essere attribuito agliautovalori di KS.

• L’unico risultato esatto e che il piu alto orbitale occupato (il suo autovalore) corrispondeal potenziale di prima ionizzazione (esatto) della molecola, cambiato di segno.

εmax = −I

Questo risultato e legato alla proprieta di decadimento della densita elettronica a lungoraggio. Infatti

limr→∞

= exp[−2√

2I|r|]

Ad esempio, nel caso dell’atomo di H il potenziale di ionizzazione esatto e di 0.5 aumentre i metodi DFT approssimati danno solitamente valori tra 0.23 e 0.28 au.

• Esiste una relazione esatta nota come Teorema di Janak (o Slater-Janak) che ha comerisultato che

ε =dE[ρ]

dni

dove ni e il numero di occupazione del corrispondente autovettore (0 ≤ ni ≤ 1) espressiattraverso gli orbitali naturali.

ρ(r) =∑σ

N∑i=1

ni|ψi(r, σ)|2

N =N∑i=1

ni

Questo deriva dal fatto cheδE[ρ]

δρ=E[ρ]

δN

e che il formalismo di KS visto finora puo essere generalizzato a numeri di occupazionefrazionari.Nota: nel caso di una funzione monodeterminantale, ni = 1 per gli orbitali occupati eni = 0 per gli orbitali virtuali.

4.3.3 Significato del potenziale di XC

• Il potenziale di XC e definito come:

vXC =δEXC [ρ]

δρ

ed e un potenziale locale.

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• Dato chelim|r|→∞

veff (r) = 0

e che vne → 0 e vCoul =∫ ρ(r)

rijdri → 1

rdeve valere

lim|r|→∞

vXC(r) = −1

r

questo definisce il comportamento asintotico esatto del potenziale di XC. In realta, nelcaso di funzionali approssimati:(i) si puo verificare che il potenziale di XC corrispondente non decade come −1/r, main modo esponenziale (quindi piu veloce e con un carattere meno attrattivo)(ii) si puo dimostrare che

lim|r|→∞

vXC(r) = −1

r+ I + εmax

Quindi se il funzionale e esatto la relazione sopra e corretta, se no c’e uno shift costantelegato a I + εmax.

• Discontinuita della derivataEsiste una discontinuita nel potenziale vXC quando il numero di elettroni del sistemapassa attraverso un numero intero. I funzionali approssimati hanno un andamento con-tinuo e quindi manifestano un comportamento non corretto.

• Il corretto andamento del potenziale a lungo raggio e il problema della discontinuitadella derivata hanno conseguenze dirette sull’eliminazione dell’auto-interazione tra glielettroni

• Le deficienze dei metodi DFT approssimati contenute nel potenziale di XC hanno con-seguenze rilevanti per la descrizione di stati eccitati, nel calcolo di proprieta come lapolarizzabilita e l’iperpolarizzabilita, delle energie di eccitazione e nella predizione delband gap nei solidi.

• Occorre ricordare che il potenziale dovuto allo scambio esatto HF possiede il correttoandamento asintotico: -1/r. Questo e rilevante nei metodi ibridi (discussi nel prossimocapitolo) perche permette di recuperare una frazione del corretto andamento -1/r ecompensare in parte le deficienze elencate in precedenza.

4.3.4 Nota su scambio esatto e funzionale di scambio e corre-lazione

Kohn-Sham, gia nel loro articolo originale del 1965, hanno proposto un’espressione dell’energiache fa uso dello scambio esatto HF.

Ev[ρ] = Ts[ρ] + Vext[ρ] + J [ρ] + V HFX [ρ] + EC [ρ]

dove il contributo di repulsione elettronica e stato scritto come

Vee[ρ] = J [ρ] + V HFX [ρ] + ∆Vee[ρ]

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e si definisce il funzionale di correlazione

EC [ρ] = ∆T [ρ] + ∆Vee[ρ]

che contiene la correlazione di Coulomb e gli effetti di correlazione cinetica per il sistema dielettroni interagenti. In questo modo gli effetti della correlazione di scambio sono inclusi inmodo esatto, ma l’espressione dell’energia diventa piu complicata perche V HF

X e un terminenon locale.I primi tentativi di usare lo scambio esatto non hanno dato pero i risultati sperati e solo piutardi l’uso dello scambio HF e stato riproposto attraverso i metodi cosiddetti ”ibridi” chediscuteremo nel prossimo capitolo.

4.4 Connessione adiabatica

L’hamiltoniano del sistema di riferimento puo essere messo in relazione con l’hamiltonianoreale dalla relazione:

Hλ = T +∑i

vλ(ri) + λVee

Il valore del parametro λ varia da 0 (elettroni non interagenti, sistema di riferimento) a 1(elettroni interagenti); vλ e il potenziale esterno che rende la densita elettronica del sistema

con hamiltoniano Hλ uguale a quella dello stato fondamentale del sistema reale. λ e unparametro di accoppiamento ( coupling strength parameter) che accende progressivamentel’interazione elettrone-elettrone e ne modula la forza. Si pu dire che λ crea una connessionetra il sistema di elettroni non-interagenti e quello formato da elettroni interagenti. Questaconnessione adiabatica (adiabatic connection) perche per qualsiasi 0 ≤ λ ≤ 1 il potenzialesterno vλext(r) si adatta in modo tale da mantenere la densita elettronica uguale a quella delsistema di elettroni interagenti.Quindi i due casi estremi, che corrispondono rispettivamente a:

• λ = 0: vλ=0eff = vs

• λ = 1: vλ=1eff = vJ + vXC + vext

sono connessi tra loro in modo continuo da sistemi parzialmente interagenti.Possiamo allora scrivere

Eλ=1 − Eλ=0 =

∫ 1

0

dEλ (4.15)

Eλ=1 =

∫ 1

0

dEλ + Eλ=0

Per sfruttare questa relazione dobbiamo conoscere la variazione di E per una variazioneinfinitesimale di λ che corrisponde al valore di aspettazione di una variazione infinitesimadell’hamiltoniano dHλ:

dHλ = dV λext + dλVee

Usando la formulazione delle buche si ottiene

dEλ =

∫ρ(r)dV λ

ext(r)dr +1

2dλ

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12

dr1dr2 +1

2dλ

∫ ∫ρ(r1)hλXC(r1, r2)

r12

dr1dr2

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integrando questa espressione e inserendola nell’eq. 4.15 si arriva a

Eλ=1−Eλ=0 =

∫ρ(r)[V λ=1

ext (r)−V λ=0ext (r)]dr+

1

2

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12dr1dr2+

1

2

∫ ∫ ∫ 1

0

ρ(r1)hλXC(r1, r2)

r12dr1dr2dλ

(4.16)

Tenendo conto che

Eλ=0 =< Ts > +

∫ρ(r)V λ=0

ext (r)]dr

si ottiene che l’energia di un sistema di elettroni interagenti si puo scrivere come:

Eλ=1 =< Ts > +

∫ρ(r)[V λ=1

ext (r)−V λ=0ext (r)]dr+

1

2

∫ ∫ρ(r1)ρ(r2)

r12dr1dr2+

1

2

∫ ∫ρ(r1)hXC(r1, r2)

r12dr1dr2

(4.17)

in cui e stata definita la buca di scambio e correlazione media

hXC =

∫ 1

0

hλXC(r1, r2)r12dλ

dove con media si intende l’integrazione rispetto al parametro di accoppiamento dell’interazione(coupling strength integrated).Confrontando il risultato sopra con l’eq. 4.8 ne consegue che all’interno della connessioneadiabatica e possibile: (i) giustificare in modo rigoroso l’assunzione di Kohn e Sham e (ii)definire in modo esatto il funzionale di scambio e correlazione come

EXC [ρ] =1

2

∫ ∫ρ(r1)hXC(r1, r2)

r12

dr1dr2 (4.18)

Dal confronto dell’espressione per l’energia (eq. 4.17) con quella ottenuta dal formalismo dellematrici densita spinless

E =

∫ [−1

2∇2

rρ1(r′, r)

]r′=r

dr +

∫v(r)ρ(r)dr +

∫ ∫1

r12ρ2(r1, r2)dr1dr2 (4.19)

si vede chiaramente che nella 4.17 l’integrazione su λ trasferisce la ∆T = T − Ts nella bucadi scambio e correlazione media hXC(r1, r2). Cioe nel passaggio da T a Ts si ha un aumentodella complessita in hXC(r1, r2) che deve essere integrata su λ (hXC → hXC .Occorre notare che le proprieta di hXC rimangono le stesse di hXC viste nel capitolo precedente.Ne consegue che l’energia di scambio e correlazione definita attraverso la connessione adia-batica corrisponde all’interazione attrattiva tra la densita elettronica ρ(r) e la carica negativaracchiusa in hXC .La connessione adiabatica offre una visione alternativa dell’assunzione di Kohn e Sham econsente di stabilire un legame diretto tra il funzionale di scambio e correlazione e la buca discambio e correlazione media.Si puo fare un ulteriore passo avanti, esprimendo EXC come funzione della media sferica dihXC

EXC [ρ] =1

2

∫ρ(r)dr

∫ ∞0

4πσdσhSAXC(r, σ) (4.20)

dove si e operato un cambio di variabili: r=r1eu=—r2 − r1| e hSAXC e

hSAXC(r, u) =1

∫ 2π

0

dφu

∫ π

0

hXC(r, r + u)sinθudθu (4.21)

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In conclusione, si ottiene che l’energia di scambio e correlazione dipende solo da una mediasferica della buca di XC integrata su λ.

4.4.1 Esempi

Come esempio della dipendenza della buca di scambio e correlazione dal valore del parametroλ, nella figura 4.1 e riportata la forma della buca di scambio e correlazione (media sferica)del cristallo di silicio. In questo caso si considera che λ = 0 corrisponda alla buca di scam-bio, mentre per valori crescenti di λ viene incluso il contributo di correlazione di Coulomb.Come si vede, la correlazione tende ad allargare la buca e a renderla piu profonda. Questo

Figure 4.1: Media sferica della buca di scambio e correlazione del cristallo di silicio nel centrodel legame (a) e nella zona interstiziale (b).

perche diminuisce la probabilita che i due elettroni si avvicinino. L’effetto e simile sia quandol’elettrone di riferimento si trova nel centro del legame (Fig. 4.1 (a)) che quando e al difuori della linea che connette gli atomi di Si (Fig. 4.1 (b)). In quest’ultimo caso, datoche hXC = ρ(r2)fXC(r2, r2), il minimo e leggermente spostato nella direzione di maggiorevariazione della densita elettronica.

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Chapter 5

Funzionali di scambio e correlazione

Nel capitolo precedente abbiamo visto che il formalismo di KS permette di trattare in modoesatto i diversi contributi che costituiscono l’energia di un sistema N-elettronico. Di quasitutti e nota la forma esplicita, o implicita, in termini di funzionale della densita ρ(r). Tuttoquello che non e esprimibile come funzionale di ρ e stato inglobato nel funzionale di scambioe correlazione, EXC [ρ] di cui pero non e nota la forma matematica. Questo fa sı che l’interaformulazione di KS e i diversi metodi di calcolo ad essa collegati, si basino sull’espressioneapprossimata di EXC [ρ] da cui dipendera anche la qualita e l’accuratezza del calcolo. Quindi,a parte i fondamenti della teoria, la maggior parte dell’attivita di ricerca sulla DFT riguarda losviluppo di nuovi e piu accurati funzionali.E naturale quindi chiedersi: (i) quale forma abbia il funzionale di XC e (ii) se esiste un modosistematico per costruirlo e soprattutto per migliorarne l’accuratezza. A differenza dai metoditradizionali che si basano sulla funzione d’onda, dove il principio variazionale definisce un cri-terio molto forte per stabilire la qualita dell’approssimazione, nel DFT non c’e formalmenteuna strategia sistematica di sviluppo.La strategia di piu comune di creazione dei funzionali, fa ricorso, per definirne la forma matem-atica, all’insieme di conoscenze sulle proprieta che caratterizzano il funzionale stesso, il poten-ziale e la buca di XC. Tra queste ci sono:

• il comportamento asintotico del potenziale di XC;

• le regole di integrazione delle buche e le loro condizioni di cuspide e limite;

• in sistemi monoelettronici, l’eliminazione dell’autointerazione per il contributo di scambioe l’annullamento del contributo di correlazione;

• regole di trasformazione delle coordinate, come uno scalamento uniforme: ργ(r) =γ3ρ(γr).

Sulla base di questo, esistono poi due grosse classi di funzionali:

• non-empirici, che vengono definiti sulla base delle sole condizioni citate sopra e i cuiparametri, ridotti ad un numero minimo, non derivano da procedure empiriche.

• semi-empirici, che data una forma funzionale fisicamente sensata che contiene un nu-mero elevato di parametri (anche oltre 30) cerca il miglior EXC [ρ] fittando dati speri-mentali o dati calcolati di riferimento (es. CCSD(T)).

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In generale, i funzionali di XC hanno la forma

EXC [ρ] =

∫eXC [ρ(r)]dr =

∫ρ(r)εXC [ρ(r)]dr (5.1)

dove

• eXC e la densita di energia di XC

• εXC e l’energia di XC per particella:

εXC =1

2

∫ ∫hXC(r1, r2)

r12

dr1dr2

Nel trattare il funzionale di XC si assume di solito la separabilita tra scambio (X) e correlazione(C)

EXC [ρ] = EX [ρ] + EC [ρ]

e importante sottolineare che come discusso in precedenza solo la somma dei due contributidescrive correttamente la buca di XC completa.I diversi funzionali di XC proposti in letteratura vengono etichettati e denominati solitamentesulla base delle iniziali degli scienziati che li hanno proposti e se necessario si indica l’anno dipubblicazione dell’articolo in cui sono stati presentati per la prima volta.Ad esempio, il funzionale di scambio proposto da A.D. Becke nel 1988 viene denominato B88per differenziarlo da altri funzionali di scambio proposti dallo stesso autore in anni precedentio successivi, come il B86 o il B97. Un altro esempio e il funzionale di correlazione sviluppatoda Lee, W. Yang e R.G. Parr nel 1988 il cui acronimo e quindi LYP. La combinazione dei duefunzionali, che definisce il funzionale di XC completo, diventa B88-LYP o B-LYP o semplice-mente BLYP.Esistono anche funzionali di X e C sviluppati per essere usati insieme (costruzione omogenea)proposti dalle stesse persone, come ad es. il funzionale di XC costruito da J.P. Perdew, K.Burke e M. Ernzerhof. In questo caso bisognerebbe usare la sigla PBE-PBE, ma solitamente siindica semplicemente PBE, assumendo che i funzionali di scambio e correlazione PBE vengonousati insieme.

5.1 La scala di Giacobbe (Jacob’s Ladder)

John P. Perdew, uno dei maggiori esperti di DFT, ha cercato di identificare dei criteri chedefiniscono sia una scala gerarchica dei funzionali di XC che una loro classificazione (Perdew-Schmidt 2011, Perdew et al. 2005). La proposta e di classificare i funzionali sulla base degliingredienti che li definiscono e di costruire una scala, detta scala di Giacobbe (Jacob’s Ladder)i cui gradini corrispondono a diverse approssimazioni del funzionale di XC e definiscono ancheun dato livello di accuratezza e di complessita/costo di calcolo. Il nome scala di Giacobbederiva dal passo della Bibbia in cui si narra che Giacobbe sogno una scala che collegava laTerra con il Paradiso e che gli angeli di Dio salivano e scendevano. In questo paragone,la scala che classifica i funzionali XC permette di passare dall’approssimazione di Hartree(elettroni indipendenti, la Terra) alla soluzione esatta (Paradiso) attraverso i diversi gradini.L’utente puo quindi scegliere il livello di accuratezza/complessita a piacimento, conscio delleapprossimazioni implicite in quel gradino, e salire e scendere tra i due estremi della scala.

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1o gradino - LDA

Il primo gradino della scala di Giacobbe e rappresentato dall’approssimazione LDA (LocalDensity Approximation). Considerando l’eq. 5.1, la forma del funzionale e di tipo:

EXC [ρα, ρβ] =

∫ρ(r)εUEGXC [ρα, ρβ]dr (5.2)

• e il tipo di funzionali di XC piu semplice. Contiene ingredienti solo locali, che cioedipendono solo da (r) e non da (r,r’)

• fa riferimento al sistema modello di un gas di elettroni uniforme (Uniform ElectronGas, UEG)

• e esatto nel limite di un gas di elettroni uniforme. La condizione per un funzionale diXC di tendere al limite UEG viene imposta anche per funzionali oltre il primo gradino(es. GGA)

• εUEGXC si ottiene da calcoli accurati con metodi QMC

Esempi di funzionali LDA sono:

• il funzionale per l’energia cinetica di Thomas-Fermi (TF28)

• il funzionale per la parte di scambio di Dirac-Slater (D30,S51)

• il funzionale di correlazione di Vosko-Wilk-Nusair (VWN80)

Rientrano in questa approssimazione i primi funzionali di XC usati in calcoli ab-initio. Sonostati applicati con buon successo in problemi di fisica dello stato solido, in particolare allostudio di metalli. I risultati peggiorano nel caso di atomi e molecole dove la densita elettronicae piu localizzata e varia piu velocemente, discostandosi maggiormente dal UEG.La spiegazione del buon comportamento dei metodi LDA e rintracciabile nella somiglianza trala buca di XC LDA mediata sfericamente e la buca esatta.

2o gradino - GGA

Il secondo gradino corrisponde all’approssimazione GGA (Generalized Gradient Approxima-tion). I funzionali che rientrano in questa famiglia sono della forma:

EXC [ρα, ρβ] =

∫ρ(r)εXC [ρα, ρβ;∇ρα,∇ρβ]dr (5.3)

cioe includono nella forma funzionale un ingrediente aggiuntivo che e il gradiente della densitaelettronica e per questo vengono anche denominati funzionali corretti per il gradiente (gradientcorrected).

• estendono l’approssimazione LDA includendo l’informazione sulla non-uniformita delladensita elettronica attraverso dei termini che dipendono dal gradiente della densita ∇ρ

• i funzionali GGA sono considerati funzionali semi-locali perche nonostante l’inclusionedella derivata prima di ρ(r) descrivono come sta variando la densita nell’intorno di r

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• l’espressione dei funzionali GGA deriva dall’espansione del gradiente (GEA, GeneralizedGradient Expansion) troncata al second’ordine

EXC [ρα, ρβ] =

∫ρ(r)εXC [ρα, ρβ] +

∑σ,σ′

Cσ,σ′

XC (ρα, ρβ)∇ρσ · ∇ρσ′ρ

2/3σ ρ

2/3σ′

+ · · ·

l’uso di questa espressione e stato proposto gia da Hohenberg e Kohn nel loro lavorofondamentale del 1964. Il problema e che l’espansione tende a divergere e la troncaturadello sviluppo non consente una descrizione accurata della buca di XC.

• l’ingrediente principale dei funzionali corretti per il gradiente e il gradiente della densitaridotto (reduced density gradient)

x =|∇ρ|ρ3/4

os =

x

2(3π2)1/3

E adimensionale ( [L]−4

[L−3]4/3).

E un indicatore che misura come varia ρ(r) in r, cioe la sua disomogeneita.

|∇ρ|ρ

34

1 vicino ai nuclei e lontano dai nuclei ρ⇐⇒ 0 (5.4)

|∇ρ|ρ

34

1 |∇ρ— piccolo (densita varia lentamente) (5.5)

• La GEA comincia con

EX [ρ] =

∫ρELDA

X [ρ][1+µxs2+...]→ fattore di accrescimento (enhancement factor)

(5.6)

Ec[ρ] =

∫ρ[ELDAc [ρ] + βct

2 + ....]dν (5.7)

dove

t2 = cc|∇l|ρ1/6

(5.8)

• Migliora decisamente rispetto a LDA per molecole e atomi, non cosı marcato per isolidi.

3o gradino - meta-GGA (mGGA o MGGA)

I funzionali che rientrano in questa famiglia sono della forma:

EXC [ρα, ρβ] =

∫ρ(r)εXC [ρα, ρβ;∇ρα,∇ρβ;∇2ρα,∇2ρβ; τα, τβ]dr (5.9)

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E un ulteriore generalizzazione che include o ∇2ρ(r), il Laplaciano della denista elettronica,che compare nell’espressione troncata al 4o ordine della GEA, oppure la densita di energiacinetica τ0

τ0(r) =1

2

N∑i=1

|∇ϑi(r)|2 (5.10)

• L’uso della densita di energia cinetica deriva dall’espansione di Taylor della buca XCnell’intorno di |r−r′| = 0). Contiene informazioni simili a∇2ρ ma permette di soddisfarepiu vincoli nella forma matematica del funzionale, rendendo questa famiglia di funzionalipiu versatili.

• I funzionali mGGA sono ancora semilocali perch includono solo ingredienti che dipendonoda informazioni in r. I risultati migliorano leggermente rispetto ai funzionali GGA.

• Sono i funzionali di piu recente formalizzazione.Perdew considera che i funzionali non-empirici corrispondenti ai primi tre gradini dellascala di Giacobbe siano stati formalizzati rispettivamente in: Slater+PW1992 (LDA);PBE-PBE (GGA); TPSS-TPSS (mGGA).Alcuni dei funzionali proposti d D. Truhlar e noti come Minnesota appartengono a questafamiglia. In particolare quelli denominati con la sigla L, ad esempio: M06-L e M11-L

4o gradino - hyper-GGA

In questo caso la forma del funzionale e:

EHGGAXC [ρα, ρβ] =

∫ρ(r)εHGGAXC (ρ,∇ρ, τ, εx) (5.11)

• Includono contributi non locali (εx,σ) che sono funzione degli orbitali occupati θi

• Il contributo non locale e formalmente analogo allo scambio esatto Hartree-Fock (εx,σ):

εx,σ =1

2

∫ρ(r1)hXCσ (r1, r2)

r12

dr2 (5.12)

• i cosiddetti metodi ibridi HF/DFT tradizionali, che verranno trattati piu in dettaglio nelseguito, sono considerati dei funzionali hyper-GGA semi-empirici in quanto soddisfanopochissimi vincoli.

• non c’e ancora nessun funzionale considerato pienamente HGGA

5o gradino

• In questo gradino, vengono usati come ingredienti dei funzionali sia gli orbitali occupatiθocci che quelli non occupati θvirti

• I funzionali non hanno una denominazione specifica, va vengono definiti come apparte-nenti al 5o gradino della Scala di Giacobbe.

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• I metodi che appartengono a questa famiglia molto costosi e hanno una complessitaanaloga ai metodi tradizionali basati sulla funzione d’onda.

• Recentemente sono stati proposti i metodi cosiddetti doppi ibridi che includono oltre alcontributo di scambio esatto HF che dipende dagli orbitali occupati, anche un termineformalmente analogo all’energia di correlazione MP2 che dipende anche dagli orbitalivirtuali. Questi metodi verranno discussi piu nel dettaglio in seguito.

• Appartengono a questo gradino i metodi derivati dalla Random Phase Approximation(RPA) che includono la non solo la dipendenza dalla densita elettronica ma anche dallarisposta della densite ad una perturbazione che e un termine non-locale

• include i contributi di correlazione elettronica responsabili degli effetti dispersivi

Queste cinque tipologie di funzionali definiscono la Scala di Giacobbe (Jacob’s Ladder). Eevidente che la complessita aumenta salendo i diversi gradini della scala, ma ci si aspetta checorrispondentemente anche l’accuratezza migliori. Questo pero non e scontato e deve esseredimostrato in una fase di validazione del funzionale (vedere il capitolo sulla “Valutazione deimetodi DFT”).All’interno di questa scala gerarchica Perdew ha costruito vari funzionali LDA,GGA e mGGAche sono considerati non empirici sia per X che per C (costruzione omogenea).

LDA → S − PW92(LDA)

GGA → PW91 superato da PBE

mGGA → PKZB superato da TPSS

Il miglioramento riguarda la proprieta del funzionale di soddisfare il maggior numero di vincoliper EXC , vXC , hXC e proprieta di scala ργ(ν) = γ3ρ(γν). Inoltre, si riducono tutti al limiteLDA per un gas di elettroni uniformi e sono sviluppati tipo scatole cinesi.L’accuratezza e ovviamente PWLDA < PBE < TPSS

NB: La parte di appunti che segue e in revisione

5.2 Funzionali di scambio e correlazione ibridi

5.2.1 Funzionali ibridi globali

Questa tipologia di funzionali include un contributo di scambio esatto HF e si basa formalmentesulla connessione adiabatica: EXC =

∫ 1

0E1XCdλ

L’uso dello scambio HF era gia stato proposto da HK nel loro lavoro fondamentale, ma nonaveva avuto molto risalto a causa di risultati non molto accurati. I funzionali ibridi sono statiriportati in auge da A.D. Becke all’inizio degli anni ‘90.

• |α|α) Eλ=0XC = Eexact

XC ; Eλ=1XC∼= ELDA

X λ→ andamento lineare

• Half-Half: EHHXC = 1

2(Eexact

XC + ELDAX )

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• ββ )

EXC = a0EexactX + (1− a0)ELDA + ax∆E

GGAX + ELDA

C + ac∆cEGGAC (5.13)

∆EX(C) → correzione gradiente

(5.15)

a0, ax, ac → parametri

(5.17)

B3PW91 → xGGA = B88 ; CLDA = PW92 ; CGGA = PW91

(5.19)

• B3LYP →

a0EexX + (1− a0))ELDAax∆E

B88X + (1− ac)EVWNS

C + acELY PC (5.20)

dove LY P non ha la forma εLDAC + ∆εGGAC

• ACM1EXC = a0E

exactX + (1− a0)EDFT

X + EDFTC (5.21)

• ACM∅ → a0 = 0.25(Perdew)→PBE∅ ≡ PBEH ≡ PBE1PBE

facilmente ottimizzabile fittando il parametro ax a dati sperimentali.

5.2.2 Funzionali ibridi di tipo Range-Separated (RSH)

Detti anche Screned Coulomb (SC), Coulomb Attenuated Methods (CAM), Long-range Cor-rected functionals (LC)Sono basati su un’idea di A. Savin (1996) di partizionare l’operatore di Coulomb in diverseregioni sulla base della distanza interlelettronica attraverso un’opportuna funzione. Per dueregioni si ha:

1

r12

=f(r12)

r12

+1− f(r12)

r12

(5.22)

dove r12 (decade lentamente).Per la separazione nelle diverse regioni, la funzione piu comunemente utilizzata e la errorfunction

1

r12

=1− erf(ωr12)

r12

+erf(ωr12)

r12

→ 1

r12

(5.23)

Short range → decade velocemente ; Long range → decade piu lentamente

⇒ EXC = ESRXC(ω) + ELR

XC(ω) (5.24)

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PBEh e HSE ⇒ EωDFThXC = a[Eexact,SR

X (ω) + Eexact,LRX (ω)] + (1− a)EDFT

X + EDFTC

E la base anche per un trattamento diversificato dei contributi SR e LR

EHSEXC = aEHF,SR

X (ω) + (1− a)EPBE,SRX (ω) + EPBE,LR

X (ω) + EPBEC (5.25)

HSE03 → ωHF = (0.15/√

2);ωPBE = 0.15 · 21/3 (5.26)

HSE06 → ωHF = ωPBE → ω = 0.11bohr − 1 (5.27)

PBEh(PBE0) → ω = 0 (5.28)

PBE(GGA) → ω =∞ (5.29)

I diversi metodi RSH si differenziano per come viene trattata la parte di scambio esatto. Neimetodi detti Screened Coulomb (SC) il contributo di scambio HF e incluso solo a corto raggio,mentre nei funzionali denominati Long-range Corrected (LC) si include solo il contributo alungo raggio.Questo tipo di partizione e stato anche usato per la parte di correlazione per combinareDFT e WFT. Il contributo di correlazione DFT viene mantenuto a corto-raggio mentre lacorrelazione WFT viene introdotta a lungo-raggio. Questo stato proposto per combinazionitipo: DFT+PT2; DFT+CI; DFT+MCSCF; DFT+CCSD.

5.3 Metodi doppio-ibridi (Double-Hybrids)

5.3.1 Metodo B2-PLYP (S. Grimme JCP 124 (2006)034108)

Miscela di EB88X (GGA) con EHF

X e ELY PC (GGA) con una correzione perturbativa al 2 ordine

per la correlazione (PT2):

1) Miscela scambio: EHFX e EGGA

X (aX) → aX = 0.54

2) Miscela correlazione PT2 e GGA (aC) → aC = 0.27

Il funzionale di scambio e correlazione cosı definito e stato denominato: B2-PLYP perchecontiene due parametri e include una correzione perturbativa (P) per la parte di correlazione.

L’espressione generale per questo tipo di funzionali e:

EXC = (1− aX)EGGAX + aXE

HFX + (1− aC)EGGA

C + aCEPT2C (5.30)

dove

EPT2C =

1

4

∑ia

∑jb

[(ia|jb)− (ib|ja)]2

εi + εj − εa − εb→ post-SCF (GGA) (5.31)

i, a e j, b→ singoli occ− virt− replacements(ia|jb); (ib|ja) integrali bielettronici calcolati rispetto agli spin-orbitali ΘKS

i

Il calcolo dell’energia viene fatto come per il metodo MP2: SCF(HF) + correzione perturbativa.In questo caso pero gli spin-orbitali e autovalori vengono ottenuti da un calcolo SCF in cui siusa solo la parte DFT dell’espressione dell’energia.

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⇒ B2-PLYP ≡ BLYP se aX=0 e aC=0

⇒ B2-PLYP ≡ MP2 se aX=1 e aC=1

Nel suo lavoro, Grimme ha provato a combinare diversi funzionali: B88, OPTX e PBE per loscambio e PBE e LYP per la correlazione, ma i risultati migliori sono stati ottenuti combinandoB88 con LYP.

Nota 1:(Schawbe-Grimme PCCP 8(2006) 4398-4401)→ mPW2LYPSostituisce il funzionale di scambio B88 con mPW (b=0.00426, d=3.72) rideterminano iparametri ax = 0.55; aC=0.75) ottenendo un miglioramento dei risultati rispetto a B2-PLYP.

Nota 2:(Schawbe-Grimme PCCP 9(2007)3397-3406)Per migliorare la descrizione dei metodi doppio-ibridi nel calcolo delle proprieta di sistemi debol-mente legati, viene proposto di includere una correzione empirica di tipo: ED=s6

∑Natij f(Rij)

C6,ij

R6ij

dove il fattore di scala per i due funzionali proposti e:

B2− LY P −D → s6 = 0.55

mPW2− LY P −D → s6 = 0.40

5.4 Alcune note schematiche sulla costruzione di un

funzionale

Strategie per costruire EXC [ρ] (Scuseria 2006)

1. UEG → LDA

2. GEA→ (GGA,mGGA) se troncata→ EDGEXC

∫[e0XC(ρ)+e1

XC(ρ)∇ρ+e2XC(ρ)∇2ρ+...]dν

3. vincoli per EXC , vXC , hXC → piu diffusi

4. modelli di base (non empirici o semi-empirici)

5. fit empirico → data una forma di EXC → riflettono dati sperimentali per ottenereparametri

6. metodi ibridi (EXX+EX [ρ])

EHybridXC [ρ] =

∫ρ(r)[aεexactX (r) + bεDFTr + cεDFTr ]dr (5.32)

Vincoli:→ comportamento asintotico→ proprieta buca XC (somma, limiti)→ trasformazione delle coordinate → uniform xeding ργ(r) = γ3ρ(γ, r)

limγ→∞

EC [ργ] > −∞ (5.33)

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Proprieta di un sistema con un solo elettrone:SIC) EX [ρ1, 0] + I[ρ1] = 0 self − interation correctionSCC) EC [ρ1] = 0 self − correlation correction .

5.4.1 Esempi

B95

EB95C = Eαα

C + EββC + Eαβ

C (5.34)

• limite UEG

Eσσ =

∫τσ − τWστunifσ

eUEGc,σσ (ρσ)

(1 + cσσχ2σ

dr (5.35)

• separazione EC in Eαα(ββ)C + Eα,β

C

Eαβ =

∫eUEGc,αβ (ρα, ρβ)

1 + cαβ(x2α + x2

β)dr (5.36)

• self-correlation correction: EC [ρ1] = 0

τunifσ =3

10(6π2)2/3ρ5/3

σ (5.37)

• fitta le energie di correlazione atomiche → Cπ = 0.038 ; Cα,β = 0.0031

τunifσ =3

10(6π2)2/3ρ5/3

σ (5.38)

τWσ =1

8

|∇ρ|2

ρσ(5.39)

PKZB vs PBE (costruzione a scatole cinesi)

F PKZBχ = 1 +

χ

1 + χk

;F PBEx = 1 +

µs2

1 + µs2(5.40)

dove

χ = χ(ρ,∇ρ, τ) s = s(ρ,∇ρ) (5.41)

ESK71X = ED30

X − 5

(36π)5/3

∫ρ4/3α x2

α (5.42)

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B88-X

FB88X = 1 +

βC2(C1S)2

1 + 6β(C1S)Sinh−1(C1S)(5.43)

dove

C1 = 2(6π2)13 (5.44)

C2 = (21/3CX)−1 (5.45)

CX =3

4(3

π)1/3 (5.46)

5.5 Funzionali locali e correzioni per il gradiente da

GEA (GGA)

(P.M.W. Gill: Encyclopedia)

• LDA

ETF27T =

3

10(6π2)2/3

∫ρ5/3σ (r)dr (5.47)

ED30X = −3

2

(3

)1/3 ∫ρ4/3(r)dr (5.48)

dove D30 ∼ 10% meno F30(EHFX ) .

EW38C = −4a

∫ρα(r)ρβ(r)

ρ(r)

(1

1 + dρ1/3(r)

)d(r) (5.49)

TFDW →E = ETF27

T + Eγ + Ej + ED30X + EW38

C (5.50)

dove (W = WIGNER) con a=0.04918 ; d=0.349

• GGA

EW35 = ETF27T +

1

8

∫ρ5/3(r)x2

σdr (5.51)

dove x(r) = |∇ρ(r)|ρ3/4(r)

dove W=Weizsacher

con (....+ x4 + x6 + ...)→tende a divergere [(ρ→ 0)?]

ESK71X = ED30

X − 5

(36π)5/3

∫ρ4/3σ (r)x2

σdr → (5.52)

(...+x4 + x6 + ...)→ tende a divergere e non cambia

EB88X = ED30

X − b∫ρ4/3(r)

x2σ

1 + 6βxσsinh−1xσdr (5.53)

con b=0.0042 fittato dalle energie di scambio HF per gli atomi dei gas nobili (He →Rn)

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B88 → smorza x2 per valori grandi di x e impone che εX

tenda al valore corretto per xgrandi

Classificazione in base all’uso di Θi e ρ(r) per Eρ e EXC

Famiglia T ipo ET EXC1 HF (post−HF ) Θi(r, σ) Θi(r, σ)2 (ibridi) Θi(rσ) ρ(r)(Θi(r, σ))3 KS Θi(r, σ) ρ(r)4 DFT (HK) ρ(r) ρ(r)

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Chapter 6

Implementazione dei metodi DFT

Il calcolo della densita elettronica risolvendo le equazioni KS segue lo stesso schema di uncalcolo HF:

1. definizione di una ρ iniziale, normalmente come sovrapposizione di densita atomiche;

2. calcolo del potenziale di correlazione e scambio vxc;

3. soluzione delle equazioni di KS per ricavare gli orbitali di KS;

4. calcolo della densita elettronica

5. calcolo dell’energia del sistema, e controllo della convergenza;

6. ripetizione della procedura dal punto 2

La soluzione delle equazioni KS puo essere numerica, ma il metodo piu diffuso e l’espansionedegli orbitali in una base di altre funzioni: ϑKSi =

∑µ cµiχµ. Le equazioni risultanti sono

analoghe alle equazioni di Roothaan-Hall. Le basi piu comuni sono gaussiane contratte, ingenerale si usano le stesse funzioni base messe a punto per HF.Uno dei problemi del DFT e la complessita dei funzionali vxc, che rende necessaria la valutazionenumerica degli integrali < χµ|vxc|χν >. Una tecnica alternativa e l’espansione del potenzialevxc in termini di un set di funzioni ausiliarie: i coefficienti della combinazione lineare sonodeterminati con un best fitting su un insieme di punti di una griglia appropriatamente scelta.

6.0.1 Implementazione dei metodi DFT

Come per i metodi di calcolo basati sulla funzione d’onda, nell’implementazione delle equazionidi KS→ si usa l’approssimazione LCAO. Cioe, gli spin orbitali di KS, Θi(r), vengono espressiin termini di funzioni che riproducono gli orbitali atomici.[

−1

2∇2i + veff (ri)

]Θi(r) = εiΘi(r) (6.1)

veff = vext(ri) + vH(r) + vXC(ρ, r) (6.2)

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vext(r) = −M∑λ=1

ZAria

(6.3)

vH =

∫ρ(rj)

rijdrj (6.4)

vXC [ρ, r] =δEXC [ρ]

δρ(6.5)

fKSΘi(r) = εiΘi(r) (6.6)

Se si introduce l’approssimazione LCAO, si ha:

Θi(r) =L∑µ=1

cµ,iχµ (6.7)

fKSL∑ν=1

cν,iχν = εi

L∑ν=1

cν,iχν (6.8)

moltiplicando a dx per χµ ed integrando con r si ottiene

L∑ν=1

cν,i < χµ|fKS|χν >= εi

L∑ν=1

cν,i < χµ|χν > (6.9)

L∑ν=1

cν,iFKSµ,ν = εi

L∑ν=1

cν,iSµ,ν (6.10)

• Sµ,ν= elemento µ, ν matrice di overlap

• FKSµ,ν = elemento µ, ν matrice di KS

in forma matriciale diventa:FKSC = SCE (6.11)

Per capire l’implementazione dell’equazione di KS e le differenze in seguito alle equazioni HFvediamo quali sono i contributi che definiscono FKS

µ,ν .

FKSµ,ν =< χµ|

[−1

2∇2i −

M∑i=1

ZAria

+

∫ρ(rj)

rijdrj + vXC(ri)

]|χν > (6.12)

i primi due termini sono analoghi all’HF e costituiscono la parte mono-elettronica

hµ,ν =< χµ|

[−1

2∇2i −

M∑i=1

ZAria

]|χν > (6.13)

in termini di set base χν il contributo coulombiano classico (Hartree) diventa:

ρ(r) =N∑i=1

|Θi(r)|2 =N∑i=1

L∑µ=1

L∑ν=1

cµ,icν,iχµχν (6.14)

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dove si puo definire in modo analogo ad HF la matrice densita

Pµ,ν =N∑i=1

cν,icµ,i (6.15)

quindi il contributo coulombiano diventa:

Jµ,ν =L∑λ=1

L∑σ=1

Pλσ < χµχν |1

rij|χλχσ > (6.16)

che e analogo a contributo coulombiano nel caso HF .La differenza tra HF e KS si determina solo per la parte di XC che in KS e rappresentatadall’integrale

V XCµν =< χµ|vXC(ri)|χν > (6.17)

che dipendera dalla forma esplicita di vXC (LDA, GGA, mGGA, ...) e si usa la formula Euleroper definire vXC = σEXC

σρmentre in HF e dato dall’integrale di scambio (piu costoso)

Kµν =L∑λ=1

L∑σ=1

Pλσ < χµχλ|1

rij|χνχσ > (6.18)

Il tipo di set base usato per i calcoli rientra nelle grandi classi gia viste per l’HF e cioe:

• set base numerici

• set base analitici

→ localizzati(GTF, STO, ..)

→ delocalizzati(PW )

Pochi esempi di set base ottimizzati per calcoli DFT Nello stato solido i piu diffusisono i codici che usano onde piane come funzioni base, meno comune e la scelta di set baselocalizzati tipo funzioni Gaussiane (GTF) che invece sono i piu usati nel campo molecolare.

INTEGRALE COULOMBIANO → In alcuni casi programmi DFT il calcolo di Jµνviene fatto non in modo tradizionale, ma tenendo conto del fatto che , a differenza di HF, Jµνe completamente disaccoppiato da V XC

µν . Si Scrive

Jµν =< χµ|ρ(rj)

rij> (6.19)

ma poi si espande ρ(r) in termini di funzioni localizzate negli atomi ωk

ρ(r) =∼= ρ(r)−K∑k=1

ckωk(r) (6.20)

quindi ripasso a

Jµν =K∑k=1

ck

∫χµχνωkrij

dridrj (6.21)

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dove i coefficienti ck vengono ottenuti minimizzando una funzione tipo

F ′ =

∫ ∫[ρ(ri)− ρ(ri)]

[ρ(rj)− ρ(rj)

]rij

dridrj textrmxbasigaussiane (6.22)

Repulsione coulombiana tra le densita residue

F ′ →∅ ⇒Jµν → Jµν(6.23)

limF ′→0 Jµν = Jµν(6.24)

nel vincolo∫ρ(r)dr = N .

Questo tipo di tecnica si chiama RJ − J o density fitting.

INTEGRALE XC Data la complessita delle equazioni esplorate di vxc in termini di ρ∇anche per LDA, XC non viene calcolato in modo analitico, ma procede ad un’integrazionenumerica.Quindi occorre definire un’opportuna griglia di punti nei quali si calcola ρ∇(LDA) o ∇ρσ e∇2ρσ(GGA).

V XCµν ≈

P∑p=1

χµ(rp)VXC(rp)χν(rp)Wp (6.25)

l’integrale e approssimato da una somma dei prodotti χµ, VXC , χν pesata dal fattore Wp.Nel DFT si usa la tecnica proposta da Becke di separare l’integrazione in somma di contributiatomici (che si sovrappongono).Cioe se

I =

∫F (r)dr (6.26)

si pone

I =M∑A=1

IA (6.27)

dove

IA =

∫FA(r)dr tale che F (r) =

M∑A=1

FA(r) (6.28)

dove FA(r) si ottiene attraverso l’introduzione di funzioni peso (pesi atomici di Becke)tali che:

FA(r) = WA(r)F (r)N∑A=1

WA(r) = 1 (6.29)

WA ∼ 1 vicino a A e ∼ 0 vicino agli altri nuclei.Definiti i pesi WA e i contributi FA si ricava IA come integrazione numerica una griglia dipunti definiti da sfere concentriche intorno agli atomi (bacini atomici)

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IA =

∫ ∞0

∫ ~

0

∫ 2~

0

FA(r, θ, ρ)r2 sin θd(r)dθdρ ∼=P∑p=1

WRADp

Q∑q=1

WANGq FA(rp, θq, ρq) (6.30)

Ci sono quindi P punti radiali e Q punti angolari con i corrispondenti pesi WRAD,WANG.N totali di punti P ·Q

• integrazione radiale → Euler-McLaurin; Gauss-Chebyshev

• integrazioni angolari → Lebedev (griglie che sommano esattamente tutte le armonichesferiche fino al grado l =)

Per ridurre il n di punti di solito si usa una ”potatura della griglia” (dall’inglese: pruning).L’idea di fondo e che andando verso il nucleo la ρ(r) e via via piu sferica e quindi sonosufficienti griglie angolari meno fitte per una corretta integrazione. Lo stesso vale per valori dir grandi. Nel potare si usano queste considerazioni definendo lo spazio di regioni con n dipunti angolari.Problema di accuratezza numerica

• invarianza rotazionale (molecole)

• zeri nel calcolo frequenze e modi a bassa frequenza

Complicazioni: i gradienti di EXC , rispetto alle posizioni dei nuclei, richiedono le derivate deipesi

EXC =T∑t

Wtft (6.31)

d

dxEXC =

T∑t=1

(ftd

dxWt +Wt

dftdx

)(6.32)

dovedWt

dx→ 0 (6.33)

per griglie infinite, ma in generale non si possono trascurare → problemi di accuratezza

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Chapter 7

Valutazione dei metodi DFT

Dopo aver introdotto i funzionali di XC e i metodi che ne derivano, e importante valutarnel’accuratezza nel calcolo di proprieta di interesse chimico-fisico. Nel seguito viene quindi pre-sentato un confronto tra i diversi funzionali di XC sulla base di risultati su atomi, molecole esolidi recentemente presentati in letteratura.Come evidenziato nei precedenti capitoli e a differenza delle metodologie WFT, per i metodiDFT non esiste una vera e propria procedura variazionale che consenta di migliorare in modosistematico l’accuratezza nella descrizione della repulsione elettronica di un sistema multielet-tronico. In questo senso, la scala di Giacobbe proposta da Perdew rappresenta comunqueun’utile strumento per classificare e raggruppare i funzionali di XC in classi di complessita eaccuratezza crescente. Tuttavia, ogni nuovo funzionale deve essere calibrato e tarato con-frontando i risultati ottenuti con quelli disponibili in letteratura relativi a calcoli di benchmark,solitamente ricavati usando metodi WFT di alto livello e elevata accuratezza (es. CCSD(T)con basi estese come aug-cc-pVXZ, X=T,Q,...), e soprattutto dati sperimentali.A questo scopo, i metodi DFT attualmente disponibili in calcoli di routine sono raggruppabiliin diverse famiglie che si rifanno ai gradini della Jacob’s Ladder:

1. LDA (Local Density Approximation)

2. GGA (Generalized Gradient Approximation)

3. MGGA (Meta-GGA)

4. Ibridi-GGA; Ibridi-MGGA

5. Doppi-ibridi

La valutazione dei metodi DFT si basa poi sul confronto con dati di riferimento raccolti in unaserie di database opportunamente predisposti per varie proprieta chimico-fisiche. Nella tabella7 sono riportate alcune delle tipologie di dati usati come riferimento. Avere a disposizione uninsieme di dati cosı esteso ha in pratica una duplice valenza: (i) viene usato per stabilire unaclassifica dei diversi funzionali di XC e (ii) puo essere usato per l’ottimizzazione di funzionali diXC semi-empirici. In effetti, molti dei database messi a punto sono stati usati per ottimizzarei parametri presenti in funzionali di XC. Esempi di questo tipo risalgono al metodo B3LYP diBecke (1993), all’HCTH (1996) di Handy e collaboratori, fino ai piu recenti M05, M06, M08 eM11 di Truhlar (che contengono fino a 30-40 parametri). Nei metodi DFT ibridi, questo tipodi strategia di sviluppo e solitamente usata per ottimizzare anche la percentuale di scambioesatto.

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Table 7.1: Informazioni contenute nei principali database sviluppati per la calibrazione deimetodi DFT

Atomi Molecole SolidiEnergie totali Geometrie e frequenze vibrazionali Energie di coesione

Energie di scambio e correlazione Energie di atomizzazione Geometrie (parametri reticolari e coord. interne)

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Appendix A

Sul concetto di funzionale e derivatadi un funzionale

A.1 Funzionale e derivata funzionale

Si definisce funzione una relazione matematica che lega un numero ad un altronumero.

xy(x)−→ z

Si definisce funzionale una relazione matematica che lega una funzione ad unnumero.

y(x)F [y(x)]−→ z

In questo caso, si dice anche che un funzionale definisce una mappatura trauna funzione e un numero. In altre parole, un funzionale e una funzione nellaquale la variabile e una funzione

Un esempio di funzionale in chimica quantistica e il valor medio di un’osservabile.Per l’energia si ha E =< Ψ|H|Ψ >, cioe data una Ψ normalizzata, si ottieneun numero, l’energia, come funzionale della funzione d’onda.

Prima di definire la derivata di un funzionale, si consideri il caso di una genericafunzione derivabile F (y). La sua derivata sara data da F ′(y) = dF

dy . Nel

punto y0, spostandosi di una distanza dy, la funzione F quindi variera comedF = F (y0 + dy)− F (y0) = F ′(y)|y0dy.Se la funzione F dipende da piu variabli, cioe F (y1, y2, ...), la derivata totaledella funzione dipendera dalle derivate parziali ∂F

∂y1, ∂F∂y2 , ..., cosı che partendo

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dal punto y01, y

02, ... e variando la funzione di dy1, dy2, ..., la sua variazione sara

dF =∂F

∂y1|y01dy1 +

∂F

∂y2|y02dy2 + · · · (A.1)

Estendiamo ora il concetto di derivata al caso di un funzionale.Si consideri una funzione y(x) che dipende dalla variabile x e che assuma valorireali nell’intervallo [a, b]. Dati N punti nell’intervallo [a, b] distanti tra loro diun valore ε, dove Nε = a − b. L’n-esimo punto corrisponde a xn = a + nε.Quindi la funzione yn = y(xn) tendera a y(x) per N →∞, ε→ 0.Definiamo ora una funzione dell’insieme delle funzioni yn, cioe F (yn). Allimite per N → ∞, la funzione F diventa una funzione di y(x). Dato che Fe una funzione di tutti i valori di y(x) nell’intervallo [a, b], F viene chiamatafunzionale di y(x), F [y]. Quindi un funzionale usa come variabile una funzioney(x) in un dominio, dipendendo da tutti i valori di y per tutti i valori di x neldominio, e restituisce un numero.

Ad esempio, se:

F [y] =

∫ 1

0

y(x)2dx

si avra:F [y = x] = 1/3

F [y = sinπx] = 1/2

F dipende dall’intera forma funzionale di y(x) nell’intervallo [0, 1].

Se si cambiano i valori di yn, la funzione F (yn) variera secondo la A.1come

dF =N∑n=1

∂F

∂yn|y0dyn

Nel limite N →∞ (per passare al caso di una variabile continua), l’espressionesopra puo essere trasformata usando la definizione di integrale∫ b

a

dxf(x) = limε→0

N∑n=1

εf(xn)

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comeN∑n=1

ε

(1

ε

∂F

∂yn|y0)dyn

Prendendo il limite per ε → 0, con x = a + nε e introducendo la notazionedyn = δy(x), si arriva a

dF =

∫ b

a

dx1

ε

∂F

∂y|y0(x)δy(x) (A.2)

Qui y0(x) e la particolare funzione y(x) che e il punto di partenza della vari-azione infinitesima arbitraria δy(x). Il termine 1/ε e stato assorbito in ∂F

∂y chepuo essere considerata la definizione di derivata funzionale.Il significato della A.2 e analogo alla A.1. Il cambiamento di F e la sommadi termini proporzionali alle variazioni infinitesime δy(x), con costante di pro-porzionalita che e proprio la derivata funzionale ∂F

∂y . Cioe, la derivata funzionaleda la risposta del funzionale F a una piccola variazione di y con il cambiamentolocalizzato in x.In alternativa, la derivata funzionale si puo anche scrivere come rapporto incre-mentale del funzionale dovuto ad un incremento δy(x) del funzionale F (cioeF [y(x) + δy(x)]− F [y(x)]) in x0 al limite di un incremento ε infinitesimo

∂F

∂y(x0)= lim

ε→0

F [y(x) + εδ(x− x0)]− F [y(x)]

ε=

(∂F [y(x) + εδ(x− x0)]

∂ε

)|ε=0

dove con δy(x) = εδ(x− x0) si e specificato che l’incremento e localizzato inx0.

Per rendere la definizione piu operativa consideriamo un semplice esempio.Sia

F [y] =

∫ 1

0

y(x)2dx

per calcolare la derivata funzionale si puo calcolare il cambiamento dF dovutoa una variazione infinitesimale δy(x):

F [y + δy] =

∫ 1

0

[y(x) + δy(x)]2dx =

∫ 1

0

[y(x)2 + 2y(x)δy(x) + δy(x)2]dx

tralasciando il termine (δy)2, nel limite δy → 0, al prim’ordine in δy, quindi siha:

F [y + δy] =

∫ 1

0

[y(x) + δy(x)]2dx =

∫ 1

0

[y(x)2 + 2y(x)δy(x)]dx

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F [y + δy] = F [y] +

∫ 1

0

2y(x)δy(x)dx

il cambiamemto infinitesimo dF e percio

dF = F [y + δy]− F [y] +

∫ 1

0

2y(x)δy(x)dx

Se si confronta la relazione sopra con la A.2 si ottiene

∂F

∂y= 2y(x)

Questo esempio e il prototipo di calcolo di una derivata funzionale.

La derivata funzionale ha proprieta simili a quelle della derivata di una funzione(ad es. si comporta come un operatore lineare, vale la regola della catena, ...).La definizione data e generalizzabile (i) al caso di un funzionale che dipende dapiu funzioni (ci si comporta come nel caso delle derivate parziali) o (ii) quandoF dipende da una funzione a piu variabili (in questo caso si ha un dominionello spazio).Ovviamente, e possibile definire derivate di ordine superiore al primo.

A.2 Formula di Eulero

Nel caso in cui il funzionale sia un semplice integrale, la formula di Eulero offreuno strumento potente per il calcolo della derivata funzionale.Cominciamo considerando il caso di un integrale il cui integrando e funzionedi x e y(x)

F [y] =

∫L(x, y(x))dx (A.3)

Per una variazione di y(x) troncando al primo ordine si ha

F [y + δy] =

∫L(x, y + δy)dx =

∫ (L(x, y) +

∂L(x, y)

∂yδy

)dx

Confrontando il risultato con la A.2 si trova

∂F

∂y=∂L(x, y)

∂y

che vale per tutti i funzionali del tipo A.3.Consideriamo adesso il caso particolare in cui l’integrando L e funzione sia di

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y(x) che delle sue derivate y′ = dy/dx, y′′ = d2y/dx2,...Nel caso della derivata prima si ha

F [y] =

∫L(x, y, y′)dx (A.4)

Per una variazione δy si puo scrivere

F [y + δy] =

∫L(x, y + δy, y′ + δy′)dx

dove δy′ = d(δy)/dx e la derivata della variazione δy. Espandendo al primoordine in δy e nella sua derivata

F [y + δy] '∫ (

L(x, y, y′) +∂L(x, y, y′)

∂yδy +

∂L(x, y, y′)

∂y′δy′)dx (A.5)

Si noti come nel derivare si considerino y e y′ come indipendenti.L’eq.A.5 non e ancora confrontabile con la A.2 e quindi non e possibile estrarrela derivata funzionale. Per fare questo occorre convertire δy′ in δy nell’ultimotermine. Usando un’integrazione per parti (ricordiamo che:

∫fdg = fg −∫

gdf con dg = dy′ef = ∂L(x,y,y′)∂y′ δy′∫ b

a

∂L(x, y, y′)

∂y′δy′dx =

[∂L(x, y, y′)

∂y′δy(x)

]ba

−∫ b

a

d

dx

∂L(x, y, y′)

∂y′δy(x)dx

(A.6)il primo termine sulla destra e un termine di bordo, che dipende dagli estremi diintegrazione. E proporzionale quindi al valore di δy agli estremi dell’intervallo[a, b]. Usando la A.6 nella A.5 si ottiene

dF =

∫ (∂L(x, y, y′)

∂y− d

dx

∂L(x, y, y′)

∂y′

)δy(x)dx+ [termini di bordo]

che confrontata con la A.2 permette di ricavare che

∂F

∂y=∂L

∂y− d

dx

∂L

∂y′(A.7)

se x non si trova agli estremi dell’intervallo. Se invece x si trova agli estremidell’intervallo, esiste un termine aggiuntivo da includere nella A.7. Notare chenel caso in cui y e proprio ρ(r), dato che l’integrale e

∫∞−∞ e ρ(r) → 0 per

r→∞ i termini agli estremi si annullano.Questa e la formula di Eulero che fornisce un’utile scorciatoia per ricavare laderivata funzionale nel caso di un funzionale della forma A.4.La formula di Eulero puo essere generalizzata al caso in cui:

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• la funzione integranda L contiene derivate di y(x) di ordine superiore

F [y] =

∫L(x, y, y′, y′′)dx

∂F

∂y=∂L

∂y− d

dx

∂L

∂y′+

d2

dx2

∂L

∂y′′

in questo caso occorre integrare per parti due volte per eliminare δy′′.

• l’argomento del funzionale e una funzione di piu variabili

F [y] =

∫L(x, y, z, f, fx, fy, fz)dx

∂F

∂f(x, y, z)=∂L

∂f− d

dx

∂L

∂fx− d

dy

∂L

∂fy− d

dz

∂L

∂fz

A.3 Minimo di un funzionale

Consideriamo il problema di trovare il minimo di un funzionale F [y] rispetto allefunzioni y(x) che si annullano ai bordi del dominio. La condizione necessaria e

dF =

∫ b

a

∂F

∂y(x)δy(x)dx = 0

per una variazione arbitraria di δy(x). Questo equivale a richiedere che lasoluzione sia una funzione y(x) che soddisfa

∂F

∂y(x)= 0 (A.8)

L’equazione A.8 e l’equazione di Eulero-Lagrange e rappresenta la condizionenecessaria per l’esistenza di un estremale.Se la minimizzazione di F [y] e soggetta ad un vincolo, ad esempio G[y(x)] = 0,si ricorre al metodo dei moltiplicatori di Lagrange, risolvendo l’equazione diEulero-Lagrange per il funzionale Ω[y] = F [y] + λG[y], cioe

∂Ω

∂y(x)=

∂F

∂y(x)− λ ∂G

∂y(x)= 0

la soluzione dell’equazione sopra contiene i moltiplicatori λ che devono es-sere determinati imponendo il vincolo durante la risoluzione dell’equazione diEulero-Lagrange.

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Come nell’analisi di funzioni, perche un estremale sia un minimo e necessarioche la derivata seconda di F sia positiva d2F = 0. Spesso, data la natura delproblema, si assume che la soluzione trovata sia un minimo senza una realeverifica.La minimizzazione di un funzionale e alla base del metodo variazionale cheviene ampiamente utilizzato in chimica quantistica.

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Appendix B

PBE’s type exchange functionals andfunctional derivatives

Let us consider an exchange functional of the form:

EX =∑σ

∫ρσεX,σF (sσ)dr (B.1)

where

εX,σ = − 3

(3π2ρσ

)1/3

and the basic variables are: the spin density, ρσ and the reduced spin density,sσ:

sσ =|∇ρσ|ρ

4/3σ

1

2(3π2)1/3

F (sσ) is the enhancement factor (exchange energy density).

Functionals of this type are PBE[14], revPBE[15], RPBE[16], mPBE[17], WC[18],PBEα[19], PBEsol[20], SOGGA[21] and RGE2[22].For instance:

• PBE exchange functional is given by

F (sσ) = 1 + κ− κ2

κ+ xσ

wherexσ = µs2

σ

and κ = 0.804 and µ = 0.21951.

• revPBE exchange functional has the same expression of PBE but κ =1.245.

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• RPBE exchange functional is given by

F (sσ) = 1 + κ− κ exp(−µs2σ/κ)

• mPBE exchange functional is given by

F (sσ) = 1 + C1s2σ

1 + as2σ

+ C2

(s2σ

1 + as2σ

)2

where C1 = µ, C2 = −0.015 and a = 0.157.

• WC exchange functional is given by

F (sσ) = 1 + κ− κ2

κ+ xσ

where

xσ =10

81s2σ +

(µ− 10

81

)s2σ exp(−s2

σ) + ln(1 + cs4σ)

and κ = 0.804, µ = 0.21951 and c = 0.0079325.

• PBEα exchange functional takes the form:

F (sσ) = 1 + κ− κ

(1 + xσκα)α

wherexσ = µs2

σ

and κ = 0.804 and µ = 0.21951. In ref.[19], its is proposed to useα = 0.52.The functional form has three limiting cases: (i) α = 0.0 then F (sσ) = 1(i.e. LDA); (ii) α = 1.0 corresponds to PBE and (iii) α = ∞ gives theRPBE functional.Note that when α = 2.0, PBEα takes a functional form similar to theRGE2 one (see below).

• PBEsol exchange functional is a reparametrization of the original PBE ex-change functional in which µ = 10

81 . It is combined with the correspondingPBE correlation functional with the value of β redefined to be β = 0.046.

• SOGGA exchange functional enhancement factor reads

F (sσ) = 1 + κ− 1

2

κ2

κ+ xσ− 1

2κ exp(−xσ/κ)

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wherexσ = µs2

σ

and κ = 0.552 and µ = 1081 .

It is a ”half-and-half” combination of PBE and RPBE. It is combined withthe original PBE correlation functional.

• RGE2 means Regularized Gradient Expansion approximation at second-order. It is built from the PBEsol exchange functional by adding a higher-order term to the denominator of the corresponding enhancement factor.In this respect, PBEsol can be considered as a first-order RGE approxi-mation. The RGE2 enhancement factor is then

F (sσ) = 1 + κ− κ3

κ2 + κxσ + x2σ

wherexσ = µs2

σ

and κ = 0.552 and µ = 1081 .

It is combined with the original PBE correlation functional in which thevalue of β has been redefined to be β = 0.053. This derives from a fittingto m-GGA TPSS quality surface energies for jellium.

From the general form of the exchange functional of eq.(B.1), the functionalderivatives to be implemented are:

∂EX

∂ρσ= −

(3

π

)1/3

ρ1/3

[F (sσ)− sσ

∂F (sσ)

∂sσ

]∂EX

∂|∇ρσ|2=

1

2|∇ρσ|∂EX

∂|∇ρσ|= − 3

16π

1

|∇ρσ|∂F (sσ)

∂sσ

For PBE, revPBE, PBEsol and WC we have

∂F (sσ)

∂sσ=

κ2

(κ+ xσ)2

∂xσ∂sσ

where

• PBE, revPBE and PBEsol:

∂xσ∂sσ

= 2µsσ

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• WC:

∂xσ∂sσ

= 2sσ

[10

81+

(µ− 10

81

)(1− s2

σ) exp(−s2σ) +

2cs2σ

(1 + cs4σ)

]For RPBE is:

∂F (sσ)

∂sσ= exp(−xσ/κ)

∂xσ∂sσ

where∂xσ∂sσ

= 2µsσ

For PBEα is:∂F (sσ)

∂sσ=

(κα

κα + xσ

)α+1∂xσ∂sσ

where∂xσ∂sσ

= 2µsσ

For SOGGA is:

∂F (sσ)

∂sσ=

1

2

(κ2

(κ+ xσ)2+ exp(−xσ/κ)

)∂xσ∂sσ

where∂xσ∂sσ

= 2µsσ

For RGE2 we have

∂F (sσ)

∂sσ= κ3

(κ+ 2xσ

(κ2 + κxσ + x2σ)2

)∂xσ∂sσ

where∂xσ∂sσ

= 2µsσ

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Appendix C

B97-like exchange-correlationfunctional and functional derivatives

Let us consider an exchange-correlation functional of the form[23]:

EXC = EX + ECαβ+∑σ

ECσσ

where

EX =∑σ

∫εXσ

(ρσ)gXσ(s2σ)dr

ECαβ=

∫εCαβ

(ρα, ρβ)gCαβ(s2av)dr

and

ECσσ=

∫εCσσ

(ρσσ)gCσσ(s2σ)dr

ε’s are the local energy densities of a uniform electron gas:

εXσ= −3

2

(3

)1/3

ρ4/3σ

and εCσis the UEG correlation functional derived by Perdew and Wang[24]

where the opposite-spin and the parallel-spin local correlation energy densitiesper unit volume are extracted from the total LSDA correlation energy densityby the trick of Stoll et al.[25]:

εCαβ= εC(ρα, ρβ)− εC(ρα, 0)− εC(0, ρβ)

εCσσ= εC(ρσ, 0)

The basic variables are: the spin density, ρσ and the reduced spin density, sσ:

sσ =|∇ρσ|ρ

4/3σ

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wheres2avg = 1/2(s2

α + s2β)

and

s2σ =|∇ρσ|2

ρ8/3σ

g denotes the gradient correction factor. The correction factors are expandedin a power series in the remapped variable u(s2)(spin-subscripts omitted):

g(s2) =k∑j=1

cjuj(s2) (C.1)

and

uXσ =γXσs

1 + γXσs2σ

(C.2)

with γXσ = 0.004

uCαβ=

γCαβs2avg

1 + γCαβs2avg

with γαβ = 0.006

uCσσ=

γCσσs2σ

1 + γCσσs2σ

with γσσ = 0.2.

Functionals of this type are B97[23, 26], HCTH[27], B97-3[28] and BMK[29],that differ in the number of terms included in the expansion above and in thestrategy adopted in the parametrization.For instance:

• The B97 exchange functional is given by (k=2)

• HCTH exchange functional has the following expression (k=4):

• B97-3 exchange functional is given by (k=4)

• MBK exchange functional is given by (k=4)

Functional derivatives

From the general form of the B97-like functional, the functional derivatives tobe implemented are:

74

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a)

∂EXC

∂ρσ=∑σ

∂ρσ[εσgσ] =

∑σ

[∂εσ∂ρσ

gσ + εσ∂gσ∂ρσ

]where

∂g[uσ(s2σ)]

∂ρσ=∂g[uσ(s2

σ)]

∂uσ· ∂uσ(s2

σ)

∂s2σ

· ∂s2σ

∂ρσ

according to equations C.1 and C.2 we have

∂g[uσ(s2σ)]

∂ρσ=

k∑j=1

j · cj · uj−1 ·[− γ

(1 + γs2σ)2

]·[−8

3

1

ρσs2σ

]

∂g[uσ(s2σ)]

∂ρσ=

8

3

1

ρσ· 1

(1 + γs2σ)·

k∑j=1

j · cj · uj (C.3)

b)

∂EXC

∂|∇ρσ|2=

1

2|∇ρσ|∂E

∂|∇ρσ|

∂E

∂|∇ρσ|=∑σ

∂|∇ρσ|[εσgσ] =

∑σ

[εσ ·

∂gσ∂|∇ρσ|

]where

∂g[uσ(s2σ)]

∂|∇ρσ|=∂g[uσ(s2

σ)]

∂uσ· ∂uσ(s2

σ)

∂s2σ

· ∂s2σ

∂|∇ρσ|according to equations C.1 and C.2 we have

∂g[uσ(s2σ)]

∂|∇ρσ|=

k∑j=1

j · cj · uj−1 ·[− γ

(1 + γs2σ)2

]·[2 sσρ

−4/3σ

]∂g[uσ(s2

σ)]

∂|∇ρσ|= − 2

|∇ρσ|· 1

(1 + γs2σ)·

k∑j=1

j · cj · uj

and from equation C.3

∂g[uσ(s2σ)]

∂|∇ρσ|= −3

4ρσ ·

1

|∇ρσ|· ∂g[uσ(s2

σ)]

∂ρσ

75

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B97-X functional

From the equations above, for the B97 exchange functional (k=2) we obtain:

∂EX

∂ρσ=∑σ

−2

(3

)1/3

ρ1/3σ

[gXσ

+2uXσ

1 + γXσs2σ

(C1 + 2C2uXσ)

]and

∂EX

∂|∇ρσ|2=∑σ

3

2

(3

)1/3

ρ4/3σ

1

|∇ρσ|2· uXσ

1 + γXσs2σ

(C1 + 2C2uXσ)

B97-C functional

From the equations above, for the B97 correlation functional (k=2) we obtain(α-spin):

a)∂EC

∂ρα=∂ECαβ

∂ρα+∂ECαα

∂ρα(C.4)

The former right-hand term of equation C.4 is

∂ECαβ

∂ρα=

[∂εC(ρα, ρβ)

∂ρα− ∂εC(ρα, 0)

∂ρα

]· gCαβ

(s2avg) + εCαβ

·∂gCαβ

(s2avg)

∂ρα

where

∂gCαβ(s2avg)

∂ρα=

4

3

1

ρα·

γCαβs2α

(1 + γCαβs2avg)

2·(C1 + 2C2uCαβ

)The latter right-hand term of equation C.4 is

∂ECαα

∂ρα=∂εC(ρα, 0)

∂ρα· gCαα

(s2α) + εC(ρα, 0) · ∂gCαα

(s2α)

∂ρα

where

∂gCαα(s2α)

∂ρα=

8

3

1

ρα· γCαα

s2α

(1 + γCααs2α)2· (C1 + 2C2uCαα

)

b)∂EC

∂|∇ρα|2=

1

2|∇ρα|

(∂ECαβ

∂|∇ρα|+∂ECαα

∂|∇ρα|

)(C.5)

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The first term in brakets in the right-hand member of equation C.5 is

∂ECαβ

∂|∇ρα|= εCαβ

·∂gCαβ

(s2avg)

∂|∇ρα|

where

∂gCαβ(s2avg)

∂|∇ρα|= − 1

ρ4/3α

·γCαβ

(1 + γCαβs2avg)

2·(C1 + 2C2uCαβ

)or

∂gCαβ(s2avg)

∂|∇ρα|= −3

4

1

ρ1/3α

· 1

sα·

[∂gCαβ

(s2avg)

∂ρα

]The second term in brakets in the right-hand member of equation C.5 is

∂ECαα

∂|∇ρα|= εC(ρα, 0) · ∂gCαα

(s2α)

∂|∇ρα|

where

∂gCαα(s2α)

∂|∇ρα|= −2

1

ρ4/3α

· γCααsα

(1 + γCααs2α)2· (C1 + 2C2uCαα

)

or∂gCαα

(s2α)

∂|∇ρα|= −3

4

1

ρ1/3α

· 1

sα·[∂gCαα

(s2α)

∂ρα

]

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