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COLLOCAZIONE STORICA G. Reale, D. An,seri, M. Laeng, Filosofia e pedagogia dalle origini ad oggi, vol III, la
Scuola , Brescia 1986, pp.660-‐662
-‐ La Francia tra il XIX e il XX secolo -‐ La vita (1860-‐1932) di un “pensatore cris,ano” sacerdote oratoriano -‐ Il dogma0smo morale: metodo di conoscenza imperniato sull’azione, facendo sintesi tra metodo specula,vo e metodo asce,co à spiegazione della certezza mediante l’azione -‐ Impossibile una filosofia separata dalla fede à metodo d’immanenza che mostra l’intrecciarsi vitale della natura e della sovra-‐natura -‐ La nostra vita esprime la nostra interpretazione dell’essere meglio di qualunque enunciazione teorica: «Dimmi come agisci e , dirò a che cosa credi»
IL PENSIERO PEDAGOGICO
• Lunga e ricca esperienza di docente ed educatore
• Tema centrale: il rapporto tra l’autorità del maestro e la libertà del discepolo
• Superata l’opposizione, fruYo di equivoco (cri,ca alla pedagogia piegata al determinismo posi,vista), dimostra la tesi di uan autorità liberatrice.
CAP. I: IL CONCETTO DI “NEUTRALITÀ” IN EDUCAZIONE
«L’idea che ci si fa dell’educazione e del compito dell’educatore dipende evidentemente dall’idea che si ha dell’uomo e del suo des,no». «Esiste tra l’educazione e la concezione dell’uomo, un rapporto che dovrebbe risultare difficile contestare». Può esistere un’educazione indipendente, neutra? Chi risponde di sì, dice che è ‘laica’ e la contrappone a quella religiosa à laicità = nuova religione
CAP. II: INDIVIDUALISMO E POSITIVISMO. IL PROBLEMA DELL’EDUCAZIONE/1
Per i teorici dell’educazione laica vi è opposizione sistema autoritario sistema liberale Fondamento: individualismo (sec XVIII) = ogni uomo è un essere che basta a se stesso per quello che è , la sua caraYeris,ca fondamentale è di dipendere solo da sé. E’ libero, si sos,ene, per cui riceve ciò che vuole ricevere e dona solo ciò che vuole donare. Nessuna imposizione esterna, ma segue lo sviluppo naturale e diviene ciò che deve divenire. Quale educazione? Non intervenire (aYenzione: ≠ da educazione nega,va rousseauniana), al limite rimuovere ciò che falsa il libero gioco delle facoltà, lo sviluppo spontaneo della natura del fanciullo.
Il principio di non intervento non è sempre esplicito, ma è fondamento dell’ idea di neutralità in educazione = non condiscendenza,ma condizione stessa della libertà. Neanche la famiglia può rinnegare il principio di libertà (àsoYrarre il fanciullo dall’influsso della famiglia?) L’autorità non si può ‘modulare’, è ,rannica di per sé E’ questa la cri,ca dell’educazione laica al ‘sistema laico’ à negazione di qualsiasi imposizione esterna al fanciullo. Libertà e autorità sono inconciliabili. Riflessione: quando si ha la responsabilità di un fanciullo non si può “lasciarlo fare”; ma con quale diriYo si può intervenire se si sos,ene l’educazione laica?
CAP. II: INDIVIDUALISMO E POSITIVISMO. IL PROBLEMA DELL’EDUCAZIONE/2
Presi dalla necessità concreta di questa responsabilità, ci si rifà ad un’altra concezione dell’uomo (antropologia) … il posiVvismo = la natura è insieme di fak lega, l’uno all’altro secondo leggi determinate, studiate dalla scienza. L’uomo è l’oggeYo della psicologia sperimentale, aYraverso la quale l’educatore può dirigere lo sviluppo del fanciullo e realizzare una vera e propria educazione scienVfica. Conclusione assurda: l’uomo libero, che basta a se stesso, diventa oggeYo manipolabile, forza da dirigere da parte di un’educazione che ne è padrona. Questo accade quando si alleano individualismo + posiVvismo (fanciullo = persona e cosa nello stesso tempo)
CAP. II: INDIVIDUALISMO E POSITIVISMO. IL PROBLEMA DELL’EDUCAZIONE/3
Il vero compito dell’educazione è: fare in modo che l’akvità del fanciullo diven, padrona di se stessa. Difficoltà: in educazione è impossibile fare a meno dell’autorità e occorre chiedere al fanciullo di ubbidire. Problema: in che modo il fanciullo può essere o potrà diventare una persona umana, il cui caraYere essenziale è di appartenersi e il cui ideale è dunque la libertà, se è necessario esercitare su di lui l’autorità e farlo agire per obbedienza? Coscienza e ragione non sono spontanee, ma aYraverso l’educazione se ne può accompagnare lo sviluppo. Contrapporre libertà e autorità è un modo semplicis,co per affrontare il tema dell’educazione e trovare soluzioni adeguate.
CAP. II: INDIVIDUALISMO E POSITIVISMO. IL PROBLEMA DELL’EDUCAZIONE/4
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/1
Opposizione: 1) Salvaguardare e proteggere la personalità del
fanciullo e la sua libertà à rigeYare l’autorità 2) Far crescere il fanciullo indirizzando la sua crescita,
senza occuparsi delal sua personalità à conservare o acquistare l’autorità su di lui.
In entrambi i casi: AUTORITA’ = POTERE L’autorità è
un’astrazione o è una persona che agisce autorità?
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/2
Occorre avere aYenzione all’intenzione dell’autorità: ASSERVIRE oppure LIBERARE
Poiché, come si è visto, non è possibile fare a meno dell’autorità, occorre fondarla su questo principio
ESSERE LIBERALE OVVERO
AGIRE CON INTENZIONI DISINTERESSATE
Sono necessarie GARANZIE dell’autorità rispeYo a se stessa, per evitare INGANNO Ma non si può imporre all’autorità le intenzioni a cui aYenersi, occorre affidarsi alla BUONA VOLONTA’
Due forme di ubbidienza SERVILE à SUBIRE LIBERA à ACCETTARE Ma, anche in questo caso, vale la domanda: l’ubbidienza è un’astrazione? Oppure occorre coniugarla alla persona che la agisce? Il problema si risolve cercano di «stabilire come possono accordarsi esseri viven,, capaci di muoversi, evolvere e trasformarsi» (p.152)
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/3
Compito dell’educatore: far nascere l’obbedienza libera, non presupponendo la libertà dell’allievo ma ponendola come scopo della sua azione. Si traYa di accompagnare il fanciullo ad uscire dall’anarchia naturale e ciò avviene aYraverso un’autorità che genera fiducia, che trasforma l’opposizione in amore reciproco. Per fare questo l’autorità dell’educatore è autorità disinteressata, non è contrapposizione di due egoismi, ma trasformazione del fanciullo aYraverso la tes,monianza che l’educatore do in ordine alla gius,zia e alla bontà
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/4
Come si comporta l’educatore? p. 154 Quali mezzi e metodi u,lizza? Vanno tuk bene perché «il valore del metodo dipende dall’uomo: in realtà qui si vale non per quello che si dice o si fa, ma per quello che si è» p.155 Per l’educatore non è sufficiente l’abilità (come nel mes,ere), occorre un mo,vo ispiratore correYo, disinteressato capace di contribuire «alla formazione di persone che devono appartenere interiormente a se stesse ed essere responsabili di quanto pensano e vogliono. In nessun modo può essere consenVto che le persone siano considerate come semplici mezzi» p.156
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/5
Neanche il faYo di possedere /credere di possedere la verità gius,fica l’educatore nel considerare le persone come mezzi. L’educatore lavora affinché ciascuna persona raggiunga il proprio fine, fine che non è diverso dal suo, che non è un’astrazione né è fuori dalla vita. L’educatore in questo modo è totalmente solidale con i suoi educandi e condivide con essi il comune principio e il comune fine. Per il Cris,anesimo è facile à esiste un’iden,ficazione nell’Unità vivente
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/6
Esercitare l’autorità liberatrice non è solo un diribo (è la domanda senza risposta dell’individualismo) ma un dovere, l’esercizio di una responsabilità che appar,ene alla sua stessa vita. E’ una fede, che eleva sopra se stessi e le cose del mondo, senza la quale l’educazione non esiste. Per questo il cas,go infliYo dall’educatore altro non è che l’esercizio di un’autorità liberatrice che persegue il suo fine à fermezza impregnata di bontà e di com-‐passione.
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/7
Se l’autorità liberatrice ha a che fare con chi non dà la propria adesione interiore, non si arrende «non si ha più una volontà che si impone ad altre volontà per dominarle, ma una volontà che si offre ad altre volontà per aiutarle a volere, per volere insieme con esse. E’ così ceh si scopre che l’autorità dell’educatore è la sua stessa coscienza che vive e che, abitata da Dio, si manifesta vivendo, che si irradia intorno a lui e si comunica operando con gli altri mentre agisce dentro di lui» pp. 159-‐160
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/8
Se l’educatore ha il compito di favorire la formazione di persone capaci di pensare e volere , non solo non cerca di dominarli, ma all’opposto «finisce con il rendersi inu,le presso di loro, comportandosi in maniera che sappiano e possano fare a meno di essa» p.160 E’ l’autorità che si sacrifica, che lavora per il fanciullo, non sul fanciullo. E’ opera comune, ma i risulta, sono del fanciullo, ancorché gli aiu, dell’educatore siano sta, importan,. No plasmare le persone No rispebare le persone nella loro presupposta libertà (che è solo in potenza) Sì aiutarle a prendere coscienza di sé, della loro responsabilità. E’ azione d’amore (come la nascita) che comunica la vita, non può essere ,ranna, ma opera di carità (S. paolo)
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/9
CAP. III: L’AUTORITÀ EDUCATRICE. SUA NATURA E SUOI COMPITI/10
«Il problema dunque non sta nel sapere se si debba o non si debba far ricorso all’autorità. Questa infak, in forza della cos,tuzione delle cose, si esercita necessariamente in una maniera o nell’altra, lo si voglia o no. E quando si pretende di non volerlo, si inganna se stessi e fli altri. Il problema è unicamente di sapere quello che l’autorità deve essere, quale fine deve perseguire, da quale spirito va animata nel suo esplicarsi» p. 164
CAP. IV: IL CATTOLICESIMO E L’EDUCAZIONE/1
La teoria dell’educazione fin qui enunciata è caYolica in quanto si fonda su due concek fondamentali per il caYolicesimo 1) La relazionalità 2) La responsabilità Cooperazione di grazia divina e volontà umana p. 165 «Nessuno si cos,tuisce cris,ano da sé, ma neppure lo è suo malgrado».
Ritorna il tema precedentemente posto dal rapporto tra -‐ necessità dell’educazione -‐ sviluppo della libera aYuazione di ciascuno = fine dell’educazione DeYo altrimen, -‐ uomini solidali e corresponsabili -‐ uomini autonomi e responsabili per sé Interdipendenza totale tra gli uomini, chi comanda e chi ubbidisce accomuna, accomuna, da fine comune Chi ha autorità ha maggiore responsabilità.
CAP. IV: IL CATTOLICESIMO E L’EDUCAZIONE/2
CARITA’
Se si presume la necessità dell’educazione à si nega la posizione individualista e si ammeYe la necessità che l’uomo debba essere aiutato a formari.
EsaYamente quel che sos,ene il caYolicesimo: rendere libera e salvare l’umanità aYraverso l’intervento di Dio
E’ il rapporto tra l’essere dell’umanità (realtà)e il suo dover essere (ideale).
Salvezza data da Dio + libera adesione di ciascuno Impossibile negare autonomia personale e libertà.
CAP. IV: IL CATTOLICESIMO E L’EDUCAZIONE/3
CaYolicesimo: anche se siamo incapaci di salvarci da soli senza la Grazia di Dio, la salvezza è opera personale.
Solo liberando se stessi si può aiutare gli altri, se non è così prevale la ,rannia.
L’educatore caYolico: leggere p.171
CAP. IV: IL CATTOLICESIMO E L’EDUCAZIONE/4
CAP. V: L’INSEGNAMENTO DELLA DOTTRINA RIVELATA/1
L’educazione caYolica come può sviluppare coopera,vamente l’inizia,va personale, avendo come oggeYo e mezzo una doYrina rivelata dall’alto? Non è cesarismo spirituale? No, se osserviamo l’azione dell’educatore caYolico: interviene nella vita del fanciullo non per asservirlo per aiutarlo a liberarsi e a prendere possesso di sé. Avere fondamento in una doYrina rivelata (viva non morta!) NON SIGNIFICA agire con autorità (intesa come possesso, dominio)
Cristo è verità, ma anche vita. DoYrina soprannaturale e, quindi, doYrina di vita. Non siamo noi che facciamo la verità, ma la verità si fa in noi aYraverso la nostra vita, il nostro agire. I danni di una educazione religiosa autoritaria pp. 176-‐177 La rivolta degli uomini a cui è proibito pensare (Pascal) L’inerzia di chi aYende passivamente Fondamentale per il caYolicesimo è che «ognuno di noi rimanga responsabile di se stesso nell’opera della salvezza, e che ognuno quindi, se vuole possedere realmente la verità che libera e salva, vi aderisca con un’inizia,va proveniente da lui stesso e non la subisca semplicemente ricevendola» p. 178 Dogmi = non formule oscure ma espressione di significato morale, pra,co, vitale. Per questo vengono impara, (pensa,) in quanto vengono vissu,.
CAP. V: L’INSEGNAMENTO DELLA DOTTRINA RIVELATA/2
Compito dell’educatore caYolico pp-‐181 -‐185 1) ………………………………… 2) ………………………………… 3) ………………………………….
CAP. V: L’INSEGNAMENTO DELLA DOTTRINA RIVELATA/3
Non è pericoloso tuYo questo? No, se si ha fiducia nel cris,anesimo. Solo aYraverso la crisi lo spirito può vincere. Solo chi muove il proprio pensiero alla ricerca della verità, potranno, con la grazia di Dio, progredire in questa ricerca. No al torpore. Dis,nguere tra «la fede che vive e quella che non vive». Non si traYa di subordinare la fede alla ragione, ma di aprire sempre più la ragione alla verità soprannaturale.
CAP. V: L’INSEGNAMENTO DELLA DOTTRINA RIVELATA/3
Il vero pericolo per l’educatore: mancare di coraggio nel vivere la verità, perché solo «la vita è in grado di comunicare la vita» p.188 Che cosa fa chi ha ricevuto e acceYato la missione di insegnare(educare)? P. 188-‐190 AYeggiamento di ricerca vs aYeggiamento scekco
CAP. V: L’INSEGNAMENTO DELLA DOTTRINA RIVELATA/4