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    Sinistra Ecologia e LibertCoordinamento regionale Veneto

    TERRA NOSTRAContrastare il grande saccheggio

    del territorio veneto

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    Dino Facchini, Premessa 4

    Valerio Calzolaio, Terra Nostra 5

    Oscar Mancini, Il territorio come bene comune 7

    Sergio Lironi, Paesaggio e consumo di territorio 17

    Luca De Marco, Tasche piene e territorio bucato 27

    Forum Beta-SEL, Una campagna in diesa del territorio 33

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    Premessa

    Lo scorso 22 ottobre Sinistra Ecologia Libert ha organizzato a Rovigo un Con-vegno regionale, aperto ai movimenti e ai comitati ambientalisti, per discutere le lineeguida da seguire contro lo spreco olle di territorio che le classi dirigenti venete conti-nuano a perseguire e a avore di un nuovo sviluppo sostenibile ed eco compatibile.

    Liniziativa ha prodotto tra gli altri i materiali che presentiamo in questa nostrapubblicazione; non sono solo idee elaborate nella discussione, ma direttrici di mobi-litazione e di lotta scaturite da un impegno di lunga lena tra la gente e culminate poi una settimana dopo il convegno in una partecipata maniestazione ad Adria controlinstallazione della centrale a carbone di Porto Tolle.

    Il Veneto sempre stata una delle regioni pi massacrate dal cemento e dalla spe-culazione edilizia, anche nella ase aurea del modello economico che proponeva e chesembrava senza ne; oggi la crisi sistemica della crescita del PIL ha colpito anche lenostre terre, ma i poteri orti che qui governano e la Lega Nord si illudono di rilanciarelo sviluppo secondo i vecchi meccanismi, perpetuando anche il consumo dissennato diterritorio.

    Invece tra le poche certezze che si possono aermare, una sicuramente quella chenulla torner pi come prima, neppure nella nostra regione.

    Per uscire dalla crisi e dalla disoccupazione di massa che la caratterizza, sar necessa-rio rinnovare radicalmente il modello produttivo e attuare una politica industriale chesalvi il lavoro e la natura, cio le due onti di ricchezza e di riproduzione che lattualesistema sta inesorabilmente distruggendo.

    Dino Facchini Coordinatore regionale Sinistra Ecologia e Libert

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    TERRA NOSTRA

    Valerio Calzolaio *

    1. Il coordinamento regionale veneto di Sinistra Ecologia Libert ha promosso il22 ottobre 2011 un importante convegno programmatico a Rovigo per contrastare ilgrande saccheggio del territorio. Partecipai e svolsi brevi conclusioni. Dati e argomentihanno anticipato la campagna nazionale Terra Nostra lanciata un mese dopo da SELa livello nazionale, per il riassetto idrogeologico, ladattamento, la messa in sicurezza, lacura del territorio italiano tutto.

    Questa grande opera pubblica si potrebbe are ora, subito, con molta volont, unacerta competente intelligenza, poca atica dei legislatori e dei governanti. Era impos-sibile con il governo Berlusconi, con il governo degli scandali e dei condoni; orse impossibile con questo parlamento che ha la stessa maggioranza di eletti dal centrode-stra di Berlusconi; comunque era possibile almeno dirlo da parte del nuovo governo diimpegno nazionale. Non stato detto, hanno cominciato male. La pubblicazione degliatti del convegno di Rovigo consente ora di arricchire i materiali e gli obiettivi della

    campagna Terra nostra.2. La grande opera si potrebbe are a legislazione vigente! Nuove norme (aggiorna-

    te e orti dellesperienza) servono sempre. Un parlamento nuovo e pi rappresentativodellattuale, magari anche un poco pi di sinistra, ecologista, libertario e orse (per nonarci mancare niente!) un governo coeso (dopo le primarie) di centrosinistra potreb-bero approvare il primo giorno, nella prima seduta e nel primo Consiglio dei Ministri,il primo quinquennio del piano decennale per la messa in sicurezza del territorio ita-liano, un piano straordinario di gesti e atti ordinari. Noi abbiamo detto che andrebbe

    accompagnato da una norma-ponte, una norma che vieti intanto nuove costruzioni incerte aree, una norma moratoria che blocchi anche i pessimi megaprogetti di cui siparla in Veneto.

    Comunque il piano ha tutte le premesse normative gi vigenti: la legge di raticadella Convenzione Europea sul Paesaggio (2000), la legge sulla diesa del suolo (legge183 del 1989), le norme della vecchia legge sulle risorse idriche (legge 36 del 1994) an-cora inattuate (bilanci idrici di bacino, censimento di tutti gli emungimenti e dei pozzi,revisione delle concessioni in uso, ecc.).

    3. Si potrebbe realizzare con una diversa destinazione di ondi esistenti! Fondi nuovi(spesi con circospezione ed eciente austerit) servono sempre. Abbiamo cercato di

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    quanticare in 40 miliardi di euro il totale necessario e abbiamo ipotizzato le voci di re-perimento, non servono manovre aggiuntive. Forse una buona parte dei ondi potreb-bero essere individuati semplicemente rimodulando delibere CIPE e ondi esistenti.Per le prime tre annualit basterebbe preparare una seria riunione interministeriale delCIPE che, dintesa con le regioni, riormuli le priorit della legge obiettivo, mettendo

    in testa i piani-stralcio predisposti dalle autorit di bacino per la messa in sicurezza.I cambiamenti climatici in corso non sono reversibili ed emergenze ci sarebbero

    state comunque (anche se meno requenti e intense). La nostra idea di rinaturalizza-zione d per scontato che ormai gli ecosistemi sono sempre anche umani. Dunqueconviviamo! Gli umani sapienti con le altre specie, gli umani sapienti con i normalistraordinari eventi di un ecosistema e del pianeta. E adattiamoci! ricordando chelItalia ancora non ha nemmeno il piano di adattamento ai cambiamenti climatici pre-visto dal negoziato climatico internazionale.

    4. Si potrebbe are, avviare coordinare completare, senza nuovi enti, comitati, istitu-zioni, anzi tagliandone o togliendone qualcuno! Oggi troppi enti, comitati, istituzio-ni, privati hanno poteri sullassetto dei bacini e sul corso dei umi.Su questo molto ho scritto e proposto in passato. Rinvio, taglio e tolgo anchio.Purtroppo lultima emergenza toglie dai rifettori e costringe a mettere in secondo pianoquella immediatamente precedente e a dimenticare quelle ancora precedenti (dellequali tante, purtroppo, in Veneto). Noi diciamo che, sotto ogni punto di vista, investiresul territorio non signica edicare! La diusa cultura del cemento e il requente

    mancato rispetto delle regole hanno atto danni. Lindustria edilizia si pu salvare erilanciare convertendo e riconvertendo, curando e ristrutturando, utilizzando altrodal cemento e dal carbone.

    La vita sociale e collettiva ha bisogno di edilizia come assistenza al bene comunesuolo e manutenzione del territorio. E una moderna edilizia ha bisogno di partecipa-zione dei cittadini, di decentramento energetico, di consumi critici, del servizio civileregionale, delladozione dei umi, di intraprese agricole (le proposte di SEL su risorseidriche, energie rinnovabili, riuti, diesa del territorio).

    5. SEL un partito giovane, raccoglie esperienze antiche e moderne, eredita elabo-razioni collettive e individuali, tuttavia soprattutto un nuovo soggetto che guardain avanti. Questo vale in tutti i campi. Come orum nazionale SEL beni comuni eterritorio (orumselbeta.it) abbiamo gi elaborato vari documenti e svolto due assem-blee nazionali, abbiamo un sito e una qualicata interlocuzione sul territorio, da oggiassumiamo come prioritaria la campagna Terra nostra, dateci una mano!

    * Coordinatore orum nazionale SEL beni comuni e territorio

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    IL TERRITORIO COME BENE COMUNE

    Relazione di Oscar Mancini

    I reerendum di giugno, nonostante siano stati rapidamente archiviati dal dibat-tito politico e ouscati dalla crisi, hanno espresso con chiarezza il signicato ormaisocialmente condiviso del concetto di beni comuni, in questo caso dei ondamentalielementi di riproduzione della vita, lenergia e lacqua. Nel dibattito pubblico questoconcetto si da tempo progressivamente esteso alla generalit dellambiente, al territo-rio, alla citt, al paesaggio, come alternativa strategica e reazione collettiva ai modellisociali del neoliberismo, ondati sulla privatizzazione e la mercicazione generalizzatadelle relazioni sociali e individuali.

    Noi intendiamo il territorio non come mera aggregazione di elementi diversi (glielementi naturali, i beni culturali, le comunit che lo abitano ecc.) ma come sistema chepu essere compreso, dieso, trasormato unicamente se considerato nellinsieme deisuoi aspetti e degli elementi che lo compongono.(Salzano 2010). La nozione di territo-rio, inatti, non si limita soltanto a designare il suolo, il terreno, ma comprende anche leacque, il clima, il regime delle piogge, la fora, la auna.

    Nel territorio non ci siamo solo noi, esso non il ondale inerte delle nostre attivit,ma un campo di orze in movimento, talora collegate in orma di sistema. Al territoriocome habitat(Bevilacqua 2009) indirizzata lazione di numerosissimi comitati, asso-ciazioni e gruppi di cittadinanza attiva, in Italia e negli alti paesi europei. Una galassiache a volte ha la capacit unirsi e creare movimenti su scala nazionale come quello perlacqua bene comune e quello, pi giovane, per un altro modello energetico. Oppu-re movimenti su base territoriale come No Tav, No dal Molin, Liberiamo la Riviera equello che sta nascendo qui nel Polesine attorno alla centrale di Porto Tolle dove glielementi vitali di Empedocle- aria, acqua, terra e uoco-energia - si connettono.

    Nella scena politica urbana dunque compare e si radica un nuovo soggetto: i comi-tati. Non un caso che essi sorgano e si sviluppino nella stagione della dissoluzione delpartito di massa. Essi sono allo stesso tempo laltra accia della crisi della politica e unanuova e interessante orma di partecipazione politica. Essi tendono ad autorappresen-tarsi sulla scena politica, attraverso un altro modo di are politica, gelosi della propriaautonomia ma non indierenti al rapporto con i partiti e le istituzioni.

    Per dirla con Vendola, questo caleidoscopio di movimenti, di rammenti colorati pie-ni di energia, non ha ancora trovato la tela su cui connettersi. Perch, la mia risposta,siamo in presenza di una crisi della rappresentanza politica e anche di quella sociale.Una vertenzialit diusa, ma orana di una narrazione generale, atica per a rompe-

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    re lo schermo dellegemonia Berlusconiana. Qui c dunque un vasto campo dazioneper un partito- movimento come il nostro che dellecologia e del lavoro ha atto la suabandiera.

    1. Lefetto congiunto della globalizzazione, della crisi economica e dei cambia-

    menti climatici (tre enomeni interdipendenti) mette a rischio lumana convivenza.Stiamo entrando in unepoca di grandi sconvolgimenti : ambientali, economici, geopo-litici. Possono aprire la strada a immani catastro, al moltiplicarsi delle guerre, allaer-marsi di regimi sempre pi autoritari, allaggravarsi delle condizioni di vita di miliardidi esseri umani, a vaste migrazioni internazionali orzate dai cambiamenti climaticicome documenta il bel libro di Valerio Calzolaio, Ecoproughi. Allorigine di questiprocessi vi quello che Luciano Gallino chiama il nanzcapitalismo: Una megamac-china che stata siluppata nel corso degli ultimi decenni allo scopo di massimizzare e

    accumulare, sotto orma di capitale e insieme di potere, il alore estraibile sia dal maggiornumero possibile di esseri umani, sia dagli ecosistemi.

    Una tirannide globale senza volto che trova il suo nemico sempre in mezzo ai po- veri. La sua estensione planetaria e la sua penetrazione in tutti gli strati della societne a qualcosa di assolutamente inedito: il denaro crea se stesso anzich valore duso esposta immense quote di reddito dal lavoro e dagli investimenti produttivi alla renditananziaria. Una megamacchina che sta consumando un terzo delle risorse di un altropianeta, ovvero sta distruggendo a un ritmo accelerato gli ecosistemi che sostengono la

    vita. Poich non abbiamo a disposizione un altro pianeta con il quale la civilt-mondopossa entrare in confitto a livello planetario rischiamo la crescita non solo di confittiinter-nazionali ma anche intra-nazionali per laccaparramento delle risorse.

    Arundaty Roy, ci racconta della guerra che il governo indiano ha intrapreso contro lasua stessa popolazione che vive nelle oreste, bruciando interi villaggi, per scacciarle dalproprio territorio al ne di consentire alle grandi corporation di accaparrarsi le risorsenaturali. Anche per questa via passa la crescita del grande paese asiatico, che noi chia-miamo abitualmente la pi grande democrazia del mondo. Limportanza e la scarsit

    delle risorse naturali testimoniata anche dal atto che ci sono paesi che per garantirsilapprovvigionamento alimentare hanno acquistato allestero, nel solo 2008, 7,7 milionidi ettari di terreni agricoli: pi della met della supercie agricola coltivata in Italia.Terreni che noi consumiamo con implacabile voracit.

    2. La prospettiva del consumo zero di suolo scritta in tanti documenti di piano. AFirenze come a Venezia. Salvo essere contraddetta dalle norme tecniche, quelle che po-chi leggono. Persino la Regione Veneto,nella relazione al PTRC, scrive: Le dinamiche

    di siluppo della societ eneta in questi ultimi anni hanno raggiunto, nel loro rapportocon la risorsa territoriale, soglie quantitatie eramente eleate tali da non rendere pidesiderabile una prosecuzione di tali trend e da imporre di ripensare il uturo dellassetto

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    insediatio. Si tratta per solo della bella conezione che racchiude un uovo vuotoper dirla con Edoardo Salzano. Inatti, scartata la conezione, il prodotto, ovvero lenorme tecniche, del tutto inconsistente. Nel senso che si tratta di parole prive di e-cacia prescrittiva e quindi utili per avorire la speculazione immobiliare. Daltra partenon poteva che essere cos se gi n dal Prologo veniamo avvertiti non solo che il

    cosiddetto Piano contiene pochi, pochissimi vincoli, il minimo indispensabile maanche che si tratta di una semplice cornice e trama di ondo nella quale inserire ipiani darea (..) e di settore. Sono i cosiddetti progetti strategici che la Regione avocaa se esautorando gli Enti Locali. Il tutto ammantato con laccattivante linguaggio dellasda della qualit.

    Il disegno complessivo della Giunta Regionale per il territorio diventa chiaro via viache si procede alla lettura del PTRC e in particolare dellart. 38 delle norme. un siste-ma centrato sulla rete autostradale e sullutilizzazione intensiva delle aree circostanti i

    caselli. L devono addensarsi le attivit direzionali nuove da promuovere, la ricettivitalberghiera, i centri commerciali, tutti i centri dinteresse. Poco importa se non esistealcuna seria dimostrazione dellesigenza di aumentare le sedi per tali attivit senza ve-ricare la possibilit di ospitarle nelle strutture edilizie esistenti. Poco importa che conquesta operazione si svuotino le citt e si condannino al deperimento i centri storici.Nascono cos le varie new town, da Veneto City a Tessera city a Motor city, alla cui rea-lizzazione si piegano le inrastrutture con la previsione di spostare caselli autostradali,le stazioni del SFMR e persino la TAV, questultimo il caso di Tessera.

    3. Contro questo piano si sviluppato un movimento che su scala veneta ha avutoil suo culmine nel 2009 con la presentazione di oltre 15.000 osservazioni. Un pianopresentato con laccattivante slogan di Terzo Veneto: dopo quelli della pellagra e delmiracolo economico nalmente un piano per la qualit, la bellezza, leccellenza. Attra-verso un vasto lavoro di approondimento dei contenuti del piano durato molti mesisiamo riusciti a disvelare il vero carattere delloperazione PTRC di Galan: Nientaltroche un lasciapassare a tutti i progetti di trasormazione territoriale presenti e uturi

    voluti dagli immobiliaristi. Un delirio di autostrade, bretelle, tunnel, camionabili; unacostellazione di new city e il via libera allo svillettamento voluto dai comuni in cerca dioneri di urbanizzazione per coprire i buchi di bilancio.(P.Cacciari).

    Facendo interagire saperi esperti e saperi sociali un gruppo di urbanisti, di sindaca-listi, di componenti i comitati e di esperti di altre discipline ha prodotto un articola-to documento critico e propositivo dal programmatico titolo Per un altro Venetopresentato in decine dincontri e assemblee pubbliche. Un documento sottoscritto daoltre 120 associazioni, comitati, camere del lavoro che ha generato 14.021 (sul totale di

    15.000) osservazioni diverse rmate da migliaia di cittadini.Una serie di aollate audizioni in Consiglio Regionale sono state loccasione perstringere alleanze con le associazioni degli agricoltori e dei commercianti in particolare.

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    Un accordo inne tra la rete dei comitati e delle associazioni con i partiti di opposizio-ne e le controdeduzioni alle osservazioni che non sono riuscite a convincere neppure iconsiglieri della maggioranza hanno spinto il PTRC su un binario morto.

    Quello che doveva essere il ore allocchiello della Giunta Galan si appassito primadel tempo. Inatti il piano con la ne della legislatura e il ricorso alle elezioni decade.

    Ma gli immobiliaristi non demordono e ora tentano di realizzarlo pezzo per pezzo.Tante sono le emergenze. Oggi abbiamo scelto di parlare di quelle che dal nostro

    parziale osservatorio ci sembrano le prioritarie anche in relazione alle mobilitazioniterritoriali che stanno generando: ci rieriamo, come sapete a Veneto City, a TesseraCity, a Porto Tolle, ma lelenco potrebbe essere molto pi lungo (Motor City, IKEA aCasale sul Sile, inceneritore di C del Bue, Pedemontana etc). Sulla prima non aggiun-go nulla a quanto gi detto pi diusamente nel nostro incontro primaverile di Padova.Tratter la seconda e mi soermer sulla terza.

    4. SuVeneto Cityme la cavo dunque con qualche immagine: Siete mai stati a Gar-daland? Se non avete unidea della dimensione del pi grande parco divertimenti delNord Italia immaginate un colosso che si estende su 60 ha e avrete la percezione del-lestensione di Veneto City, una enorme operazione immobiliare che canceller 600mila mq di campagna veneta con oltre 2 milioni di mc di cemento e vetro per costruireuna citt direzionale commerciale grande quanto 17 volte la era di Padova, di cuiper nessuno ha ancora chiaro a cosa serve.

    Un mostro capace di attrarre, secondo gli stessi progettisti, 3.500 veicoli lora conpunte di 7.000, un traco veicolare di 70.000 veicoli al giorno. Esso parte di un pigenerale progetto denominato bilanciere veneto di cui a parte tra laltro la camio-nabile tra Marghera e Padova, progettata come strada chiusa a pedaggio - sarebbe picorretto chiamarla autostrada - di atto alternativa allidrovia, questultima richiestaanche dal comune di Padova dopo le recenti alluvioni. La Romea commerciale, unal-tra autostrada che, come scrivono i comitati taglier su, dritta, attraverso i campi diSambruson no a sbucare, mostro rombante e inquinante a quattro corsie, tra le ville

    che si aacciano placide sul Naviglio Brenta ra Mira e Dolo. Nel rattempo si chiu-de il casello di Dolo con la conseguenza di congestionare ancor di pi la S.R. 11 chedoveva invece diventare il corso principale della utura citt del Brenta auspicato dallaconerenza dei Sindaci negli anni novanta, dopo aver liberalizzato lautostrada comeconseguenza della realizzazione del passante.

    5. Tessera Cityha una lunga storia. Risale al amigerato pugno nello stomaco delnauragato progetto EXPO 2000 di De Michelis che prevedeva di costruire proprio

    in quellarea, sotto il livello del mare, una nuova laguna, con annesse speculazioni im-mobiliari. Ecco quello che ho ritrovato tra le mie vecchie carte ingiallite: Una liee epacata collina egetale alta 30 metri che nasconde un cratere proondo 130 in mezzo a una

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    laguna articiale nei pressi dellaeroporto di Tessera: nuole articiali prodotte con acquaedda nebulizzata sui canali e sulle nuole raggi laser proiettano gure a colori accom-pagnate da musica classica, giochi di luce subacquei, bouleard naigabili, palle di uocosospese sullacqua, isole articiali con gemme trapunte e via vaneggiando. Ecco quandonasce la citt del loisir.

    Il progetto, questa volta senza annessa laguna, ricompare nel 2008 quando si con-clude un accordo tra Cacciari, Galan, Marchi e il Casin, che progetta lo spostamentoe il quadruplicamento dellarea originariamente urbanizzabile per stadio e casin: siprevede uno scambio tra le aree per attrezzature del Comune con aree agricole a estdella bretella aeroportuale, nel rattempo acquisite da Marchi (per renderle edicabilibisogna prima variare il prg). Lambito lasciato libero tra queste aree e laeroporto, vie-ne cos molto ampliato per consentire il raddoppio delle piste aeroportuali. Le nuovearee attribuite al Comune con lo scambio sono ubicate in una zona ad altissimo rischio

    idraulico (nella zona centrale risultano a 1,75 m sotto il livello medio del mare).Si predispongono le condizioni per arrivare allapprovazione di Tessera City, anche

    senza la procedura democratica e trasparente del normale strumento urbanistico co-munale. La convinzione di aver gi ottenuto il risultato netta: solo tre giorni dopo ilvoto del consiglio comunale e la delibera regionale, La Nuova Venezia titola a tuttapagina: Le aree del Casin valorizzate di 140 milioni di euro. Il valore dei terreni agri-coli per 400 mila metri quadrati divenuti edicabili aumenta di 20 volte, loperazioneassesta in un battibalenoi conti della societ ( stiamo parlando solo del Casin, le

    aree della Save sono molte pi ampie!). Si evidenzia cos la realt e la dimensione del-loperazione: una grandissima speculazione nanziaria e ondiaria.

    Con laiuto di noti e autorevoli urbanisti osservo che nelle cartograe del Pat pro-posto dalla giunta Orsoni, vi anche la drastica riduzione delle grandi aree destinate abosco previste dal PRG e dal Palav vigente. inserito un tracciato della Tav che correnon lungo la linea erroviaria per Trieste, bens lungo la ascia di gronda lagunare, og-getto di moltissime contestazioni da parte dello stesso Comune. Compare inoltre unaindeterminata Linea di orza del trasporto lagunare, da Tessera verso Venezia: astu-

    tamente si evita di pronunciarsi apertamente sullo sciagurato progetto di sublagunare,pure gi presentato al Cipe.LAmbito Dese-Aeroporto (che comprende Tessera City) prevede un carico in-

    sediativo aggiuntivo superiore a due milioni di mc! Lassessore Micelli denisce lin-tervento come un nuovo asse strategico della citt, da Dese no al Lido, alternativoallasse Venezia-Mestre-Marghera.

    Il progetto non legato ai abbisogni di riqualicazione e sviluppo della citt ma volto a pregurare un nuovo grande polo, in grado di attirare gli investimenti di gran-

    di capitali internazionali. Per questo motivo, tutte le grandi inrastrutture pubbliche,dalla Tav alla linea di orza sublagunare, alla nuova linea di tram(che correrebbe inu-tilmente per molti km in aperta campagna) vengono realizzate non per soddisare i

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    abbisogni di mobilit della popolazione ma per rendere appetibile agli investimenti ilnuovo grande polo urbano, valorizzandone le aree. Bene dunque ha atto SEL Veneziaa sottolineare che non si devono impegnare grandi interventi pubblici per avorire lavalorizzazione nanziaria di un privato che si accaparrato grandissime aree agricole,anzich soddisare la domanda reale di mobilit della popolazione. E assurdo dirot-

    tare enormi investimenti pubblici e privati verso nuove aree da urbanizzare a Tesseraavendo disponibili le grandi aree gi inrastrutturate di Marghera, costate un secolodi investimenti, da riusare e molte attivit da rigenerare e riconvertire (incentivando leboniche).

    E su Marghera che occorre impegnare ogni risorsa ed energia per promuovere eincentivare nuove attivit ecocompatibili di grande qualit e competitivit. In sostanzauna riconversione ecologica di Porto Marghera la nostra proposta alternativa.

    Mestre ha bisogno di interventi, soprattutto di riqualicare i vecchi centri di quar-

    tiere, creando, nuovi cuori urbani che diano vivibilit a situazioni degradate, senzacostruire cubature eccessive, che risulterebbero senza servizi. Anche Venezia va riqua-licata. Innanzi tutto tornando a bloccare integralmente (come era negli anni 90) icambi duso degli appartamenti per non aumentare la pressione turistica (che invece varidotta e regolamentata).

    Dopo ventanni di attesa, il Sistema erroviario metropolitano regionale, che puusare i quattro binari del ponte, deve nalmente collegare tutto lentroterra con la Sta-zione erroviaria di Santa Lucia e, in questo caso, anche laeroporto. Non necessaria

    una nuova linea per lAlta Velocit,mentre possibile velocizzare e raddoppiare lusodelle linee esistenti (per Udine e per Trieste) e potenziare da subito la linea esterna deiBivi per il trasporto delle merci. Possiamo tornare a are le scelte strategiche e i pianiurbanistici non per lanciare grandi operazioni speculative, ma per risolvere le criticit,per soddisare i bisogni prioritari e servire i cittadini, per valorizzare la citt nelle suequalit siche e sociali, non per avorire la speculazione. Ecco la nostra proposta.

    6. Porto Tolle. Dopo la grande vittoria reerendaria contro il nucleare stenta ancora

    ad aermarsi la consapevolezza che unalternativa energetica ondata sul sole, le energiedistribuite e lecienza energetica passa oggi attraverso la riduzione del consumo delleonti ossili e in primo luogo la scontta del carbone. Una grande occasione per rilan-ciare la nostra idea di modello energetico distribuito costituita dalla giornata di mo-bilitazione contro il carbone prevista per il 29 ottobre, con maniestazione nazionale aAdria, nel Delta del Po, e presidi negli altri siti deputati ad ospitare impianti a carbone.Il governo rinvia la conerenza energetica nazionale e contemporaneamente da il via li-bera, nei atti, ad un piano energetico non scritto ma operante, un piano dettato dai co-

    lossi dellenergia, a partire da ENEL, ondato sulluso del peggior combustibile ossile,il carbone, che alimenta il surriscaldamento globale e inquina pesantemente i territoridove vengono realizzate le centrali. Eppure, con i recenti reerendum oltre 26 milioni12

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    ditaliani hanno rivendicato il diritto a decidere del proprio uturo, un uturo in cui icambiamenti climatici non raggiungano livelli distruttivi per lambiente, il benessere ela stessa specie umana, un uturo di vera sicurezza energetica e di buona e stabile occu-pazione. Incurante dellampio pronunciamento popolare, il governo Berlusconi lanciainvece un piano carbone che, oltre a Porto Tolle, riguarda la riconversione di vecchie

    centrali come Vado Ligure, La Spezia, Rossano Calabro o addirittura la costruzionedi nuove centrali come Saline Ioniche, con un livello dinvestimenti pubblici privatidellordine di 10 MDL di euro.

    Il Governo si muove quindi su una linea del tutto opposta a quella degli obblighi vin-colanti che la UE assegna per il 2020 a ogni Paese membro, primo ra tutti la riduzionedel 20% delle emissioni di CO2. Inatti gli investimenti sul carbone, oltre ad aggravareil bilancio italiano delle emissioni climalteranti, con pesanti conseguenze sulle bolletteche dovranno pagare i cittadini, sottraggono risorse alle politiche di risparmio energe-

    tico e di realizzazione delle onti rinnovabili. Un vero suicidio: economico, ambientale,occupazionale.

    A Porto Tolle, lENEL vuole anche con modiche alle leggi e alle normali pro-cedure, operate da una politica governativa e regionale compiacente riconvertire acarbone una centrale della potenza di 2000 MW, nel mezzo del parco del Delta delPo. La nuova legge regionale ad aziendam modica quella che gi regola la presenzadi centrali termoelettriche nel territorio del Parco del Delta del Po, nonostante la pre-senza del pi grande rigassicatore dEuropa, con una saldatura di interessi tra Regione

    Veneto e lazienda energetica per un progetto ambientalmente ed economicamente as-surdo che vede la netta contrariet del Consiglio Regionale dellEmilia Romagna. Lariconversione avverrebbe persino al di uori di ogni logica energetica, poich lItalia hauna potenza istallata quasi doppia rispetto al picco della domanda, al punto che i pro-duttori di energia elettrica lamentano che gli impianti vengono oggi usati per un terzodella loro potenzialit.

    Non solo: oggi le maggiori prospettive di nuovi posti di lavoro, nel mondo e in Italia,sono nei settori delle onti rinnovabili e dellecienza energetica, con numeri che in

    alcuni Paesi ormai superano lindustria tradizionale; al contrario, la centrale a carboneporrebbe a rischio loccupazione gi esistente, e quella utura, nellagricoltura, nel turi-smo e nella pesca. A causa delle 12 centrali italiane che bruciano carbone il nostro Paeserischia di pagare multe salate per non aver rispettato gli obbiettivi di Kyoto: il conta-tore del Kyoto club ci dice che ci stiamo avvicinando al miliardo di Euro. Con i nuoviimpianti del Piano Carbone si determinerebbe il quadruplicamento delle emissioniin atmosera dei gas serra. Il solo impianto di Porto Tolle emetterebbe in un solo anno10 milioni di tonnellate di CO2 ( 4 volte le emissioni di Milano), 2.800 tonnellate di

    Azoto ( come 3,5 milioni di auto ), 3 milioni e 700 mila tonnellate di ossidi di zolo (pi di tutti i veicoli dItalia ) e senza contare il micidiale cocktail di inquinanti comelArsenico, il cromo, il Cadmio e il Mercurio.

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    Il tutto in mezzo ad un parco, sito dimportanza comunitaria, considerato dallUNE-SCO ( per la parte emiliana ), Patrimonio dellUmanit quale eccezionale paesaggioculturale pianicato che conserva in modo notevole la sua orma originaria. Un territo-rio incantevole, uno straordinario esempio di biodiversit, un patrimonio naturalisticotutelato da due parchi, quello del Veneto (purtroppo a macchia di leopardo) e quello

    dellEmilia Romagna: un insieme di oltre 60 mila ettari di supercie che gli uccelli han-no eletto ad area di riproduzione. Un patrimonio nazionale ed europeo.

    Il tutto rubando acqua al Po il cui bilancio idrico in crisi e risente della risalitadel cuneo salino che pregiudica la ertilit dei suoli e quindi le eccellenti potenzialitdellagricoltura.

    Il tutto in un parco dove migliaia di persone vivono di pesca e di miticoltura e dovegrandi potrebbero essere le possibilit di un turismo ecocompatibile solo se si avesselintelligenza di considerare il Delta Po la nostra Camargue.

    Il tutto in un territorio soggetto da decenni a rischi idrogeologici a causa della sub-sidenza e della crisi di apporto sedimentario fuviale nonch dal prevedibile aumentodel livello marino.

    Il tutto inne nella Pianura Padana, una delle aree pi inquinate del Pianeta: la peg-giore in Europa, la quarta del Mondo.

    Si aerma che il carbone una onte di elettricit economica, ma si dimentica di direche ogni dollaro speso in carbone ne causa due di danni, senza contare limpatto sul climae le relatie conseguenze. E quanto ci dice lultimo autorevole rapporto che ci giunge

    dagli Stati Uniti, pubblicato ad agosto sullAmerican Economic Review che valuta idanni allambiente e alla salute delle centrali USA in circa 53 MLD lanno.

    Il carbone dunque conveniente per Enel, ma scarica i costi sulla collettivit in termi-ni di malattie respiratorie, incidenti nelle miniere, piogge acide, inquinamento di acquee di suoli, perdita di produttivit dei terreni agricoli e aggravamento dei cambiamenticlimatici: se si calcolassero, anche solo dal punto di vista economico, tutte queste ester-nalit negative si scoprirebbe che il carbone non per nulla conveniente. Se si integra ilnostro ragionamento sullenergia con quello sullacqua, sullatmosera, sulla terra, sulla

    salute, allora si comprende lirrazionalit di bruciare il peggior combustibile ossile.La riconversione a carbone avverrebbe con una tecnologia di combustione che, purspinta ai suoi migliori livelli, resta sempre assai pi inquinante di quella basata sul gasnaturale, e dannosa per la salute; nel caso di Porto Tolle, i dati di rilevazione e le epide-miologie mostrano che linquinamento e i danni sanitari si estenderebbero per buonaparte della Pianura Padana.

    Una centrale per produrre quellenergia elettrica di cui peraltro non abbiamo bisognoperch, come ho gi detto, la potenza installata quasi doppia rispetto alla domanda di

    punta. Inatti loerta di energia elettrica passata dai 75 GW del 2000 ai 104 GW del2010 con una orte crescita delle rinnovabili, mentre le richieste di punta attualmentesono pari a 57 GW. In sostanza abbiamo troppe centrali ed insieme una rete elettrica14

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    obsoleta ed ineciente che nel 2008 ha perso per strada 20.000 GW. Dunque sarebbenecessario investire nelle reti e non sulle centrali. E sulle rinnovabili per sostituire leonti ossili.

    Questi argomenti non sono stati tuttavia sucienti a ar scendere in campo il movi-mento Sindacale conederale a anco del movimento ambientalista perch ENEL agita

    il ricatto occupazionale in unarea, tra le pi svantaggiate del Veneto, chiamata oggi aare i conti con la crisi della Grimeca, dei cantieri Visentini e di tante altre aziende. Noisiamo consapevoli che la ase di transizione dalle onti ossili non sar brevissima e cheil movimento sindacale deve necessariamente tener conto di tutte le peculiarit eredi-tate dalla seconda rivoluzione industriale.

    Non ci sugge che la gestione della trasormazione energetica e produttiva versole energie alternative a i conti con il non sempre acile superamento dellesistente. Etuttavia ci non esime nessuno dal considerare i atti. La riconversione a carbone di

    Porto Tolle comporta a regime il salvataggio di soli 200 posti di lavoro, poco pi, pocomeno. Seppure non va sottovalutato che in una ase di transizione di quattro anni, leopere necessarie alla riconversione dellimpianto richiederebbero una consistente ma-nodopera aggiuntiva.

    Largomento viene ampiamente utilizzato da Enel e dalle orze politiche e istituzio-nali colonizzate da questa societ per allettare i lavoratori disoccupati e in Cassa Inte-grazione e le piccole imprese in crisi desiderose di partecipare agli appalti e subappalti.Si dimenticano per due questioni centrali. La centrale penalizzerebbe il lavoro esisten-

    te, migliaia di posti di lavoro nei settori della pesca, del turismo, dellagricoltura, anchea causa dei grandi traci per il trasporto dei materiali, via mare, canali, lagune, ume.

    In sostanza un colpo gravissimo al Parco del Delta del Po, attivo da anni nel lato emi-liano, con notevoli beneci economico-occupazionali e invece mai realmente decollatonel lato Veneto, che rischia ora la sua denitiva cancellazione. Le alternative al carbonenon solo esistono, ma produrrebbero un risultato occupazionale incomparabilmentesuperiore.

    Che cosa si potrebbe are con i 2,5 miliardi di euro che lEnel disposta a spendere

    per la riconversione a carbone di Porto Tolle, utilizzandoli invece secondo gli indici diresa occupazionale e ambientale di quel piano Conndustria 2010/2020 che la Marce-galia tiene nel cassetto per non disturbare Enel?

    Secondo i calcoli di Massimo Scalia si potrebbe attivare unoccupazione 12 voltesuperiore! e ad una riduzione nelle emissioni di CO2 di 30 milioni di tonnellate!! Unostudio di Greenpeace, dimostra che, oltre ad evitare dimmettere nellatmosera circa 12milioni di tonnellate di CO2 e di altri inquinanti, si potrebbe in alternativa:

    A. per la ase di costruzione, in conronto ai circa 3.000 posti per soli 4 anni del

    carbone, in alternativa si potrebbero occupare 3.850 persone per 10 anni nelleolicoonshore; 2.900 nel caso delleolico oshore; 3.070 nel FV. Ripeto per 10 anni non persoli quattro anni.

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    B. per il unzionamento e la manutenzione degli impianti (occupazione a lungotermine) in conronto al carbone che occuperebbe solo circa 200 addetti, si occupereb-bero 1.000 persone nel caso delleolico onshore, 750 con leolico oshore, 320 nel casodi investimento nel solare FV, 3.410 attraverso le biomasse. Dunque i posti di lavorosono sempre maggiori per gli investimenti in onti rinnovabili.

    A conerma della convenienza anche solo dal punto di vista occupazionale potreicontinuare citando i rapporti del Politecnico di Milano, dellIRES CGIL, del Consi-glio Nazionale degli ingegneri. Perch allora non si va in questa direzione? Una ragionela ricaviamo dalle dichiarazioni di Assoelettrica. La sacciataggine di questi oligopolisti arrivata al punto di aermare che per ogni 1000 MW di energia rinnovabile che ieneottimizzata i produttori da onti tradizionali perdono nel loro insieme 100 milioni dimargini(Repubblica 8 ottobre 2011). Ne deriva che le nostre ragionevoli alternativenon potranno aermarsi solo invocandole.

    Come scrive il nostro amico e compagno Mario Agostinelli:La costruzione di un modello di siluppo sostenibile supportato dalla onte solare richiedeche si prenda coscienza del atto che esso non pu essere conseguito per opera del mercato etanto meno per ia tecnica, bens per ia politica. Certamente un dierso modello di si-luppo non pu prescindere dalle tecnologie e dalle conoscenze che ne rappresentano la basemateriale; tuttaia esse non simpongono con la orza della necessit o della loro peculiarito desiderabilit. Per abbandonare e sostituire un sistema energetico con le caratteristichedi quello odierno, occorrerebbe contemporaneamente indiiduare non solo unalternatia

    allattuale modello di produzione e di consumo e di controllo autoritario delle societ, maanche sostenerla con grande convinzione politica, anche ricorrendo a imponenti ed esteselotte, che non possono prescindere da un impegno diretto del mondo del laoro.

    Noi siamo qui oggi per are la nostra parte.

    Nella pagina di onte: Paesaggio collinare tra Conegliano e Vittorio Veneto

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    PAESAGGIO E CONSUMO DI SUOLO NEL VENETO

    Relazione di Sergio Lironi

    Distruzione del paesaggio e crisi di un modello insediatio

    Vi chi, prescindendo dagli aspetti estetici e paesaggistici ed evidenziandone so-prattutto gli eetti economici e sociali, ha in anni passati decantato i caratteri onda-mentalmente positivi del processo di dispersione insediativa, residenziale e produttiva,che ha caratterizzato le trasormazioni territoriali del Veneto negli ultimi decenni. Lastretta integrazione tra un contesto rurale in ase di modernizzazione e gli insediamenti

    della piccola e media industria, peculiare del modello insediativo della nostra regione,ornendo spazi e manodopera a basso costo e consentendo una maggiore fessibilitproduttiva rispetto alle grandi concentrazioni industriali del Nord-ovest, sarebbe risul-tata uno dei attori determinanti per laermarsi del tanto celebrato miracolo econo-mico del Nordest. Un processo di crescita economica e di sruttamento intensivo delterritorio solo in parte spontaneo, promosso ed incentivato con appositi provvedimen-ti legislativi, da quelli relativi alle cosiddette aree depresse a quelli che hanno discipli-nato ledicazione in aree agricole, e con piani e norme urbanistiche regionali e locali

    volutamente permissivi. Un processo di nebulizzazione insediativa che ha interessatosoprattutto larea centrale del Veneto, comprendente tutta la provincia di Treviso ed

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    una parte consistente delle province di Venezia, Padova e Vicenza, dove la densit abi-tativa pi che doppia rispetto alla media regionale, mentre preoccupanti enomeni diabbandono si sono maniestati in altre parti del territorio regionale.

    Numerose sono state le voci critiche - soprattutto di esponenti del mondo dellacultura, di scrittori e poeti qualiEugenio Turri,Mario Rigoni Stern edAndrea Zanzotto

    - nei conronti di questa incontenibile crescita esponenziale delle inrastrutture viarie edelle urbanizzazioni, una crescita del tutto indierente alla storia, alla natura dei luoghied ai valori del paesaggio veneto, ma solo a partire dalla ne degli anni Novanta cheanche nelle orze politiche e nelle classi dirigenti locali sembrata emergere la con-

    sapeolezza dellinsostenibilit non solo ambientale ma anche economica e sociale diquesto modello di siluppo.

    Ledilizia stata uno dei settori trainanti delleconomia veneta, ma anche in questosettore sempre pi dominanti sono oggi la rendita parassitaria ed i processi di nanzia-

    rizzazione: gli investimenti delle societ immobiliari, pi che rispondere ad un abbi-sogno reale ed anzich puntare sullinnovazione progettuale, sembrano principalmenterispondere alle logiche della speculazione ondiaria, appropriandosi del dierenziale divalore generato dai cambiamenti di destinazione duso consentiti dai piani urbanisticio dagli accordi di programma con le pubbliche amministrazioni. Operazioni immo-biliari che attraggono grandi quantit di capitali, che diversamente potrebbero essereinvestiti in settori economici pi innovativi e competitivi.

    La dispersione insediativa e la conseguente congestione delle inrastrutture della

    mobilit generano costi crescenti per la collettivit (adeguamento delle reti viabilisti-che, servizi, disinquinamento ambientale, danni alla salute, ...) e per le stesse industrieper lapprovvigionamento delle materie prime e la distribuzione e commercializzazionedei prodotti, in una ase storica in cui giustamente la Comunit europea ed il mercatotendono sempre pi a richiedere certicazioni di qualit e sostenibilit ecologica rieri-te non solo al prodotto bens anche a tutto il ciclo produttivo.

    Va inne sottolineato come la cementicazione dei suoli abbia in particolare riguar-dato i terreni pi ertili della pianura veneta, mentre la costruzione di sempre nuove

    strade, autostrade, superstrade, svincoli e tangenziali ha determinato una devastanterammentazione degli spazi destinati allagricoltura e quindi la crisi di un settore chepotrebbe tornare ad essere vitale per la ripresa economica del nostro paese.

    La nuova legge urbanistica regionale e le trasormazioni in atto

    Anche la terra una risorsa limitata, un prezioso bene comune che non pu esseredilapidato e degradato con un indiscriminato sviluppo di attivit economiche del tuttoincompatibili. Di questo sembrava essersi accorto agli inizi degli anni Duemila lo stessoConsiglio regionale veneto con lapprovazione della legge 11/2004 per il governo delterritorio. La nuova legge urbanistica dichiara inatti di volersi ispirare ai principi dello

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    sviluppo sostenibile, della partecipazione, della tutela del paesaggio e delle identit sto-rico-culturali. Ma cos in realt avvenuto negli anni 2000 nel Veneto e come sono statirecepiti i principi dello sviluppo sostenibile nei piani territoriali ed urbanistici degliultimi anni?

    Il primo eetto della legge, grazie alle proroghe concesse, u la corsa dei Comu-

    ni alle Varianti di piano per aumentare le superci e le volumetrie edicabili: nel solo2005 vennero adottate e presentate alla Regione 1.276 Varianti generali o settorialipredisposte secondo la vecchia normativa (con un incremento del 220% rispetto allamedia delle Varianti presentate negli anni precedenti) e di queste ben 241 su iniziativadei privati (PIRUEA).

    Tra il 2002 ed il 2010 si sono realizzati oltre 164 milioni di mc di edici commercia-li, industriali e direzionalipur con una diusa presenza in tutti i comuni di capannonied edici abbandonati e da anni inutilmente oerti in vendita o in atto.

    Tra il 2000 ed il 2010 si sono ultimate 367.354 nuove abitazioni per una volume-tria complessia di oltre 148 milioni di mc. Unoerta di edilizia abitativa teoricamentesuciente (utilizzando lo standard ottimale indicato dalla Regione di 150 mc/abitan-te) per una popolazione di quasi un milione di abitanti: pi del doppio dellincrementoeettivo di popolazione registrato negli anni 2000, pari a 429.274 abitanti(incremen-to in larga misura dovuto alla nuova immigrazione). La continua crescita della renditaondiaria e gli enormi protti derivanti dal cambiamento di destinazione duso dei ter-reni, trasormando ledilizia in un bene riugio alternativo agli investimenti in borsa o

    nel settore industriale, hanno atto s che si sia costruito troppo rispetto alla domanda,ma soprattutto che si sia costruito male, disperdendo le iniziative nel territorio e realiz-zando tipologie edilizie di lusso, certo non rispondenti alla domanda prevalentementecostituita da giovani, anziani, lavoratori precari e immigrati.

    La regione calcola che tra il 1983 ed il 2006 il suolo urbanizzato sia stato pari a29.059 ettari, ma i dati relativi allaperdita di terreni agricolisono enormemente supe-riori. Tra il 1982 ed il 2010 la supercie agraria totale (SAT) nel Veneto diminuitadi 298.845 ettari, mentre la supercie agraria utilizzata (SAU) diminuita di 107.698

    ettari. Ancor pi impressionante esaminare landamento della perdita annua di suoloagricolo. Se negli anni Ottanta si registrava annualmente una diminuzione di 72 milio-ni di mq allanno di SAT, negli anni Novanta la media salita a 97 milioni di mq/anno,per poi raddoppiarsi negli anni 2000 raggiungendo la cira record di 182 milioni dimq/anno.

    Piani e programmi della Regione

    Questa la realt dei atti. A ronte di tutto ci quali sono gli indirizzi e gli strumentioperativi posti in campo dal nuovo Piano Territoriale Regionale di Coordinamento?Una gran mole di documenti di analisi e di dichiarazioni di principio, a cui per non

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    corrisponde alcuna prescrizione e norma cogente. La voluta genericit della normativatecnica, la successiva adozione da parte della Regione dellimpropriamente detto Pia-no casa, con cui si legittimano ampliamenti edilizi e ricostruzioni di edici al di uoridi ogni regola edilizia, e nel contempo lassenza di un progetto strategico per lediliziaresidenziale pubblica, le nuove norme sulledilizia rurale, lesclusione nei Piani inter-

    comunali (PATI) dei tematismi relativi allagricoltura ed alledilizia residenziale, inco-raggiano di atto la prosecuzione delle politiche di indiscriminata cementicazione delterritorio. Per le zone produttive e commerciali il PTRC ornisce solo alcune generi-che indicazioni di principio, che non hanno in alcun modo condizionato i PAT ed iPATI adottati dai Comuni negli anni successivi, con i quali si in generale conermatala volont di continuare a consentire il prolierare di detti insediamenti al di uori diogni schema razionale. Nei territori extraurbani vengono identicate quattro categoriedi aree rurali, ma anche in questo caso non si individuano gli strumenti operativi per

    incentivarne la salvaguardia e la progressiva riconversione verso produzioni di qualit,ambientalmente sostenibili, e per tutelare e valorizzare il carattere identitario dei luo-ghi.

    Lunico settore in cui il PTRC ornisce precisi indirizzi dintervento quello relati-vo allagrande iabilit. Un diluvio di nuove inrastrutture stradali e autostradali, i cuisvincoli orono loccasione per immaginare, con ladozione di appositi progetti strate-gici regionali, nuovi mega centri commerciali e nuove polarit insediative extraurbane,in deroga ad ogni norma urbanistica e ad ogni limite sul consumo di suolo per un raggio

    di due chilometri attorno ai caselli. Secondo Paolo Feltrin, uno degli ideologi del pia-no, questi nuovi insediamenti extraurbani dovrebbero divenire i nuovi iconemi dellacitt diusa, contenitori metropolitani nei quali ar convivere ... grandi mall terziari,strutture sanitarie, auditorium, centri congressi, complessi commerciali e direzionali,aree produttive, centri logistici e simili. Una indicazione che sembra voler giusticare enobilitare i molti progetti di cementicazione dei suoli agricoli promossi in questi annida Regione e Comuni: da Veneto City tra Dolo e Mirano, a Tessera City nei pressi del-laeroporto di Venezia, aMotorcity nel veronese. Sempre secondo Feltrin, il Passante di

    Mestre ed il Grande Raccordo Anulare previsto a Padova (GRAP) dovrebbero orireloccasione per nuove densicazioni urbane: il Passante di Mestre, in particolare, po-trebbe essere interpretato come una nuova, pi ampia cinta muraria, il nuovo connedi una diversa citt con ambizioni di capitale regionale.

    Tra gli aspetti pi negativi del PTRC veneto va poi sottolineato il atto che nongli stata attribuita valenza paesaggistica. Al piano stato allegato unAtlante ricogni-tio degli ambiti di paesaggio, contenente valutazioni sulle caratteristiche ambientali,storico-culturali e paesaggistiche dei luoghi nonch suggerimenti ed orientamenti per

    i programmi dintervento, ma dette linee di indirizzo non si sono tradotte in norme disalvaguardia e prescrizioni cogenti per gli altri strumenti della pianicazione territoria-le e urbanistica, cos come richiederebbe il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.20

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    Nuovi paradigmi di gestione delleconomia e del territorio

    E dicile immaginare che dalla crisi strutturale attraversata dal nostro paese e dalVeneto in particolare si possa uscire riproponendo politiche e strategie degli anni pas-sati, ovvero un modello di crescita economica ondato su di un illimitato consumo di

    risorse ambientali ed energetiche, sulla distruzione dei beni comuni, sulla privatizzazio-ne dei guadagni e sulla socializzazione delle perdite. Occorre progettare e laorare perun dierso modello di gestione delleconomia e del territorio , prendendo coscienza delatto che il suolo una risorsa nita, che i nuovi scenari delle relazioni internazionali- oltre che ragioni di equit sociale - ci impongono una drastica riduzione della nostraimpronta ecologica, che le attivit maniatturiere per reggere la competitivit devonoinnescare processi di aggregazione e devono certicare lecosostenibilit del loro cicloproduttivo ed inne che la valorizzazione e la riqualicazione del paesaggio e delle ri-

    sorse ambientali possono essere alla base di nuove attivit economiche autosostenibili.Ma concretamente per quali riorme legislative e per quali scenari di trasormazioneterritoriale dobbiamo batterci?

    Una riorma legislativa ondamentale dovrebbe, a mio avviso, riguardare il sistemascale. Criterio essenziale della riorma dovrebbe non solo essere quello della diminu-zione delle diseguaglianze e della redistribuzione della ricchezza (condizione necessariaper ricreare una adeguata domanda interna e per superare lattuale crisi da sovrappro-duzione), ma anche quello di ar pagare alle imprese ed a chi opera nel territorio i costi

    ambientali con una tassazione crescente in relazione al consumo di suolo (ed in parti-colare dei suoli pi ertili), al consumo di energia proveniente da onti non rinnovabili(carbon tax), allinquinamento indotto ed alle emissioni di gas climalteranti.

    Sempre a livello nazionale va rivendicata listituzione di un Osseratorio sul consumodi suolo e lapprovazione di una legge che ponga precisi limiti alle espansioni urbane,reintroducendo altres lobbligo di utilizzare gli oneri di urbanizzazione versati ai Co-muni esclusivamente per servizi ed opere di riqualicazione ambientale, anzich per laspesa corrente degli enti locali. Normatie tecniche regionali e comunali, che gi oggi nel Veneto prevedono unlimite quantitatio alla trasormazione duso dei suoli agrari utilizzati (SAU), do-vrebbero estendere tale limite a tutte le superci agrarie (SAT) e dovrebbero imporreche per il rispetto di tale limite si proceda alla revisione ed al ridimensionamento delleprevisioni espansive gi inserite nei PRG vigenti (mentre nellinterpretazione correnteil limite SAU viene utilizzato solo per le nuove espansioni previste dai PAT e dai PATIaggiuntive rispetto a quelle dei PRG). Va inoltre cancellata la norma che consente di

    derogare in toto dallapplicazione di detti limiti nel caso di progetti speciali di interesseregionale, quali quelli relativi alle aree limitroe ai caselli autostradali per un raggio didue chilometri.

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    La pianicazione territoriale ed urbanistica incide proondamente sul livello deiconsumi energetici e sul livello delle emissioni climalteranti e deve quindi conrontarsicon gli impegni assunti dal nostro paese a livello di comunit europea su questo ronte(il amoso 20-20-20 programmato per il 2020). La Valutazione Ambientale Strategica(VAS) che accompagna i diversi piani dovrebbe quindi obbligatoriamente contenere

    un bilancio delle emissioni conseguenti allattuazione del piano (nuove strade, incre-mento del traco veicolare, nuovi insediamenti, ...) e precise prescrizioni per lattuazio-ne delle misure tendenti a contrastare dette emissioni (rete dei trasporti collettivi, o-restazione, agricoltura biologica, norme per ledilizia ecosostenibile, ...). E signicativoche nei casi in cui - su sollecitazione delle organizzazioni ambientaliste - detto calcolo stato eettuato i numeri hanno clamorosamente smentito le dichiarazioni di soste-nibilit di norma contenute in tutte le relazioni di piano: nel caso del PATI dellareametropolitana Padova ad esempio risultato che nel prossimo decennio lincremento

    del traco avorito dalle nuove strutture viabilistiche produrr un aumento del 40%delle emissioni di gas climalteranti ed un aumento del 19% delle polveri sottili, mentreun ulteriore aumento del 23% delle emissioni sar causato dai nuovi insediamenti com-merciali e produttivi previsti diusamente in tutti i comuni.

    Va inne richiesto che le norme tecniche dei PAT e dei PATI impongano per tut-ti i Piani urbanistici attuativi relativi ad insediamenti produttivi e commerciali, coscome per le nuove inrastrutture viarie, il calcolo delle emissioni climalterantiprodottee lobbligo di misure mitigatie e compensatie (riduzione dei consumi energetici ed

    utilizzo di onti energetiche rinnovabili, sistemazione a verde degli spazi aperti e dellecoperture, versamento alle casse comunali di contributi economici vincolati allimple-mentazione delle reti ecologiche, ...) da porre a carico dei soggetti attuatori.

    Pianicazione darea asta e modelli insediatii

    Alla rivendicazione delle riorme legislative e normative indicate va aancata unapi generale battaglia culturale per modicare i contenuti dei piani ed i modelli inse-diativi oggi prevalenti. Gli aspetti paesaggistici e le problematiche ambientali, connessealla chiusura dei ondamentali cicli ecologici, ai fussi di materie prime e di energia,allapprovvigionamento alimentare, alla gestione dei riuti, alla messa in sicurezza delterritorio, allorganizzazione dei trasporti collettivi, alla ormazione delle inrastruttureverdi, richiedono un disegno unitario del territorio a scala regionale ed una piani-cazione daria asta, superando il particolarismo ed il localismo che per molti aspetticontraddistinguono la societ veneta.

    Molto schematicamente riteniamo che alcuni punti ermi di questo disegno unita-

    rio debbano essere: 1. Ladozione di un modello di riaggregazione policentrica degli insediamentipro-duttivi e residenziali, ondato sulla riqualicazione urbana, la bonica e la rigenerazio-

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    ne con nuove unzioni delle aree industriali dismesse (basti pensare a Porto Margheraed alla miriade di siti industriali disseminati nella pianura veneta) ed il recupero ediliziodei centri esistenti, da collegarsi con una eciente rete di trasporti collettii(SFMR emetropolitane di supercie). Individuate le polarit del sistema, nelle quali concentratei servizi e le attivit essenziali atte a garantire una pluralit di unzioni ed uno standard

    elevato di qualit urbana (eetto citt), nessuna nuova espansione dovr essere consenti-ta se prima non verranno eettuate una realistica quanticazione del abbisogno ed unaattenta ricognizione degli spazi e degli immobili abbandonati o sottoutilizzati.

    2. La ricostruzione dei margini urbani, con la ormazione di estese cinture erdicostituite da aree di valore naturalistico e da parchi agricoli multiunzionali. In moltenazioni europee questa la soluzione adottata per porre un limite allespansione ur-bana. Non un vincolo passivo acilmente aggirabile con ladozione di nuove variantiurbanistiche, bens un incolo attio generato dalla costruzione e gestione di progetti

    nalizzati alla valorizzazione delle attivit agricole periurbane (orticoltura, prodottitipici, prodotti biologici e di qualit, ...) in stretta connessione con attivit integrativequali lagriturismo e le attorie didattiche e con nuove orme di commercializzazione(agricoltura a chilometro zero, mercati rionali, mense scolastiche ed aziendali, ...). 3.Il potenziamento e la alorizzazione delle infastrutture erdi e della biodier-

    sit, ovvero dei parchi e delle riserve naturali, delle reti ecologiche e dei corsi dacqua,a cui va aancato un pi generale progetto di riconversione ecologica delle praticheagricole, che attualmente troppo spesso si caratterizza per una tendenza allindustria-

    lizzazione ed alla monocoltura con eetti devastanti per il paesaggio e per lambiente(inquinamento dei suoli e delle alde, eliminazione di siepi e zone alberate, riduzionedella ertilit naturale, ecc.). Daltra parte il tema deiumie dei bacini idrograci, inuna regione quale quella veneta, oltre ad essere strettamente connesso alle problemati-che delle reti ecologiche, risulta ondamentale per la messa in sicurezza del territorio.Da troppo tempo ormai carente una seria azione di governo su questo ronte e consempre pi requenza si vericano eventi alluvionali di disastrosa entit.

    4. Gli investimenti per la messa in sicurezza del territorio (tra i quali dovrebbero

    essere inserite opere strategiche quali lidrovia Padova-Mare) potrebbero avere impor-tanti rifessi per la ripresa economica e loccupazione soprattutto se riguarderanno nonsolo la realizzazione di opere ingegneristiche, ma anche la promozione di programmidi pi ampio respiro di riqualicazione ambientale, di salvaguardia e alorizzazionedelle aree con alenza naturalistica e di trasormazione delle colture agricole. Lagri-coltura, dopo decenni nei quali nel nostro paese stata considerata quasi unattivitresiduale, sta tornando oggi di attualit quale potenziale settore strategico per leco-nomia nazionale. Un ritorno alla coltivazione dei campi che deve signicare anche su-

    peramento dellagricoltura industriale, che con i suoi pesticidi e ertilizzanti derivatidal petrolio - come sostiene Carlo Petrini - una dichiarazione di guerra alla terra.Una nuova agricoltura che si basi sulla biodiversit e che accia parte integrante di una

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    rete di economie locali, saltando la maggior parte delle intermediazioni distributive.Unagricoltura che, ondandosi su unalleanza tra uomo e natura, sia in grado di ridarvita a paesaggi di elevato valore estetico.

    Piano paesaggistico, programmi di settore e nuove economie

    Quelli qui richiamati, ovviamente, sono solo alcuni auspicabili indirizzi di ondoper il superamento delle logiche del laissez aire e di uno sviluppo economico oggi uni-camente regolato dalle logiche del mercato. Indirizzi nalizzati allattivazione di realipolitiche di governo del territorio in grado di integrare la pianicazione urbanistica ele scelte localizzative con i programmi di settore riguardanti il sostegno allo sviluppoagricolo, alle attivit produttive e alloccupazione, il risparmio e lapprovvigionamentoenergetico, i trasporti e la mobilit delle persone, la gestione dei parchi e delle riservenaturali, la valorizzazione del patrimonio storico-culturale, le incentivazioni al turismoecosostenibile, la riqualicazione urbana, ledilizia sociale e la bioarchitettura, i prov-vedimenti antinquinamento e per la riduzione delle emissioni climalteranti, la gestionedei riuti... Su molti di questi ronti orze politiche di sinistra e associazioni ambien-taliste hanno sviluppato in questi anni importanti battaglie, coinvolgendo cittadini edopinione pubblica ed ottenendo talvolta qualche signicativo successo. Ci che orse per sino ad oggi mancato la costruzione di una isione dinsieme in grado di connet-tere riendicazioni ed obiettii settoriali in un coerente disegno strategico, un disegnoche a costruito con la partecipazione diretta dei cittadini.

    Per quanto possa apparire uno strumento di pianicazione riservato a specialistied addetti ai lavori, ritengo che unutile occasione per lavorare in questa direzione puattualmente esserci ornita dallelaborazione del Piano paesaggistico regionale, che -come in altri contesti si dimostrato - pu divenire, se correttamente impostato, un e-cace strumento di indirizzo per pi generali politiche di riconversione delle economielocali secondo criteri di sostenibilit ambientale ed equit sociale.

    Ho gi in precedenza osservato come, contrariamente a quanto avvenuto in altreregioni ed invertendo le priorit, la Regione Veneto abbia in prima istanza adottato nelebbraio 2009 un Piano territoriale Regionale di Coordinamento privo di prescrizionie norme cogenti, rinviando ad una ase successiva ladozione del Piano Paesaggistico,che, secondo quanto previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e dalla Con-enzione Europea del Paesaggio, deve denire regole certe, parametri vincolanti, meto-dologie di salvaguardia e criteri di gestione non solo dei beni paesaggistici gi ricono-sciuti e vincolati, ma anche per la riqualicazione degli insediamenti urbani degradatie per la cura dei contesti agricoli. Indirizzi e prescrizioni che il Codice precisa debbanorisultare vincolanti ed immediatamente prevalenti sulle disposizioni diormi dei pianiterritoriali ed urbanistici e dei programmi di settore.

    Sono passati pi di due anni dalla sottoscrizione delProtocollo dintesa tra Regione

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    e Ministero per i Beni e le Attivit Culturali (15 luglio 2009) nalizzato alla redazionedel Piano paesaggistico, ma gli studi relativi sono ancora in alto mare. Lapposito Co-mitato Tecnico, a cui partecipano unzionari della Regione e del Ministero, si riunitosaltuariamente con cadenza trimestrale, mentre i gruppi di lavoro attivati dalla Direzio-ne regionale del MiBAC e dalle Soprintendenze, a quanto si potuto sapere nei pochi

    incontri pubblici organizzati o dalla lettura delle scarne notizie riportate nel sito webdella Regione, si sono quasi esclusivamente occupati del censimento e della mappaturadei vincoli paesaggistici esistenti e della delimitazione e rappresentazione dei beni in-dicati dallarticolo 142 del Codice (parchi e riserve naturali, montagne, litorali, corsidacqua, boschi, zone dinteresse archeologico, ...). Quasi nulla si daltra parte atto per una reale costruzione sociale del piano, in evidente contrasto con quanto indicatodalla Convenzione Europea che, estendendo il concetto di paesaggio a tutte le parti delterritorio cos come percepite dalle popolazioni, esplicitamente richiede lattivazione di

    procedure di partecipazione degli abitanti nelle denizione e nella realizzazione dellepolitiche paesaggistiche. Un obbligo ribadito anche dal Codice dei Beni Culturali.

    Come coniugare il paesaggio ad un modello di siluppo autosostenibile

    Occorre dunque rivendicare un radicale cambiamento degli indirizzi e delle mo-dalit di lavoro sin qui seguiti dalla Regione Veneto nellelaborazione del Piano paesag-gistico, cos come una decisa accelerazione dei tempi per impedire che nel rattempo sicontinui nella sistematica devastazione del territorio che per molti decenni ha caratte-rizzato il nostro modello di sviluppo.

    Un positio esempio di un dierso modo di procedere ci iene dalla Regione Puglia .In questo caso la volont dichiarata della Giunta regionale stata quella di assumere ...la tutela, messa in alore e riqualicazione del paesaggio come condizione per promuovereuno siluppo autosostenibile e dureole, in antitesi con la consueta integrazione ex postdei alori paesaggistici nel governo del territorio. Dunque un Piano paesaggistico cheassume anche una valenza urbanistico-territoriale (e non viceversa): un piano a cui ognialtra pianicazione deve essere subordinata.

    Il Piano paesaggistico della Puglia delinea quindi alcuniscenari strategici, essenzialinon solo per salvaguardare il paesaggio, ma anche per aiare una ripresa economica

    secondo modelli alternatii (sistemi produttii a base locale) a quelli del passato. Traquesti: la denizione di un nuovo patto tra citt e campagna, nalizzato ad elevarela qualit del vivere e dellabitare sia nei contesti urbani che nei territori agricoli; lacostruzione di una rete ecologica quale sistema di invarianti ambientali; la valorizza-zione integrata dei paesaggi costieri (waterront urbani, sistemi dunali, zone umide,agricoltura) e dei beni culturali e paesaggistici delle zone interne (organizzati in sistemiterritoriali) con la promozione di un turismo eco-sostenibile e con progetti di ospitalitdiusa; la ormazione di un sistema inrastrutturale per la mobilit dolce, ondata sui

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    trasporti collettivi terrestri e marittimi e la realizzazione di una tta rete di percorsiciclo-pedonali.

    Uno degli aspetti pi interessanti riguarda riguarda poi le modalit seguite per lacostruzione del piano ed il ruolo ondamentale attribuito alla partecipazione dei cit-tadini e dei portatori di interesse. I principali strumenti di partecipazione sono state

    le Conerenze darea, lelaborazione delle Mappe di comunit e lattivazione di un sitoweb interattivo, nonch la previsione di processi innovativi di governance quali i Con-tratti di ume, i Progetti integrati di paesaggio e gli accordi di programma.

    Gi in ase di costruzione del quadro conoscitivo si promossa la ormazione viainternet di un Atlante delle segnalazioni, raccogliendo le segnalazioni di abitanti edassociazioni (con relative dettagliate schede descrittive) in relazione a quattro temati-che: beni paesaggistici ritenuti meritevoli di tutela; oese al paesaggio; buone pratiche paesaggistiche (in relazione in particolare alla gestione delle attivit agricole e delle

    risorse naturalistiche ed ambientali, alloerta agrituristica, alla riqualicazione urbanaed allinserimento ambientale di nuove inrastrutture); cattive pratiche paesaggistiche.

    In diversi contesti territoriali, con listituzione di appositi laboratori di progetta-zione partecipata, sono state costruite le cosiddette Mappe di comunit nalizzate apromuovere il ruolo degli abitanti nella rappresentazione del proprio territorio, deglispazi maggiormente vissuti, delle tradizioni e dei valori paesaggistici e culturali social-mente riconosciuti. Mappe realizzate dagli abitanti con laiuto di acilitatori, artisti estorici locali e che sono alla base dellindividuazione degli obiettivi di qualit paesag-

    gistica, di valorizzazione dei beni culturali e naturali e di costruzione degli scenari ditrasormazione.

    Un ultimo accenno merita il tema dei Contratti di ume, non vi dubbio inattiche gli interventi nalizzati alla sicurezza idraulica ed alla riqualicazione unzionaleed ambientale dei bacini idrograci possono svolgere un ruolo essenziale per la realiz-zazione di pi generali progetti di riequilibrio degli assetti territoriali e di salvaguardiae/o ormazione di nuovi paesaggi. I Contratti di ume, proposti gi nel 2000 dalWorld Water Forum, prevedono orme di accordo tra pubbliche amministrazioni, as-

    sociazioni ambientaliste e di categoria, nonch soggetti privati direttamente interessati,che permettano di adottare un sistema di regole in cui i criteri di pubblica utilit,rendimento economico, valore sociale, sostenibilit ambientale intervengono in modoparitario nella ricerca di soluzioni ecaci per la riqualicazione di un bacino fuviale.Forme di accordo in grado di stimolare la progettualit territoriale dal basso, coinvol-gendo le comunit nella valorizzazione del proprio territorio.

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    TASCHE PIENE E TERRITORIO BUCATO

    Nei buchi delle cae proliera la rendita ondiaria e precipita la pianicazione pubblica

    Relazione diLuca De Marco

    Quando si parla di consumo del territorio siamo soliti rierirci alla continua ed ec-cessiva espansione cementizia sugli spazi ancora liberi. Ma c un modo di consumareil territorio ancora pi sciocco e altrettanto denitivo, che quello di arlo sparire,vendendolo dopo aver scavato. il tema delle cave. Il Veneto la Regione che il mag-

    gior numero di cave attive in Italia. La provincia di Treviso in primis, quella che haornito negli ultimi anni quasi il 60% della ghiaia estratta in regione. Ma tocca anche ilveronese, il vicentino e le altre province.

    In Italia la regolamentazione delle attivit di cava particolarmente carente. Bisognarisalire al Regno dItalia per trovare una normativa nazionale in materia (Regio Decreto1443 del 1927). La legge sulla materia e stata poi dalla Repubblica adata alle Regioni(DPR 616/78). E in questo quadro il Veneto ha un primato negativo. inatti lunicatra le regioni del centro nord che non dotata di un piano regionale di escavazione. Tra

    le regioni del sud (isole escluse) c invece il primato positivo della Puglia che lunicaad averlo. Il piano per le attivit di cava (PRAC) doveva esser atto secondo quantoprevisto dalla legge regionale sulle attivit di escavazione, che risale al 1982 (L.R. 44).Sono passati ben tre decenni e ancora il PRAC non ha visto la luce. Secondo la leggedell82 le autorizzazioni a scavare le concede la provincia, per solo dopo lapprovazio-ne del PRAC. Dunque vige da trentanni in Veneto un regime transitorio nel quale leautorizzazioni vengono date dalla Regione senza alcuna pianicazione, attenendosi alsolo criterio ssato dalla legge: non scavabile pi del 3% in caso di sabbie e ghiaie, e

    del 5% in caso di argille, rispetto alla supercie agricola dei comuni identicati comescavabili. Nelle altre regioni lautorizzazione a cavare viene data perlopi dal comune,oppure dalla provincia.

    noto come la lobbie dei cavatori sia particolarmente attiva e infuente, e comeil meccanismo autorizzativo in mano alla Regione si sia prestato a pesanti ombre diillegalit. Il capo dellucio geologia della Regione, Michele Ginevra, venne arrestatonel 2002 con 17.000 euro in tasca in un ristorante di Pieve di Soligo, ospite di un ca-vatore. Disse che si trattava di una delle tante, cospicue gratiche che da un decennio

    riceveva da alcuni cavatori per agevolare le autorizzazioni. Il processo inizi solo annidopo, quando il unzionario era gi deceduto, ma restavano i verbali della conessione.In primo grado gli imputati urono condannati a parecchi anni di reclusione e a pene

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    pecuniarie, nel 2010 urono invece assolti in appello. In ogni caso, la vicenda dimostracome la centralizzazione regionale ben si presti a creare zone di opacit nellattivitamministrativa. dunque urgente che si approvi il PRAC, e di conseguenza il poteredi autorizzazione passi alle province, pi vicine ai comuni e con apparati amministrativimolto pi ridotti e pi acilmente controllabili.

    In Consiglio Regionale ci u un tentativo di coinvolgere le province nelle autoriz-zazioni. Nella nanziaria del 2004 si stabil che il parere della Provincia diventasse daconsultivo a vincolante. Il meccanismo stato per aggirato attraverso la valutazione diimpatto ambientale, di competenza regionale, e dunque di atto resta tutto in capo allaRegione tranne qualche ampliamento.

    Lescaazione al centro della rendita ondiaria

    La questione delle cave non solo un capitolo a se stante del consumo di territorio

    ma, perlomeno in provincia di Treviso, si andata intrecciando con tuti gli aspetti delsaccheggio del Veneto.

    Per citare casi concreti, anni a nel comune di Nervesa della Battaglia viene avanzatala proposta di un PIRUEA su unarea, quella della razione di Bidasio, martoriata dallecave. La trovata geniale quella di proporre come riqualicazione ambientale la crea-zione di un laghetto naturalistico, da realizzare attraverso la escavazione del terrenoagricolo contiguo alle cave in essere: in pratica, una estensione del 25% delle cave pre-senti nellarea. La urbata viene bocciata sia dal Tar che dal Consiglio di Stato.

    Oggi i PIRUEA sono stati archiviati, ma sussistono altri meccanismi derogatori. Unodi questi laccordo di programma ex art. 32 della legge 35/2001. Si tratta di un accor-do, sia urbanistico che di altro tipo, che per nalit di interesse pubblico consente di de-rogare a tutto quanto e diventa operativo con un decreto del presidente della Regione.In questo modo a Colle Umberto si tenta di recuperare un altro PIRUEA bocciato daTAR e Consiglio di Stato, per consentire la costruzione di un centro commerciale doveun tempo sorgeva una scuola superiore per lagricoltura. In questo modo Ikea vuole arpassare la trasormazione di unarea agricola di 400.000 mq nel comune di Casale sul

    Sile da agricola a edicabile, per la creazione di un enorme polo commerciale dove ilnegozio Ikea sarebbe solo una parte dellintervento.Ed sempre attraverso un accordo di programma che a Vedelago i cavatori propon-

    gono una operazione gigantesca nella razione di Barcon: aggiungere un casello allacostruenda Pedemontana, che sia di servizio alle cave della Zona (Vedelago il comu-ne dal quale pi si estrae in Provincia di Treviso), con la viabilit di collegamento allecave, e in cambio trasormare quasi 90 ettari (893.023 mq, 125 campi di calcio) di areaagricola in area industriale e commerciale. Una parte del terreno agricolo verrebbe uti-

    lizzata per insediarvi uno stabilimento per la produzione del latte, per la macellazione ela lavorazione dei derivati, e accanto una specie di enorme supermercato per prodotti akm zero. Unaltra parte verrebbe occupato da una cartiera, che si svilupperebbe su due28

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    piani, uno dei quali interrato, e per ar questo, ovviamente, bisogna scavare. Lestrattocalcolato poco meno di 2 milioni di metri cubi, praticamente una cava.

    Anche a Santa Lucia di Piave sullA27, tra Conegliano e Treviso, si vuol are un nuovocasello utile ai cavatori. Lo svincolo e la nuova viabilit cancellerebbe vigneti di pregio,alcuni con limpianto a belussera. Il casello sarebbe collocato in una zona densamente

    popolata di cave, alle quali orirebbe un ingresso quasi diretto in autostrada.Allora, ricapitolando: in una sostanziale deregulation, la questione dellescavazione

    si inla nei meccanismi dellurbanistica concordata, si intreccia con la questione delleinrastrutture, con un certo tipo di agricoltura intensiva, con lassetto idrogeologico.Come una sorta di moltiplicatore del danno al territorio, un sistema semplice e velocedi incamerare denaro. uno degli aspetti della rendita ondiaria. Quella che una politi-ca di sinistra deve puntare a ridimensionare perch drena risorse al circuito produttivoe concentra la ricchezza dove gi c, alimentando lingiustizia sociale.

    I Prac peggioratii, la legge inesistente e la Regione assente

    Il PRAC, previsto dalla legge del 1982, viene adottato dalla Giunta Regionale nellot-tobre del 2003 e comunicato agli Enti Locali per la raccolta delle osservazioni. Il pianoprevede un abbisogno di materiale da cava esagerato, 17.250.000 metri cubi di sabbia eghiaia, dei quali il 50% da estrarre in provincia di Treviso, il 30% in provincia di Verona,il 17% a Vicenza e il 3% a Padova. La proposta incontra un mare di contrariet.

    Il piano prevede di scavare oltre i limiti del 3 e del 5% ssati dalla legge vigente. A

    Paese, dove insistono ben 29 cave, si amplia la possibilit di scavare. A Montebelluna,dove si gi superato il 3% del territorio agricolo, si potrebbe ora raggiungere l8%.Quindi, assieme al PRAC viene presentato dalla Giunta Galan un disegno di legge permodicare la legge sullescavazione. In pratica, il PRAC presentato non si onda sullalegge vigente ma sulla nuova legge ancora da approvare.

    Oltre a conermare gli ambiti estrattivi gi in essere, il piano aggiunge altre aree comescavabili. il caso della zona del Borgo Malanotte, a Vazzola. Unarea di pregio natu-ralistico e agricolo per la coltivazione del raboso, unico vitigno autoctono trevigiano,

    e di valore storico culturale per la conservazione dellantico borgo rurale. Nel 2008 un privato, che possiede i terreni in quellarea e che il presidente dei cavatori di Con-ndustria, ore al Comune e al Consorzio di Bonica Piave di costruire delle cassedi espansione, su unarea di 50 ettari, per la laminazione delle piene del Piave e comeserbatoio per lirrigazione. A giugno questo imprenditore invia una lettera agli enti in-teressati per sostenere il proprio progetto, ventilando la chiusura delle propria aziendee la conseguente perdita di occupazione se non arriver la luce verde dalle istituzioni.Il Consiglio Comunale, con qualche dicolt dentro la maggioranza leghista, esprime

    un voto contrario. La palla passa alla Regione.Tornando al PRAC, nel 2008 la giunta adotta un nuovo piano modicato: il nuovoabbisogno stimato scende a 13.650 metri cubi, dei quali la met in capo alla provincia

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    trevigiana. Neanche questo arriver mai allapprovazione, che spetta al Consiglio Re-gionale.

    Abbiamo visto come la Regione utilizzi il regime transitorio per non cedere poterealle province. Nellurbanistica, questo meccanismo le ha consentito di tirare avanti 25anni, e di avviare solo nel 2011 il traserimento delle competenze alle province. E sa-

    rebbe superfuo qui ricordare come la gestione dellurbanistica da parte regionale abbiaconsentito la ipertroa costruttiva e la oesa continua al territorio e al paesaggio venetoche ormai oggetto diuso di una nuova consapevolezza. Basti dire che il DocumentoProgrammatico Preliminare della prima Giunta Regionale, nel 1972 si esprimeva conpreoccupazione: Di onte alla massiccia occupazione territoriale da parte degli insedia-menti (occupazione che procede con un ritmo che in pianura entro pochi decenni potrebbepartire ad un integrale ed irrazionale consumo del territorio) questa azione di salvaguar-dia dovr tendere al recupero ed alla riutilizzazione, sempre con orme e modi appropriati,

    del patrimonio di edici e di manuatti attualmente esistente. Questa consapevolezzanon pare aver evitato le conseguenze peggiori gi preconizzate allora. Del resto, gi10 anni prima il poeta Andrea Zanzotto, in un articolo per la rivista della Provinciadi Treviso del 62, indicava le conseguenze dello sviluppo caotico di quegli anni nellaprolierazione casuale e mostruosa delle citt, nella deastazione della campagna che stacoprendosi di un caotico e slacciato tessuto urbano, nello segio, inne, del paesaggio, chesi sta perpetrando in tutto il paese. E concludeva: Bisogna capire che salvare il paesaggiodella propria terra salvarne lanima e quella di chi labita.

    Allora bisogner, prima o poi, are un bilancio del regionalismo italiano, e di quelloVeneto in particolare, e lo stato in cui versa il territorio rappresenta una cartina di tor-nasole di quanto la dimensione regionale abbia saputo dimostrarsi adeguata alla piani-cazione e alla programmazione di uno sviluppo ordinato e sostenibile.

    Si avverte dunque con orza lesigenza di una legge quadro nazionale sulle cave, cheponga dei binari precisi ad una attivit particolarmente impattante sul territorio, e cheponga in connessione lattivit estrattiva con le esigenze di pianicazione territoriale,e di salvaguardia ambientale e paesaggistica. Che introduca standard minimi riguardo

    alle aree da sottrarre alla escavazione e alla regolamentazione sul recupero delle aree esulle compensazioni ambientali. SEL dovrebbe arne uno dei punti della propria piat-taorma programmatica.

    Sanzioni e controlli

    Lazione di controllo e di sanzione, per quello strano combinato legislativo che siricordava sopra, in capo alle province, che versano poi alla Regione lincasso dellesanzioni.

    La Provincia di Treviso ha avviato una campagna di controllo delle escavazioni sottoalda, attraverso un innovativo sistema di ecoscandaglio delle cave in alda. Si cosaccertato un volume di 358.000 mc di materiale scavato in pi rispetto a quanto auto-30

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    rizzato. Solo una parte stato sanzionato, perch in caso di inrazioni avvenute pi di5 anni prima non si pu procedere, e il pi delle volte non vi la possibilit di datareesattamente labuso. Limporto delle sanzioni sar comunque ineriore, per il cavatore,di quanto ricavato dalla vendita del materiale estratto in pi. La legge regionale stabili-sce inatti che ai ni del calcolo della sanzione sia la Camera di Commercio provinciale

    a ssare un valore di mercato per la ghiaia estratta. Questo valore non viene aggiornatoda anni, e dunque si ha un valore sanzionatorio di 6,36 a mc, che viene ridotto ad unterzo per la ditta che provvede al pagamento entro i termini senza ar ricorso. Quindile sanzioni della Provincia non hanno alcun potere deterrente: il cavatore ci guadagnacomunque anche se viene beccato e sanzionato.

    Appare dunque urgente portare le sanzioni a un multiplo del prezzo commercialestabilito dal listino camerale. Nel disegno di legge della Giunta Galan si prevedeva diaumentare la sanzione di tre volte. Ma poich esiste la riduzione di un terzo ai sensi

    della normativa nazionale, anche questo aumento sarebbe insuciente a dare un valoredeterrente. Bisognerebbe prevedere un aumento di almeno 6 volte il valore della Came-ra di Commercio.

    Indennizzi

    Ai sensi della legge regionale, i cavatori versano ai comuni dove scavano un contri-buto di indennizzo. Attualmente il contributo di 0,62 euro (1.200 Lire) a metro cuboin Veneto. In alcune regioni dItalia stato elevato a 2,00 euro. In Lombardia questo

    contributo spetta anche alle province per il 15%. In Emilia Romagna sono ripartiti traComune, Provincia e Regione. A noi pare corretto che, viste le ripercussioni che le atti-vit estrattive hanno sul territorio, vi sia un indennizzo anche alla Provincia, competen-te sia sulle inrastrutture di carattere provinciale, sia sullattivit di controllo dellattivitdi cava. Un contributo aggiuntivo e non sostitutivo di quello comunale.

    I margini di guadagno dellattivit estrattiva, pur nella congiuntura economica savo-revole, sono comunque tali da consentire aumenti signicativi del contributo. Secondoi dati di Legambiente, in Veneto i canoni pagati dai cavatori corrispondono al 4,9%

    del prezzo di vendita: 4.362.591 Euro di canoni a ronte di un prezzo di vendita di87.955.462 Euro. Tuttaltro che una taria insostenibile, dunque.Nella nuova legislazione si dovrebbe prevedere un contributo, indicizzato e non s-

    so, che ci avvicini ai 2 Euro. Il Consiglio Regionale dellEmilia Romagna ha approvatoa marzo di questanno una risoluzione a del Gruppo SEL-Verdi che impegna la Giuntaa portare il costo da 0,57 Euro al metro cubo a 2,00 Euro.

    Conclusioni

    Lattivit di escavazione uno degli elementi del consumo del territorio, tra i piimpattanti per la rilevanza del danno e la sua connessione con laspetto urbanistico einrastrutturale e con laspetto strettamente ambientale della salvaguardia del territo-

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    rio. Lescavazione costituisce inoltre il meccanismo principale di approvvigionamentodella materia prima per la cementicazione del territorio, e sta dunque a monte deldiluvio cementizio che deve essere oggi uno degli obbiettivi di un attacco critico versoun modello di sviluppo vorace da superare e riconvertire. Per citare Edgar Morin: Oc-corre reinventare questo concetto di sviluppo, la cui applicazione ovunque nel mondo

    distrugge le solidariet tradizionali, a dilagare la corruzione e legocentrismo. Bisognache il concetto di sviluppo subisca una metamorosi in quello di oritura.

    Lintero settore abbisogna dunque di un quadro normativo adeguato alla contem-poraneit, e che crei un minimo di omogeneit sul territorio nazionale. Le Regionilasciate a se stesse si sono dimostrate inatti largamente supine ai desiderata dei cavatori,non solo al Sud ma anche in una Regione come il Veneto, dove i cavatori costituisco-no comunque una delle pi potenti lobbies, i cui interessi sono stati messi alla pari, espesso privilegiati, rispetto agli interessi delle comunit e del territorio. Per invertire

    la tendenza la Regione dovrebbe emanare regole certe e pianicare lattivit di cava inbase ai abbisogni realistici, tenendo conto dei volumi da scavare gi autorizzati e dellaquota di recupero e riciclo degli inerti, che dovr essere via via crescente e incentivata,anche attraverso la prescrizione nei capitolati di opere pubbliche di utilizzare quote dimateriale riciclato. Tenendo nel computo anche le escavazioni in alveo, che passano perregimazione idraulica ma che comportano la vendita di inerti e dunque vanno a ridurreil abbisogno. Dovrebbe poi aumentare il costo del materiale per chi lo scava e lo vende,elevando gli indennizzi e ripartednoli tra i diversi enti. E rendere ecaci e deterrenti

    le sanzioni per chi scava oltre lautorizzato, superando un meccanismo che allo statoattuale premiante per chi sgarra e non per chi rispetta le regole.

    La questione dellescavazione si intreccia con gli altri malanni del territorio veneto:la mancanza di una seria programmazione degli interventi per la diesa idrogeologicadel territorio, che lascia spazio allattivismo interessato dei cavatori, la mancanza di unapianicazione seria e vincolante sullurbanizzazione del territorio, che lascia spazio ameccanismi derogatori volti a produrre enormi colate di calcestruzzo, la programma-zione conusa delle opere viarie e inrastrutturali. Si propone dunque di considerare la

    questione allinterno del pi generale quadro del confitto in atto contro il territorio econtro lambiente. La crisi la si vuol ar pagare nei suoi costi sociali ai ceti popolari, eci si vuole pure aggiungere il costo ambientale di un assalto al territorio e allambientegiusticato sotto la alsa insegna delle esigenze occupazionali e lavoristiche. La renditaondiaria va a braccetto con la speculazione nanziaria, per depauperare il paese e i suoiabitanti e arricchire i sodali della cricca globale.

    Sinistra Ecologia Libert nata anche per superare, gi dalla traccia programmaticadella sua denominazione, le contrapposizioni esclusive tra le ragioni dellambiente, del

    lavoro e dei diritti, e per includerle in una proposta di modernit nuova, allaltezza delnuovo secolo.

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    Sinistra Ecologia Libert

    SEL promuove una campagna in diesa del territorio e del suolo

    TERRA NOSTRA

    Riassetto idrogeologico, adattamento, messa in sicurezza e cura del territoriosono la prima urgente grande opera pubblica di cui ha bisogno lItalia

    Le risorse nanziarie necessarie a promuovere il riassetto idrogeologico, ladattamento,la messa in sicurezza e la cura del territorio italiano si aggirano sui 40 miliardi di euro,mentre quelle realmente investite negli ultimi 20 anni sono state appena 400 milioni dieuro. Per indennizzi, ricostruzioni e riparazione dei danni a posteriori si sono spesi (malee, molto spesso, per ricostruire negli stessi luoghi interessati da inondazioni e ane) 52 mi-liardi di euro in cinquantanni; se sommiamo gli indennizzi post terremoti, la cia arriaa 213 miliardi di euro.

    Lassenza di qualsiasi rierimento ai temi della qualit dello siluppo e alla sostenibilitambientale nel recente discorso di insediamento del Presidente del Consiglio ci ha delusie ci preoccupa perch sono migliaia i cittadini italiani in lotta da mesi con il ango. Traeconomia ed ecologia i sono molti pi legami di quelli che tanti economisti assai poco in-novatori e riormatori riescono a edere: un territorio sicuro per i cittadini e per le attiitproduttie la condizione prima di qualsiasi siluppo possibile, un paesaggio di qualit la ricchezza ondamentale dellItalia. Non possiamo pi sprecare soldi e nat