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Università degli studi di Pisa Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di laurea specialistica in Medicina e Chirurgia Tesi di laurea Ipoacusia neurosensoriale nei bambini pretermine Relatore Chiar.mo Prof. Stefano Berrettini Candidato: Isabella Banducci ANNO ACCADEMICO 2014-2015

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Università degli studi di Pisa

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Corso di laurea specialistica in Medicina e Chirurgia

Tesi di laurea

Ipoacusia neurosensoriale nei bambini pretermine

Relatore

Chiar.mo Prof. Stefano Berrettini

Candidato: Isabella Banducci

ANNO ACCADEMICO 2014-2015

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Indice

Riassunto analitico Pag.5

Capitolo 1 Sviluppo sistema nervoso uditivo Pag.7

1.1 Periodo embrionale (1°-13° settimana) Pag.7

1.2 Secondo trimestre 14°-26° settimana)

1.3 Periodo transazionale (27°-29° settimana) Pag.9

1.4 Periodo perinatale (terzo trimestre-6° mese postnatale) Pag.13

1.5 Periodo postnatale (6° mese-1° anno) Pag.14

1.6 Infanzia precoce (2°-5° anno) Pag.17

1.7 Infanzia tardiva (6°-12° anno) Pag20

1.8 Riflessioni conclusive Pag21

Capitolo 2 incidenza e prevalenza dell’ipoacusia in bambini pretermine Pag.23

Capitolo 3 cause fattori di rischio per NHL in neonati pretermine Pag.28

3.1. Neonati di peso estremamente basso alla nascita Pag.28

3.2. Distress respiratorio e ventilazione meccanica prolungata Pag.30

3.3. Iperbilirubinemia Pag.31

3.4. Infezione da CMV Pag.32

3.5. Ipossia Pag.35

3.6. Ototossicità da farmaci Pag.35

3.7. Ipoacusia e rumore Pag.38

3.8. Neuropatia uditiva Pag.40

Capitolo 4 screening audiologico neonatale Pag.44

4.1. razionale del progetto di screening uditivo neonatale Pag.44

4.2. Fattori di rischio di deficit uditivo nei neonati secondo il JCIH (Joint Commette on

Infant Hearing) Pag.46

4.3. modalità di esecuzione dello screening Pag.47

4.4. il centro di riferimento (III livello) Pag.53

4.5. finalità complessive (riepilogo delle tappe di un adeguato iter diagnostico-

terapeutico delle ipoacusie infantili) Pag.55

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Capitolo 5 ABR (Auditory Brainstem response) Pag.56

5.1. Definizione di ABR Pag.56

5.2. Classificazione dei potenziali evocati uditivi Pag.56

5.3. Come si eseguono i potenziali evocati uditivi del tronco encefalico Pag.57

5.4. Identificazione delle onde ABR Pag.58

5.5. Caratteristiche delle ABR Pag.59

5.6. Problemi inerenti alle ABR Pag.61

5.7. Influenza delle variabili dello stimolo nelle ABR Pag.62

5.8. Influenza delle variabili del soggetto nelle ABR Pag.64

5.9. Tipi di stimoli utilizzati nell’esecuzione degli ABR Pag.65

Capitolo 6 Pag.69

6.1. Materiali e metodi Pag.69

6.2. Risultati Pag.70

6.3. Discussione Pag.73

6.4. conclusioni Pag.76

Bibliografia Pag.78

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Riassunto analitico

Lo sviluppo del sistema nervoso uditivo inizia precocemente durante la via embrionale. Per

quanto riguarda lo sviluppo cocleare già alla 15° settimana di gestazione iniziano a

svilupparsi la scala timpanica e scala vestibolare. Alla 26° settimana la coclea è formata ed

ha un aspetto simile a quella degli adulti fatta eccezione per un ridotto numero di

terminazioni sinaitiche efferenti. Per lo sviluppo delle vie uditive centrali alla 14°-15°

settimana inizia la mielinizzazione delle cellule del ganglio spirale che si completerà alla

22° settimana, contemporaneamente iniziano a formarsi le sinapsi afferenti tra cellule

ciliate interne ed esterne. Il pattern di coclea, n. cocleare, vie acustiche tronco encefaliche,

è simile a quello dell’adulto (non è ancora iniziata la mielinizzazione delle vie tronco

encefaliche che si avrà a partire dalla 27° settimana.

L’ipoacusia è una disabilità molto comune. La prevalenza di ipoacusia infantile è

variabilmente riportata nei diversi studi. La prevalenza europea è di 0,5-4,2/1000.

Nei bambini in NICU questa prevalenza aumenta in modo variabile a seconda degli studi

presi in considerazione : 3,5% (Davis 1992), 5,0% (Salamy 1989), 4,3% (Ghirri, Berrettini

et al 2009), 1,8% Vandonmelen et al 2010).

In Toscana alla nascita viene eseguito lo screening audiologico neonatale in tutti i nati

mediante otoemissioni acustiche e/o ABR al fine di individuare il maggior numero di

bambini ipoacusici il prima possibile in modo da poter attuare trattamenti protesico

riabilitativi precoci.

In letteratura sono presenti moltissimi studi che ricercano le cause ed i fattori di rischio per

ipoacusia neurosensoriale nei bambini pretemine tra i più significativi ritroviamo: bambini

di basso peso alla nascita, ototossicità da farmaci (in particolare amminoglicosidi),

infezione da citomegalovirus, ipoacusia da rumore, ipoacusia neurosensoriale.

La tesi si basa su uno studio effettuato su bambini nati prematuri (prima della 37°

settimana di gestazione) che risultati refer allo screening audiologico neonatale hanno

eseguito un follow up audiologico mediante ABR.

Sono stati selezionati due gruppi di bambini uno con nati a termine (gruppo di controllo)

ed uno con nati prematuri. All’interno del gruppo dei bambini prematuri sono stati

selezionati due ulteriori gruppi in base alla modalità di esecuzione dello screening

(otoemissioni acustiche da sole oppure associate ad ABR), ulteriori criteri di selezione dei

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bambini prematuri si basano su la permanenza in NICU e la presenza di fattori di rischio

per ipoacusia.

Siamo andati a valutare l’outcome audiologico di questi gruppi per capire se e quanto la

prematurità incide sullo sviluppo dell’ipoacusia.

Nei due gruppi andiamo a valutare il numero di bambini che nel tempo hanno avuto un

miglioramento della soglia uditiva, l’entità del miglioramento ed il tempo medio nel quale

si è avuto il recupero facendo un confronto con il gruppo di controllo in modo da valutare

se le differenze tra i due gruppi sono statisticamente significative.

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Capitolo 1

Sviluppo del sistema nervoso uditivo

Gli stadi dello sviluppo dell’apparato uditivo sono:

• Periodo embrionale (1°-13° settimana)

• Secondo trimestre (14°-26° settimana)

• Periodo transazionale (27°-29° settimana)

• Periodo perinatale (terzo trimestre-6° mese post natale)

• Periodo postnatale (6°mese-1° anno)

• Infanzia precoce (2°-5° anno)

• Infanzia tardiva (6°-12° anno)

1.1 Periodo embrionale (dalla 1° alla 13° settimana di gestazione)

Il primo segno dello sviluppo dell’orecchio interno è un ispessimento del’epidermide al

lato della testa, il placode otico (22°giorno di gestazione). Questa struttura a placca presto

diviene una cavità sferica al di sotto della superficie epidermica, la vescicola acustica o

otocisti (4°settimana di gestazione).1

La vescicola si divide nei segmenti vestibolare e cocleare, quest’ultimo si allunga

divenendo una struttura tubolare che si allunga a spirale ed entro l’8° settimana di

gestazione presenta i suoi due giri e mezzo. Tra l’11° e la 12° a settimana di gestazione, la

coclea è ricoperta da una struttura di cartilagine e un fluido riempie lo spazio formato tra la

cartilagine ed il dotto cocleare spiralizzato. All’interno del dotto cocleare, durante la 9°

settimana di gestazione, appare l’organo del Corti come una cresta di cellule poligonali,

ognuna presenta un chinocilio e molti microvilli simili a capelli sulla superficie. Durante le

successive tre settimane, queste cellule vanno incontro ad una progressiva perdita di

microvilli ed allo sviluppo di una schiera di stereocilia sulla loro superficie apicale.2

A questo punto, diventa evidente che c’è una singola fila di cellule ciliate interne e tre o

quattro file di cellule ciliate esterne. Lo sviluppo delle fila di stereocilia si ha prima nelle

cellule interne rispetto a quelle esterne, questo inoltre, è più evidente alla base della coclea

rispetto all’apice . Durante questo stesso periodo, tra la 9° e la 13° settimana di gestazione,

si inizia a formare un abbozzo di membrana tentoriale sopra la superficie dell’organo del

Corti in sviluppo.

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Durante queste prime settimane, lo sviluppo dell’orecchio interno è parallelo allo sviluppo

del nervo cocleare , che alla fine trasmetterà l’attività cocleare al sistema acustico centrale.

Dalla quarta settimana di gestazione, un gruppo di cellule si separa dalla vescicola otica e

diviene il ganglio steato-acustico, la massa di cellule che forma l’ottavo nervo cranico.3

Le cellule gangliari da cui si formerà la divisione cocleare del nervo si avvolgono attorno

all’asse centrale della coclea, il modiolo, per formare il ganglio spirale. Questi neuroni

immaturi iniziano ad estendere i loro processi assonali in due direzioni, uno verso

l’incipiente organo del Corti e l’altro verso il tronco encefalico. I processi diretti verso

l’encefalo sono i primi a raggiungere il loro target, contattando i neuroni del tronco

encefalico tra la 5° e la 6° settimana di gestazione.3 I processi delle cellule ganglionari si

sviluppano piuttosto tardivamente entrando alla base dell’organo del Corti alla 9°

settimana di gestazione. Tra la 10° e la 12° settimana, questi rami assonali formano

terminali sinaptici arrotondati a contatto con le basi delle cellule ciliate in via di sviluppo.4

Figura Rappresentazione schematica del sistema nervoso uditivo durante il primo trimestre

All’interno del tronco encefalico, ogni percorso e centro acustico è identificabile tra la 7° e

l’8° settimana di gestazione. A questo punto, il cluster di neuroni del margine del tronco

encefalico che riceve gli assoni dei nervi cocleari può essere identificato come il nucleo

cocleare. Da questo nucleo gli assoni del corpo trapezoidale attraversano il tronco

encefalico ed innervano il complesso olivare superiore, un gruppo di nuclei coinvolti nella

localizzazione della sorgente sonora.5 Altri assoni ascendono nel lemnisco laterale

portando informazioni al collicolo inferiore, dove si verifica la sintesi delle informazioni

dei vari percorsi del tronco encefalico. Attorno all’8° settimana di gestazione una piccola

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protuberanza sulla superficie posteriore del talamo può essere identificata come il nucleo

genicolato mediale, e gli assoni dal collicolo inferiore raggiungono questo centro

talamico.6 Tra la 9° e la 13° settimana fetale, tutte le strutture del tronco encefalico

aumentano di dimensione ma mantengono la loro configurazione di base.

Nel proencefalo alla 4° settimana di gestazione, gli emisferi cerebrali appaiono come

espansioni balloniformi, ognuno contiene una cavità ventricolare piena di liquido. Dalla 5°

settimana, le cellule sviluppatesi sulla superficie ventricolare più interna di ogni emisfero

si distacca e migra verso la superficie più esterna. All’8° settimana di vita di gestazione,

l’accumulo di cellule vicino alla superficie esterna formano uno strato denso, la placca

corticale, le cellule attraversano continuamente la placca in modo che le cellule più

recentemente arrivate si trovino più vicine alla superficie, ma la migrazione dei neuroni

non invade lo strato superficiale marginale.7 Tra la 6° e l’8° settimana di gestazione, la

linea marginale contiene un numero di cellule grandi, giovani, in maturazione, di solito

vengono definite cellule di Cajal-Retzius.8 Questi grandi neuroni intrinseci esprimono la

proteina relina, una sostanza che si crede agisca come attrattivo per i neuroni migranti che

formano la placca neurale.9

1.2 Secondo trimestre (dalla 14° alla 26° settimana di gestazione)

Costruendo sulle fondamenta stabilite durante il primo trimestre di gestazione, durante il

secondo trimestre si ha una rapida maturazione della coclea, come si è visto tramite

metodiche di microscopia ottica10 ed elettronica11. Dalla 15° settimana di gestazione, lo

spazio fluido esterno alla coclea diventano la scala timpanica e la scala vestibolare.

Figura dalla 15° settimana di gestazione iniziano a visualizzarsi la scala timpanica e vestibolare

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All’interno del dotto cocleare, l’organo del corti è una solida massa cellulare, coperta da

una sottile membrana tentoriale . Tutte le cellule ciliate hanno sviluppato una schiera di

stereociglia, ma le cellule più interne appaiono più mature (hanno meno microvilli in

superficie). Le loro stereocilia sono in ordine di crescente lunghezza verso il chinocilio, e

formano una fila a forma di U. Le cellule ciliate esterne seguono lo stesso trend, ma le loro

cilia sono in posizione meno regolare. Tra la 20°e la 22° settimana di gestazione, il dotto

cocleare è più largo, la stria vascolare ha raggiunto questi tre strati, e la membrana

tentoriale appare più matura. Le cellule ciliate interne hanno schiere rettilinee di stereocilia

mentre quelle delle cellule ciliate esterne mostrano un pattern a W questo è chiaro alla base

della coclea, ma meno chiaro andando verso l’apice. A questo punto, la coclea mostra

ancora segni di immaturità rappresentati dalla presenza di un chinociglio e numerosi

microvilli in ciascuna cellula ciliata. Tra la 24° e la 26° settimana di gestazione, però i

microvilli diminuiscono di numero ed il pattern di sterecilia delle cellule capellute a V o W

è completamente sviluppato. Così alla fine del secondo trimestre, la coclea ha un aspetto

maturo, con l’eccezione dei terminali sinaptici degli assoni efferenti del tronco encefalico

che sono più piccoli e meno numerosi rispetto ad una coclea adulta.12

Durante il secondo trimestre, si ha una rapida maturazione anche del nervo cocleare.

Attorno alla 14° settimana di vita fetale le branche periferiche delle cellule del ganglio

spinale formano dei fasci sotto le file delle cellule capellute interne ed esterne e terminano

in abbondanti e ben definiti contatti sinaptici con queste cellule. Alla 15° settimana, questi

assoni sono già riempiti da filamenti, e cluster di cellule formanti mielina intensamente

colorate (cellule di Schwann) si sono riunite lungo gli assoni della lamina spirale ed il

modiolo. Dalla 22° settimana, il processo di mielinizzazione è iniziato all’interno della

coclea , con fasci spirali di assoni delineati da schiere lineari di cellule di Schwann e sottili

guaine di mielina diventano visibili. Dalla 24° settimana di gestazione, guaine mieliniche

possono essere viste che si estendono lungo il nervo dalla giunzione gliale al punto in cui il

nervo esce dall’osso temporale. Oltre questo punto gli oligodendrociti, le cellule formanti

mielina del sistema nervoso centrale, sono allineati in file lungo l’assone nella porzione

prossimale del nervo, ma il processo di formazione della mielina non è ancora iniziato.13

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Figura nervo cocleare ventrale (fig1,) dorsale (fig 2), complesso olivare sup. (fig3), collicolo inf. (fig4)

I nuclei della via uditiva del tronco encefalico sono ben formati all’inizio del secondo

trimestre, ma i neuroni uditivi sono ancora molto immaturi, appaiono come piccoli nuclei

lucenti senza un visibile guscio circostante di citoplasma. Comunque, con il progredire del

secondo trimestre, i neuroni uditivi in tutto il tronco encefalico aumentano rapidamente di

dimensioni, il loro citoplasma ed i loro organelli si sviluppano14. Tra la 20° e la 22°

settimana di gestazione, alcuni neuroni in ognuno dei centri uditivi può essere colorato per

i filamenti citoplasmatici, rivelando corti e tozzi processi di superficie che sono i primi

segni dello sviluppo dei dendriti. Tra la 24° e la 25° settimana di gestazione, molti neuroni

uditivi sono gremiti di filamenti ed i loro processi sono identificabili come dendriti

immaturi.15

A questo punto, si ha una rapida maturazione anche negli assoni del tronco encefalico16.

All’inizio del secondo trimestre, attorno alla 16° settimana, un piccolo numero di assoni

dei nervi cocleari e della via centrale può essere colorato per filamenti assonali. Tra la 20°e

la 22° settimana di gestazione, molti assoni esprimono filamenti, ed iniziano ad apparire

impacchettati o fascicolati. Dalla fine del secondo trimestre, tre mesi prima del termine

della gravidanza, la colorazione per filamenti assonali nei nervi cocleari e negli assoni del

tronco encefalico rivelano un pattern di multipli e fini fascicoli che sono simili al cervello

adulto. La colorazione include anche le fibre del neuropilo degli assoni delle branche

terminali all’interno dei nuclei cocleari, del complesso olivare e del collicolo inferiore. A

questo punto, fila di oligodendrociti delineano gli assoni del nervo cocleare e del tronco

encefalico, ma come nel nervo cocleare prossimale, il processo di mielinizzazione non è

ancora iniziato.

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Uno specifico gruppo di cellule ed assoni del tronco encefalico, il sistema olivo cocleare,

può essere identificato durante il secondo trimestre. L’origine di terminali efferenti di

cellule capellute interne ed esterne è una popolazione di neuroni localizzate alla periferia

del complesso olivare superiore. Alla 16° settimana di gestazione, non c’è

immunocolorazione in queste cellule, ma dalla 22° settimana si ha una chiara reazione per

enzimi e peptidi neurotrasmettitori correlati17. In aggiunta, la colorazione dei filamenti alla

22° settimana, identifica assoni efferenti che lasciano il tronco encefalico per raggiungere

la coclea. Questo è in accordo con l’osservazione che i terminali efferenti non si osservano

nelle cellule capellute esterne nella 16° settimana di gestazione, ma sono presenti dalla 22°.

La comparsa delle sostanze correlate ai neurotrasmettitori nei neuroni efferenti, assieme

allo sviluppo dei contatti delle cellule capellute, suggerisce che il sistema efferente ha

iniziato ad esercitare un influenza trofica sullo sviluppo della coclea. Tra la 22°e la 26°

settimana di gestazione la colorazione assonale discendente dal collicolo inferiore ai

neuroni olivo-cocleari costituisce il primo segno dell’alto livello di controllo delle

efferenze cocleari. Così, alla fine del secondo trimestre, è possibile identificare tutte le

principali componenti della via efferente del tronco encefalico, cioè, assoni discendenti del

tronco encefalico, cellule olivo-cocleari, i loro assoni ed i terminali efferenti che contattano

le cellule capellute.

L’emisfero cerebrale all’inizio del secondo trimestre appare come una vescicola a parete

sottile che circonda una grande cavità ventricolare19. Sulla superficie esterna dell’emisfero,

la corteccia rudimentale è costituita da neuroni immaturi strettamente imballati. Dalla 22°

settimana di gestazione, la parete emisferica è ispessita e la cavità ventricolare è ridotta di

dimensione. La piastra corticale è raddoppiata in profondità e ora consiste in strette

colonne verticali di cellule20. All’interno dello strato marginale, grandi neuroni intrinseci

inviano assoni spessi che corrono in orizzontale nella parte più profonda dello strato,

incrociando e contattando un ampio numero di ciuffi apicali dendritici di neuroni della

piastra corticale21. Questi neuroni intrinseci ora esprimono relina, acetilcolinesterasi e

proteine leganti il calcio22, sostanze neurochimiche che possono continuare a svolgere un

ruolo attirante neuroblasti migranti e guidarli verso la loro corretta posizione nella piastra

corticale. Loro inoltre agiscono come stimolo attrattivo per gli assoni afferenti dal talamo

che giungono alla piastra corticale intorno alla 22° settimana di gestazione23. Durante

queste stesse settimane, la parte più alta della piastra marginale riceve un crescente numero

di sottili assoni che entrano nella corteccia dal basso, presumibilmente dalla formazione

reticolare. Circa alla metà del secondo trimestre, i primi assoni pieni di filamenti si

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osservano a livello della piastra marginale, ma non è chiaro se questi assoni maturi sono

quelli dei neuroni intrinseci o nuove afferenze.

Figura sviluppo corteccia uditiva nel secondo trimestre di gestazione

1.3 Transizione verso il periodo perinatale (dalla 27° alla 29° settimana fetale)

All’inizio del terzo trimestre, intorno alla 27° settimana, la prima debole colorazione per la

mielina si osserva nel nervo cocleare tra la coclea ed il tronco encefalico, e nella via del

tronco encefalico, che include il corpo trapeziode, il lemnisco laterale e le commessure del

tronco encefalico24.

Figura lemnisco laterale mielinizzato

A questo punto, la mielina si sviluppa anche negli assoni che corrono dal collicolo

inferiore al corpo genicolato mediale25. Così all’inizio del terzo trimestre, la

mielinizzazione, con il suo potenziale per una rapida conduzione sincronizzata, si completa

dall’uscita della coclea attraverso il tronco encefalico e su verso la parte uditiva del talamo.

Data la comparsa di mielina, non sorprende che l’inizio del terzo trimestre sia il tempo

delle prime risposte comportamentali e fisiologiche al suono. Immagini ultrasonografiche

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di feti che ricevono stimolazioni vibro acustiche attraverso l’addome materno mostrano

che i primi movimenti facciali e corporei in risposta al suono si hanno tra la 25° e la 27°

settimana di gestazione, con consistenti risposte presenti dalla 28°-29° settimana26. In

aggiunta ai riflessi acustico motori, la conduzione incipiente nei percorsi del tronco

encefalico è segnata dall’aspetto iniziale di risposte uditive registrabili del tronco

encefalico. Queste risposte evocate sono presenti in neonati prematuri all’età concezionale

di 27-29 settimane, anche se a questo tempo hanno bisogno di forti stimoli e ritmi lenti di

presentazione dello stimolo27.

Nel proencefalo alla 27° settimana di gestazione, si è formato un distinto lobo temporale.

Assieme alla piastra marginale, la popolazione di assoni dai bassi livelli del sistema

nervoso ha continuato a crescere. Anche se sparsi, questi assoni sono apparentemente in

grado di indurre eccitazione corticale, come i neonati prematuri di 25-27 settimane di

gestazione mostrano evidenza di un potenziale evocato uditivo corticale (CEP)28. Il CEP è

registrabile da una relativamente ampia area della superficie della testa ed appare come

un’ampia onda negativa con una latenza di picco di 200-300 msec, un ritardo coerente con

la generazione da parte di una popolazione di assoni sottili a lenta conduzione.

L’insorgenza di risposte comportamentali e fisiologiche al suono, incluse attività riflessa

del tronco encefalico, potenziali evocati del tronco encefalico e risposte evocate corticali,

indicano che gli stimoli uditivi stanno ora cominciando a passare attraverso l’intera

lunghezza del sistema uditivo centrale (reazioni motorie ai suoni e meglio ai toni più

complessi come la voce, le risposte al suono aumentano con l’età gestazionale).

1.4 Il periodo perinatale (dal terzo trimestre al sesto mese postnatale)

Anche se la coclea di solito ha delle sembianze adulte alla fine del secondo trimestre,

indagini che utilizzano prodotti distorti di emissioni otoacustiche (DPOAE) e la misura del

ritardo dell’onda del viaggio cocleare indicano che la piena maturità cocleare non è

raggiunta fino a poche settimane prima della nascita, con un po’ di tempo aggiuntivo per

raggiungere la maturazione delle sinapsi mediante frequenze superiori a 6000 Hz29. In

aggiunta, i mesi perinatali sono il momento in cui si ha la maturazione finale del sistema

olivo-cocleare. Durante questi mesi i neuroni olivo cocleari aumentano dimensione,

branche dendritiche e gli assoni efferenti acquisiscono un aspetto liscio con morfologia

simile all’adulto30. Allo stesso tempo, studi DPOAE dimostrano cambiamenti progressivi

nelle funzioni efferenti dai nati prematuri ai neonati nati a termine. I neonati valutati

intorno alla 35° settimana di gestazione non mostrano un pattern DPOAE di soppressione

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del rumore a banda larga presentato all’orecchio opposto. Invece, le emissioni registrate in

questi soggetti prematuri hanno la stessa probabilità di essere potenziati o soppressi da un

input contro laterale31. Comunque, a termine gravidanza, i neonati mostrano un pattern

adulto con riduzione di ampiezza significativa delle DPOAE ed un piccolo miglioramento

del rumore contro laterale. Complessivamente, questi eventi indicano che il periodo

perinatale è il periodo della finale maturazione strutturale e funzionale della coclea.

Durante i mesi perinatali, si hanno rapidi cambiamenti e crescita del tronco encefalico.

Così come i livelli di attività aumentano nel tronco encefalico, i neuroni uditivi aumentano

di dimensione, raggiungendo il 50-60% della loro dimensione adulta al termine della

gravidanza, ed acquisiscono molto della loro caratteristica forma e colorazione adulta. C’è

inoltre una rapida crescita dei dendriti, che si sono allungati ed hanno acquisito il loro

caratteristico pattern di ramificazione al termine della gravidanza. Forse il fenomeno più

eclatante che si verifica nel tronco encefalico perinatale è il rapido aumento della densità

della mielina assonale nel nervi cocleari e nelle vie tronco encefaliche, la densità che

diviene simile agli adulti tra i sei ed i dodici mesi di vita. Questo rapido processo di

mielinizzazione del tronco encefalico è alla base del continuo decremento della latenza dei

picchi degli ABR tra i mesi prenatali e postnatali32.

La mielinizzazione tronco encefalica durante il periodo perinatale comprende la proiezione

degli assoni attraverso la branca del collicolo inferiore verso il corpo genicolato mediale33,

ed è possibile che questi assoni contribuiscano alla generazione della risposta di latenza

media più chiaramente rilevabile nei neonati, il complesso Po-Na. Questo complesso è

appena rilevabile tra la 25° e la 27° settimana di gestazione, ma è abbastanza ben definito

alla 33° settimana ed è più pronunciato alla fine della gravidanza. Diverse evidenze

collegano l’onda Na al livello superiore del tronco encefalico. Studi di risonanza magnetica

mostrano un origine subcorticale profonda per la generazione dell’onda Na34, e

registrazioni dalla superficie del tronco encefalico corrispondono il picco Na ad un

potenziale post-sinaptico del collicolo inferiore35. La latenza del picco Na decresce

costantemente da circa 28 msec alla 30° settimana di vita fetale a circa 20 msec al termine

della stessa. Dal terzo mese di vita post natale, il picco Na raggiunge una latenza di circa

18 msec, un valore che rimane invariato per tutta l’infanzia, l’adolescenza e l’età adulta36.

Poiché questa latenza è strettamente seguita dagli ABR, e perché raggiunge un valore

maturo entro il primo mese post natale, sembra probabile che le onde Po-Na riflettano la

trasmissione nel percorso brachiale dal collicolo inferiore al talamo.

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Nel proencefalo perinatale, il lobo temporale si espande ed una chiara separazione si

sviluppa tra la corteccia uditiva primaria del giro temporale trasverso e la corteccia uditiva

secondaria del giro temporale superiore.

Figura divisione chiara tra corteccia uditiva primaria e costeccia uditiva secondaria

Il periodo perinatale è anche il periodo di maggior sviluppo dello strato marginale. Ciuffi

di dendriti apicali dei neuroni corticali aumentano di dimensione e sono coperti dalle spine

dendritiche, rappresentando il sito dei contatti assonali. Con lo sviluppo dello strato

marginale, diventa chiaro che ci sono due popolazioni di assoni che attraversano questi

dendriti. Gli spessi assoni dei neuroni intrinseci formano uno strato inferiore di fibre dense,

che aumenta continuamente in profondità dalle settimane prenatali al periodo post natale.

In termini funzionali, l’importanza di questi assoni intrinseci nel periodo perinatale sembra

paradossale, dal momento che la migrazione cellulare nella piastra corticale non si è ancora

verificato. Questo ha suggerito che i neuroni intrinseci esercitino un influenza trofica sulle

cellule della piastra corticale, giocando un ruolo nella maturazione dei corpi cellulari e dei

dendriti durante questo periodo di differenziazione dei molti sottotipi di neuroni corticali e

l’emergenza della laminazione corticale37.

Lo strato superiore di sottili assoni afferenti inoltre aumenta anche in profondità nei mesi

perinatali. Attraverso i loro processi orizzontali prendono contatto con un gran numero

dendriti apicali, questi assoni sono in posizione da indurre un’eccitazione corticale, infatti,

studi su animali hanno dimostrato che la stimolazione dello strato marginale induce un

potenziale d’azione nei neuroni corticali profondi38. L’abilità dei neuroni dello strato

marginale di guidare l’attività della corteccia uditiva umana è dimostrato da studi di

risonanza magnetica funzionale nei neonati di tre mesi. Mentre i bambini ascoltano un

discorso registrato, l’attività è localizzata nella corteccia del lobo temporale superiore, con

la risposta più forte osservata nella corteccia uditiva primaria39. Gli assoni dello strato

marginale inoltre sembra che siano l’unica fonte di potenziali evocati di lunga latenza

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presenti nei bambini. Il più importante di questi potenziali, N2, è un’ampia onda negativa

nell’intervallo di 200-400 msec40. La mancata corrispondenza negativa (MMN), una

deflessione negativa si verifica in risposta ad un cambiamento dei parametri di stimolo, ha

una latenza di picco che diminuisce da 380 msec nei nati premeturi a 275 msec nei nati a

termine, e ad un livello quasi adulto di 230 msec al terzo mese di vita41. Data l’assenza di

assoni maturi negli strati profondi corticali, sembra probabile che sia N2 sia MMN siano

generate da afferenze dello strato marginale, e che le lunghe latenze di questi potenziali

riflettano la lenta conduzione di questi assoni sottili e poco mielinizzati.

Neonati perinatali, dotati di un orecchio interno e di un tronco encefalico maturo ma con

una corteccia relativamente immatura, sono attivi ascoltatori e sono particolarmente inclini

ad ascoltare i suoni della voce umana. Nei test comportamentali in cui la presentazione

dello stimolo suscita il succhiamento, i bambini lavorano di più con i suoni vocali che per i

toni42, o per complessi non vocali analoghi43. I bambini dopo il quarto mese di vita

mostrano di discriminare un ampia gamma di fonemi44 e di sillabe o frasi45. Le abilità

discriminative dei neonati si estende a suoni che non sono usati nell’ambiente del

bambino46. La discriminazione dei suoni parlati si riflette anche nella MMN evocata nei

nati pretermine, nei neonati, e nei neonati nei primi mesi di vita.

1.5 Transizione all’infanzia (da sei mesi ad un anno)

Dalla fine del periodo perinatale, le strutture uditive del tronco encefalico hanno assunto un

aspetto maturo, ma la corteccia uditiva è ancora un po’ differente rispetto all’adulto.

Comunque tra i sei ed i dodici mesi, ci sono due significativi tipi di modificazioni corticali.

Il primo, è una marcata riduzione della sporgenza dello strato marginale. La fila più

profonda di assoni intrinseci scompare completamente, probabilmente perché i neuroni

corticali ora sono morfologicamente maturi. La fila più superficiale di assoni afferenti è

molto ridotta, ma sembra che riceva una nuova fonte di impulsi da grossi assoni che

corrono verticali nello strato marginale, dove emettono fini collaterali orizzontali.

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Dato che l’MMN negli animali è influenzata da lesioni della divisione mediale, ma non di

quella ventrale del corpo genicolato mediale47, questi assoni ascendenti sono

probabilmente omologhi a quelli descritti nelle scimmie come proiezioni dalla divisione

mediale del genicolato mediale48. Questi input talamici non primari allo strato marginale

possono mediare la modulazione di MMN e di N2, con il sottostante cambiamento dei

parametri di evocazione di queste risposte tra infanzia ed adolescenza.

Il secondo tipo di cambiamento corticale riflette la maturazione degli input talamici. Con il

primo anno di vita, gli assoni a filamento pieno sono visibili nelle radiazioni uditive nel

cuore del lobo temporale e negli strati più profondi della corteccia, ma non si estendono al

di sopra del quarto strato, una distribuzione limitata che è caratteristica delle proiezioni

della divisione ventrale del genicolato mediale. Così nella seconda metà del primo anno di

vita il potenziale della corteccia uditiva viene attivato da una continuazione della via del

tronco encefalico.

In coincidenza con l’arrivo degli input talamici alla corteccia, si ha un pattern mutevole di

risposte ai suoni del linguaggio. Notevoli cambiamenti si notano dal sesto mese di vita, con

differenti risposte ai fonemi della lingua nativa e non50. Tra il sei ed i dodici mesi, la

discriminazione delle coppie di suoni può migliorare, deteriorarsi o rimanere invariata. In

generale, c’è una tendenza verso una maggior attenzione alle caratteristiche del linguaggio

ambientale. Tra i sei ed i nove mesi, i bambini iniziano ad ascoltare significativamente più

a lungo i monosillabi che hanno maggior occorrenza nel loro ambiente e le parole che

hanno uno stress pattern nella loro lingua51. Allo stesso tempo diminuisce la capacità di

distinguere suoni della lingua non nativa, fonemi inglesi e francesi e parole tedesche che

sono facilmente discriminate dal bambino che sta imparando l’inglese a sei-otto mesi,

vengono discriminate meno bene a dieci-dodici mesi52. Questa tendenza è evidente anche

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nel MMN, come i neonati tra i sei ed i dodici mesi iniziano a mostrare una maggior

risposta in ampiezza a vocaboli della loro lingua nativa ma mostrano una diminuzione di

ampiezza per quelli non nativa53. Nel complesso i cambiamenti comportamentali che

avvengono nella seconda metà del primo anno di vita indicano che i bambini iniziano a

partecipare al discorso parlato come portatori di significato.

1.6 Infanzia precoce (da due a cinque anni)

I neuroni corticali allargano ed estendono i loro prolungamenti dendritici durante gli anni

della prima infanzia54, ma i maggiori cambiamenti si hanno nella maturazione assonale

negli strati profondi. Da i tre anni di vita, la colorazione dei filamenti assonali mostra un

reticolo aperto negli strati 4, 5 e 6. Nel pattern caratteristico delle proiezioni dalla parte

ventrale del corpo genicolato mediale, gli assoni corrono verticalmente attraverso una

stretta colonna della corteccia, con placche terminali nello strato 4 e fini branche collaterali

che si estendono nella parte più profonda dello strato 3. La maturazione dei filamenti di

questi assoni progredisce lentamente e costantemente nella prima infanzia, raggiungendo

una densità adulta all’età di cinque anni. Questo corso pluriennale di maturazione dei

filamenti negli strati più profondi della corteccia si riflette nella loro mielinizzazione

relativamente tarda e prolungata, con aumento di densità della mielina fino a sei anni di

vita55, un modello di sviluppo che si differenzia nettamente da quella di altri tipi di

corteccia sensoriale. Un modello più tipico si osserva nella corteccia visiva, dove gli assoni

talamici iniziano il processo di mielinizzazione nelle settimane prima della nascita e

raggiungono una mielina matura al quarto mese di vita post-natale56. Nella corteccia

sensitivo-motoria primaria, il volume degli assoni mielinizzati raggiunge il 50% dello

sviluppo al sesto mese di vita, ed il 90% all’ottavo mese57. Al contrario, ad un anno di vita

è presente solo una mielinizzazione iniziale negli assoni talamo corticali uditivi, ed un

livello di mielina adulta non è raggiunta fino a circa quattro o cinque anni di vita. Durante

la prima infanzia, c’è una crescente importanza di due potenziali evocati corticali che sono

correlati con la nuova maturazione sistemica delle connessioni talamo corticali. Il

potenziale Pa, con un picco di latenza di 25-30 msec, diventa sempre più evidente nei

primi anni dell’infanzia. Questa onda ha una fonte dipolo importante nel lobo temporale,

ma rimane presente dopo lesioni bilaterali del lobo temporale. L’aspetto di questo picco

durante la prima infanzia, ed il fatto che ricalca l’onda Na, suggerisce che rifletta l’attività

della via che corre dal genicolato mediale alla corteccia. Un potenziale più tardo, il P1, è

un ampia onda che diviene prominente nella prima infanzia con una latenza di 80-100

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msec58.. Comunque, la latenza di questo picco si riduce progressivamente per raggiungere

un livello adulto di 60-75 msec. L’analisi fonte dipolo colloca l’origine della P1 nel lobo

temporale, ma più anteriormente e lateralmente di Pa, suggerendo che riflette la diffusione

di attività attraverso gli strati più profondi della corteccia uditiva.

1.7 Infanzia tardiva (dai sei ai dodici anni)

Il passo finale nella maturazione strutturale della corteccia uditiva avviene nella tarda

infanzia, tra i sei ed i dodici anni, come la maturazione assonale avviene negli strati

superficiali. Il primo segno di questo processo può essere osservato all’età di cinque anni,

quando un piccolo numero di filamenti di assoni colorati può essere osservato negli strati 2

e 3. All’età di 11 o 12 anni, la densità degli assoni maturi è equivalente a quella adulta. La

registrazione di singole cellule e tecniche iniettive hanno dimostrato che i neuroni degli

strati 2 e 3 sono interconnessi tramite corte branche assonali con gli strati più profondi

all’interno dello stesso segmento verticale, o colonna, della corteccia59. I neuroni degli

strati superiori inoltre formano e ricevono connessioni dalle aree della corteccia uditiva

adiacente60 e da quelle della corteccia uditiva dell’emisfero contro laterale61. Così la

maturazione negli strati 2 e 3 amplia in modo significativo l’ambito di interazione

intracorticale, sia verticalmente all’interno di una colonna corticale, sia orizzontalmente

attraverso le aree corticali.

Contemporaneamente alla maturazione degli strati corticali superficiali, i CEP dei bambini

sono alterati dalla prima apparizione di un potenziale N1. L’onda N1 è difficile da

determinare nei bambini piccoli62, ma emerge da nove anni come una deflessione negativa

nell’onda P1 ad una latenza di circa 100 msec. È comunque possibile evocare un N1 con

una simulazione lenta tra i sei e gli otto anni. A causa di questa tarda evocazione e della

polarità negativa, si crede che il sito di origine di N1 sia negli strati 2 e 3 e sembra

probabile che questa onda in qualche modo rifletta la diffusione dell’attività uditiva

evocata negli strati superficiali della corteccia63.

Negli anni della tarda infanzia, ci sono aumenti nella capacità di discriminare i discorsi in

condizioni difficili. La percezione della parlata nel rumore aumenta marcatamente tra la

tarda infanzia ed i 10 anni64. Allo stesso modo i bambini tra cinque e dodici anni

dimostrano un costante miglioramento della capacità di discriminare suoni mascherati e

degradati65. Queste abilità avanzate probabilmente riflettono una capacità di elaborazione

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uditiva più complessa, basata su una maggior comunicazione tra la corteccia uditiva dei

due emisferi ed una più ampia interazione all’interno dello stesso emisfero.

1.8 Riflessioni conclusive sulle fasi di sviluppo

Dopo il periodo embrionale e la creazione delle struttura di base del sistema uditivo, risulta

che lo sviluppo di tale sistema avviene in modo graduale, in tre stadi successivi e non

sovrapponibili, separate da nette transizioni nel processo di mielinizzazione e la capacità di

conduzione sincronizzata. Nella prima fase, i tre mesi del secondo trimestre, la

mielinizzazione si ha solo nella porzione intracocleare del nervo cocleare, la coclea

raggiunge virtualmente una piena maturazione. Nella seconda fase, il periodo perinatale, si

ha mielinizzazione delle vie tronco encefaliche dalla porzione prossimale del nervo

cocleare al talamo. Durante questi nove mesi, si ha un rapido sviluppo delle strutture del

tronco encefalico e dei potenziali evocati che si verificano durante i primi 20-25 msec di

attività, chiamati ABR e le onde MLR precoci. Lo sviluppo perinatale include anche la

maturazione delle proiezioni dal nucleo reticolare del tronco encefalico allo strato

marginale della corteccia e la lunga latenza del potenziale generato presumibilmente da

questo strato, l’N2 e l’ MMN. La terza fase dello sviluppo, con la progressiva

mielinizzazione della corteccia uditiva e la maturazione dei potenziali evocati corticali che

si verificano tra i 25 ed i 100 msec, è un percorso decennale attraverso la prima e la tarda

infanzia. Lo sviluppo della corteccia uditiva è prolungato, non solo in confronto alla coclea

ed al tronco encefalico, ma anche in confronto alle altre aree sensoriali primarie umane che

maturano entro il primo anno di vita. Questa maturazione protratta della corteccia uditiva

probabilmente riflette sia la sua complessità anatomica ed il suo ruolo nel processo

pluriennale di acquisizione del linguaggio.

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Tabella 1 tappe di maturazione funzionale del sistema nervoso uditivo

coclea Tronco encefalico corteccia comportamento

Periodo transizione

(27°-29° set)

Comparsa ABR

TEOAE

Comparsa ABR Comparsa

potenziali corticali

Comparsa della

risposta agli stimoli

Perinatale

(3°trimestre-

6°mese)

Maturazione

DPOAE

Maturazione ABR

e PoNa

Maturazione di N2

e MMN

Discriminazione

fonetica

Post-natale

(6 mesi-1 anno)

Comparsa

attenzione al

linguaggio

Infanzia precoce

(2-5-anni)

Sviluppo Pa/P1 Acquisizione del

linguaggio

Infanzia tardiva

(6-12 anni)

Sviluppo N1 Miglioramento

discriminazione

linguistica

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Capitolo 2

Incidenza e prevalenza ipoacusia in bambini pretermine

Il deficit uditivo è una disabilità comune. L’ipoacusia neonatale è una delle 4 principali

fonti di disabilità nei neonati pretermine insieme a paralisi cerebrale, disabilità intellettive

e turbe visive66. È una condizione di salute seria che può impattare negativamente sullo

sviluppo del linguaggio, sul rendimento scolastico e sullo sviluppo socio-emotivo.

La prevalenza del deficit uditivo riportata nei diversi studi è variabile, in Europa è stata

valutata una prevalenza compresa tra 0,5-4,2/1000 nati vivi.

Sono stati eseguiti diversi studi in proposito, ad esempio Forthum e Davis nel 1997 hanno

valutato l’epidemiologia del deficit uditivo permanente (>/= 40 dB) nella regione di Trent

in bambini nati tra il 1985 ed il 1993. La prevalenza della perdita uditiva permanente

riportata è di 133/100000 nati vivi. Il 16% dei casi di deficit uditivo era acquisito dopo la

nascita, ad esordio tardivo o un deficit progressivo. La prevalenza dei deficit congeniti

riscontrata è di 112/100000 mentre quella di ipoacusia profonda (>/= 95 dB HL) è di

24/100000 nati vivi. In questo studio viene inoltre osservato che la prevalenza è sei volte

maggiore nei bambini che sono stati ricoverati presso reparti di terapia intensiva neonatale

e 14 volte maggiore in pazienti con una storia familiare positiva per ipoacusia. Inoltre, la

prevalenza è risultata due volte maggiore in bambini asiatici. In conclusione la prevalenza

di ipoacusia infantile secondo lo studio Fortnum è di 1,12/1000 nati vivi per un deficit

uditivo ≥40 dB HL, tale percentuale scende a 0,48/1000 se consideriamo un’ipoacusia

grave/profonda (≥ 70 dB HL)67.

Tale prevalenza varia leggermente a seconda degli studi considerati per esempio:

• Tork (1998): 1,2/1000 (≥40 dB HL)

• Parving (1999): 1,5/1000 (≥40 dB HL)

• Uus (2000): 1,72/1000 (≥40 dB HL).

Questo ultimo studio valuta l’epidemiologia del deficit uditivo permanente in Estonia in

bambini nati tra il 1985 ed il 1990. La prevalenza del deficit uditivo permanente in questo

coorte di bambini è di 172/100000 nati vivi e quella correlata a difetti congeniti è di

152/100000, in questo ultimo gruppo l’11% dei bambini è stato ricoverato in un unità di

terapia intensiva neonatale per più di 48 ore, il 2% presentava anomalie cranio facciali ed il

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31% aveva una storia familiare di ipoacusia permanente. L’eziologia rimane sconosciuta

nel 34% dei casi68.

Nello studio di Berninger and wesling (2011): 3/1000. In questo studio viene inoltre

affermato che la perdita uditiva neurosensoriale congenita colpisce più frequentemente

l’orecchio sinistro ed il sesso maschile rispetto all’orecchio destro ed al sesso femminile69.

Sono stati effettuati studi che valutano la presenza di ipoacusia in bambini ricoverati presso

reparti di terapia intensiva neonatale (NICU) e da essi è stato evidenziato che in questi

bambini la prevalenza di deficit uditivo è sensibilmente più alta:

• Davis (1992): 3,5%

• Salamy (1989): 5,0%

• Ghirri, Berrettini et al (2009): 4,3%

• Van Dommelen et al (2015): 1,8%

In particolare lo studio di Van Dommelen70 et al del 2015, eseguito in Olanda su un

campione di 18564 neonati prematuri (nati prima della 32 settimana) osservati tra ottobre

1998 e dicembre 2012 è quello che riporta la casistica più ampia sull’incidenza della

perdita uditiva neonatale (NHL). Esso classifica per la prima volta l’incidenza di ipoacusia

(definita come soglia superiore a 35 dB all’ABR) in base al peso alla nascita, stratificato

nel seguente modo: 2 categorie di peso estremamente basso alla nascita <750g e 750-999g,

2 categorie di peso molto basso 1000-1249g e 1250-1499g ed un’ultima categoria

comprendente neonati >1500g. Inoltre suddivide il peso alla nascita in due ulteriori

categorie cioè SGA (small for gestational, ovvero <10° percentile) e non SGA. I risultati di

questo studio mettono in evidenza che la prevalenza di NHL aumenta in maniera rilevante

al decrescere delle settimane di gestazione (1,2%-7,5% da 31 a 24 settimane) e al

decrescere del peso alla nascita (1,4-4,8% da >1500g a <750g). Queste percentuali

superano di gran lunga la prevalenza di NHL nei nati a termine, che si attesta intorno allo

0,1%.

I risultati dello studio olandese concordano con la letteratura in merito all’incidenza di

disabilità neurologica correlata alla prematurità: risultati simili sono descritti nella meta

analisi sul neurodevelopmentmental impairment di Moore et al (2013) JAMA pediatrics,

che correla un significativo incremento nell’incidenza di NDI (neurodevelopment

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impairment), che include anche la perdita uditiva, da moderato a severo al ridursi delle

settimane di gestazione nei nati pretermine71.

Questo studio afferma che età gestazionale e peso alla nascita sono due fattori di rischio

indipendenti per NHL. Inoltre individua dei sottogruppi che presentano una maggior

vulnerabilità allo sviluppo di NHL: femmine nate prima di 28 settimane, maschi nati prima

di 30 settimane di gestazione e nati pretermine SGA.

Un altro studio eseguito da Cristobal72 (2008), afferma che nella popolazione generale la

prevalenza di deficit uditivo permanente (congenito, progressivo o acquisito) in neonati e

bambini piccoli nei primi studi dal 1980 al 1990 era dello 0,1-0,2%73. Studi più recenti

hanno poi confermato che questa incidenza è rimasta stabile74. Tuttavia, si è osservata una

diminuzione dell’incidenza di ipoacusia neurosensoriale nei bambini che sono stati

ricoverati nelle unità di terapia intensiva neonatale, infatti i dati più recenti riportano

un’incidenza dello 0,7-1,5%75 mentre nelle due decadi precedenti si riporta un’incidenza

del 2,1-17,5%76. Questo è probabilmente dovuto alla miglior gestione dei fattori di rischio

per ipoacusia.

Lo studio di Kvestad77 et all. del 2014 effettuato in Norvagia, riporta una prevalenza di

ipoacusia di 1-2/1000 nati vivi ed afferma che tale valore è rimasto stabile negli ultimi 20

anni69.

Tale studio valuta il rapporto esistente tra l’insorgenza di ipoacusia neurosensoriale nei

bambini ed un basso indice di Apgar valutato dopo 5 minuti dalla nascita. L’indice di

Apgar è una misura della vitalità del neonato basato sulla frequenza cardiaca, sullo sforzo

respiratorio, sul colore, sul tono muscolare e sull’irritabilità dei riflessi78. Ad ognuno di

questi parametri viene attribuito un punteggio che va da 0 a 2 ed il punteggio di Apgar è

rappresentato dalla somma di questi valori, può perciò oscillare tra 0 e 10. Tale indice

viene calcolato alla nascita e dopo 5 minuti. Un basso indice di Agar è correlato con

alterazioni del neurosviluppo ed anche con l’ipoacusia neurosensoriale. Esso viene

considerato un fattore di rischio di deficit uditivo indipendentemente dall’associazione con

altre cause di ipoacusia quali il basso peso alla nascita ed altri concomitanti fattori associati

a tale disturbo. Questo studio valuta l’associazione tra l’indice di Apgar dopo 5 minuti

dalla nascita e l’ipoacusia neurosensoriale in bambini di basso peso alla nascita, in bambini

con peso normale ed anche in bambini con o senza altre concomitanti patologia presenti

alla nascita.

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I risultati di questo studio affermano che la prevalenza di deficit uditivo diminuisce con

l’aumento del valore dell’indice di Apgar in modo lineare. Questa associazione permane

anche in seguito all’adattamento per il peso alla nascita e gli altri fattori di rischio noti per

ipoacusia. Un basso indice di Apgar è associato ad ipoacusia per qualsiasi peso alla nascita,

ma è statisticamente significativo solo in bambini con un peso inferiore a 2500g. I limiti di

tale studio sono rappresentati dal fatto che sono stati esclusi i bambini deceduti entro il

primo anno di vita ed i bambini con ipoacusia monolaterale. Lo studio ha stabilito che i

bambini con un Apgar 1-2 a 5 minuti dalla nascita hanno un rischio 10 volte maggiore di

sviluppare deficit uditivo rispetto a bambini con un Apgar di 10. Nonostante la forte

associazione, la maggior parte dei bambini con deficit uditivo non presenta un basso indice

di Apgar alla nascita.

Lo studio di Martinez-Cruz79 et all del 2008, studia i fattori di rischio associati ad

ipoacusia neurosensoriale nei neonati ricoverati nei reparti di terapia intensiva neonatale

(NICU). Tale studio riporta una prevalenza di ipoacusia del 2%80 ed afferma che i neonati

ricoverati nelle NICU presentano con elevata frequenza sequele cognitive, motorie e

sensoriali con alta prevalenza di deficit uditivi (la percentuale non è riportata). La

letteratura riporta molti fattori di rischio per deficit uditivo durante il periodo neonatale

quali asfissia, esposizione ad aminoglicosidi, ittero, meningiti ed altri. Questi fattori sono

particolarmente presenti nei bambini ricoverati nelle NICU e sono stati perciò indicati

come cause di perdita uditiva81.

Lo studio di Martinez.Cruz ha valutato 418 bambini, dei quali 146 con ipoacusia e 272 di

controllo. Paragonando questi due gruppi è stato messo in evidenza che un basso peso alla

nascita, un prolungato ricovero presso le NICU, la ventilazione meccanica prolungata, le

emorragie intraventricolari (possono agire in diversi modi, da un lato l’emolisi e le

molecole di emoglobina inducono un aumento della bilirubina, dall’altro le emorragie

dell’orecchio interno si associano frequentemente ad emorragie intraventricolari) e le

meningiti rappresentano la variabili più frequentemente associate allo sviluppo di ipoacusia

neurosensoriale. L’uso di steroidi per via parenterale e di surfactante polmonare si sono

invece dimostrati protettivi per lo sviluppo di deficit uditivi. Mentre l’età gestazionale ed il

sesso non hanno mostrato differenze nei due gruppi. Tuttavia, bisogna sottolineare che

l’incidenza di ipoacusia in relazione a tali fattori di rischio è varia tra le diverse NICU ed è

diversa da paese a paese. Questo studio afferma che la prevalenza di deficit uditivo nei

paesi in via di sviluppo non è ben studiata e dipende dalle caratteristiche geografiche e

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socio-economiche. Ad esempio in un paese come il Messico, la prevalenze di ipoacusia è

più elevata nella popolazione che vive in povertà. Un recente studio condotto su bambini

altrimenti sani nati in un ospedale privato di Monterei (città ricca) ha valutato una

frequenza di ipoacusia di 0,65/1000 nati82, mentre nei bambini ad alto rischio (soprattutto

prematuri), di uno studio precedente effettuato dall’istituto nazionale di neonatologia di

Città del Messico è riportata una frequenza di ipoacusia del 13,4% soprattutto correlata

all’esposizione a sostanze ototossiche, all’iperbilirubinemia, all’asfissia ed al basso peso

alla nascita83.

La frequenza di deficit uditivo stimata in questo studio in bambini afferiti alla principale

NICU di Città del Messico è del 2,6% ma è costante. Bisogna tuttavia considerare che, in

questa città, i bambini ad alto rischio non sono sempre ricoverati in NICU ma anche in

centri di secondo livello ed in ospedale ed in queste istituzioni la frequenze di ipoacusia è

molto più alta.

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28

Capitolo 3

Cause e fattori di rischio per NHL in neonati pretermine

Esistono numerosi meccanismi eziologici concorrenti allo sviluppo di NHL nel neonato

pretermine e/o con basso peso alla nascita, tra questi ritroviamo: iperbilirubinemia, ittero

severo, distress respiratorio, ventilazione meccanica prolungata, danno cerebrale ipossico,

infarto emorragico dell’orecchio interno, trauma acustico, infezioni da CMV, ototossicità

da farmaci (aminoglicosidi, furosemide), anomalie genetiche e cromosomiche.

I singoli fattori sono strettamente interconnessi tra loro, presentandosi raramente da soli ed

essendo spesso correlati tra loro da un rapporto causa-effetto.

Le cause di NHL nel bambino pretermine possono differire da quelle che interessano i

neonati a termine, poiché il periodo tra la 20° e la 33° settimana di gestazione è

caratterizzato da un rapido sviluppo uditivo fetale, così come di altre strutture nervose.

Non a caso tra i neonati prematuri che non sopravvivono, si riscontrano numerosi casi di

patologia labirintica84.

3.1 neonati di peso estremamente basso alla nascita

Numerosi studi hanno valutato la relazione esistente tra neonati con peso estremamente

basso (VLBW) e lo sviluppo di ipoacusia nel periodo perinatale.

La sopravvivenza dei nati con peso molto basso (VLBW) è notevolmente aumentata nelle

ultime due decadi grazie al miglioramento delle tecniche di ostetricia e delle cure

neonatali85. L’associazione tra VLBW e l’ipoacusia rimane ancora poco compresa. Il

maggior impedimento per lo studio dei meccanismi di danno è legato al fatto che non è

possibile eseguire biopsie dell’orecchio interno in pazienti con un iniziale calo uditivo

poiché esso produrrebbe una totale ipoacusia. Inoltre, gli studi audiometrici e radiologici

non forniscono sufficienti informazioni sugli iniziali cambiamenti che avvengono nel

sistema uditivo. Le più importanti strategie di studio si basano quindi su sistemi animali.

Recentemente diversi studi hanno cercato di capire la relazione che intercorre tra il basso

peso alla nascita e la perdita uditiva nel periodo post-natale. Lo studio di Korres et al

(2005) compara i risultati dello screening audiologico neonatale di 1714 neonati di 36

settimane o più che sono stati ricoverati presso un reparto di terapia intensiva neonatale

con quelli di 25288 neonati che non necessitavano il ricovero in NICU86. Il 7% dei

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bambini ricoverati in NICU è risultato refer allo screening mentre solo 1,9% dei bambini

dell’altro gruppo ha fallito il test. Tra i bambini delle NICU refer allo screening il 31,6%

aveva un peso estremamente basso alla nascita (VLBW). Questo studio tuttavia, non

specifica la natura della perdita uditiva e non dice quanti dei bambini di peso estremamente

basso presentava ulteriori fattori di rischio per ipoacusia. Una larga parte dei bambini

VLBW che era refer allo screening mediante otoemissioni ha mostrato solo una lieve

perdita uditiva nel successivo follow up con ABR dovuto alla fuoriuscita di liquido

dall’orecchio medio/esterno, la quale è un’importante causa di ipoacusia trasmissiva ma

che spesso si risolve spontaneamente dopo poche settimane dalla nascita87.

Un altro studio effettuato da Ari-Even Roth et al nel 2006 valuta la prevalenza di deficit

uditivo in un gruppo di 337 neonati VLBW che sono stati ricoverati in NICU, essi vengono

paragonati ad un gruppo di controllo di 1205 neonati sani88. Questi due gruppi sono

risultati refer allo screening audiologico mediante otoemissioni rispettivamente con una

percentuale del 12,4% e del 7,8%. Nel successivo follow up mediante ABR solo il 3% dei

neonati di basso peso ha manifestato una perdita uditiva che nel 2,7% dei casi era di tipo

trasmissivo (0,6% nel gruppo di controllo) ed un paziente di tale gruppo mostrava una

perdita uditiva di moderata/severa entità. Questo studio non ha rilevato alcuna significativa

differenza statistica nei diversi gruppi presi in considerazione ma, il limite di questo studio

è che il 30% dei neonati VLBW era piccolo per età gestazionale ma non prematuro, perciò

questi bambini erano neurologicamente più maturi rispetto alla popolazione presa in

considerazione in altri studi.

Un ulteriore studio, eseguito da Cone-Wesson B. et al nel 2000 ha osservato le risposte

degli ABR di 2995 bambini effettuati alla nascita e all’età di 8-12 mesi89, di questi bambini

535 erano di peso estremamente basso alla nascita in presenza o meno di ulteriori fattori di

rischio per ipoacusia. Alla nascita il 92% dei bambini presentava ABR normali, il 7,8%

una perdita uditiva transitoria, ed il 2% un’ipoacusia permanente. Nel follow up

audiologico effettuato all’età di 8-12 mesi, le percentuale di bambini di peso estremamente

basso con una perdita uditiva permanente era invariata.

Infine, lo studio di Van Dommelen70 et al del 2015, eseguito in Olanda su un campione di

18564 neonati prematuri (nati prima della 32 settimana) osservati tra ottobre 1998 e

dicembre 2012 è quello che riporta la casistica più ampia sull’incidenza della perdita

uditiva neonatale (NHL). Esso classifica per la prima volta l’incidenza di ipoacusia

(definita come soglia superiore a 35 dB all’ABR) in base al peso alla nascita, stratificato

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nel seguente modo: 2 categorie di peso estremamente basso alla nascita <750g e 750-999g,

2 categorie di peso molto basso 1000-1249g e 1250-1499g ed un’ultima categoria

comprendente neonati >1500g. Inoltre suddivide il peso alla nascita in due ulteriori

categorie cioè SGA (small for gestational, ovvero <10° percentile) e non SGA. I risultati di

questo studio mettono in evidenza che la prevalenza di NHL aumenta in maniera rilevante

al decrescere delle settimane di gestazione (1,2%-7,5% da 31 a 24 settimane) e al

decrescere del peso alla nascita (1,4-4,8% da >1500g a <750g). Queste percentuali

superano di gran lunga la prevalenza di NHL nei nati a termine, che si attesta intorno allo

0,1%. Questo studio afferma che età gestazionale e peso alla nascita sono due indicatori di

rischio indipendenti per NHL. Inoltre individua dei sottogruppi che presentano una

maggior vulnerabilità allo sviluppo di NHL: femmine nate prima di 28 settimane, maschi

nati prima di 30 settimane di gestazione e nati pretermine SGA.

3.2 distress respiratorio e ventilazione meccanica prolungata

Van Dommelen90 nel 2010, in Olanda, ha eseguito uno studio il cui scopo era di valutare

quali caratteristiche dei neonati e quali procedure specialistiche correlavano con lo

sviluppo di ipoacusia mono o bilaterale ed anche di valutare se questi indicatori di rischio

erano associati ad una variazione della prevalenza di NHL nelle diverse unità di terapia

intensiva (NICU).

In questo studio Van Dommelen riporta una prevalenza di NHL nelle NICU è molto più

alta rispetto alla prevalenza nella popolazione normale (1-3% contro 0,1%)91.

I risultati dello studio indicano una prevalenza dell’1,8% di NHL (80% bilaterali e 20%

monolaterali) nelle unità di terapia intensiva neonatale con una variabilità dallo 0,7 al 3,7%

tra le diverse NICU. In quest’ampio gruppo si sono evidenziati fattori di rischio

indipendenti per NHL: anomalie cranio facciali, anomalie cromosomiche, alterazioni del

sistema nervoso centrale, alterazioni del sistema circolatorio ed infezioni del gruppo

TORCH. Inoltre lo studio ha messo in evidenza come alcune procedure specialistiche

rappresentino dei fattori di rischio indipendenti, tra queste ritroviamo una permanenza

superiore a 12 giorni in NICU e la ventilazione meccanica ad alte tensioni di ossigeno.

Anche correggendo i dati per tali indicatori di rischio, la differenza di prevalenza di

ipoacusia tra le diverse unità di terapia intensiva persistono.

Le conclusioni di questo studio concordano con la review di Borg92(1997) la quale mostra

che la ventilazione meccanica prolungata, l’encefalopatia ipossico/ischemica grave e

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l’ipertensione polmonare persistente sono degli fattori di rischio importanti per NHL. I

risultati invece non concordano con lo studio Hille et all. (2007) dove si afferma che la

ventilazione assistita e l’asfissia alla nascita sono fattori di rischio indipendenti93, infatti,

per Van Dommelen la ventilazione assistita è correlata agli altri fattori di rischio presentati

dal neonato.

Gli autori consigliano che la ventilazione meccanica prolungata ad alta tensione di

ossigeno non sia utilizzata come prima modalità di ventilazione.

3.3 iperbilirubinemia

L’iperbilirubinemia può causare un danno selettivo ai nuclei uditivi del tronco encefalico e

inoltre può danneggiare il nervo acustico e le cellule del ganglio spirale. Induce questi

danni perché la bilirubina va a interferire con l’omeostasi intracellulare del calcio94.

Sembra invece che l’organo del corti e le vie uditive talamo corticali non subiscano danno

in presenza di elevati livelli di bilirubina.

Nello studio di Shapiro SM et al del 2001 si afferma che clinicamente, in seguito

all’iperbilirubinemia la forma più comune di ipoacusia è la neuropatia uditiva (TAOE

normali e ABR patologici) un tipo di ipoacusia neurosensoriale che può occasionalmente

risolversi spontaneamente (tipicamente verso l’età di 12 mesi)94.

Nei bambini pretermine, la relazione tra iperbilirubinemia e la perdita uditiva è

significativa anche quando viene modulata in base agli altri fattori di rischio. De Vries et al

(1987) hanno valutato che tra i bambini pretermine con elevati livelli di bilirubina

(14mg/dl o maggiori) quelli con un peso alla nascita <1500g hanno un maggior rischio di

sordità rispetto ai bambini con peso maggiore. Inoltre, tra i pazienti ad alto rischio, la

durata media dell’iperbilirubinemia è significativamente più lunga nei bambini sordi che

sembrano sviluppare un maggior numero di episodi di acidosi durante la fase di

bilirubinemia elevata95.

Nei bambini nati a termine con un peso maggiore di 2500g la concentrazione di bilirubina

necessaria allo sviluppo di ototossicità rimane meno chiara. Uno studio ha comparato 99

bambini con livelli di bilirubinemia medi (concentrazione massima 18,9 mg/dl), severi

(concentrazione massima21,7 mg/dl) e elevatissimi (concentrazione massima 26,9 mg/dl) e

senza altri fattori di rischio per lo sviluppo di ipoacusia96. Questo studio non ha

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evidenziato differenze nella prevalenza di ipoacusia nei diversi gruppi né alla prima

osservazione né durante il follow up.

3.4 infezione da CMV

Il CMV (o HHV5) è un virus appartenente alla famiglia degli Herpes virus. È un virus

ubiquitario e molto specie-specifico. Il CMV in seguito ad infezione primaria, rimane

latente all’interno dell’organismo e periodicamente va incontro a riattivazione. Questo

virus ha la capacità di infettare diversi tipi di cellule in vivo ma, in vitro, le sole cellule

risultate del tutto permissive per la sua replicazione sono i fibroblasti umani97. Il CMV può

tuttavia essere isolato anche nei linfociti polimorfo nucleati nel sangue periferico durante la

fase viremica dell’infezione primaria in individui immunocompetenti98.

L’infezione congenita da CMV rappresenta un esempio significativo dell’importanza di

effettuare una diagnosi eziologica precocemente. La infezione congenita da CMV sembra

attualmente essere l’unica causa infettiva pre-natale rilevante di ipoacusia congenita o

prelinguale, dal momento che la toxoplasmosi, la parotite epidemica e la rosolia sono

diventate rare grazie alla prevenzione attuata durante la gravidanza e alle campagne di

vaccinazione. Inoltre la infezione congenita da CMV è stimata essere la infezione

congenita più comune nei paesi sviluppati, con una prevalenza alla nascita intorno allo 0,3-

0,6%; come conseguenza la infezione congenita da CMV viene attualmente considerata la

principale causa non genetica di ipoacusia infantile. Circa il 10% dei neonati con infezione

congenita sono sintomatici alla nascita e tra questi vi è un alto rischio di sviluppare sequele

neurologiche, inclusa l’ipoacusia neurosensoriale. Del restante 90% di neonati asintomatici

alla nascita, circa il 6-23% presentano o svilupperanno ipoacusia. Nel caso di una infezione

congenita da CMV l’ipoacusia può essere presente alla nascita o può verificarsi mesi o

addirittura anni dopo la nascita; inoltre in più della metà dei casi ha un andamento

progressivo. Riguardo alla possibilità di un trattamento dei neonati affetti da questa

infezione congenita, negli ultimi anni stanno emergendo evidenze che una terapia

antivirale attuata entro il primo mese di vita, con Ganciclovir (ev) o Vanganciclovir (per

os), possa essere efficace nel ridurre il rischio di problematiche neurologiche a lungo

termine, ed in particolare nel prevenire la progressione dell’ipoacusia .

È importante poter eseguire una diagnosi di infezione congenita da CMV il più

precocemente possibile, sia per poter distinguere tra infezione congenita e acquisita, sia per

poter offrire al bambino l’opportunità di un trattamento farmacologico. Il metodo oggi

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ritenuto efficace è la ricerca di DNA virale nelle urine o nella saliva del neonato entro i

primi 21 giorni di vita.

Ad oggi dall’analisi della letteratura non risulta che esistano programmi dei screening

neonatale nei confronti di questa patologia.

La trasmissione intrauterina del CMV è il risultato di un infezione materna, la quale può

essere il risultato sia di un’infezione primaria sia di una riattivazione di un infezione

latente. La differenza dell’incidenza tra i due tipi di trasmissione è notevole. Infatti, il tasso

di infezione intrauterina è del 40% in seguito ad infezione primaria della madre e solo

dell’1% in caso di riattivazione99.

Complessivamente, l’incidenza dell’infezione congenita da CMV in tutti i neonati oscilla

tra lo 0,2 ed il 2,2% in base alla sieropositività della popolazione esaminata100. Il rischio di

trasmissione del CMV al feto è maggiore quando l’infezione viene contratta nel terzo

trimestre di gravidanza.

Uno studio del 2014 di Lorenzoni et al valuta la relazione tra l’infezione da CMV e la

nascita di bambini pretermine e/o SGA in modo da identificare le categorie a rischio che

hanno bisogno di essere valutate alla nascita101. La ricerca del virus avviene mediante

analisi delle urine durante le prime due settimane di vita, questa metodica ha una maggior

specificità rispetto alla ricerca di anticorpi anti-CMV nel sangue dei pazienti in quanto,

dopo questo intervallo di tempo è molto difficile determinare se l’infezione è congenita o

acquisita. In tale studio si afferma che circa la metà dei bambini sintomatici alla nascita

sono piccoli per l’età gestazionale ma l’essere SGA raramente è una manifestazione isolata

d’infezione congenita.

Solo il 14% delle infezioni viene diagnosticato alla nascita mentre le altre (86%) restano

asintomatiche. I bambini sintomatici alla nascita hanno un rischio di mortalità del 5-10% e

se sopravvivono, hanno un rischio elevato (20-65%) di sviluppare sequele severe e

permanenti (es. deficit uditici o anormalità neurologiche). Inoltre il 5-15% dei neonati

asintomatici alla nascita è a rischio di sviluppare ipoacusia e altri deficit neurologici

successivamente102.

I dati dello studio di Lorenzoni riportano un’incidenza d’infezione da CMV nei paesi

sviluppati tra 0,3-2,4% su tutti i nati vivi103. In Italia l’incidenza varia tra lo 0,57 e 1%104

per questo motivo non viene effettuata una ricerca sistematica del CMV nelle donne in

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gravidanza105 anche se, in diverse regioni, viene fatto uno screening non omogeneo al fine

di identificare le donne sieronegative per CMV all’inizio della gravidanza in modo da

attuare una prevenzione primaria e limitare l’insorgenza di tale infezione. Nelle donne con

sieroconversione viene eseguita una terapia mediante l’uso di anticorpi contro CMV o di

antivirali.

L’infezione congenita da CMV è spesso diagnosticata quando si riscontra una profonda

perdita uditiva allo screening audiologico neonatale. Tuttavia fino al 50% delle infezioni

da CMV provocano un’ipoacusia che si sviluppa tardivamente durante l’infanzia e quindi

non è identificata dallo screening audiologico neonatale. Per questo motivo uno screening

per il CMV è importante per identificare quei bambini che sono a rischio e che pur

risultando normoudenti devono eseguire un follow up106.

Dai risultati dello studio di Lorenzoni, si osserva la positività all’infezione da CMV in una

percentuale non trascurabile di bambini pretermine (3,03%). Inoltre, in molti casi i bambini

positivi per CMV presentano altre comorbidità ed risultano refer al test di screening

audiologico neonatale (TEAOE e AABR). Però, nei bambini nati molto prematuri il test

audiologico viene di solito eseguito dopo la 35° settimana di gestazione e l’attesa di un

risultato anomalo per verificare l’infezione da CMV può portare ad un risultato falsato.

È stata valutata inoltre l’incidenza di perdita uditiva precoce in bambini pretermine e SGA

con infezione congenita da CMV. I risultati mostrano che il 25% ha una risposta anomala

alle otoemissioni acustiche in almeno un orecchio e il 16% ha gli AABR refer. Quindi è

possibile che i bambini con AABR normali ed otoemissioni refer queste ultime siano dei

falsi positivi, ma, è anche possibile che le TEOAE siano più sensibili rispetto agli AABR

nell’identificazione di un iniziale perdita uditiva.

Lo stesso articolo conclude ammettendo che sarebbe auspicabile attuare un programma di

screening universale pratico e poco costoso per l’identificazione precoce dell’infezione da

CMV. Allo stesso tempo la ricerca del virus nelle urine (nelle prime 2 settimane di vita)

dovrebbe essere eseguita in tutti i bambini pretermine e SGA poiché in questa popolazione

l’infezione risulta essere più frequente.

Anche se l’infezione congenita da CMV e la prematurità contribuiscono da sole in maniera

indipendente allo sviluppo di alterazioni neuro-cognitive del neonato, si sa poco

sull’incidenza simultanea delle due situazioni.

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Nei bambini con infezione congenita (anche se asintomatici) devono essere inclusi in un

protocollo di follow up con controlli eseguito a 1, 3, 6, 12, 18, 24 mesi e poi annualmente

fino all’età scolastica104.

3.5 ipossia

L’ipossia ha una forte associazione con la perdita uditiva. Un’adeguata ossigenazione ed

un’idonea perfusione sono essenziali per una normale funzione cocleare107. Nei neonati

con ipossia o asfissia, le cellule dei gangli spirali sono le prime ad essere colpite. In caso di

ipossia severa la coclea viene danneggiata in modo irreparabile, particolarmente colpite

sono le cellule ciliate esterne e la stria vascolare.

Non c’è uno specifico livello di ipossia che mi identifica il rischio di sviluppo di ipoacusia.

Inoltre, esiste una variabilità nella suscettibilità dei pazienti allo sviluppo di deficit uditivo

in seguito ad ipossia. Il motivo di questa variabilità non è chiaro.

Oltre agli effetti dell’ipossia i neonati con distress respiratorio vengono spesso trattati con

iperventilazione associata o meno ad alcalinizzazione e questi trattamenti abbassano

ulteriormente l’ossigenazione e la perfusione della coclea e delle vie uditive favorendo lo

sviluppo di danno108. Sebbene la prevalenza di ipoacusia neurosensoriale nei neonati

ricoverati in NICU sia 1-3%109, uno studio ha rilevato che >50% dei neonati sopravvissuti

ad un severo distress respiratorio ha sviluppato ipoacusia all’età di 4 anni. Molti di questi

pazienti non ha manifestato perdita uditiva fino all’età di 2-4 anni110.

La fisiopatologia di questa ipoacusia ritardata non è chiara.

Inoltre in uno studio Fligor et al111 hanno osservato che l’utilizzo dell’ossigenazione

extracorporea a membrana incrementa la prevalenza dell’ipoacusia neurosensoriale nei

bambini spravvissuti alla NICU di un 3-26%.

3.6 ototossicità da farmaci

Le infezioni sono un’evenienza comune durante il periodo neonatale a causa

dell’incompleta maturazione del sistema immunitario dei bambini pretermine e possono

diventare pericolose per la sopravvivenza del neonatao.

I farmaci che vengono maggiormente utilizzati come prima linea di trattamento per il

sospetto o la certezza di infezioni batteriche sono gli aminoglicosidi. Sono farmaci che

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presentano un’elevata efficacia, poche resistenze ed un basso costo per questo motivo sono

una scelta raccomandata112.

L’esposizione agli aminoglicosidi ha come effetti collaterali noti la nefrotossicità e

l’ototossicità (danneggiano sia gli organi vestibolari che cocleari) ed al fine di evitarle è

importante monitorarne i valori nel sangue.

I due farmaci maggiormente tossici per gli organi vestibolari sono la gentamicina (il più

utilizzato) e la tobramicina. Mentre i farmaci maggiormente selettivi per la coclea sono la

neomicina, la kanamicina e l’amicacina. Questi agenti determinano morte delle cellule

ciliate e quindi una perdita uditiva irreversibile. Essi vanno a bloccare i canali ionici per la

trasduzione del segnale a livello delle stereocilia e vengono trasportati all’interno delle

cellule ciliate per endocitosi, una volta internalizzati inducono la produzione di radicali

liberi che danneggiano la cellula113. Il danno alle cellule ciliate indotto da aminoglicosidi

riguarda inizialmente le alte frequenze e successivamente coinvolge anche quelle basse114.

In generale, l’ototossicità è correlata con: la durata del trattamento, il valore di picco del

farmaco e la concentrazione basale dello stesso, concomitante assunzione di diuretici

dell’ansa o della vancomicina, stati patologici sottostanti e una precedente esposizione agli

aminoglicosidi. Il valore di picco e le concentrazioni basali del farmaco vengono

costantemente misurate e la dose viene dosata in modo da rimanere all’interno del range

terapeutico (studi dimostrano che la concentrazione del farmaco nella perilinfa correla con

le concentrazioni ematiche dello stesso sia nei ratti che negli esseri umani115). Solitamente

la somministrazione di 4mg/kg di gentamicina induce un picco ematico che rimane entro il

range desiderato per i neonati. Un’altra modalità di somministrazione proposta è quella

monogiornaliera la quale, in base ad alcune meta-analisi che mettono a confronto questa

posologia con quella classica in polisomministrazioni, risulta essere efficace e sicura anche

se permangono dubbi circa la tossicità della fase di picco che si ha con questo regime

terapeutico116.

Nello studio eseguito da Bitner-Glindzicz117 del 2014 viene evidenziato come alcuni

individui con una particolare predisposizione genetica siano maggiormente suscettibili allo

sviluppo di una perdita uditiva progressiva ed irreversibile in seguito alla somministrazione

di aminoglicosidi, anche quando questi ultimi vengono mantenuti all’interno del range

terapeutico. L’alterazione genetica maggiormente predisponente è la mutazione

mitocondriale m.1555A>G, che è un’eredità di tipo matrilineare. Sebbene non si conosca

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l’esatto processo tramite il quale gli aminoglicosidi determinino sordità, sappiamo che la

mutazione m.1555A>G consente agli aminoglicosidi di legarsi ai ribosomi mitocondriali

più rapidamente rispetto ad una sequenza normale. Questo induce un’anormale

traslocazione delle proteine miticondriali necessarie per la produzione di energia. Le

cellule ciliate dell’orecchio interno sono metabolicamente molto attive e di conseguenza

hanno un elevato numero di mitocondri. Inoltre, gli aminoglicosidi entrano facilmente

all’interno delle cellule ciliate ma impiegano molto tempo per essere eliminati dalle

stesse18.

Negli individui suscettibili una singola dose di aminoglicosidi può provocare la perdita

uditiva. Le prime osservazioni indicano una penetranza della sordità vicina al 100% in

presenza della mutazione m.1555A>G. Per esempio in uno studio su famiglie europee con

una storia di ipoacusia familiare a trasmissione materna e mutazione mitocondriale

m.1555A>G, tutti gli indivudui a cui venivano somministrati aminoglicosidi diventavano

sordi119, inoltre c’era un’età media minore di insorgenza di ipoacusia nel gruppo esposto a

questi antibiotici, come se gli aminoglicosidi catalizzasero una più rapida e progressiva

perdita uditiva. È tuttavia possibile che questo studio sia parziale poiché è improbabile che

gli individui in cui non si sono verificati effetti avversi in seguito alla somministrazione di

aminoglicosidi siano stati screenati per la mutazione. Più recentemente, in seguito alla

somministrazione di tali farmaci in due gemelli omozigoti, nati alla 24° settimana di

gestazione ed entrambi positivi per la mutazione m.1555A>G, si è osservato che solo uno

dei due banbini ha perso l’udito. Il gemello sordo aveva ricevuto multiple dosi di

aminoglicosidi mentre il bambino normale aveva ricevuto una sola dose del farmaco. È

quindi possibile che in alcuni casi, anche in presenza della mutazione, una singola dose di

farmaco sia tollerata.

Lo studio Avon Longitudinal Study of Parents and Children cohort (ASPLAC) ha mostrato

che la prevalenza della mutazione è di 1/520 bambini120. Lo screening audiologico era

normale all’età di 9 anni, non c’era storia di ricoveri in NICU né di probabile esposizione

ad aminoglicosidi. Quindi non c’è una distinzione clinica tra coloro che presentano la

mutazione e coloro che invece non la presentano e dunque non c’è ragione in circostanze

normali di eseguire test genetici. Tuttavia, è anche possibile che siano stati esposti a

sostanze ototossiche e che l’udito si sia preservato, e questo indicherebbe che la penetranza

della ototossicità da aminoglicosidi in presenza della mutazione m.1555A>G sia meno

importante di quando precedentemente detto.

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Lo scopo dello studio di Bitner-Glindzicz era quello di valutare il contributo della

mutazione m.1555A>G nello sviluppo di ipoacusia in bambini nati prima della 32°

settimana di gestazione i quali hanno probabilmente ricevuto multiple dosi di

aminoglicosidi. Hanno ipotizzato che la mutazione desse un contributo significativo allo

sviluppo di ipoacusia anche quando i livelli di aminoglicosidi vengono mantenuti entro i

range terapeutici. Dall’esperienza clinica, sospettavano che in alcuni casi una singola dose

di farmaco potesse essere tollerata mentre multiple dosi non lo sono, probabilmente a causa

dell’accumulo del farmaco all’interno delle cellule ciliate dell’orecchio interno che

necessita di alcuni mesi per essere eliminato. Multiple dosi di aminoglicosidi durante il

periodo neonatale quindi inibiscono il processo di eliminazione.

La mutazione m.1555A>G dovrebbe essere implicata nell’eziologia della perdita uditiva

nei bambini pretemine, perciò sono necessarie alternative terapeutiche per trattare le sespi

che si sviluppano nei neonati pretermine.

Un’altra categoria di farmaci, diversa dagli antibioici, che possono indurre ipoacusia sono i

diuretici dell’ansa. Essi inibiscono il trasporto ionico a livello della stria vascolare e

riducono il gradiente elettrochimico che determina il potenziale endococleare. Questo tipo

di perdita uditiva è reversibile (solo raramente provocano una perdita permanente) e quindi

non viene preso in considerazione quando vanno trattati neonati gravemente malati. È

importante sapere che i diuretici dell’ansa potenziano la capacità degli aminoglicosidi

nell’indurre perdita uditiva poiché ne aumentano la capacità di penetrazione nel

compartimento endolinfatico121.

Secondo le linee guida la posologia a cui dovrebbe essere somministrata la furosemide è al

massimo 12mg/kg/dose ogni 12 ore. Tuttavia, studi recenti mostrano che la metà di questa

dose è associata allo sviluppo di ipoacusia neurosensoriale in neonati con ipossiemia122.

3.7 ipoacusia e rumore

L’esposizione ad un rumore costante generato dalle strumentazioni di supporto che si

trovano in terapia intensiva neonatale possono indurre lo sviluppo di ipoacusia123. I

bambini pretermine all’interno delle NICU sono costantemente esposti a rumore

ambientale che spesso supera i livelli raccomandati (45 dB).

Le NICU sono caratterizzate dalla presenza di rumori, i quali possono essere imprevedibili

per esempio allarmi, telefoni, ventilatori, conversazioni del personale ai quali i neonati

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sono particolarmente vulnerabili124. Inoltre il pianto stesso dei bambini può essere fonte di

forte rumore poiché viene amplificato dall’incubatrice. Per questo motivo nel 1997

l’American Academy of Pediatrics ha determinato la soglia di 45 dB come limite per il

rumore che deve essere presente nelle NICU125.

I bambini pretermine sono sensibili ai forti rumori perché ancora incapaci di filtrare e

processare stimoli nocivi. Dalla 26°-28° settimana di gestazione il sistema uditivo del

bambino è sufficientemente maturo per i forti rumori i quali possono indurre cambiamenti

fisiologici riguardanti frequenza cardiaca, pressione arteriosa, respirazione ed

ossigenazione126, dunque mantenere uno stato fisiologico stabile è molto importante

soprattutto durante questo periodo critico di sviluppo del sistema nervoso centrale.

Lo studio di Elisha M Wachman, Amir Lahav127(2010) ha valutato gli effetti del rumore in

bambini ricoverati nelle unità di terapia intensiva neonatale. È stato osservato che a breve

termine l’esposizione nelle NICU a rumori compresi tra 45 dB e 70-75 dB provoca nel

bambino un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa ma anche una

diminuzione del numero di atti respiratori e quindi della saturazione media di ossigeno. Il

rumore eccessivo influisce anche sul sonno che è importante per il neurosviluppo,

l’interruzione dei normali cicli del sonno può essere dannosa.

Inoltre, i bambini che necessitano di cure intensive e che quindi sono esposti molto tempo

a rumori sono quelli che attualmente hanno i più alti tassi di perdita uditiva. La perdita

uditiva indotta da rumore è un fenomeno documentato nel quale la durata dell’esposizione

al rumore è correlata alla severità della perdita uditiva in modo dose-dipendente128.

Comunque, non ci sono studi che valutino direttamente gli effetti del rumore presente nelle

NICU con la perdita uditiva nei bambini pretermine. Molti dei dati di quest’area di ricerca

derivano da modelli animali, evidenziano un ritardo dello sviluppo della corteccia uditiva

primaria ed un danno a carico delle cellule ciliate in seguito ad una precoce esposizione al

rumore129.

Diversi studi hanno investigato il possibile sinergismo tra gli effetti degli aminoglicosidi e

l’esposizione al rumore nei neonati pretermine con risultati discordanti (non ci sono

conclusioni definitive130).

In conclusione, possiamo affermare che elevati livelli di rumore all’interno delle NICU ha

diversi possibili effetti negativi sulla stabilità psicologica e sul futuro neurosviluppo del

bambino. Non ci sono tuttavia raccomandazioni attuabili nella pratica clinica.

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3.8 neuropatia uditiva

La neuropatia uditiva (NU) è una entità clinica caratterizzata da assenza o importanti

alterazioni degli ABR (compresa la prima onda) e presenza di otoemissioni acustiche,

espressione di una corretta funzionalità delle cellule ciliate esterne. È quindi un disordine

dovuto ad una lesione del sistema uditivo periferico, con integrità del sistema delle cellule

ciliate esterne.

Non c’è accordo su quale sia l’esatta sede di lesione, che potrebbe essere a livello o delle

cellule ciliate interne, o delle sinapsi tra le cellule ciliate interne ed i dendrti delle cellule

gangliari, o delle fibre dell’VIII nervo cranico; per questo motivo, è logico ritenere che la

NU non sia in realtà un unico quadro patologico, ma un insieme eterogeneo di disordini, in

cui riveste un ruolo importante anche la desincronizzazione della risposta del sistema

uditivo periferico.

Prevalenza: (dati non uniformi)

• 0,5-9% in casistiche di pazienti con INS

• 0,3-4% bambini ipoacusici

• 3-11% centri di terapia intensiva neonatale

I precisi fattori eziologici responsabili della NU sono diversi e molti sconociuti: la NU è

stata messa in relazione ad alcune condizioni quali: iperbilirubinemia, prematurità, terapia

intensiva (farmaci ototossici, anossia), neuropatie ereditarie (forme degenerative) e nervo

cocleare ipoplastico. Alcuni casi sono ad eziologia genetica ed è stata recentemente

identficata la mutazione di un gene, il gene otoferlina (OTOF, 2p22-23), responsabile di

alcuni casi familiari (DFNB9). Inoltre la NU è stata descritta in pazienti, sia adulti che in

età pediatrica, con malattie mitocondriali.

La otoferlina è una proteina citosolica coinvolta nella fusione di vescicole di membrana,

presente nelle cellule ciliate interne a livello delle vescicole presinaptiche.

La NU è caratterizzata da un punto di vista audiologico da ipoacusia bilaterale di entità

variabile (da lieve a profonda), che si accompagna ad impedenzometria normale e assenza

di riflesso stapediale sia ipsi che controlaterale, assenza o presenza di anomalie rilevanti

del tracciato ABR e otoemissioni presenti. L’audiometria vocale è molto alterata e i

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pazienti presentano una discriminazione verbale peggiore rispetto alla soglia uditiva

(discrepanza verbo-tonale).

L’elettrococleografia (ECoG), che registra l’attività elettrica della periferia uditiva,

generata a livello dell’organo del Corti delle fibre del nervo VIII è di fondamentale

importanza nell’identificazione di questa patologia; essa generalmente evidenzia la

presenza del potenziale microfonico cocleare e del potenziale di sommazione, mentre il

potenziale d’azione dell’ottavo nervo risulta assente o alterato, sia nella morfologia che

nella soglia.

Questi pazienti ed in particolare bambini presentano problematiche audioprotesiche di

difficile soluzione; infatti la risposta alla protesizzazione acustica tradizionale è variabile

ed in molti casi molto scadente, per quanto riguarda le abilità uditive e comunicative. Si

verifica anche un modesto sviluppo del linguaggio dopo protesizzazione. Talora c’è un

miglioramento uditivo e comunicativo nel tempo.

Buoni risultati sono invece stati descritti in numerosi casi di bambini affetti da NU

sottoposti ad impianto cocleare, anche per sordità medio-gravi (OTOF).

Per quanto riguarda l’associazione tra NU e neonati pretermine, uno studio eseguito da

Amatuzzi et all nel 2011 sulla prevalenza della perdita delle cellule ciliate nei bambini

prematuri paragona un gruppo di 54 bambini pretermine ed un gruppo di controllo di 46

nati a termine131. Lo studio mostra che tale perdita è molto più frequente nei prematuri

rispetto al gruppo di controllo (41% vs 28%), inoltre mette in evidenza che la perdita

selettiva delle cellule ciliate interne (pattern istopatologico raro) è del 27% nel gruppo dei

prematuri e solo del 3% nel gruppo di controllo. Non sorprende che la percentuale di

orecchi che presentano perdita delle cellule ciliate, sia interne che esterne, sia maggiore nei

bambini che sono stati ricoverati in reparti di terapia intensiva neonatale (NICU) al

momento della nascita (5%), infatti questi neonati presentano altre gravi patologie e spesso

in seguito allo sviluppo di infezioni vengono trattati con farmaci, quali aminoglicosidi, che

hanno una riconosciuta ototossicità.

L’elevata percentuale di bambini che presentano una perdita selettiva delle cellule ciliate

interne è sorprendente perché virtualmente in tutti gli studi effettuati sull’istopatologia

della coclea, basati sia su modelli animali sia sulle ossa temporali umane, le cellule ciliate

esterne si sono rivelate più suscettibili alla degenerazione rispetto a quelle interne132.

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È stato recentemente sostenuto che la perdita selettiva delle cellule ciliate interne non è

sufficiente a spiegare la perdita di potenziale neuronale osservata nei pazienti con

neuropati uditiva133. Tuttavia, dipende dal grado di perdita delle cellule ciliate interne. Se

la perdita cellulare è moderata può essere compensata con un modesto aumento dello

stimolo, al contrario, se la perdita supera 80-90% le onde degli ABR spariscono134,

soprattutto se le fibre residue si trovano nella porzione superiore dove la latenza di risposta

non è ben sincronizzata a causa del progressivo rallentamento meccanico delle onde in

viaggio.

È stato inoltre suggerito che la neuropatia uditiva possa derivare da una de-

sincronizzazione della risposta evocata dal suono del nervo cocleare135. Sebbene,

teoricamente, un disordine demielinizzante possa produrre un fenotipo simile, non ci sono

modelli animali di malattia cocleare, sia genetica che acquisita, in cui sia stata dimostrata

una vera desincronizzazione del nervo cocleare, in cui le latenze di risposta del nervo

cocleare siano così confuse da non far emergere nessun picco in un potenziale

complessivo. Però, esiste almeno un tipo di disfunzione sinaptica, cioè la perdita dei

ribbons presinaptici, che riducono l’affidabilità dei picchi indotti dallo stimolo d’esordio,

l’effetto netto è una riduzione netta dell’ampiezza del potenziale ABR negli animali affetti.

Le cause genetiche della neuropatia uditiva includono disfunzioni sinaptiche e la

degenerazione del nervo cocleare, non comprendono invece la perdita selettiva delle

cellule ciliate interne. La mutazione del gene otoferlina, espresso dalle celule ciliate interne

e coinvolto nel rilascio delle vescicole calcio-attivate a livello delle sinapsi afferenti,

provoca un tipo di neuropatia uditiva136. Inoltre, la mutazione in due geni che codificano

per proteine mitocondriali provocano un perdita uditiva caratteristica della neuropatia

uditiva nella sindrome Mohr-tranebjiaerg137 (Bahmad et al. 2007) e nell’atassia di

Friedrich138 (Lopez-Diaz-de-Leon et al. 2003), entrambe sono associate ad un’importante

degenerazione delle fibre del nervo cocleare.

Le cause acquisite di neuropatia uditiva sono poco conosciute. Studi clinici retrospettivi

hanno suggerito che la prematurità ed il basso peso alla nascita sono dei fattori di rischio

per neuropatia uditiva139 (Madden et al. 2002, Beutner et al 2007,Xoinis et al. 2007).

Certamente, la prematurità si associa a molte comorbidità tra cui l’iperbilirubinemia,

l’ipossia, l’enterocolite necrotizzante, displasia broncopolmonare ed altre condizioni

cliniche che si ritrovano nelle NICU140. Tuttavia, la frequenza con cui la prematurità viene

associata alla neuropatia uditiva nella letteratura è sorprendente alla luce del risultato di

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questo studio il quale mostra che l’età gestazionale dei bambini con perdita selettiva delle

cellule ciliate interne è di 32 settimane rispetto alle 36 settimane di quelli con orecchi

normali e 36 settimane per quelli con più pattern istopatologici di perdita delle cellule

ciliate esterne o di perdita combinata di cellule ciliate interne ed esterne. La differenza tra

il gruppo con perdita selettiva delle cellule ciliate interne e gli altri due gruppi è

statisticamente significativa.

La sopravvivenza a lungo termine delle fibre del nervo cocleare che segue la perdita

selettiva delle cellule ciliate interne è importante per l’efficacia degli impianti cocleari

come trattamento per questo tipo di neuropatia uditiva. La continua presenza di cellule di

supporto nell’area delle cellule ciliate interne è importante, perché recenti evidenze

mostrano che tali cellule sono fonte di neurotrofine necessarie per la sopravvivenza delle

cellule del ganglio spirale141. Se le neurotrofine prodotte dalle cellule di supporto sono

sufficienti a promuovere la sopravvivenza a lungo termine in assenza delle cellule ciliate

interne, i pazienti con neuropatia uditiva associata a prematurità potrebbero beneficiare

maggiormente dell’impianto cocleare rispetto a quelli con neuropatia uditiva derivata da

una degenerazione neuronale primitiva.

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Capitolo 4

Screening audiologico neonatale

Lo screening audiologico neonatale è stato introdotto in Italia nel 1997, inizialmente

veniva eseguito solo in alcuni centri (prevalentemente al centro-nord e nelle aree urbane)

ma con gli anni tale procedura si è estesa ad un numero sempre maggiore di ospedali ed è

diventata una pratica diffusa.

Lo screening audiologico neonatale identifica i disturbi dell’udito presenti alla nascita, i

quali vengono classificati da moderati a profondi (unilaterali o bilaterali, >40 dB HTL tra

0.5 e 4 kHz)142.

La prevalenza di questi disturbi tra i neonati varia tra 0.5 a 3.0 casi per mille, ma nei

bambini ricoverati nelle TIN e in quelli con altri fattori di rischio (ad esempio nati di basso

peso, con storia familiare di sordità, con anomalie cranio-facciali, con infezioni

intrauterine, con assunzione di farmaci ototossici, con ventilazione meccanica neonatale

durata più di 5 giorni, ecc.), la prevalenza è 10-20 volte maggiore143.

I motivi che consigliano l’esecuzione dello screening non solo a neonati a rischio per

disturbi dell’udito, ma anche ad i neonati senza tali fattori sono rappresentati dal fatto che

solo metà dei disturbi permanenti dell’udito si verifica in bambini con fattori di rischio,

mentre l’altra metà si riscontra in bambini senza tali fattori, nei quali una prima

valutazione dell’udito viene eseguita correttamente intorno agli 8 mesi con il Boel test.

Tale test è di difficile esecuzione ed identifica solo meno della metà dei bambini con

sordità, questo spiega perché il ritardo della diagnosi sia così frequente (18-24 mesi se non

si effettua lo screening) e ciò implica una minor efficacia della terapia riabilitativa e danni

irreparabili per il bambino. È quindi importante identificare il maggior numero possibile di

bambini con disturbi bilaterali permanenti dell’udito il più precocemente possibile.

4.1 Razionale del progetto di screening uditivo neonatale

Il Deficit Uditivo Permanente Infantile (DUPI) è un problema sanitario serio che colpisce

circa 1-3- neonati su 1000; questa percentuale sale a valori del 4-5% nel caso di neonati

con fattori di rischio o ricoverati in TIN144. È indiscusso che l’intervento riabilitativo-

protesico sia più efficace se iniziato nei primissimi mesi di vita. Perciò, la

individualizzazione dei bambini con sospetta ipoacusia per mezzo dello screening al

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momento della nascita o nel periodo immediatamente successivo può essere determinante

nel miglioramento della qualità della vita a lungo termine.

Quindi la ipoacusia infantile è una condizione clinica frequente ed è rilevante per la salute

dell’individuo e per i costi economici e sociali cui questa è associata.

I metodi per l’identificazione del DUPI nel periodo neonatale sono ora una pratica clinica

accettata e collaudata. Essi sono efficaci e con la tecnologia dell’ultima generazione sono

in grado di identificare virtualmente quasi tutti i bambini con perdite uditive ≥30 dB,

mentre possono incorrere in errore in una percentuale ≤ 2-3% dei neonati normoudenti

(falsi positivi) nei programmi ben controllati145.

Numerosi studi hanno dimostrato la validità dello screening, la sua attendibilità e efficacia

e i benefici di un intervento riabilitativo precoce iniziato entro il sesto mese di vita. E’

dimostrato che questo si associa ad un notevole miglioramento dello sviluppo del

linguaggio e delle abilità cognitive del bambino. Sono inoltre tanti i benefici che ne

risultano nell'inserimento scolastico e sociale associato ad una diagnosi, terapia protesica e

riabilitazione precoce146.

I costi del test di screening neonatale sono notevolmente inferiori a quelli di un test di

distrazione a 8 mesi esteso a tutta la popolazione (Boel test). Inoltre i vantaggi di una

riabilitazione precoce sul linguaggio e sullo sviluppo globale del bambino sono associati ad

una ulteriore riduzione della spesa riabilitativa e sociale.

La realizzazione di test limitati solo al 6-8% dei bambini che presentano fattori di rischio

di DUPI riduce i costi ma non è in grado di identificare più del 40-50% dei casi147.

Lo screening uditivo nel periodo neonatale non è in grado di identificare la perdita uditiva

acquisita o progressiva che intervenga successivamente. Questi casi che rappresentano

circa il 30% di tutti i casi di deficit uditivo in età infantile, possono essere identificati solo

con programmi di osservazione e sorveglianza audiologica (BOEL test, questionari

programmati, valutazione audiologica su categorie a rischio) che dovranno essere

programmati parallelamente al programma di screening148.

Rischi associati allo screening neonatale includono solo l’ansia dei genitori in conseguenza

dei falsi risultati positivi (2-3%) ed un possibile ritardo nella diagnosi dovuta ad i falsi

risultati negativi, ma tali rischi sono accettabili149.

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Lo screening uditivo neonatale dovrebbe essere considerato la prima parte di un

programma di riabilitazione del bambino con deficit uditivo, che comprenda agevolazioni

per la diagnosi, l’accertamento ed il trattamento riabilitativo150. La conferma diagnostica

deve essere effettuata entro il terzo mese di vita e la protesizzazione e la riabilitazione

devono preferibilmente iniziare entro il sesto mese (nei bambini prematuri si fa riferimento

all’età corretta).

Un sistema di controllo di qualità è una componete essenziale del programma di screening.

Il controllo di qualità include il training del personale ed il controllo dei risultati. È

necessario inoltre un sistema informatizzato per la raccolta dei risultati e la

visualizzazione.

Il problema delle ipoacusie non diagnosticate alla nascita, progressive o acquisite, che

possono presentarsi nel corso dei primi anni di vita.

I disturbi dell'udito progressivo o acquisti costituiscono un gruppo di patologie dovute a

cause diverse (genetiche, infettive, ecc) e la loro frequenza è stimata in circa 0.2-0.3 casi

ogni mille nati (non sono disponibili in questo ambito dati epidemiologici internazionali

affidabili). Questi bambini possono superare il test di screening neonatale, ma accusare un

disturbo dell'udito nei mesi successivi. I pediatri di famiglia in occasione dei bilanci di

salute, con un questionario ai genitori e con un eventuale test di distrazione, possono

identificare i bambini con disturbi progressivi o acquisiti e i pochi falsi negativi che sono

sfuggiti all'identificazione al momento dello screening neonatale. Questi bambini sono

inviati al Centro di riferimento per la conferma della diagnosi.

I bambini con indici di rischio per ipoacusia ritardata, che presentano i fattori di rischio

elencati dal JCIH nella Position Statement del 2007 (vedi sotto) dovranno essere oggetto di

un monitoraggio audiologico nel tempo.

4.2 Fattori di rischio di deficit uditivo nei neonati secondo il JCIH (Joint Commette on

Infant Hearing)

Fin dal 1972 il JCIH ha identificato degli specifici indicatori di rischio che spesso sono

associati con ipoacusia infantile.

Il JCIH del 1994151 oltre a stabilire la necessità di eseguire uno screening neonatale

universale, stabiliva le categorie a rischio per sordità da esaminare con particolari

accertamenti e su cui eseguire un follow-up audiologico, che sono:

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• Storia familiare in cui si sia già verificata una compromissione neurosensoriale

congenita o acquisita, da causa non identificabile

• Infezioni congenite potenzialmente associate a perdite uditive come la

toxoplasmosi, la sifilide, la rosolia, il CMV e HSV

• Anomalie cranio facciali comprese le anomalie morfologiche del padiglione

auricolare e del canale uditivo, l’attaccatura dei capelli bassa, ecc153.

• Peso alla nascita inferiore a 1500 gr e neonati SGA/IUGR152

• Iperbilirubinemia ad un livello superiore a quello indicato per la

exanguinotrasfusione

• Farmaci ototossici compresi, ma non limitatamente a, gli aminoglicosidi (p. es.

gentamicina, tobramicina, kanamicina, streptomicina) somministrati per più di 5

giorni e i diuretici utilizzati in combinazione con aminoglicosidi154

• Meningiti batteriche155

• Sofferenza grave alla nascita, ovvero neonati con un punteggio Apgar compreso tra

0 e 4 al primo minuto e tra 0 e 6 al quinto minuto di vita, o quelli che non riescono

ad iniziare la respirazione spontanea entro 10 minuti o, ancora, neonati con una

ipotonia che si protrae fino a 2 ore di vita

• Ventilazione meccanica con durata > 4 giorni

• Malattie ereditarie/cromosomiche/sindromi associate a perdite uditive di tipo

neurosensoriale e/o trasmissivo (p.es. la s.me di Waardenburg o quella di Usber)

I fattori di rischio erano divisi in categorie che comprendevano non solo cause prenatali e

perinatali, ma anche cause post-natali. Sebbene la descrizione dei fattori di rischi fosse

molto dettagliata la sua applicazione nella pratica clinica risultava complicata.

Bisogna tenere conto che le categorie a rischio sono identificate sulla base della prevalenza

epidemiologica di rischio di sordità riportate in letteratura, ad esempio nel JCIH 2000 non

è riportata l’esposizione a farmaci ototossici perché la prevalenza di sordità dopo

esposizione è stimata bassa.

Il JCIH nella Position statement del 2000156 ha rivisto ed elaborato nuove linee guida sui

fattori di rischio neonatali per sordità dividendo in due gruppi le categorie di rischio, quelle

presenti durante il periodo neonatale, le quali rappresentano il vero gruppo di categorie a

rischio utilizzato per lo screening neonatale; ed i fattori di rischio che possono determinarsi

successivamente in conseguenza di particolari condizioni mediche o di trattamento medico

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sono basate su studi epidemiologici. Esiste infatti un ampio gruppo di ipoacusie infantili

che non si manifestano alla nascita e per le quali lo screening neonatale è negativo (es.

forme acquisite post-meningite, traumi). Un ulteriore gruppo è rappresentato dalle

ipoacusie a carattere progressivo e/o ad inizio ritardato (late onset), con una prevalenza

stimata del 25-30% che si possono manifestare dopo la nascita anche se sostenute da cause

infettive congenite (ad es. CMV) o genetiche (ad es. s.me di Pendred157). Anche patologie

prenatali legate a prematurità od ipossia neonatale sembrano predisporre alla ipoacusia

progressiva.

Tabella 2 fattori di rischio dalla nascita a 28 giorni

1. Tutti i neonati che vengono ammessi alla NICU per più di 48 ore

2. Tutti i neonati con segni di sindromi associate ad ipoacusia (trasmissiva o

neurosensoriale)

3. Tutti i neonati con una storia familiare di ipoacusia neurosensoriale (permanente

nell’infanzia)

4. Tutti i neonati con anomalie cranio-facciali comprese quelle del padiglione

auricolare e del canale uditivo

5. Tutti i neonati che sono stati esposti in gravidanza ad infezioni del gruppo TORCH

Tabella 3 fattori di rischio da 29 giorni a 2 anni

1. Storie familiari di ritardi di linguaggio o ritardi di sviluppo

2. Familiarità per ipoacusie permanenti dell’infanzia

3. Stigmate o altri segni riferiti a sindromi note che comprendono ipoacusia

neurosensoriale o trasmissiva o disfunzione tubarica

4. Infezioni postnatali con ipoacusia, compresa meningite batterica

5. Infezioni in utero come CMV, herpes, rosolia, sifilide, toxoplasmosi

6. Indicatori neonatali specifici (iperbilirubinemia che ha richiesto exanguino

trasfusione, ipertensione polmonare persistente associata a ventilazione meccanica

del neonato, condizioni che hanno richiesto l’uso di ossigenazione extracorporea a

membrana)

7. Sindromi associate a ipoacusie progressive (S-me di Usher, neurofibromatosi)

8. Disordini neurodegenerativi (S.me Hunter, neuropatia senso motoria come S.me di

Friederich, S.me di Charcot-Marie-tooh)

9. Traumi cranici

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10. Otiti medie ricorrenti o persistenti per almeno tre mesi

Nella position statement del 2007158 il JCIH ha nuovamente unificato i fattori di rischio per

ipoacusia perché nella precedente suddivisione era presente una certa sovrapposizione tra i

fattori di rischio del periodo neonatale e quelli del periodo successivo.

Tabella 4 fattori di rischio per ipoacusia infantile permanente, congenita, ad esordio tardivo o progressiva

1. Preoccupazione degli educatori riguardo l’udito, la percezione verbale, lo sviluppo

del linguaggio o ritardi di sviluppo

2. Storia familiare positiva per ipoacusia infantile permanente

3. Ricovero in NICU per un periodo superiore a 5 giorni o ciascuna delle seguenti

condizioni, indipendentemente dalla durate del ricovero in NICU: ECMO,

ventilazione assistita, assunzione di farmaci ototossici (gentamicina o tobramicina)

o diuretici dell’ansa (furosemide/lasix), iperbilirubinemia che ha reso necessaria

l’exanguinotrasfusione

4. Infezioni intrauterine, quali CMV, herpes, rosolia, sifilide, toxoplasmosi

5. Malformazioni cranio-facciali, incluse quelle del padiglione auricolare, del

condotto uditivo esterno, appendici pre-auricolari (auricolar tags) ed anomalie

dell’osso temporale

6. Anomali quali, ciuffo di capelli bianchi, che sono descritte in associazione con

sindromi che includono ipoacusia permanente neurosensoriale o trasmissiva

7. Sindromi associate con ipoacusia progressive o ad esordio tardivo, come

neurofibromatosi, osteopetrosi, s.me di Husher, altre sindromi frequentemente

identificate includono la sindrome di Waandernburg, Alport, Pendred, e Jervell and

Lange-Nielsen

8. Disordini neurodegenerativi, quali la S.me di Hunter, o neuropatie sensitivo-

motorie, come l’atassia di Friedreich e la s:me di Charcot-Marie-Tooth

9. Coltura positive per infezioni post-natali associate con ipoacusia neurosensoriale,

incluse la meningite batterica e virale (soprattutto herper virus e varicella)

10. Traumi cranici, soprattutto fratture a carico del basicranio e dell’osso temporale che

richiedano ricovero in ospedale

11. Chemioterapia

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Il JCIH suggerisce che i bambini che presentano fattori di rischio per ipoacusia devono

essere sottoposti ad un monitoraggio audiologico, le cui modalità di esecuzione ed il timing

saranno variabili e saranno principalmente in relazione alla probabilità che si verifichi una

ipoacusia ad insorgenza tardiva.

Il JCIH del 2007 stabilisce che i bambini con fattori di rischio riportati in tabella 4,

dovranno essere sottoposti ad almeno una valutazione audiologica tra i 24 ed i 30 mesi di

età, anche se lo studio audiologico neonatale era risultato pass bilateralmente.

4.3 modalità di esecuzione dello screening

I centri che eseguono lo screening vengono distinti in tre livelli in base alla dotazione di

attrezzature e di personale nel punto di nascita e nelle strutture audiologiche associate:

• Centro di primo livello dispone esclusivamente di attrezzature di registrazione di

otoemissioni acustiche evocate di ultima generazione (TEOAE)159, il test viene

eseguito dal pediatra e/o audiometrista, audiologo o otorinolaringoiatra, dopo

opportuna formazione.

• Centro di secondo livello dispone di attrezzature di registrazione per otoemissioni

evocate di ultima generazione (TEOAE) e dispone di attrezzature per potenziali

evocati uditivi automatici del tronco (AABR). Il test viene eseguito da tecnico

audiometrista, audiologo, eventualmente otorinolaringoiatra, pediatra, infermiere

pediatrico (dopo opportuna formazione).

• Centro di terzo livello (centro di riferimento) dispone oltre alle attrezzature per lo

screening con TEAOE nel punto di nascita e di attrezzature per eseguire AABR, di

strumentazione per ABR clinico con ricerca di soglia, studio clinico DPOAE e

TEOAE e per l’esecuzione di esame audiometrico infantile, di personale con

adeguata esperienza nella diagnosi precoce e trattamento protesico-riabilitativo in

età infantile, di strutture idonee ad eseguire accertamenti diagnostici eziologici

(genetici, consulenze, studio per immagini160, ecc.).

È necessario inoltre distinguere tra screening su neonati senza fattori di rischio per

neuropatia uditiva e su neonati con fattori di rischio per neuropatia uditiva (una entità

clinica caratterizzata da assenza o importanti alterazioni del tracciato ABR e presenza di

otoemissioni acustiche, espressione di una corretta funzionalità delle cellule ciliate esterne.

È quindi un disordine dovuto ad una lesione del sistema cellule ciliate interne-sinapsi-

nervo acustico, con integrità del sistema delle cellule ciliate esterne161).

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Tabella 5 fattori di rischio per neuropatia uditiva

1. Ricovero in NICU per un periodo superiore a 5 giorni o ciascuna delle seguenti

condizioni, indipendentemente dalla durata del ricovero in NICU:ossigenazione

extracorporea a membrana, ventilazione assistita, assunzione di farmaci ototossici

(gentamicina, tobramicina) o diuretici dell’ansa (furosemide/lasix),

iperbilirubinemia che ha reso necessaria l’exanguinotrasfusione

2. Storia familiare positiva per ipoacusia infantile permanente

3. Storia familiare positiva per disordini neurodegenerativi, quali sa s.me di Hunter, o

neuropatie sensitivo motorie, come l’atassia di Friedereich e la s.me di Chacot-

Marie-Tooth

In tutti i casi la procedura di screening deve essere espletata prima della dimissione del

bambino dal punto nascita, il quale può ripetere il test entro due settimane dalla nascita per

verificare i casi refer.

Screening su neonati senza fattori di rischio per neuropatia uditiva

Esecuzione di otoemissioni acustiche evocate TEOAE nei punti nascita ad almeno 24 ore

dalla nascita (II giornata) preferibilmente in condizioni di sonno spontaneo dopo il pasto ed

in ambiente silenzioso. Nel caso le otoemissioni siano presenti (pass) in entrambi gli

orecchi si conclude la procedura. Nel caso uno o entrambi gli orecchi non presentino una

risposta evidente (refer), le otoemissioni acustiche vengono ripetute dopo alcune ore e

prima della dimissione. Se le TEOAE sono presenti e risultano pass in entrambi gli orecchi

la procedura è conclusa. Nel caso in cui uno o entrambi gli orecchi risultino alterati i

bambini devono eseguire gli accertamenti diagnostici di secondo livello che consistono

nell’esecuzione degli ABR automatici che devono essere eseguiti entro un mese di vita.

I bambini risultati refer alla procedura di screening di secondo livello (otoemissioni +

ABR) vengono esaminati entro il terzo mese dalla nascita nel centro di III livello per la

conferma diagnostico-audiologica completa (ABR clinici con ricerca di soglia +

impedenzometria + riflesso stapediale + otoemissioni cliniche, ecc.) e nel centro vengono

iniziate le successive fasi diagnostico e protesico-riabilitative, in modo che entro il sesto

mese sia iniziato il trattamento protesico riabilitativo.

Tutti i bambini risultati refer allo screening di primo livello dovranno eseguire subito

ricerca CMV nelle urine.

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È importante distinguere il protocollo di esecuzione dello screening audiologico neonatale

sui neonati senza fattori di rischio per neuropatia uditiva e sui neonati che presentano un

aumentato rischio di questa patologia. Per questo motivo viene suggerito che i neonati che

presentano le caratteristiche riportate nella tab. 5 siano sottoposti a screening non solo

mediante la registrazione di otoemissioni acustiche , ma anche mediante l’esecuzione di

ABR automatici, al fine di identificare possibili casi di neuropatia uditiva, che in questa

categoria di neonati ha una incidenza superiore e che non potrebbero essere diagnosticati

con l’esecuzione delle sole otoemissioni.

Screening su neonati con fattori di rischio per neuropatia uditiva

Questi bambini devono essere sottoposti ad uno specifico protocollo.

Nel caso di neonati pretermine lo screening verrà eseguito al termine della 35 settimana o

successivamente entro la dimissione, al fine di ridurre i falsi positivi (infatti prima di

questa data l’esecuzione delle otoemissioni può essere difficoltosa per le ridotte dimensioni

del condotto uditivo esterno e le risposte AABR potrebbero non essere rilevate per una

immaturità delle vie uditive centrali).

I bambini appartenenti a categorie a rischio verranno sottoposti ad otoemissioni (TEAOE)

ed ABR automatici prima della dimissione dal punto nascita o entro un mese (centro II

livello). Nel caso di risposta refer si consiglia di eseguire almeno due volte il test prima

della dimissione. I bambini risultati refer devono eseguire subito la ricerca del CMV nelle

urine.

I bambini risultati refer per uno od entrambi gli orecchi testati vengono inviati al centro di

riferimento (III livello) per gli approfondimenti audiologici.

Sorveglianza su bambini a rischio per sordità congenita progressiva o ad esordio tardivo

I bambini con fattori di rischio per sordità dovranno essere sottoposti ad un monitoraggio

audiologico, le cui modalità di esecuzione ed il timing saranno variabili.

I bambini che presentano i seguenti fattori di rischio, dovranno essere sottoposti ad almeno

una valutazione audiologica tra i 24 ed i 30 mesi di età, anche se lo screening audiologico

neonatale era risultato pass bilateralmente, oltre al BOEL test a 8 mesi. I fattori di rischio

coinvolti sono:

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• Ricovero in NICU per un periodo superiore a 5 giorni o ciascuna delle seguenti

condizioni, indipendentemente dalla durate del ricovero in NICU: ventilazione

assistita, assunzione di farmaci ototossici (gentamicina e tobramicina) o diuretici

dell’ansa (furosemide e/o lasix), iperbilirubinemia che ha reso necessaria

l’exanguinotrasfusione

• Infezioni intrauterine, quali herpes, rosolia, sifilide e toxoplasmosi

• Malformazioni cranio facciali

• Anomalie quali, es. ciuffo di capelli bianchi, o descritte in associazione con

sindromi che includono l’ipoacusia permanente neurosensoriale o trasmissiva163

Mentre i bambini con fattori di rischio quali:

• Preoccupazione degli educatori riguardo l’udito, la percezione verbale, lo sviluppo

del linguaggio o ritardi di sviluppo

• Storia familiare positiva per ipoacusia infantile permanente progressiva

• Infezioni intrauterine da CMV

• Sindromi associate con ipoacusia progressiva o ad esordio tardivo, come

neurofibromatosi, ospeopetrosi, s.me di Husher..

• Disordini neurodegenerativi, quali la s.me di Hunter, o neuropatie sensitive-

motorie, come la atassia di Friedreich e la s.me di Charcot-Marie.Tooth

• Colture positive per infezioni post-natali associate ad ipoacusia neurosensoriale,

incluse la meningite batterica e virale (soprattutto da Herpes virus e varicella)

• Traumi cranici, soprattutto fratture a carico del basi cranio e dell’osso temporaleche

richiedono ricovero in ospedale

• Chemioterapia

Questi bambini dovranno essere sottoposti a valutazione audiologica presso i centri di III

livello, ogni 6-12 mesi fino all’età di 3 anni e dopo annualmente fino all’età di 6 anni.

4.4 Il centro di riferimento (III livello)

I compiti del centro di riferimento sono:

• Esecuzione di test di conferma (nei bambini che hanno eseguito come test di

screening solo otoemissioni viene eseguito il test ABR automatico e se positivi

(refer) si procede all’esecuzione del protocollo diagnostico completo di conferma)

• Inquadramento clinico ed approfondimento diagnostico multidisciplinare

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• Screening genetico e diagnosi genetico molecolare

• Osservatorio epidemiologico, con compiti di organizzazione e monitoraggio dei

processi dello screening (nella area vasta in collaborazione con il CNR)

• Protesizzazione acustica ed avvio percorso riabilitativo162

• Controlli periodici dello sviluppo della percezione acustica e delle abilità

comunicative e linguistiche

• Selezione all’impianto cocleare

• Follow-up per valutare l’implementazione della protesizzazione e della

riabilitazione e per monitorare l’inserimento scolastico e sociale, lo sviluppo delle

abilità percettive, linguistiche e cognitive

Nei bambini in cui gli accertamenti diagnostici confermano la presenza di sordità, verrà

eseguito il seguente protocollo diagnostico:

• Anamnesi basata su specifici questionari

• Visita audiologica/ORL ed esame obbiettivo di tutti i distretti testa-collo

• Valutazione neuropsichiatrica infantile

• ABR con ricerca di soglia

• Impedenzometria con studio del riflesso stapediale

• Otoemissioni cliniche

• Esame audiometrico condizionato per i bambini con età inferiore ai 6 anni

• Questionari di valutazione somministrati ai genitori

• EEG (casi selezionati)

• Esami ematochimici come da protocollo

• Visita oculistica

• Visita pediatrica

• Consulenza genetica

• ECG RMN cranio encefalo ed orecchio interno ( entro il 12° mese, in rapporto

all’entità dell’ipoacusia)

• TC rocche petrose ( solo in previsione di un impianto cocleare o per anomalie

rilevate con la RMN)

Entro il 12° mese dovrebbe essere ottenuta una reale valutazione della curva audiometrica,

grado di gravità, profilo audiometrico e dovrebbe essere stato ottenuto un fitting protesico

“ottimale”.

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4.5 Finalità complessive (riepilogo delle tappe di un adeguato iter diagnostico-

terapeutico delle ipoacusie infantili)

• Individuazione precoce dell’ipoacusia attraverso lo screening universale164

• Rapida ed efficace diagnosi audiologica e gestione audiologica del bambino

ipoacusico, consistente nella scelta e nel fitting degli ausili uditivi più adatti,

nonché nella verifica dell’idoneità degli stessi (protesi, impianto cocleare)

• Inserimento del bambino in un adeguato programma di riabilitazione logipedica

• Inserimento del bambino in un protocollo di valutazione eziologica dell’ipoacusia

• Fornire alle famiglie dei bambini ipoacusici le informazioni ed il supporto

psicologico necessario. I genitori dovranno essere coinvolti nel programma

riabilitativo

• Valutare a scadenze regolari sia il corretto funzionamento dell’ausilio uditivo e

l’idoneità dello stesso, sia lo sviluppo delle abilità percettive e comunicative del

bambino

• Valutare il beneficio protesico sia sul versante delle abilità percettive e delle abilità

comunicative e verificare in base ai risultati audiologici e riabilitativi ottenuti dopo

un periodo di 6-12 mesi di protesizzazione e riabilitazione acustica se sia indicato

proporre la procedura di impianto cocleare

• Favorire l’inserimento del bambino in contesti educativi regolari, assicurandosi che

otenga risultati accademici soddisfacenti ed una adeguata integrazione sociale

• Attuare un programma di sorveglianza audiologica su bambini a rischio per sordità

congenita progressiva o ad esordio tardivo

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Capitolo 5

Potenziali evocati uditivo del tronco encefalico “ABR”

5.1 Definizione di ABR

“L’Auditory brainstem response ABR è la rappresentazione di una scarica sincrona di

singole unità neuronali sensibili all’inizio dello stimolo, dal primo al sesto ordine di

neuroni delle vie uditive periferiche e centrali, ad un click o ad un tone brust di breve

durata. Non è una conscience hearing test, ma unitamente ad altre metodiche può essere

usato per testare la sensibilità uditiva” 166(Grandori F. Martini A., 1995)

5.2 Classificazione dei potenziali evocati uditivi

Le risposte uditive evocate possono essere classificate in base:

Alla latenza di comparsa dopo l’inizio dello stimolo:

Risposte Tipo Generatore Latenza FISRT SP (summating

potential) CM (microphonic coclear) _____________ AP (action potential)

CELLULE CILIATE _______________ NEURONI DEL NERVO COCLEARE

0-5 ms

FAST ABR (acoustic brainstem responses) FFR (frequency following responses)

NERVO COCLEARE E TRONCO

1,5-15 ms

MIDDLE NEUROGENICHE _______________ MIOGENICHE

TALAMO E CORTECCIA UDITIVA ______________ MUSCOLI TESTA-COLLO

12-50 ms

SLOW SVR (slow vertex response)

CORTECCIA UDITIVA E LOBO FRONTALE

50-300 ms

LATE CNV (contingent negative variation)

CORTECCIA MOTORIA E FRONTALE

300-600 ms

Tab.1 classificazione ABR in base alla latenza di comparsa

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Alla localizzazione della risposta:

• Recettori cocleari (ElettroCocleoGrammi, ECoG)

• Tronco encefalico (Brainstem Auditory Evoked Potentials, BAEP)

• Aree uditive della corteccia (AEP corticali)

Alle modalità di stimolazione:

• Potenziali evocati transienti: dovuti ad uno stimolo isolato e di breve durata.

• Potenziali evocati stazionari: stimoli periodici a frequenza tale da avere sovrapposizione

degli effetti prodotti da stimoli successivi. Dopo alcune ripetizioni si raggiunge una

condizione stazionaria.

Alla sede che genera il campo elettrico:

• Risposte delle aree corticali

• Risposte dei nuclei intermedi (potenziali del tronco encefalico- brainstem responses)

5.3 Come si eseguono i Potenziali Evocati Uditivi del Tronco Encefalico “ABR”

L’esame ABR è per eccellenza un esame non invasivo, che viene condotto in un ambiente

silente e lontano da fonti elettromagnetiche; le migliori garanzie per l’esecuzione di un

esame non contaminato da possibili interferenze esterne, sono date dalla schermatura

elettrica ed acustica della stanza o cabina dove si esegue l’esame.

È necessario che il soggetto sottoposto all’esame sia rilassato completamente. Nel caso

dell’adulto, conviene farlo accomodare su una poltrona o su un lettino in modo che

appoggi la testa e rilassi il più possibile i muscoli del collo e della faccia ed in particolare

quelli della mandibola che sono i principali responsabili degli artefatti elettrici muscolari.

Nel caso del bambino è preferibile condurre l’esame in condizione di sonno spontaneo. Se

non è possibile raggiungere questo stato ottimale si indurrà una sedazione farmacologica

tenendo conto che i farmaci sedativi non influenzano le ABR.

Per poter registrare le risposte ipsilaterali e controlaterali allo stimolo sonoro devono essere

applicati degli elettrodi monouso per ECG in determinati punti della testa: un elettrodo alla

fronte (terra), uno al vertice/fronte alta (attivo) ed uno alla mastoide o al lobo auricolare di

ciascun orecchio (riferimento).

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La cute di ogni punto deve essere sgrassata con prodotti non troppo alcolici o gel abrasivo

e garza, strofinando fino a farla arrossare leggermente, per ridurne la resistenza elettrica.

Applicati gli elettrodi al paziente si procede alla misura dell’impedenza elettrica che è il

fattore che si oppone al flusso della corrente (clinicamente è accettabile un’impedenza di

3-5 kOhms); infine si mettono le cuffie e si sottopone il soggetto in esame ad uno stimolo

sonoro (click, tone brust)166.

5.4 identificazione delle onde ABR

Al termine dell’erogazione dello stimolo, sullo oscilloscopio dell’apparecchiatura compare

il risultato dell’averaging effettuato dal computer (I dati raccolti nel corso delle varie

stimolazioni vengono sottoposti ad analisi statistica mediante procedure di somma e media

impiegando sistemi di calcolo. Tale operazione logico-matematica prende il nome di

averaging. L’averaging ha il compito di effettuare una somma algebrica dei singoli

potenziali evocati dagli stimoli acustici).

La risposta ad uno stimolo consiste di 6 o 7 piccole onde vertice positive , nei primi 10 ms

dopo lo stimolo. Tali onde dipendono dalla modalità di attivazione che nel tempo interessa

la popolazioni neuronali fra recettore e corpo genicolato mediale.

Si ritiene che la tipica morfologia della successione delle onde ed i parametri di latenza

costituiscano un indicatore del sincronismo di scarica nei neuroni che vengono attivati

sequenzialmente a partire dalla risposta meccanica con cui la coclea reagisce alla

stimolazione.

L’onda I corrisponde alla porzione prossimale del nervo VIII; l’onda II è solitamente

piccola e corrisponde alla porzione distale del nervo VIII, all’ingresso dei nuclei cocleari;

l’onda III corrisponde alla regione del corpo trapezoide; l’onda IV appare spesso assieme

all’onda V per cui si parla di complesso IV-V che corrisponde all’attivazione delle

strutture comprese tra il complesso olivare superiore ed il collicolo inferiore; le successive

componenti, onda VI e VII (quest’ultima spesso mal definita) si ritengono generate dal

corpo genicolato mediale.

Dal punto di vista clinico, le onde più importanti sono la I, la III e la V.

È facile riconoscere la serie delle onde ABR, se il soggetto è normoudente o ha una lieve

ipoacusia, se è rilassato e se l’intensità della stimolazione è alta. Se il soggetto è affetto da

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una ipoacusia da moderata a grave e se è agitato, può essere problematico asserire che ad

un certo picco presente sullo schermo corrisponda una certa onda.

Pertanto è consigliabile che l’esaminatore , per identificare i costituenti della risposta adotti

dei criteri e degli accorgimenti come la duplicazione della risposta; variare l’intensità;

latenza e fase dei click.

È altamente consigliabile che nell’indagine otoneurologica ed audiologica si duplichi la

risposta e si confrontino picco a picco le ABR ottenute in due stimolazioni

immediatamente successive, visto che questi potenziali sono estremamente riproducibili e

che le variazione delle latenze delle onde è molto contenuta. La variabilità della latenza in

genere accettata per ogni picco di due tracciati immediatamente successivi è di 0,2 ms.

5.5 caratteristiche delle ABR

5.5.1 morfologia delle onde

La risposta è rappresentata da sei onde polifasiche vertice positive (le risposte elettriche

positive sono caratterizzate da una sequenza di onde positive e negative; la polarità di ogni

singolo complesso può essere vertice-positiva o vertice-negativa in base alla disposizione

di elettrodi attivi). In particolare, l’onda V rappresenta un elemento di facile

riconoscimento, specie per la costante presenza del segmento a rapida salita, individuabile

fino ai valori soglia. L’onda IV, anche ad alte intensità sonore può confondersi con l’onda

V, apparendo come una lieve deflessione o incisura separata da’apice della V da 1 msec di

latenza. L’onda III è costante e spesso può essere seguita fino a 30 dB S.L.. Le onde che

precedono la V sono identificabili con maggior difficoltà e diminuendo l’intensità dello

stimolo tendono a scomparire nell’ordine IV, II, I. In pratica a 50 dB S.L. ed a valori

inferiori queste onde sono difficilmente riconoscibili.

Da quanto detto risulta che l’onda V è quella meglio individuabile in prossimità della

soglia soggettiva dell’esaminando. Viene infatti utilizzata come marker nella ricerca della

soglia uditiva.

5.5.2 Latenza

Questo parametro, in accordo con le leggi generali dell’elettrofisiologia, è inversamente

proporzionale all’intensità dello stimolo acustico.

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La latenza è rappresentata dalla distanza tra l’istante t=0 (invio dello stimolo) ed il picco

delle singole onde; il tracciato deve essere riprodotto almeno due volte ed il

riconoscimento della risposta avviene in base alla riproducibilità della risposta nei diversi

tracciati. Il parametro più usato per valutare le anormalità di una risposta ABR è la latenza

assoluta delle varie onde. Si definisce latenza assoluta l’intervallo di tempo, misurato in

millesecondi, compreso tra la stimolazione acustica e la deflessione del tracciato che

rappresenta la risposta di una o più strutture neuronali. Oltre alle latenze “assolute”,

vengono prese in considerazione alcune latenze relative o latenze interpicco che sono gli

intervalli di tempo che intercorrono tra due deflessioni differenti ottenute nello stesso

esame. Le latenze assolute in genere quelle dell’onda V in quanto risulta la sola

identificabile anche alle più basse intensità di stimolazione, sono impiegate per valutare la

funzionalità della parte più periferica del sistema uditivo (orecchio esterno, orecchio medio

e coclea) in genere attraverso la costruzione di funzioni di input-output (input= intensità

dello stimolo; output= latenza assoluta dell’onda V). Al contrario delle latenze assolute, le

latenze interpicco rimangono immutate per differenti livelli di intensità di stimolazione

acustica facendo così supporre che dipendano soltanto dalla propagazione della risposta

neurale e sono pertanto adatte per la valutazione della funzionalità delle strutture uditive

del tronco encefalico.

Per PTT (peripherical transmission time)si intende la latenza assoluta dell’onda I; per CCT

(central conduction time) o CTT (central trasnmissin time) si intende la latenza interpicco

I-V; per BTT (brainstem transmission time) o tempo di conduzione tronco-encefalico, si

intende la latenza interpicco V-II; altri interpicchi solitamente presi in considerazione sono

quello I-III e III-V.

Il valore di latenza interpicco I-V (circa 4 mses) ha il significato di valutare il tempo totale

di conduzione del tronco encefalico, parametro abbastanza grossolano da un punto di vista

strettamente topo diagnostico ma che tuttavia risulta utilissimo per svelare difetti di

conduzione nervosa dovuti a masse comprimenti vie acustiche, a processi demielinizzanti o

a ritardi di mielinizzazione, ad insulti di origine vascolare.

Nel neonato la latenza dei potenziali varia notevolmente rispetto ai valori standard; entro il

primo giorno di vita si assiste, per effetto dei processi maturativi cerebrali, ad una

progressiva variazione delle risposte che assumono le caratteristiche morfologiche e di

latenza tipiche dell’adulto entro 12-18 mesi d’età.

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5.5.3 ampiezza

Questo parametro è molto variabile poiché è funzione del posizionamento degli elettrodi,

del numero degli stimoli, della frequenza di ripetizione e dello sfavorevole rapporto

segnale-rumore. I valori, calcolati dal picco positivo al picco negativo immediatamente

successivo, s’aggirano attorno ad un microvolt (µV) per livelli di comoda udibilità. Nella

pratica corrente pertanto la misura dell’ampiezza risulta difficile a causa della troppa

variabilità delle componenti negative soprattutto per valori di bassa intensità dello stimolo

acustico (Grandori F. Martini A., 1995)165.

5.6 problemi inerenti alle ABR

Da un punto di vista storico, la possibilità di usare i potenziali evocati uditivi precoci, vale

a dire la ABR, per valutare il deficit uditivo ha suscitato vivo interesse nella pratica clinica.

Tale test è stato considerato un mezzo “obbiettivo” per misurare l’udito di un bambino. È

stato considerato anche come una metodica in grado di escludere la perdita uditiva come

fattore contribuente ad un ritardo mentale o ad un ritardo di sviluppo o a deficit funzionali

associati ad anomalie congenite o multiple. Queste in verità sono delle aspettative eroiche

per qualsiasi test e l’ABR ha dimostrato al riguardo un successo non completo o perlomeno

non costante. Tale variabilità può essere attribuita a diversi fattori comprendenti: l’ampia

varietà di apparecchiatura adeguate; il diverso grado di preparazione e di esperienza del

tecnico audiometrista addetto all’esame; la mancanza di standardizzazione nelle procedure

usate. Oltre a questi problemi, vi sono diversi fattori intrinseci legati allo stimolo utilizzato

ed alla meccanica cocleare. Tali fattori influenzano inevitabilmente la stima della soglia

uditiva con ABR.

Ci sono fattori addizionali che possono influenzare l’accuratezza della valutazione di

soglia. Il tipo e la grandezza del segnale in averaging, la scelta ed il posizionamento degli

elettrodi, il tipo e la risposta allo stimolo del trasduttore, oltre che il valore della resistenza

elettrica tra gli elettrodi.

Il porre estrema attenzione a questi fattori ricompenserà adeguatamente con un’ottima

risoluzione della risposta. Viceversa, la mancanza di considerazione per tali dettagli può

impedire una valutazione accurata. Tali fattori devono essere tenuti in considerazione sia

quando si conduce un esame sia nel caso si debba interpretare risultati di esami fatti in altra

sede. Il riconoscimento di tali limiti fornisce le basi per dare la giusta importanza ai dati

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ABR e per comprendere come tali risultati possano influenzare il trattamento del bambino

in esame167.

5.7 influenza delle variabili dello stimolo nelle “ABR”

5.7.1 intensità

È noto che le proprietà dinamiche della coclea e le modalità con cui si attivano i neuroni

che costituiscono il substrato anatomico delle ABR sono condizionati dall’intensità della

stimolazione. Riducendo l’intensità di stimolazione le ABR risultano tipicamente

modificate: la latenza delle componenti aumenta e la loro ampiezza si attenua

progressivamente. Ciò dipende dal fatto che con basse intensità il meccanismo recettoriale

di trasformazione meccanico-elettrica richiede più tempo, comportando di conseguenza un

ritardo nella comparsa della risposta neurale.

Poiché la successiva attivazione dei generatori neurali nel tronco encefalico avviene in

tempi costanti, i parametri relativi di latenza, o intervalli inter-onda non risentono

significativamente dell’intensità di stimolazione.

Una importante sorgente di variazione è da ricercare nella calibrazione dello stimolo.

Esistono varie modalità per descrivere l’intensità degli stimoli usati nella registrazione

delle ABR; è di uso comune riportare l’intensità in dB nHL quando lo “0” di riferimento

corrisponde alla soglia media determinata con metodo psicoacustico in un campione

sufficientemente grande di normoudenti. Tale intensità dovrebbe tuttavia essere

successivamente modificata con un fonometro, in dB SPL, per poter rendere confrontabili

le condizioni di esami di laboratori diversi. Poiché molti fonometri non sono adeguati a

misurare le rapide variazioni di pressione acustica degli stimoli utilizzati per le ABR, un

altro metodo di calibrazione (dB pe SPL) consiste nel riferire l’ampiezza picco-picco della

forma acustica del transitorio ad una equivalente ampiezza di una sinusoide di lunga durata

e di intensità nota. Infine sono da ricordare altre notazioni dell’intensità di stimolazione,

usabili in particolare quando si desideri riportare i parametri delle ABR di pazienti con

soglie uditive diverse. In tal caso l’intensità può essere espressa in dB SL con riferimento

alla soglia individuale psicoacustica dello stimolo utilizzato per le ABR, o in dB ECL

(effective click level) con riferimento alla soglia audiometrica per toni puri a 4 KHz, o a

valori medi fra le frequenze comprese tra 2 ed 8 KHz.

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5.7.2 polarità dello stimolo (fase)

La stimolazione più comunemente usata per registrare le ABR è rappresentata dalla

ripetizione di transitori a polarità alternata. Questi a loro volta generano nel trasduttore

delle variazioni di pressione acustica in opposizione di fase, rispettivamente di

compressione per transitori di polarità positiva e di rarefazione per transitori di polarità

negativa. Tale stimolazione ha il vantaggio di annullare l’artefatto dovuto alla vicinanza

dell’elettrodo sulla mastoide con il trasduttore, che soprattutto alle alte intensità può

mascherare la porzione iniziale della risposta. La polarità dello stimolo di per sé produce

lievi modificazioni nell’ABR: stimoli di rarefazione tendono a ridurre la latenza delle

componenti, e facilitano le separazioni delle componenti della IV e V. Tuttavia non è del

tutto evidente se ciò possa contribuire a migliorare la sensibilità clinica dell’ABR nei

confronti di determinate patologie. In certi casi in cui non sia dimostrabile un onda V alla

massima intensità di stimolazione, alcuni autori suggeriscono di ripetere la registrazione

con stimoli di rarefazione a cadenza lenta. Questo procedimento potrebbe facilitare la

comparsa della V onda.

5.7.3 cadenza di stimolazione

Aumentando la cadenza di ripetizione degli stimoli, ad esempio passando da 10 stimoli/sec

a 100 stimoli/sec, l’ampiezza delle componenti delle ABR si riduce e la loro latenza

aumenta. Tali variazioni indipendenti dall’intensità di stimolazione, diventano

particolarmente significative con cadenze di oltre 50/sec. L’aumento di latenza è

differenziato per le varie componenti: è meno consistente per le componenti generate in

periferia (onde I e II) ed è più accentuato per le componenti generate più centralmente

(onda V). Di conseguenza l’intervallo I-V può subire un aumento di 0,15-0,30 ms passando

da cadenze di circa 10/s a cadenza attorno a 80/s. Il fenomeno dell’allungamento

dell’intervallo I-V è probabilmente dovuto a processi cumulativi di adattamento e fatica sia

a livello recettoriale sia a livello neuro-sinaptico. Con elevate cadenze di stimolo anche la

differenza fra soglia elettrofisiologica dell’ABR (onda V) e la soglia psicoacustica risulta

maggiore rispetto a quanto si osserva con cadenze attorno a 10/s. Ciò è dovuto alla ridotta

ampiezza dell’onda V, e quindi al suo più difficoltoso riconoscimento a livello della soglia,

ma anche ad una migliore percezione di loudness (sensazione soggettiva di intensità, che

permette di classificare i segnali entro una gamma in cui gli estremi sono rappresentati da

“suoni deboli” e “suoni forti”; l’unità di loudness è il sone) che si verifica inviando

transitori molto ravvicinati tra loro.

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5.8 influenza delle variabili del soggetto nelle ABR

5.8.1 età

Le principali modificazioni dell’ABR sicuramente età-correlate si possono osservare nella

prima infanzia. Tali modificazioni sono espressione della progressiva maturazione della

via uditiva tronco-encefalica, che ha luogo fino all’età di 18-36 mesi di età. Studi condotti

su popolazioni di neonati pretermine, a termine, e su bambini osservati longitudinalmente

fino a 2-3 anni di età hanno permesso di misurare nel tempo le variazioni di latenza delle

componenti dell’ABR. Alla nascita le latenze assolute delle componenti ABR sono

maggiori rispetto a quelle dell’adulto. Inoltre le componenti I, II, III, possono essere poco

definite. Il dato di maggiore rilevanza clinica è costituito dall’intervallo I-V. Ad un’età

concezionale di 24 settimane (neonati pretermine) è di circa 8 ms, e raggiunge valori tipici

dell’adulto (4 ms) attorno a 18-24 mesi. Questa variazione, definita come “traiettoria di

maturazione” riflette la progressiva mielinizzazione ed organizzazione della via uditiva. È

importante conoscere i dati normali dell’evoluzione di questo parametro per poter

individuare i casi con ritardo di maturazione o con patologie centrali di altra natura.

Nei soggetti di età superiore a 60-65- anni, l’ABR può mostrare qualche variazione rispetto

alle risposte di riferimento dell’adulto. Le componenti sono di minor ampiezza e

l’intervallo I-V può risultare lievemente aumentato. Il significato di tali risultati non è ben

chiaro: infatti una popolazione geriatrica comprende quasi sempre una proporzione

relativamente elevata di individui con sordità neurosensoriale (presbiacusia), e questo

aspetto rende difficile attribuire le caratteristiche dell’ABR alla disfunzione della periferia

uditiva piuttosto che della via uditiva centrale.

5.8.2 sesso- misure cefaliche

Negli adulti di sesso femminile l’ampiezza degli ABR è superiore, e le latenze delle onde

III-V ed i relativi intervalli interpicco (I-III, I-V) risultano lievemente inferiori (0,1-0,2 ms)

rispetto ai maschi.

L’origine di tali differenze è incerta. Forse dipendono da fattori ormonali dal momento che

esse non sono osservabili in età pre-puberale e dopo la menopausa.

Un altro fattore che è stato chiamato in causa riguarda le dimensioni cefaliche: i minori

intervalli inter-onda potrebbero dipendere dal minor diametro cefalico delle femmine. È

tuttavia da rilevare nell’uso clinico, l’entità delle variazioni delle ABR dipendenti dal

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sesso, non ha mai reso necessario il ricorso a normative di riferimento separate per maschi

e femmine.

5.8.3 temperatura

La temperatura corporea modifica significativamente le latenze dell’ABR, e di tale effetto

è importante tenere conto in alcune applicazioni dell’ABR (terapia intensiva, monitoraggio

intra-operatorio). L’ipotermia determina un aumento delle latenze. In particolare

l’intervallo I-V al di sotto di 35°C aumenta di circa 0,16 ms/grado. L’ipertermia ha un

effetto opposto, determinando una riduzione delle latenze per temperature corporee di oltre

38°C.

5.8.4 sonno/veglia/attenzione

L’ABR non subisce modificazioni in relazione ai diversi gradi di vigilanza o agli stadi del

sonno naturale o indotto. La sedazione ed il sonno sono condizioni che facilitano la

registrazione dell’ABR, in quanto eliminano gran parte degli artefatti dovuti alla tensione

muscolare ed ai movimenti che possono peggiorare il rapporto segnale/rumore.

5.8.5 farmaci

L’ABR è particolarmente resistente all’azione dei farmaci del snc.. Ciò permette di poter

registrare l’ABR in condizioni di sedazione, di anestesia, d’intossicazione da farmaci. In

quest’ultima condizione, caratterizzata da un’importante depressione dell’attività cerebrale,

il riscontro di un ABR normale esclude una errata diagnosi di morte cerebrale. Quasi tutti i

sedativi del snc, gli anestetici, i neurolettici non hanno apprezzabili effetti sui parametri

dell’ABR 165.

5.9 tipi di stimoli utilizzati nell’esecuzione degli ABR

5.9.1 stimoli acustici

Qualsiasi tipo di stimolo acustico può essere utilizzato per evocare le ABR, a condizione

che la coclea subisca una perturbazione massimale nel minor tempo possibile. Ciò

favorisce l’attivazione sincrona della maggior parte delle unità neurali del nervo cocleare e

dei successivi generatori della risposta.

Possiamo distinguere stimoli che non hanno specificità in frequenza da altri che ne hanno.

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5.9.2 stimoli aspecifici in frequenza

Le prime registrazioni della risposta tronco encefalica sono state evocate con stimoli

denominati “click”. Tali stimoli sono solitamente prodotti inviando un impulso elettrico

tipo onda quadra (della durata di millisecondi) ad un trasduttore. L’onset molto rapido

produce un segnale acustico ad ampio spettro frequenziale che in effetti evoca una scarica

massima di numerose fibre nervose uditive. L’attività di sommazione dei diversi gruppi

neuronali rappresenta le onde costituenti le ABR. Più sincrona è la scarica nervosa,

maggiore è la chiarezza della risposta.

Il rapido tempo di salita del click favorisce una correlazione significativa con la soglia

tonale a 2 e 4 KHz, ma nello stesso tempo comporta lo svantaggio di una bassa specificità

di frequenza.

L’energia acustica è dispersa lungo tutto il range di frequenza ed è accentata alle frequenze

superiori ai 1000 Hz dalle caratteristiche di risonanza dei trasduttori, del condotto uditivo

esterno e dell’orecchio medio. Inoltre, la meccanica della reazione cocleare non favorisce

l’espansione delle regioni apicali della membrana basilare. Per tali ragioni, l’ABR evocato

da click non può essere usato per una stima della perdita uditiva con specificità in

frequenza.

Il click è lo stimolo acustico con un tempo di salita e di discesa quindi praticamente nullo e

viene utilizzato in genere per studiare i potenziali d’azione della coclea, del nervo VIII e i

potenziali precoci del tronco dell’encefalo167.

5.9.3 stimoli specifici in frequenza

Gli stimoli che possiedono una specificità in frequenza sono rappresentati dai click filtrati,

dai tone pip e dai tone burst.

I click filtrati vengono generati semplicemente passando un’onda rettangolare o

sinusoidale attraverso un filtro passa-banda (un filtro che lascia passare tutte e solo le

frequenze in un intorno di una data frequenza detta risonanza, cioè la proprietà del sistema

di assorbire energia solo in un particolare ambito di frequenze, detto banda passante,

accoppiandosi molto debolmente alle frequenze al di fuori di esso) stretto, in modo tale da

produrre una breve esplosione di onde di frequenza centrata dal filtro.

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I suoni secchi filtrati consentono di stimolare solo alcune porzioni della coclea fornendo

una approssimativa valutazione tono topica.

Uno stimolo acustico che fornisce più specificità rispetto al click filtrato è il tone pip

ottenuto filtrando singole onde sinusoidali attraverso filtri passabanda, inoltre i toni brevi

hanno fasi di salita e di discesa simmetrici.

Il tone burst è uno stimolo di più lunga durata delle precedenti circa 30 ms; si ottiene per

filtraggio delle onde sinusoidali e viene impiegato per lo studio dei potenziali corticali.

Presenta 3 caratteristiche:

• Un tempo di salita: tr (rise time)

• Una durata: tp (plateu time)

• Una discesa: tf (fall time)

Figura andamento nel tempo di un click filtrato (a) e di un tone burst (b)

Successivamente è stato introdotto nell’uso clinico un altro tipo di stimolo acustico che

costituisce il miglior compromesso tra specificità in frequenza e possibilità di evocare la

scarica in sincrona del maggior numero possibile di strutture neurali. Si tratta del logon,

stimolo a diamante simile ad un tone pip nel quale il rapporto tra la frequenza di stimolo ed

il numero di cicli nel quale si raggiunge la massima ampiezza durante il rise time, prima

del fall time, è stato matematicamente calcolato dal fisico Dannis Gabor in modo da

mantenere la stessa larghezza di banda spettrale (intervallo nello spettro

elettromagnetico,definito da due diverse lunghezze d’onda, o frequenze) 166.

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5.9.4 numero degli stimoli

Nell’acquisizione delle ABR si ritiene generalmente che 2000 stimoli siano sufficienti a

definire il segnale anche a intensità di stimolazione prossime alla soglia psicoacustica. Nel

caso di presenza di un’attività eeg di base con aspetti non casuali, come ad esempio quote

di segnale bioelettrico causate da potenziali di origine muscolare, anziché aumentare il

numero di ripetizioni, ad esempio a 4000, è più utile valutare la risposta sulla base delle

similarità o dissimilarità di due tracciati ottenuti con 2000 ripetizioni ciascuno.

Va infine considerato che la scelta del numero di ripetizioni dello stimolo è sempre frutto

di un compromesso fra la necessità di migliorare il rapporto segnale-rumore ed il tempo

della registrazione che deve essere mantenuto entro limiti accettabili per il paziente.

Va tenuto inoltre presente che ad un aumento lineare del numero degli stimoli e del tempo

di esame non corrisponde un miglioramento altrettanto lineare del rapporto segnale-

rumore, dopo aver somministrato un certo numero di stimoli, non risulta più conveniente

prolungare a dismisura il tempo di esame per ottenere un limitato miglioramento del

segnale165.

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Capitolo 6

6.1 Materiali e metodi

Il campione che abbiamo esaminato si compone di due gruppi di bambini nati nell’area

vasta nord ovest e afferiti al reparto Otorinolaringoiatria Audiologia e Foniatria

Universitaria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana tra il gennaio 2008 e dicembre

2013.

Il primo gruppo era composto da 89 bambini (53 maschi e 36 femmine) nati pretermine

(prima della 37° settimana), sottoposti e risultati refer allo screening audiologico neonatale

eseguito mediante otoemissioni associate o meno ad AABR alcuni dei quali presentano i

fattori di rischio per ipoacusia identificati dal protocollo per lo screening audiologico

neonatale della regione Toscana.

Per ognuno di questi bambini abbiamo raccolto i seguenti dati:

• Età gestazionale

• Fattori di rischio per ipoacusia materni e o fetali

• Età e soglia per ogni ABR eseguito

• Caratteristiche dell’eventuale perdita uditiva

I fattori di rischio che abbiamo preso in considerazione sono:

• Infezioni materne durante la gravidanza

• Storia familiare di ipoacusia

• Ricovero in terapia intensiva neonatale

• Assunzione di farmaci ototossici

• Diagnosi di sindromi specifiche associate a ipoacusia

La media dell’età gestazionale del gruppo è 32,7 settimane, 6 bambini hanno eseguito lo

screening neonatale solo con otoemissioni mentre 84 hanno eseguito sia otoemissioni che

AABR. In questo gruppo 71 bambini presentavano fattori di rischio mentre gli altri 19 no.

Di questi 47 sono stati ricoverati in terapia intensiva neonatale dopo la nascita.

Il secondo gruppo è composto da 38 bambini nati a termine consecutivamente presso il

reparto di neonatologia dell’ospedale Santa Chiara tra dicembre 2009 e dicembre 2013.

Tutti i bambini hanno eseguito lo screening audiologico neonatale mediante otoemissioni

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ed AABR. In questo gruppo 19 presentano fattori di rischio e 19 no. Di questi bambini 10

sono stati ricoverati in terapia intensiva neonatale dopo la nascita.

Gli ABR sono stati eseguiti con la strumentazione ICS Chart GN Otometrics, lo stimolo in

cuffia con 21 o 11 stimoli per click rate al secondo con polarità alternata, vengono mandati

1024 stimoli in una finestra di analisi da 0,10 a 20 msec. Il test viene ripetuto diminuendo

il livello di stimolazione di 10 dB per volta, e l’intensità più bassa alla quale si osserva

l’onda V è la soglia uditiva del soggetto. I nostri criteri di valutazione degli ABR si basano

solo sulla presenza dell’onda V.

Dal tracciato ABR abbiamo valutato solo la presenza dell’onda V e la sua soglia, non i

valori della sua latenza o della sua ampiezza perché nei bambini appena nati questi valori

sono molto variabili anche nei soggetti con udito normale, essi raggiungono i valori dei

soggetti adulti intorno ai 2 anni d’età.

Sulla base della soglia della V onda in livello uditivo è stato classificato secondo i criteri

del BIAP (Bureau International d’Audio Phonologie):

• normoacusia

• Ipoacusia lieve tra 21 e 40 dB di perdita uditiva

• Ipoacusia moderata tra 41 e 70 dB

• Ipoacusia severa tra 71 e 90 dB

• Ipoacusia profonda oltre 91 dB di perdita uditiva

Tutti i bambini in cui il primo ABR risultava alterato sono stati valutati ogni 3-6 mesi. Nei

casi in cui la soglia ABR si normalizzava, il follow up veniva interrotto dopo che 3 ABR

consecutivi davano risultato nella norma. Negli altri bambini del campione è stato eseguito

un follow up di almeno 18 mesi.

Abbiamo usato il test del chi quadrato per valutare la significatività della differenza nei

bambini con soglia ABR migliorata.

6.2 risultati

Degli 89 bambini appartenenti al primo gruppo 42 (46%) sono risultati nella norma al

primo ABR e sono quindi usciti dallo studio rappresentando i falsi positivi alla procedura

di screening. L’età gestazionale media di questi bambini è 32,2 settimane e l’età media di

esecuzione del primo ABR è di 3 mesi. Soltanto due di loro risultavano refer

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monolateralmente mentre gli altri bilateralmente e 18 sono stati ricoverati in terapia

intensiva neonatale.

Lo studio è stato quindi eseguito su un gruppo di 47 (54%) bambini, 7 dei quali risultavano

refer monolaterali e 40 bilaterali. La media dell’età gestazionale del gruppo è 33,1

settimane. L’età media di esecuzione del primo ABR è di 2,6 mesi. Al primo ABR sono

stati individuati 8 (8,8%) bambini con ipoacusia lieve, 26 (28,8%) bambini con perdita

uditiva moderata e 13 (14,4%) bambini con sordità grave-profonda. Secondo il protocollo

regione Toscana in coloro che presentavano ipoacusia alla prima valutazione abbiamo

eseguito ulteriori controlli ogni 3 mesi fino alla stabilizzazione della soglia uditiva.

Alla fine del periodo di follow up in 16 bambini la soglia uditiva era rimasta stabile (2

presentavano una sordità lieve, 8 un’ipoacusia moderata e 6 una perdita uditiva grave-

profonda). L’età gestazionale media è di 33,1 settimane, 4 di loro sono stati ricoverati in

terapia intensiva. L’età media di esecuzione del primo ABR è di 3,5 mesi mentre quella

dell’ultimo ABR eseguito è di 13,3 mesi. Tra questi bambini 10 presentavano un singolo

fattore di rischio (2 CMV, 4 una sindrome specifica, 1 mutazione connessina, 2 distress

respiratorio, 1 parto gemellare), due bambini avevano più fattori di rischio associati (1

distress respiratorio associato a sepsi e nato da parto gemellare, l’altro bambino invece

aveva distress respiratorio associato ad ittero).

I rimanenti 31 bambini oggetto del nostro studio hanno mostrato un miglioramento

dell’ipoacusia alla fine del periodo di osservazione. Tra questi, 3 sono risultati refer allo

screening solo da un orecchio (28 bilateralmente). L’età gestazionale media di questo

sottogruppo è di 32,3 settimane e 16 di questi neonati sono stati ricoverati in un reparto di

terapia intensiva neonatale. In questo gruppo 24 bambini si sono normalizzati (3

monolaterali allo screening e 21 bilaterali), in 2 abbiamo fatto diagnosi di ipoacusia

moderata e in 5 di perdita uditiva lieve. Più precisamente 6 bambini partivano da

un’ipoacusia lieve al primo ABR (età media di esecuzione 2 mesi) e tutti si sono

normalizzati (età media ultimo ABR di 7,8 mesi). Diciotto bambini inizialmente

mostravano una perdita di udito moderata (età media del primo ABR 2,4 mesi), tra questi

14 si sono normalizzati al termine del follow up e in 4 abbiamo diagnosticato un’ipoacusia

lieve. Infine 7 bambini mostravano al primo ABR (età media di esecuzione 3,2 mesi)

un’ipoacusia grave-profonda, di questi 4 si sono normalizzati, 2 hanno sviluppato

ipoacusia moderata e solo uno di loro alla fine del periodo di osservazione mostrava un

calo uditivo di lieve entità. In questo sottogruppo il bambino migliorato più tardivamente

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aveva 26 mesi ma l’età media di miglioramento è di 10,9 mesi. In questo sottogruppo di

bambini 18 presentavano un solo fattore di rischio noto di cui 7 con distress respiratorio, 3

con una sindrome specifica, 3 ittero, 1 con sepsi, 1 con CMV, 1 con familiarità per

ipoacusia, 1 nato da parto gemellare ed 1 nato iurg) e 5 bambini presentavano più fattori di

rischio; 2 bambini sono nati da parto gemellare ed hanno sviluppato distress respiratorio

altri 2 bambini avevano distress respiratorio associato a sepsi ed un bambino distress

respiratorio associato ad ittero.

Oltre al gruppo di prematuri è stato poi analizzato un secondo gruppo di 38 bambini nati a

termine (14 femmine e 24 maschi), di questi 10 sono risultati normali al primo ABR perciò

sono stati esclusi dallo studio risultando dei falsi positivi allo screening. L’età media di

esecuzione del primo ABR è di 2 mesi e 2 di questi bambini sono stati ricoverati in terapia

intensiva neonatale. Solo due di questi bambini presentavano fattori di rischio rappresentati

in entrambi i casi da ittero associato ad ischemia. Inoltre, 4 bambini a cui è stata

diagnosticata ipoacusia al primo ABR sono stati esclusi dallo studio in quanto non

presentati al successivo controllo.

I rimanenti 24 invece hanno evidenziato una perdita uditiva al primo ABR (8 grave-

profonda, 12 moderata e 4 lieve), di questi bambini 14 mantengono un’ipoacusia stabile (1

lieve perdita uditiva, 7 ipoacusia moderata di cui 1 monolaterale, 6 sordità grave-profonda

di cui 2 monolaterali). L’età media del primo ABR nel sottogruppo dei bambini stabili è

2,5 mesi l’età media dell’ultimo ABR è 10,4 mesi. Di questi bimbi 3 sono stati ricoverati

presso il reparto di terapia intensiva neonatale. 7 bambini appartenenti a questo gruppo

presentano fattori di rischio per ipoacusia; 3 di essi presentano una sindrome specifica, 2

familiarità per ipoacusia, un bambino aveva infezione da CMV, un bambino presentava

distress respiratorio ed encefalopatia ipossico ischemica ed 1 distress respiratorio associato

a sindrome di Down.

In 10 bambini abbiamo registrato un miglioramento della soglia e precisamente:

• 1 passa da una sordità grave profonda alla normalità

• 1 passa da una sordità grave profonda ad un’ipoacusia lieve

• 2 passano da sordità moderata ad un’ipoacusia lieve

• 3 passano da una sordità moderata alla normalità

• 3 passano da una sordità lieve alla normalità

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In questo gruppo l’età media di esecuzione del primo ABR è di 3,1 mesi. Il bambino che

migliora più tardivamente aveva un’età di 31 mesi ma l’età media di stabilizzazione della

soglia è di 14 mesi. 4 di questi bambini sono stati ricoverati in un reparto di terapia

intensiva neonatale. In questo sottogruppo 7 bambini presentavano fattori di rischio (3

distress respiratorio, 1 ipoglicemia associata a dimorfismi facciali, un bambino è nato

IURG e 2 avevano familiarità per ipoacusia).

Riassumendo, nel gruppo di bambini prematuri abbiamo riscontrato il miglioramento della

soglia uditiva nel 65,9% dei bambini, mentre nel gruppo dei bambini a termine nel 41,6%.

La differenza nel numero di bambini migliorati nei gruppi prematuri e non prematuri

calcolata con il test del χ2 risulta al limite della significatività statistica con p= 0,049.

6.3 Discussione

In questo lavoro presentiamo i risultati del follow up audiologico eseguito mediante ABR

di 71 bambini refer allo screening audiologico neonatale e che sono risultati patologici al

primo ABR eseguito presso la nostra struttura. Di questi, 47 bambini erano neonati

pretermine e 24 nati a termine. Abbiamo osservato un miglioramento della soglia uditiva,

di un solo orecchio o di entrambi, valutata mediante ABR in 31 (65%) soggetti

appartenenti al gruppo dei nati pretermine e in 10 (41,6%) bambini nati a termine.

In letteratura sono presenti studi che concordano con i nostri dati riguardo alla percentuale

di miglioramento della soglia ABR in neonati refer allo screening audiologico neonatale

con il primo ABR clinico risultato patologico. Nello studio di Bovo et al (2015) effettuato

su 23 bambini con diagnosi di ipoacusia grave-profonda a 3 mesi di età, è stato osservato

un miglioramento della soglia uditiva in 7 bambini nati prematuramente, la loro soglia

uditiva è passata da un’ipoacusia grave-profonda ad una moderata ed in un caso l’udito si è

normalizzato. In questo studio il miglioramento della soglia uditiva è iniziato tra la 68° e

l’85° settimana di vita (in media 74 settimane) e si è stabilizzati tra la 78° e la 109°

settimana169.

Analoghi risultati sono stati ottenuti in un altro recente studio di Hof et al nel quale sono

stati valutati 14 neonati pretermine (età gestazionale media 29 settimane). Di essi, 9

bambini hanno avuto un miglioramento di soglia uditiva, 4 bambini sono migliorati fino

alla normalizzazione della soglia uditiva mentre 5 bambini hanno avuto solo un

miglioramento modesto. 5 soggetti sono invece rimasti stabili170.

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Osservando i tempi di miglioramento della nostra casistica osserviamo un’età media di

miglioramento più bassa nella popolazione dei prematuri (10,9 mesi) rispetto alla

popolazione dei nati a termine (14 mesi) ed anche il tempo di miglioramento del bambino

che si stabilizza per ultimo è più breve nei prematuri (26 mesi vs 31 mesi). Se paragoniamo

questi risultati con lo studio di Bovo169 notiamo un’età media di miglioramento simile per i

bambini nati a termine (12,3 mesi) con ultimo bimbo che si stabilizza a 32 mesi d’età dopo

un lungo periodo di fluttuazione. Il gruppo dei prematuri analizzato da Bovo invece si

discosta molto dai dati della nostra casistica, infatti, presentano un’età media di

miglioramento di 21,8 mesi ed il bimbo che si stabilizza più tardi ha 27 mesi.

Nel nostro campione solo due bambini, uno prematuro e uno a termine presentavano

infezione da CMV e non hanno mostrato miglioramento della soglia uditiva. Solo uno dei

due ha effettuato terapia con Ganciclovir. Al contrario, dello studio di Bovo dove due

bambini presentavano infezione asintomatica da CMV alla nascita e sono stati trattati con

Ganciclovir per alcuni mesi e sono passati da un un’ipoacusia profonda alla normalità. Gli

effetti benefici del Ganciclovir sulla funzione uditiva sono stati riportati per la prima volta

da Kimberlin et al171 i quali osservarono che l’84% dei neonati con infezione congenita da

CMV e trattati con Ganciclovir ha avuto un miglioramento della soglia uditiva o un

mantenimento di un udito normale al contrario dei bambini non sottoposti a tale terapia172.

Sei bambini prematuri (nessun nato a termine) da noi studiati presentavano ittero alla

nascita. Tra essi 3 non hanno avuto miglioramento della soglia uditiva (2 con sordità grave

profonda ed uno con ipoacusia lieve), in un caso è stata fatta diagnosi di neuropatia uditiva

e 2 bambini sono migliorati passando da un’ipoacusia moderata alla normalità in un caso e

da una perdita uditiva grave-profonda alla normalità nell’altro. Elevati livelli di bilirubina

non coniugata sono stati associati a danno neuronale, i collicoli inferiori ed i nuclei uditivi

del tronco encefalico sono spesso i primi ad essere coinvolti con conseguenti anomalie

uditive173. Studi sull’ittero nei topi hanno dimostrato una riduzione delle fibre nervose

uditive con danno alla guaina mielinica (danni simili si riscontrano nella neuropatia

uditiva174). Il motivo per cui il danno uditivo indotto da iperbilirubinemia può migliorare

nell’arco di diversi mesi è legato ad una lenta rigenerazione delle fibre nervose e della

guaina mielinica. Nello studio di De Vries et al del 1987 si osserva che nei bambini

pretermine con elevati livelli di bilirubina (>/= 14 m7g/dl) il rischio di sviluppare ipoacusia

è maggiore per i bambini con peso alla nascita inferiore a 1500g. Inoltre è stato osservato

che la durata dell’iperbilirubinemia è maggiore nei pazienti ad alto rischio. In questo studio

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al fine di osservare l’effetto indipendente dell’iperbilirubinemia sull’udito sono stati

studiati 6 bambini a basso rischio con livelli di bilirubina <320mumol/l con ABR seriali,

sono stati rilevati ABR patologici in 4 bambini, con peggioramento dei risultati per

persistenza di livelli di bilirubina alti in due. Con il follow up hanno tuttavia osservato un

miglioramento della soglia uditiva in tutti i pazienti con ABR patologici95.

Nel gruppo dei bambini prematuri 9 hanno sofferto di distress respiratorio alla nascita. Di

questi, 4 avevano udito nella norma, 2 presentavano udito stabile (1 con ipoacusia grave-

profonda ed uno moderata) e 3 sono andati incontro a miglioramento (2 da ipoacusia

profonda alla normoacusia ed uno da ipoacusia profonda a moderata). Nel gruppo dei

bambini nati a termine, 3 hanno sofferto di distress respiratorio, 2 di essi mantengono

un’ipoacusia stabile e 1 migliora passando da un’ipoacusia moderata alla normalità.

Esperimenti sugli animali hanno dimostrato che, oltre agli affetti dell’ipossia acuta in cui

tutte le funzioni cocleari sono perse simultaneamente, la suscettibilità delle cellule ciliate

interne ed esterne all’ipossia a lungo termine di grado moderato è differente. Infatti le

cellule ciliate interne e le afferenze cocleari sono maggiormente vulnerabili a tale

situazione rispetto alle cellule ciliate esterne175. Non è ancora stato stabilito un livello di

ipossia a partire dal quale la funzione uditiva è a rischio poiché esiste una suscettibilità

individuale che predispone maggiormente alcuni individui rispetto ad altri. In letteratura

diversi studi mettono in relazione il distress respiratorio e l’ipoacusia, ad esempio studio di

Robertson et al del 2002 si afferma che più del 50% dei pazienti sopravvissuti ad un severo

distress respiratorio sviluppa ipoacusia all’età di 4 anni con inizio del calo uditivo a due

anni176. La review di Borg (1997) conclude che la ventilazione meccanica prolungata,

l’encefalopatia ipossico ischemica e l’ipertensione polmonare sono dei fattori di rischio

indipendenti per lo sviluppo di deficit uditivo.

La differenza tra i migliorati nei due gruppi: prematuri e non prematuri è al limite della

significatività statistica con un p=0,049 (a partire da p=0,50 non è statisticamente

significativo).

Se paragoniamo i nostri risultati con quelli dello studio di Turchetta et al 2012, il quale

aveva l’obbiettivo di valutare alcuni aspetti della maturazione del sistema nervoso uditivo

nei primi mesi di vita e le possibili ripercussioni legate ad un trattamento protesico o con

impianto cocleare troppo precoce, osserviamo un andamento simile177. In questo studio

vengono valutati 70 bambini divisi in due gruppi (42 prematuri e 28 nati a termine) si

osserva una percentuale di miglioramento maggiore rispetto a quella da noi ottenuta.

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76

Infatti, entrambi i gruppi presi in considerazione mettono in evidenza un miglioramento

della soglia ABR di circa il 60%. In questo studio, la maturazione del sistema nervoso

centrale sembra essere omogenea in entrambi i gruppi ed inoltre sembra che la prematurità,

il sesso ed il peso alla nascita non influiscano negativamente sullo sviluppo del sistema

nervoso uditivo. Al contrario, alcuni fattori di rischio sembrano avere una correlazione con

la percentuale di miglioramento, influenzandola negativamente. Infatti nei bambini con

fattori di rischio si osserva un miglioramento del 43,7% che è inferiore rispetto al 73,1%

dei bambini senza fattori di rischio.

Anche nello studio di Bovo et al (2015), molti dei 23 bambini che hanno presentato un

miglioramento dell’ABR presentavano fattori di rischio per ipoacusia, quali prematurità,

sepsi, distress respiratorio, infezione da CMV, malformazioni cerebrali.

Un altro studio, quello di Talero-gutierrez et al (2008), non è stata riscontrata una

correlazione tra miglioramento della soglia uditiva, avvenuta in 8 su 25 bambini con

iniziale diagnosi di ipoacusia da moderata a profonda e la presenza di fattori di rischio178.

Anche nello studio di Kang et al del 2012, che studia 57 bambini senza fattori di rischio

noti o ricoveri in NICU con diagnosi di ipoacusia si osserva un miglioramento della soglia

uditiva. 5 bambini hanno un miglioramento maggiore di 20dB e 4 bambini alla fine del

follow up hanno diagnosi di normoacusia179.

I risultati del nostro studio e la valutazione statistica potrebbero essere stati tuttavia

influenzati dal basso numero dei campioni di studio, che risulta essere comunque in linea

con le casistiche della letteratura e dalla diversità numerica dei due gruppi studiati (47

bambini nel gruppo dei prematuri e 24 bambini nel gruppo dei nati a termine). Inoltre sia la

stima della soglia uditiva, che dei tempi di miglioramento della soglia stessa potrebbero

essere stati influenzati dal timing delle valutazioni audiologiche, non omogeneo tra i casi

riportati e dalla presenza di patologia infiammatoria dell'orecchio medio.

6.4 Conclusioni

La attuazione sempre più diffusa di programmi di screening audiologico neonatale, basati

sulle otoemissioni e AABR e la diagnosi precoce di ipoacusia infantile hanno una

importanza fondamentale, relativamente alle ripercussioni che il trattamento precoce della

sordità congenita ha sullo sviluppo del linguaggio e più in generale sullo sviluppo globale

del bambino.

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77

D'altra parte la valutazione elettrofisiologica, con ABR, di bambini nei primi mesi di vita

può portare ad una errata stima della reale soglia uditiva. Infatti, in accordo con gli studi

della letteratura, abbiamo riscontrato che una percentuale non trascurabile di bambini refer

allo screening audiologico neonatale, risultati patologici al primo ABR, successivamente

dimostrano un miglioramento e talora la normalizzazione della soglia uditiva.

Questo ha delle implicazioni importanti riguardo a trattamenti precoci della sordità

infantile, soprattutto se invasivi, come la procedura di impianto cocleare. Per questi motivi,

la valutazione della soglia uditiva, in bambini molto piccoli deve derivare da valutazioni

audiologiche accurate e ripetute nel tempo, che si basino non solo sulla esecuzione di test

elettrofisiologici, ma anche sulla esecuzione dei test di audiometria comportamentale e

osservazioni logopediche. E' quindi auspicabile che, nel caso di bambini con ipoacusia

congenita, diagnosticati in seguito allo screening audiologico neonatale, la procedura di

impianto cocleare venga indicata solo dopo un periodo, di durata variabile, di training con

protesi acustiche e un attento follow-up audiologico e logopedico, che preveda l'esecuzione

dei test elettrofisiologici, di audiometria comportamentale e dei test di percezione uditiva e

verbale. Trattamenti precocissimi, le cui indicazioni derivino solo dall'esecuzione di test

elettrofisiologico, possono talora risultare un overtreatment.

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