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Universit degli Studi di Siena
Facolt di Economia Richard GoodwinFacolt di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Scienze delle comunicazioni
MASTER IN FINANCIAL PLANNING SIENAEdizione 2001/2002
Tesina finale
Mercato efficiente e gestione indicizzata:
ripercussioni sullattivit del promotore finanziario
Autore:
Alessandro Pedone
Referente scientifico:
Prof. Franco Caparrelli
Relatore:
dott. . Enrico Camerini
Siena, 2 Marzo 2002
In collaborazione con :
TESEO
ANASF
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Alessandro Pedone Mercato efficiente e gestione indicizzata: ripercussioni sul promotore finanziario
Master in Financial Planning SIENA II Edizione Pagina 2di 2
PREFAZIONE
Il lavoro qui proposto nasce dal tentativo di fornire alcune possibili risposte alla seguente domanda: un
operatore professionista, applicando le sue conoscenze e le tecniche derivanti dalla sua professionalit, in
grado di ottenere sistematicamente un rendimento superiore alla media del mercato? Il quesito, se formulato
ad un comune risparmiatore (ma anche a molti operatori che intrattengono le relazioni con il risparmiatore
come promotori finanziari o sportellisti bancari), assume una vaga connotazione tautologica.
A tutta prima, appare evidente che il frutto dellapplicazione di conoscenze e tecniche professionali sia
in grado di fornire risultati superiori alla media.
Nella realt dare una risposta definitiva (affermativa o meno) alla suddetta domanda tuttaltro che
semplice e scontato.
Asserire che un operatore professionista, applicando le sue particolari conoscenze e tecniche, possa
essere in grado di realizzare costantemente extra-profitti rispetto alla media del mercato significa asserire che
il mercato inefficiente. Negli ultimi 30 anni circa, nel mondo accademico e fuori, si aperto un vivacissimo
dibattito circa lipotesi di efficienza dei mercati finanziari.
Un esito definitivo e pacificamente accettato di questo dibattito, come facile intuire, avrebbe un
impatto considerevole sulla cos detta industria del risparmio gestito.
Qualora si dimostrasse limpossibilit per un operatore professionista di battere costantemente il
mercato nessun investitore informato e razionale sarebbe disposto a pagare delle commissioni per la gestione
attiva. Questo avrebbe impatti significativi, non solo per i gestori, ma anche per il lavoro del promotore
finanziario.
Il dibattito teorico sullefficienza del mercato molto interessante ma una trattazione anche
approfondita - dellargomento risulterebbe priva di conseguenze pratiche. Abbiamo quindi pensato di
relegare ad unappendice separata una presentazione dei principali contributi offerti dal mondo accademico
circa il dibattito sullefficienza del mercato, evidenziandone in modo particolare i limiti.
La prima parte descrive la nascita e lo sviluppo del concetto di gestione indicizzata, per poi affrontare il
confronto fra gestione attiva e gestione passiva. Affronteremo prima la questione da un punto di vista logico,
avvalendoci di un ragionamento molto semplice ma estremamente efficace di W. Sharpe, per poi effettuare
delle verifiche empiriche.
Le evidenze raccolte a favore della gestione indicizzata sono numerose e fra loro molto coerenti. Pur
mettendo da parte queste evidenze, laspetto dei costi eccessivi dellindustria del risparmio gestito rende,
mediamente, poco attraente per un cliente la scelta della gestione attiva. Il rapporto fra costi di gestione e le
probabilit di ottenere un extra-profitto rispetto al mercato, infatti, fa propendere per una gestione passiva.
Movendo da queste considerazioni, nella seconda parte, ci occuperemo delle possibili ripercussioni sullavoro del promotore finanziario dovute alla diffusione in Italia della gestione indicizzata attraverso il
veicolo degli ETF. Sosterremo che la consulenza finanziaria rappresenta il futuro della professione del
promotore e mostreremo un possibile scenario di evoluzione delle distribuzione finanziaria in Italia.
Ringrazio Assoconsulenza, nella persona del dott. Massimiliano Romano e del segretario generale dott.
Stefano Masullo, per la collaborazione fornitami nella realizzazione del presente lavoro. Ringrazio inoltre la
dott.sa Germana Martano, caporedattore di Morningstar Italia. Infine, uno speciale ringraziamento al dott.
Maurizio Capra, della Financial Planning Association, per i preziosi suggerimenti.
Alessandro Pedone
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Master in Financial Planning SIENA II Edizione Pagina 3di 3
SOMMARIO
PREFAZIONE.................................................................................................................................... 2
1. GESTIONE ATTIVA E GESTIONE INDICIZZATA ................................................................. 41.1. La gestione indicizzata dal 1970 ad oggi .............................................................................. 4
1.2. Il principio di Sharpe sulla gestione passiva......................................................................... 7
1.3. Il confronto fra gestione attiva e passiva .............................................................................. 9
1.4. Il problema dei costi di gestione.......................................................................................... 11
1.5. I fondi azionari italiani che investono in Italia: un confronto con lindice......................... 15
1.6. Il nuovo fenomeno: gli Exchange-Traded Fund ............................................................. 17
1.7. Conclusioni.......................................................................................................................... 19
2. RIPERCUSSIONI SUL LAVORO DEL PROMOTORE FINANZIARIO................................ 20
2.1. Il problema della cultura finanziaria .................................................................................. 20
2.2. Identit e valori dellindustria del risparmio gestito........................................................... 222.3. Il problema della distribuzione............................................................................................ 24
2.4. Qualcosa sta cambiando ..................................................................................................... 25
2.5. Ripercussioni sul promotore finanziario ............................................................................. 26
2.6. Evoluzione del mercato della consulenza............................................................................ 27
2.7. Conclusioni.......................................................................................................................... 29
CONCLUSIONE .............................................................................................................................. 30
APPENDICE.................................................................................................................................. 311. LIPOTESI DEL MERCATO EFFICIENTE.............................................................................. 31
1.1. Il dibattito sullefficienza dei mercati.................................................................................. 31
1.2. Random Walk....................................................................................................................... 321.3. Il modello di efficienza di E. Fama...................................................................................... 32
1.4. Altre definizioni di efficienza del mercato ........................................................................... 33
1.5. Verifiche empiriche.............................................................................................................. 34
1.6. Il problema del prezzo corretto ed altri limiti alla determinazione di efficienza............ 36
1.7. Cosa possiamo concludere circa lefficienza del mercato e la capacit dei gestori di
sovraperformare costantemente lindice ................................................................................................. 37
Bibliografia...................................................................................................................................... 38
ALLEGATI
1. CONTRATTO DI CONSULENZA INDIPENDENTE2. CODICE DEONTOLOGICO ASSOGESTIONI
3. PROSPETTO INFORMATIVO ETF ISHARE (in formato elettronico. PDF)
4. PROSPETTO INFORMATIVO ETF Nasdaq-100 Trust Fund (in formato elettronico. PDF)
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1. GESTIONE ATTIVA E GESTIONE INDICIZZATA
When we buy and actively managed fund, we
are like gamblers in Vegas. We know it is likely to be
a losing proposition, yet somehow we feel we are
getting our moneys worth.
Wall Street Journal 27 Febbraio 2001
Nel 1935, Gerald M. Loeb nel suo famoso
libro, The Battle for Investment Survival, scriveva:
Once you attain competency, diversification isundesirable. One or two, or at most three or four
securities should be bought. Competent investors
will never be satisfied beating the averages by a
few small percentage points. In quegli anni gli
operatori non erano neppure sfiorati dal dubbio
circa la capacit di un operatore professionista
competente di battere il mercato.
I decenni successivi sono stati caratterizzati
da un impressionante aumento della capacit
tecnica di effettuare verifiche empiriche circa ilcomportamento dei prezzi nei mercati finanziari.
Laffermarsi degli strumenti informatici ha messo
in condizione gli studiosi di effettuare ricerche
sempre pi ricche ed accurate.
La maggior parte del mondo accademico e
professionale, oggi, ritiene che i mercati finanziari
sviluppati siano caratterizzati da un elevato grado
di efficienza informativa.
Con questo termine non intendiamo
affermare che i mercati siano sempre razionali ed
in grado di valutare correttamente le informazioni
disponibili bens che le probabilit di ottenere
extra-profitti dal mercato impiegando le
informazioni disponibili sono tendenti allo zero.
Limpiego dellanalisi fondamentale e
dellanalisi tecnica, in una ipotesi di efficienza
molto elevata dei mercati, non pu essere
premiante.
Abbiamo voluto brevemente sintetizzare ildibattito sullefficienza del mercato in appendice
al presente lavoro. Tale dibattito sicuramente
affascinante e fornisce utili informazioni circa il
funzionamento del mercato, ma non di grande
aiuto nel rispondere al quesito che funge da filo
conduttore di questa lavoro.
Ci che realmente interessa linvestitore non
tanto conoscere se il mercato sia o meno
intrinsecamente efficiente, quando se i gestori
attivi di fondi comuni di investimento siano in
grado scoprire le eventuali inefficienze del
mercato per fornire un guadagno al netto dei cosi.
La questione dellutilit della gestione attiva
di fondi piuttosto diversa dal dibattitosullefficienza del mercato. Lefficienza del
mercato un presupposto sufficiente ma non
necessario ad escludere lutilit della gestione
attiva. In questo capitolo descriveremo
brevemente la storia della gestione passiva negli
Stati Uniti e cercheremo di fare un confronto
teorico e pratico con la gestione attiva.
1.1. La gestione indicizzata dal 1970 adoggi
Nei primi anni 70 del secolo scorso la teoria
dellefficienza dei mercati finanziari, insieme
allipotesi pi restrittiva di Random Walk, ebbe
un notevole successo. La quasi totalit del mondo
accademico la fece propria e sulla base di queste
convinzioni lindustria del risparmio gestito inizi
una lunga non ancora completata - fase di
trasformazione.
Il 1976 stato un anno storico per il settore.
In quellanno, John C. Bogle ha fondato il First
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Index Investment Trust, il primo mutual fund
indicizzato della storia rivolto agli investitori
privati. Successivamente stato chiamo Vanguard
500 Index fund e nel novembre del 2000
diventato il pi grande fondo comune al mondo
per asset in gestione superando i 100 miliardi di
dollari.
La nascita del primo fondo indicizzato ha
dato il via ad un lento, ma continuo, processo di
trasformazione dellintera industria del risparmio
gestito.
Un passo fondamentale di questo processo
stato sicuramente il lancio degli ETF (Exchange-
Traded Fund) avvenuto con lautorizzazione daparte della SEC nel 1992 dello Standard & Poors
Depository Receipt (SPRD, pronunciato
Spider). Gli ETF, che approfondiremo
successivamente, hanno diversi vantaggi rispetto
ai mutual fund tradizionali. Stanno contribuendo
notevolmente a trasformare il modello di business
della distruzione finanziaria negli Stati Uniti.
Nel 1993 Morgan Stanley cre gli Optimised
Portfolios as Listed Securities (OPALS). Gli
OPALS sono stanzialmente
ETF prodotti per investitori
istituzionali che utilizzano
vari indici della famiglia
Morgan Stanley Capital Index
(MCSI). Tre anni dopo,
Morgan Stanley, forte
dellesperienza avuta con gli
investitori istituzionali ed
unendo le forze con la
Barclays Global Investment e
lAmerican Stock Exchange,
lanci sul mercato i World
Equity Benchmark Shares
(WEBS). Questi fondi hanno
una struttura molto simile agli
OPALS ma sono registrati
alla SEC e quindi sono
accessibili agli investitori
privati.
Nel 1997 stato lanciato
il primo ETF indicizzato al Dow Jones Industrial
Average (DJIA).
Il 10 Marzo 1999 si affacciato sul mercato
il primo ETF indicizzato al NASDAQ ed subito
diventato di gran lunga il pi scambiato, oltre che
quello con il pi alto tasso di crescita in assoluto.
Questo fondo-azione, giornalmente, lazione
di gran lunga pi scambiata allAmerican Stock
Exchange e fra le azioni pi scambiate al mondo.
(Abbiamo allegato, per magigiori informazioni il
prospetto di questo ETF)
Tra il 2000 ed il 2001 Barclays Global
Investment ha lanciato un impressionante numero
di ETF, denominati iShare, indicizzati ai pisvariati indici mondiali; ad oggi sono circa 75 gli
ETF appartenenti alla famiglia iShare. Gli iShare
sono indicizzati alle seguenti famiglie di indici:
Dow Jones, Goldman Sachs, MSCI, Russel e
S&P. (In allegato i prospetti informativi degli
iShare) Praticamente non esiste asset, con un
minimo rilievo per la composizione di un
portafoglio, compreso il mercato immobiliare, che
non abbia il suo ETF in grado di ricostruirne
Tabella 1 Classifica dei fondi americani per patrimonio in gestione (NAV)
Nome del FondoData diinizio
NAV
(miliardi $)
NAV($)ponderato per anni
di vita del fondo
Fidelity Magellan 02/05/63 76,88 5.428.612
anguard 500 Index 31/08/76 72,28 3 7.778.734
American Funds Growth 01/01/59 36,34 2.308.181
PIMCO Total Return Ins 11/05/87 34,6 6.422.870
Fidelity Growth & Inco 30/12/85 33,72 5.730.795Fidelity Contrafund 17/05/67 31,79 2.505.912
American Funds New Per 13/03/73 27,78 2.630.931
SPDR Trust 29/01/93 27,6 2 8.371.247
American Funds EuroPac 16/04/84 27,15 4.172.430
American Century Ultra 02/11/81 26,91 3.635.013
Janus 05/02/70 24,58 2.102.472
Vanguard Instl Index 31/07/90 24,05 5.712.589
Vanguard Windsor II 24/06/85 22,1 3.639.058
Fidelity Growth Compan 17/01/83 22,0 3.160.011
Nasdaq-100 Trust 10/03/99 20,92 1 19.624.765
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fedelmente i rendimenti.
Lultima arrivata nel mercato degli ETF
stata proprio Vanguard con la categoria di ETF
denominata VIPER che ad oggi conta solo due
ETF, uno indicizzato al Russel 2000 e laltro
(introdotto il 4 Gennaio 2002) indicizzato al
Russel 4500 Completion Index. Lingresso di
Vanguard nel mercato degli ETF
particolarmente significativo. Anche i pi scettici
hanno compreso che questo strumento non
rappresenta una moda passeggera ma destinato a
modificare radicalmente il settore degli
investimenti finanziari.
Nella tabella 1 abbiamo indicato i net assetvalue dei primi 15 fondi al mondo per patrimonio
in gestione. Il dato aggiornato all8 Febbraio
2002.
Alcune evidenze balzano agli occhi
osservando la classifica: dei primi 15 fondi
americani un terzo sono fondi a gestione passiva e
due sono ETF.
Per esprime la rapidit con la quale il
mercato dei fondi indicizzati sta conquistando
quote di mercato negli Stati Uniti ho aggiunto ai
dati forniti da Morningstar una
colonna che suddivide il
patrimonio del fondo per i giorni
di esistenza del fondo stesso.
Questa indicatore
statisticamente impreciso dal
momento che landamento dei
mercati ha una fortissima
incidenza sul NAV, ma la
sostanza del dato rimane valida.
LETF indicizzato al
NASDAQ-100, ad esempio, in
meno di tre anni al 15 posto.
LETF collegato allo S&P 500
gi all8 posto.
Il trend positivo della
gestione indicizzata non si
arrestato neppure durante il 2001,
anno caratterizzato da unaflessione del 3% del patrimonio in
gestione nei mutual fund. Vanguard con la sua
compagine di fondi indicizzati ha continuato ad
accrescere il suo patrimonio in gestione
raggiungendo la ragguardevole cifra di 581
miliardi di dollari. Nella classifica dei 15 fondi
pi venduti nel 2001 (net cash flow) il 25% sono
fondi Vanguard.
Gli ETF hanno registrato tassi di crescita
ancora pi significativi. Il grafico presentato nella
figura 1 illustra i tassi di crescita degli asset in
gestione nel quinquennio 1995-2000. Gli
istogrammi mostrano i tassi di crescita annuali
mentre la linea indica la somma progressiva, di
anno in anno, dei tassi di crescita. I dati sonoimpressionanti per dimensione e costanza. Il
grafico mostra anche i tassi di crescita dei mutual
fund. Naturalmente i due tassi non possono essere
immediatamente confrontati. I mutual fund e gli
ETF attraversano una fase del ciclo di vita di
prodotto completamente diversa. Mentre gli ETF
sono stati lanciati da pochi anni ed solo dal 1997
che il mercato veramente esploso, i Mutual fund
sono ormai un prodotto consolidato. Gli asset in
gestione degli ETF sono ancora una piccolapercentuale rispetto agli asset in gestione dei
Figura 1- I tassi di crescita degli ETF sono incredibilmente elevati. Naturalmente non possibile confrontarli con quelli dei Mutual Fund in quando i due prodotti si trovano in unadiversa fase del ciclo di vita.
Fonte: nostra elaborazione su dati ICI (Investment Company Institute). www.mutuals.com
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mutual fund.
Fatta questa precisazione
importante, riteniamo comunque
significativa la dinamica del
NAV dellultimo anno.
Il grafico presentato in
figura 2 confronta il net asset
value dei soli mutual fund
azionari con il NAV degli ETF
(che sono tutti collegati ad
indici azionari) nel corso del
2002.
Come si pu vedere, un
anno di mercato negativo hasensibilmente decrementato il
NAV dei mutual fund mentre gli
ETF hanno continuato a
guadagnare terreno, sebbene il
tasso di crescita sia stato
notevolmente inferiore rispetto allanno
precedente. Mentre i mutual fund chiudono il
2001 con una perdita del 18%, il NAV degli ETF
cresce, nello stesso anno, del 20% circa.
Riteniamo che questo dato, insieme agli altri,
dimostri inequivocabilmente che il fenomeno dei
fondi indicizzati non una moda passeggera. Gli
ETF sono destinati a restare a lungo nel mercato
ed a trasformare lindustria del risparmio gestito.
Dopo aver visto come il mercato ha accolto
la nascita dei fondi indicizzati utile verificare
perch questi prodotti sono cos apprezzabili.
1.2. Il principio di Sharpe sulla gestione
passiva
Alcuni sostenitori della gestione attiva, pur
ammettendo che la gestione indicizzata ha battuto
nei passati decenni la maggioranza dei fondi a
gestione attiva, sostengono che non detto che in
futuro questo continuer ad essere vero.
Altri sostengono che nei mercati pi
difficili come quelli delle piccole aziende o dei
paesi emergenti un gestore attivo ha molte pi
probabilit di fare meglio dellindice.
Entrambe queste argomentazioni sono prive
di fondamento.
William Sharpe1 in un articolo del 1991
espone un ragionamento di una semplicit
imbarazzante. Linizio dellarticolo piuttosto
diretto:
Osservazioni come queste riferendosi alle
argomentazioni dei paragrafi precedenti sono
fatte con allarmante frequenza dagli investitori
professionisti. In alcuni casi sono esposti con
subdoli e sofisticati ragionamenti. Molto spesso,
le conclusioni possono essere giustificate solo
assumendo che le leggi dellaritmetica sono
sospese per la convenienza di coloro che scelgono
di perseguire la carriera di gestori di fondi.
Sharpe prosegue il suo ragionamento
servendosi esclusivamente dellaritmetica
elementare: somma, sottrazione, moltiplicazione e
divisione sono le sole regole di cui il premio
Nobel si avvale.
Partendo dallassunto che lintero mercato
composto da operatori attivi ed operatori
1 William F. Sharpe, The arithmetic of ActiveManagement, The Financial Analysts Journal, Vol. 47,No.1 1991, pp. 7-9
Figura 2- Mentre il 2001 ha visto un decremento del patrimonio in gestione dei MutualFunds azionari, dovuto in larga parte alla flessione dei mercati, gli ETF hanno continuatoa guadagnare terreno
Fonte: nostra elaborazione su dati ICI (Investment Company Institute). www.mutuals.com
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passivi, devono essere vere le seguenti
asserzioni:
1) al lordo dei costi, il rendimento medioponderato del denaro attivamente gestito
sar uguale a quello passivamente gestito
2) al netto dei costi, il rendimento medio
ponderato del denaro attivamente gestito
sar inferiore a quello passivamente
gestito.
Queste asserzioni sono vere per ogni tipo di
mercato e per ogni periodo di tempo. E
necessario fare alcune precisazioni.
Prima di tutto deve essere selezionato un tipo
di mercato. Ad esempio le azioni presenti nel
Mibtel o nel Topix o in qualsiasi altro mercato. In
secondo luogo ogni investitore che detiene azioni
di quel mercato dovr essere classificato come:
- Gestore passivo. Cio un operatore che
detiene, in ogni momento, tutte le azioni
presenti nel mercato nella proporzione
riflessa dallindice. Se, ad esempio, unazione rappresenta l1,5% del mercato, il
gestore passivo avr 1,5% del proprio
portafoglio composto da quellazione.
- Gestore attivo. Cio un operatore che avr
un portafoglio diverso dallindice di
mercato e che operer delle scelte in base
alla sua percezione di mispricing, a
considerazioni relative allanalisi tecnica
o applicando qualsiasi altro criterio.
In ogni momento dato, il rendimento
medio del mercato sar pari al rendimento
medio ponderato dei titoli che compongono il
mercato. Il rendimento medio dei gestori
passivi, al lordo dei costi, sar uguale al
rendimento del mercato. Ne segue che il
rendimento medio lordo dei gestori attivi
anchesso uguale al mercato. Dal momento
che il rendimento del mercato la mediaponderata dei rendimenti dei gestori attivi e
passivi, se il rendimento del gestore passivo
uguale al mercato anche il rendimento del
gestore attivo non pu che essere uguale al
mercato, sempre al lordo dei costi. Questo
semplicissimo ragionamento prova la prima
affermazione. Per provare la seconda
affermazione sufficiente constatare che i
costi della gestione attiva sono superiori a
quelli della gestione passiva. I gestori attivi,
come intuitivo, devono sostenere una serie
di costi (di ricerca, di negoziazione,
tassazione, ecc).
La logica di questo ragionamento schiacciante. Viene spontaneo chiedersi come
sia possibile che una tale evidenza venga
ignorata dai gestori di fondi attivi. Oltre alla
spiegazione legata alle motivazioni personali
dei gestori (indicate da Sharpe, in maniera
non certo indiretta, nella citazione sopra
riportata) vi sono altre osservazioni pertinenti
da indicare.
I gestori attivi non rappresentano
linsieme del mercato non-passivo. Nel
mercato ci sono anche gli investitori
individuali. In linea teorica, quindi, i
gestori attivi possono, al netto dei costi,
fare meglio dei gestori passivi ma questo
presuppone che gli investitori individuali
facciano talmente male da pagare i costi
dei gestori attivi.
I fondi a gestione attiva, sovente, non
competono esattamente nello stesso
mercato dei fondi a gestione passiva.
Tipicamente, un fondo che ha come
benchmark lo S&P 500 pu avere una
parte del portafoglio investita in piccole
aziende tecnologiche e dichiarare di aver
battuto lindice. Ma questo, naturalmente,
non vanifica la validit delle due
asserzioni fatte in precedenza.
I fondi a gestione attiva non sono sempre
interamente investiti. Questo pucomportare, in momenti di mercato
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negativo, che i fondi attivi con una
consistente parte del patrimonio in
liquidit facciano meglio dei fondi
passivi. Ovviamente vale anche il
contrario: in momenti di mercato molto
positivi, essere liquidi, comporta una
evidente penalizzazione.
Le classifiche dei fondi attivi non
prendono in considerazione i fondi
cessati. Le performance dei fondi a
gestione attiva sono sovrastimate dal fatto
che una significativa percentuale di fondi
esce dal mercato. Ovviamente questo
accade ai fondi che hanno fatto registrareperformance particolarmente deludenti.
Considerando solo i sopravvissuti la
media viene falsata.
Le performance dei fondi non
rappresentano una stima affidabile del
risultato medio del denaro gestito
attivamente semplicemente perch le
performance non sono ponderate per il
patrimonio effettivamente gestito dal
fondo.
Tenuto conto di tutte queste osservazioni
rimane il dato di fatto: il risultato medio ponderato
del denaro gestito attivamente in un mercato, al
netto dei costi, non pu che essere inferiore
rispetto al risultato medio ponderato del denaro
gestito passivamente.
Per dirla con le parole di Sharpe: Properly
measured, the average actively managed dollarmust underperform the average passively
managed dollar, net of cost. Empirical analyses
that appear to refute this principle are guilty of
improper measurement.
1.3. Il confronto fra gestione attiva epassiva
Nel corso degli anni sono stati fatti numerosi
confronti fra gestione attiva e indici di mercato.
Molto spesso questi confronti, pur basandosi su
numeri oggettivi, sono stati criticati dai sostenitori
della gestione attiva o passiva a seconda dellesito
del confronto.
Il problema sono i termini del confronto.
Facciamo un esempio. Confrontare un fondo
azionario che investe negli Stati Uniti con lindice
S&P 500 pu sembrare equo. In realt la
correttezza di questo confronto dipende dallo
scopo della comparazione. O meglio: dipende da
quale abilit del gestore attivo vogliamo
verificare. Il gestore attivo, essenzialmente, pu
creare valore attraverso il market timing e lo
stock/asset picking.
a) Market-Timing
Un fondo gestito attivamente pu scegliere(nei limiti del regolamento del fondo) se, quando
e quanta liquidit tenere in portafoglio. Se le sue
previsioni sul mercato nel quale investe sono
molto positive sceglier di investire la totalit del
patrimonio a sua disposizione. Viceversa, rester
in larga parte liquido, in attesa di entrare nel
mercato in un momento migliore, se le sue
previsioni non sono positive. In linea teorica (se
lipotesi del mercato efficiente fosse priva di
fondamento) questa operazione potrebbe
apportare un significativo extra-rendimento.
Alcuni operatori del settore si domandano se
sia giusto delegare parzialmente le scelte di asset-
allocation ai gestori dei fondi. Ipotizziamo che un
investitore decida di avere in portafoglio una certa
percentuale investita del fondo azionario
americano dellesempio precedente, qualora il
gestore (come accade nella media in Italia) resti
liquido per un 10/15% questo avrebbe un impatto
sulleffettiva asset allocation dellinvestitore.
b) Stock-Picking
Allinterno del mercato selezionato un
gestore attivo si differenzia dal gestore passivo
per il numero ed il peso che i singoli titoli hanno
nel portafoglio. Il gestore attivo, in base alle sue
previsioni, sceglier solo i titoli che prevede
avranno un andamento positivo e, allinterno di
questi, peser maggiormente quelli per i quali
molto positivo.
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Questo lavoro di selezione apporta un valore
aggiunto se, allinterno della categoria
selezionata, la performance del fondo stata
migliore rispetto ad un indice che meglio
rappresenta la categoria selezionata.
Ancora una volta si ripresenta un problema
simile a quello discusso per il market-timing. E
giusto che il gestore modifichi la tipologia di
investimento? E molto diverso avere un fondo
azionario americano che investe in aziendeLarge-
Cap-Value o Small-Cap-Growth. Il profilo di
rischio delle due asset-class, ovviamente, molto
diverso. Questo genere di decisione deve essere
presa in sede di asset allocation di portafoglio o digestione di un fondo attivo?
Confrontando gestione attiva e gestione
indicizzata importante domandarsi che tipo di
verifica si desidera compiere. Nellesempio del
fondo azionario americano, qualora il fondo si sia
concentrato nelle Small-Cap si posso presentare
diversi tipi di verifica.
a) Capacit di stock-picking. In questo caso
non utile confrontare il fondo con lo
S&P 500 perch lindice non rappresenta
lasset class scelta dal gestore. E
necessario confrontare il rendimento con
un indice pi adeguato, come il Russell
2000 Index, ad esempio.
b) Capacit di asset-picking. Alcuni
potrebbero osservare che, se la scelta di
selezionare le small-cap allinterno del
mercato americano stata premianterispetto allindice S&P, giusto
evidenziare lextra-rendimento rispetto
allobbiettivo del fondo di investire in
azioni americane. Tale ragionamento
fondato nel caso in cui il gestore spazi tra
diverse asset-class allinterno del mercato
di riferimento. In questo caso, per
verificare la sua capacit di asset-picking
necessario fare il confronto con lindice
generale rappresentativo delluniverso
investibile nel quale spazia il gestore ma,
al tempo stesso, abbracciare un arco
temporale rappresentativo di pi cicli
delle varie asset-class per verificare la
capacit del gestore di selezionare le
diverse asset-class nel momento
opportuno.
c) Capacit di market-timing. Lo stesso
ragionamento fatto per la capacit diasset-picking valgono per il market-
timing. E importante, valutando il
market-timing, avere una serie temporale
rappresentativa di pi cicli dei mercati
finanziari. In una fase negativa
ragionevole aspettarsi che a parit di
altre condizioni un fondo indicizzato
abbia una performance peggiore di un
fondo attivo che resta liquido per un 10%.
Per verificare se la scelta del gestoreattivo stata premiante necessario
confrontare anche le fasi positive del
mercato, dal momento che lextra-
rendimento momentaneo potrebbe essere
totalmente eliminato da unimprovvisa
inversione del mercato che il gestore non
in grado di cogliere.
Normalmente i gestori attivi asseriscono di
utilizzare sia lo stock-picking, sia lasset-picking,
sia il market-timing. Si comprende agevolmente
come la verifica congiunta della validit di queste
tecnica risulti piuttosto complessa.
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Sharpe2 nel 1992 ha
pubblicato un interessante articolo
nel quale ha proposto un modello
basato sullanalisi regressiva dei
rendimenti rispetto a 12 asset-class
(Bills, Intermediate-term Gov.
Bonds, Long-term Gov. Bonds,
Corporate Bonds, Mortage-Related
Securities, Large-Cap Value,
Large-Cap Growth, Mid-Cap,
Small-Cap, Non-US Bonds,
European Stocks, Japanese Stocks).
La tesi sostenuta da Sharpe,
esprimendola in maniera moltosintetica, la seguente: se nel
periodo confrontato i rendimenti di
un fondo sono fortemente correlati
con unasset class o con un mix di
asset-class giusto utilizzare tali
asset-class come confronto,
indipendentemente dal benchmark
o dalla categoria di appartenenza
dichiarata dal gestore.
La metodologia proposta da Sharpe apparemolto ragionevole sebbene, inevitabilmente, presti
il fianco alle critiche dei gestori attivi che
accusano il metodo di arbitrariet e non aderenza
alle reali politiche di investimento perseguite dai
fondi analizzati.
Allargando larco temporale dei dati analizzati, ed
includendo tutte le asset class, possibile avere un
confronto piuttosto significativo, anche se non
totalmente esente da critiche o da distinguo dei
singoli gestori attivi. Nei 16 anni terminati nel
giugno del 1998, ad esempio, il complesso dei
fondi azionari americani che investivano nel
mercato locale hanno realizzato una performance
media annua del 16,5%. Pari cio all87% della
performance realizzata dallindice Willshire 5000
che nello stesso periodo ha realizzato una
performance media annua del 18.9%. E
2
William F. Sharpe, Asset Allocation: managementStyle and Performance Measurement, Journal of PortfolioManagement, Winter 1992, pp. 7-19
importante notare che questo dato, gi non
particolarmente confortante per i gestori attivi,
esclude tutti quei fondi che sono spariti durante i
16 anni analizzati. Considerato che i fondi che
chiudono sono quasi esclusivamente quelli che
hanno performance deludenti, la media effettiva
della gestione attiva dovrebbe essere inferiore.
Alcuni studi su questo fenomeno hanno
identificato in circa l1,5% la sottostima derivante
dalsurvival-effect.
1.4. Il problema dei costi di gestione
Battere il mercato, per la media dei gestori
attivi, impossibile. La met dei gestori che, per
fortuna o per bravura, riescono ad avere
performance lorde superiori alla media del
mercato devono affrontare dei costi di gestione
molto elevati.
In Italia lunico costo solitamente percepito
da un investitore mediamente informato la
commissione di ingresso del fondo. Cio lunicache chiaramente visibile nel momento in cui
Tabella 2- Le commissioni medie di ingresso dei fondi comuni italiani suddiviseper categorie considerando il primo scaglione di ingresso.
Fonte: Assogestioni Fact Book 2001
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Master in Financial Planning SIENA II Edizione Pagina 12di 12
linvestitore riceve la conferma di acquisto delle
quote (vedi Tabella 2). Gli investitori pi
informati iniziano a porre attenzione anche alle
commissioni di gestione che hanno un impatto
molto pi significativo nel lungo termine.
Ma la somma di queste commissioni non
fornisce affatto un quadro reale del complesso dei
costi, diretti ed indiretti, che gravano sulla
gestione di un fondo. In questo paragrafo
desideriamo fare unanalisi pi precisa di questi
costi per dimostrare come, al di l delle classifiche
e di tutte le analisi empiriche che si possono fare,
tentare di battere la media del mercato sia
sostanzialmente un gioco perso in partenza, comegiocare alla roulette. I principali costi che
gravano su un investitore che sceglie un fondo a
gestione attiva sono: commissioni, costo della
liquidit, costi di negoziazione, costi relativi al
market impact, costi legati alla tassazione. Fra i
costi minori a carico del fondo, ricordiamo:
Le spese di pubblicazione suoi quotidiani
del valore unitario del fondo
I costi della stampa dei documenti
periodici destinati al pubblico
Le spese di revisione e certificazione dei
rendiconti del fondo
Gli oneri fiscali di pertinenza del fondo
I prestiti assunti ai sensi dellart. 4 dellalegge 77/83
Le spese legali e giudiziarie sostenute
nellesclusivo interesse dei sottoscrittori.
Sono a carico del gestore (rientrano quindi
nelle commissioni di gestione):
Le spese di funzionamento e
amministrazione
Le spese relative alla preparazione, allastampa ed alla diffusione del materiale
commerciale
Tutti gli altri costi non esplicitamente
indicati sopra.
Per i fondi non molto grandi, le spese minori
possono avere comunque una incidenza
apprezzabile ma sicuramente la prima categoria
di costi che incide in maniera rilevante.
Un discorso a parte
andrebbe fatto per i costi
relativi alla banca depositaria.
Molto spesso la banca
depositaria una banca
appartenente allo stesso
gruppo. La commissione
applicata dalla banca
depositaria quindi, che grava
sul fondo e non sulla societ digestione, potrebbe essere un
trasferimento indiretto di utili
dalla controllata alla
capogruppo. Le commissioni
medie applicate dalla banche
depositarie non sono
trascurabili come si potrebbe
pensare. Mediamente sono lo
0,12% annuo, secondo i dati
forniti da Assogestioni.
Tabella 3- Le commissioni medie di gestione dei fondi comuni italiani.
Fonte: Assogestioni Fact Book 2001
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Commissioni. Il costo delle commissioni che
gravano sui fondi sono direttamente legati ai costi
aziendali dellimpresa che eroga il servizio di
gestione del risparmio compreso, ovviamente, il
profitto. Fra questi costi ricordiamo i costi di:
distribuzione, marketing, personale,
amministrazione, ricerca, ecc. Le commissioni che
gravano sui fondi si dividono in commissioni di
ingresso/uscita e commissioni di gestione. Un
fenomeno molto diffuso nel nostro paese sono le
commissioni di performance che, essendo
calcolate sui rendimenti di breve periodo
(normalmente trimestrale) e comparandoli con
indici comodi, si traducono sostanzialmente in
costi aggiuntivi, spesso anche molto significativi.
Alcuni dati di Assogestioni sulle commissioni di
performance sono interessanti. Solo il 64% dei
fondi obbligazionari prevede commissioni di
performance, mentre il 78,3% dei fondi azionari,
l83% dei fondi flessibili ed il 97% dei fondi
bilanciati prevedono commissioni di performance.
Man mano che, utilizzando benchmark comodi,
pi facile battere il benchmark, i regolamenti dei
fondi si adeguano introducendo questa ricca
possibilit di caricare commissioni aggiuntive.
Un altro fenomeno particolarmente diffuso
nel nostro paese sono le commissioni di gestione
delle gestioni patrimoniali in quote di fondi
(GPF). Chi acquista fondi attraverso GPF non solo
paga commissioni di gestione sui fondi ma paga
anche una commissione di gestione per il sevizio
di market timing che dovrebbe essere incluso
nella gestione. Questo costo aggiuntivo va da un
minimo di circa mezzo punto percentuale ad unmassimo del 2% per le gestioni multi-brand. Nel
2000 sono stati introdotti anche i Fondi di Fondi
che applicano la stessa logica di commissioni su
commissioni. Le commissioni di gestione medie
di questi prodotti, secondo Assogestioni sono del
1,06%. A queste si devono sommare le
commissioni dei fondi in cui investono.
Ipotizzando la media dell1,4%, considerando le
doppie commissioni per la banca depositaria e le
commissioni di performance, arriviamo a superareil 3% di commissioni annue.
Nel 1998, la commissione di gestione media
di un fondo azionario americano era del 1,53%.
Come si pu vedere dalla tabella 3, le
commissioni di gestione nel 1998 in Italia erano
superiori a quelle statunitensi e, mentre il trend
negli Stati Uniti in diminuzione, nel 2000 in
Italia le commissioni di gestione sono
ulteriormente aumentate. Negli Stati Uniti,
inoltre, le commissioni di performance sono solo
su pochi fondi molto particolari e sono
statisticamente irrilevanti. Quando sono applicate,
inoltre sono calcolate con un metodo molto pi
corretto3. Questo non vale per il nostro paese dove
gi le commissioni di gestione sono mediamente
pi alte; se aggiungiamo anche quelle di
performance le commissioni medie superano il
2%.
Costo della liquidit. Mediamente un
gestore attivo mantiene un 10% di liquidit. Nei
15 anni terminati nel 1998 lo S&P500 ha fornito
un rendimento medio del 18%. Durante lo stesso
periodo la liquidit veniva remunerata
approssimativamente con un 6%. In questo
periodo, quindi, tenere il 10% del patrimonioliquido costato l1,2%. C anche da osservare
che le commissioni di gestione sono calcolate
sullintero patrimonio del fondo. Sia quello
liquido che quello investito. La commissione
reale del patrimonio investito quindi pi alta.
Calcolando rendimenti medi annui pi vicini alla
media storica, il costo della liquidit rimane
comunque significativo, intorno all1%.
Costi di negoziazione. Negli Stati Uniti, il
turnover medio del portafoglio dei fondi agestione attiva di circa l80%. Vendere un titolo
per comprarne un altro presenta un costo palese,
rappresentato dalla commissione di negoziazione,
ed un costo occulto rappresentato dallo spread
denaro/lettera. Lincidenza pi significativa data
dal costo occulto che varia abbastanza da mercato
3 Le commissioni di performance negli Stati Uniti,
mediamente, si calcolano utilizzando il metodo Watermark,molto utilizzato negli Hedge Fund. Sostanzialmente lacommissione scatta al momento della realizzazione dellaplusvalenza.
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a mercato. I mercati meno liquidi, ovviamente,
hanno uno spread pi alto.
Uno studio realizzato da Morningstar sul
turnover di portafoglio fa luce sui reali costi di
trading. Morningstar ha selezionato due categorie
di fondi. Quelli con un turnover di portafoglio
inferiore al 20% e quelli con un turnover superiore
al 100%. In 10 anni i fondi con pi basso turnover
hanno avuto un rendimento medio dell 12,87%, il
secondo gruppo ha ottenuto un rendimento
dell11,29%. Una differenza dell1,58% allanno.
Questi studi sono effettuati sul mercato
statunitense che indubbiamente il pi efficiente
del mondo.Costi relativi al market impact.
Contrariamente a quanto ritengono gli investitori,
avere un patrimonio da investire molto consistente
non affatto un vantaggio. I gestori di fondi che
devono comprare o vendere grossi pacchetti
azionari di una societ incorrono in un costo
occulto definito come market impact.
BARRA INC4, unazienda di ricerca
californiana molto importante ha fatto uno studio
sul market impact. BARRA ha analizzato la media
dei fondi azionari specializzati in piccole e medie
aziende. Il patrimonio in gestione medio di 500
milioni di dollari ed un turnover di portafoglio fra
l80% ed il 100%. BARRA ha dimostrato come
questi fondi subivano una perdita media dovuta al
market-impact tra il 3% ed il 5%. Non possibile
fare una stima precisa ed oggettiva di questo
costo. I mercati pi liquidi, come le grandi
aziende americane, ne sono colpiti certamente
meno. La maggior parte del patrimonio dei fondi
nel mondo investita in queste aziende. Volendo
fare una stima pi conservativa di questo costo
dovremmo considerare almeno un 1% di
rendimento decurtato dal market impact.
Costi legati alla tassazione. La tassazione
sui mutual fund americani molto diversa dai
fondi comuni italiani. Come noto, la tassazione
dei fondi comuni italiani calcolata non sul
rendimento effettivamente realizzato ma sul
4www.barra.com
rendimento maturato. Sul lungo termine, la
differenza diventa significativa. Ipotizzando un
rendimento medio annuo costante del 10%, dopo
10 anni, in termini nominali, la tassazione sul
realizzato produrrebbe l8,1% del capitale
investito in pi rispetto ad un investimento con
tassazione sul maturato. Su 20 anni, la differenza
del 65,9%. Su 30 anni la differenza del 300%.
In tema di tassazione giusto sottolineare che
il principio della tassazione sul maturato, in luogo
di quella sul realizzato, iniqua. Se confrontiamo,
per, le aliquote statunitensi con quelle italiane ci
rendiamo conto che in termini assoluti, per quanto
riguarda limposta sul capital gain, gli Stati Unitihanno un prelievo fiscale molto pi consistente
(portandosi questo reddito in dichiarazione). Per
una volta non possiamo dire che siamo
penalizzati.
Fatte queste considerazioni sui costi utile
osservare unaltra caratteristica dei fondi comuni a
gestione attiva: la percentuale di correlazione con
lindice del mercato. I fondi azionari americani
che investono nel mercato interno hanno una
correlazione con lindice S&P 500 dell86%. Ci
significa che linvestitore si accolla il costo di
gestione solo per avere 14% del proprio
portafoglio che si comporta in maniera diversa
rispetto allindice.
Pi grande il patrimonio di un fondo
comune e maggiore il suo grado di correlazione
con lindice. Morningstar ha evidenziato come,
nei 3 anni terminati il 31 Agosto 1999, i cinque
pi grandi fondi azionari americani avessero una
correlazione con lo S&P 500 del 95%. I 5 fondi
hanno ottenuto un rendimento dopo le tasse tra il
21,1% ed il 26,9%. Nello stesso periodo il pi
famoso fondo indice, il Vanguard 500 Index fund
ha ottenuto un rendimento, dopo le tasse, del
27,5%. Su gli 80 fondi azionari pi grandi in
america nessuno, nel periodo considerato, ha
battuto il Vanguard 500 Index fund dopo la
tassazione.
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Alessandro Pedone Mercato efficiente e gestione indicizzata: ripercussioni sul promotore finanziario
Master in Financial Planning SIENA II Edizione Pagina 15di 15
Il dibattito sullefficienza del mercato un
dibattito affascinante cos come i vari tipi di
confronti fra gestione attiva e indici, su varie serie
storiche, che possono essere realizzati. Quando
consideriamo laspetto dei cost, per, il confronto
fra gestione attiva e passiva assume una diversa
prospettiva: quella della convenienza.
Indipendentemente dalla possibilit teorica,
tentare di fare meglio del mercato non sembra una
scelta economicamente vincente. Immaginiamo,
per semplicit, un ritorno medio nominale dal
mercato azionario del 10%. Ipotizziamo che una
certa percentuale di gestori attivi riesca ad avere
uno scostamento medio annuo dallindice del 5%.
Scegliendo ex-ante, vi sono pari probabilit
di ottenere un risultato lordo del 15% o del 5%.
Ipotizzando dei costi complessivi, piuttosto bassi,
del 3%, un investitore si trova a fare una scelta
che, con la stessa probabilit, pu produrre un
risultato netto del 12% oppure del 2%, quando il
mercato produce un rendimento del 10%: ovvero
per fare il 2% in pi del mercato si assume il
rischio di perdere l8%.
1.5. I fondi azionari italiani cheinvestono in Italia: un confronto conlindice
A partire dalla met del 1999 la stampa
specializzata italiana ha sollevato la questione
delleffettivo grado di indicizzazione dei fondi
comuni italiani. Alberto Fo (ANIMA), in
unintervista al Sole-24 ore, ha sostenuto che la
grande maggioranza dei fondi italiani segue ilbenchmark pedissequamente pur incassando
commissioni da gestione attiva.
Lanciato il sasso nello stagno, si sono
scatenate una serie di reazioni alcune delle quali
particolarmente interessanti per largomento
oggetto del presente lavoro.
Uno studio empirico di Andrea Beltratti e
Renato Miraglia, ad esempio, concludeva che i
fondi italiani non possono essere in gran parte
tacitamente indicizzati. Questa conclusione traeva
spunto da unanalisi delle dispersioni dei
rendimenti dei fondi dalla media delle rispettive
categorie. Con tutto il rispetto per gli autori di
questo studio, tale metodo di indagine non
fornisce indicazioni utili al dibattito sulla presunta
tacita passivit dei gestori italiani. I gestori
appartenenti ad una stessa categoria possono
seguire indici di riferimento anche molto diversi
luno dallaltro. Si pensi ad esempio alle categorie
Azionario Pacifico, Azionario Internazionale,
Bilanciati (solo recentemente suddivisi in tre
categorie) per non parlare degli specializzati.
Prendere la media di una categoria Assogestioni,
frutto di una classificazione necessariamente
approssimativa, ci pu dire ben poco circa lo
stile di gestione dei singoli fondi.
Pietro Giuliani (Azimut), in una successiva
intervista su Milano Finanza ha sostenuto che
lintroduzione del benchmark pu aver contribuito
a fornire una sorta di alibi ai gestori per perseguire
politiche di gestione passive. Mentre Mario Noera
(Deutsche Bank), sempre sul Sole-24 ore, pur
sostenendo che i fondi della sua banca sono
realmente attivi, evidenziava come in Italia le
commissioni di gestione trovino la lorogiustificazione anche nel servizio di consulenza ed
assistenza alla clientela che i gestori anglosassoni
non svolgono. Riprenderemo questultima
riflessione che ci sembra particolarmente
significativa per chi svolge la professione di
promotore finanziario - nella seconda parte.
In un successivo articolo riportato su Milano
Finanza, Roberta Castellarin, Federica Pezzatti e
Mariano Mangia hanno confrontato le
performance dei fondi azionari contro lindiceComit globale riscontrando alti indici di
correlazione.
Uno studio maggiormente scientifico
stato prodotto da Rony Hamaui e Marco Ratti5 .
Hamaui e Ratti hanno utilizzando una base dati
piuttosto limitata (40 fondi azionari italiani dal
1994 al 1999) ma la metodologia di analisi ha
fornito informazioni estremamente interessanti.
5 Rony Hamaui, Marco Ratti, I fondi italiani sonoindicizzati?, BCI - Capital Markets Notes, n.14 Agosto1999
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Alessandro Pedone Mercato efficiente e gestione indicizzata: ripercussioni sul promotore finanziario
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Gli indici utilizzati per il confronto sono stati
il Comit Performance (che comprende i
dividendi), il Comit Globale ed il Bankitalia BOT
lordo. Sono stati poi nettizzati gli indici per
eliminare lincidenza della tassazione.
Regredendo le variazioni delle performance
dei fondi sullindice azionario al netto
dellimposta si giunti ad una stima di investito
medio in azioni pari all86%. Il benchmark di
confronto per lo studio stato quindi definito per
l86% come il Comit Performance al netto
dellimposizione fiscale e per il 14% come il
rendimento netto del cash (Bankitalia BOT).
Definito il benchmark stato calcolato iltracking error (TE). Per la precisioni sono stati
calcolati due TE, uno a beta unitario (assumendo
cio un investito medio pari all86%) ed uno a
beta libero (con un investito sistematicamente
diverso dall86%).
I risultati di questo studio, piuttosto ben
strutturato, sono molto interessanti non tanto per il
dibattito sulla passivit o meno dei fondi comuni
italiani, quanto per le indicazioni circa le
performance rispetto al benchmark.
Lo studio di Hamaui e Ratti, infatti, ha
evidenziato come non si possa affermare che i
gestori italiani siano passivi in senso stretto.
Oltre il 90% del campione, infatti, aveva un TE
maggiore di 2,5. La stragrande maggioranza
vengono definiti a rischio controllato: cio un
TE compreso tra 2,4% e 5,3%. I gestori attivi in
senso pieno sono circa il 10%. Di questi la
maggioranza investono in piccole aziende e quindi
lindice Comit non sembra adeguato. Potrebbero
essere semplicemente gestori passivi (o a rischio
controllato, utilizzando la terminologia dello
studio) che semplicemente utilizzano un indice
diverso. Su questo lo studio non pu fornire
nessuna indicazione n in senso positivo n in
senso negativo.
Ma i risultati pi interessanti di questo studio
sono quelli relativi alle performance dei fondi.
Lindicatore di performance scelto linformation
ratio (media dei rendimenti attivi fratto
deviazione standard: ovvero quanto il fondo rende
di pi del benchmark per ogni unit di rischio in
pi che prende).
Meno del 10% dei fondi ha aggiunto valore
al benchmark (il quale, lo ricordiamo, netto della
tassazione e con il 14% di cash).
Riportiamo un paragrafo significativo dello
studio di Hamaui e Ratti:
Dallo scatter degli information ratios si pu
anche notare come uno dei risultati classici della
letteratura sulle performance dei fondi (il corsivo
nostro) si ritrovi anche in questo caso: la maggior
parte dei gestori qui considerati non stata in grado
di produrre vero valore, dato che gli information ratios
sono in maggioranza negativi. Abbiamo fatto una
piccola verifica tesa a valutare se esista un effetto
market timing che distorce gli alfa (e quindi gli
information ratios) verso valori negativi; ci di fatto
accade leffetto timing infatti significativo per 13
fondi in media ma non cambia linterpretazione dei
risultati. Lalfa medio annualizzato del 2,8%,
tenendo conto del timing, del 1,2% senza tenerne
conto. Ma la stima di alfa, con o senza effetto timing,
non varia apprezzabilmente al variare dei tracking
error ; in media essa uniformemente negativa per
tutti i livelli di rischio. Anche questa evidenza porta
quindi a concludere che non vi alcun legame fra
attitudine del gestore a prendere rischi attivi e
capacit di produrre valore attraverso lo stock picking.
Queste parole ci sembrano particolarmente
eloquenti circa la possibilit che il market timing e
lo stock picking aggiunga valore rispetto
allindice.
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I fondi italiani non fanno certo
eccezione rispetto a quelli
anglosassoni. La peculiarit
negativa dei fondi italiani che pu
essere evidenziata riguarda invece la
scarsa trasparenza in tema di
dichiarazione dello stile di gestione.
Nei paesi anglosassoni la differenza
fra gestione attiva e gestione passiva
molto marcata e pubblicamente
dichiarata. In Italia, la maggioranza
dei fondi di fatto, per usare le
parole di Hamaui e Ratti, a rischio
controllato. Cio quasi-passiva, ma
le commissioni sono commissioni
da gestore puramente attivo.
1.6. Il nuovo fenomeno:gli Exchange-Traded Fund
Fino alla fine del 2001 gli
Exchange-Traded Fund (ETF) in Italia erano
pressoch sconosciuti.
Nelle prime settimane del 2002 la stampaspecializzata Italiana ha iniziato a pubblicare
alcuni articoli sulla gestione indicizzata in
generale e sugli ETF in particolare. Naturalmente
il sistema bancario ancora molto lontano
dallavere un minimo di familiarit con questi
strumenti. Amilcare Pollice, di Merril Lynch, cita
su Milano Finanza6una ricerca dalla quale risulta
che la maggioranza dei borsini non conosce
neppure cosa siano gli ETF.
Nonostante questo, gli ETF si possono abuon diritto definire il nuovo fenomeno. Hanno
infatti tutte le caratteristiche per modificare in
modo permanente e radicale il mondo del
risparmio gestito nel nostro paese.
Allinizio di questo capitolo abbiamo
ripercorso rapidamente le tappe storiche della
gestione indicizzata includendo la nascita e
levoluzione degli ETF nel mercato americano.
6 Milano Finanza 2 Febbraio 2002, ETF, arriva lapiattaforma. Un mercato domestico? Il segreto del successo,pag. 25
In questa sezione desideriamo descriverne il
funzionamento tecnico e le principale
caratteristiche che li rendono particolarmente
attraenti, per un pianificatore finanziario, come
mattoncini fondamentali per i portafogli
finanziari dei clienti.
a) Il funzionamento interno
I tradizionali fondi comuni di investimento
seguono il seguente, ben noto, processo:
1) Gli investitori sottoscrivono il
contratto di investimento trasferendo
della liquidit alla societ emittente il
fondo comune
2) La societ acquista i titoli con le
disponibilit trasferite dal cliente
3) Successivamente il cliente richiede il
rimborso delle quote
4) La societ vende i titoli in portafoglio
e trasferisce la liquidit cos ottenuta
al cliente.
Questo processo certamente molto logico e
lineare ma anche molto inefficiente e costoso.
Figura 3- Il flusso monetario ed i principali protagonisti implicati nella creazione di unETF. E interessante notare che non vi vendita n acquisto nel processo di creazione erimborso degli ETF ma solo scambio fra azioni dellETF ed azioni sottostanti.
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Negli ETF, la logica di creazione-rimborso
rovesciata. La figura 3 schematizza questo
processo indicando il flusso monetario ed i
principali protagonisti.
La figura centrale di questo processo sono
gli Authorized Participants (APs). Sono delle
istituzioni finanziari che fungono da market
maker. La creazione di un ETF avviene attraverso
uno scambio fra le azioni dellindice e le azioni
dellETF. Le AP depositano, solitamente a blocchi
di 50.000 azioni chiamati creation units, presso
la Depository Trust Clearing Corporation
(DTCC)7
le azioni che compongono lindice. Conqueste azioni viene creato un ETF. In cambio
delle azioni dellindice cedute dalle AP esse
ricevono azioni dellETF sempre in blocchi di
50.000 azioni. Il rimborso degli ETF pu avvenire
solo in blocchi e si effettua attraverso lo scambio
fra le azioni dellETF con le azioni dellindice
sottostante.
Il gestore che promuove la nascita di un
nuovo ETF cerca delle AP che intendano dare
inizio al nuovo fondo. Dopo la costituzione del
nuovo ETF le AP iniziano a scambiare le azioni
sul mercato e creano o rimborsano nuovi blocchi
di azioni in base alle richieste del mercato.
Il processo descritto assolutamente
semplificato. Nella realt ci sono una serie di
complicazioni non indifferenti legati ai calcoli dei
dividenti di tutte le azioni che compongono
lindice nonch a tutte le commissioni (di deposito
e di gestione dellETF) che sono incluse nel
valore delle azioni dellETF.
Ci che rilevante ai fini del presente lavoro
evidenziare come questo processo della
creazione del rimborso di un ETF non prevede i
costi legati allacquisto ed alla vendita delle azioni
sottostanti. Questa una differenza fondamentale.
Ci sono tre tipologie di ETF:
7 Ci riferiamo al mercato americano. La DTCC un
organismo regolato dalla SEC posseduto dalla collettivitdellindustria finanziaria. La DTCC stata creata nel 1999 dallafusione della Depository Clearing Company e la NationalSecurities Clearing Corporation.
Management Investment Company
Unit Investiment Trust
Grantor Trust
La maggior parte di ETF sono costituiti sotto
forma di Management Investment Company in
maniera del tutto simile, dal punto di vista
giuridico, ai classici fondi comuni di
investimento. Questa tipologia di ETF molto
simile ad un fondo comune indicizzato come ad
esempio quelle di Vanguard. Il gestore libero di
scegliere come replicare lindice. Pu, ad
esempio, utilizzare derivati, gestire il pagamento
dei dividenti, selezionare gli specialisti, i
distributori, i gestori amministrativi, ecc.
Tutti gli ETF denominati iShare della BGI ed
i Sector SPDRs della State Street hanno questa
veste giuridica.
Della seconda categoria di ETF, gli Unit
Investment Trust (UIT), fanno parte un gruppo di
fondi numericamente sparuto ma consistente in
termini di asset in gestione. Lo SPDR Trust (SPY)
il Nasdaq-100 Trust (QQQ), il Diamon Trust(DJA) e lo S&P MidCap 400 Trust (MDY) sono
esempi di ETF che hanno la forma di Unit
Investment Trust. Lo SPDR Trust ed il Nasdaq-
100 Trust, in particolare, rientrano fra i primi 15
fondi al mondo per patrimonio in gestione come
abbiamo detto nella tabella riportata nel primo
paragrafo.
Una Unit Investment Trust opera in maniera
simile ad una Management Investiment Company
ma meno flessibile. La sua struttura giuridica, adesempio, gli impedisce di utilizzare derivati e
lindice deve essere seguito con grande rigidit. I
dividendi sono distribuiti e non possono essere
reinvestiti.
Infine vi sono i Grantor Trust, uno strumento
che impropriamente viene definito ETF. Di
questa categoria fanno parte gli Holding Company
Depository Receipts (HOLDRs) creati dalla
Merrill Lynch. Attraverso gli HOLDR gli
investitori posseggo le azioni sottostanti con tutto
quello che questo comporta. Il paniere di azioni
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Alessandro Pedone Mercato efficiente e gestione indicizzata: ripercussioni sul promotore finanziario
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assolutamente statico e quindi non vi una replica
fedele dellindice. E possibile rimborsare gli
HOLDERs a blocchi di 100 azioni avendo
indietro le azioni sottostanti.
b) I vantaggi degli ETF rispetto ai fondi a
gestione attiva
I Financial Planner hanno trovato negli ETF
qualcosa di molto vicino al prodotto ideale. Se
questo vero per gli Stati Uniti e gli altri paese
anglosassoni che dire dellItalia? Nei paesi
anglosassoni, come abbiamo visto, sono nati i
fondi comuni indicizzati i quali hanno conquistato
interessanti fette di mercato nei prodotti di
risparmio gestito. Questi fondi sono i diretti enaturali concorrenti degli ETF. In Italia la
possibilit di utilizzare ETF rappresenta la sola
strada per scegliere la filosofia della gestione
indicizzata e quindi questi prodotti trovano nei
fondi comuni tradizionali i loro concorrenti.
I principali vantaggi degli ETF sono tre:
1) I costi sono enormemente pi bassi
2) Sono pi efficienti dal punto di vista
fiscale
3) Sono molto pi flessibili e comodi da
utilizzare
Laspetto dei costi di gestione certamente il
pi attraente. Replicare landamento dello S&P o
del Nasdaq-100 utilizzando gli ETF pu costare
meno di venti centesimi allanno, mediamente un
decimo di quello che costa con un fondo comune
italiano.
Da un punto di vista fiscale gli ETF
subiscono la tassazione non sul maturato come i
fondi di diritto italiano ma sul realizzato come una
qualsiasi azione.
Infine, gli ETF sono estremamente pi
comodi da utilizzare in un portafoglio per due
ragioni: sono facilmente negoziabili durante tutto
il giorno e sono prodotti che non riservano
sorprese. Quando un Financial Planner
costruisce un asset allocation lo fa basandosi
essenzialmente sugli indici di mercato. Quando
arriva il momento di tradurre in fondi comuni i
vari asset si introduce una incognita aggiuntiva:
come si comporter il fondo selezionato rispetto
allasset class stabilita per il portafoglio?. La
possibilit di eliminare questa incognita (che in
alcuni casi potrebbe fornire esiti positivi ma, come
abbiamo visto, nella grande maggioranza dei casi
linverso) rappresenta un grosso vantaggio.
1.7. Conclusioni
La gestione indicizzata strutturalmente
superiore rispetto alla gestione attiva. Le
argomentazioni di Sharpe riportate sono
schiaccianti e la storia degli ultimi 30 anni ha
dimostrato che i fondi a gestione passiva
forniscono maggiori soddisfazioni ai propri
sottoscrittori.
La diffusione in Italia degli ETF destinata a
non lasciare spazio a quei fondi italiani che
attuano uno stile di gestione sostanzialmente
passivo pur applicando commissioni da gestione
attiva.
Tutto questo avr ripercussioni significative
in tutta lindustria del risparmio gestito ed,ovviamente, anche nella sua distribuzione.
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2. RIPERCUSSIONI SUL LAVORO DEL PROMOTOREFINANZIARIO
When the capital development of a country becomes
the by-product of the activities of a casino, the job is
likely to be ill-done
John Maynard Keynes
Gli ultimi due anni sono stati probabilmente i
peggiori della storia del risparmio gestito in Italia.
Sono stati due anni che hanno messo a nudo una
realt difficilmente sostenibile per lintera
industria: la stragrande maggioranza delle
aziende ha fallito nel tenere fede alle aspettativedei propri clienti.
Il Sole-24 ore del 5 Febbraio 2002 riportava
una ricerca commissionata a Datamedia da Il
Sole-24 ore Radiocor. I risultati di questa ricerca
sono piuttosto interessanti. Riportiamo alcuni
stralci dellarticolo:
Il 26,9% degli intervistati, mille risparmiatori
rappresentativi dell'universo nazionale, ha infatti
manifestato delusione per gli investimenti personali. Nel
10,4% dei casi, questi strumenti erano stati offerti da
una banca, nel 3% da un promotore finanziario e nel
13,5% erano stati scelti autonomamente [ ]
La delusione, quando si manifesta, talvolta
termina con la rottura del rapporto con il proprio
intermediario, a riprova del fatto che tutto sommato il
pubblico non poi cosi passivo: il 22,8% degli
intervistati ha interrotto almeno una volta un rapporto
con un intermediario per lo scarso servizio offerto. Per,
solamente il 39,4% degli intervistati consapevole delfatto che la banca o il promotore sono frequentemente
in conflitto di interessi. C' poi un'elite finanziaria, pari
al 31,8% degli intervistati, che riterrebbe utile o
opportuno un servizio di consulenza finanziaria offerto
da professionisti indipendenti da pagare a parcella.
In questa seconda parte sosterremo la
seguente tesi: lasimmetria informativa fra
domanda ed offerta sta penalizzando in maniera
pesantissima i risparmiatori italiani. Questa realt
rappresenta una opportunit per i promotorifinanziari che hanno il coraggio di chiamarsi fuori
dal sistema e contribuire a colmare il gap di
conoscenza fra cliente e industria.
2.1. Il problema della cultura finanziaria
Sfortunatamente per i fruitori di servizi
finanziari, la cultura finanziaria fortemente
deficitaria. La scarsit di cultura nella domanda
certamente la chiave del problema. In assenza di
questo fenomeno lofferta sarebbe costretta ad
adeguarsi o lasciare spazio ad operatori pi
qualificati di altre nazioni. Nellattuale situazione,
invece, la scarsit di cultura finanziaria dilaga
anche allinterno dellindustria.
La stragrande maggioranza del sistema
distributivo purtroppo non sufficientemente
qualificata. Questa una realt sia allinterno delsistema bancario pi tradizionale che fra le reti di
promotori finanziari. Il livello di scarsa
qualificazione tale che fare distinzioni fra i due
canali distributivi diventa una questione
marginale.
Gli ultimi 10 anni sono stati costellati da
esempi di prodotti finanziari sempre pi sofisticati
con i quali il canale distributivo ed i clienti si sono
dovuti confrontare senza averne la bench minima
preparazione tecnica.
Prima che il fenomeno della discesa dei tassi
riducesse il rendimento nominale delle cedole dei
BTP, il risparmiatore italiano era sostanzialmente
esposto solo al rischio di un eventuale
differenziale negativo tra il tasso di interesse
nominale e linflazione. Differenziale negativo
che si effettivamente presentato per non pochi
anni dal dopoguerra ai primi anni 90.
I problemi pi grandi, per il risparmiatoreitaliano, sono arrivati con la discesa dei tassi di
interesse. Questo fenomeno ha molto avvicinato il
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mercato finanziario italiano a quello dei paesi pi
avanzati, ma se il gap tecnico stato colmato
rapidamente, lo stesso non pu dirsi per il gap
culturale. In assenza delle necessarie competenze,
il maggior rendimento che questo
ammodernamento avrebbe potuto portare, si
trasformato in notevoli perdite per buona parte dei
risparmiatori.
La ricerca del cedolone stata una delle
cause principali di insoddisfazione.
Non molti anni fa c stato il fenomeno dei
reverse floater. Un cos complesso prodotto
strutturato stato venduto a moltissimi
risparmiatori da intermediari, i quali, nella
maggioranza non avevano la minima conoscenzadel suo funzionamento. Alcuni direttori di banca
e responsabili di uffici titoli interrogati
personalmente ritenevano che i reverse floater
fossero una sorta di prodotto a met fra un BTP ed
un CCT avendo una componente di cedola fissa
ed una di cedola variabile.
Alla fine del periodo di discesa dei tassi c
stato il grande travaso dai titoli di stato (ormai con
rendimenti nominali ai minimi storici) ai fondi
comuni obbligazionari. Anche in questo caso la
scarsissima cultura finanziaria dei clienti e della
distribuzione ha creato i presupposti per
insoddisfazioni future. La convinzione prevalente
di quel periodo era che, poich i fondi
obbligazionari investono in titoli di stato, non era
molto differente investire direttamente in titoli di
stato o attraverso fondi. Lidea che un fondo
obbligazionario potesse avere rendimenti negativi
non stata neppure palesata ai risparmiatori.
Molto spesso questa realt era sconosciuta anche a
chi proponeva linvestimento.
Il grande aumento dei mercati azionari, con il
conseguente innalzamento dei tassi di interesse,
ha comportato rendimenti eccezionali per i fondi
azionari e negativi per i fondi obbligazionari.
Questo ha premiato prevalentemente le reti di
distribuzione con promotori finanziari che
tendenzialmente privilegiano i fondi azionari (sui
quali vi pi margine). Il sistema bancario, pieno
di clienti con fondi obbligazionari, ha sofferto
molto in quel periodo ed ha pensato bene di
convertire, nel momento peggiore, il portafoglio
dei clienti trasferendone buona parte in fondi
azionari. Il risultato di questa scelta stato
evidentemente disastroso. Un numero molto
consistente di risparmiatori ad oggi, dopo 5/7
anni, continua ad avere rendimenti nominali
negativi.
La scarsa cultura del sistema finanziario
molto evidente anche nel recente fenomeno delle
obbligazioni argentine. La superficialit con la
quale continuavano ad essere proposte ai
risparmiatori fino alla met del 2001 lascia
sbigottiti. A tuttoggi si stanno ponendo le
condizioni perch il fenomeno si ripeta con altri
paesi emergenti come potrebbe essere la Turchia.Ma i prodotti nei quali lasimmetria
informativa maggiore sono sicuramente i
derivati. Prendiamo il caso dei Covered Warrant.
Pochi investitori informati, a conoscenza del costo
implicito nel prezzo di emissione8, sarebbero
disposti ad acquistare un tale prodotto. Lascia
sbalorditi, quindi, il successo che i Coverei
Warrant hanno riscosso sul mercato. Leggere le
pubblicit di questi prodotti su giornali finanziari
che parlano di emozioni forti, opzioni digitalisemplici come un gioco, fanno ben capire come
questa industria abbia completamente smarrito i
suoi valori e la sua funzione che dovrebbe essere
quella di gestire i risparmi con un ottica di
medio/lungo periodo.
Quando affrontiamo largomento delluso dei
derivati nellindustria del risparmio gestito
difficile non vedere come lasimmetria
informativa fra clienti e produttori venga sfruttata
con una buona dose di spregiudicatezza. I prodotti
strutturati sono stati una grandissima fonte di utile
per lintera industria a discapito degli investitori.
Per molto tempo i reverse convertible, sfruttando
il mito del cedolone, hanno imperversato nei
portafogli finanziari. Dopo due anni di mercati
azionari negativi, lultima moda in tema di
prodotti finanziari il capitale garantito. E tutto
8 Il prezzo di un warrant funzione del tempo, della
volatilit e del prezzo del sottostante. Acquistando un CW,sostanzialmente, il cliente sta comprando la volatilit delsottostante. Il prezzo della volatilit deciso dallemittente delCW e rispetto al valore teorico vi uno scarto a vantaggiodellemittente di decine di punti percentuali.
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un fiorire di derivati in prodotti pi o meno
complessi che hanno in comune costi elevatissimi
e scarsa trasparenza. Per quanto tempo ancora sar
possibile far passare il risparmiatore italiano da
una delusione allaltra?
Tutti gli episodi che abbiamo velocemente
passato in rassegna hanno alcune caratteristiche
comuni. Tutti sono stati resi possibili grazie alla
scarsissima cultura finanziaria della domanda.
Tutti sono stati agevolati dalla scarsa cultura
finanziaria del canale distributivo il quale, in larga
parte, non era consapevole delle caratteristiche del
prodotto che stava consigliando alla clientela.
Tutti sono stati prodotti cercando di rispondere
alla richiesta del mercato a totale discapito dellesue reali necessit.
Quando il mercato chiedeva la cedolona si
prodotto la cedolona con i reverse floater a
discapito del capitale. Poco importava se,
tecnicamente, quello era il momento meno
opportuno. Quando il mercato chiedeva altissimi
rendimenti si producevano altissimi rendimenti
con i reverse convertible. Oggi che il mercato
chiede la garanzia del capitale si produce la
garanzia del capitale ipotecando i rendimenti deiprossimi 5 o 7 anni.
Milano Finanza del 9 Febbraio 2002 ha
pubblicato a pagina 31/32, nellinserto Fondi &
Gestioni un articolo sulla nuova generazione di
strutturati. Riportiamo alcuni stralci significativi
dellarticolo a firma Paola Valentini:
Lultima generazione rappresentata dalle
gestioni patrimoniali a capitale garantito, nate lanno
scorso. [] Inoltre, per questi prodotti il capitolo costi
ha un peso importante e, a differenza dei fondi comuni,
in genere poco trasparente. Negli ultimi tempi sono
stati fatti passi avanti per una maggiore chiarezza delle
commissioni grazie allIsvap, che ha emanato
disposizioni per i prospetti delle index linked che sono
entrate in vigore il 1 dicembre. Da quella data non
sono molte le emissioni di index linked ma per quelle
poche che sono state lanciate le informazioni a
disposizione dei risparmiatori nella nota informativa
sono aumentate. Per esempio nella nota di New life
borsa 10 della Banca popolare di Vicenza messo in
evidenza che le commissioni dacquisto sono dell8,5%
e che il livello di protezione a scadenza pari al
108,75% del versamento. Non altrettanto per le unit
per le quali lIsvap sta per emettere numerose
disposizioni. Per questo le societ si affrettano a
collocare sul mercato i prodotti prima che arrivino
norme pi restrittive. (il corsivo nostro). [ ]
Nellultimo anno, complice la crisi dei listini, le
societ hanno aumentato lofferta di prodotti a capitale
garantito. Ma gli ultimi nati sono, nella maggior parte
dei casi, strumenti pi complessi di quelli di prima
generazione. La complessit data dal meccanismo di
calcolo di indicizzazione, cio dalla formula che
permette di calcolare il rendimento a scadenza. Non
solo. Anche dal punto di vista dei panieri cui legato il
rendimento c stata unevoluzione che non hasemplificato la vita ai risparmiatori.
Recentemente si sono affacciati sul mercato,
ad esempio, prodotti strutturati costruiti attraverso
opzioni su fondi di fondi. Non si riesce a
comprendere lutilit tecnica di questi strumenti
mentre chiara la pesante struttura dei costi
(diretti ed indiretti) che pesa su questi prodotti:
costi di ingresso, commissioni di gestione sul
fondo dei fondi, commissioni di gestione sui fondi
sottostanti, costo dellopzione.
2.2. Identit e valori dellindustria delrisparmio gestito
I casi dei prodotti strutturati sono
probabilmente un fenomeno degenerativo che
indica lo smarrimento dei valori e dellidentit
dellindustria.
Qual lo scopo ultimo dellindustria del
risparmio gestito? Assogestioni, lassociazione
delle societ che svolgono attivit di gestione delrisparmio scrive allarticolo 2 del suo codice
deontologico (che riportiamo in allegato):
Finalit prioritaria delle societ di gestione
nell'espletamento del mandato di gestione la tutela
dell'interesse dell'investitore. Esse pertanto svolgono
l'attivit di gestione di patrimoni con correttezza e
professionalit, avendo sempre come obiettivo la
salvaguardia degli interessi dei clienti.
Si pu affermare, credendoci, che i prodotti
strutturati di nuova generazione, come li chiama
Milano Finanza nellarticolo sopra citato,
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rispondano alla descrizione di gestione corretta, e
professionale, avendo sempre come obbiettivo la
salvaguardia degli interessi dei clienti? Una
gestione di lungo termine integra, onesta e
professionale non dovrebbe sprecare denaro per
garantire a scadenza (dopo 5 o 7 anni) il rimborso
del capitale. Non dovrebbe gravare il cliente di
commissioni di gestione su commissioni di
gestione. Non dovrebbe spacciare obbligazioni pi
opzioni per fondi garantiti. Non dovrebbe creare
prodotti strutturati con opzioni su fondi
nascondendo in questo modo tutti i costi connessi.
Come possibile parlare di gestione corretta
e professionale? Non pi rispondente al vero
affermare che, per lennesima volta, il sistemafinanziario si sta approfittando dellignoranza dei
clienti, della loro desiderio di sicurezza (dopo
tutte le batoste subite) per raccogliere
commissioni molto pi alte ed ingessare il cliente
per anni?
Il mondo dei fondi comuni di investimento
decisamente molto pi trasparente e controllato,
ma si riscontra ugualmente uno smarrimento dei
valori di fondo che dovrebbero ispirarne lattivit.
La tabella 4 mostra, a titolo esemplificativo,
le commissioni di gestione applicate sui fondi
monetari italiani. Sui 51 fondi selezionati dal sito
www.morningstar.it nella categoria Monetari area
euro solo tre fondi applicano commissioni
ragionevoli e coerenti con il tipo di investimento.
Sette fondi applicato commissioni dell1% o
superiori. La commissione media dello 0,67%.
Si tratta di commissioni di gestione assolutamente
esagerate per uno strumento che ha un rendimento
nellordine del 3% e per il quale non sono
richieste particolari competenze di gestione.
Leggendo le mission aziendali dei principali
players italiani non si trova istituzione finanziaria
che non ponga il cliente al centro della strategia
aziendale. Nel sito di una nota rete di
distribuzione italiana, si legge: un obiettivo che
[nome dellazienda] persegue, coerentemente con la
filosofia del gruppo, valorizzando la centralit del
Cliente rispetto ad ogni altra caratteristica aziendale.
Ed ancora Fiducia. Il nostro comportamento
affidabile, corretto e integro
Tabella 4 Le commissioni di gestione dei fondi
monetari italiani. Dati Morningstar.it selezione
monetari fondi italiani.
Fondo Monetario
Commissioni
di gestione
1 Oasi Famiglia Acc 1.20 %2 Oasi Finanza Personale Cash Acc 1.20 %3 Unicredit Monetario B Acc 1.10 %4 Bn Reddito Inc 1.00 %5 Epta TV Acc 1.00 %6 Euganeo Acc 1.00 %7 Rominvest Euro Short Term Acc 1.00 %8 Oasi Crescita Risparmio Acc 0.96 %9 Grifocash Acc 0.90 %
10 Unicredit Monetario A Acc 0.85 %11 Gestifondi Monetario Acc 0.84 %12 Quadrifoglio Monetario Acc 0.84 %13 Bipiemme Monetario Acc 0.80 %14 Fideuram Moneta Acc 0.75 %15 Nextra Euro Breve Termine Acc 0.75 %16 Perseo Monetario Acc 0.75 %
17 Unicredit Liquidita B Acc 0.75 %18 Artigiancassa Liquidit Acc 0.72 %19 Azimut Garanzia Acc 0.72 %20 BNL Cash Acc 0.72 %21 BNL Monetario Acc 0.72 %22 Effe Liquidit Area Euro Acc 0.70 %23 Mida Monetario Acc 0.70 %24 Optima Money Acc 0.70 %25 Eptamoney Acc 0.65 %26 Fonditalia Euro Currency Acc 0.65 %27 Bipielle Fondicri Liquidit Acc 0.60 %28 Epta Carige Cash Acc 0.60 %29 FondErsel Cash Acc 0.60 %30 ING Eurocash Acc 0.60 %31 Mediolanum Risp. Italia Monetario Inc 0.60 %32 Nextra Euro Monetario Acc 0.60 %33 Nextra Euro Tasso Variabile Acc 0.60 %34 Nordfondo Moneta Acc 0.60 %35 Oasi Tesoreria Imprese Acc 0.60 %36 Prime Liquidit Acc 0.60 %37 SAI Liquidit Acc 0.60 %38 Sanpaolo Liquidit A Acc 0.60 %39 Interfund Euro Currency Acc 0.59 %40 Centrale Conto Corrente Acc 0.50 %41 Nextra Tesoreria Acc 0.50 %42 Romagest Cash Acc 0.50 %43 Unicredit Liquidita A Acc 0.50 %44 Oasi 3 Mesi Acc 0.48 %45 Nextra Liquidit Acc 0.45 %46 Capitalgest Liquidit Acc 0.42 %47 Bn Liquidit Acc 0.40 %48 Sanpaolo Liquidit B Inc 0.30 %49 Gesti