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Page 1: TESTO FINALE

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Stefano Marino

UN INTRECCIODIALETTICO

TEORESI, ESTETICA, ETICA E METAFISICAIN THEODOR W. ADORNO

Page 4: TESTO FINALE

Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978–88–548–3613–6

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: ottobre 2010

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A Valeria,

per aver riempito di esperienza viva,

in questi anni, gli aforismi 110 e 122

di Minima moralia

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Amare significa saper impedire che l’immediatezza sia soffoca-ta dall’onnipresente pressione della mediazione L’amore è la capacità di avver-tire il simile nel dissimile Sei amato solo dove puoi mo-strarti debole senza provocare in risposta la forza

Theodor W. Adorno Minima moralia (§§ 110 e 122)

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Indice

11 Ringraziamenti 13 Introduzione 17 Capitolo I Dialettica della storia e critica della modernità

1.1. ‘Dialettica dell’illuminismo’ come tesi filosofica di fondo e program-ma di ricerca, 17 – 1.2. La ‘cattiva naturalità’ della ragione: autoconserva-zione, repressione e dominio, 20 – 1.3. Filosofia della storia, razionalità dialettica e declino dell’Occidente, 33

53 Capitolo II Illuminismo come autoriflessione critica e superamento della ‘cattiva naturalità’

2.1. Seconda natura, alienazione e ideologia, 53 – 2.2. Anamnesi della na-tura nel pensiero e riscatto del non–identico, 66

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Indice 10

77 Capitolo III La convergenza–compresenza di teoresi, etica ed estetica nel filosofare adorniano

3.1. L’impulso etico–normativo nella conoscenza e nell’estetica, 77 – 3.2. Verità, critica dell’ideologia e utopia, 81 – 3.3. Filosofia atonale e dialetti-ca della non–identità, 90

103 Capitolo IV Excursus su retorica e stringenza: espressione, esposizione e dialettica

4.1. Mimesis, linguaggio e trasformazione della razionalità, 103 – 4.2. Gli stili di Adorno, 108 – 4.3. L’irriducibilità della filosofia a genere letterario, 117

127 Capitolo V Verità, trasformazione e morte dell’arte nell’epoca del mondo amministrato e dei genocidi

5.1. Un’estetica intransigente: la verità normativa dell’arte in quanto critica utopica dell’esistente, 127 – 5.2. ‘Comunicare l’incomunicabile’ dopo Au-schwitz: la metafisica come blasfemia, la crisi della morale, il senso e la re-sponsabilità dell’arte, 149

177 Capitolo VI Una filosofia della storia della musica

6.1. La dialettica storica immanente del materiale musicale, 178 – 6.2. La classicità infranta: Beethoven, Hegel e lo spirito della borghesia, 181 – 6.3. La modernità eretica: Schönberg e la scuola di Vienna, 185 – 6.4. La con-temporaneità aporetica: serialità integrale e casualità, informelle e silenzio, 192

201 Bibliografia

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Ringraziamenti Questo libro è il risultato di studi sul pensiero di Theodor W. A-

dorno che ho condotto nel corso degli anni ‘parallelamente’, per così dire, alle ricerche su Hans–Georg Gadamer svolte durante il dottorato di ricerca in filosofia all’Università di Bologna (ricerche, queste ulti-me, sfociate nel libro Ermeneutica filosofica e crisi della modernità. Un itinerario nel pensiero di Hans–Georg Gadamer, Mimesis, Milano 2009). A conclusione di questo itinerario di ricerca adorniano, vorrei ringraziare innanzitutto il mio maestro, prof. Carlo Gentili, per la co-stante attenzione al mio lavoro e la fiducia nei miei confronti, nonché per avermi indirizzato per primo allo studio della filosofia della musi-ca di Adorno in occasione della mia laurea in musicologia all’Università di Bologna. Un sincero ringraziamento va poi alle prof.sse Beatrice Centi, Fiorenza Toccafondi e Mara Meletti per aver seguito con attenzione e pazienza i miei primi tentativi di interpreta-zione della Teoria estetica durante gli anni di studio di filosofia all’Università di Parma. Ringrazio inoltre la prof.ssa Mariannina Fail-la per avermi spinto ad approfondire la Dialettica negativa e altri a-spetti della filosofia di Adorno, e per la sua costante disponibilità a di-scutere insieme le tematiche che sono state di volta in volta al centro delle mie ricerche. Il coinvolgimento, da parte del prof. Giovanni Mat-teucci, nella lettura di ampie parti della nuova traduzione italiana della Teoria estetica, alla quale ho cercato di contribuire con alcuni sugge-rimenti, ha poi rappresentato per me un’importante occasione per ap-profondire e comprendere meglio questo testo così ampio, complesso e magmatico. Vorrei quindi ringraziare il prof. Gianluca Garelli per il supporto e l’incoraggiamento che mi ha sempre manifestato negli ul-

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Ringraziamenti 12

timi anni, e i dottori di ricerca Francesco Cattaneo e Rosa Maria Ma-rafioti per l’amicizia, la sincera solidarietà accademica e le proficue collaborazioni a progetti di ricerca comuni. In generale, il mio grazie va ai miei genitori Giuseppe e Karin e a Valeria per il loro insostitui-bile amore e sostegno, e a tutti gli amici e le persone care per la vici-nanza e l’affetto che quotidianamente mi dimostrano. Un ringrazia-mento di tipo particolare, infine, va a Gabriele per i suoi preziosi sug-gerimenti riguardo alla teoria della musica, e a Daniele, Emiliano, Giulio, Leo e Luca per la felicità che la pratica della musica insieme a loro mi ha regalato in tutti questi anni.

Nei capitoli IV, V e VI del libro ho recuperato alcune parti di miei

precedenti scritti su Adorno, sottoponendoli comunque a un’ampia e attenta rielaborazione al fine di renderli funzionali al discorso svolto nel libro. Per la precisione, si tratta dei seguenti testi: Darstellung: re-torica e stringenza nel pensiero di Theodor W. Adorno, in M. Failla (a cura di), La dialettica negativa di Adorno, Manifestolibri, Roma 2008, pp. 27–38; Theodor W. Adorno: estetica della responsabilità e della incomunicabilità, in F. Bianco e M. Zanatta (a cura di), Responsabilità e comunità, Pellegrini Editore, Cosenza 2007, pp. 81–100; Filosofia nella musica: Theodor W. Adorno a cento anni dalla nascita, in “In-tersezioni“, 2/2003, pp. 303–322. Si ringraziano i curatori e gli editori per il permesso di utilizzarli e ripubblicarli.

In questo libro si è scelto di adottare il sistema di citazioni che pre-

vede il rimando, fra parentesi tonde, all’autore, all’anno di pubblica-zione e alla pagina del testo citato. Nel caso della bibliografia secon-daria, ove disponibili sono state consultate direttamente le opere in traduzione italiana. Per quanto riguarda invece gli scritti di Adorno, si è scelto di citarli attraverso apposite sigle identificative con l’indicazione relativa sia all’edizione originale (fra parentesi tonde), sia alla traduzione italiana (fra parentesi quadre). Ove lo si è ritenuto opportuno, sono state apportate lievi modifiche alla traduzione dei passi citati. Nel caso, infine, di citazioni desunte direttamente ed e-sclusivamente dai testi originali, le relative traduzioni sono state effet-tuate direttamente da me.

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Introduzione

L’esperienza di pensiero di Theodor W. Adorno è stata certamente

una delle più rilevanti e affascinanti dell’intero XX secolo. Intellettuale versatile e prolifico come pochi altri, con la sua vasta e poliedrica produzione Adorno ha indubbiamente segnato l’orizzonte del pensiero contemporaneo, presentandosi soprattutto “negli anni tra il 1955 e il 1963 […] come il più autorevole portavoce della Scuola di Francofor-te” (D’Agostini 1997, p. 370). In particolare, credo che Adorno, con la sua ineguagliata capacità di muoversi agilmente e spaziare in campi diversi tra loro – filosofia, psicologia, letteratura, sociologia, critica culturale, teoria musicale e finanche prassi compositiva ed esecutiva, essendo egli stesso un musicista –, abbia lasciato un’eredità di pensie-ro che, pur essendo stata ampiamente approfondita nel corso dei de-cenni, per molti aspetti va ancora elaborata, analizzata, proseguita.

Teoresi, estetica, etica e metafisica: il sottotitolo di questo libro non deve trarre in inganno. Non c’è dubbio che esso rimandi immedia-tamente e volutamente al succitato carattere multiforme del pensiero adorniano, dal quale prende esplicitamente le mosse il presente tenta-tivo di interpretazione. Al tempo stesso, però, il fatto che il sottotitolo menzioni ben quattro aspetti della filosofia di Adorno – tutti peraltro estremamente rilevanti, se non proprio decisivi, nell’economia genera-le del suo pensiero – non va inteso come il sintomo di una sorta di hybris ermeneutica, quasi che si ambisse qui a fornire un resoconto completo ed esaustivo di tutte queste dimensioni. Lo scopo del libro, infatti, non è certo quello di affrontare tutti insieme, magari uno per volta secondo la successione dei capitoli, gli aspetti teoretici, estetici, etici e metafisici della filosofia di Adorno, giacché l’analisi completa

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Introduzione 14

di ciascuno di tali aspetti, in realtà, richiederebbe un volume a sé stan-te. Piuttosto, ciò che spero possa emergere dalla lettura dei sei capitoli in cui si articola il libro è un’idea–guida che compare già dal suo tito-lo: quella, cioè, dell’intreccio dialettico come cifra caratteristica del fi-losofare adorniano. Un filosofare di volta in volta concentrato su og-getti diversi, ma coerente nella sua impostazione dialettica di fondo e, soprattutto, nel suo tentativo di evidenziare una serie di legami intrin-seci tra fenomeni che, a prima vista, potrebbero anche apparire irrelati tra loro. Ad esempio, i legami tra lo svolgersi della storia secondo un ritmo scandito da incessanti e talvolta improvvisi capovolgimenti dia-lettici e il passaggio nella musica moderna dalla tonalità all’atonalità alla dodecafonia integrale e all’alea; oppure, i legami tra il predomi-nio incontrastato del principio d’identità nella logica e nell’epistemologia occidentali e l’avvento, nel Novecento, dei genoci-di pianificati con rigore scientifico e attuati con l’ausilio delle tecno-logie più avanzate.

L’idea–guida del libro, dunque, è quella secondo cui una delle ca-ratteristiche fondamentali del pensiero di Adorno sarebbe proprio l’ambizione e l’esigenza di tenere insieme unità e molteplicità, in un mirabile connubio dialettico che tuttavia non sfocia mai in una siste-matica filosofica tradizionale, ma tenta di garantire una relativa auto-nomia a ciascun aspetto pur facendolo confluire, per così dire, verso un unico scopo. Tale scopo, come cerco di mostrare soprattutto nei primi capitoli, sarebbe poi essenzialmente quello di comprendere ciò che è, ovvero le ragioni profonde dello stato di cose vigente, e di pro-gettare ciò che ancora non è ma potrebbe essere, ovvero un’alternativa possibile a questo stesso stato di cose. Là dove per ‘sta-to di cose vigente’ si intende naturalmente, nell’ottica della teoria cri-tica francofortese di cui Adorno, come ho già detto, fu uno dei più lu-cidi interpreti e portavoce, la realtà alienata, conformistica, ammini-strata e burocratizzata del mondo contemporaneo.

Nei primi due capitoli del libro – che, per certi versi, rappresentano un blocco unico, essendo collegati tra loro da un filo rosso che attra-versa i diversi paragrafi in cui essi si articolano – tento di analizzare questi argomenti facendo principalmente riferimento alla Dialettica dell’illuminismo, la grande opera scritta a quattro mani da Horkheimer e Adorno negli anni Quaranta, nella quale i due pensatori proponeva-

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Introduzione 15

no una lettura filosofico–sociologica delle cause sottostanti alla grande crisi mondiale del primo Novecento ch’essi poterono osservare (ma anche subire) in prima persona. Quel che cerco di mostrare, infatti, è che il primo capitolo di quell’opera (Concetto di illuminismo), in par-ticolare, rappresenta per certi versi la base fondamentale da cui deve partire ogni tentativo di interpretazione e comprensione del pensiero adorniano. E ciò perché non soltanto gli altri ‘frammenti filosofici’ di cui si compone la Dialettica dell’illuminismo, ma anche le altre opere scritte da Adorno nel medesimo periodo, ossia durante l’esilio ameri-cano (ad esempio, Minima moralia e Filosofia della musica moderna), e persino tutti i suoi scritti dei decenni successivi, sembrano sempre presupporre il testo sul concetto di illuminismo quale orizzonte o sfondo di partenza.

Nei capitoli Dialettica della storia e critica della modernità e Illu-minismo come autoriflessione critica e superamento della ‘cattiva na-turalità’ mi soffermo pertanto sulla concezione adorniana della ragio-ne, nel suo problematico rapporto con i concetti di natura e società, e sulla visione d’insieme sul cosiddetto ‘declino dell’Occidente’ che ne scaturisce. Ciò, naturalmente, comporta anche una discussione dei rapporti tra dialettica dell’illuminismo e filosofia della storia (con ac-cenni, tra l’altro, all’annosa questione dell’inimicizia filosofica tra Adorno e Heidegger) e, a partire da qui, un’apertura alla componente più specificamente teoretica della filosofia di Adorno. Com’è noto, in-fatti, agli occhi del filosofo di Francoforte la risposta più adeguata alla crisi del nostro tempo – sviscerata nei suoi riflessi sull’esperienza in-dividuale in Minima moralia, un testo al quale presto attenzione so-prattutto nel secondo capitolo – non consisteva tanto in una qualche forma di prassi rivoluzionaria, quanto piuttosto in un incessante lavoro di approfondimento sul piano della teoria. Una teoria, beninteso, con-cepita come fondamentalmente ‘critica’, ossia come una teoria che, per così dire, incorporasse in sé anche il momento della prassi, sottra-endo così quest’ultima a un’immediatezza che, per i francofortesi, l’avrebbe inevitabilmente condannata all’inefficacia.

A partire da questo spostamento sul versante più propriamente teo-retico del pensiero di Adorno, nel terzo capitolo – che, per certi versi, può essere considerato come lo snodo fondamentale del libro – cerco di illustrare alcuni aspetti della succitata idea–guida di ‘intreccio dia-

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Introduzione 16

lettico’. Ciò è abbastanza evidente già dal titolo del capitolo stesso, La convergenza–compresenza di teoresi, etica ed estetica nel filosofare adorniano, il quale prende le mosse soprattutto dalla concezione della conoscenza come salvezza del non–identico (concezione al centro del-la Dialettica negativa) e, di qui, cerca di mostrare come alla base di un tale ideale conoscitivo vi sia per l’appunto un interessante ‘intrecciar-si’ di considerazioni propriamente teoretiche ad aspetti etico–normativi ed estetico–artistici. Proprio quest’ultimo punto, poi, apre la strada all’analisi dell’influenza esercitata dalla musica (§ 3.3) e dalla letteratura (capitolo 4: Excursus su retorica e stringenza: espressione, esposizione e dialettica) sulla concezione complessiva della filosofia di Adorno, mentre il quinto capitolo, intitolato Verità, trasformazione e morte dell’arte nell’epoca del mondo amministrato e dei genocidi, si ricollega all’analisi del concetto adorniano di verità svolta nel § 3.2 e ne illustra lo sviluppo sul piano della filosofia dell’arte, assumendo come testo–chiave, in questo caso, la grande e incompiuta Teoria este-tica.

Altro argomento al centro di questa parte del libro è poi quello rela-tivo alla condizione del ‘dopo Auschwitz’ e, in particolare, delle con-seguenze che tale evento epocale, secondo Adorno, eserciterebbe su ogni aspetto della filosofia e, più in generale, della cultura contempo-ranee, conducendo a una crisi della morale senza precedenti, alla pos-sibilità di una ‘morte’ dell’arte e alla proclamazione dell’impossibilità, oggi, di qualsiasi concezione metafisica del mondo. A proposito di quest’ultimo aspetto, appaiono di particolare rilevanza le lezioni del 1965 su Metafisica. Concetto e problemi recentemente pubblicate, alle quali si presta dunque una certa attenzione nel corso del § 5.2. Il libro, infine, si conclude con un tentativo di analisi di quella che ho ribattez-zato la Filosofia della storia della musica di Adorno, della quale passo in rassegna alcune tappe fondamentali cercando soprattutto di eviden-ziarne lo statuto di excursus alla Dialettica dell’illuminismo. Il che, ovviamente, non va inteso come un tentativo di sminuire l’originalità o l’autonomia degli scritti musicali adorniani, bensì come l’ennesimo segno di quell’intrecciarsi dialetticamente di dimensioni diverse (in questo caso specifico: storicità, conoscenza e musica) che, come ho già detto, rappresenta a mio giudizio una delle cifre caratteristiche di tutto il pensiero di Adorno.

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Capitolo I

Dialettica della storia e critica della modernità

Zampa di gatto artiglio di ferro, neurochirurgi assetati di vittime,

Al portone avvenelato della paranoia, uomo schizoide del XXI secolo. Filo spinato spalmato di sangue, pira funebre di politicanti,

Innocenti stuprati da fiamme di napalm, uomo schizoide del XXI secolo. Seme di morte avidità di uomini ciechi, poeti affamati bambini dissanguati, nulla di ciò che ha gli serve veramente, è l’uomo schizoide del XXI secolo.

PETE SINFIELD 1.1. ‘Dialettica dell’illuminismo’ come tesi filosofica di fondo e

programma di ricerca Dialektik der Aufklärung, com’è noto, è il titolo di una delle opere

principali di Theodor W. Adorno, scritta a quattro mani con Max Hor-kheimer durante il comune esilio americano negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Ripercorrendo molto rapidamente la genesi dell’opera, si può dire che sin dall’inizio degli anni Trenta, a Franco-forte, era nata una collaborazione tra Horkheimer, “il materialista della teoria sociale”, e Adorno, “il materialista ermeneuta”, le cui posizioni “si incontravano nella critica alle posizioni idealistiche e nell’interesse per una dialettica ‘aperta’ [o] ‘intermittente’” (Wiggershaus 1986, tr. it. p. 174). Negli anni seguenti, il processo di collaborazione proseguì, anche a dispetto dell’iniziale distanza geografica tra i due dovuta a scelte differenti nell’emigrazione forzata dalla Germania nazista. Così, al principio degli anni Quaranta, il convergere dei loro interessi verso

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Capitolo I 18

un’ampia “teoria della civiltà mancata”, fondata sull’idea dell’“autodistruzione della ragione attraverso la strumentalizzazione” (Ivi, pp. 321 e 324), fece sì che la collaborazione si concretizzasse nel-la stesura in comune di un libro1. Tra la fine del 1941 e l’inizio del 1942, Horkheimer e Adorno cominciarono dunque a lavorare su una serie di nuclei tematici e, finalmente, nel maggio 1944 il manoscritto venne completato e pubblicato in edizione ciclostilata, in circa 500 copie, col titolo Frammenti filosofici. Soltanto nel 1947 la Dialettica uscì come normale libro, presso l’editore Querido di Amsterdam, col titolo definitivo.

Dialektik der Aufklärung, tuttavia, è anche qualcosa di più del sem-plice titolo di un’opera assolutamente decisiva per il cammino intellet-tuale dei due autori, nonché per l’intero sviluppo della filosofia del Novecento. Credo infatti che in quella formula siano racchiusi, in ma-niera mirabilmente sintetica, una precisa concezione filosofica e un in-tero ‘programma di ricerca’. La concezione e il programma di fondo dei due autori dell’opera, ovviamente, ma forse, per certi versi, anche “di quella critica della modernità che, come cornice della Scuola [di Francoforte], è stata sintetizzata dalla formula (horkheimeriana) di ‘teoria critica della società’” (Maj 2001, p. 35). Nel dir ciò, natural-mente, non intendo affatto ricondurre tutta la produzione di Horkhei-mer e Adorno alla sola, grande opera del 1944: ossia, non intendo né sminuire la portata e il valore di altri loro scritti (precedenti e succes-sivi), né tantomeno svalutare l’originalità e l’autonomia dei percorsi intrapresi dagli altri pensatori francofortesi. Molto più semplicemente, quel che mi preme sottolineare è il fatto che la Dialettica

1 Le fasi della stesura del libro, il particolare metodo adottato da Horkheimer e Adorno e

la paternità dei vari capitoli sono efficacemente descritti, tra gli altri, da Müller–Doohm 2003 (tr. it. pp. 375–376), il quale scrive: “I due si incontravano ogni volta il pomeriggio, in casa di Horkheimer o di Adorno, per discutere i problemi filosofici e teorico–sociali fondamentali, dando luogo talvolta ad un vero contraddittorio […]. Il contenuto delle conversazioni veniva perlopiù verbalizzato parola per parola da Gretel Adorno e poi trascritto in un testo dattilo-scritto pronto per essere ulteriormente rielaborato. Dalla rielaborazione continua delle annota-zioni si formavano poi i primi abbozzi per le quattro parti del futuro manoscritto. I capitoli di volta in volta redatti da Adorno o da Horkheimer venivano discussi insieme riga per riga. Do-po le correzioni necessarie, i testi raggiungevano infine lo stato di una versione relativamente definitiva. […] In realtà i dattiloscritti (così come peraltro il libro finale) denunciano in alcuni passi differenze stilistiche; le quali dimostrano che Adorno e Horkheimer si erano rispettiva-mente attribuiti delle aree di competenza specifiche”.

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Dialettica della storia 19

dell’illuminismo, con la sua idea–guida di un ripercorrimento critico del cammino aporetico della razionalità, riuscì a condensare in una sintesi poderosa (ancorché non sistematica e ‘aperta’, giusto il titolo originario di Frammenti filosofici) una serie di nuclei teorici di fondo destinati a essere ripresi, sviluppati e approfonditi nel corso dei de-cenni successivi.

Sotto questo punto di vista, mi sembra molto corretta ed efficace la scelta di Rolf Wiggershaus di definire Eclisse della ragione come “la ‘dialettica dell’illuminismo’ secondo Horkheimer”, Eros e civiltà co-me “la ‘dialettica dell’illuminismo’ secondo Marcuse” e, infine, la Dialettica negativa come “la prosecuzione della Dialektik der Aufklä-rung” da parte di Adorno (cfr. Wiggershaus 1986, tr. it. pp. 354–360, 510–521 e 612–624)2. Non che, con ciò (forse è bene ripeterlo), s’intenda ridurre questi e altri lavori dei francofortesi a mere ‘appen-dici’ dell’opera–madre. Il punto, piuttosto, è che gli scritti degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta di Adorno (quelli, cioè, che prende-remo principalmente in esame in questo libro) vanno sempre compresi sullo sfondo della visione complessiva elaborata e presentata sotto il nome di ‘dialettica dell’illuminismo’. Allo stesso modo, credo che an-che alcuni scritti adorniani degli anni Trenta (dunque, precedenti la

2 A questo proposito, è possibile ricordare come gli stessi Horkheimer e Adorno abbiano

spesso presentato le proprie opere individuali come ‘approfondimenti’ di un programma filo-sofico sviluppato in comune nella Dialettica dell’illuminismo, per l’appunto. Così, ad esem-pio, Minima moralia viene definito da Adorno come “un documento di gratitudine e fedeltà”, come “la testimonianza di un dialogo interiore”, in cui “non c’è […] un solo motivo che non appartenesse ad Horkheimer come a chi trovò il tempo di formularlo, mentre l’amico impie-gava tutte le sue energie nell’attività richiesta dall’Istituto per le ricerche sociali” (GS 4, p. 17 [MM, p. 7]). Dal canto suo, nella Prefazione a Eclisse della ragione Horkheimer scrive: “Le conferenze […] tenute nella primavera 1944 alla Columbia University” (da cui egli trasse il materiale per i capitoli del libro) “avevano lo scopo di presentare in compendio alcuni aspetti di una teoria filosofica elaborata negli ultimi anni da me e da Theodor W. Adorno” (Hor-kheimer 1947, tr. it. p. 10). Si pensi, infine, alla celebre affermazione contenuta all’inizio del-la Filosofia della musica moderna – secondo cui il libro andrebbe inteso come “una digres-sione alla Dialektik der Aufklärung” (GS 12, p. 11 [FMM, p. 5]) – e alla Premessa ai Tre Stu-di su Hegel, dove si legge: “Max Horkheimer e l’autore si occupano da molti anni, e sotto di-versi aspetti, di Hegel […]. In considerazione dell’unità del pensiero filosofico di entrambi si è potuto rinunciare a indicazioni specifiche per i responsabili delle rispettive interpretazioni” (GS 5, p. 249 [TSH, p. 3]). Quanto a Marcuse, nella Prefazione a Eros e civiltà egli stesso scrive: “Per quanto riguarda il contenuto di questo saggio, la responsabilità è soltanto mia. La mia posizione teorica, invece, deve molto al mio amico professor Max Horkheimer e ai suoi collaboratori all’Istituto di ricerche sociali” (Marcuse 1955, tr. it. p. 48).

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Capitolo I 20

Dialettica dell’illuminismo) acquistino forse una maggiore intelligibi-lità se letti alla luce della teoria cui sarebbero approdati insieme, di lì a poco, Adorno e Horkheimer. In questo senso, nel prosieguo della trat-tazione uno degli obiettivi sarà proprio quello di far emergere il filo rosso che, pur tenendo conto delle novità e discontinuità presenti nei vari ‘momenti’ della produzione adorniana3, comunque tiene insieme testi come Dialettica dell’illuminismo, Minima moralia, Filosofia del-la musica moderna, Sulla metacritica della teoria della conoscenza, Dialettica negativa e l’incompiuta Teoria estetica.

1.2. La ‘cattiva naturalità’ della ragione: autoconservazione, re-pressione e dominio

Il punto di partenza dell’indagine di Horkheimer e Adorno, com’è

noto, è rappresentato dall’idea – o, per meglio dire, dalla constatazio-ne, visto che la Dialettica venne concepita negli anni forse più bui di quello che è stato significativamente definito il “secolo più sanguina-rio che la storia ricordi, per la dimensione, la frequenza e la lunghezza delle guerre che lo hanno costellato […], ma anche perché esso ha prodotto catastrofi umane senza precedenti” (Hobsbawm 1994, tr. it. pp. 25–26) – che l’umanità, al culmine del proprio sviluppo scientifi-

3 Sotto questo punto di vista, credo si possa dire che l’itinerario di pensiero adorniano, a

dispetto della straordinaria varietà ed eterogeneità dei suoi contributi teorici, sia stato contrad-distinto da una marcata continuità. A differenza di altri pensatori, infatti, “il suo pensiero ri-mase sorprendentemente costante” nel corso dei decenni, cosicché “Non esiste […] un vero problema di distinguere un Adorno giovane da un Adorno maturo, per quanto riguarda la sua dottrina” (Jay 1984, tr. it. p. 62). Com’è stato ancora recentemente ribadito, “Le tesi esposte nella fase giovanile” – ovvero, nella fase che comprende gli “scritti giovanili […] composti tra il 1931 e il 1933”: L’attualità della filosofia, L’idea di storia naturale, le Tesi sul linguag-gio del filosofo e il libro su Kierkegaard, “uniche testimonianze rilevanti della riflessione a-dorniana antecedente l’esilio americano” – “saranno presenti nell’arco di tutta la produzione della maturità” (Farina 2009, p. 7). Altri studiosi, comunque, hanno sottolineato che, sebbene vi sia indubbiamente “in Adorno […] una costante fedeltà ai suoi inizi” (ossia, nonostante vi siano “delle modificazioni, anche notevoli, del suo pensiero, ma non dei capovolgimenti”), al tempo stesso si potrebbero schematicamente e “unicamente per comodità” distinguere “tre stadi nello sviluppo della dialettica in Adorno: il primo, sotto la ‘costellazione’ di Benjamin, […] il secondo, più legato alla prospettiva sociologica della ‘teoria critica’, […] il terzo, quel-lo successivo al ritorno in Germania, caratterizzato dalla riflessione tematica sulla ‘dialettica negativa’” (Bodei 1975, pp. 444–445).