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TRIBUNALE DI LUCCARITO GIP SEZIONE GIP/GUP PENALE
DOTT. SILVESTRI SIMONE Giudice
VERBALE DI UDIENZA REDATTO IN FORMA STENOTIPICA
PAGINE VERBALE: n. 158
PROCEDIMENTO PENALE N. R.G. G.I.P. 1917/10 - R.G.N.R. 6305/09
A CARICO DI: KRIEBEL UWE + 45
UDIENZA DEL 02/11/2011
LU0010 POLO FIERISTICO
Esito: RINVIO AL 3/11/2011 ORE 9:00___________________________________________________________________________
Caratteri: 217321
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INDICE ANALITICO PROGRESSIVO
Giudice ...................................................................................................................... 3DEPOSIZIONE DEI PERITI .................................................................................................. 5– DR. LICCIARDELLO RICCARDO E DR. VANGI DARIO - ......................................... 5
Perito Vangi ............................................................................................................... 6Perito Licciardello ..................................................................................................... 8Perito Vangi ............................................................................................................. 22Perito Licciardello ................................................................................................... 37Perito Vangi ............................................................................................................. 41Perito Licciardello ................................................................................................... 50Giudice .................................................................................................................... 54Perito Vangi ............................................................................................................. 54Giudice .................................................................................................................... 98
DEPOSIZIONE DEI PERITI ................................................................................................ 98– DR. LICCIARDELLO RICCARDO E DR. VANGI DARIO - ....................................... 98
Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni .......................................... 99Perito Vangi ............................................................................................................. 99Perito Licciardello ................................................................................................. 100Perito Vangi ........................................................................................................... 109Perito Licciardello ................................................................................................. 121Perito Vangi ........................................................................................................... 125Giudice .................................................................................................................. 126Perito Licciardello ................................................................................................. 126Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni......................................... 128Perito Vangi ........................................................................................................... 128Pubblico Ministero – Dottor Amodeo.................................................................... 133Giudice .................................................................................................................. 134Pubblico Ministero – Dottor Amodeo ................................................................... 135Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni......................................... 136Pubblico Ministero – Dottor Amodeo.................................................................... 145Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni ........................................ 146Pubblico Ministero – Dottor Giannino................................................................... 147Pubblico Ministero – Dottor Amodeo.................................................................... 151Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni......................................... 151
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TRIBUNALE DI LUCCA - RITO GIP SEZIONE GIP/GUP PENALELU0010 POLO FIERISTICO
Procedimento penale n. R.G. G.I.P. 1917/10 - R.G.N.R. 6305/09 Udienza del 02/11/2011
DOTT. SILVESTRI SIMONE Giudice
DOTT. A. CICALA - G. AMODEO - S. GIANNINO Pubblico Ministero
O. CICCONE - C. BERNARDI Ass. d'UdienzaCANCEMI SIG.RA EVA - Stenotipista Ausiliario tecnico
PROCEDIMENTO A CARICO DI – KRIEBEL UWE + 45 -
Giudice
GIUDICE - A questo punto invito i periti ad illustrare la
relazione che è stata depositata, i risultati della
relazione e quindi le risposte anche ai quesiti,
ricordando loro che le dichiarazioni che renderanno, le
renderanno sempre sotto l’impegno che hanno assunto la
scorsa udienza, quindi non c'è bisogno di ripetere e
rinnovare questo impegno. Prima dell’inizio, vi illustro
come procederemo: i periti illustreranno la relazione,
dopodiché i consulenti di parte potranno rivolgere loro
le domande, quindi preferirei che a rivolgere le domande
ai periti fossero in prima battuta i consulenti di parte;
naturalmente gli avvocati delle difese e gli avvocati
delle persone offese potranno integrare al momento in cui
parleranno i loro consulenti con ulteriori domande. Per
l’esposizione sia del contenuto della perizia che per
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rivolgere le domande ai periti, è stata predisposta una
postazione che è questa centrale dove i consulenti se
intendono illustrare le loro domande con delle foto o dei
filmati, potranno sedersi; se invece non hanno
documentazione video da mostrare, possono rimanere anche
nella loro posizione. A questo punto i periti
illustreranno la relazione, poi il Pubblico Ministero e i
consulenti del Pubblico Ministero porranno le prime
domande, dopodiché sospenderemo ed inizieremo con i
consulenti delle persone offese che nella pausa che
faremo verranno qua al banco e si prenoteranno per la
posizione in cui verranno chiamati a poter porre domande.
La stessa cosa poi succederà per i consulenti e i
Difensori degli indagati. L'udienza oggi termina alle ore
sei e riprende domani mattina alle ore nove, e così di
seguito per i prossimi giorni fino a quando non
termineremo.
AVV. ALESSANDRI – Due cose brevissime, i consulenti tecnici
delle parti, oltre a porre domande come Lei ha già
chiarito, potranno esporre la loro relazione?
GIUDICE - Potranno esporre i loro accertamenti solo in
funzione delle domande che faranno, quindi se ci sarà,
come posso immaginare, una discordanza o comunque non
sarà chiaro come i periti sono arrivati ad una certa
conclusione, se per ipotesi parliamo della dinamica, loro
per arrivare ad una posizione della cisterna in un certo
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modo piuttosto che in un altro, potranno fare una breve
premessa, non potranno illustrare la loro relazione, però
faranno una breve premessa che sarà la giustificazione
della loro domanda.
AVV. ALESSANDRI - Quindi il punto di riferimento è la
relazione dei periti?
GIUDICE – Il punto di riferimento è la relazione dei periti.
AVV. ALESSANDRI – Seconda cosa, io dovevo semplicemente
depositare dei calcoli che sono allegati alla relazione.
GIUDICE - Sì. A questo proposito se ci sono altre memorie o ci
sono altri depositi, forse questo è il momento.
PERITO LA ROCCA – Sono l’ingegner La Rocca, l’Avvocato con cui
mi collego, l’Avvocato Cordaro, è in arrivo; intanto io
avrei da depositare una memoria tecnica di parte.
GIUDICE – Prego.
AVV. DALLA CASA - Volevo sapere di quali calcoli si tratta e a
quale relazione sono allegati.
GIUDICE - Sono calcoli che sono allegati alla relazione già
depositata il 19 ottobre nell’interesse dei consulenti
tecnici di parte del gruppo Ferrovie dello Stato.
Da questo momento sono consultabili da tutti chiaramente.
Possiamo procedere allora. Prego.
Vengono introdotti in aula i Periti
DEPOSIZIONE DEI PERITI
– DR. LICCIARDELLO RICCARDO E DR. VANGI DARIO -
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Sempre sotto il vincolo del già prestato giuramento; già
generalizzati in atti.
Perito Vangi
PERITO VANGI - Noi abbiamo iniziato le operazioni peritali il
giorno 21 aprile 2011 qui a Lucca, in questa data è stato
illustrato il programma di prova e le attività che
avremmo svolto collegialmente, dopodiché le operazioni si
sono susseguite in diverse giornate, parlo delle
operazioni collegiali ovviamente, in particolare dal 16
maggio al 20 maggio presso Lucchini RS a Lovere, poi dal
30 al 31 maggio sempre di nuovo a Lovere presso Lucchini,
il giorno 7 e 8 di giugno a Viareggio e a Livorno per
l’ispezione e l'esame del materiale sottosequestro,
quindi cisterna, carro, assili e quant’altro. Il giorno
30 giugno e primo luglio di nuovo presso Lucchini, il
giorno 8 luglio a Bollate presso il CSI per le analisi
chimiche sui rivestimenti dell’assile ed infine una
ultima giornata il 4 ottobre a Viareggio e Livorno. In
tutte queste operazioni collegiali i consulenti di parte
sono stati informati sia delle date che del programma che
avremmo svolto, delle modifiche che via via sono state
apportate al programma, e via via anche sono stati
informati sui risultati in itinere delle varie analisi ed
esami effettuati. Tutte le prove svolte presso sia
Lucchini sia al CSI sono state concordate e discusse
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preventivamente con i responsabili di queste aziende, le
operazioni non ripetibili hanno riguardato essenzialmente
la sala montata 98331, sull’altra sala la 85890 sono
stati effettuati solo dei prelievi di materiali di
rivestimento, mentre invece sulla cisterna è stato
prelevato un fazzoletto di lamiera per il prelievo dei
provini. Tutte le altre operazioni sono di carattere
ripetibile, queste sono le uniche operazioni intrusive
effettuate. Abbiamo ricevuto un ordine cronologico delle
relazioni di parte, delle note tecniche, le leggo in
ordine di ricevimento: da parte del professor Beretta,
Bruni, Cinieri, Corazza, Curti, De Iorio, Diana, Giglio,
Resta, Roberti, osservazioni preliminari nell’incidente
ferroviario di Viareggio ricevuto il 28 settembre, poi da
parte del professor Nicoletto e Bonora parere tecnico
nell’interesse di Cima Riparazioni ricevuto l’11 ottobre,
da parte dell’ingegner Bargagli e Guazzini note
consulenti del G.I.P. per conto degli indagati Gatx
ricevuta il 12 ottobre, poi relazione del professor Paolo
Toni di consulenza tecnica di ufficio ricevuta il 13
ottobre, poi sempre da parte dei professori Beretta,
Bruni, Cinieri, Corazza, Curti, De Iorio, Diana, Giglio,
Resta, Roberti relazione incidente ferroviario di
Viareggio ricevuta il 14 ottobre, ed infine da parte del
professor De Iorio una nota tecnica sulla foratura della
cisterna e formazione del truciolo ricevuta il 18
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ottobre. Bene, ora esponiamo seguendo l’ordine già
utilizzato per la scrittura e redazione della relazione
andando ad esporre le considerazioni tecniche che sono
state svolte seguendo in qualche modo i quesiti anche se
non sempre strettamente ma abbiamo accorpato alcuni
quesiti perché riguardavano argomenti sostanzialmente
accorpabili. Quindi do la parola a Licciardello per
l’analisi dello stato superficiale degli assili.
Perito Licciardello
PERITO LICCIARDELLO - Io presento i risultati, comincio a
presentare i risultati, l'analisi che abbiamo esperito
dello stato superficiale degli assili e questo dovrei
riuscire a proiettarlo, quindi mi aiuterò con alcuni
lucidi, con alcune fotografie e sintetizzo qui i rilievi
che abbiamo effettuato, i principali rilievi che abbiamo
effettuato con riguardo allo stato superficiali degli
assili e ovviamente i dettagli poi sono contenuti nel
rapporto. Abbiamo effettuato alla presenza dei consulenti
di parte una documentazione fotografica degli assili che
ora vedremo meglio, abbiamo rilevato gli spessori del
materiale di rivestimento ove possibile, abbiamo
effettuato delle prove cosiddette di quadrettature o
cross-cut che sono delle prove di adesione dello strato
del materiale di rivestimento all’acciaio sottostante,
abbiamo effettuato una analisi visiva secondo un
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documento dell’agenzia ferroviaria europea, Evic, che
abbiamo preso come riferimento, questo è un documento che
è nato dopo l’incidente di cui ci occupiamo, tuttavia lo
abbiamo assunto come riferimento in quanto presenta un
catalogo di difetti appunto di riferimento e abbiamo
ritenuto utile fare riferimento a questo documento,
abbiamo effettuato dei rilievi di rugosità sulla sala
montata 98331, abbiamo effettuato delle analisi chimiche
sulle vernici che abbiamo prelevato dalle sale e abbiamo
fatto delle prove di invecchiamento, più precisamente
abbiamo sottoposto le vernici prelevate a trattamento
termico per osservarne il comportamento, così come
concordato con i consulenti durante le operazioni. Mostro
una foto di insieme giusto per mettere in evidenza gli
elementi fondamentali di cui andrò a parlare, qui si vede
la sala 98331, cioè quella incidentata, a cui infatti
manca il fusello nella parte destra della foto, e si
osserva una vistosa fascia ossidata già molto evidente al
momento dell’incidente e qui segnata appunto come fascia
ossidata. Ora accanto vedrete una scritta “zona
ritoccata” che indica una zona in questa foto poco
visibile perché questa foto è stata effettuata all'inizio
delle operazioni, quindi si intravede un... mi è
scomparsa l’immagine proiettata, non so il problema da
cosa deriva...
GIUDICE – Un attimo solo, penso che stiano cercando di
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inserire in quel quadratino la sua immagine.
PERITO LICCIARDELLO - Vedo che posso usare il mouse per
evidenziare, non so se risulterà evidente a tutti i
presenti, non so se quelli in fondo all’aula vedano la
freccetta, spero di sì, evidenzio qui una zona che poi
chi ha letto il rapporto ovviamente sa già di cosa si
tratta ma la evidenzio già adesso per mettere meglio in
risalto la posizione lungo l’assile prima di aver
effettuato operazioni poi non ripetibili, giusto per
migliore comprensione. Non vado in ulteriori dettagli che
sono nel rapporto e passo alla foto successiva in cui
vediamo le due fasce, a questo punto le ho messe tra
virgolette di cui quella a destra è quella molto vistosa
e oggetto anche di uno specifico quesito, mentre a
sinistra si intravede ancora ma si vedrà meglio una altra
fascia che commenterò fra poco non oggetto esplicito di
quesito ma di natura analoga poi si vedrà a quella più
vistosa. Avete visto nel rapporto questa foto di una zona
di prelievo di vernice, cioè noi abbiamo, con un elemento
tagliente, raschiato, abraso, la superficie dell’assile,
inizialmente come si vede di colore nero praticamente, in
modo da portar via gli strati di rivestimento e questo è
ciò che si è osservato, cioè che compare un colore blu
molto più chiaro sotto e avendo effettuato poi anche le
analisi chimiche sulla vernice si vede che i due strati
che si vedono qua, nero e blu, in realtà sono la stessa
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cosa, è un unico strato dal punto di vista meccanico, non
di colore ma dal punto di vista meccanico è un unico
strato che ha assunto colorazioni diverse a causa di
meccanismi termici. Passiamo alla foto successiva in cui
ribadisco meglio questo concetto perché questo è
confermato da prove che abbiamo effettuato sulle vernici
presso il CSI a Bollate in cui abbiamo verniciato, vedete
qui sulla sinistra una piastra, un piastrino, ora forse
le dimensioni qua non si vedono ma è un piastrino lungo
20 centimetri per 10 grossomodo come ordine di grandezza,
con una vernice dello stesso tipo, anzi, di tipo analogo
di quella riscontrata su entrambe le sale che abbiamo
analizzato e questo piastrino al momento delle prove era
stato verniciato non da molto tempo, cioè da settimane
diciamo, abradendo, cioè portando via per abrasione lo
strato superficiale si nota lo stesso fenomeno, cioè
nonostante qui siamo sicuri di avere meccanicamente uno
strato unico di vernice perché lo abbiamo applicato noi,
passando un materiale abrasivo sopra questo strato si
nota la presenza di un colore più chiaro sotto. Quindi
concludiamo che questa è una caratteristica di questo
tipo di materiali di rivestimento di assumere una
colorazione più scura in superficie. A destra vedete
invece un campione prelevato dall’assile stesso in cui è
stata effettuata una operazione analoga, cioè una
abrasione sopra la vernice, e si nota un comportamento
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analogo, cioè che anche dove per esempio nella parte
bassa che ora indico con la freccia, anche laddove il
materiale inizialmente di rivestimento appare di colore
nero, successivamente alla abrasione appare sotto il
colore più chiaro, blu. Nella foto qui accanto, questa a
destra, vediamo lo stesso pezzo della foto centrale dopo
un ciclo termico, cioè questa è stata sottoposta ad una
temperatura variabile fra i 100 e i 200 gradi per
esaminare che effetto questo potesse avere sui colori
della vernice ed in effetti notiamo che le parti che a
seguito della abrasione erano state riportate al colore
più chiaro, blu, tendono a scurirsi per effetto della
temperatura. Questo meccanismo è quello che spiega anche
lo stato degli assili che abbiamo visto che si vede dalla
documentazione agli atti e nello stato in cui li abbiamo
trovati al momento della apertura del contenitore. Mi
soffermo un po’ di più sull’elemento fascia ritoccata lo
abbiamo battezzato non facilmente visibile al momento in
cui è arrivata alla sala, quindi l’asse, la sala al
momento in cui è arrivata, cioè nella prima foto, era
ricoperta da uno strato di materiale che non era
materiale di rivestimento applicato appositamente ma
materiale di diversa natura presumibilmente presente a
causa del permanere della sala stessa, dell’asse stesso,
in una zona con incendi, e quindi si trattava
presumibilmente di fuliggine ed altro materiale
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contaminante direi. Questa foto è ciò che risulta dopo
una prima pulizia a secco con uno straccio, senza
materiali solventi, senza nessun materiale, avendo
asportato quello strato chiamiamolo sporco che era
presente al momento dell’apertura del contenitore e si
vede chiaramente che c'è la presenza di un ulteriore
strato di vernice di larghezza mi sembra fosse intorno
agli 8 centimetri che ora non si vede bene da questa foto
ma lo strato di vernice applicato come si vede
chiaramente in maniera diversa da quella circostante,
questo ulteriore strato di vernice va a coprire una
fascia ancora più stretta che poi si vedrà, andando a
rimuovere il tutto, che è una fascia che ha subito
abrasioni ed è parzialmente ossidata. Vado ad illustrare
quindi le operazioni successive di rimozione di questi
strati che hanno fornito informazioni interessanti
relativamente alle conclusioni. Questa foto illustra
l’asportazione di materiale di rivestimento per analisi
chimica, quindi con la modalità che ho detto prima, con
un oggetto tagliente raschiando la superficie, e sia la
vernice, chiamiamola di ritocco, perché a questo punto
questa vernice applicata in maniera diversa da quella
circostante l’abbiamo attribuita ad un verosimile ritocco
effettuato sulla fascia ossidata e abrasa sottostante,
sia questa vernice chiamiamola di ritocco sia la vernice
sottostante sono risultate di tipologia analoga. Si vede
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già da questa foto che l’acciaio sottostante a questo
ritocco presenta dei segni ... qui addirittura una
incisione non marcata, non significativa. Questa è una
prassi, poi abbiamo verificato questo di ritoccare danni
di questo tipo, che avviene piuttosto comunemente
all’atto delle manutenzioni. Andando a rimuovere
ulteriormente gli strati di rivestimento, questa volta
con l’utilizzo di solventi per asportare proprio la
vernice, si notano altre cose interessanti, innanzitutto
appare più evidente la fascia più stretta in senso
assiale che risulta abrasa e parzialmente ossidata,
quindi si conferma la deduzione che la vernice applicata
in maniera diversa, cioè in senso circonferenziale, fosse
lì per coprire questo danno, e si nota soprattutto una
uniformità di colore anche sotto il ritocco, cioè qui a
destra questa linea che ora sottolineo con la freccetta è
il margine di quello che era la fascia con presenza di
vernice di ritocco. Si vede che la vernice originaria
molto scura, un blu verde molto scuro, il suo colore è
inalterato sia fuori da questa fascia sia dentro, sotto
questa fascia. Questo ci porta alla conclusione che il
colore scuro con cui appare questa sala 98331, un po’ più
scuro di quella sala 85890, quindi quella che era montata
sotto lo stesso carrello che ha dato luogo poi
all’incidente, il colore scuro era già presente, non è
dovuto alle vicende termiche che l’assile, questo assile
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98331, ha subito durante ma più che altro dopo
l’incidente, ma che il colore scuro fosse uniforme e già
presente al momento dell’applicazione di questa vernice
di ritocco. Con questo facendo alcune ipotesi abbiamo
tratto le conclusioni che poi sono presenti nel rapporto,
cioè le ipotesi che abbiamo dovuto fare. Ora dalla
documentazione agli atti non ci risulta che questa sala
abbia marciato sotto ad un carro, sotto ad un treno in
esercizio, quindi non abbia rotolato sotto un carro in
esercizio, se non dopo la fine del montaggio, dopo aver
subito revisione e successivamente montaggio sotto al
carro. Quindi tra la revisione e tra il montaggio sotto
al carro, non ci risulta agli atti che questa sala abbia
effettuato esercizio. Poiché invece il danno che
osserviamo qui è una abrasione che prende tutta la
circonferenza ed è molto verosimile che sia stato
effettuato in esercizio per contatto della sala stessa
con un altro oggetto presente sul carrello, e che quindi
la sala ruotando in contatto con un altro oggetto
metallico presente sul carrello, e dopo ne faccio vedere
un esempio di quale possa essere questo oggetto, abbia
subito questa abrasione in senso circonferenziale proprio
per strisciamento. Noi concludiamo che questa abrasione
che osserviamo è stata effettuata durante il moto del
carrello, verosimilmente durante il moto del carrello ci
sarebbero altri modi di farla, ma quello più verosimile
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di gran lunga è che durante il moto del carrello ci sia
venuto in contatto un oggetto metallico con la sala in
rotazione e si sia prodotto questo segno. Quindi questo
segno doveva essere quanto meno già presente al momento
del montaggio sotto al carro. Il montaggio sotto al carro
è avvenuto infatti dopo un periodo in cui non è avvenuto
esercizio. Questo segno non è stato apportato sulla sala
durante l’esercizio perché altrimenti, siccome ci risulta
dagli atti che non è presente, non è stata effettuata
ulteriore manutenzione dal momento del montaggio sotto al
carro al momento dell’incidente, non avremmo dovuto
vedere una vernice di ritocco sopra questo segno, avremmo
dovuto vedere il metallo al nudo oppure parzialmente
ossidato. Quindi questo danno che vediamo in questa foto
non può essere stato fatto durante il periodo di
esercizio che va dall’ultimo montaggio sotto al carro che
è avvenuto fino al momento dell’incidente, altrimenti
avrebbe avuto un aspetto diverso. Questo segno però è
dovuto ad un fenomeno che può avvenire soltanto in
esercizio, quindi dobbiamo concludere che era già
presente all’atto del montaggio sotto al carro. Nella
ipotesi che l’ultimo esercizio effettuato sia stato prima
dell’ultima revisione addirittura, allora dobbiamo
concludere che questo segno era già presente anche
all’uscita dell’ultima revisione, perché è stato
provocato da un fenomeno che può avvenire durante
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l’esercizio. Quindi queste sono le conclusioni che ora ho
riassunto forse con parole leggermente diverse rispetto
alla relazione ma sono le conclusioni che traiamo
dall’osservazione di questo segno, che quindi assume come
sappiamo, ora vado avanti, assume una fisionomia analoga
a quella dell’altra e più vistosa abrasione che abbiamo
riscontrato che era quella già immediatamente visibile al
momento dell’incidente mentre questo era meno
appariscente. Abbiamo anche osservato la presenza di
corrosione al di sotto dello strato di rivestimento, in
particolare c'erano anche crateri di corrosione analoghi
a quelli che poi hanno provocato la rottura del fusello,
abbiamo osservato le parti dell’assile, i cosiddetti
collari che sono le parti esterne alle ruote, quindi non
il corpo centrale dell’assile ma le parti esterne che
presentavano uno stato diverso dallo stato osservabile
sul corpo assile e cioè innanzitutto si rilevavano già
alla semplice analisi visiva almeno due strati di
materiale di rivestimento e poi si rilevava uno scarso
grado di adesione, tanto da non poter effettuare le prova
che ho menzionato prima di adesione secondo standard cioè
la prova di cross-cut. E questa scarsa adesione della
vernice in questa zona è anche dimostrato dalla zona di
prelievo di un campione per la successiva analisi
chimica, qui analogamente a quanto detto prima abbiamo
raschiato la vernice per prelevarla e qui è venuta via a
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scaglie grosse facilmente, mostrando uno stato di
adesione molto basso. Notiamo anche che il colore di
questa vernice almeno all’esterno è nero e quindi diverso
anche se... cioè diciamo è diverso da quello presente sul
corpo dell’assile che invece nel caso della 98331 è un
blu – verde molto scuro. Analogamente questa è una foto
del collare rotto, come si vede evidentemente, e lo stato
è simile a quello che ho appena illustrato per il collare
dell’altro lato, dell’altra ruota. Passando invece alla
sala 85890 quindi chiamiamola la sala gemella...
GIUDICE – Scusi un attimo.
P.M. – (Fuori microfono).
GIUDICE – Una questione tecnica di ripresa, immagino. Allora
scusate un attimo, un minuto di sospensione.
- Viene momentaneamente sospeso il processo -
GIUDICE - Penso che possiamo continuare a questo punto. Prego.
PERITO LICCIARDELLO – Cerco di capire come proiettare
nuovamente i lucidi... Eccoci.
GIUDICE – Possiamo continuare. Prego.
PERITO LICCIARDELLO – Allora, abbiamo confrontato le
risultanze ottenute per la sala 98331 anche in maniera
simile diciamo con un’analisi della sala 85890 che è
quella – ho messo la foto qui giusto per ricordarci quale
fosse – quella con la boccola rotta sul lato destro, poi
sulla quale si faranno considerazioni nel seguito, e
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piegata verosimilmente durante il momento dell’incidente
- più che verosimilmente - e di colore blu sempre un po’
più chiaro, dall’apparenza leggermente più chiaro di
quello della 85890. Qui abbiamo fatto, come detto
all’inizio, delle analisi visive, rilievi di spessore ed
altre prove che sono dettagliate nel rapporto ed abbiamo
guardato i collari che presentano uno stato direi analogo
a quello dell’altra sala, quindi colore nero e quindi
diverso il colore della vernice sui collari rispetto a
quelle del corpo assile e sostanzialmente quindi, per
rispondere al quesito, sostanzialmente lo stato di
manutenzione è simile per molti aspetti, aspetti che sono
illustrati nella relazione, la differenza principale è la
presenza di queste due fasce abrase - una vistosa ed una
no - sulla 98331 che ha subito la rottura. Abbiamo detto
che... Sappiamo tutti che abbiamo un quesito specifico
sulla fascia ossidata cosiddetta che è quella più
vistosa, che a questo punto direi si classifica come
analoga a quella precedente meno vistosa che ho
illustrato prima e cioè la genesi di queste due fasce - a
questo punto due fasce – è simile cioè dovuta ad
abrasione per contatto tra la sala in rotazione e l’altro
oggetto metallico ed a differenza però della prima che ho
illustrato questa, la fascia più vistosa, è ritoccata con
una vernice che è poi risultata di tipo diverso di quella
sul resto dell’assile mentre nel primo caso ho appena
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detto che la vernice di ritocco era dello stesso tipo di
quella originaria; qui la vernice di ritocco, almeno
quella che si riesce ad identificare come tale in quanto
prevalente diciamo come presenza nella fascia in
questione, è risultata di tipo diverso ed anche andandola
a raschiare in maniera analoga a quanto si è fatto nelle
altre parti dell’assile questa rimane di colore nero, non
emerge il blu sotto a questa vernice qui e poi le due
analisi chimiche successive indipendenti tra di loro ci
hanno confermato che effettivamente questo era un
materiale di tipo diverso. E quindi concludiamo che pure
questa era una fascia che ha subito danni in esercizio;
come spesso accade è stata ritoccata e le conclusioni
riguardo la presenza, quindi allo stato della sala
dell’assile e delle ruote nel loro assieme al momento
della revisione e del montaggio sotto al carro le
conclusioni sono simili a quanto tratto prima. Riporto
anche un’altra foto che non c’è nella relazione però
riesaminando, preparando questa presentazione mi sembrava
che desse più chiarezza - in realtà guardando la
proiezione lassù non sono sicuro quanto sia chiaro a chi
guarda! - e questa è una foto della stessa fascia
ossidata presa pochi giorni dopo l’incidente e si nota
che questa... la vernice, che poi si è rivelata di tipo
vinilico nera, era... La presenza di questa vernice era
molto più visibile e quindi era molto più estesa la zona
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verniciata di nero all’epoca e non avendo potuto fare
stime quantitative precise del tempo di ossidazione, del
tempo necessario affinché si sviluppasse l’ossidazione
che si vede già nella foto del 2009, abbiamo dovuto fare
una stima qualitativa e cautelativa direi - e queste
conclusioni poi di dettaglio si trovano meglio nel
rapporto - e cioè che l’ossidazione che era visibile al
momento dell’incidente poteva non essere presente
all’atto del montaggio sotto al carro e che quindi è
possibilissimo che questa fascia al momento del montaggio
sotto al carro si presentasse integralmente verniciata di
nero e con l’ossidazione sottostante o inesistente
completamente perché abrasa appositamente al fine di
apportare il ritocco oppure, se presente, non visibile in
quanto coperta dalla vernice nera. Quindi questa è la
conclusione diciamo cautelativa e qualitativa che traiamo
sullo sviluppo dell’ossidazione in questa fascia qui.
Comunque appunto questa fascia poi è analoga a
quell’altra, ce ne abbiamo due di queste fasce mentre
all’inizio pensavamo di averne una soltanto. Quest’altra
foto illustra ancora – forse... non so come la vedano
tutti i presenti, io sullo schermo la vedo abbastanza
bene – illustra come anche questa fascia, la fascia
vistosa inizialmente già diciamo che si è notata subito,
è verniciata con un tratto circonferenziale cioè si
tratta verosimilmente di un ritocco. E per quanto
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riguarda la genesi di entrambe le fasce in realtà questa
foto si riferisce a quella vistosa cioè quella in
prossimità della mezzeria dell’assile; andando ad
osservare – questa è una foto dello stesso carrello
incidentato che è custodito a Viareggio – andando ad
osservare la timoneria del freno cosiddetta, cioè questa
è una parte del leveraggio che fa sì che l’aria in
pressione possa poi far sì che si stringano i ceppi freno
attorno alle ruote - questa è una parte di quella
cosiddetta timoneria - su questa timoneria abbiamo
trovato segni di abrasione da un oggetto che
verosimilmente gli stava sotto e molto verosimilmente
ovviamente si tratta della sala montata che gli stava
sotto. Un segno del genere quindi... Segni del genere li
abbiamo visti su molti altri capi, quindi sono piuttosto
comuni ed abbiamo concluso che la genesi di entrambe le
fasce era di questo tipo qua, in particolare per quella
in mezzeria l’oggetto che l’ha provocato riusciamo anche
ad individuarlo con una certa affidabilità come in questo
caso qui. Quindi per quanto riguarda l’analisi delle
vernici, degli strati di rivestimenti io ho finito,
quindi passo la parola al professor Vangi che illustra i
punti successivi.
Perito Vangi
PERITO VANGI – Allora, vediamo per quanto riguarda la
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caratterizzazione del materiale dell’assile ed
analizziamo sia il quesito B-2 che il B-3 cioè la
caratterizzazione da un punto di vista chimico,
metallografico ed anche da un punto di vista meccanico.
Qui brevemente è mostrato lo schema del prelievo dei
provini dall’assile, non entro tanto nel dettaglio anche
perché ora non è particolarmente significativo ma
illustriamo brevemente la logica di questo schema.
Vediamo a sinistra abbiamo la frattura ed abbiamo
privilegiato il prelievo di provini di trazione in
vicinanza della portata di calettamento vicino alla
frattura e dall’altro lato, l’altra portata di
calettamento a destra, i provini per il rilievo della
velocità di avanzamento della cricca. Nel mezzo
sostanzialmente abbiamo invece prelevato i campioni per
le prove di fatica sia lisce, su provini lisci che
provini tagliati; in particolare abbiamo usato uno schema
simmetrico nel senso le zone più centrali sono fatica
lisce, quelle più esterne verso la portata di
calettamento sono il materiale dedicato alle prove per le
fatiche intagliate. Va bene, poi diciamo il dettaglio di
tutti i provini come sono prelevati, che è stato
riportato nella relazione, se poi ci sono delle domande
specifiche le approfondiamo; per ora diciamo per seguire
il filo del discorso non è necessario approfondire. Nel
mezzo vediamo quella zona viola è la zona di questa
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fascia ossidata di cui ha parlato l’ingegner
Licciardello, che è stata prelevata a se stante. Il
campione che abbiamo indicato con A) ovvero la fetta
contenente la superficie di frattura è stato poi
successivamente, dopo l’analisi complessiva sia visiva
che al microscopio ottico, è stata poi ritagliata in
sottocampioni per andare a fare un’analisi al microscopio
elettronico, al SEM e secondo lo schema qui riportato.
Allora, cominciamo ad analizzare i risultati dell’analisi
chimica. È stata fatta su dei campioni prelevati nella
zona centrale dell’assile e centrale all’interno della
sezione, oltre che sulla parte proprio vicino alla
frattura cioè il campione denominato A4.2 - A4.3 che
vediamo qui nella figura, nella fotografia. Ora purtroppo
la proiezione si vede molto male, forse se poi
riuscissimo magari a scurire anche quello forse si
potrebbe vedere meglio, comunque diciamo che si perdono
molti particolari rispetto al video. Comunque i risultati
dell’analisi chimica hanno mostrato sostanzialmente che
il materiale è un materiale EA1N conforme allo standard
dell’epoca, all’UIC 811, mostra diciamo dei valori alti
per quanto riguarda lo zolfo ma che rientrano nella norma
dell’epoca, diciamo non rientrano nelle norme attuali ma
sostanzialmente sono congruenti con le modalità di
produzione dell’epoca che ricordiamo il materiale
dell’assile è un materiale di circa 40 anni fa, quindi
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prodotto con processi diversi da quelli di oggi.
L’analisi metallografica ha mostrato... è stata fatta
anche qui per i provini tratti dalla parte centrale
dell’assile; qui abbiamo il dettaglio del prelievo dei
provini, in particolare sono stati presi qui dalla parte
centrale per l’analisi metallografica e macrografica per
vedere la struttura sia longitudinale che trasversale; le
altre - l’analisi sulla microstruttura del grano, le
dimensioni del grano - sono state fatte invece su provini
prelevati in vicinanza della zona di frattura proprio per
andare a vedere il materiale nella zona che poi si è
rotta ed i risultati hanno mostrato un materiale che
mostra una fibratura marcata, un bandeggiamento marcato
di dimensione grana è stata misurata intorno ai 7 ed i 9
micron, queste sono immagini traversali alla sezione
dell’assile quindi ci mostrano questa fibratura; le
inclusioni metalliche sono presenti e ci sono alluminio,
sulfuri, silicati etc. che sono diciamo anche queste
abbastanza tipiche del processo di produzione dell’epoca.
Le prove di trazione sono state fatte su tre provini
nella zona di portata di calettamento, nella zona di
calettamento in zona esterna, sulla pelle, diciamo in
vicinanza della pelle della portata a metà raggio ed
all’interno e poi è stato fatto anche un provino nel
campione di A-1 che è il campione nell’immagine iniziale
alla destra cioè sull’altra portata di calettamento,
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quella lontano dalla frattura. Anche qui i risultati
mostrano dei valori sostanzialmente che rispettano
diciamo i requisiti dell’epoca in tutti i vari valori che
sono qui riportati e quindi la resistenza, la sigma
rottura, la sigma da snervamento, l’allungamento
percentuale. Poi qui ho già premesso vado abbastanza
veloce senza stare a commentare i singoli numeri ma
insomma rientrano tutti nella specifica dell’epoca,
quindi le prove di residenza sono state fatte sia su
provini ricavati longitudinalmente che trasversalmente
rispetto all’asse dell’assile ed anche questi sono stati
fatti sia su diciamo la parte più vicina alla frattura
sia sulla parte sempre della portata di calettamento però
la parte opposta. Anche questi risultati sono conformi ai
requisiti UIC 211, le prove di tenacità alla frattura
sono state fatte su tre campioni lato portata di
calettamento lato integro – chiamiamolo – cioè quello
opposto al lato dove è presente la frattura; hanno
mostrato un comportamento “anomalo” in quanto la
superficie di frattura si è verificata diciamo
perpendicolarmente al piano di innesco nella cricca
quindi in modo anomalo ma tutto sommato congruente con il
tipo di materiale che mostra questa fibratura marcata e
quindi un piano di minor resistenza nella direzione
parallela alla fibratura. I valori tutto sommato sono
abbastanza confrontabili con quelli ottenuti poi nelle
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prove come valori finali delle prove il KQ, dopo lo
vediamo. Le prove di durezza sono state fatte invece sui
provini usati per le prove di trazione, sulla testa dei
provini, sono state fatte due misure su ciascuna testa
abbastanza lontane fra di loro per non interferire,
questi sono i risultati: anche qui una durezza congrua
con il tipo di acciaio e, ecco, le prove di propagazione
della frattura sono state fatte sempre su provini
prelevati lato portata di calettamento integra diciamo ed
i valori ottenuti nelle tre prove sono anche questi
abbastanza confrontabili, direi confrontabili con i
valori tipici degli acciai prodotti al giorno d’oggi
sempre da Lucchini e quindi diciamo confrontandoli con il
data base Lucchini sono risultati simili. Detta K finale
come si diceva è anche questa abbastanza vicina a quello
ottenuto dalle prove precedenti, quelle con la rottura
anomala che abbiamo visto prima. Quindi diciamo il
materiale ha mostrato, nonostante il piano di rottura
anomalo, valori confrontabili con questi. Queste prove
qui sono le prove diciamo che ci permettono di valutare
la velocità di avanzamento della cricca con il carico.
Queste sono state fatte con il ciclo R01. Cosa significa?
Cioè è il rapporto tra il massimo carico ed il minimo
carico applicato ovvero parliamo di un carico sempre
positivo cioè sempre di trazione sul provino che fa poi
questo carico avanzare la cricca. Nella frattura che si è
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verificata e che ha portato alla rottura l’assile il tipo
di sollecitazione è diversa, c’è un rapporto diverso di
R, un R meno 1, perché il carico diciamo per come lavora
l’assile è di tipo flessionale, rotante, passa da un
carico massimo ad un carico minimo che sono di segno
opposto. Diciamo che le prove sono state fatte in questo
modo per motivi diciamo tecnici dell’attrezzatura anche
disponibile e delle procedure di prova usate da Lucchini,
quindi ha dato comunque dei valori di confronto ed
indicativi del comportamento del materiale con cui poi si
può diciamo anche dalle prove disponibili in letteratura
si può comunque valutare, confrontare il comportamento
del materiale anche con altri tipi di acciaio. Le prove
di fatica sono state fatte sia su provini prelevati sulla
zona esterna, sulla fascia esterna, sia su provini
prelevati più all’interno; questo perché poteva esserci
anche il sospetto che i provini prelevati sulla fascia
esterna, trovandosi in una zona di sollecitazione
maggiore durante l’esercizio, potessero avere in qualche
modo accumulato già un certo danno e quindi mostrare poi
una vita a fatica non del materiale diciamo originario
vergine ma diciamo di un materiale che aveva già lavorato
e quindi è stato fatto anche un prelievo di provini
all’interno per confrontare se effettivamente questa
differenza c’era. I risultati sono questi qui, ci
mostrano che tra l’esterno e l’interno diciamo non ci
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sono grandissime differenze e che ovviamente ci sono le
differenze fra la fatica sui provini lisci e quella
intagliata cioè dei provini con un piccolo intaglio che
permette diciamo alla cricca di fatica di svilupparsi
precocemente. I risultati anche qui non sono lontani,
sono del tutto confrontabili con i valori tipici ottenuti
dagli acciai prodotti da Lucchini, quindi diciamo -
questo anche come conclusione - il materiale era conforme
allo standard dell’epoca ed in particolare per quanto
riguarda le prove di fatica diciamo non sono poi così
lontane diciamo da... sia per l’avanzamento della cricca
che quello rilevato a fatica non sono lontani da quelli
attuali. Quindi come cauzione della caratterizzazione del
materiale si può dire che l’acciaio è il tipo EA1N,
risponde ai requisiti della normativa vigente all’epoca
della fabbricazione; è caratterizzato da questa marcata
fibratura in isotropia che in qualche modo ritroviamo poi
nell’analisi ad ultrasuoni cioè questa fibratura produce
del rumore – e poi vedremo – del rumore ed anche dei
riflessi, degli echi; il comportamento a fatica - come ho
detto - è paragonabile a quello degli attuali materiali.
Allora per il punto successivo ripasso la parola
all’ingegner Licciardello... O è sempre il mio questo?
Ah, i controlli ultrasonori. Allora parlo sempre io,
scusate. Allora il controllo ultrasonoro è stato fatto
sull’assile interessato dalla frattura per verificare se
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fossero presenti altri difetti oltre a quello che ha
provocato la rottura. Per il controllo è stato usato
prevalentemente la procedura delle VPI04, appendice 27,
che è quello diciamo utilizzato nella manutenzione e sono
stati poi fatti anche degli altri controlli aggiuntivi
per meglio indagare su alcuni echi che si potevano
vedere. La procedura VPI cosa dice: prescrive un
controllo di tipo assiale – la prima figura che vediamo
in alto – in cui si applicano le sonde sulla testa
dell’assile, si controlla praticamente il volume interno
del materiale anche se si riesce a vedere diciamo parte
della superficie, anche parte della superficie. Più
specifico per la superficie il controllo con sonde
oblique cioè la scansione obliqua ovvero con sonde
applicate sulla superficie del fusello e della parte
chiamiamola interna corpo assile e l’esame proprio di
quelle zone che sono quelle poi più critiche per la
presenza possibile di cricche ovvero le zone dove ci sono
dei raccordi, dei cambi di sezione dove in qualche modo
anche le tensioni si concentrano e quindi è più facile
che si possa verificare un innesco e propagazione di una
cricca. Questa procedura appare idonea a rilievo di
difetti nella zona... Vediamo questa qui che sto segnando
è la zona proprio dove è partita la cricca inizialmente e
quindi in questa zona il controllo, in particolare questo
con sonde a 40 e 45 gradi che vediamo ed anche questo
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dall’altra parte, dalla parte del corpo centrale, sembra
essere idoneo al controllo di questi difetti. La
procedura prescrive una calibrazione dell’apparecchiatura
ultrasonora attraverso il blocco campione, calibrazione
della sensibilità dell’attrezzatura perché
l’attrezzatura, la strumentazione diciamo ultrasonora ha
un guadagno del segnale ricevuto dalle sonde regolabile
cioè un’amplificazione di questo segnale che va regolato
con un’apposita scala in base a quello che voglio vedere,
quindi se voglio individuare dei difetti che qui sono
rappresentati con degli intagli artificiali di cui se ne
conosce la dimensione e la posizione, ecco allora io
posso usare questo blocco per regolare, a seconda di dove
voglio andare a far l’analisi regolo per ogni posizione e
per ogni angolazione di sonde che scelgo regolo la
sensibilità diciamo dello strumento; dopodiché la prova
consiste nell’effettuare una scansione a zigzag come
vedete con la sonda sulle varie superfici di appoggio,
che devono essere ovviamente sverniciate e lisce previo
deposito di materiale di accoppiamento acustico che è ad
olio, ed attraverso questa scansione riusciamo a
spazzolare - per così dire – le zone dove più facilmente
si può vedere queste cricche. Il controllo che è stato
fatto è stato fatto inizialmente con una sonda incrinata,
speciale, incrinata a 29 gradi, che è questa qui viola
diciamo posizionata in questo centrino della testa
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dell’assile; con questa sonda con questa inclinazione si
riesce a vedere, a controllare tutta la zona del fusello
sotto al cuscinetto, il controllo è stato fatto sia con
il cuscinetto montato che smontato e poi sono stati fatti
controlli lato... cioè dal fusello con sonde inclinate a
37 gradi per controllare la superficie del fusello.
Quindi questo... Il fusello è stato controllato diciamo
interamente sia con sonde angolate sia con questa sonda
particolare dal centro, dal centrino. In particolare il
controllo con sonda questa qui ha messo in evidenza degli
echi cioè delle indicazioni, indicazioni di... cioè
un’eco è un qualcosa che avviene quando abbiamo una
diversa impedenza acustica del passaggio degli ultrasuoni
nel mezzo, quindi questo può essere... questa variazione
di impedenza acustica può essere o un difetto o un
qualcosa comunque di materiale leggermente diverso,
comunque una diversa velocità di propagazione del suono.
Quindi è chiaro che rilevando dei picchi di ritorno è
chiaro che ci si pone il problema di capire meglio che
cos’è cioè se è un difetto o qualcos’altro e se è un
difetto di capirne la dimensione, capirne la posizione.
Ecco, in questo caso avendo avuto degli echi di ritorno
da questo pezzo sono state poi fatte successivamente
delle analisi successive che la VPI non prescrive ma per
capire se effettivamente ci fosse un difetto. Queste
analisi sono state fatte utilizzando una sonda piana
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direttamente dalla superficie esterna del fusello in
direzione radiale e diciamo il risultato – e poi dopo lo
diremo anche dopo – ma insomma sostanzialmente è legato a
quella bandosità, quella fibratura che si diceva
all’inizio e quindi sono non difetti ma sono dei
riflettori acustici all’interno del materiale e quindi
non superficiali, quindi non legati a difettosità del
materiale ma a questo processo di fabbricazione del
materiale stesso che rende tutto il materiale direi poco
trasparente agli ultrasuoni ovvero – dopo lo vedremo
meglio – cioè ha un rumore di fondo piuttosto elevato. Il
collare è stato analizzato con le sonde a 40 e 45 gradi
anche qui ed il collare diciamo è la parte poi... la zona
dove poi si è propagata la frattura nel lato dove si è
fratturato, qui abbiamo fatto l’analisi ovviamente su
entrambi i fuselli ed entrambi i collari, è chiaro che
sul collare... sul fusello quello rotto, quello
distaccato, a causa della presenza della frattura, della
superficie esterna di frattura lì il segnalo ultrasonoro
era mascherato da questo grosso riflettore che è il fondo
pezzo della frattura e quindi lì il controllo aveva poco
senso, diciamo è stato fatto in maniera più significativa
dal lato opposto. Le portate di calettamento sono state
verificate anche qui con 40 e 45 gradi dal lato fusello e
dal lato invece corpo assile con le sonde inclinate di 52
– 54, 37 e 45 gradi cioè questi raggi che vediamo qua con
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cui è stato spazzolato – lo vediamo nella foto, adesso
c’è il riquadrino nostro e non si vede - ma insomma
diciamo c’è la foto con l’ispezione dal corpo... ecco,
dal corpo assile, vediamo la sonda inclinata e vediamo
che è stato necessario sverniciare questa parte di assile
per poter fare il controllo perché le norme prescrivono
la sverniciatura. Il corpo assile poi è stato controllato
poi tutto, una volta sverniciato tutto l’assile, con le
sonde inclinate sempre oblique ed anche con sonde piane
in direzione radiale. Questo ultimo controllo non è
prescritto dalle VPI però diciamo è stato fatto proprio
per indagare a fondo diciamo sullo stato dell’assile. Il
controllo cosa ha messo... Questo l’ho già detto, il
controllo diciamo con le sonde radiali. Ecco, il
risultato qual è? Abbiamo detto degli echi, dei riflessi
equivalenti ad un difetto di 1 millimetro e mezzo circa
situati al centro o comunque nella zona interna
volumetrica del fusello ed anche sul corpo assile a varie
profondità legate a questa fibratura che si diceva. Il
rumore di fondo è risultato superiore al 10% del fondo
scala, il fondo scala viene impostato a seconda del
controllo... con il blocco campione che abbiamo visto
prima si pone l’80% del fondo scala, il picco che si vede
diciamo sul blocco campione si pone all’80% e quello è
l’altezza di riferimento. Ecco, quando i rumore è
superiore al 10% del fondo scala diciamo la procedura VPI
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prevede diciamo che il controllo ultrasonoro non possa
essere effettuato cioè prevede che si debba passare ad un
controllo magnetoscopico. Quindi come conclusione di
questo controllo si può dire che non sono state rilevate
altre cricche in atto su tutto l’assile; ci sono queste
difettosità legate... che non sono difetti, non sono
difetti di... diciamo difetti sviluppati con esercizio ma
sono proprio la macrostruttura del materiale e questo
rumore di fondo, ecco, presente, che imporrebbe diciamo
il controllo magnetoscopico dell’assile. Le altre prove
non distruttive... Ah, questi sono un attimo i tempi,
scusate. Ecco, durante i controlli è stata fatta poi una
simulazione per rilevare anche i tempi, anche se non era
diciamo strettamente nel quesito ma visto che eravamo a
fare i controlli è stata data questa indicazione cioè
seguendo la procedura VPI sono state misurate le singole
fasi durante il controllo completo come... diciamo a
regola d’arte dell’assile ed i tempi sono... i tempi per
le singole operazioni sono questi qui misurati in questa
colonna e che portano un tempo totale... - ora c’è sempre
la figurina non si vede - ma un tempo totale di 14 minuti
e mezzo circa per ogni lato, per ogni semi-assile e
quindi diciamo circa 30 minuti per l’assile completo. C’è
da dire che questi controlli sono stati fatti senza
apparecchiature diciamo per il controllo di routine, nel
senso senza attrezzature particolari per fare ruotare
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l’assile o per tenere in posizione lo strumento diciamo
per agevolare un controllo di routine. Ovviamente è stato
fatto un controllo accurato ed i tempi che vediamo invece
qui sulle altre colonne sono i tempi di questa
calibrazione dello strumento, ogni volta che si cambia
sonda diciamo uno dovrebbe fare un controllo sul blocco
campione per regolare correttamente le amplificazioni e
la sensibilità dello strumento; nella realtà poi diciamo
andando con strumentazione digitale nel senso che
memorizza questa impostazione che uno ha dato può
richiamarla... cioè quindi si fa una volta e per tutte
magari ad inizio di giornata, dopodiché la si richiama
dalla memoria. In strumentazione di tipo analogico come
quella usata all’ultima revisione diciamo che ogni volta
bisognerebbe rifare questa calibrazione; ora in realtà
non è strettamente necessario questo, nel senso che
facendo un lavoro di routine in serie a seconda del tipo
di sonda utilizzato della zona controllata diciamo
l’operatore sa, in qualche modo reimposta lo strumento
manualmente sapendo che valori mettere. Quindi diciamo
questi tempi appaiono ora diciamo eccessivamente
sovrastimati in questo senso. Rimane un 30 minuti buono
secondo me, secondo noi – ecco – rimangono questi 30
minuti per il controllo che è un tempo ragionevole. Ecco,
questo è quello che abbiamo appena detto... Velocemente i
controlli non distruttivi che sono stati fatti
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successivamente sempre per verificare diciamo lo stato
complessivo dell’assile ovvero se ci fossero in atto
altre cricche o altri difetti. Sia l’esame con il
magnetoscopio che qui vediamo in foto cioè il controllo
globale di tutto l’assile con smontate le ruote e le
boccole, i cuscinetti sia il controllo con liquidi
penetranti nella zona fusello rotto e della zona del
collare opposta non hanno dato esiti positivi ovvero non
sono state rilevate altre difettosità. Quindi
complessivamente diciamo tutti i controlli non
distruttivi - ultrasonoro, magnetoscopico e liquido
penetrante - non ha messo in evidenza difetti oltre a
quello che ha provocato la rottura. Bene. Allora...
Perito Licciardello
PERITO LICCIARDELLO – Passiamo al prossimo quesito. Ora apro
la presentazione... Allora, si tratta anche qui di due
quesiti accorpati cioè il B7 ed il B11 relativi entrambi
all’analisi delle condizioni delle ruote; il primo B7
riguarda la correttezza del montaggio della ruota ed il
B11 il controllo di rotondità delle ruote. Questi
controlli, esplicati poi nel dettaglio come si vede
proiettato cioè attraverso rilievi visivi e rilievi
direzionali, avevano lo scopo principale di individuare
potenziali cause che potessero aver sovrasollecitato
l’assile durante la marcia nell’ultimo periodo di
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esercizio e quindi favorendo una propagazione più rapida
diciamo della cricca. In sostanza... Qui sarò molto
rapido perché in sostanza prima di tutto mentre nel
quesito si chiedeva di stimare, se possibile,
l’interferenza di montaggio questo non è stato possibile
perché abbiamo scelto di cercare di preservare
l’integrità delle portate di calettamento cioè di queste
parti che si vedono nelle foto per... che con altri
metodi di rimozione delle ruote avrebbero creato danni
fatti da noi e non già presenti quindi al momento
dell’incidente; in realtà qualche piccola striatura
durante le operazioni provocata dall’operazione di
rimozione è avvenuta, come hanno visto i consulenti, ma
non ha alterato poi la significatività dell’analisi
visiva, insomma siamo riusciti a lasciare comunque queste
parti piuttosto integre e risulta anche visivamente che
la ruota sicuramente non è stata montata con un’eccessiva
interferenza perché le ruote chiaramente vanno per
rimanere poi in esercizio solidali all’assile, vanno
prima scaldate e poi lasciate raffreddare sulla portata
di calettamento in modo da creare un’interferenza
meccanica che possa garantire una pressione di contatto
sufficiente a mantenere diciamo solidale la ruota
all’assile durante la rotazione senza slittamenti e non
ci sono evidenze visive sul fatto che possa esserci stato
qualcosa di anomalo cioè né un calettamento con pressione
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eccessiva, altrimenti si sarebbero visti dei segni sulle
portate che non si vedono e né una pressione,
un’interferenza scarsa, altrimenti si sarebbero visti
altri di nuovo segni di altro tipo. I rilievi
dimensionali fondamentalmente... Qui sarò molto
sintetico. Principalmente ci siamo preoccupati della
circolarità o della rotondità delle ruote perché se le
ruote non sono rotonde, come accennavo prima, possiamo
avere delle sovrasollecitazioni anomale diciamo rispetto
a quanto è richiesto nell’esercizio e quindi vi sono dei
limiti a questa cosiddetta circolarità cioè si
prendono... per misurarla si prendono misure in più punti
della ruota e si verifica che i diametri misurati lungo
più punti non siano molto diversi l’uno dall’altro e che
rientrino quindi entro delle normative di riferimento,
diciamo delle norme di riferimento. Qui non abbiamo
osservato, tranne in realtà c’era un’ammaccatura su una
delle ruote chiaramente dovuta all’incidente, a parte
questo le ruote sono risultate con rotondità coerente
diciamo con una ruota che ha effettuato un certo periodo
di esercizio cioè che non sia appena uscita da una
revisione ma come queste sale abbiano marciato un po’ in
esercizio. Abbiamo anche guardato parametri di montaggio
della ruota, ora non sono stato a riportarlo sia perché
non abbiamo trovato niente di particolarmente strano sia
perché i dettagli sono contenuti nel rapporto ovviamente
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ma abbiamo misurato anche lo scartamento tra le ruote
cioè potevamo pensare che magari le ruote erano montate
troppo vicine o troppo lontane tra di loro, in realtà non
è stato... Diciamo è tutto risultato nei limiti, per così
dire, e quindi abbiamo concluso che fondamentalmente
queste ruote erano montate diciamo correttamente, non
c’era niente di particolare, non ci sono evidenze che
portino a concludere che ci sia stato un montaggio
scorretto delle ruote a suo tempo. E passando quindi al
quesito B8 che invece riguarda il tipo di assile, cioè è
quel quesito che come sappiamo ci chiedeva di mettere a
confronto le quote dimensionali rilevate sull’assile
98331 – quello che si è rotto – con i disegni di altri
tipi di sala ed in particolare quelli della famiglia...
cioè altri tipi di assile per essere più preciso, cioè di
asse, e quelli della famiglia 75.2 delle ferrovie
austriache. Avevamo due disegni a disposizione con cui
fare il confronto e quindi qui è stato... La questione è
stata molto semplice: abbiamo preso le misure sull’assile
a quel punto già privato delle ruote e siamo andati a
confrontarle con quelle sui disegni a disposizione per
vedere se l’assile potesse essere conforme a quei
disegni. L’assile 98331 non è risultato conforme ad
alcuno dei disegni che avevamo, ad alcuno di questi due
disegni, quindi non è di alcuno dei due tipi, non rientra
in questa famiglia 75.2 delle ferrovie austriache; ci
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sono differenze anche nell’ordine di millimetri su certe
dimensioni fondamentali e ci sono anche dei raggi di
raccordo cioè dove ci sono variazioni di diametro, si
fanno delle variazioni graduali con dei raccordi, ecco,
quei raggi di raccordo sono elementi molto indicativi del
tipo di sala, lì abbiamo riscontrato delle differenze e
quindi abbiamo concluso che non poteva essere... la sala
98331 non poteva essere del tipo di cui avevamo i
disegni. Quindi qui le conclusioni sono molto rapide,
ripasso la parola al professor Vangi invece per quanto
riguarda l’analisi della frattura.
Perito Vangi
PERITO VANGI – Allora, dunque, l’analisi della frattura è
stata fatta in modo sia visivo sia con microscopio ottico
e la scansione elettronica. La fetta diciamo contenente
la superficie di frattura è stata prima osservata integra
tal quale, poi senza necessità di alcuna pulizia o
attacco acido perché diciamo era in ottimo stato di
conservazione, poi sono state fatte - come abbiamo detto
anche prima - dei tagli per ricavare dei provini da poter
poi inserire e guardare meglio successivamente al
microscopio. Questo è lo schema dei tagli. Sono stati
fatti anche dei tagli su questo spicchio di campione A1,
qui vediamo a destra sono stati fatti anche dei tagli
ulteriori per permettere poi, nella zona dove poi si è
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localizzato l’innesco della frattura, per permettere
l’analisi anche diciamo perpendicolarmente alla
superficie di frattura per vedere se ci fossero
eventualmente anche altre cricche secondarie diciamo che
a volte si possono propagare sempre partendo dalla zona
di innesco. Ecco, questo è quello che abbiamo appena
detto. Ok. Allora, intanto cosa si vede: allora,
l’analisi visiva mostra immediatamente che si tratta di
una rottura per fatica; vediamo delle zone con
caratteristiche morfologiche ben distinte, c’è una zona
qui...
GIUDICE – Scusi, si può togliere il quadratino in fondo così
si vede meglio tutti, per favore? Grazie.
PERITO VANGI – Ok. Quindi dicevo abbiamo delle zone ben
visibili, ben contraddistinte di una zona qui che vediamo
- che sto evidenziando - in cui la cricca si è propagata
in modo sub-critico, dopodiché abbiamo una zona di
propagazione critica ovvero di propagazione istantanea
che poi ha provocato la rottura di tutta la sezione. Le
cosiddette linee di spiaggia ovvero queste striature che
si notano anche visivamente sulla superficie hanno un
andamento che è caratteristico del tipo di sollecitazione
che si diceva prima ovvero la flessione rotante e che
provoca, dalla parte a partire dalla zona di innesco in
cui queste linee di spiaggia sono inizialmente concave,
diciamo queste linee poi tendono a raddrizzarsi, a
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cambiare concavità fino ad isolare diciamo la parte
residua, che è poi quella dove ho la propagazione
istantanea, e confrontando anche con quello che c’è in
letteratura come confronto così visivo, qualitativo
sull’andamento di queste linee di spiaggia ci ritroviamo
perfettamente in linea con quello che è questo disegnino
che ci indica la classica frattura dovuta a flessione
rotante con valori bassi mediamente della sollecitazione.
Andando a misurare la lunghezza della cricca dall’innesco
fino alla parte diciamo in cui la propagazione è
diventata instabile abbiamo una dimensione di circa 90
millimetri. e quindi questa è la lunghezza cosiddetta
critica e la zona qui dell’innesco qui la vediamo... Ora
purtroppo queste vedendo lì nello schermo sono molto più
buie, non si vede molto ma insomma tutti i tecnici hanno
potuto vederle queste foto e comunque ci sono nella
relazione in maniera un po’ più chiara. L’innesco è più o
meno in questa zona dove vediamo anche sulla superficie
del collare questa vernice con una bollatura e la
presenza di diverse zone ossidate ed ingrandendo abbiamo
qui questa zona qui che è la zona dove è partito... Dove
si è innescata questa cricca e mentre questa che vediamo
più scura diciamo è la superficie di frattura, quella
chiara che vediamo è la superficie del collare sopra,
dove vediamo questa presenza di un cratere di corrosione
che adesso poi vediamo anche meglio... Ecco, in questa
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foto vediamo del cratere di corrosione e delle zone
comunque ossidate da cui poi è partita questa frattura,
questa cricca. Qui al microscopio elettronico abbiamo dei
dettagli ulteriori di questo cratere di corrosione ed in
particolare vediamo che ce ne sono altri, questo è quello
che ha provocato la frattura da cui è partita... diciamo
si è innescata la frattura e vediamo anche lì nelle
immediate adiacenze ci sono altri crateri più o meno
simili come morfologia, quindi diciamo che lo stato di
ossidazione localizzato in questi crateri ha fatto...
diciamo in uno di questi crateri ha provocato l’innesco
di questa frattura. Ecco, come si diceva prima dei
campioncini poi ritagliati in senso perpendicolare alla
superficie di frattura sono state fatte poi le analisi
preparando il campione metallografico in cui vediamo che
non ci sono - questa è una foto delle tante fatte -
diciamo non sono state evidenziate cricche secondarie.
Ecco, quindi quello che si vede è un difetto mono-innesco
con una dimensione critica di 90 millimetri, una
morfologia delle linee di spiaggia da fatica rotante,
bassa sollecitazione prevalente. Con questi dati diciamo
si può fare una valutazione su quella che poteva essere
la dimensione della cricca, la sua evoluzione diciamo in
particolare nel periodo finale, quindi nel periodo che ha
portato poi alla rottura finale. Abbiamo delle condizioni
di carico che sono quelle sul percorso (inc.) che abbiamo
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circa la metà dei chilometri dei percorsi a vuoto e circa
la metà percorsi a pieno carico, quindi a cui
corrispondono forze applicate sul fusello di 100
chilonewton, di 40 e 65 chilonewton; poi abbiamo dei
parametri geometrici, adesso non li sto a leggere tutti
ma insomma sono dei parametri geometrici che fanno sì di
poter calcolare qual è la sollecitazione che ha agito
diciamo nel punto in cui è partita la cricca. Queste
sollecitazioni sono nominalmente di circa 50 megapascal
quando il carro è a pieno carico e di 20 megapascal con
il carro a vuoto. Dall’analisi, come già detto
dall’Ingegner Licciardello, non ci sono elementi che
possano far pensare a delle sollecitazioni anomale se non
quelle tipiche dell’esercizio, il sovraccarico
dell’esercizio ma non ci sono situazioni anomale dovute
per esempio a difettosità nelle ruote, nelle rotondità o
sfaccettature sulle ruote o un qualcosa che impediva il
corretto funzionamento della sospensione primaria. Anche
sul bordino della ruota non si sono rilevati consumi
anomali dovuti a contatti anche a rettifilo anomali nel
bordino che potrebbero avere eventualmente aumentati i
carichi sull’assile, e così anche sui cuscinetti non ci
sono stati particolari evidenze in sovraccarico. Quindi
abbiamo fatto una stima della velocità di propagazione
della parte finale di propagazione della cricca usando
dei valori cautelativi, nel senso per poter trovare ...
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quello che ci interessava è capire se rispetto al momento
della rottura se 23 mila chilometri circa prima di questa
rottura, ovvero al momento della ultima ispezione
ultrasonora dell’ultima manutenzione che dimensioni, se
c'era e che dimensioni poteva avere questa cricca. Quindi
sono state fatte delle ipotesi di tipo cautelativo, nel
senso di cercare di dare dei carichi e delle condizioni
gravose per ottenere una stima di una cricca il più
piccola possibile per vedere se anche in questa ipotesi
fosse una cricca di dimensioni tali da poter essere
visibile. Quindi abbiamo assunto una tensione massima
costante, quindi senza considerare che il treno viaggia a
metà scarico e metà carico, una tensione distribuita in
maniera uniforme in tutta la sezione pari a 89 mega
pascal tenuto conto degli effetti di intaglio, abbiamo
usato questo coefficiente, questo stress intensity factor
tipico di cricche con fronte piano, quello che viene
fuori dal conto applicando la legge di Paris che pur
essendoci anche modelli che sono stati poi derivati dalla
legge di Paris per tener conto magari di ulteriori
dettagli, ma sostanzialmente abbiamo preferito usare uno
strumento ben collaudato con ipotesi comunque gravose per
dare una stima e per tenere un limite e abbiamo ottenuto
che i 22.500 chilometri prima della rottura la cricca
doveva avere già una dimensione nell’ordine degli 11 - 12
millimetri. Se uno volesse andare a rimuovere alcune
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delle ipotesi che abbiamo fatto troppo cautelative,
otteniamo sempre delle cricche di dimensioni anche
maggiori. Quindi poiché gli 11 - 12 millimetri è già una
dimensione molto superiore a quella che già ci garantisce
una probabilità di detection pari al 100%, diciamo che
la conclusione che possiamo trarre è che in ogni caso la
dimensione della cricca era tale al momento dell’ultimo
controllo, dell’ultima manutenzione, da doversi vedere
con la procedura delle VPI, quindi dedicata appunto al
rilievo, alla detection, alla individuazione di cricche
in quelle zone tipiche, quindi la cricca che è partita
nella zona critica ed era di dimensioni certamente
visibile. Passo anche a vedere la verifica della
strumentazione ultrasonora perché prima abbiamo fatto i
rilievi ultrasonori sull’assile per verificare la
presenza o meno di altre cricche, questa invece è una
valutazione sulla strumentazione impiegata, quella
sottosequestro, quindi è quella proprio impiegata
nell’ultima manutenzione per vedere se lo strumento era
idoneo, aveva le caratteristiche necessarie per poter
funzionare, anche se le procedure utilizzate fossero
idonee o no per vedere proprio i difetti in quella
posizione, proprio facendo specifico riferimento a quella
posizione. Il controllo quindi di questa idoneità è stato
fatto analizzando l’apparecchio, la strumentazione, a
riflessione di impulsi, i trasduttori o sonde con le
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relative attrezzature e anche il blocco di calibrazione,
che è quello che abbiamo detto prima, è quel blocco che
ci consente di regolare la sensibilità dello strumento.
L’apparecchiatura è di marca Krautkramer, è una marca
molto buona come strumentazione, è un modello piuttosto
datato, analogico, la verifica è essenzialmente
consistita nella valutazione della integrità esterna
dello strumento, dell’aspetto, dell’integrità e della
linearità della risposta. Queste verifiche sono state
fatte in conformità a quanto svolto da Lucchini
internamente per la verifica dei propri strumenti in
accordo alla normativa Asme sezione V. La strumentazione
presenta dei valori di linearità sia orizzontale che
verticale, ovvero sulla scala dello strumento noi
generalmente abbiamo sulla scala orizzontale il tempo o
che dir si voglia lo spazio percorso dall’onda
ultrasonora, sulla scala verticale abbiamo l’ampiezza del
segnale che eventualmente ci torna da un riflettore che
può essere un difetto o un qualsiasi cosa che produce
una variazione in presenza acustica. Quindi la linearità
di queste due scale è essenziale sia per valutare
l’entità del difetto, quindi la grandezza di questo
riflettore, sia per valutare la distanza, ovvero la
posizione del difetto all'interno del corpo. Quindi
questi dati essenziali sono entro i limiti di
accettabilità, anche la risoluzione il rapporto segnale -
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disturbo sono entro i limiti. Il campo di dinamicità,
ovvero la banda passante, è al limite della norma e
l'unica cosa che si è rilevata è che il tubo a raggi
catonici, quindi il visore, ha delle piccole
difformazioni geometriche ai bordi, come accade nei
vecchi televisori che tendono un po’ ad arrotondare le
immagini nelle parti più esterne che sono dovute
essenzialmente all’usura del circuito, e quindi sono
congrue con l’età dello strumento ma non sono influenti
sulla funzionalità dello strumento. Per quanto riguarda i
trasduttori, è stato verificato anche qui l’aspetto di
integrità esterna e la resa ultrasonora, ovvero la resa
ultrasonora significa verificare, attraverso un
confronto con medesime sonde nuove, quanto è la risposta
in termini di ampiezza del segnale a parità di difetto,
quindi per i trasduttori piani è stato fatto un confronto
su dei blocchi Asme, i blocchi Asme sono dei blocchetti
cilindrici con un foro in fondo a fondo piatto che
simulano un riflettore, quindi appoggiando la sonda
abbiamo un eco di una determinata entità come ampiezza e
posizione e poi per i trasduttori angolati abbiamo usato
il blocco di taratura in dotazione appunto per il
controllo secondo standard VPI. Alcuni di questi
trasduttori hanno mostrato un rendimento un pochino
inferiore rispetto alle sonde nuove ma anche questo è da
considerarsi del tutto normale nell’uso del trasduttore,
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il livello di rendimento si abbassa con l’età della
sonda. Questo però non è un parametro che influisce sulla
bontà del controllo perché? Perché abbiamo detto
all'inizio che all'inizio di ogni operazione di controllo
io devo fare una regolazione della sensibilità dello
strumento con il blocco campione, quindi se la sonda
risponde un po’ più debole rispetto ad una sonda nuova,
basta evidentemente utilizzare poi una sensibilità
maggiore all’atto della taratura della strumentazione,
quindi non incide sul controllo finale. Il controllo è
stato fatto anche sul blocco di calibrazione verificando
l’aspetto e l’integrità, abbiamo delle zone ossidate ma
sostanzialmente sia la verifica successiva dimensionale
sia quella esterna sia nella profondità degli intagli sia
la risposta ultrasonora, ovvero quanto poi questi intagli
fungono da riflettore, sia l'analisi chimica, hanno di
fatto confermato l’idoneità del blocco ad essere
utilizzato sulla verifica ultrasonora secondo le
prescrizioni della VPI. Per le conclusioni quindi sia la
strumentazione che tutta l’attrezzatura di contorno è
sostanzialmente idonea ad effettuare i controlli
prescritti.
Perito Licciardello
PERITO LICCIARDELLO - Passiamo ad esaminare i quesiti a questo
punto C12 e C13 che accorpo qui nella presentazione in
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quanto entrambi riguardanti il recipiente in pressione,
quindi la cisterna, il serbatoio del carro cisterna;
abbiamo effettuato dei rilievi allo scopo di capire se ci
potessero essere elementi di questa cisterna che non
rispettassero le norme alla quale invece il serbatoio
deve rispondere. In particolare abbiamo guardato gli
spessori perché la normativa in questione prevede uno
spessore minimo che deve essere sempre garantito e poi
abbiamo fatto effettuare presso Lucchini delle prove
meccaniche essenzialmente, ed una analisi chimica e
metallografica. Lo scopo era quello ovviamente di
verificare che soprattutto che non ci fossero
sottodimensionamenti del serbatoio e che quindi il
serbatoio possa aver mostrato una certa facilità ad
essere tagliato, ad essere squarciato da un oggetto poi
durante l’incidente. Per questo abbiamo prelevato un
fazzoletto diciamo di lamiera sia a cavallo della
cosiddetta culatta, cioè la parte anteriore del
serbatoio, e della virola che è invece la parte
cilindrica, e abbiamo effettuato più rilievi di spessore
in alcuni punti riscontrando valori sempre superiori sia
a quanto dichiarato dal costruttore del serbatoio sia
allo spessore minimo previsto poi dalla normativa che nel
caso specifico è il RIRD, cioè il regolamento
internazionale del trasporto di merci pericolose per
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ferrovia, quindi sugli spessori niente di anomalo.
Analogamente abbiamo nelle prove meccaniche niente di
particolarmente anomalo, abbiamo già in discussioni
durante le operazioni avuto discussioni con i consulenti
su questa operazione, questi rilievi meccanici, in quanto
c'era il sospetto che prevedendo la normativa il rilievo
delle caratteristiche meccaniche in condizioni di
fornitura, cioè quando la lamiera esce dal processo di
produzione, quindi ancora non lavorata al fine di
metterla in forma di recipiente, quindi ancora allo stato
di lamiera piana, allora vanno fatti i rilievi meccanici
perché chiaramente non ha senso farli, sono rilievi
distruttivi, quindi non avrebbe senso farli sulla
cisterna già costruita, e il dubbio che ci è venuto, che
è venuto anche ad alcuni consulenti per cui abbiamo
prestato particolare attenzione a questo punto è che
andando poi a prendere la lamiera e deformandola
plasticamente in modo tale che assumesse una forma
cilindrica o adeguata ad essere poi saldata e a formare
un serbatoio, che non ci potessero essere delle
variazioni in incremento della tensione di snervamento in
particolare, in quanto appunto la deformazione plastica
in genere può produrre questi effetti. In effetti l'unica
anomalia che abbiamo notato è stata proprio questa, cioè
abbiamo rilevato dei valori di tensione di snervamento
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leggermente superiori a quanto previsto dalla normativa e
poiché invece tutti gli altri valori erano congruenti,
abbiamo ritenuto di non dare importanza a questo fatto,
cioè abbiamo concluso che analogamente a quanto già
previsto in sede di discussione prima di fare queste
prove, abbiamo ritenuto che questi valori fossero
congruenti con il fatto di aver trovato come previsto un
valore più alto per la tensione di snervamento non ci fa
pensare che allo stato della fornitura questo valore
fosse non conforme, cioè ci fa pensare che è stata
proprio l’operazione di deformazione della lamiera per
costruire la cisterna che ha provocato questi valori
leggermente superiori alla norma, e quindi non ci sono
motivi per credere che al momento della fornitura della
lamiera, cioè quando la norma richiede la misura di
queste caratteristiche, che queste caratteristiche non
fossero non conformi, riteniamo che al momento della
fornitura queste potessero essere tranquillamente
conformi alla normativa. Noi abbiamo, per forza di cose,
dovuto fare una prova in condizioni non perfettamente
adatte in quanto non avevamo la lamiera nello stato di
fornitura ma avevamo invece un serbatoio già costruito.
Quindi questa è l'unica “anomalia” alla quale comunque
non abbiamo poi dato peso, possiamo dire che non è in
realtà una anomalia a quanto ci aspettavamo al momento
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prima della effettuazione di queste prove. Quindi in
conclusione fondamentalmente non abbiamo rilevato alcun
elemento che potesse dire che questa cisterna fosse non
conforme ad una normativa alla quale deve rispondere. E’
tutto qua per quanto riguarda i quesiti.
GIUDICE - A questo punto mi sembra che ci sia l’ultimo
quesito, il C14. Proporrei una pausa di 10 minuti,
dopodiché si tratterà questo quesito, dopodiché faremo
una pausa più lunga ed inizieremo dopo con le domande del
Pubblico Ministero. Quindi per ora dieci minuti di pausa
e dopo finiamo con l'ultimo quesito.
Sospensione dell’udienza –
Giudice
GIUDICE - Prima di iniziare con l’esposizione della relazione,
diamo atto che l’Avvocato Cordaro deposita una memoria
nell’interesse di Orsa Ferrovie, che viene messa a
disposizione di tutti. Allora possiamo iniziare, per la
Procura è presente il Sostituto Dottor Giannino, quindi
siamo tutti presenti, prego.
Perito Vangi
PERITO VANGI – Bene, allora passiamo ad analizzare le
possibili cause dello squarcio della cisterna.
Innanzitutto faremo una analisi preliminare macroscopica
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della dinamica dello svio, per avere dei punti di
riferimento per le analisi successive, poi descriviamo le
analisi effettuate sia sulla cisterna, sul picchetto e
sulla zampa di lepre, e poi andremo ad analizzare i vari
scenari compatibili o meno con lo squarcio sulla
cisterna. Allora, per fare queste analisi abbiamo
utilizzato dei modelli in resina del picchetto e della
zampa di lepre che qui vediamo nelle figure, modelli
realizzati a partire dai rilievi con la scansione laser
fatta sugli originali, scansione depositata in atti,
questi modelli sono poi stati verificati dal punto di
vista dimensionale, attraverso il confronto diretto con
gli originali, come si vede qui, in cui sono state
riprese alcune misure, e confrontate per avere la
garanzia che fossero uguali agli originali. Poi sono
stati utilizzati i modelli Cad della cisterna
dell’infrastruttura, comprensivi della zampa di lepre,
del picchetto, nelle posizioni in cui erano, quindi
basate anche qui sui rilievi effettuati con stazione
totale presente agli atti. Le figure che vedremo sono
rappresentazioni in 2D della cisterna nelle varie
posizioni di interesse, queste posizioni 2D sono state
fatte tenendo conto di tutte e 3 le proiezioni ortogonali
della cisterna sulla infrastruttura, quindi tenendo conto
delle condizioni di non interferenza e compenetrazione
tra i vari oggetti, quindi tutte le sezioni e le viste
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che proponiamo, sono viste verificate per quanto riguarda
questo aspetto. A livello macroscopico qui abbiamo la
planimetria fatta dalla Polizia Scientifica, in cui
abbiamo la locomotiva ed il carro numero 1 e gli altri
carri a seguire, abbiamo come punti salienti la...
Quaggiù a sinistra il passaggio a raso, e subito qui la
zona di marciapiede, sul quale è salito il carro, poi
abbiamo una zona, dopo lo vedremo nel dettaglio, una zona
di “aratura” delle traversine ad opera del convoglio, e
vediamo più nel dettaglio, allora riportavo qui in alto
lo schema complessivo che abbiamo appena visto, e vediamo
il dettaglio poi, qui in basso, ora magari se riusciamo a
togliere il quadratino della immagine in basso, si vede
meglio. Qui abbiamo ingrandito la zona dove è avvenuto il
sormonto del marciapiede da parte del primo carro, qui
abbiamo questa zona, che è segnata con questa campitura,
subito a valle del passaggio a raso, in cui il carro
numero 1 ha sormontato con il carrello anteriore il
marciapiede, qui abbiamo l’immagine fotografica in cui
vediamo il marciapiede appunto sormontato e distrutto dal
passaggio, si vedono i segni del passaggio e si vedono i
danni sul marciapiede, ed a seguito di questo sormonto si
presuppone che sia iniziato il moto di ribaltamento del
primo carro. Vado abbastanza veloce in questa dinamica,
senza entrare in tutti i dettagli, perché alla fine ci
interessano solo alcuni punti significativi per poi le
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analisi successive. Dopo un po’ di metri, lo vediamo qui
sempre dalla figura in alto, dal punto qui dove c'è stato
il sormonto, a questa zona qui, si tratta di una ventina
- Trentina di metri, quindi sempre durante questa fase di
ribaltamento del carro, si è distaccata la sala, quella
rotta, il moto di questa sala è ben identificabile,
perché abbiamo qui la sala ritrovata, qui abbiamo la
parte che manca, la boccola che manca di questa sala,
abbiamo qui dei cartelloni abbattuti da questo moto,
quindi diciamo stanno tutti ben in fila, quindi il
moto... È ben identificato l’origine di questo moto da
questo punto, e lo si può vedere anche da questa foto, in
cui vediamo qui i pali del cartello abbattuto, vediamo in
fondo la sala, qua, adesso non è che si veda benissimo
dalla foto, ma insomma qui abbiamo la sala, e qui in
mezzo abbiamo la boccola, il percorso rettilineo.
Successivamente, possiamo dire terminata la fase di
ribaltamento del carro, abbiamo qui una zona - Questa qui
evidenziata in giallo - Una zona, questa qui sotto
appunto, in cui tutte le traversine sono completamente
distrutte, evidentemente per l’opera del carro ribaltato,
che si è impuntato con qualche elemento, presumibilmente
il carrello anteriore, che ha impuntato ed ha provocato
questo sfascio diciamo della infrastruttura, anche qui
vediamo dall’alto, la visione di questa zona, vediamo qui
tutte le traversine rotte, e notiamo che la zona che qui
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più o meno termina, quindi da qui a valle, diciamo nel
senso di marcia treno, che non abbiamo tutta questa zona
disastrata, e durante questa, chiamiamola “aratura”, così
per intenderci, di questa zona, c'è stata verosimilmente
la rotazione del carrello anteriore del primo carro,
perché questa rotazione è ben identificata, cioè
individuabile, perché la tiranteria del freno mostra
degli elementi che avrebbero dovuto stare nel verso
diciamo centro vagone, centro carro, mentre invece sono
orientati verso l'esterno, quindi a significare che c'è
stata una rotazione, si è spezzato questo organo della
tiranteria ed il carrello ha ruotato. Poi nella
configurazione attuale in realtà il carrello ha ruotato
nuovamente, di altri 180 gradi, perché lo ritroviamo
nella posizione originale, quindi ci sarà stato poi un
successivo momento in cui si è completata questa
rotazione. Ecco, quindi questa è la zona arata che si
diceva in giallo, poi abbiamo la zona – Questa qui - Che
è la zona dello scambio, quindi del deviatorio 13B, e qui
abbiamo la zona del picchetto numero 24, e questa qui è
la posizione di quiete del carro, la numero 1. Sulla zona
del deviatoio, che è questa ripresa in questa foto, noi
abbiamo degli elementi significativi, vediamo qui la
zampa di lepre, la parte sinistra; qui abbiamo la
contro-rotaia a destra, la contro-rotaia sinistra è sotto
il carrello, non si vede; abbiamo degli elementi, che
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sono questo e questo, che sono 2 pezzi della, chiamiamola
zattera della boccola, cioè quella parte bassa, attaccata
alla boccola, che regge poi le molle della sospensione
primaria, abbiamo anche questo elemento qui, che è la
mensola di sollevamento del carro, che si è distaccata,
qua abbiamo la sala diciamo... Non quella fratturata, ma
quella a cui che si è rotta la boccola, i cui pezzi sono
questi qui, lasciati qua, quindi diciamo questo è un
elemento abbastanza significativo, perché ci consente di
affermare con una certa sicurezza che in questa
contro-rotaia, che appare poi danneggiata, si sia
verificato l’urto di questa zattera, che quindi poi si è
spaccata in 2, qui a terra poi in un’altra foto vedremo
che ci sono dei dettagli ulteriori, ci sono cioè delle
piastrine da manganese che stanno sulla sospensione,
quindi lì è avvenuto con affidabilità, diciamo l’urto di
questo elemento, che sta diciamo allineato poi con la sua
sala. Qui abbiamo i particolari, in alto vediamo la
contro-rotaia con la sua deformazione, vediamo queste
piastrine al manganese, le ritroviamo qua, ritroviamo i
resti di questa zattera, la piastrine al manganese qua,
qui abbiamo anche un danno, diciamo una deformazione
sulla traversina in legno, un urto, il segno di un urto,
che diciamo è più o meno allineato con questa mensola,
per cui si può presupporre che la mensola abbia urtato
qua, e si sia distaccata... Ecco, questi elementi, tanto
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per vederli, questa qui in rosso di qua e di là, è questa
famosa mensola di sollevamento, questa in blu è la
zattera, quella che abbiamo chiamato zattera per
comodità, della boccola. Allora analizziamo la cisterna,
cioè andiamo a vedere cosa abbiamo rilevato come tracce
sulla cisterna. Abbiamo rilevato delle incisioni sul
martello, poi ovviamente ci siamo concentrati sull’esame
dello squarcio sulla sua geometria, e poi abbiamo
misurato alcune distanze significative. Allora, le
incisioni vediamo che in una parte finale della cisterna,
cioè quella posteriore, sono ad andamento prevalentemente
longitudinale, ovvero allineate con la generatrice del
cilindro, che forma la cisterna, nella parte invece
centrale - Anteriore abbiamo delle tracce ad andamento
obliquo, e dei danni anche alla lamiera coprisole,
parasole... Ecco, abbiamo rilevato le principali di
queste incisioni, cioè quelle più visibili, più marcate,
sono queste qui segnate in rosso, questa qui invece è il
rilievo dello squarcio, la sua posizione, questo rilievo
lo possiamo vedere anche nell’altra lista ortogonale,
cioè la posizione dei vari punti che contraddistingue
l'inizio e la fine di ciascuna traccia. È stata rilevata
come misura di controllo, anche dalla posizione inizio
squarcio, alla posizione della zattera, che grossomodo è
sui 2,14 metri, ecco, questo è un po’ ingrandito, lo
stesso disegno di prima, che ci fa vedere questa linea
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blu, che vediamo qui circolare, è una linea della
circonferenza che passa per l'inizio dello squarcio,
ovviamente lo squarcio inizia nella culatta, quindi dove
si restringe diciamo la circonferenza, quindi abbiamo la
circonferenza più piccola, ed ecco, di rilievo sono anche
queste inclinazioni di queste incisioni, noi abbiamo
delle inclinazioni che grossomodo possono essere
raggruppate in 3 categorie, cioè quelle inclinate con
angolo attorno ai 5 gradi, e quelle con un angolo attorno
ai 10 gradi, che nella fattispecie è solo questa traccia
qua, quella indicata con 2B, 2C, cioè la traccia 2, che
parte da 2A, 2B, 2C, che ad un certo punto da 2A a 2B, ha
una inclinazione di 5 gradi, poi piega a 10 gradi, poi
abbiamo altre inclinazioni che sono attorno ai 15 gradi.
Quindi abbiamo diciamo 3 gruppi, se vogliamo così
categorizzare queste inclinazioni, attorno ai 5, attorno
ai 10, ed attorno ai 15, che poi sono gli angoli che bene
o male ritornano sempre un po’ in tutto il moto diciamo
terminale di questo carro, che sono poi anche gli angoli
caratteristici di questo squarcio, perché è uno squarcio
che inizia con una parte che ha un angolo di circa 5
gradi, e termina invece con un angolo di circa 10 gradi,
quindi anche qui ritroviamo questi numeri, quindi a
significare che le tracce individuate sono... Alcune
allineate attorno ai 5, quindi come una parte iniziale di
squarcio, quindi presumibilmente sono tracce lasciate
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nella fase pre-impatto, poi abbiamo tutte le tracce
diciamo inclinate attorno ai 10 gradi, cioè solo una
praticamente abbiamo visto, abbiamo rivelato quella più
marcata, quella 2B – 2C, è inclinata come la parte del
taglio finale, il che ci lascia presupporre che possa
essere lasciata, possa essere stata lasciata proprio
durante la stessa fase in cui è stata provocata questa
parte di squarcio. E poi abbiamo delle incisioni ad
angoli maggiori, che sono gli angoli congruenti verso la
posizione terminale della cisterna, ovvero mentre stava
continuando a ruotare, verosimilmente sono stati
provocati altri segni con angolazioni maggiori. Ecco, lo
squarcio è stato suddiviso in diverse zone: A, B, C, D,
E, che sono zone con caratteristiche diverse. Allora
abbiamo una prima zona, quindi con squarcio intendiamo
tutta questa traccia, questa traccia è caratterizzata da
una parte iniziale, questa A, che è una traccia
sostanzialmente di abrasione, qui la vediamo meglio, una
zona A, quindi di abrasione, che ha una lunghezza di
circa 8 centimetri ed una larghezza di circa 23, questo
segnettino giallo, cioè al momento in cui la lamiera
comincia a sfondarsi, la larghezza è 23 millimetri circa,
poi la traccia prosegue con la zona B, che è questa vista
da di fronte, che è una zona – Lo vediamo da qua – Cioè
la zona che continua qui dal taglio in poi, che continua
ed è caratterizzata da dei lembi sfalsati fra di loro,
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c’abbiamo un dislivello di circa 4 centimetri e mezzo tra
i Deutsche Bank lembi, come sfalsamento, abbiamo dei
lemmi che non sono proprio netti, cioè il bordo di questi
lembi, è diciamo un po’ sfrangiato, se vogliamo dire. Qui
la lamiera è la lamiera della culatta, quindi spessa 14
millimetri. Questa zona arriva fino alla saldatura,
abbiamo una lunghezza delle saldatura che qui all'inizio
è di circa 20 centimetri; poi abbiamo la zona C, che è...
Siamo già a questo punto dalla saldatura, a questa zona
qua, siamo già nella zona della virola, dove abbiamo uno
spessore della lamiera di 12,5 millimetri. Questa zona
diciamo termina qui dove era attaccato ancora il
truciolo, quindi in questa zona qui abbiamo ancora la
parte di truciolo attaccata, ed è caratterizzata da dei
lembi che non sono più sfalsati fra di loro in modo
visibile, e sono anche abbastanza netti, anzi direi molto
netti. Poi abbiamo la zona D, questa zona D è la zona che
va dall’inizio qui della attaccatura del truciolo, fino
alla fine del taglio, perché qui c’abbiamo ancora una
zona in cui ho un taglio, una discontinuità della
lamiera, da una parte sola, quindi non più due superfici
tagliate, ma una sola, in questa zona – Che è lunga circa
13 centimetri - Vediamo ancora che ho uno sfalsamento di
questi lembi, cioè questo qui è introflesso rispetto a
quell’altro. Ed infine abbiamo la zona E, la zona diciamo
dove non ho più discontinuità materiale, ma c’ho solo
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un’incisione più o meno profonda, che diventa sempre meno
profonda, fino a scomparire, e che è lunga circa 77
centimetri. Il truciolo misurato, la parte interna del
truciolo, è lungo 29 centimetri, ha una larghezza
praticamente costante, pari a circa 23 millimetri, si
presenta in questa zona sostanzialmente fluente,
continuo, mentre la parte distaccata ha una lunghezza di
12 centimetri, quella ritrovata diciamo all'interno della
cisterna, ha una lunghezza di 12 centimetri, sempre di
larghezza media, qui ovviamente la larghezza è un po’ più
difficile da identificare nettamente, però diciamo si può
ben valutare uno spessore medio, sempre di 23 millimetri.
Il distacco di questo truciolo, essendo lungo abbiamo
detto 12 centimetri, è avvenuto a circa 7 centimetri
prima della saldatura, tra virola e culatta, quindi non
nella zona della saldatura, ma un pochino prima, e
verosimilmente diciamo è avvenuto per un cambio di
angolo, di posizione relativa fra l'elemento che ha
tagliato, e la lamiera stessa, anche perché la lamiera -
Essendo curva - Poi facilita una diversa geometria
relativa, posizione relativa. Vediamo adesso l'esame
sulla zampa di lepre e sul picchetto. Allora, la zampa di
lepre noi osserviamo che la parte sinistra è deformata
rispetto alla parte di destra, è deformata verso
l'esterno, a sinistra di circa 2 centimetri, ecco, se
vediamo il quadro di insieme notiamo dei segni abbastanza
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chiari, di un impatto su questo elemento, abbiamo tracce
di urto ed anche di sfregamento – Come si può vedere - È
una zona che risulta mediamente tutta ossidata, ma è
ossidata anche la parte di rotolamento, questo perché
anche diciamo... Questa è una foto fatta mi pare il
giorno successivo all’incidente, quindi già comunque con
l’acqua usata, a maggior ragione con l’acqua usata per
spegnere l’incendio, comunque in ogni caso è abbastanza
comune vedere l’ossidazione anche delle superfici di
rotolamento, dopo una giornata che non ci passa nessuno,
quindi diciamo abbiamo una ossidazione, che però qui
nella zona... Ingrandendo questa zona, vediamo che
comunque abbiamo delle zone lucide ancora, nonostante la
diffusa ossidazione. Questa zona mostra una specie... La
abbiamo chiamata calettamento, nel senso che il materiale
mostra un andamento che ci identifica una deformazione
plastica del materiale, qui nella parte alta soprattutto,
ed una zona invece più bassa, ben identificata, con
colorazione diversa, forme diverse, in cui ci sono dei
segni più marcati, proprio di abrasione. Se facciamo un
confronto anche fra i due pezzi, diciamo la parte destra
e la parte sinistra, vediamo chiaramente che la parte,
quella che non ha subito un urto, ha una geometria ben
squadrata rispetto a questa qui, che mostra questo
stondamento dello spigolo, ed anche una convessità, qui
dove ho il puntatore adesso, quindi diciamo ha delle
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chiare differenze geometriche. Passando al rilievo
dimensionale, si vede che c'è nella parte bassa -
Chiamiamola abrasa - E quella sopra la chiamiamo parte
scalettata, abbiamo questa parte abrasa una larghezza di
circa 23 millimetri, e sulla parte invece scalettata di
circa 25 millimetri. Queste sono foto vediamo scattate
invece al momento del nostro sopralluogo, quindi con il
passare del tempo evidentemente ormai non si notano più
le parti lucide che si vedevano prima, ma sono diventate
tutte uniformemente ossidate. Se le confrontiamo queste
larghezze, con la parte analoga a destra, non deformata,
vediamo che la parte destra ha una larghezza di circa 24
millimetri, cioè cosa significa questo? Vuol dire che di
là abbiamo un 23 ed un 25, il 23 nella parte abrasa,
quindi da 24 verosimilmente si è abrasa fino a 23, nella
parte deformata più plasticamente da 24 si è schiacciata
e con l’incalcamento è andata a circa 25. Il picchetto è
uno spezzone di rotaia, sostanzialmente tagliato alla
sega sulle sue estremità, inglobato in un blocco di
cemento, che viene poi affogato dal Ballast, e secondo le
prescrizioni FS viene posto a 5 centimetri sporgenti,
rispetto alla rotaia più alta, il che diciamo ci fa...
Diciamo queste sono a 150 centimetri dalla parte interna
dalla rotaia, al segno di riferimento che viene poi
utilizzato come riferimento per le misure sulla curvatura
poi del binario, quindi questa a la geometria diciamo
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dell’insieme, questo è il picchetto così come fotografato
subito successivamente al sinistro, quindi nella
posizione sdraiata, in cui è stato rilevato; abbiamo
ovviamente molto visibile una zona deformata e lucidata,
con delle striature, abbiamo una zona con delle abrasioni
localizzate, e se guardiamo in dettaglio la superficie
spianata, chiamiamola abrasa, abbiamo sostanzialmente 2
piani abbastanza netti insomma, con una linea di
demarcazione che può essere individuata qua, due piani
che fra di loro hanno un angolo di circa 14 gradi, questo
in qualche modo significa che questa parte qui, che è la
parte più grande, è la parte che è sostanzialmente
orizzontale con il terreno praticamente, quindi è la
parte che ha strisciato per ultima, la parte prima era 14
gradi, vuol dire che il picchetto stava a circa 14 gradi
più su rispetto alla posizione in cui si trova
attualmente, e quindi ha spianato prima questo pezzo, e
poi pian piano, evidentemente sembrano anche 2 superfici
piuttosto nette, non sono curve... Sì, una certa
curvatura ce l’hanno, però non è... C'è una linea
abbastanza marcata fra le 2 superfici, quindi si può
anche presupporre, e lo si vede bene anche nelle foto
ultime, fatte con la superficie ossidata, forse si vede
anche meglio, dopo quando ci capitiamo le mettiamo in
evidenza, quindi si può immaginare che abbia strisciato
prima questa parte, con una inclinazione diciamo a
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picchetto più verticale se vogliamo, un po’ più di 14
gradi rispetto a questa configurazione, dopodiché forse
il procedimento dell’assestamento di qualche sasso del
Ballast sia arrivato alla posizione finale, consumandosi
diciamo in questa ultima posizione. Ecco, forse qui si
vede... Purtroppo qui dallo schermo si vede poco, si vede
molto meglio nel video, ma insomma... Forse chi ha la
relazione sottomano vede meglio le foto nella relazione,
qui si vede in maniera più netta, queste 2 superfici di
cui si parlava, la larghezza massima misurata... Qui si
vede anche bene, ma lo si vede sia qui, qui forse lo si
vede ancora meglio, queste striature, questi segni di
incisioni che denotano praticamente la direzione di moto
relativo tra il picchetto e la cisterna, o comunque
dell’oggetto che ci ha strisciato. Si vedono bene anche
qua, anche se nella foto qui non le vediamo, ma insomma
ecco, la misura presa ortogonalmente a queste incisioni,
è la misura massima di 19 millimetri. Questa è la
larghezza diciamo ortogonale alla direzione di moto
relativo. Ecco, analizziamo anche la suola, la parte...
Diciamo il bordo della suola, qui vediamo che abbiamo una
larghezza approssimativa di 12 millimetri, rileviamo
della presenza di vernice, cioè a fianco a delle
incisioni più localizzate qui sulla destra, che sono
comunque piuttosto modeste, vediamo la vernice che si
estende fino a circa 8 millimetri dalla parte spigolare
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abrasa. Qui vediamo ancora la parte della suola, e la
parte spigolare abrasa, notiamo ancora la parte
verniciata sul bordo, anche qui è un’altra vista, che ci
fa vedere la parte spigolare abrasa, la vernice qui
presente sul bordo, delle parti sverniciate, vediamo che
tutto il picchetto è in parte verniciato ed in parte
sverniciato, abbiamo in particolare se vediamo la parte
laterale, questa interna della suola, questa qui, questa
contornata qui, che si presenta sverniciata, abbiamo dei
segni di... Delle scaglie di vernice, si vede chiaramente
qui una scaglia, che sta venendo via. A questo punto
analizzati i 2 elementi: zampa di lepre e picchetto e la
cisterna, andiamo ad immaginarci gli scenari che possono
aver provocato lo squarcio. Iniziamo con la zampa di
lepre, cioè analizziamo lo scenario in cui la cisterna è
arrivata sulla zampa di lepre e si sia provocato lo
squarcio. Questa analisi di questi 2 scenari che vediamo,
che dopo analizzeremo prima questi due a zampa di lepre e
poi quella del picchetto, in entrambi gli scenari noi
andremo a valutare come elementi di compatibilità, le
caratteristiche geometriche e morfologiche tra
“l’utensile” che ha provocato lo squarcio, e lo squarcio
stesso, e la dinamica complessiva diciamo del moto del
carro, quindi faremo sempre un confronto di compatibilità
su questi 2 piani. Allora, la zampa di lepre, questo è
uno scenario che andiamo a valutare, il carro già
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ribaltato dopo la fase di aratura che abbiamo visto
all'inizio, con il carrello di testa che ha arato tutte
le traverse, si ha... Ci immaginiamo che il deviatorio,
poiché da quel punto in poi le traverse non sono più
arate, lì ci immaginiamo che a fine di questa fase di
aratura, si sia verificata la rotazione del carrello
anteriore, con questa rotazione abbiamo dei movimenti
della cisterna, a seguito di questa impuntatura diciamo
del carrello sulle traversine, dopodiché il carro arriva
sul deviatorio ed urta sulla zampa di lepre. Andiamo
quindi a valutare gli elementi di questo scenario.
Allora, partiamo dagli elementi geometrici e morfologici
fra i 2 elementi: qui abbiamo il modello in resina della
zampa di lepre, analizziamo qui nella fase iniziale dello
squarcio, cioè la zona A, che la abbiamo identificata
come la zona abrasa, ed andando ad appoggiare a zampa di
lepre su questa zona abrasa, notiamo che si ha
compatibilità, sia geometrica di larghezza della parte
finale di questa zona abrasa prima, al momento in cui si
inizia lo sfondamento della cisterna, che sono 23
millimetri, con la larghezza diciamo della zampa di
lepre, abbiamo una compatibilità anche di forma, perché
il profilo della zampa di lepre diciamo torna abbastanza
bene con il profilo concavo della abrasione. Quindi
diciamo si ha un elemento geometrico di compatibilità.
Dopo questa zona, all’ingresso diciamo qui immaginiamoci
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che ad un certo punto a causa della pressione di contatto
si sia verificato lo sfondamento, dopo lo sfondamento la
parte spigolare della zampa di lepre sia penetrata nella
lamiera e abbia provocato il truciolo e quindi lo
squarcio visibile. Questo truciolo, facendo il confronto
con lo spezzone di truciolo distaccato che abbiamo potuto
tenere in mano, quindi appoggiato sulla zampa di lepre,
nella zona qui bassa, questa usurata che abbiamo
chiamato, abbiamo distinto due zone, una zona scalettata
e una zona giurata, ecco, se noi andiamo ad appoggiare
questo truciolo nella zona usurata vediamo tra virgolette
che calza perfettamente, cioè abbiamo una perfetta
corrispondenza della geometria nei due piani, cioè sia
nella curvatura in questo senso, che quella in senso
ortogonale. Abbiamo anche qui un raggio stretto di questo
truciolo che è un raggio che via via che andiamo avanti
fino all’attaccatura del truciolo sembra aumentare;
questo raggio è ben giustificato dal fatto che qui
inizialmente abbiamo un angolo relativo, che se lo
chiamassimo in termini di (inc.) avremmo dovuto chiamarlo
angolo di spoglia, abbiamo il petto di questa zampa di
lepre detto utensile che praticamente è molto verticale
rispetto alla lamiera che arriva in questa direzione,
quindi produce un angolo, un raggio di curvatura stretto
del truciolo. Ovviamente via via che questo elemento,
zampa di lepre, questo elemento spigolare a fine squarcio
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esce dalla cisterna, il contatto con la lamiera non si ha
più in questa zona qui ma nella zona, questa qui in cima
che mostra evidentemente un’inclinazione, poi la vediamo
meglio anche in un’altra slide, un’inclinazione diversa e
giustifica quindi anche un diverso raggio di curvatura
del truciolo. Notiamo che oltre alla forma geometrica che
si sposa come forma diciamo tra truciolo e zampa di lepre
abbiamo anche misure geometrica, e cioè la larghezza di
23 millimetri coincide esattamente, la vediamo qua,
abbiamo una perfetta coincidenza tra la larghezza del
truciolo e l’elemento zampa di lepre. Qui abbiamo
un’altra vista da sopra, sempre con truciolo appoggiato
in cui possiamo vedere chiaramente come i due profili si
sposano perfettamente a livello di forma, abbiamo questi
bordi, qui evidenziati dalle frecce che sono i bordi
della zampa che hanno poi lasciato anche questi segni sul
truciolo, e cioè sono quei bordi che hanno determinato
quella curvatura finale nel truciolo e una forma che si
sposa quindi perfettamente, come si diceva. Anche la
parte finale, vediamo qui a livello sempre morfologico di
forme diciamo, confronto tra forme vediamo che anche in
questa fase, la parte esterna, ormai la zampa di lepre è
fuoriuscita dalla cisterna, abbiamo una geometria che si
sposa con la traccia, con l’incisione e non solo si
sposa, ma abbiamo anche, come si vede qui dalla foto un
bordino, una rifollatura chiamiamola così, della lamiera
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che ben trova la sua corrispondenza su una analoga
abrasione sulla parte laterale, qui dopo vediamo meglio,
della zampa. Quindi volendo descrivere una sequenza di
taglio all’interno di questo scenario potremmo dire che
all’inizio si è avuto il contatto relativo tra i due
elementi, contatto che poi verifichiamo successivamente a
livello di dinamica generale può essersi verificato con
l’altezza della zampa di lepre e la forma della cisterna,
si è avuto questo contatto, il moto relativo ha generato
questa abrasione, più introflessione deformazione,
vediamo qui l’introflessione, questa zona iniziale della
lamiera e il materiale della zampa di lepre è un
materiale, è un acciaio particolare che ha la proprietà
di raddoppiare praticamente la sua durezza con
l’indurimento, con la deformazione plastica, quindi
abbiamo una prima deformazione plastica e successivo
indurimento del materiale e in questa prima fase di
plasticizzazione verosimilmente sono state lasciate
queste tracce di scalettatura che hanno un andamento
concorde con il moto relativo dei pezzi, dopodiché la
pressione è diventata tale da provocare lo sfondamento
della lamiera. Qui vediamo la zona in cui si è sfondata
la lamiera, quindi inizia la penetrazione della zampa,
qui abbiamo sui bordi, questi sono i bordi, i lembi della
lamiera su cui abbiamo vistose incisioni laterali, che
ben trovano la giustificazione anche nella superficie
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laterale della zampa di lepre, che anch’essa continua a
mantenere una larghezza sempre intorno ai 25 millimetri
abbiamo detto della zona scalettata, quindi che può
benissimo aver lasciato queste impronte laterali sul
bordo del lembo. Ora purtroppo qui nella foto che vediamo
noi qui sullo schermo non si vedono i dettagli, però sono
foto che sono presenti nella relazione. Qui io tenevo in
mano il truciolo, lo tenevo accostato a questo elemento,
il truciolo parte di qua, quella parte che si è
distaccata. Poi una volta penetrata e andata avanti noi
vediamo alcuni dettagli importanti, cioè abbiamo questa
zona che si vede anche dal modello che è diciamo
consumata, usurata, abrasa dalla forza del taglio,
abbiamo che tutta questa parte di lamiera, chiamiamola
“lato carrello”, mentre quella sopra è “lato parasole”,
allora questa zona “lato carrello” è schiacciata, è
quella zona che è schiacciata di 4 centimetri e mezzo
rispetto a questa, cioè i lembi qui mostrano, sono
sfalsati fra loro e quindi se noi andiamo a posizionare
questa zampa di lepre, immaginiamoci il moto relativo in
avanti di questa zampa, andiamo a vedere che la
superficie, poiché questa è curva, questa zampa di lepre
qua, mostra questa curvatura, la parte curva qui va a
premere sulla lamiera ed a schiacciarla e tende proprio a
schiacciarla, lasciando questo bordo smussato,
marcatamente smussato e che è anche questo
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geometricamente compatibile, perché se uno va a vedere
appoggiando il modello in questa posizione vede proprio
che lo smusso anche questo sposa piuttosto bene la forma
della zampa laterale. Ricordiamo che il materiale della
zampa è un materiale molto più duro, è un acciaio
manganese, molto più duro del materiale della cisterna,
che a causa delle deformazioni di plastica
dell’incrudimento ha raddoppiato la sua durezza che
arriva a circa 500 blinder quindi abbiamo un elemento che
taglia molto più duro dell’altro, per cui mentre sulla
cisterna possiamo rilevare dei segni di incisione più
visibili, sul materiale della zampa di lepre sono molto
meno evidenti, per quanto da una attenta osservazione si
rilevano lo stesso i segni dell’usura. Qui vediamo questo
segno laterale dell’usura, si vede chiaramente e
analogamente vediamo che anche nel prosieguo del moto
relativo, il lembo lato carrello mantiene una smussatura,
sebbene meno marcata dalla saldatura in poi, perché?
Perché qui la configurazione relativa tra i due elementi
non è più la culatta che ha la sua forma diciamo
semisferica, anche se non è proprio semisferica, ma
insomma ha questa doppia curvatura, mentre invece se
passiamo dalla zona cilindrica per cui la zampa di lepre
si posiziona in maniera leggermente diversa rispetto al
mantello, e fa sì che venga a toccare e non venga più a
schiacciare con la sua parte laterale il lembo lato
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carrello della lamiera, ma si produce solo questo smusso
che continua ad esserci. Abbiamo visto prima anche nella
parte terminale dello squarcio, cioè dove c’è solo
l’incisione. Ecco qui è evidenziata questa diversa
inclinazione, abbiamo questa zona rossa, questa zona che
si vede ancora concava dall’usura provocata dal truciolo
e abbiamo la zona finale che ovviamente si apre come
inclinazione, per cui giustifica anche nella fase di
uscita poi del truciolo, giustifica un raggio del
truciolo più ampio. Vediamo che qui sono visibili segni
dell’usura sulla parte laterale, questa è la parte
laterale che ha strisciato e abbassato il lembo lato
carrello della lamiera, si vedono chiaramente dei segni,
si vedono bene dei segni anche qua, cioè dall’inizio di
questa zona abrasa frontale i segni arrivano fino... cioè
interessano tutto lo spigolo diciamo. Qui non lo vediamo
bene su questo schermo, però sul computer e comunque
sulla relazione stampata, vediamo bene che c'è anche
questo segno qui, un’incisione laterale, cioè qui si vede
chiaramente che c'è stato uno scorrimento relativo,
un’usura che ha portato... proprio cui spessore, se noi
lo andiamo a misurare da qui a qua, torna con lo spessore
della lamiera più o meno, cioè della lamiera e della
cisterna. Nella simulazione di questi moti relativi con
il modello in resina, qui abbiamo ancora la superficie,
l’ultima parte dell’incisione, abbiamo ancora lo smusso
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di questo bordino, vediamo qui da dietro la stessa cosa,
particolare attenzione abbiamo posto in questa fase di
simulazione a verificare delle condizioni di interferenza
tra i due elementi, considerando che in mano abbiamo un
oggettino di mezzo metro, ma nella realtà questo oggetto
lungo qui attaccato ci sono la rotaie, le rotaie, quindi
era essenziale verificare che durante tutto questo moto
non disponessimo il modello in posizioni incompatibili,
proprio tenendo conto della incompenetrabilità degli
elementi, cioè la cisterna deve rimanere in qualche modo
appoggiata sopra alla struttura, non può andare
sottoterra né compenetrarsi con il ferro, quindi diciamo
che tutte queste operazioni sono state attentamente
controllate e tenendo consiglio soprattutto dell’angolo,
sia iniziale e sia finale del taglio, cioè quei 5 - 10
gradi che abbiamo misurato tra inizio e fine taglio,
vediamo che il moto relativo, cioè quello ci mostra che
il moto relativo, cioè la cisterna era orientata
all’inizio di 5 gradi e poi di 10 a fine taglio, rispetto
alla rotaia; quindi questo fa sì che i due profili di
fatto non si intersechino, cioè la linea è questa qui che
si vede dalla foto che state guardando, si vede questa
linea qui, che è la superficie di rotolamento, non va a
compenetrarsi con la cisterna, quindi è un moto... cioè
il moto relativo tra questo pezzo a la cisterna è
possibile senza compiere trazioni.
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si ha una rotazione del carro, evidentemente guardando
anche da sopra lo si capisce, il baricentro del carro che
può essere posizionato più o meno, non sarà esattamente
nel centro della cisterna, c’è tutto il peso del carro
della struttura sotto, quindi sarà un pochino più basso,
teniamo ovviamente conto che dentro c’è un liquido che si
può muovere, non essendo riempita tutta ma all’85% e
abbiamo 85% cioè il 100% della portata, ma l’85% è il
volume di liquido, ecco, il punto di contatto è situato
come linea di azione più basso del baricentro, quindi a
seguito della coppia che si genera si ha una rotazione in
senso orario del carro, documentato dal taglio che dai 5
gradi passa ai 10; in questa fase iniziale vediamo anche
che la controrotaia di sinistra si va a situare
all’inizio del parasole dove poi sono stati rilevati dei
tagli, degli squarci. Vista da di fronte, in proiezione
ortagonale abbiamo una vista complessiva e un dettaglio
ingrandito, vediamo bene la controrotaia di sinistra che
arriva al parasole, tutti questi punti sono, come si è
visto all'inizio, sono le tracce, i segni, le posizioni
delle tracce sulla cisterna, qui abbiamo la zampa di
lepre che vediamo che come altezza arriva alla linea blu
che è la linea dove inizia lo squarcio, quindi lo
squarcio inizia in posizione diciamo radialmente con un
raggio più piccolo rispetto all'esterno del mantello,
perché inizia nella parte della culatta, che si stringe,
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e quindi abbiamo però che nonostante questo la posizione
di inizio dello squarcio coincide proprio con l’altezza
della zampa di lepre. Quindi siamo in una posizione
compatibile sia per la produzione dello squarcio di
questo punto, sia con delle tracce qui dei danni rilevati
poi sul parasole. A seguito dell’urto abbiamo detto il
carro ruota, ruota di 5 gradi perché 5 gradi sono
documentati dal taglio, quindi posizionando la fine del
taglio sopra la controrotaia, vedete questa è la
controrotaia, scusate anzi la zampa di lepre,
posizionando quindi il carro nella posizione finale di
taglio dello squarcio inclinato di ulteriori 5 gradi
rispetto all’inizio, in questa posizione noi vediamo che
anche la controrotaia di sinistra si posiziona, cioè ha
percorso un tratto sulla cisterna inclinata e arriva in
corrispondenza dei segni che sono stati rilevati. La
controrotaia destra è questa, andando a vedere di fronte
abbiamo la stessa cosa, abbiamo la controrotaia che è in
corrispondenza dei segni verosimilmente il 2A, più o meno
è nella posizione del punto 2A, cioè l’inizio del segno
individuato con il numero 2, la posizione... noi lo
vediamo frontalmente, questa è una visione frontale
rispetto alla cisterna, ricordiamoci che la cisterna è
inclinata a questo punto di 10 gradi, rispetto alla
posizione del moto, e rispetto alla rotaia, vediamo
che... quindi nel moto che prosegue questa cisterna verso
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di noi, immaginiamoci che quella cisterna si sposta verso
destra, perché è inclinata in questa vista e vediamo che
la zampa di lepre va, data la curvatura della cisterna va
a perdere il contatto con la cisterna, cioè quindi cessa
l’azione di incisione cessa da parte, cioè il contatto
relativo in questo moto. Andando avanti di circa mezzo
metro, quindi portando il carro un po’ più avanti a mezzo
metro, abbiamo la coincidenza della controrotaia destra
che urta il carrello e la controrotaia sinistra sul segno
sempre dal 2B al 2C. Questo è un segno inclinato di 10
gradi, come lo è a questo punto il moto. Il carrello
perché è disegnato così? Il carrello ricordiamoci che una
sala l’ha già persa, quindi ha una sala sola e quindi
ovviamente si dispone in questo modo obliquo, quindi
nelle due viste lo vediamo in questo modo, la zattera,
assumiamo che sia in questa posizione trasversale, ovvero
sganciata dalla sospensione, il perché lo assumiamo in
questo modo, lo rileviamo dopo sulla base del danno che
c’è su questa zattera. È una posizione inverosimile? No,
dopo lo vediamo, lo vedremo dopo, è una posizione
compatibile, perché altri carri si vedono, hanno proprio
il carrello, anzi quasi tutti direi hanno il carrello
inclinato e si vede anche la zattera uscita diciamo dal
suo attacco, della sospensione posta trasversalmente.
Quindi complessivamente queste sono le due viste, vedete
questa à la vista frontale rispetto alla cisterna e non
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rispetto alla rotaia, abbiamo in questa posizione la
zampa di lepre che ormai non tocca più sulla cisterna,
tocca la controrotaia sinistra che è questa qua, e qui
lascia i segni in corrispondenza del 2B e 2C con
un’angolazione di 10 gradi, unica traccia con 10 gradi di
inclinazione rilevata. Questo è un esempio di carrello,
qui tutti sono inclinati, qui vediamo anche la zattera è
messa di traverso, esattamente come abbiamo ipotizzato
noi; il perché di questa ipotesi è anche dovuta
all’analisi di questo pezzo, che questo è il pezzo che si
è staccato, che abbiamo trovato a cavallo appunto della
controrotaia ed è un pezzo che mostra una indentatura ed
in corrispondenza della frattura in due pezzi, cioè della
separazione di due pezzi e diciamo questa freccia rossa
sarebbe la ricostruzione della forza d’impatto nella
posizione in cui questa zattera si sarebbe trovata
nell’urto contro la controrotaia, quindi una direzione
esattamente concorde anche con la forma di questa
indentatura e della rottura in due di questo pezzo. Poi
abbiamo segnato queste frecce gialle, abbiamo anche tutta
questa parte che univa tutto questo pezzo alla boccola.
Questa si è staccata dal pezzo sopra, a causa dell’urto,
il distacco, questo è materiale fragile, una ghisa, si è
avuto bene, si vede anche che qui sulla zattera non ci
sono segni, soprattutto qui nella superficie di frattura
non abbiamo segni di moto relativo tra pezzi, non abbiamo
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segni di usura e di strisciamento, abbiamo una superficie
spugnosa, una rottura fragile senza segni di
strisciamento. Anche sulla boccola, vediamo questa è la
parte, sotto ci sta la zattera che si è staccata, questa
è la parte sopra, vediamo che i bordi, vedete questi
bordi qui non mostrano tracce di urto, sono completamente
privi di segni d’impatto, il ché ci mostra che la
controrotaia non può avere... diciamo ha avuto un moto a
tagliare tutta la superficie evidenziata dalle frecce
gialle, ma l’impatto quindi appare molto più verosimile
in questa direzione. Questa è un’altra foto che ci mostra
sempre questa superficie il distacco di questa qua.
Notiamo che qui c’è un pezzo di bullone o comunque di
elemento che sporge qui nel mezzo che è situato proprio
sulla superficie dove si sono separati i pezzi, questo è
rimasto in piedi lì, ovviamente non avrebbe potuto
rimanere con urti diretti in senso longitudinale. Qui
sulla controrotaia vediamo anche un chiaro segno di un
impatto ricevuto proprio, diciamo che torna bene con
l’urto ricevuto dalla costola di questa zattera, dal
bordo della zattera che avrebbe urtato disposta così
diagonalmente come sto mostrando, avrebbe urtato qua su
quel punto.
Nella dinamica complessiva noi vediamo che dall’inizio del
contatto tra la zampa di lepre e cisterna fino alla fine
dell’urto diciamo della boccola, della zattera sulla
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controrotaia, abbiamo degli angoli che variano di circa 6
gradi, quindi 6 gradi mostrano il rollio, un lieve
rollio, 6 gradi è, tanto per quantificarli, è uno
spostamento della lancetta dei minuti di un minuto,
quindi è un piccolo angolo di rollio lato... in questa
direzione, diciamo dal disegno si vede in senso
antiorario, anche questo moto di rollio diciamo può
trovare facilmente giustificazione, nel senso che
premesso che è un piccolo moto come ampiezza, ma è
verosimile pensare che al momento in cui il carrello
anteriore ha finito di arare quel tratto di traversine e
si è impuntato per ruotare su se stesso di 180 gradi, in
questa rotazione, essendo un elemento rettangolare, con
un lato lungo e un lato corto, abbia sollevato un po’ la
cisterna, abbia fatto ruotare la cisterna lato monte e
con il liquido dentro poi ci sia stato un ritorno del
liquido che abbia poi fatto rirollare dal lato opposto la
cisterna, parliamo di piccoli gradi, non ci immaginiamo
grosse rotazioni, quindi sono piccoli movimenti
giustificabili in una dinamica così complessa come quella
che è stata questa che analizziamo. La mensola di
sollevamento, ecco questo è un altro elemento che ci
conferma questo rollio, perché vedete nelle fasi
iniziali, cioè il carrello non ha più arato la traversine
fino alla zampa di lepre e nemmeno dopo. Allora il
carrello si è rigirato, ha rollato lato monte, devo
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sempre pensare qual è il lato giusto, sollevando la parte
del carrello e quindi anche della mensola di ancoraggio
che non ha più ritoccato fino a quando con questo contro
rollio che abbiamo qui una volta che ha urtato il
cartello sulla controrotaia, il rollio ha continuato
andando a urtare la mensola sulla traversa. Qui c’è
questo segno, la traversa è danneggiata e la mensola è
subito avanti, quindi è compatibile come posizione,
quindi ci possiamo immaginare questo scenario e quindi a
fine rollio si ha questo ulteriore urto che divelle la
mensola. Se ci immaginiamo dall’alto la dinamica
complessiva da questa fase di urto sul diciamo deviatoio
alla fase, alla posizione di quiete in cui siamo sui 16 -
17 gradi dai 10 che eravamo qua, questo azzurro è diciamo
la posizione di baricentro di questo moto, in un moto
rettilineo sostanzialmente veniamo a trovarci in questa
posizione intermedia, proseguendo l’inclinazione in
maniera più o meno proporzionale alle distanze percorse,
vediamo che grossomodo ci troviamo in posizione del
picchetto numero 24 con le tracce quelle segnate con 5A,
5B e 5C, cioè il picchetto viene grossomodo, che è questo
qui, a trovarsi nella posizione, anche questo di inizio
tra il coprisole e... ecco, noi consideriamo questo
picchetto che possa avere urtato in quella posizione
quando era diritto, poi il picchetto ovviamente si
abbatte, perché è stato trovato abbattuto non solo verso
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valle, ma anche verso sinistra, allora ci immaginiamo che
questo picchetto nel suo moto che qui vediamo
frontalmente, questo è l’altro picchetto che si vede in
posizione di quiete, però immaginiamoci che siamo
sostanzialmente nella stessa posizione, che questo
picchetto abbattendosi verso, qui nella foto verso
destra, lascia una traccia sostanzialmente parallela al
coprisole. Lo si vede da qua, cioè se il picchetto si
abbatte in questa figura verso sinistra la traccia che
lascia non è diritta, parallela diciamo al moto azzurro
che vediamo qui una linea azzurra, al moto della
cisterna, ma è una traccia che è più parallela diciamo
alla generatrice del cilindro, quindi alle tracce 5A, 5B
5C misurate. Queste tracce 5A - 5B – 5C sono tracce che
mostrano una leggera curvatura continua, quindi che
presuppongono che la cisterna abbia continuato a ruotare
di quell’altro paio di gradi, fino alla posizione di
quiete lasciando quindi la traccia come l’abbiamo vista.
Ora andiamo ad esaminare invece lo scenario del
picchetto, cioè ipotizziamo che il carro sia arrivato sul
picchetto numero 24 ed a seguito di questo urto si sia
prodotto lo squarcio. Come materiale intanto osserviamo
che l’acciaio del picchetto ha le caratteristiche
compatibili con la possibilità di provocare un taglio,
uno squarcio sulla cisterna, analizziamo le
caratteristiche di questo taglio come può essere
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avvenuto. Allora, per produrre un taglio, uno squarcio,
immaginiamo che l’elemento spigolare di questo picchetto,
della suola del picchetto, quello dove ci sono diciamo
dei segni di usura debba essere entrato, penetrato
all'interno della cisterna, come una lama, anche con
rotazione eventualmente del picchetto, perché il
picchetto ruotando verso la valle e verso sinistra
diciamo ha sicuramente avuto un moto anche durante questa
fase di taglio. Quello che salta però immediatamente
all’occhio è che noi abbiamo la presenza di vernici sul
bordo di questa suola fino ad 8 millimetri della
superficie abrasa, il ché già ci pone un elemento di
incompatibilità, nel senso che non possiamo immaginare
che questa parte, questa costola, questo bordo del
picchetto possa aver tagliato uno spessore di 14
millimetri di acciaio, rimanendo verniciato, cioè
rimanendo tracce ben marcate di vernice. Noi abbiamo
anche delle piccole abrasioni localizzate qua sul bordo,
quindi potremmo immaginarci che il picchetto, magari
visto che la vernice, se riguardiamo qui è più spostata
sulla parte lato fungo del bordo, mentre il lato suola,
questo qui è privo di vernice, potremmo immaginarci che
il contatto sia avvenuto più su questa parte qua rispetto
a questa qua dove c’è la vernice, cioè questa parte fondo
suola, perché ci sono anche delle abrasioni localizzate;
però se andiamo a vedere queste abrasioni, cioè
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confrontiamo anche le abrasioni di questa parte spigolare
e confrontiamo anche quella parte del picchetto numero
23, ora non si vede tantissimo dalla foto, ma qui abbiamo
un’abrasione dello spigolo praticamente analoga a questa,
forse leggermente inferiore come entità, ma
sostanzialmente confrontabile. Allora, poiché questo
picchetto diciamo non ha tagliato la cisterna, diciamo
che questa abrasione la si è provocata durante... si sia
provocata durante una incisione delle numerose tracce che
ci sono sulla cisterna. Allora se una semplice incisione
è sufficiente a provocare uno smusso di questa entità
paragonabile con questa, è chiaro che non si può mai
attribuire a queste piccole, molto piccole incisioni, il
prodursi dello squarcio, cioè non potremmo mai pensare
che lo squarcio si sia provocato con queste piccole
abrasioni qua; quando le abrasioni qui nella parte
spigolare di entità ben maggiori, confrontabili con
queste, sono state fatte queste facendo una semplice
incisione senza tagliare; quindi diciamo che questo
elemento ci permette, cioè ci obbliga ad escludere che
questa parte di picchetto possa essere penetrata
all’interno della cisterna e aver tagliato la lamiera,
anche ipotizzando movimenti di rotazione del picchetto
perché non c’è nessun segno di questo tipo. Ecco qui una
foto con il modellino in resina che ci mostra appunto la
parte spigolare introdotta penetrata nella cisterna,
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immaginate questo modellino che viene in avanti verso di
noi, con una forza di contatto per provocare il taglio
dell’ordine delle decine di tonnellate, ovvero
nell’ordine come peso di decine di automobili una sopra
l'altra, non possiamo immaginare che la vernice possa
rimanere qui sopra o che non si possa produrre
un’abrasione per fare quasi mezzo metro di taglio, e qui
lo stesso lo vediamo in un’altra figura. Analogamente se
lo vediamo da dietro, vediamo questa parte sicuramente
più larga della suola, che anche questa che quindi
potrebbe diciamo geometricamente tornare anche con la
larghezza dello squarcio qua, però vediamo che questa
parte qui, anche questa è una parte che ha tagliato, è
andata a contatto con il materiale della cisterna, anche
su questa parte avremmo dovuto trovare delle abrasioni
evidenti; quello che vediamo invece è un’assenza di
abrasione, addirittura non solo nel metallo, ma anche
nella vernice, cioè la vernice non solo non ha segni di
abrasione, ma ha delle scaglie che vengono via, quindi ad
indicare che non c'è stata un’asportazione di questo
spigolino della vernice per effetto dell’abrasione, che
sul metallo non si vede, ma c’è stato evidentemente
niente la vernice che si è venuta via a scaglie, come un
po’ su tutto il picchetto, diciamo è venuta via qua e là
un po’ dappertutto. Se andiamo anche a confrontare
diciamo la sezione nell’ipotetico scenario in cui questo
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bordo di questa suola sia entrato, sia penetrato nella
cisterna, vediamo che facendo la sezione come mostrato
qui nel modellino cioè ci ritroviamo questa forma, questa
rossa è la direzione del moto relativo tra i pezzi
evidenziata proprio dai segni di incisione che ci sono
quassù, quindi con quei segni lì noi otteniamo
praticamente questa direzione di moto relativo, quindi
abbiamo questo bordo laterale che evidenziamo qua in
rosso, che è il bordo che avrebbe dovuto in qualche modo
tagliare; la larghezza finale è stata presa una sezione
in modo de questa larghezza alla fine sia di 23
millimetri come lo squarcio. Questo bordo, questo
tagliente se lo andiamo a mettere qui sopra vediamo che
non si sposa affatto con la geometria del truciolo, né
per la dimensione della parte questa qui frontale, gli 11
- 12 millimetri di larghezza della suola, ma nemmeno
considerando la parte laterale, perché comunque ha una
curvatura che vedete bene non si sposa. Ulteriore
osservazione riguardo a questi lembi smussati solo dal
lato, questi lembi in realtà sono smussati solo dal lato
carro – carrello; il picchetto anche messo in posizione
più o meno angolate diciamo non arriva a produrre questo
smusso. Non ci sono segni diciamo sul picchetto anche
relativi ad un possibile smusso, quindi oltre a non
essere diciamo geometricamente compatibili, ora nella
figura che vediamo qui fra l’altro il picchetto lo
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vediamo messo molto inclinato, diciamo con la mano molto
bassa, avrebbe dovuto stare nella posizione con questa
parte di questa mano molto più in alto, per essere nella
posizione compatibile con la dinamica complessiva, ma
anche in questa posizione vediamo che non arriva comunque
a produrre uno smusso, né perché non ci arriva, né perché
sul picchetto ci sono dei segni. Notiamo da questa figura
anche che lo squarcio è molto più grande della larghezza
iniziale del picchetto, ed anche ipotizzando delle
rotazioni del picchetto che possono avere diciamo
allargato la sezione di taglio, vediamo, ritroviamo
sempre che non ci sono segni di abrasione su questo
picchetto, quindi ci sono diversi elementi a livello
geometrico e morfologico che non tornano. Allora dobbiamo
escludere che il picchetto possa aver tagliato la
cisterna penetrando al suo interno, allora l’unico altro
modo che ci è venuto in mente per provocare un taglio da
parte del picchetto è quello di considerare che abbia
toccato solo la parte spigolare, quella abrasa e il
taglio si sia verificato senza che questa parte
penetrasse completamente all’interno della lamiera, ma
per semplice, diciamo per pressione, un po’ come fosse un
punzone che trancia la lamiera con la sua pressione, a
cui si aggiunge un moto relativo di avanzamento anche.
Ecco, in questa ipotesi però ci saremmo dovuti aspettare
uno sfalsamento dei lembi, cioè una introflessione di
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entrambi i lembi per provocare questi tagli, cioè noi
stiamo parlando di un taglio con questa parte, che spinge
sulla cisterna ed a causa di questa pressione si taglia
la lamiera. È inevitabile pensare ad una introflessione
della lamiera su entrambi i lati, perché questo è quello
che avviene: per esempio qui, dove qui abbiamo un solo
taglio, cioè una sola discontinuità del materiale ed
abbiamo qui questo lembo, e infatti si è abbassato
rispetto a questo, mentre di qua non erano abbassati,
questo ci significa che fino a qui il taglio non era per
pressione, laddove diventa chiaramente dovuta alla
pressione allora si abbassa il lembo della lamiera, ma
questo lo ritroviamo anche nelle incisioni. Questa qui è
l’incisione la 2B, quella che abbiamo detto una delle più
marcate, ora la foto non rende molto, ma tutti i tecnici
sono stati sulla cisterna e hanno visto che qui c’è una
introflessione, cioè laddove c’è un’incisione dovuta a
una pressione di un oggetto che striscia, abbiamo
evidentemente un’introflessione della lamiera. Non si
avrebbe introflessione solo se dall’interno della
cisterna ci fosse un controstampo, come avviene appunto
nella punzonatura, cosa che evidentemente non c’è; ma
immaginiamoci lo stesso che questa parte spigolare possa
aver tagliato lo stesso la lamiera, pur con queste
contraddizioni messe appena adesso in luce, allora
avremmo dovuto trovare una corrispondenza tra la
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larghezza del truciolo e la larghezza di questa
superficie abrasa, cioè avremmo dovuto trovare una
superficie di 23 millimetri contro una di 19 che è il
picchetto. Sì, certo, possiamo anche immaginarci
all’inizio che magari questo picchetto si sia diciamo la
parte abrasa dovuta all’impatto si sia allagata, si sia
schiacciata e plasticamente deformata anche fino a 23
millimetri e poi durante il taglio si sia consumata, tra
virgolette, usurata e riportata a 19, però ricordiamo che
il truciolo è tutto largo 23, anche all’inizio e anche
alla fine, quindi diciamo anche questo, è inverosimile
ipotizzare un’usura di questa superficie che si sarebbe
verificata quando? Oltretutto è una superficie – e la
vediamo – è una superficie che ha questa larghezza di 19
millimetri qui, subito sotto si stringe, e allora non ci
tornano nemmeno più quei segni laterali che c’erano
all’inizio dello squarcio, cioè all’inizio dello squarcio
del taglio abbiamo sullo spessore della lamiera tutte
quelle rigature e quelle chi le avrebbe prodotte? Anche
quello è un elemento che non ci fa tornare questa
ipotesi. Se guardiamo la larghezza vediamo che qui
mancano dei millimetri, mancano 4 millimetri, i bordi non
tornano perfettamente, si sposa così diciamo a livello
macroscopico ma guardando bene non abbiamo quella
situazione in cui il truciolo sposa perfettamente la
superficie. Lo vediamo anche con il modello, vediamo qui
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ci avanzano 4 millimetri di roba. Ecco, per quanto
riguarda la dinamica complessiva noi abbiamo il picchetto
in posizione verticale inizialmente che a seguito del
contatto si sdraia e raggiunge questa posizione viola,
che è la posizione in cui è stato ritrovato. In questo
moto ci immaginiamo che il bordo debba aver lasciato una
traccia che è questa verde inclinata fino ad arrivare
alla posizione 1A, che era all’inizio del taglio. Quindi
questa è la posizione iniziale che ci immaginiamo, cioè
posizioniamo tutto il carro con lo spigolino in posizione
già sdraiata, quando il picchetto potrebbe esercitare una
forza rilevante di taglio all’inizio del taglio; quindi
questa traccia avremmo dovuto ritrovarla, perché è una
traccia comunque di un contatto forte tra un corpo ancora
non deformato, con degli spigoli vivi che si abbatte fino
a sfondare la lamiera, quindi questo moto di abbattimento
ci aspetteremmo una traccia qua inclinata che in realtà
non c’è. Inoltre se guardiamo anche dall’alto la
curvatura di questa cisterna, tenendo conto del moto che
è questa linea azzurra, vediamo che il picchetto, a causa
proprio della curvatura della cisterna casomai tenderebbe
a sdraiarsi verso destra, non verso sinistra; quindi
diciamo anche questi sono tutti elementi... in grigio
questo qui abbiamo l’abbattimento reale del picchetto,
anche questo diciamo ci torna poco. Un’ipotesi possibile
allora dello sfondamento che non comporti questo impatto
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sulla culatta con questa traccia obliqua è che il
picchetto sia stato raggiunto da una cisterna con un moto
dall’alto verso il basso in questo modo e allora in
questa posizione questa forza, anche questo moto diciamo
verso il basso potrebbe avere agevolato anche diciamo la
produzione dello squarcio. Ci stiamo ora dimenticando di
tutti gli elementi di compatibilità geometrica e
morfologica, ragioniamo solo sulla dinamica, no? Quindi
un moto di questo senso potrebbe avere provocato una
forza sufficiente a iniziare lo squarcio anche in questa
posizione, senza quindi necessariamente aspettare
l’abbattimento del picchietto e quello che vediamo
però... questo imbozzamento della lamiera, della culatta
all’inizio dello squarcio e diciamo tutto sul lato
carrello. Qui vediamo che cioè da questo punto è tutto
verso sinistra l’imbozzamento della lamiera, dalla suola
a sinistra mentre invece il picchetto è dalla suola a
destra. Allora ci si chiede come mai allora si sarebbe
prodotto questo imbozzamento così asimmetrico da una
parte sola, fra l’altro dalla parte dove non c’è
picchetto. È chiaro quindi anche questo è un elemento di
incompatibilità. A parte il fatto di immaginarsi il carro
che sta così sospeso con un moto strano diciamo che possa
avere alzato così tanto, è un moto di rollio ma così
ampio da alzare di 40 – 50 cm da terra la cisterna, anche
questo è un aspetto che appare un po’ eccessivo. Beh,
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l’imbozzamento della lamiera come potrebbe essere
giustificato allora? L’ipotesi potrebbe essere quella di
dire: Ma allora no, l’imbozzamento non si è verificato al
momento del taglio, si è verificato alla fine, questi
segni bianchi sono i segni dove ci stava appoggiata la
rotaia, la cisterna sulla rotaia, quindi a causa del
calore ci possiamo immaginare che la lamiera, scaldata
così tanto, non si sa bene che temperatura abbia
raggiunto ma si parla anche di 1.600 o comunque
temperature superiori a 1.000 gradi, allora ci sta che il
materiale così scaldato possa aver ceduto localmente lì
in vicinanza dell’uscita del gas dove probabilmente ci
può essere stata anche la temperatura elevatissima e
quindi essersi provocato questo imbozzamento asimmetrico,
quindi solo sul lato dove appoggia la rotaia appunto e
non sul lato coprisole; però se andiamo a vedere noi qui
osserviamo – lo vediamo in tutte e due le foto – ma qui
osserviamo, qui e qui, dei segni di strisciata, delle
strisce. Queste strisce cosa ci rappresentano? Contornano
proprio l’imbozzamento, queste mostrano chiaramente che
il cargo era in movimento quando già c’era
l’imbozzamento, sennò queste strisce non si producevano,
quindi questo imbozzamento non può essersi provocato a
carro fermo a causa del calore, quindi c’era prima e
quindi si rientra nel discorso che questo imbozzamento
l’ha fatto necessariamente l’oggetto, un oggetto che ha
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urtato, che non è evidentemente il picchetto perché il
picchetto ha la suola qui e va verso l’alto. Vediamo
anche la dinamica complessiva del moto. Abbiamo anche qui
disegnato le posizioni del carro all’inizio del passaggio
sopra il deviatoio, il passaggio sopra il picchetto con
la rotazione oraria del carro, in verde il moto del
baricentro durante l’avvicinamento al picchetto, in
azzurro abbiamo il moto durante la rotazione del carro,
documentata sempre dal taglio che mostra i due angoli e
poi la posizione finale rilevata. Qui abbiamo un moto
prima e dopo sostanzialmente paralleli, mentre invece
abbiamo un moto, chiamiamolo obliquo, verso l’alto del
baricentro durante questa rotazione e allora bisognerebbe
ipotizzare poiché un moto mantiene il suo stato di moto
se non ha altre forze applicate, ci aspetteremmo che il
moto del baricentro debba continuare su questa linea
azzurra, allontanandosi dalla posizione finale; se invece
è tornato a una posizione che è questa, dobbiamo
aspettarci una qualche forza, quindi un qualche urto
successivo di cui però non siamo riusciti ad identificare
la natura e gli oggetti ed i segni, le tracce di questo
urto, urto... movimento tra l’altro – questo di tornare
verso destra guardando il senso di moto – anche contrario
alla pendenza alla soprelevazione della rotaia, quindi
anche a livello di dinamica complessiva diciamo non
riusciamo bene a giustificare gli elementi e le tracce
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che vediamo. Diciamo con questo abbiamo analizzato e
concluso l’analisi degli scenari, non so se possiamo, a
questo punto se vogliamo riassumere quesito per quesito
le risposte, forse proprio leggendo il quesito e dando
una risposta sintetica a tutto.
GIUDICE – Sì. Possiamo darla per letta allora se va bene, se
siamo tutti d’accordo, va bene. Allora grazie, sono le
14:49, io sospenderei fino alle 15:30.
- Sospensione dell’udienza -
Giudice
GIUDICE – Allora riprendiamo per favore, accomodatevi.
Rimaniamo in questa situazione di penombra per permettere
la proiezione delle foto. Quindi proseguiamo, iniziando
con le domande che il Pubblico Ministero - Attraverso i
suoi Consulenti - Intende rivolgere ai periti. Quando
parlate dite il vostro nome.
Vengono introdotti in aula i Periti
DEPOSIZIONE DEI PERITI
– DR. LICCIARDELLO RICCARDO E DR. VANGI DARIO - Sempre sotto il vincolo del già prestato giuramento; già
generalizzati in atti.
GIUDICE – Prego.
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Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni
C.T. P.M. TONI – La ringrazio Presidente, mi chiamo Paolo
Toni, e io vorrei cominciare dalle cose più semplici,
seguendo l’ordine di presentazione dei C.T.U.. La loro
prima presentazione riguardava diciamo le attività
peritali svolte sostanzialmente presso la Lucchini e devo
dire che su questo c’è abbastanza poco da dire, perché la
struttura a cui siamo andati di riferimento, tutti
abbiamo assistito alle prove, io credo che i risultati
sono quelli, sono nei report, e poco più, però volevo
alcune domande, alcuni chiarimenti chiederli. Ecco,
secondo il parere loro, l’apparecchiatura agli ultrasuoni
che era in uso presso l’Officina Jugenthal, per quanto
abbastanza datata, perché risaliva al 1985 mi sembra,
come esecuzione, insomma era possibile - Tramite
quell’apparecchiatura - Con le opportune procedure,
riconoscere l’insufficiente permeabilità agli ultrasuoni
dell’assisile 98331?
Perito Vangi
PERITO VANGI – Ma dunque, l’attrezzatura è risultata idonea ai
controlli, secondo la procedura VPI ed in particolare è
risultata...
GIUDICE – Non si sente.
PERITO VANGI – Dunque, l’attrezzatura dicevo è risultata
idonea a fare la verifica secondo procedure VPI, e le
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procedure di controllo diciamo degli assili. In
particolare il fattore di linearità verticale ed
orizzontale sono risultati conformi diciamo alla buona
norma dei controlli, quindi diciamo che ritengo
sicuramente che l’attrezzatura era in grado di vedere il
rumore, perché non c’è stata differenza sostanzialmente
fra l’apparecchiatura utilizzata da Lucchini, con cui
hanno visto questo rumore, e l’apparecchiatura che c’era
invece sotto sequestro, quindi direi senz’altro di sì,
insomma.
C.T. P.M. TONI – Passo alla seconda domanda. Il problema è
quello piuttosto controverso delle vernici cui
quell’assile sembrava quasi una tavolozza di un pittore,
perché ne sono state trovate due – Forse tre, e non si sa
bene. Ora sempre a parere della vostra valutazione
chiaramente, perché insomma non... Diciamo un controllo
visivo accurato dell’assile, quando è uscito dalla
manutenzione, poteva far riconoscere questo accanimento
da pittore sopra, da pittore impressionista o no? Oppure
la sala appariva uguale a tutte le altre che diciamo
trattate conformemente agli standard previsti nelle VPI?
Perito Licciardello
PERITO LICCIARDELLO – Allora, rispondo io. Allora, un esame
visivo attento, diciamo a distanza ridotta nelle migliori
ipotesi, nella migliore delle ipotesi che si riesca a
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fare, e cioè che questa sala sia stato... Ad un certo
punto abbia avuto un aspetto diciamo lucido, di
verniciatura appena fatta, pur con la presenza di
ritocchi... Siccome i ritocchi presenti erano di colore
piuttosto scuro, ed anche il corpo dell’assile, la
vernice del corpo dell’assile, era di colore piuttosto
scuro e nero, direi che a distanza di qualche metro può
darsi che non si potesse riconoscere. Se lei si riferisce
ad un esame diciamo a distanza di un metro, attento con
l’intenzione di andare a cercare dei particolari che
potessero non tornare, direi di sì, si sarebbero notati.
C.T. P.M. TONI – Grazie. Dunque, una domanda ora un po’
particolare, sempre riguardo alle vernici chiaramente: I
report di riprova e le relazioni intermedie presentate
dalla Lucchini, cosa intendo per relazioni intermedie?
Intendo che a fine giornata i tecnici Lucchini, almeno i
capi, i responsabili delle varie prove, con una
presentazione in Power Point, spiegavano coram populo, a
tutti i periti presenti quali erano gli accertamenti
fatti e quali erano i risultati intermedi acquisiti o
meno, o in fase di acquisizione. Dunque, questi report e
questi stadi di avanzamento sono stati riportati tutti
integralmente nella vostra relazione, o no?
PERITO LICCIARDELLO – Sì, direi in prima battuta... Direi
proprio di sì.
C.T. P.M. TONI – Dunque, ora io mi sembra – Non so se si può
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vedere, ora bisogna lo trovi eh, le spiego perché: poi mi
confermate che per voi l’aspetto... Il famoso discorso
del diverso trattamento dall’assile 85890 e 98331, ad un
certo punto arrivate a delle conclusioni, dicendo che
l’aspetto apparentemente diverso dell’assile 98331 poteva
dipendere anche dal fatto che era stato sottoposto ad una
fonte di calore più elevata, e portavate diciamo a prova
di ciò, delle foto in cui si vedeva l’erba vicina
all’assile 85890 ancora abbastanza verde, mentre l’erba
almeno così definite, il prato vicino all’assile 98331,
appariva bruciata, questo vi portava a tirare delle
valutazioni, che alla fine era dovuto ad un viraggio del
colore, mi sembra, no?
PERITO LICCIARDELLO – Allora, la conclusione, l’osservazione
che fa lei riguardo alla presenza di erba non incenerita
in prossimità di una sala, e piuttosto invece bruciata in
prossimità dell’altra, è stata utilizzata per spiegare lo
strato nero dovuto a fuliggine, o altri tipi di materiale
contaminante, che possa essere stato depositato sulla
superficie della sala; sul viraggio di colore – Invece -
Come penso di aver spiegato stamattina, e scritto anche
nel rapporto, il fatto che osserviamo uniformità di
colore, anche avendo rimossa la vernice di colore blu più
chiaro, che diciamo copriva quel danno abrasivo, diciamo
la fascia ritoccata, non quella vistosa, in realtà mi fa
concludere che il colore della sala 98331 così scuro,
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fosse già presente e che non sia cambiato di molto
durante le vicende termiche subite dopo l’incidente,
altrimenti avrei dovuto notare una disuniformità di
colore, tra la vernice diciamo più direttamente esposta
al calore, e quella invece presente al di sotto del
ritocco, della vernice di ritocco.
C.T. P.M. TONI – Dunque grazie, però dico: se erba non fosse,
il vostro parere potrebbe cambiare, perché io - Se si
potesse proiettare - Farei vedere che in realtà lì
intorno non c’era nemmeno un filo d’erba, ma c’era della
ghiaia e dell’asfalto, asfalto che si presentava – Io
sono stato lì nell’immediatezza dell’incidente – Non
aveva segni di essere sciolto per il calore, era un
asfalto normale, perché io credo, almeno in certe zone,
che l’incendio è stato caratterizzato da flash di
temperatura elevati, come diciamo calore di fiamma, ma il
tempo di esposizione non è stato così elevato da
provocare chissà quali danni ai materiali, tenete conto
che, almeno parlando con i Vigili del Fuoco che sono
accorsi prontamente, mi dicevano che dal pirometro ottico
la temperatura del carro del disastro, era poco più di
100 gradi insomma, quando la temperatura di fiamma può
essere arrivata in qualche punto anche a 1.600, però lì
ci vuole il tempo per riscaldare, no? Io non so se si può
far vedere... C’è da premere qualcosa? Grazie.
GIUDICE – Scusi Pubblico Ministero, si può avvicinare un
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attimo?
C.T. P.M. TONI – Ecco, si vede, si vede, grazie mille. Dunque,
io non sono molto telegenico, mi potete anche togliere,
non so come si fa, almeno si vede tutto il quadro, anzi,
quando mi guardo non è che resti molto bene
impressionato. Allora, intorno alla sala 98331 non c’era
erba, ma ghiaia ed asfalto, quindi secondo me la 85890
anche era abbastanza più vicina alla fonte di calore, qui
si vedono delle foto che erano state del resto consegnate
credo nell’ultima consegna di materiale, qui si vede la
Polizia Scientifica, la sala, qui sì, sembra un aspetto
abbastanza bruciacchiato, però vedendo bene si vede che è
ghiaia, e qui c’è un asfalto. Questo, prima che qualcuno
lo chieda, questo bidone qui che si vede, in realtà
conteneva 4 mila litri di gasolio, che però dopo
l’incidente sono stati del tutto svuotati, non se n’è
perso nemmeno uno, e per fortuna non c’è stato incendio
indotto, questo a dimostrazione anche del fatto che vi
dicevo dell’esposizione. Qui si vede dalla zona di
perdita della sala 98331, che non c’è erba, ci sono vari
binari che corrono, poi abbiamo un’altra vista ancora,
volendo qui si può anche ingrandire, un’altra vista
ancora dove si vede che... Questa non è fuliggine, questo
è asfalto, lo dimora il fatto che, se qui mi riesce...
Non mi regge la forma di presentazione, lo vedremo così.
Va beh, qui si vede il mio piede, e qui sono due agenti
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della Polizia Scientifica, si erano trovate due tracce -
E questo è l’aspetto vero dell’asfalto – Lasciate dai
bordini presumibilmente della sala, e mancando un metro
avevamo provvisto con mezzi così, di emergenza, a
prendere una fettuccia e confrontare la larghezza con lo
scartamento della ferrovia, avevamo visto che coincideva,
ed aveva consentito di ricostruire gli eventi, e questa
qui era una foto che compariva dentro il report Lucchini
156m che è stata spacchettata, a me non mi è riuscito
trovarla negli allegati, però insomma... Va bene, quindi
ora potremmo andare avanti, ora è stato levato... Eccolo
qua, beh può essere un caso, questo faceva parte delle
slide presentate dall’ingegner Ghidini su... Diciamo
questo spacchettamento è casuale? Io ho una relazione
presa su all’over, quando le consegnavano, le mettevano a
disposizione nella loro... Una banca dati nel loro sito
web potevamo scaricarle con una password, l'ho guardata
tutta, e questa foto qui c’è, da cui si vede
effettivamente che non c’è un filo d’erba, c’è solo della
ghiaia... Poi sono andato a vedere cinque allegati e non
ce l’ho trovata, dico: ma può essere un caso,
intendiamoci, non alimento sospetti di nessun tipo, però
chiedevo: se voi vi foste accorti, o aveste saputo questa
cosa, la vostra valutazione sarebbe cambiata, o
rimarrebbe uguale?
PERITO LICCIARDELLO – Ecco, premesso proprio questo punto qui,
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la sostanza non cambierebbe in funzione di questa
osservazione qui perché - Come le ho detto - Non
l’abbiamo... Alla fine non serve affermare... Non serve
utilizzare la questione del fatto che la sala sia
sottoposta a vicende termiche diverse, per spiegare la
natura poi dello stato della superficie, in termini di
vernice. Quindi non cambia le conclusioni, diciamo è un
elemento che non cambia le conclusioni a cui arriveremmo.
Quello che... Lei si riferisce all’erba, che non si vede
erba in queste foto, noi abbiamo visto foto in cui
c’erano degli elementi che attribuivamo ad erba bruciata.
Ora in realtà non è neanche essenziale che sia stata erba
o no, comunque chiaramente noi ci basiamo sulle foto e
non eravamo presenti. Comunque si constatava - Dalle foto
- Che si presenta un annerimento di molti degli oggetti
circostanti questa sala qui, ed a noi serviva come
elemento per capire perché nel momento in cui siamo
andati ad agire sul rivestimento della sala 98331, perché
trovassimo quel colore nero e perché questo
meccanicamente quando veniva asportato, al contrario
della vernice asportata dall’altra sala, si distaccava
con un comportamento diverso, cioè si distaccava non a
scaglie delle dimensioni di alcuni millimetri, ma in
forma di polvere. E quindi questo elemento non è
fondamentale, ma ci serviva per chiarirci il perché la
sala... Se la sala 98331 potesse aver subito vicende
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diverse dalla sala 85890, ed osservando l’annerimento di
altri oggetti nella documentazione fotografica
chiaramente, osservando l’annerimento nell’intorno di
questa sala, concludevamo che era possibile, e questo era
un elemento non essenziale, ma che ci spiegava comunque
anche la sensazione e le osservazioni che avevamo fatto
al momento dell’analisi della superficie della 98331.
C.T. P.M. TONI – Ho capito. Dunque un’altra domanda sempre...
AVV. CORTIGIANI – Professore, scusi un attimo, forse
nell’interesse generale, sono l’Avvocato Cortigiani,
dello Stato...
GIUDICE – Avvocato, non può intervenire ora, eh!
AVV. CORTIGIANI – Volevo solo segnalare che una foto uguale a
quella fatta vedere dal Professore, è la foto 3444 della
perizia, solo presa dall’altra parte.
GIUDICE – Va bene, grazie.
C.T. P.M. TONI – Ora non era il mio intervento per eccesso di
capziosità insomma, ma era soltanto..
GIUDICE – Andiamo avanti, andiamo avanti.
C.T. P.M. TONI – Ecco, ci siamo capiti. Allora vi chiedevo
un’altra cosa: per quanto riguarda la sabbiatura, cioè
che la sabbiatura - Almeno un volta nella vita
dell’assile - Sia stata effettuata, mi sembra
incontrovertibile, però non possiamo collocarla
nell’ultima manutenzione, mi sembra, no? Almeno quello
che si diceva all’over, nei commenti, mentre mi sembrava
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stamani eravate un po’ più possibilisti su questo... O
almeno, leggendo la relazione, un pochino più
possibilisti su questo aspetto.
PERITO LICCIARDELLO – Su questo aspetto noi ci basiamo sulla
documentazione agli atti, ritenuta quindi affidabile. È
chiaro che non abbiamo... Nelle ipotesi, cioè se noi ci
rifacciamo alla documentazione agli atti, non potrei
trarre la conclusione che i danni, i danneggiamenti per
abrasione sulla sala 98331 non ci fossero alla fine
dell’ultima revisione, è per questo che parlavo di
ipotesi, cioè nell’ipotesi che noi possiamo prendere
completamente per buona la documentazione agli atti,
allora si può concludere che alla fine delle operazioni
di revisione, la sala 98331 possedeva già questi danni,
possedeva già i danni per abrasione. Non so se ho
chiarito la questione.
C.T. P.M. TONI – No, no, ho capito, va bene. Ed un’altra cosa
che vi volevo chiedere, a proposito della Lucchini,
scusate, me li ero annotati qui da una parte, almeno
vediamo un po’ se mi riesce... Ecco no, una cosa ora mi
sono ricordato: sul problema del tempo medio desunto
dalla Lucchini, dai loro tecnici e dai loro rilievi, per
eseguire i controlli, mi è sembrato che aveste detto: mah
insomma si sa, andrebbe fatta una calibrazione ogni volta
che cambio sonda, anche perché l’apparecchio è privo di
memorie, quindi non consente... Però insomma, nella
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prassi.. Beh insomma, io dico: una delle regole cardini
della sicurezza, è quella di seguire pedissequamente
tutta la prassi, se la presso prassi dice che la
taratura, la calibrazione – Scusate, è diversa la cosa –
Va fatta, questa va fatta. Quindi tenendo conto dei tempi
di calibrazione, il tempo medio attribuibile a questi
controlli, supera i 30 minuti che avete individuato, che
hanno individuato, del resto questa era una precisa
richiesta che avevamo fatto. Ho interpretato bene quello
che avete detto oppure...
Perito Vangi
PERITO VANGI – Dunque, il tempo di calibrazione con il blocco
sulle varie sonde, e quindi i vari riflettori, è stato
indicato dalla Lucchini in 120 minuti: 2 ore. Questo è un
tempo per vedere con ogni tipologia di sonda, con i vari
riflettori presenti nel blocco campione, per individuare
per ciascuno di questi riflettori e per tipo di sonda, le
amplificazioni e la scala dei tempi, per cui
sostanzialmente sono questi i parametri che si devono
registrare, cioè settare: la scala dei tempi e la scala
delle ampiezze. È chiaro che se uno li memorizza va bene,
perde diciamo due ore, impiega due ore all’inizio e poi
ce le ha memorizzate. Quello che io dicevo è che in un
controllo routinario, anche con strumentazione analogica,
probabilmente fatta questa operazione all’inizio della
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giornata, quella che viene chiamata calibrazione dello
strumento, a differenza della taratura dello strumento, è
la differenza che si usa in genere nella tecnica, come
significato anche delle parole, cioè la calibrazione è un
qualcosa che si fa ad inizio prove di ogni giornata,
mentre la taratura è la taratura, lo strumento ab
origine, fatta diciamo ad intervalli molto più lunghi,
quindi ecco, è necessario fare una calibrazione, la
calibrazione ci permette di individuare per ogni
tipologia di sonda e di parte da controllare, ampiezza e
scala dei tempi; se l’operaio ce l’ha memorizzata in
testa, perché fa tutti i giorni la stessa operazione, per
cui sa magari che con la sonda da 37 gradi, controlla il
fusello, c’ha queste impostazioni, che ha controllato la
mattina, ecco, dicevo che uno può diciamo semplicemente
rimpostarle sulla macchina, con un tempo analogo poi alla
strumentazione analoga digitale. La procedura non è che
prescrive un controllo ad ogni cambio di sonda, cioè
prescrive una taratura iniziale, però normalmente... Una
calibrazione – Scusate – Iniziale, quindi la calibrazione
può essere fatta ad inizio giornata, rimane sempre un
tempo...
C.T. P.M. TONI – 120 minuti comunque, quindi non è poco.
PERITO VANGI – No, e poi comunque che si fa ad inizio
giornata, dopodiché diciamo...
C.T. P.M. TONI – Eh! Ma poi non si può fare, secondo me, ma
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insomma qui mi sembra una discussione, non dico inutile,
ma insomma dico come valutare, non è che posso dire
quella che è la prassi, perché se la prassi è contro la
sicurezza, contro la legge, in assurdo, non è una prassi
che va bene, quindi insomma diciamo io dico: la regola
prevede – Mi sembra – Lo standard, lo segnalano anche nei
report la Lucchini, prevede che questa calibrazione sia
fatta, poi non so se loro la fanno o non la fanno, questo
non vuole dire, però sono le procedure che credo siano
previste anche dal manuale, insomma quindi.. Va beh,
questa era solo una...
PERITO VANGI – No, ma è una calibrazione iniziale, perché
sarebbe impensabile impiegare 2 ore ad ogni cambio sonda,
perché per un controllo, come abbiamo visto, e ci sono 7
– 8 sonde diverse, quindi vorrebbe dire metterci 16 ore
solo di calibrazione, più mezzora per ogni sonda, cioè
vorrebbe dire metterci almeno 2 giorni per ogni assile,
il ché non sarebbe sensato. È una calibrazione che si fa
all’inizio della giornata, così...
C.T. P.M. TONI – Sì, comunque devo dire, a me va anche bene
fatta una volta nella giornata, ma 120 minuti sono 120
minuti, quindi i 30 minuti presunti, magari diventano 40,
se ripartisco... Ecco, ho detto... Questa era un pochino
quello che volevo dire. Niente, io per quanto riguarda la
parte diciamo cricca, come è nata, insomma non è che ho
più molto da osservare, erano solo delle puntualizzazioni
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che mi sembravano importanti, in cui poi qui è stato più
un atto notarile di acquisire i report della Lucchini,
poi ognuno li giocherà come li interpreta, come crede
insomma. Quello che invece ci trova, mi trova molto
dissenziente, chiaramente è tutta la parte che riguarda
la ricostruzione della – Chiamiamola – Dinamica
dell’incidente, sulla quale bisognerà dilungarci molto,
perché diciamo io quello che ho ricostruito dal primo
momento, c’ho lavorato 2 anni e mezzo, ma non vuole
dire... Potrei aver lavorato male, non lo so, però ho
lavorato con coscienza, e quello che ho visto è uno
scenario molto, molto diverso. Per esempio quando si
ricostruisce un incidente, dico: questo era un treno, non
era un veicolo isolato, non era un carro, io ho visto più
che una ricostruzione, più che una simulazione, mi sembra
una sceneggiatura in cui ci sia una parte, ed allora
succede questo, e dico non è così, lì c’era una locomo...
Alla fine dell’incidente c’era una locomotiva in testa,
sul suo binario di corsa, orientata verso Pisa, doveva
andare, c’era un carro rovesciato, che era quello del
disastro, c’erano due carri staccatisi ancora, collegati
però tra loro e ruotati, formando un classico angolo di
deragliamenti, con il vertice verso il mare, e poi
c’erano due carri che si erano rovesciati, rimanendo
allineati sul binario accanto; c’erano - Quanti ne ho
detti – Tutto il resto dei carri, di cui la metà, quattro
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mi sembra, erano sviati, e cinque erano ancora sul
binario, beh insomma, quando si ricostruisce queste cose
bisogna valutarle, dov’è che avvengono i distacchi,
perché la presenza di un veicolo... Per il veicolo che
voi avete considerato, che era quel carro lì, avere
dietro o davanti un altro veicolo, locomotiva o meno, che
esercita i suoi effetti, eh insomma, cambia tutto! Allora
vorrei sapere: vi siete impegnati per cercare di
ricostruire tutte le vicende dello spessamento del treno,
o no?
PERITO VANGI – Sì, diciamo noi abbiamo considerato tutti gli
effetti, ovviamente abbiamo considerato che c’erano altri
carri davanti, dietro, il locomotore davanti, quindi in
particolare abbiamo valutato, e ci siamo domandati per
esempio quando il primo carro si è distaccato dal
locomotore, se ha ricevuto delle spinte dei carri dietro,
nelle fasi di rotazione, cioè tutte le azioni fra i vari
carri ci sono state ovviamente analizzate in modo
puntuale. Diciamo quando stamattina abbiamo illustrato la
dinamica complessiva dello svio, abbiamo premesso che era
una dinamica diciamo semplificata, ai fini solo di dare
degli elementi, non semplificata nell’esposizione, cioè
abbiamo esposto in maniera semplificata solo per avere
quei punti di riferimento che ci servivano per il dopo.
Ovviamente nell’analisi di tutta la perizia, abbiamo
invece tenuto conto di tutti i fenomeni, diciamo, che
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potevano esserci, in particolare anche dove poteva
essersi sganciato il locomotore, se i carri dietro
avessero o meno spinto il carro davanti, il carro 1, e
diciamo alla fine siamo anche arrivati a delle
conclusioni che ci hanno permesso di svincolarci, in
qualche modo, da queste azioni, perché alla fine anche
per esempio il fatto se la locomotiva fosse o meno
attaccata, ed in che punto si è staccata, alla fine ha
un’importanza diciamo... Non che sia un’importanza
relativa, però non incide sul risultato finale, anzi, fra
l’altro noi nell’urto contro la zampa di lepre riteniamo
che la locomotiva fosse attaccata ad esempio ancora, ed
ha impedito di fare delle rotazioni eccessive al carro, a
seguito dell’urto della boccola, successiva quindi al
taglio, e quindi è stato proprio l’aggancio ancora alla
locomotiva, che può aver limitato l’escursione per
esempio, l’ulteriore rotazione del carro 1, però alla
fine diciamo ci siamo concentrati su quelli che abbiamo
ritenuto essere degli elementi forti, che all’interno di
ogni dinamica incidentale devono in qualche modo trovare
una risposta, trovare un collocazione. In tutti gli
incidenti ci sono sempre alcuni elementi fondamentali, ed
una serie di elementi voglio dire a corollario, che in
qualche modo se si riesce a dargli una collocazione bene,
però non è detto che sempre ci si riesca, perché
soprattutto in incidenti con una dinamica così complessa
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- Quale questa è stata - Diciamo pretendere di dare una
spiegazione... Tutto diciamo è illusorio, alcuni elementi
forti devono tornare; gli elementi a contorno, quelli
legati sopratutto anche appunto alle azioni tra i vari
carri, che possono essere anche importanti, però in
definitiva rivestono un ruolo di minore importanza
rispetto ad altri elementi, quindi abbiamo tenuto conto
degli altri carri e dei vari effetti che potevano avere
sulla dinamica del carro numero 1 e non sono stati
esposti diciamo, perché abbiamo privilegiato dare
un’esposizione diciamo solo sugli elementi che ritenevamo
essenziali, della dinamica, senza considerare tutti gli
altri aspetti insomma, però sono stati considerati.
C.T. P.M. TONI – Posso? Ecco, l’ho lasciata parlare, ma sono
abbastanza esterrefatto, perché questo è discorsino di
carattere generale, e non è una risposta. A parer mio la
locomotiva attaccata – Come io credo fosse, e mi sembra
l’avete detto anche voi – Al carro nel passaggio diciamo
sulla postazione a zampa di lepre, cambia tutta la
valutazione della vostra dinamica, perché se io ho visto
gli schemi, e sono veritieri, c’era l’attacco del gancio
era fuori della rotaia, lì non poteva esserci, era
incompatibile con la presenza della locomotiva, e quindi
tutto il discorso di quella ricostruzione, secondo me
estremamente bella, ma insomma sembra che un carro da 80
tonnellate sia più agile di una ballerina del Bolshoi,
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perché non sono se sono stati capiti i movimenti che ha
dovuto fare: io mi trovo il carro... Scusate, dico poi
magari vorrei farmi capire. Io mi trovo nella vostra
relazione – Poi c’ho anche delle slide, ma non è quello,
vorrei intanto lanciare il discorso. Mi trovo il carro
che è atterrato quando si è ribaltato sul suo fianco
sinistro, grossomodo nella mezzeria del binario 4, perché
lì sta con il carrello anteriore perlomeno, perché con il
carrello anteriore la sala residua, la 85890, sta arando
le traversine, le sta costipan... Poi nella vostra
relazione ci sono 30 pagine di analisi di conformità tra
squarcio, oggetto etc., riprende la dinamica, ed io mi
trovo improvvisamente il carro che scende giù dalla
deviata, e non nella direzione del binario 4, come io mi
immaginavo, essendo attaccato ancora alla locomotiva, la
locomotiva ha un vincolo preciso, perché era sulle
rotaie, c’era anche alla fine, c’era anche lì al
passaggio, ed andando a fare le mie valutazioni,
prendendo il vincolo - E possiamo vedere - Della
cosiddetta zattera, rotta nella controrotaia, la zampa di
lepre è lontana dallo squarcio, con il ché insomma... Ci
può avere tutte le conformità che si vuole, ci sarà da
discutere anche di quelle, però a quel punto non può
essere lei la colpevole. Ora poi per capire i movimenti,
c’ho questo carro con il carrello per terra,
improvvisamente in 20 metri questo carro deve traslare
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sull’altro binario, deve ruotare di 14 gradi verso monte
per alzare i carrelli in aria, in quel modo colpisce...
Va a colpire la punta della piegata a zampa di lepre,
però siccome deve andare a sbattere anche con la zattera,
circa 1 metro e mezzo dopo, mi immagino, vista la
distanza fra lo squarcio ed il carrello per quanto
piegato, sganciate le molle, messe di traverso, questi 6
gradi li fa in un decimo di secondo, dopodiché restano 8,
perché alla fine l’abbiamo ritrovato con il carrello in
terra, a me vedere un oggetto di 80 tonnellate con un
momento di inerzia intorno all’asse grossomodo
dell’ordine di grandezza di 10 alla quinta
chilogrammi/metro quadro, che fa questi movimenti agili
come un grillo, lo vedo molto poco probabile come
ricostruzione, anzi, impossibile. Oltretutto, un’altra
cosa che vi devo dire: se voi andate a prendere i famosi
5 – 10 gradi tutto da vedere, ci dovrebbe essere una
relazione tra una sorta di elica che si forma sul
cilindro, e ci dovrebbe essere anche correlata con il
tempo, è circa 1 decimo di secondo per fare questo... E
la lunghezza è circa 1 metro e mezzo, io ho fatto delle
valutazioni, e queste cose non mi tornano. Un’altra cosa:
se c’è questa rotazione, ed il carro è adagiato alla
rotaia...
GIUDICE – Un attimo, facciamo delle domande.
C.T. P.M. TONI – Ah! Chiedo scusa, beh, ne ho già fatte tante,
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chiedo scusa.
GIUDICE – No, visto che hanno risposto che comunque le
valutazioni sulla dinamica, anche se non le hanno
esposte, le hanno fatte, per evitare che lei esponga la
sua dinamica...
C.T. P.M. TONI – Chiedo scusa.
GIUDICE – Potrebbe chiedere passo, passo, se la sua dinamica
corrisponde alla loro, ecco, in questo modo qui potrebbe
essere ammissibile, vediamo fino a che punto è
compatibile la loro ricostruzione, con quella che ha
fatto lei, poi se non sono compatibili, chiederà a loro
come mai non sono arrivati a questa conclusione. Iniziamo
dall’inizio, dallo svio in poi, penso, perché fino allo
svio mi sembra che siamo tutti d’accordo.
C.T. P.M. TONI – Mah, io guardi le ricostruzioni, tutte quelle
che ho letto, non solo quella dei consulenti tecnici,
fino al carro ribaltato, coincidono tutte, quindi lì...
GIUDICE – Ecco, partiamo dal carro...
C.T. P.M. TONI - Partiamo dal carro ribaltato.
GIUDICE – Sì.
C.T. P.M. TONI - allora io devo chiedere per primo: secondo
voi il carro ribaltato stava con il carrello anteriore
grossomodo nell’interbinario, o no? Quando è atterrato
chiaramente.
PERITO VANGI – Eh sì, diciamo il carrello era quello che ha
provocato poi tutta la zona di aratura, quindi in qualche
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modo era lui che era... Era all’interno del binario, no?
Nel binario 4.
C.T. P.M. TONI – Sì, quindi questa coincide con la mia
valutazione. Poi tra diciamo la fine della zona arata e
la postazione grossomodo della zampa di lepre, io devo
supporre che alla fine della zona arata, premesso, il
carro abbia più o meno la stessa posizione, come carrello
anteriore, nel mezzo al binario, ci sono 20 – 25 metri ad
occhio, ora non me lo ricordo, ha cambiato riferimento?
Come è fatto a saltare sulla deviata?
PERITO VANGI – Mah, il carrello non ha saltato per niente
sulla deviata, è rimasto sostanzialmente all’interno del
binario, e si vede anche dalle figure qui: quelle
riportate, tra i 10 e 62, il carrello del carro è
orientato secondo il binario, forse c’è stato un
malinteso, quando ho detto stamattina - Esponendo - Che
l’angolo di 5 gradi grossomodo combaciava anche con
l’angolo del deviatoio, questo non significa che il carro
proseguiva sul binario ed andava non sul binario 4 ma su
quello che arrivava da sinistra, significa solo che il
carro aveva un’inclinazione, che più o meno coincideva
con quella del binario che entra nel deviatoio, e quindi
il moto del carro era un moto quindi inclinato di 5 gradi
in avanti, quindi cioè avanzava non allineato alla sua
generatrice, ma inclinato di 5 gradi, percorrendo con il
carrello grossomodo il binario 4, quindi all’interno
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del binario 4, o quasi più spostato diciamo sul lato
destro, senso di marcia treno, del binario, perché poi lì
ha battuto, lì ha urtato, quindi lì ci deve essere
senz’altro arrivato, quindi aveva proprio quel moto lì,
quindi conferma... Diciamo su questo io non vedo
differenze, ecco, rispetto alla dinamica ricostruita
dalla Procura, nel senso: fino a questo punto diciamo mi
sembra che siano del tutto coincidenti.
C.T. P.M. TONI – Dunque, io dissento un pochino da questa
identità, perché se fosse rimasto con il carrello sul
binario 4, probabilmente sarebbe rimasto colpito dalla
punta della zampa di lepre destra, piuttosto che la
sinistra, per essere colpito dove è stato colpito, lì,
bisogna per forza che sia incanalato a mo’ di toboga,
sulla deviata, lo fate anche voi quando fate la
rappresentazione frontale, si vede il carro che sta
appoggiato al cuore del deviatoio, dal lato zampa di
lepre, e stranamente sta appoggiato sulla controrotaia
sinistra, dove non si vede la rotaia a sinistra, che è
fondamentale, perché si capisce poco l’entità lievissima
del danno fatto al parasole, quando se si pensa alla
controrotaia, sporge 2 centimetri sopra la rotaia, mentre
la zampa di lepre è complanare, dovevo trovare un danno -
Secondo me - Più grosso, fatto dalla controrotaia,
piuttosto che dalla zampa di lepre.
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Perito Licciardello
PERITO LICCIARDELLO – Mah, questo non è in questi termini.
Abbiamo la figura 3.10.64 cioè quella che è stata anche
proiettata prima, o la 3.10.65, che è un ingrandimento,
cioè noi vediamo che... E l’abbiamo anche puntualizzato
stamattina, vista la sagoma circolare della cisterna, la
zampa di lepre arriva precisa all’altezza dell’inizio del
taglio, dello squarcio, mentre la controrotaia di
sinistra appunto tocca appena il parasole, perché? Perché
la cisterna più ruotata di come è rappresentata in figura
10.65 vorrebbe dire che entra sotto terra, quindi la
controrotaia non può penetrare... La controrotaia
sinistra, non può sporgere più di tanto, sopra il
parasole, perché sennò la cisterna - Essendo tonda - Se
da una parte tocca sulla zampa di lepre, per toccare
dall’altro lato, in mezzo alla pancia tocca terra, quindi
è una posizione perfettamente compatibile, non c’è
nessuna...
C.T. P.M. TONI – Dunque, potremmo rivedere il vostro
disegnino? Perché io forse ce l’ho riportato, ma non sono
sicuro.
PERITO VANGI – Eh, magari.
C.T. P.M. TONI – Vediamo un po’, eh.
PERITO LICCIARDELLO – Posso aggiungere un commento, che spero
sia chiarificatore, sul processo, cioè come abbiamo
ragionato per fare quei disegni. Allora il problema era
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che per noi risultava inequivocabile che la zattera della
boccola, della sala 85890 si fosse rotta lì, per i motivi
che abbiamo esposto stamattina.
C.T. P.M. TONI – Concordiamo.
PERITO LICCIARDELLO – Quindi noi abbiamo fatto un analogo
ragionamento geometrico, sia per il picchetto, sia per la
zampa di lepre, sulla zampa di lepre ha funzionato così
il ragionamento: se mettiamo lo squarcio in
corrispondenza della zampa di lepre, è possibile che la
boccola si sia rotta in quel punto? Inizialmente questa
quest’analisi ci sembrava difficile effettivamente, cioè
ci è sembrato difficile proprio perché le quote non
coincidevano, ed allora ci siamo messi... Abbiamo
insistito su questo punto, perché dovevamo escludere
categoricamente la possibilità che la boccola si fosse
rotta lì. Non siamo riusciti ad escluderlo, perché siamo
riusciti a trovare con un’annessa spiegazione di
dinamica, una configurazione del carrello, che tra
l’altro diciamo non ho visto in altre circostanze,
diciamo non se ne era parlato in altre circostanze,
ruotata e con la boccola ruotata, però abbiamo trovato
questa configurazione, ed a quel punto non ci siamo
sentiti, visti anche gli altri elementi “forti” di cui
parlava il Professor Vangi prima, non ci siamo sentiti di
potere escludere che la dinamica, per quanto complessa e
difficile da ricostruire nella sua interezza nel
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particolare, perché bisognava esserci al momento e
filmare, in ogni caso trovavamo un elemento che... Una
configurazione del carrello, tale che con lo squarcio
nella posizione dove effettivamente è avvenuto, e come
abbiamo confermato, varie volte a più riprese, il 4
ottobre quando abbiamo fatto il secondo sopralluogo,
riprendendo le distanze, le quote, e considerando le
rotazioni del carrello, abbiamo concluso che esiste una
configurazione del carrello e della boccola tale, da
giustificare la contemporaneità dello squarcio provocato
dalla zampa, e della rottura della boccola, provocata
dalla controrotaia a destra, senso marcia treno. Quindi
questo è stato il ragionamento, e tale tipo di
ragionamento è stato effettuato identicamente anche per
il picchetto. In più a corollario - Come diceva il
Professor Vangi prima - Abbiamo cercato di ricostruire
l’andamento dei segni, per vedere quanti ce ne tornavano
in un caso, e quanti ce ne tornavano nell’altro, e non so
se con questo... Perché ho visto che il discorso andava
su dettagli molto difficilmente comprensibili a chi
ovviamente non ha studiato nel dettaglio il problema,
allora volevo ribadire questi punti fondamentali che il
Professor Vangi aveva espresso prima. Prima di tutto la
dinamica è molto complessa, e non credo che si possa
ricostruire nella sua interezza, in tutti i particolari,
e questo è il primo punto fondamentale; secondo punto
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fondamentale: esiste una configurazione del carro e del
carrello, con verifica di compatibilità dell’aggancio con
il locomotore avanti, della non compenetrazione del carro
con il binario, per di più giustificata dal fatto che il
carro poteva affondare, per così dire, nel ramo deviato
sul deviatoio, tale che la zampa di lepre andasse a
squarciare nel punto dove poi effettivamente è successo.
In più ci sono tutti gli altri elementi, diciamo più
“forti” legati al taglio, alla modalità del taglio.
C.T. P.M. TONI – Si può avere in funzione il monitor, per
vedere cosa sto... O la loro relazione sopra, almeno ci
capiamo meglio.
GIUDICE – Allora sì.
C.T. P.M. TONI – Però non so come si possa vedere in
proiezione.
GIUDICE – Professor Vangi, potrebbe proiettare...
C.T. P.M. TONI – No, no, ma ce l’ho io, Dottore, basta
abilitare lo schermo, non vedo più nulla...
GIUDICE – Certo.
C.T. P.M. TONI – Eccolo. Dunque questo è lo schema di cui
parlava l’Ingegner Licciardello, ora aumento un po’ la
risoluzione, anzi uso la vostra, che perlomeno... Eccolo
qui, dico bene? No, aspetta... 126... Sì eccolo, eccolo
qui l’ingrandimento, lo porto a tutto schermo, almeno
si... Allora qui si vede esattamente questo, questo è il
cuore del deviatoio, questa è la zampa di lepre, che è
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complanare, va beh questa... E qui si vede diciamo la
controrotaia, controrotaia che non è lì sola, alle sua
spalle, un po’ distaccata sulla destra di chi guarda lo
schermo, c’è la rotaia, e la controrotaia sporge 2
centimetri da essa, ed inizia ad un certo punto, inizia
dove inizia la zampa di lepre, quindi per arrivare qui,
io dovevo vedere il carro appoggiato sulla rotaia, e
quando arriva in questo punto, la controrotaia non
limitarsi a sfiorare il parasole che è un lamierino che
non regge certamente il peso del carro, ma dovevo vederla
entrare dentro, come è entrata dentro la zampa di lepre.
Perito Vangi
PERITO VANGI – Mah, è appena stato detto che a fianco alla
controrotaia c’è la rotaia, che impedisce di affondare...
Alla controrotaia impedisce di affondare di più, e poi
guardiamo in mezzo, in mezzo alla cisterna, se... Fra un
po’ tocca per terra, quindi non può scendere... La
cisterna non può inclinarsi di più in senso orario,
quindi non vedo nessuna incongruenza.
C.T. P.M. TONI – E perché non può inclinarsi di più? Perché
diciamo questo qui regge 80 tonnellate?
PERITO VANGI – Andrebbe sotto terra.
C.T. P.M. TONI – Come andrebbe sotto terra? Dov’è la terra?
PERITO VANGI – Nel mezzo della cisterna, in mezzo ai due
binari, lì, se la inclino un po’ di più, poi mi tocca...
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E già tocca, quindi...
Giudice
GIUDICE – Allora vediamo se riusciamo a chiarire questa cosa.
Penso che il professor Toni sostenga che - Seguendo il
vostro ragionamento - Prima di arrivare alla controrotaia
sinistra, la cisterna abbia scivolato sulla rotaia
sinistra, mi sembra di capire, secondo la vostra
ricostruzione.
C.T. P.M. TONI – Direi, perché qui c’ho la rotaia...
GIUDICE – È così, o non è così?
Perito Licciardello
PERITO LICCIARDELLO – No, tenga conto che la rotaia più a
destra nella figura, che effettivamente lì non si vede e
non so se è una questione proprio di come è la vista del
disegno, quella rotaia è una rotaia del ramo deviato,
quindi è una rotaia che gradualmente si avvicina al
carro, e quindi non è che necessariamente... Cioè non ce
la dobbiamo immaginare... In questo disegno, che è una
vista frontale del carro, non ce la dobbiamo immaginare
in posizione fissa, man mano che cammina il carro, ma ce
la dobbiamo immaginare che si sposta, da destra verso
sinistra, quindi prima del... Ben prima della sezione
diciamo, del cuore che facciamo qui, ben prima la rotaia
di destra è spostata ancora più verso destra, quindi -
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Come diceva il Professor Vangi – Casomai toccherebbe la
parte centrale del...
C.T. P.M. TONI – Scusi, ma come avete fatto a piazzarla in
questa posizione? Io non riesco a capirlo!
GIUDICE – Comunque Professore hanno risposto, hanno detto che
essendo uno scambio, o come si può definire questo pezzo
di rotaia, ora non... Un’intersezione.
PERITO LICCIARDELLO – Sì, qui siamo... Un deviatoio.
GIUDICE – Un deviatoio, la rotaia... Ora ha detto la rotaia di
destra, ma sarebbe la rotaia di sinistra, vedendo in
senso di marcia, giusto?
PERITO LICCIARDELLO – Sì.
GIUDICE – La rotaia di sinistra, prima dell’arrivo della
cisterna in questa posizione, correva in una posizione
che si avvicinava al centro della cisterna
sostanzialmente, al centro della pancia della... O
comunque tendeva ad avvicinarsi verso il centro della
cisterna.
PERITO LICCIARDELLO – Sì, cioè di dovrebbe capire di più...
GIUDICE – Non era parallela?
PERITO LICCIARDELLO – Non è parallela.
GIUDICE – Quindi loro sostengono questo, questa è la loro
risposta, ecco.
C.T. P.M. TONI – È la loro risposta, ma non l’ho capita.
GIUDICE – Va bene.
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Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni
C.T. P.M. TONI – Dunque, già che ci siamo allora andiamo a
vedere un’altra cosa. Eccola qua. Questo è il movimento
ipotizzato dal carro, tra... Tenete conto tra quando
inizia il taglio della zampa di lepre, 14 gradi, rispetto
all’orizzontale, e... Allora andiamo avanti, andiamo
avanti almeno fino a che non si trova... Eccolo qua!
Questo è il movimento del carro, quindi il carro sta
arrivando lungo la deviata, insomma, io contesto questa
ipotesi, ma sta arrivando lungo la deviata. Lungo la
deviata ha cominciato... Prima di arrivare a colpire la
zampa di lepre, che è qui, si è sollevato in alto di 14
gradi, poi deve abbassarsi, per consentire – Questa è
l’ipotesi loro – Per consentire alla zattera, di colpire
la controrotaia destra. Questa rotazione di 6 gradi
avviene circa in un decimo di secondo, vedendo la
velocità del carro, e secondo loro è una rotazione
intorno all’asse del cilindro. Questo è un moto
meccanicamente impossibile, perché in questa situazione,
o si ribalta a destra, o si ribalta a sinistra, al centro
di questa rotazione ci sono i vincoli, e questo non può
mettersi a ruotare come un trapano intorno all’asse,
insomma, questo da Newton e Galileo, è un movimento
impossibile.
Perito Vangi
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PERITO VANGI – Che ruoti attorno al baricentro l’ha detto lei
in questo istante, è ovvio che ruoterà attorno al punto
di contatto, ovvero della zampa di lepre, quindi sul
deviatoio ruoterà, che poi possa ruotare con questa
velocità, non è strano, perché se si pensa che
dall’inizio del contatto a fine contatto ed urto della
boccola - Questo è un calcolo che abbiamo fatto
ovviamente – Ci passano circa 2 metri, quindi è un tempo
diciamo di 200,15 secondi circa, alla velocità con cui
era arrivato sul deviatoio, vuole dire fare una rotazione
circa 30 gradi al secondo, è un movimento brusco, una
piccola rotazione di 6 gradi, che ripetiamo è la lancetta
dei minuti che si sposta di 1 minuto, quindi è una
rotazione piccola, che può avvenire con una velocità di
questo tipo, quindi è perfettamente compatibile sul piano
fisico, però aggiungo anche che fra l’altro questa
ipotesi non è nemmeno poi necessaria, a tutta la
dinamica, è una ipotesi che ci con sentiva di spiegare
anche i segni lasciati vicino al parasole, ma nulla...
Come si è detto, questo è uno di quegli elementi che
abbiamo voluto diciamo esplorare per dare una
giustificazione a tutti gli elementi, anche a quelle
tracce, però nulla impedisce anche di pensare, visto la
complessità della dinamica, che possa anche non aver
toccato in quel momento vicino al parasole, con la
controrotaia sinistra, ed esserci stati questi segni in
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momenti diversi, cioè diciamo che sono uno di quegli
elementi a cui noi non attribuiamo una grandissima
importanza, è un modo fisicamente compatibile, che rende
spiegazioni di tutto, e per cui ci sembrava, visto che
noi abbiamo analizzato separatamente i due scenari, e per
ognuno di questi abbiamo detto: ok, scenario zampa di
lepre, diamo per scontato che sia stata la zampa di
lepre, vediamo come è annata; poi picchetto, diamo per
scontato che sia stato il picchetto, vediamo com’è è
andata, quindi in questo modo diciamo è un possibile
scenario, che ci fa tornare tutti gli elementi, però
possiamo riconoscere subito che non è l’elemento... Uno
degli elementi di quelli principali, quelli forti, che
come dicevamo all’inizio, devono essere necessariamente
giustificati, è fisicamente compatibile, ma diciamo fa
parte del corollario di questi elementi che permettono di
spiegare poi anche tutte le tracce.
C.T. P.M. TONI – Dunque, io... Poi insomma, rispondo cosa ne
penso: fisicamente non è compatibile perché – Ripeto – Un
moto di rotazione intorno all’asse di un corpo, questo
qui, salvo che non ci sia un motore, ma è impossibile, io
su un esercizio del genere, ci butto fuori uno studente,
se mi dà questa risposta. È potenzialmente possibile che
si ribalti, appoggiandosi su una delle due rotaie dove
appoggia, ma non che si metta a ruotare intorno all’asse,
quindi devo dire: questo qui è impossibile, la mia
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ricostruzione fa fallire l’ipotesi che sia successa.
Un’altra cosa: in questa configurazione è possibile che
il gancio, che la locomotiva sia attaccata al carro? Come
l’avete fatta questa verifica?
PERITO VANGI – Intanto per ritornare all’asse di rotazione la
prima cosa che ho detto nella risposta, ho detto: non
ruota intorno al centro, questo lo ha detto lei, ruota
intorno alla rotaia, al contatto, al deviatoio quindi...
mi dispiace per lo studente...
GIUDICE – Allora invito tutti anche per il futuro a non
commentare le risposte, cioè le risposte vengono date e
poi il commento, la discussione sulla qualità delle
risposte ci saranno altri momenti per effettuarla.
C.T. P.M. TONI – Chiedo scusa.
GIUDICE – Anche per mantenere comunque i toni a livello
dovuto.
C.T. P.M. TONI – Chiedo scusa Presidente. Dunque, io vedo...
PERITO VANGI – Per quanto riguarda, finisco la risposta,
allora sul gancio con la locomotiva è diciamo ancora
possibile perché abbiamo verificato che l’inclinazione
del gancio, benché non escludiamo che si possa essere
sganciato proprio nella fase di rotazione con l’urto,
diciamo successivo all’urto contro la zampa di lepre, si
è ruotato il carro, quello può essere un punto in cui si
può essere sganciato, oppure si può essere sganciato
anche più avanti, diciamo che non è un elemento
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essenziale poi una fine, però la posizione appare
compatibile, anche perché tutto sommato ci sembrava una
posizione del tutto simile anche a quella, quando abbiamo
analizzato la posizione, lo scenario del picchetto, per
andare a prendere... posizionando la cisterna con lo
squarcio sopra al picchetto, ci ritroviamo in una
situazione per quanto riguarda l’aggancio con la
locomotiva del tutto analoga, benché speculare, cioè la
parte sinistra invece che a destra del binario, del tutto
analogo a livello di gancio, quindi questo.
C.T. P.M. TONI – Io faccio vedere un’altra chiamiamola ipotesi
di ricostruzione, visto seguendo lo spirito con cui prima
parlava il Professor Vangi. Questa qui è un’ipotesi del
carro in tridimensionale che va dietro la locomotiva
seguendo il binario 4 e si vede sta spaccando la boccola
sulla controrotaia destra e lo squarcio presente sul
carro è 80 cm esterno rispetto alla zampa di lepre,
quindi questa ha altrettanto validità e non sono
costretto a pensare a contorsioni strane del carro in
arrivo in questa posizione.
GIUDICE – Questa possibilità è stata valutata?
PERITO VANGI – Certamente è stata valutata, anzi, è stata la
prima che abbiamo valutato, però bisogna tenere conto di
alcuni aspetti: cioè, questa è una possibilità, a parte
le modalità di rottura della zattera secondo noi non sono
compatibili con questo genere di urto, perché secondo noi
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la zattera ha urtato proprio quando era in posizione
trasversale non longitudinale proprio in questa
situazione, e questa è una cosa; poi ne va detta anche
un’altra: da un punto di vista teorico questa potrebbe
essere una configurazione possibile, ne deve conseguire
tutta una serie di eventi. Qui è come se, faccio un...
esaspero il discorso per rendere chiaro il concetto:
supponiamo che il picchetto fosse stato di cartapesta, ci
saremmo posti il problema se questa configurazione buona
oppure no, di fronte all’evidenza che un picchetto di
cartapesta non avrebbe mai potuto squarciare una cisterna
di acciaio? Penso di no, ecco qui siamo in una situazione
analoga, cioè noi partiamo da degli elementi forti che ci
dicono che il picchetto non è compatibile geometricamente
con il taglio, con lo squarcio, per cui abbiamo
analizzato anche le possibili dinamiche alternative, però
queste rientrano tra gli elementi di minore importanza,
cioè a corollario che devono trovare una giustificazione
nell’ambito di una ricostruzione complessiva, ma che se
poi anche non riuscisse a trovarla non importa, non è
quello l’elemento fondamentale.
Pubblico Ministero – Dottor Amodeo
P.M. - Quindi chiedo scusa Presidente una domanda diretta dal
Pubblico Ministero: il Perito Langi ha detto che ha
valutavo questa ipotesi, vorrei sapere per quale ragione
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non l’ha sviluppata in perizia.
Giudice
GIUDICE – No allora io volevo solo vedere se ho capito, le
faccio una domanda io e poi vediamo questa domanda del
Pubblico Ministero. Mi sembra di aver capito che siete
partiti dalle conformità geometriche dei due oggetti,
avete escluso già in quella prima fase la conformità
geometrica del picchetto, avete notato che c’era una
conformità geometrica della zampa di lepre e lì poi avete
cercato di trovare una conformità dinamica, che vi fosse
comunque un’ipotesi dinamica che potesse giustificare
anche l’incontro con l’urto, lo squarcio prodotto dalla
zampa di lepre, mi sembra che sia questo il modo di
procedere.
PERITO VANGI – Sì ma le dirò anche di più, nel senso che
questa dinamica quando abbiamo analizzato la dinamica del
picchetto, non è che non abbiamo sviluppato questa parte,
l’abbiamo considerata, cioè quando abbiamo detto: il
picchetto ha urtato... cioè la cisterna si è sfondata sul
picchetto, cosa sia successo nella posizione della zampa
di lepre, quando la cisterna era sulla zampa di lepre, a
questo punto a me ha interessi inferiore, perché comunque
è un evento precedente, è come se volessi dire cosa è
successo alla cisterna quando era prima della Stazione di
Viareggio, cioè ha un’influenza però diciamo è un
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elemento già precedente all’evento culmine che ha
provocato lo sfondamento della cisterna, per cui abbiamo
detto: ok, può darsi che sia passato in questa posizione,
in questa configurazione e quindi senza urtare la zampa
di lepre, perché se avesse dovuto passare in questa
configurazione, in questa posizione, con la
configurazione che abbiamo individuato per la zampa di
lepre avremmo dovuto avere un segno della zampa di lepre
che urtava, cosa che non c’è, quindi chiaramente non è
stata considerata, non è stata sviluppata, non che non è
stata sviluppata, non è stata detta perché è un evento
precedente che non ci cambiava sulla dinamica in questo
scenario del picchetto.
Pubblico Ministero – Dottor Amodeo
P.M. – Voglio chiedere al perito se è scientificamente
attendibile una ricostruzione dei fatti che parte da un
risultato dato per trovare la giustificazione al
risultato stesso.
PERITO VANGI – Il risultato dato, qui non c’è nessun risultato
dato e nessun risultato, cioè qui si parte di un’evidenza
delle tracce, le tracce nel senso lato ci indicano delle
cose, ci parlano e ci dicono della compatibilità o meno
di alcuni scenari e quindi non è che abbiamo usato un
risultato per confermare il risultato, assolutamente,
sono i dati oggettivi che ci indicano uno scenario, una
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compatibilità di uno scenario, dopodiché tutti gli altri
elementi corollari a contorno della dinamica complessa di
questo moto possono tornare o meno. Questa prova
l’abbiamo fatta su tutti e due gli scenari, cioè con il
picchetto può tornare la dinamica complessiva? Alcune
cose sì, alcune cose no, con la zampa di lepre possono
tornare? Molte sì, molte... non saremo mai in grado
nessuno di risalirci, però quelle che abbiamo trovato
tornano, perché diciamo il processo è stato questo, non
c’è nessuna contraddizione.
Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni
C.T. P.M. TONI – Dunque, io insisto nel sapere se l’hanno
fatto, dove a parere loro si è sganciata la locomotiva,
perché per me è fondamentale.
PERITO VANGI – Dunque, la locomotiva per noi può essersi
sganciata dalla zampa di lepre in poi, probabilmente si è
sganciata anche dopo, però non ha... diciamo, è
verosimile che si sia sganciata a seguito della rotazione
del carro durante il taglio, perché è una rotazione
importante, abbastanza brusca e quindi è verosimile che
si sia sganciata subito dopo la zampa di lepre. Questo
diciamo ci torna anche abbastanza bene con gli altri
elementi, non è un elemento diciamo vincolante, nel senso
che potrebbe essersi anche sganciata dopo il picchetto,
più tardi; se noi guardiamo la curva della velocità della
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locomotiva vediamo gli andamenti con delle accelerazioni
brusche, una in corrispondenza alla zampa di lepre
abbiamo la decelerazione più brusca, che si rileva dalla
curva di velocità, poi abbiamo delle altre decelerazioni
brusche, ma riteniamo possa...
C.T. P.M. TONI – Ma questa decelerazione l’avete calcolata? È
presente? Non l’ho vista nella relazione, per voi è
ininfluente.
PERITO VANGI – Non sono elementi che abbiamo ritenuto
importanti. Ritorno all’esempio di prima: se avessimo un
picchetto di cartapesta ci porremmo il problema della
velocità? Penso di no. Noi abbiamo...
C.T. P.M. TONI – Ma per me vale la posizione duale!
PERITO VANGI – (Inc.) è corollario...
C.T. P.M. TONI – Perché secondo la mia ricostruzione guardando
e elaborando il contenuto della zona tachigrafica
elettronica, la cosiddetta scatola nera, si vede che si è
staccato sul picchetto. Infatti l’accelerazione
compatibile con la locomotiva isolata che viaggia sui
binari in frenatura l’ho solo dopo il picchetto, eccolo
qui, se quello è lo spazio lo facessi nel tempo vedrei
una decelerazione più o meno compatibile con quelle che
si sa bene che si occupa di treni e con il peso, con la
massa frenata e compagnia cantante; mentre qui vedo il
picchetto, qui vedo la zampa di lepre, qui vedo l’inizio
della frenatura di emergenza, eccolo qua, si supera un
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metro al secondo e ci siamo. Quindi... insomma, poi c’è
anche un altro discorso: se si guardano tutte le
relazioni presenti agli atti, ad esempio la commissione
di indagine di Trenitalia che subito dopo l’incidente i 5
mi sembra o 7, non mi ricordo quanti erano, ingegneri
dichiarano che secondo loro ha tenuto il gancio fino
all’ultimo, quindi quando siamo passati per la zampa di
lepre la locomotiva era attaccata, secondo me non c’è
compatibilità, secondo i miei calcoli, le mie stime, non
c’è compatibilità geometrica con le posizioni che
interrompono, diciamo che sfondano la cisterna sulla
zampa di lepre e che tengono agganciato il carro alla
locomotiva, poi...
PERITO VANGI – Dunque, allora inizio dalla figura... Io credo
che questa figura sia un po’ erronea, perché se guardiamo
l’analogo grafico della velocità nello spazio che forse
ce l’ha sul computer, si può vedere, abbiamo una brusca
decelerazione in corrispondenza della zampa di lepre e
non del picchetto. Questa è un’integrazione ed ovviamente
può essere...
C.T. P.M. TONI – Casomai è una derivazione, ma insomma...
PERITO VANGI – Sì una derivazione scusate, che può essere
sensibile come tutte le derivazioni alle stabilità della
curva, quindi bisogna filtrarla, è stata filtrata...
C.T. P.M. TONI – E’ stata filtrata.
PERITO VANGI – Il filtro, come sappiamo, il filtro medio
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mobile ha uno shift base pari alla lunghezza del filtro
stesso, degli incontri del filtro, il punto che vediamo
di massima decelerazione non coincide; se andiamo a
vedere la curva di velocità lo vediamo bene, bene se è
così cortese da mettercela, vediamo bene che la
decelerazione massima si ha in corrispondenza della zampa
di lepre e non del picchetto, questo diciamo come critica
questa curva così palesemente salta agli occhi. Per
quanto riguarda invece l’ultima cosa...
C.T. P.M. TONI – Dunque, io avrei anche un’altra curiosità:
vorrei sapere quando, siccome attaccato al primo carro
c’erano anche i carri dietro, quando si sono a parer
vostro sganciati tra diciamo lo sganciamento, tra il
primo e il secondo carro quando è avvenuto.
PERITO VANGI – Sì, finisco un attimo la risposta di prima che
chiedeva la locomotiva se era compatibile o meno allo
sganciamento. Io guardo anche la figura nostra, nella
nostra relazione che poi coincide di fatto con le
figure...
GIUDICE – La facciamo vedere? Magari la cita e la facciamo
vedere.
PERITO VANGI - Sì, la 3. 10. 93 che poi è la figura a pag.
146. Eccola qua, è appena passata, è questa qua. Se
guardiamo la posizione del carro, questo siamo
nell’ipotesi picchetto, cioè posizionando lo squarcio
sopra al picchetto con l’angolazione giusta, secondo la
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direzione del taglio, vediamo che il carro e la
posizione, partendo da destra abbiamo la posizione di
quiete, quella subito a sinistra, quella lì, abbiamo la
posizione del carro e quindi anche dell’aggancio con la
locomotiva del tutto speculare, come ho detto prima,
rispetto a quella di cui si stava discutendo.
C.T. P.M. TONI – Ma questo è un disegno, non è una dinamica!
PERITO VANGI – Questo è il disegno con la posizione dove
doveva stare il carro al passaggio del picchetto; allora
se il picchetto qui era agganciato ancora, cioè se il
carro era agganciato ancora alla locomotiva abbiamo la
posizione del gancio speculare ma del tutto equivalente a
quella che nello scenario zampa di lepre aveva il carro,
perché il carro era più o meno in quella posizione là.
Quindi se è compatibile per uno è compatibile anche per
l’altro scenario l’aggancio della locomotiva, non c’è
incongruenza di uno rispetto all’altro, cioè in entrambi
i casi, cioè sia se guardiamo la foto, la figura a
sinistra che è la figura centrale, vediamo che la
posizione del carrello e dell’aggancio alla locomotiva,
qui a sinistra stiamo sul binario di destra, sulla rotaia
di destra, lì siamo sulla rotaia di sinistra, grossomodo
in maniera equivalente rispetto alla locomotiva che stava
nel mezzo con il gancio che può basculare, vede? Quindi
diciamo sono due posizioni assolutamente equivalenti da
questo punto di vista.
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C.T. P.M. TONI – Teniamo conto che nella locomotiva il gancio
è stato trovato orientato tutto diciamo verso sinistra
nel senso di marcia, quindi è incompatibile con uno
sgancio, con qualcosa in questa situazione qui, perché
altrimenti avrei trovato il gancio spostato sulla destra,
mentre se si guarda le foto della locomotiva così com’è
stata trovata dopo l’incidente, lascia supporre, anzi dà
conferma che il carro era sulla sua sinistra, non sulla
sua destra.
PERITO VANGI – Se dovessimo ricostruire l’incidente da questi
dettagli non andremmo da nessuna parte, perché la
dinamica di queste cose, cioè una cosa che si sgancia...
C.T. P.M. TONI –Io lo ricostruisco da quello che vedo!
PERITO VANGI - ...Elastici, il movimento di questo gancio che
si sposta con la mano può andare dove vuole, cioè non
solo questi gli elementi su cui uno può dire la
ricostruzione della dinamica, ci sono elementi forti,
elementi a corollario e questi che sono addirittura degli
elementi insignificanti secondo me.
C.T. P.M. TONI – Insomma, io cerco di ricostruire le cose
guardando cosa vedo.
GIUDICE – Facciamo le domande, professore.
C.T. P.M. TONI – Niente, queste qui erano le cose
fondamentali, secondo me, ma non è una domanda, diventa
una contestazione, quindi però non mi avete risposto
sullo sganciamento fra il primo carro e secondo carro,
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perché anche quello c’è un qualcosa che lo vincola
davanti e c’è un qualcosa che vincola dietro. Dov’è che è
avvenuto questo sganciamento a parere vostro?
PERITO VANGI – Dunque, questo l’abbiamo valutato e riteniamo
che si sia verificato in corrispondenza della zampa di
lepre dove ad una brusca rotazione si sia verificato lo
strappo nell’attacco con il carro dietro, a causa di
questa brusca rotazione che ha permesso anche di smorzare
questa rotazione che altrimenti avrebbe potuto continuare
facendo ruotare molto di più il carro, mentre invece ha
avuto questo strattone da dietro probabilmente che era
staccato però diciamo (inc.) da quegli elementi sempre...
diciamo a cui si può trovare una giustificazione un po’
di tipo qualitativa in questo senso, in cui va bene se la
troviamo la giustificazione bene, se non la troviamo va
bene uguale, insomma.
C.T. P.M. TONI – Insomma, io non so più che domandare, però
diciamo qui il carrello era in alto, no?
PERITO VANGI – Era?
C.T. P.M. TONI – Qui il carrello era in alto, perché siamo
sulla zampa di lepre se non erro, come posizione.
PERITO VANGI – Ora, adesso in questo scenario qui stiamo
guardando lo scenario del picchetto e quindi diciamo a
livello della zampa di lepre ce lo possiamo anche
immaginare come è stato messo da voi.
C.T. P.M. TONI – Sì però diciamo più o meno la posizione del
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respingente la trovavo nella proiezione in pianta in
questa configurazione, con il carro ruotato in alto, con
il carrello in alto io dubito che il gancio avesse potuto
agire insomma, qui o si rompe o stop, quindi...
PERITO VANGI – Ma può darsi, in questa configurazione...
questa è una configurazione in cui diciamo che si è rotta
la cisterna sul picchetto, quindi in questa
configurazione al passaggio sul deviatoio non ipotizziamo
nessuna brusca rotazione, perché non la ipotizziamo,
quindi sicuramente in questa configurazione la locomotiva
si dovrebbe essere sganciata dopo il picchetto diciamo,
questo...
C.T. P.M. TONI – Una cosa che mi resta da chiedervi a
proposito di questo la trova scusate, scorro un attimo..
scorro un attimo... no, non l’ho qui ma... l’ho in un
file, ora lo trovo... forse è questa, vediamo un po’. Va
beh... questo niente, era la vostra prima considerazione
che avevo... niente da fare... bisogna che la trovi, non
me la ricordo. Ah, un’altra cosa importante: avete
un’idea di quale fosse la velocità di afflusso, l’avete
stimata la velocità di afflusso del GPL al momento dello
squarcio?
PERITO VANGI - No non l’abbiamo stimata.
C.T. P.M. TONI – No? Allora vi posso aiutare.
GIUDICE – Scusi non ho sentito, può ripetere la domanda?
C.T. P.M. TONI – Avevo chiesto quale fosse la velocità di
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afflusso di fuoriuscita del GPL dopo lo sfondamento della
cisterna. Allora io ho consultato i consulenti della
Procura, esperti di queste cose, hanno fatto la relazione
depositata che riguarda l’effetto dell’incendio... la
fluidodinamica, è fatta dagli Ingegneri Carcassi,
Chiavacci, Marotta e Mossaver ed hanno valutato che la
velocità di afflusso fosse stimabile in 65 metri al
secondo, che vuol dire 234 chilometri all’ora. Allora
dico nelle foto avete notato una qualche traccia di scia
lasciata diciamo dal gas che fuoriusciva, mentre la
cisterna traslava lungo il binario? Vi siete preoccupati
di prenderla come elemento di valutazione?
PERITO VANGI – Beh sì, l’abbiamo valutata perché se ne era
parlato di questo elemento e si era considerato che la
posizione di quiete del carro, che questo gas che
fuoriusciva praticamente ha scavato una buca sul ballast
però qui si vedono le foto in cui si sta una persona
dentro questa buca insomma sdraiata, quindi sicuramente
abbiamo considerato che anche durante il moto in avanti
del carro l’uscita del gas potesse avere in qualche modo
smosso qualche pietra... certo è un conto in una
posizione di quiete in cui c’è stato diversi minuti e un
conto è un carro in movimento. Diciamo guardando le foto
cose smosse qua se ne vedono, certo non a livello di
aratura di quello che abbiamo visto, delle cose a livello
così si possono anche intravedere, non si sa bene quanto
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un gas in velocità scenda da una cisterna che sta
muovendo, quanto possa spostare. Diciamo non lo abbiamo
ritenuto, cioè ci abbiamo pensato ma abbiamo concluso che
non fosse poi un elemento dirimente o che si potesse
comunque vedere dalle foto insomma, ecco.
Pubblico Ministero – Dottor Amodeo
P.M. – Posso fare una domanda, Presidente?
GIUDICE – Certo.
P.M. – Un attimo solo: avete ritenuto oppure no opportuno e
nel caso non avete ritenuto per quale ragione non lo
avete ritenuto opportuno, farvi associare da un esperto
in materia di gas, di lesioni di recipienti
sottopressione anche per l’eventuale calcolo della
velocità di fuoriuscita del gas? Cioè la domanda è
questa: l’avete valutato oppure no? E se non l’avete
valutato, così come che sembra che non lo abbiate fatto
dagli atti, per quale ragione non avete sentito la
necessità di chiedere eventualmente un allargamento del
numero dei partecipanti al Collegio peritale?
PERITO VANGI – Sì, ho in parte già risposto a questa domanda,
nel senso che abbiamo valutato questo effetto, cioè
tenuto in conto che esiste questo problema, l’abbiamo
ritenuto un problema non dirimente, non così fondamentale
da dover richiedere l’ausilio di un esperto della materia
insomma, non l’abbiamo considerato un elemento da
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ulteriormente indagare, quindi è per questo.
C.T. P.M. TONI – Comunque concordate che questa slide dovrebbe
essere più o meno...
GIUDICE – Scusi professore un attimo, proviamo a accendere le
luci e vediamo come si vede la proiezione, per favore?
C.T. P.M. TONI – Chiedo scusa.
GIUDICE – Direi che si può procedere così. Prego.
Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni
C.T. P.M. TONI – Qui c’era una slide che era di quelle più...
una di quelle più immediate per capire il problema, credo
di aver tracciato sulla linea la traiettoria che
grossomodo dalla zampa di lepre a dove è stata trovata
più o meno, un po’ più avanti nel carro, fosse più o meno
quella. Non si vede il sasso spostato, oltretutto il GPL
che è un gas pesante, diciamo che esce in fase liquida,
non dobbiamo pensare che esca in fase gassosa, avrebbe
intriso tutto ed avremmo trovato una lingua di fuoco,
diciamo di erba bruciata consistente, non era... questo
qui peggio delle altre, quindi questo è un elemento, non
è conformità, non è dinamica di marcia, ma è un elemento
di buon senso che in qualche modo va anche lì preso in
considerazione.
PERITO VANGI – Sì ma la traiettoria che vediamo credo che
debba andare verso qui, un pochino più al centro,
comunque al di là di quello...
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C.T. P.M. TONI – Ma anche se va più al centro cambia poco.
PERITO VANGI – Sì no, era così per puntualizzare questa cosa,
ma al di là di quello diciamo se qualche sasso è stato
spostato non possiamo certo avere un’evidenza da queste
foto, nel senso che qui siamo che il ballast sta
nell’intervia, se qualche sasso è stato spostato, cioè
consideriamo che il treno, il carro sta avanzando qui ad
una velocità di 1 metro e 3 al secondo, cioè il gas non
ha il tempo, non è fermo il carro per cui ha il tempo di
scavare eccetera, è un carro in movimento per cui in
definitiva è uno di quegli elementi abbastanza così, uno
può dire bianco, uno può dire nero, nessuno ha detto la
verità, insomma ecco, questo. Quando è fermo, ecco che
allora se sta dei minuti qui fermo è chiaro che ho un
movimento di sassi ben consistente.
C.T. P.M. TONI – Niente. dunque, altre cose che possiamo
chiedere in merito a questa parte...
Pubblico Ministero – Dottor Giannino
P.M. – Chiedo scusa volevo inserirmi su questo aspetto:
richiamando la fotografia n. 13. 10. 5 della vostra
relazione, a pag. 92 - 93, ricollegandomi alla domanda
che ha fatto adesso il nostro consulente riguardo alla
velocità del gas e alla sua capacità di smuovere pietre,
avete risposto: non siamo in grado di confermare la
possibilità o meno di un gas a quella velocità di
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smuovere pietre in movimento; dando però appunto come
punto fermo questa vostra conclusione che è stata la
zampa di lepre a creare lo squarcio, il gas sarebbe
sicuramente fuoriuscito tra lo squarcio e il picchetto.
Avete osservato, visto che c’è la fotografia bene in
evidenza, che tra la zampa di lepre e nelle immediate
adiacenze della zampa di lepre c’è erba ancora verde e
quindi non vi è stato alcun ritorno di fiamma?
PERITO VANGI – Ma quello che io vedo... ora se magari lo
proiettiamo.
GIUDICE – Prendiamo questa foto che è stata citata.
C.T. P.M. TONI – Guardo di recuperarla, vediamo se lo trovo
perché non mi ricordo il file del...
P.M. – E’ la pagina 92.
C.T. P.M. TONI – Eccolo qua.
P.M. – Ci troviamo a pochi centimetri dal punto della prima
fuoriuscita di gas e non vi è stato alcun ritorno di
fiamma, vorrei sapere se tra gli elementi da voi valutati
è stato inserito anche questo o anche no, poiché invece
in prossimità del picchetto si vedono le traversine
bruciate e tutto annerito.
PERITO VANGI – Dunque intanto bisogna considerare che in
prossimità del picchetto il gas defluito si è sparso
tutto nelle zone adiacenti, ricordiamo che il picchetto,
la posizione del picchetto è praticamente quasi in coda
al carro, quindi molto ancora vicino, a circa 20 metri
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dallo squarcio, in posizione di stasi, quindi siamo in
una zona che sicuramente poi è stata interessata dalle
fiamme. Qui ecco se vediamo la foto, io intanto quello
che noto vedo un sacco di sassi smossi per esempio, qui
nella parte...
C.T. P.M. TONI – Dove si vedono?
PERITO VANGI - Nella parte...
P.M. – Chiedo scusa, si possono spengere le luci? Visto che
sono dettagli molto particolari.
GIUDICE – Sì e allora guardi Professor Vangi può prendere
anche il laser, così magari lo fa vedere con più
precisione.
PERITO VANGI – Ecco quello che vedo è che io qui vedo tanti
sassi sopra alle traversine, cioè quindi qualche sasso si
è smosso. L’erba di cui fa accenno, non so se dice... ora
qui è buio non si vede, ma c’è dell’erbetta qua forse, o
anche qua, diciamo che è una fuoruscita di gas riteniamo
possa essere anche compatibile con il fuoco, abbiamo
visto anche le foto subito dopo l’evento, ci sono tanti
gruppi di fiammelline qua e là ancora accese, però
diciamo al di là della fiammata globale che va fatta
sicuramente nella zona dove il gas poi si vede sparso...
diciamo che noi riteniamo che sia un elemento diciamo
dirimente come dicevo prima, i sassi smossi li vediamo...
P.M. – Chiedo scusa però i sassi smossi, io più avanti nelle
fotografie vedo tre sale che pesano svariati quintali
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l’una, che sono passati esattamente in quel punto che lei
indicava con il laser, i sassi smossi possono essere
stati smossi dalle sale?
PERITO VANGI – Per quello, è quello che dicevo prima, cioè
se... lei mi conferma quello che dicevo prima, cioè nella
dinamica complessiva e complessa di un evento del genere
andare a dire che questo sasso si è spostato è
impossibile.
P.M. – No scusi se la interrompo, la mia domanda era sulla
fiamma. La domanda sui sassi era stata superata. La mia
domanda era relativa...
GIUDICE – Scusate, se il Pubblico Ministero vuole specificare
quale era la domanda.
P.M. – Quella che ho fatto prima, se hanno considerato nelle
loro valutazioni complessive l’assenza di tracce di
qualsiasi natura di un ritorno di fiamma nel punto in cui
il gas sarebbe uscito, in cui sarebbe iniziata la
fuoriuscita di gas.
C.T. P.M. TONI – Questa qui è erba.
PERITO VANGI – Sì, faccio notare che prima parlavamo per
esempio anche sulle fiamme che possono aver interessato
la sala 8. 5. 980 che è qui, ovvero vicino all’erba
ancora verde e si è detto che qui il fuoco c’è arrivato,
però faccio notare che l’erba è verde, allora ci può
essere stata, uso le stesse argomentazioni, ci può essere
stato un flash rapido che ha scaldato, nemmeno più di
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tanto gli oggetti, non hanno preso fuoco queste erbe qua,
allora risiamo al solito discorso: in un evento così
complesso possiamo, crediamo che sia possibile
ricostruire la dinamica da questi elementi di dettaglio a
cui possiamo trovare giustificazione....
GIUDICE – Va bene, comunque la risposta è stata data. Prego.
Pubblico Ministero – Dottor Amodeo
P.M. – Chiedo scusa, Professor Vangi lei pensa che a 1.200
gradi circa, che la temperatura... come noto, o come
dovrebbe essere noto...
GIUDICE – Pubblico Ministero la domanda quale è?
P.M. – Allora la domanda è: Il Professor Vangi ha detto che in
quella zona poteva essersi verificato un flash di fiamma
che per la brevità della sua durata non avrebbe bruciato
l’erba. Allora io chiedo se dal momento che è dato
notorio che il GPL brucia a circa 1.200 gradi, se si
sente ancora di sostenere...
GIUDICE – Non l’ammetto la domanda, hanno già risposto.
P.M. – Va bene Presidente.
GIUDICE - Ci sono altre domande da parte dal Pubblico
Ministero?
P.M. – No.
GIUDICE – Da parte del consulente?
Consulente Tecnico Pubblico Ministero – Dottor Toni
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C.T. P.M. TONI – Dunque stavo guardando una cosa: secondo voi
la zattera famosa, il punto presunto di urto, perché lì
lo vedo molto difficile arrivare ad attingere nel punto
in cui c’è quella spaccatura sulla controrotaia, mi
sembra che le dimensioni non tornino ad occhio, devo
verificare, ma la parte più piccola della zattera si
trovava all’esterno o all’interno del binario quando è
stata colpita? Dal disegnetto mi sembrava fosse
sull’esterno.
PERITO VANGI – Sì questa è una giusta osservazione che anche
noi ovviamente ci siamo posti, perché vediamo che la
figura...
C.T. P.M. TONI – Mi sembrava sull’esterno.
PERITO VANGI – Esatto, nella figura...
C.T. P.M. TONI – Mentre nella figuro le trovo spostate.
PERITO VANGI – Vediamo il pezzo grande della zattera sta a
sinistra, il pezzo piccolo sta a destra ed anche qui ci
siamo chiesti come mai, cioè se era compatibile il fatto
che fossero andati in queste posizioni. Diciamo che
analizzando le due situazioni, cioè i due scenari in cui
vediamo qui il pezzo grande e qui il pezzo piccolo,
analizzando le due scene cioè in cui la zattera ha
colpito, chiamiamola longitudinalmente, la controrotaia,
incuneandosi tra rotaia e controrotaia e invece la
configurazione in cui ha urtato, come da noi prospettato
prima, in tutti e due i casi troviamo non una
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incongruenza, ma diciamo a dover giustificare questa
posizione. Abbiamo ritenuto che nella configurazione con
la zattera traversata rispetto alla direzione della
rotaia, a seguito dell’urto si verifica anche una
rotazione della stessa zattera, rotazione che può
favorire il fatto che il pezzo piccolo vada di qua e
quello grande rimanga di là; più difficile ci è stato
invece giustificare questa posizione assumendo l’urto con
zattera longitudinale, perché lì il pezzo piccolo che si
stacca, lo stesso deve scavallare la rotaia e andare di
là. Quindi diciamo in ogni caso il moto complesso di
questi oggetti che si rompono e durante la rottura si
hanno diciamo spinte di questi pezzi dovuti alle forze
che agiscono ed anche a dei ritorni elastici del
materiale fino al momento della loro rottura che possono
generare moti anche diciamo complessi da ricostruire;
quindi diciamo che abbiamo sicuramente valutato questo
elemento, in tutti e due i casi diciamo possiamo
giustificare, diciamo così, seppure a livello
qualitativo, possiamo immaginarsi dei moti che possono
provocare queste configurazioni.
C.T. P.M. TONI – Dunque un’altra cosa che volevo chiedere, ora
guardo di trovarla, eccola qua, dunque, questo che c’è
sopra è un estratto della vostra relazione e si dice: “Se
il picchetto avesse provocato lo squarcio e la
conseguente rotazione oraria del carro, il baricentro del
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carro avrebbe subito una deviazione verso sinistra e il
moto avrebbe dovuto continuare in tale direzione, anche
dopo il disimpegno del picchetto, a meno di non
ipotizzare altri successivi urti violenti di cui però non
si ha traccia”. Lo avete scritto voi, no? Beh io allora a
questo punto... si può metter a tutto schermo, ecco,
cominciamo a vedere un pochino... qui vedo che il carro
si è impuntato, qui si vede male, ma si vede proprio che
è piegato il telaio del carrello che si è impuntato sulla
rotaia e ha ruotato certamente, e contrasta con le
ipotesi di dinamica terminale effettuata. La freccia
indica il punto di impuntamento del carro. Poi avanzo,
qui vedo siamo nella parte frontale del carro, questo è
il picchetto 22 se non erro, qui c’è un vigile del fuoco
tutto dentro il cratere provocato, questa è la locomotiva
o meglio il binario percorso dalla locomotiva che è ferma
fuori scena un pochino avanti, e questo è il tronchino in
cui terminava il binario n. 5 e qui si vedono delle
deformazioni che non sono certamente spiegabili con il
calore, ho anche uno spostamento, una sorta di (inc.), di
spostamento di tutta la rotaia verso sinistra guardando.
Poi si guarda qui, queste sono deformazioni, non sono
spiegabili affatto con il fuoco insomma, perlomeno
assolutamente no, anche facendo valutazioni e sentendo
chi di dovere. Qui si vede tutta una deformazione della
rotaia compatibile con una rotazione in senso orario
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guardando dall’alto di tutto il carro, qua vediamo quando
si solleva, guardate come... questa rotaia è lontana, è
quella più lontana dal cratere e andando ancora avanti,
qui si vede un altro esempio, qui dall’alto, purtroppo è
venuta sfuocata, è stata presa dall’alto della passerella
che poi è stata abbattuta, e si vedono tutti i binari,
qui si sono liberati i binari, e si vedono le
deformazioni che riguardano anche i binari molto lontani
dai dintorni dell’interessamento. Qui ci sono i
traversoni intorno allo scambio e c’è tutta una zona
diciamo disastrata. Quindi questo qui io lo giustifico
solo con una rotazione del carro nella sua parte
terminale di corsa, dopo aver urtato con il picchetto.
PERITO VANGI - Dunque qui devo contestare assolutamente che
queste deformazioni possono essere fatte da un urto, ma
sono invece esattamente spiegabilissime con il calore,
perché noi sappiamo che la temperatura di regolazione
della rotaia...
GIUDICE - Per favore però invito a non avere comportamenti
irriguardosi. Prego.
PERITO VANGI - La temperatura di regolazione dei binari è di
circa 30 gradi, la temperatura di regolazione significa
la temperatura neutra, cioè quella a cui le rotaie stanno
in assenza di tensioni interne. Quando la temperatura
cresce, parlo per il sole normalmente d’estate, sul
binario si possono raggiungere i 60 gradi, quando si
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raggiungono 30 gradi sopra la temperatura di regolazione,
il rischio di carico di punta, cioè ovvero di
spanciamento del binario con formazione ad “S”
esattamente come quella, è un rischio così forte che
viene interrotta la circolazione, viene tagliato il
binario, prelevata una fetta e risaldata, per dare modo
al metallo di ridistendersi senza tensione di
compressione; quindi questa è esattamente una temperatura
di 60 gradi, provoca già un effetto a carico di punta di
questo tipo. Qui sicuramente le temperature sono state
alte perché siamo vicini alla cisterna, quindi qui
sicuramente tutte queste curve sono fatte dalla
temperatura, sicuramente. Anche sui binari dove
sicuramente il vagone non ha toccato, quindi sarebbe
altrimenti impossibile spiegarlo.
C.T. P.M. TONI – Non ho capito, scusi professore non ho capito
la sua ultima affermazione.
GIUDICE – Ha detto che le deformazioni sono presenti anche...
PERITO VANGI – No, sono su tanti binari, sarebbe impossibile
spiegarsi che simultaneamente per un urto della cisterna
possa aver spinto in avanti tutte queste rotaie e
mandarle a carico di punta.
C.T. P.M. TONI – Però noto che questi binari qui accanto non
hanno subito danni, allora come mai?
PERITO VANGI - Dipende dalla temperatura dicevo, la
temperatura è stata abbastanza disuniforme come abbiamo
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visto in tutte le zone, quindi zone più scaldate, poi
dipende anche ovviamente dalla caratteristica del
ballast, zone più critiche o meno critiche ci sono
sempre, zone in cui la tenuta laterale del ballast è più
forte o meno forte, quindi diciamo in alcune zone si
possono verificare fenomeni di stabilità elastica per
temperature inferiori, ed in alcune zone ci vogliono
temperature più alte.
C.T. P.M. TONI – Sull’incidente onestamente ci sarebbe tanto
da chiedere, ma mi sembra di aver chiesto abbastanza.
Passiamo al discorso della conformità, che anche quello,
se ritiene che ce la facciamo Dottore.
GIUDICE – Io penso che comunque richiedano del tempo anche
queste, immagino.
C.T. P.M. TONI – Io penso che dobbiamo parlarne a lungo.
GIUDICE – Io direi di interrompere qua e di rimandare a domani
mattina alle ore 9:00, in modo che così si affronta un
argomento nuovo. Buonasera.
Il presente verbale, prima dell’upload a Portale Giustizia perla documentazione e certificazione finale del computodei caratteri, risulta composto da un numero parziale dicaratteri incluso gli spazi pari a: 217321
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Il presente verbale è stato redatto a cura di SENTOSCRIVOSocietà Cooperativa
L'ausiliario tecnico: CANCEMI SIG.RA EVA - Stenotipista
CANCEMI SIG.RA EVA - Trascrittrice ____________________