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  • 2

    TURILLO PARENTE

    ‘Ncopp’ ‘o ponte ‘e

    Grazzanise

    FOTOVERSI

  • 3

    Ai miei genitori per il dono della vita

    A mia figlia per l’occasione di viverla secondo volontà di Dio

    Al volontariato per la possibilità di interpretarla autenticamente

  • 4

    PRESENTAZIONE

    ono felice di presentare l’ultima fatica del prof. Turillo Parente, che già ha

    collaborato con la mia azione pastorale, offrendo per una causa benefica la

    produzione del calendario “Grazzanise 2000”.

    Quest’opera, il cui ricavato servirà a finanziare un’iniziativa della nostra comunità

    parrocchiale, rappresenta un tentativo di ricondurre ad una visione unitaria

    l’identità della comunità locale. In questo libro, infatti, sia nella sezione legata al

    territorio che nelle altre tre sezioni, la gente di Grazzanise può ritrovare una parte di

    se stessa (come del resto io stesso mi sono ritrovato!) e le ragioni del proprio modo

    di essere. In questo senso non posso che apprezzare l’iniziativa alla quale - voglio

    sperare - ne potranno seguire altre.

    Padre Francesco Monticelli Parroco dell’Annunziata

    S

  • 5

    INTRODUZIONE

    opo la pubblicazione del “Canzoniere grazzanisano” e del Calendario

    “Grazzanise 2000”, giunge alle stampe, questa raccolta di poesie dal titolo

    “’Ncopp’’o ponte ‘e Grazzanise”, di Turillo Parente, coautore del calendario e

    ispiratore della pubblicazione del “Canzoniere”. Si tratta di una raccolta di versi

    elaborati dal 1998 ad oggi, ai quali sicuramente ne seguiranno altri, vista le vena

    tuttora “prolifica” dell’autore.

    Per favorire una lettura più disinvolta si è pensato di raggruppare le poesie in quattro

    sezioni. Una prima è dedicata a temi, storie e riflessioni legate in qualche modo alla

    realtà di Grazzanise. In esse, spesso senza veli, vengono fotografate d’impeto alcune

    situazioni ed eventi che in qualche modo hanno caratterizzato e caratterizzano la

    vicenda di Grazzanise e della comunità locale. In realtà l’autore in prima battuta

    aveva pensato di titolare l’opera con “Fotoversi” proprio per sottolineare che

    l’ispirazione gli è giunta da situazioni concrete e reali. In questo modo è riuscito a

    impressionare la realtà, consegnando alla storia , con il consueto spirito caustico e

    mordace, dei ritratti di vita comuni e una riflessione su alcuni problemi emergenti.

    La seconda sezione è titolata “saggezza e sentimenti”. In essa l’autore svolge,

    attingendo ad un’esperienza antica, mutuata dal contesto sociale e culturale del

    territorio, una riflessione, talora disincantata, sul caleidoscopio di emozioni e

    sentimenti che spesso scuotono il cuore di tutti e di ciascuno. Una ulteriore sezione

    è dedicata al tema “ironia – satira”. In essa, quasi attingendo a piene mani dalla

    tradizione poetica più salace e sarcastica, Parente prende di mira vizi pubblici e

    privati, atteggiamenti spesso incoerenti e le fratture tra l’enunciazione di principi e

    la vita vissuta che spesso caratterizzano tante persone. E’ particolarmente

    importante capire che, anche in questa elaborazione sarcastica, senza veli, senza

    sconti, guardando in faccia alla realtà, l’autore cerca di trarre insegnamenti e una

    morale condivisibile da proporre ai suoi lettori. Infine vi è una sezione dedicata

    all’impegno sociale dell’autore, alle passioni e alla fede, anche nelle sue forme

    tradizionali e folcloristiche. Impegnato da alcuni anni nella problematica della

    prevenzione e recupero delle tossicodipendenze, Parente si sofferma ripetutamente

    su queste esperienze di marginalità e di sofferenza, lasciando però sempre

    intravedere la speranza, che dal fondo di ogni vicenda umana riesce ancora a fare

    capolino Per la parte relativa all’amore, tenta di sfatare taluni luoghi comuni, di

    guardare a questo sentimento senza le consuete visioni edulcorate, facendo anche

    trapelare il senso della sofferenza, dell’alienazione, della tensione, dell’ipocrisia,

    spesso presenti all’interno della vita di coppia. Infine, sulla fede, l’autore prende di

    D

  • 6

    mira, con il consueto sarcasmo, taluni luoghi comuni della tradizione religiosa locale,

    spesso distante anni luce dalla fede come esperienza del Cristo risorto.

    La suddivisione in quattro sezioni è puramente semplificativa in quanto spesso le

    composizioni si ritrovano a cavallo di più sezioni, raggruppando in sé, ad esempio, il

    valore dei sentimenti, quello dell’amore e della saggezza..

    Si può, inoltre, affermare che è una sottile filigrana che regge l’impalcatura di tutta

    l’opera, E’ quella di una ricerca progressiva e costante di una forma lirica

    appropriata. E’ facile vedere come l’evolversi cronologico porti lentamente ad una

    maturazione poetica. La produzione appare sempre più matura, il ritmo più

    cadenzato, l’espressione più sicura. Rimane la questione del dialetto. L’autore ha

    scritto servendosi del dialetto propriamente locale che mutua solamente una parte

    di quello napoletano. Talune espressioni sono diverse rispetto all’idioma

    partenopeo. Attinge unicamente alla tradizione locale, spesso arricchita da

    inserimenti di altre culture e lingue, non ultimo dell’italiano corrente.

    La finalità dell’opera è quella di offrire ancora una volta a Grazzanise uno spaccato

    della vita di questi anni e di porre su di un piano puramente lirico quella tempesta di

    sentimenti, di contraddizioni, di vita vissuta di cui l’autore è testimone in prima

    persona. In questo senso la platea più direttamente coinvolta è quella grazzanisana,

    cui l’autore si rivolge in un ennesimo gesto di solidarietà e d’amore, come peraltro

    già testimoniato in occasione del Calendario.

    Infine un riferimento al titolo. “Il Ponte” per Grazzanise rappresenta il luogo di

    incontro, di confronto, talora di scontro e di pettegolezzo. E’ la piazza grande di

    Grazzanise, quella che nella tradizione greca, era l’agorà. E’ il posto dove si può

    parlare di sport, di politica, di cultura, della vita di tutti i giorni. Insomma si tratta di

    un momento di incontro che può scandire continuamente la vita di tutti i giorni.

    G. A.

  • 7

    PREFAZIONE

    “C’erano una volta i cantastorie…”. L’autore di questa raccolta pare volersi ritagliare

    un posto in tale compagnia, Si badi, qui non si tratta di passioni forti e di grandi temi

    civili, bensì di piccoli episodi di vita e folclore locali, utilizzati per dare sfogo a una

    ‘vena poetica’ subitamente manifestatasi che l’autore stesso dice-promette di voler

    chiudere con questa esperienza.

    Chi si accinge a leggere questi componimenti, sgorgati in modo assolutamente

    spontaneo e composti senza alcuna preoccupazione tecnico-stilistica,è avvertito:

    non vi troverà Sonetti dalla perfetta struttura, né Liriche altamente musicali, né Odi

    trascinanti, ma facili versi e pillole di saggezza popolare, domande irriverenti e

    osservazioni pungenti, piccoli quadretti di vita sociale, molto familiari al lettore per

    essere i temi delle conversazioni pubbliche.

    Un piccolo episodio, un fatto di cronaca, un disservizio, diventano oggetti dello

    sguardo di Turillo Parente, occasione per liberare la sua verve creativa. Anche

    quando sembra voler fare il censore, la sua ironia prende il sopravvento, si

    impadronisce del tema e smorza i toni duri, così che anche chi la pensa

    diversamente si trova coinvolto dalla facilità del suo verseggiare.

    Dall’insieme si ricava l’impressione di una società che a volte ‘gira’ secondo

    ingranaggi che sfuggono al buon senso. L’autore, che si fa interprete e portavoce

    degli interrogativi della gente, rimane perplesso di fronte ad una realtà sociale che

    egli vorrebbe diversa. Tuttavia, il rischio di una denuncia qualunquistica delle cose

    che non vanno, viene schivato dalla giovialità con la quale egli vede fatti e

    personaggi.

    In ultima analisi, è proprio il senso dell’ironia l’asse portante di queste poesie, il

    tema unificatore di soggetti tanto vari e diversi. L’autore si diverte e vuol farci

    divertire, trascinandoci lungo percorsi che non avremmo mai immaginato. Un

    piccolo sorriso di compiacimento comparirà senza dubbio sul volto di ogni lettore.

    Sarà, tutto sommato, una lettura gradevole.

    Franco Tessitore

  • 8

    ‘U quadernetto

    ‘U tutto è nato da ‘nu quadernetto,

    aggiu ‘araputo ‘e pagine e aggiu letto.

    ‘Nu quadernetto niro e malandato ‘a uttantanne scurdato e abbandunato.

    ‘A còppa steve scritto..per memoria, comme ‘a ‘na spinta verso ‘a poesia.

    ‘E chelle ccose me songo annammurato

    e stuorto ‘o ‘ntuorto aggiu accuminciato.

    Parole che parevano magia m'annu sfrenato tutt’ ‘a fantasia.

    ‘O nonno m'ha ammiscata ‘a malatia e mmò ‘avita suppurtà chesta mania.

  • 9

    Me sfezejo

    Ie me sfezejo a scrivere strunzate

    ‘o ffaccio cu’ piacere e m’addecreje,

    si chesto a quaccùno nun l’aggrate

    o chiude ‘o libro oppure s’ammurbeje.

    Ma quacche vvote esce ‘a cosa seria

    e si a quaccheduno cheste fa piacere,

    pensanne che putesse passà pe’ poesia,

    le dico grazie, senza cchiù pretennere.

  • 10

    LOCALI

  • 11

    In anteprima

    ‘E chello che sta scritto dint’’a ‘sta collezione me tocca in anteprima dà ‘na spiegazione:

    ca’ data che ce stà se po’ verificà

    che chello che sta scritto è tutta realtà.

    L'augurio che me faccio è che passanne ‘o tiempo ‘e ccose se cagnassero e ghiessero a bontiempo.

    E quanno fra cient'anni se leggene ‘sti ccose

    a mè me fa piacere si sò cagnate ‘e ccose

    sì ’o tiempo cagne ’e ccose pe me è felicità, chello che scrivo mò è tutta realtà.

  • 12

    ‘Ncopp’’o ponte ‘e Razzanise

    ‘Ncopp’ ‘o ponte ‘e Razzanise

    ‘u pensiero sfarnecheja,

    si nce stai cchiù ‘e ‘nu mese

    chille proprio trafaneja.

    Si nun vvuò che si sparlata

    te conviene ‘a cagnà strada,

    che si a tiro si ‘nquadrata

    fanno male cchiù ‘e ‘na spada.

    Settembre 2000

  • 13

  • 14

    ‘A banca ‘e Razzanise

    Dint'’a banca ‘e Grazzanise puorte ’e sorde a miliuni,

    è 'na banca del senese e ce fotte a nuje cugliuni.

    Quanne i capi vanno ‘o Palio stanno bbuono in colonnina, ma pè nuje ‘nnanze ‘o patìo

    nun ce sta manco ‘a panchina.

    Quanne faje 'o versamento chille 'a rete te curregge!

    Te cuntrolla ogni mumento ce staje stritto comme 'o gregge.

    Nce bastasse 'o nummariello

    p'aspettà in serenità, l'usa pure 'o solachianiello

    e ‘na linea ‘a limità.

    ‘Nu custasse sorde assaje, n'hanno colpa gli impiegati, ma i capi nun vonno maje e nuje simme mal ripagati.

    Dint’’a posta è tale e quale stanno ‘e ffile fino a fore, i vicchiarielli stanno male

    p’’a stanchezza ce se more.

    Chist’è ‘o sud maltrattato, nonostante daje miliuni,

    semp’’o stesso è bistrattato tanto so’ bbuone guagliuni!

    Agosto 1999

  • 15

    ‘A fila ‘a banca

    S’è aggiurnato ‘u Paschi ‘e Siena

    mo ‘a miso tre panchine,

    llà c’iarrupusamme ‘a schiena

    nun ce vene ‘u mmale ‘e rrine.

    Ma ca’ fila nun ce simme

    sempe n’ora ammà ‘spettà,

    fino a quanno ‘cià facimme

    nun’’o riesco ‘a immagginà.

    Mo tu suonno ‘nu display

    pe nun ffa ‘a gomitate,

    e sapè si ‘u turno è ‘o tuoje

    o invece sarà ‘e chillate.

    Agosto 2000

  • 16

    ‘A machinetta (autovelox)

    ‘Ncopp’’o ponte ‘e Razzanise ‘nu semaforo ce sta può passà pure co’ russo, maje ‘nu vigile ce sta,

    e si quacche vota ‘o vide nun te mporta fa lo stesso,

    sempe ‘e spalle a parluttà, nun te vede lo stesso.

    Quacche vvota frisc'appriesso, segna pure ‘ncòpp’’a carta, ma stavota ‘nnave colpa si quaccuno le fa ‘a parta.

    Mò è arrivato ‘o commissario ‘stu problema vo’ risolvere

    annascuso, mmiez’’e piante, sotto ‘o specchio ‘e telecamere.

    Sì ‘o sistema è da carogne, legalmente se ppò ffa', moralmente nun va' buono; piglia i soldi e vv’’a pagà.

    Pe l'utente è deprimente, sape sule ‘e punizione

    mentre jesse tutte buono sì ce fosse prevenzione.

    Settembre 1998

  • 17

  • 18

    ‘A Maronna ‘e ll’Arco

    Aggiu pregato tutt’’i Santi ‘nciele l'aggiu stracciato ‘a cuollo tutt'i vele,

    e juorno e notte nu’ m'allentavo maje

    p'avè ‘na razia che n'arrivava maje.

    ‘Na notte me scetaje ‘a dint’’o suonno e comme a chillo che nun se mette scuorno,

    c’arraggia ‘e ‘na jastemma ce pregaje:

    chi Cristo o chi Maronna me po fà ‘sta razje.

    Allora asciste tu, Maronna ‘e ll'Arco e me tirasti ‘nsalvo ‘ncòpp’’a ll'arco.

    ‘O cielo tuttu quanto alluminasti

    e sotto ‘o manto tuoje me piazzasti.

    Maronna ‘e ll'Arco bella ‘e ‘stì battienti spazzasti via ‘o mmale comm’’o viento.

    Allora ‘na prumessa te facietto...

    perciò ‘i porto chesta fascia ‘mpietto.

    Aprile 1998

  • 19

  • 20

    ‘A Maronna e Padre Pio

    Ie so’ ddevote da’ Madonna ‘e ll’Arco

    pecchè ma’ ddate segni de’ putenza,

    l’aggiu pregata e maje so’ stato stanco

    ‘a Razja che ma’ fatte è ‘na grandezza.

    Se so’ avverate cose strabiliante

    che me so’ state ditte dint’’o suonno

    ma si ce penze so’ tante frasturnante

    e nun so’ certe frutto ‘e chistu munno.

    ‘Ncape ‘a cappella steve Padre Pio

    ‘a braccia aperte cu’ na gran risata

    e me diceva: “ si tu aje fede in Dio

    statte tranqillo doppe ‘sta nuttata. “

    Tutto s’è avverato puntualmente

    c’aiuto da’ Madonna e Padre Pio,

    manco l’immaginavo dint’’a mente

    mò s’è verificate grazje ‘a Ddio.

    Aprile 2001

  • 21

    Annanze ‘o bar1

    Alluccano comm’’pazzi dint’’a notte ca birra annanze assieme ‘o mazzo ‘e carte, e nun s'avverano ch'è passata ‘a mezanotte ‘a gente dorme, ma chesto è ccosa a parte..

    Ie ce’ purtasse sotto ‘a casa lloro sultanto ‘na mez'ora, a fa schiamazzo,

    e pe’ vedè si quaccheduno ‘e lloro nun ce fujesse ‘e corsa nanze ‘a mazza...

    So tre o quatte ca vocia chiù pesante, alluccano pecchè so meglio ‘e l'ate,

    “O sbaglio nun'è possibile ignorante, si no ce ponno correre ‘e mazzate!”

    luglio 1999

    2Un’antica tradizione locale, retaggio dell’antica cultura agreste e della cantina, viene presa di mira dall’autore per essersi ridotta solo a motivazione di schiamazzo. “‘O tuocco” è divenuta un’occasione non tanto di commensalità e di cordialità, quanto di liti frequenti e di disturbo della pace notturna, E’ contro questa pessima abitudine, trasferita in alcuni bar per la scomparsa della cantine, che l’autore interviene auspicando, sarcasticamente, che prima o poi siano , per una sorta di contrappasso, i familiari stessi degli autori di tale usanza a subire le conseguenza di un frastuono notturno con relativa perdita di quiete e di sonno.

  • 22

    ‘A munnezza

    Tutt'attuorne è munnezzare, accussì nce se sta male, stà inquinato terra e mare Grazzanise è tale e quale.

    Mmieze ‘e strade sta ‘a munnezza,

    quanta cane vanno a spasso, 'a stessa cosa è pure a Brezza e te sbarrano pure 'o passo.

    I marciapiedi chine ‘e erba, mai nisciune leve ‘e carte, ‘cca ce stà sule malerba

    e nisciune ne piglia parte.

    Maggio 1999

  • 23

  • 24

    A Padre Pio

    Ce ‘a voglio dedicà cu’ tutto ‘o core mio

    a n'omme che avuto ‘e piaghe comm’’a Cristo. ‘O Santo ‘e chistu seculo se chiamme Padre Pio

    pe’ ogni pizzo ‘e munno Isso è stato visto.

    Pe tutti ‘sti paisi, ‘na statua l'annu fatto, mmo pure a Grazzanise ‘o vonno venerà.

    ‘O populo compatto ‘ca culletta che ‘a fatto ‘na bella statua ‘e bbronzo ce ‘a piazzata ccà.

    ‘Speramme che ‘stu Santo prutegga a tutti quanti

    e nce dunasse gioia, pace e serenità. E’ chello che cercammo po’ bbene ‘e tutti quanti

    nun sule ‘e Grazzanise, ma pe l'umanità!

    Marzo 1999

  • 25

  • 26

    ‘A prucessione da’ Madonna

    Ie nunn’i veco mai pe ‘n’anno sane

    ‘o jorno da’ Madonna pare nu sciame,

    arrivano da vicine e da luntane

    in bella mostra e diceno: ccà stamme!

    Fanne a cazzotte pe sta in prima fila,

    hann’acquisito ‘o posto pe diritto,

    e pure si ce vanno ‘a cientemila

    nunn’e spuoste ‘a llà manch’‘e nu dito.

    Se fanne i ciente metri bene in vista

    chille appen’asciute ‘a dint’‘a cchiesa,

    e comme gire l’uocchie ‘i pierde ‘e vista

    e po t’accuorge ch’è già arrivata ‘a resa.

    E po’ nunn’i vide cchiù pe tutte l’anne

    pe’ salutà nce vò ‘a prucessione,

    chella che se fa ‘a mò ‘a nat’anne

    tanto è n’optional messa e comunione.

    Settembre 2000

  • 27

  • 28

  • 29

    ‘A vita1

    Ce simme riuscite ‘nata vota,

    che bella cosa farlo, ogni vvota.

    C'iammu mannate già tanti guagliuni speranne che ce cacciano i cugliuni!

    Chello che vvoglio dì è nu’ mullate, si no turnate ancora merce ‘e ll'ate.

    Pe vvuje mò s'accummincia ‘a vita

    pecchè dint’’a ‘stu mumente site nate.

    Vat’’a ‘mparà ancora ‘a camminà perciò, guagliù, state in Comunità!”

    Chilli che ce stanne le fà onore

    e ancora tanti c’iannarà ‘st’onore.

    Pure che ce sò state ‘sti sbandate ‘u fatto che ce ‘avite ripensate,

    dimostra che quaccòsa ‘ate capite,

    che ‘a cosa chiù importante è sule ‘a vita!”

    1L’autore apre, con un filo di malinconia e di speranza, la finestra su un mondo nuovo per la nostra

    realtà locale, figlio dei tempi nuovi e della mancanza di punti di riferimento: il mondo delle

    tossicodipendenze. Per porre argine al fenomeno e aiutare i giovani che vivono il problema , da

    qualche anno opera in S.Maria la Fossa un centro di ascolto per recupero di tossicodipendenti,

    collocato presso la Chiesa parrocchiale. In una breve pennellata esprime il dramma di questi

    giovani ma anche la soddisfazione che nasce dal fatto che in molti di essi possono, se vogliono,

    venire fuori dal “giro”, attraverso l’ingresso e la permanenza nelle comunità terapuetiche. L’autore

    che opera con altri volontari nel suddetto centro, non nasconde le difficoltà e la fatica della vita in

    comunità, ma sottolinea quella strada per un percorso di recupero efficace.

  • 30

    Settembre 1998

    Comme se passa ‘o tiempo

    Tu vuò sapè che se fà a Grazzanise: ‘o ponte, ‘o bar e abbascia ‘a Cchiesa!

    ‘O ponte ca vocca risolvone i probleme,

    ma quacche vvote pure se tremme.

    ‘O Bar ce se passane ‘e jurnate, vevenne birra tra ‘nu tuocco e l'ate.

    Abbascia ‘a Cchiesa ce se fanne ‘e passiate, camminanne pe’ vie do paese malandate.

    E ce s’arrive fino ‘a Chiesa Rann,

    pe turnà ‘o ponte ‘o bar,‘o solito tran tran...

    Agosto 1998

  • 31

  • 32

    Chillo che cumanne

    Ce sta sempe chi vo stà ogni vvota mmiez’’o mazzo,

    vonno sule cumannà e nun farse maje ‘o mazzo.

    Se vuleva organizzare

    dint’’o paese i Boy Scaut, è arrivato nu Signore...

    " Mo, facc'io ‘o Capo Scaut ."

    Ce va bbuono pure a nuje, ma!..’e figgliete ce mmanne? Che pazziamme, nun sia maje,

    io so chillo che cumanne!

    Aprile 1999

  • 33

    Ciccio Pantani

    ‘A picculi passetti, lemme lemme

    cu’ nu bastone ‘o lato ‘a mano destra

    pare che se fa ‘o giro ‘e Betlemme

    e saluta tutt’’a gente a manco e destra.

    Quatte giri ‘a matina e quatte ‘o juorno

    uttantaquatt’’anni turzo fiero e tuosto

    senza mancà nu giro maje ‘e ‘nu juorno

    gira e rigira sempe po’ stesse posto.

    Tene pe’ nome Ciccio e po’ Pantani

    oramaje è addeventato ‘nu personaggio

    nun và certo ‘e corza comm’’a Pantani

    anzi ‘o cuntrario se ne và adagio adagio.

    Agosto 2001

  • 34

  • 35

    Compa Ciccio

    Compa Ciccio Tessitore è stato gran scrittore

    tra francese e dialetto s’è mustrato intenditore,

    tanta memorie remote a saputo accuppià

    jenne mmiezo a tutta ‘a gente pe scavà ‘a verità.

    È stato bravo ‘o prufessore che a tenuta ‘sta pacienza

    spiccicanne tutte ‘e carte cu’ bravura e competenza.

    Po ‘a ‘nzippato dint’’o computer e ‘a miso a faticà,

    e nnè sciuto che nnè sciuto tutti quanti ammà ’pprezzà.

    E i’ che songo lu nipote ‘e Parente Salvatore

    mo propongo a tutti quanti un applauso ‘o prufessore.

    Gennaio 1998

  • 36

  • 37

    Ce hanno misse…dint’’o bacino

    ‘O bacino è un’autorità

    nunn’è ‘o retro da’ signurina,

    cchiù ‘na casa nun se fà

    l’operaio dorme ‘a matina!

    Chesta zona è bistrattata

    ‘nsanno manco addò se trova,

    l’hannu date ‘nata batosta

    l’aeroporto è ‘nata prova!

    Chesto è ‘o colmo da’ scalogna

    pecchè l’acqua è latitante,

    chesto è proprio ‘na vergogna

    chi ‘a fatto è ‘nu ‘gnurante!

    Giugno 2001

  • 38

  • 39

    ‘E marciappiedi

    ‘A via Cesare Battisti hannu fatto ‘e marciappiedi

    e ce stato ‘nu via vaje ‘e ‘ngigneri e cuntrullori.

    Chilli poveri operai ‘a cient’uocchi bbersagliate

    chi sa dint’’a chella capa che jastemme hannu menate.

    So ‘nu poco appuzzuttati sia di nome che di fatto

    ma cchiù belli ce parimme cu’ parcheggio sistimato,

    C’è vuluta un’aspra lotta pe’ levà ‘e stacciunate

    però certe chiù tranquille mò se fanne ‘e passijate

    Marzo 2001

  • 40

  • 41

    ‘E porte ‘e bbronzo

    ‘A chiesa d’Annunziata s’abbellisce

    ‘e porte mò ce facimme ‘e bbronzo,

    ‘a gente che collette se sbelisce

    però stavota ‘a suppurtato ‘o sforzo.

    Che si se caccia ‘o sorde e se fa ‘a porta

    ‘u sforzo che se fa è suppurtato,

    si po t’accuorge che niente se ne mporta

    quaccosa nun ce quadra e s’è mbrugliato.

    So’ sule quatte i pannelli interessati

    i fatti cchiù importante ‘e chesta fede,

    ‘a vvote parimme tanti disperati.

    ma tutto se risolve quanne se crede.

    Do’ Paraviso vulimme àrapì ‘e porte

    e ‘a ricordo ‘e chist’anno Giubilare,

    pe’ simbolo ce mettimme ‘e porte

    chi fatti invece damme tant’amore.

    Novembre 2000

  • 42

  • 43

    ‘E vutazione

    So sempe sule chiacchere e maje fatti,

    ‘a còpp’‘o bancariello ciabbuffano ‘e prumesse,

    avimme assistite sule ‘a malefatti,

    a nnuje ce ‘annu fatto sempe tutti quanti fesse.

    ‘Stu povero paese triste e maltrattato

    mo va cercanne “A SVOLTA” pa’ salvezza,

    comme a ‘nu pezzente abbandunato

    che cerca ‘e se ‘n’ascì ‘a ‘sta tristezza.

    Marzo 2000

  • 44

  • 45

    L’acqua a Grazzanise

    E' arrivata ‘na bbulletta

    dint’’a cassetta aggiu truvata, ‘nsaccio manco ‘e che se tratta

    'o pustine m’ha purtata.

    Stammatine è chella ‘e l'acqua maje ‘a tiene e sempe ‘a paghe,

    pure si ‘nze maje annacqua caccia ‘e sorde ‘a coppe ‘e paghe.

    Pe tà bbevere ‘nne ccosa sempe ‘o bar lle' accattà, o chè latte ‘o altra cosa tè sprecà pà raccattà.

    Pa purtà ‘o primme piano ‘a currente ‘e cunsumà, o si nò manco ‘na mano

    ce riesce ‘a te lavà!

    Quanne trase e quanne jesce ogni vvota lè pagà,

    ‘a bulletta trase, ‘a lira jesce, sule l'acqua nun ce stà!..

    Marzo 1999

  • 46

  • 47

    ‘Nu paese malandato

    Chisto è ‘nu paese malandato che pure ‘o Pataterno s’à scurdato.

    Simme rimaste ancora ‘o setteciento

    ma ‘e tasse che pagamme so cchiù ‘e ciento.

    Che ce sta ‘o sinneco, oppure ‘o commissario, ‘e ccose stanno scritte sultanto int’’o diario.

    Na villa e ‘na panchina t’’a suonne tutte ‘e matine

    addò ‘nu vicchiariello s’arrupusasse ‘e rrine.

    I ggiuvane ce stanno tutti quante male pecchè nun ce stà manco ‘nu circolo sociale.

    E comme tanta vote chest'organizzazione

    l’avrai che prumesse de’ vvutazione.

    Gennaio 1999

  • 48

  • 49

    Duje belli personaggi

    Vò ricurdate a zi Giuvanni ‘o spuzzino ‘nu bello personaggio ‘e Razzanise, che ‘nsieme a zi Peppe Berolino facevano ‘a gente divertì ca’ rise.

    Ca’ rise e facile battute,

    cu’ l'acqua e cu’ bontiempo e barzellette pronte ‘a purtata ‘e tutte,

    facevano capì comme se passe ‘o tiempo.

    E quanne quacche vvota verenneme abbattuto, Isso s'avvicinava c'amore e prepotenza,

    capenne che ce steve quacche tuorte avuto guardanneme diceva,”pigliateve nu pìnulo,

    chille ‘e strafuttenza!."

    Gennaio 1999

  • 50

    ‘O curredo ‘a Grazzanise1

    Chistu è ‘nu messaggio ‘a giuventù

    ie nce spero tanto ‘e me spiegà

    che chesta cosa mò nun serve cchiù

    perciò si loro vonne ‘annà cagnà.

    Sorde sprecate e sacrifici ‘e morte

    pa’ gente che nun po’ ma s’adda fà

    ‘sta cosa che se chiamme ‘a dote

    ‘a parte ‘e coppa mò chiù nun se fà

    Panne ‘a vinte, ‘a trenta o ‘a quaranta

    cu’ cheste certe nun s’accatte ‘ammore,

    doppe quatt’anne ‘a taglia è de cinquanta

    tutto te và cchiù stritte pure ‘int’ ‘o core

    Pe’ dinte ‘a cascia ‘sta tutto ‘o curredo

    ancora da’ bisnonna ammerlettato

    si vuje nunn’’o sfatate chistu credo

    ‘o matrimonio è sempe chiù ricattato.

    In quantità ‘e sprechi nce ne stanno

    sciuri e video-foto cchiù ’e ciento

    che vanne in abbandono doppe n’anno

    ma quanne ‘e faje vedè sò ‘nu turmiento

    ‘A dote facitevella dare ‘o stesse

    spennitavelle ‘a gusto comme piace

    cu’ ‘sti sprechi nun ve facite fa fesse

    ‘o curredo date ‘a sorde arreca pace

    Ie ve pozze sule cunsigliare

    ‘e spennere sultanto ‘o necessario

    pe’ curredo purtateve l’ammore

    ‘a dote vera è quanne arriva ‘o figlio.

    Aprile 2001

    1La dote, retaggio del passato, continua a pesare sulla nuove coppie, anche di fronte a problemi rilevanti, come la

    mancanza di risorse. Per l’autore è un inutile spreco ed una tradizione da cancellare o da riformare. Meglio limitare la

    dote allo stretto necessario e spostare le risorse in altri ambiti della famiglia.

  • 51

    ‘O Ponte ‘e Razzanise

    Quatte ‘o cinque amici,

    ma so proprio veri amici ?

    ‘Ncòpp’’o ponte ‘e Razzanise, stanno sempe, jorni e mise.!..

    M'ata credere, senza nomme,

    ‘ncòpp’ ‘a parola ‘e omme.

    Stanno sempe, tutto l'anno, primme ‘e nate nun se ne vanno.

    Nun se spostano nu jorno,

    ‘i che bella faccia ‘e cuorno!

    ‘A parlà di fatti ‘e l'ati, songhe bravi tutti quanti.

    I problemi che risolvono

    ‘a parola nun se contano.

    Loro stanno fermi là, ‘a parlà tra uno e nate aspettanne che i fatti ‘anna fà sempe chill'ate.

    Ma ‘u cchiù bello ‘o ssaje qual'è'? Che mmai bbuono ‘u fatto è !…

    Agosto 1998

  • 52

  • 53

    ‘O ponte ‘e zi Paulo1

    Chi tene ‘nu defunto ‘a ‘ccumpagnà ‘o ponte ‘e zi Paulo nu’ pò chiù salutà.

    Doppe mill'anni e pure ‘e cchiù

    chesto ‘a mò, nunn'è possibile chiù.

    ‘O mese ‘e giugno du nuvantanove è ‘sciuta n'ordinanza, siente ‘a nova:

    dint’’a ‘nu colpe, sparisce ‘a tradizione

    senza truvà manco ‘nu poco ‘e opposizione.

    Mo tutto s'è cagnato, pure ‘a tradizione ‘u tutto a beneficio d’’a circolazione,

    che si pe ‘nu minuto se fermava ‘o ttutto

    nu’ succedeva niente pe’ rispettà ‘o llutto.

    Giugno 1999

    1Il 28/5/1999 la Commissione straordinaria, che governa il Comune di Grazzanise, emana

    l’ordinanza 17, con la quale impone che i cortei funebri si sciolgano in via Annunciata. Contro

    questa ordinanza, che muta la civile tradizione di accompagnare i feretri fino al vecchio limitare

    dell’abitato (‘o ponte ‘e zi’ Paulo) l’autore reagisce, in forma sarcastica e amara, lamentando come

    una tradizione antica venga d’un botto cambiata da amministratori che, peraltro, non appartengono

    neppure a Grazzanise. Forse è un tributo che si deve ai tempi moderni e al traffico veicolare, ma

    per l’autore è una motivazione secondaria rispetto al senso di partecipazione e di solidarietà per un

    lutto.

  • 54

  • 55

    ‘O rilogio do’ campanaro

    ‘O miereco ma ditto:” tu ‘e durmì,

    si nò co’ tiempo vaje in esaurimento.”

    Ma comme pozzo fa si ‘sto accussì

    si chistu tic toc è ‘nu turmiento,

    Si quanne tutto tace dint’’a notte

    e cu’ pensiero cirche ‘e arrupusà,

    pe’ t’assurbìre da jurnata ‘e botte

    che te riserva ‘a vita e vvuò scurdà.

    T’arriva puntuale comme ‘a morta

    ogni quarto ‘e ora ‘nu rintocco

    che serve sule a ffa spaccà l’aorta

    p’allucche che ce daje ‘a ogni tocco.

    Quanne po’ ce avvicenamme ‘e ll’una

    e staje a piglià suonno pa’ stanchezza

    t’arriva ‘a scarica ‘e ‘na quinnecina

    ‘e ‘sti rintocchi che sò scrianzatezza.

    E nun se scassa maje chist’orologio

    è ‘a cosa che funziona cchiù assaje

    quanne se rompe corre l’aggiustaggio

    ‘o rieste invece nun s’acconcia maje.

    Dicembre 2000

  • 56

    Padre Francesco

    Monaco sgorbutico e acculturato

    ‘a purtato tante belle nuvità,

    ‘nunn’avimme maje pagato

    vive ‘u culto ‘e povertà.

    E’ ‘nu monaco pugliese

    capitato ‘a chesti pparte,

    tene ‘a capa ‘e calabrese

    nunn’’o firme quanne parte.

    Putesse ancora migliorà

    si tenesse cchiù pacienza,

    si se pònesse in carità

    ne beneficiasse l’adunanza.

    Tanta gente ‘a aiutato

    che collette che ‘a fatto,

    ‘a soccorso ‘u malandato

    chisto è ‘nu dato ‘e fatto.

    S’è criato ‘u movimiento

    da dduje anni ‘a chesta parte,

    è nato pure ‘o Rinnovamento

    e n’a pigliato pure parte.

    Cheste ccose positive

    tanta gente l’apprezzate,

    sule quacche recidive

    tira ancora mazzulate.

    Ottobre 2000

  • 57

  • 58

    Pe’ putè manifestà

    Passianne a cinque all'ora cu ‘na penna e ‘nu blocchetto, assettate dinte ’a macchina ca’ sigaretta ‘mmano,

    ciento targhe nce signamme, accussì po mi bacchetto, chistu popolo s'ammerita pecchè ‘avizata a mano,

    pe’ putè manifestà cu’ diritto ‘e civiltà.

    S'è permesso ‘e reclamà chesto nunn'aveva fà, cu’ sistemi democratici mo ti faccio rientrà

    dint’’a fogna addò ‘anna stà, senza maje protestà.

    Dint’’o sfogo d’’a prutesta, ‘a parola c'è scappata ma pe’ nuje concittadini c'interessa ‘a soluzione,

    quacche cosa è stata fatta, sotto ‘o segno "ispettorato" tante cose nce ‘aspettamme, ma cu’ meno confusione.

    Ottobre 1999

  • 59

  • 60

    Piazza ziè Teresina

    L' accordo nun ce stà dint’’a Commissione,

    ‘o nomme a chesta piazza è proprio complicate, 'a gente è frasturnata da tutte sti miliune

    che addà pagà che tasse pa’ cosa già donata.

    Addò ‘na vota steve l'orfanotrofio ‘e Fatima, ‘nu belle municipio mò ce stanno a ffà,

    ma si quaccuno se ricorda da’ buon’anima l'accordo ‘ncòpp’’o nomme nun se riesce a ffà.

    Forse ce sta quaccune che chesto s'arricorda,

    che chillu bellu luogo co’ core fu donato, perciò in commissione le fa tirà ‘a corda

    e ‘o nomme fino a mò n'è stato concordato.

    Sì dipendesse ‘a me, int’’a piazza ce mettesse ogni sette metre ‘na comoda panchina, e quasi certamente tutto se risulvesse,

    e ‘o nomme ascesse sulo…Piazza Ziè Teresina.

    Settembre 1999

  • 61

  • 62

    Sinneco e vigili

    ‘O sinneco ha ditte ‘e fà ‘o servizio

    ma pe’ risposta so’ arrivate ‘e multe

    che tènene ‘o sapore ‘e fatte ‘a sfizio

    ‘a tipo blitz pe’ aizzà ‘o stolte.

    So’ arrivate lettere e denunce

    so’ intervenute pure i sindacati,

    è stato ditte chillo vo’ fa ‘o duce

    pecchè i vo’ vedè cchiù appiedati.

    E’ state chieste cchiù prevenzione

    e molta cchiù presenza e visibilità,

    senza ricorrere sempe ‘a contravenzione

    senza girà a tre ‘o quatte assieme pa’ città.

    Luglio 2001

  • 63

  • 64

    ‘U millennio ‘e Grazzanise1

    ’a scalinata

    E' passato ‘nu millennio, Razzanise nn’è cagnato sò aumentate quatte case,tutt’o riesto è malandato. Si se guarda dint’’o passato, quasi niente è migliorato, pare proprio fatto apposta, ma Quaccuno!..S’ha scurdato pur‘a mente ‘e l’abbitanti è prigioniera dò squallido passato

    mò speramme pe’ ’sti giuvene in un duemila cchiù emancipato.

    Ottobre 1999

    1Questi versi vengono composti e stampati volutamente con un struttura crescente, quasi fosse una

    scala. L’autore esprime il significato di tale scelta compositiva del testo laddove parla di un paese,

    la sua Grazzanise, che non riesce a risalire la china dell’abbandono e dell’arretratezza, consolidata

    nel corso di decenni. E’ quasi un grido soffocato, comunque sommesso, per chiedere una speranza

    per Grazzanise, affinchè, riposti i luoghi comuni e il carico di povertà, il paese possa mettere le ali e

    volare verso traguardi di progresso e di rinnovata umanità.

  • 65

  • 66

    ‘U paese che nun vvò truvà l’amore

    "Eri un ragazzo di un paese che non sa dove andare perchè tra quello che cerca non vuole trovare l'amore "

    Avevi una vita, un lavoro, un amore, una casa,

    ma si è spezzato tutto come una lama taglia una rosa.

    Cu’ cheste parole accumincia ‘a canzone ‘e Federico* dedicata ‘a tragedia crudele di un amico.

    Songhe parole vere, crude e senza velo

    che si rifliette, te fanno avizà ‘u sguardo ‘o cielo.

    Purtroppo ‘e ‘stu paese è ‘a cruda verità e cu’ ‘sti ccose stammo all'avanguardia da società.

    Pe’ mmieze a nuje serpeggia egoismo e cattiveria

    e cu’ ‘sti problemi arricchimme ‘a miseria.

    Chistu paese che nun vvò truvà l'ammore è destinato a vivere ‘a cultura du terrore.

    Speramme che ‘a generazione del duemila n'avesse fa pur'essa ‘sta squallida trafila.

    Novembre 1999

    * Figlio dell’autore

  • 67

    ‘O malcuntento

    Ce stanne malcuntenti contro ‘o sinneco da’ Svolta

    è ‘nu gruppo ‘e minoranza e nu poco ‘e maggiuranza

    sembra strana chesta cosa ma ‘a politica è stravolta

    sempe ‘a cerchio ‘a parluttà ‘a prutesta sempe avanza.

    Songhe cose stupidelle ca’ co’ tiempo fanne male

    sott’’o fuoco si se sciosce prima o poi fà ‘a lampata

    cunsiglieri ‘a pierdetiempo nun ce servono, è normale,

    là ce vonne gente attiva nòn chi passa ‘a matinata.

    Quacche incarico sbagliato certo pure è stato dato,

    ma ce dico a ‘stu gruppetto ‘e agì speditamente

    si quaccosa nun ce quadra le levassero ‘o mandato,

    ‘o facessero al più presto ma ‘u tutto legalmente.

    Si se stà pe’ mmiez’’a via ‘a sparlà pe’ juorne e mise

    senza agì speditamente, ma che prove dint’’e mmane,

    e nun s’esce allo scoperto, se fa ‘o mmale ‘e Razzanise

    attaccate si è overo e facitelo cadè, ‘o si nò levate mane.

    Ottobre 2001

  • 68

    ‘U parlà bene

    Mia moglie ‘a ditte sempe ." parla bene, tu nun' me pare maje ‘nu prufessore..."

    però so stato sempe uno perbene, e maje me sò sentuto ‘nu dottore.

    So stato sempe appriesse ‘a ‘nu pallone e ‘nzieme a me è sciurute ‘a giuventù, me so pigliato ‘e meglio suddisfazione, facenne sempe quacche ccosa ‘e cchiù.

    ‘U parlà bene serve poco o niente, si ‘e giuvene nun ce saje dà ‘u ttu, serve sultante a ‘mpapucchià ‘a gente mentre into munno s’addà dà ‘e cchiù.

    Dicembre 1998

  • 69

  • 70

    ‘U puitiello1

    Oggi haggiu visto l’ultimo puitiello;

    ‘e quatte si rimmasto sule tu.

    vicino ‘a casa ‘e Feluccio Mattiello

    pe testimonià ‘o tiempo che nun torna cchiù.

    ‘A gguardia du passato staje ‘e picchetto

    e poco cchù luntane sta ‘a funtane.

    Staje llà comme ‘a ‘nu monumento

    i cinque posti comme so’ luntane.

    E comme sò luntane chilli tiempi,

    quanne se pazziava ‘e cinque posti.

    E’ vvero! Chille erano brutti tiempi,

    però nun ce stevano manco i brutti posti.

    Dicembre 1999

    1Quattro piccoli poggi a un incrocio ritornano alla mente dell’autore come un luogo nel quale ci si

    incontrava con i coetanei per giocare e intrattenersi. Il posto era nei pressi della Chiesa di

    Montevergine, nell’attuale Piazza del Monumento o piazza Diaz. E’ lì che si trascorrevano intere

    giornate, a giocare semplicemente e ad intrattenersi. Tra i giochi cui i ragazzi davano vita vi era

    quello dei “cinque posti” in cui uno di essi tentava di conquistare un poggio mentre gli altri quattro

    scambiavano di posto. Grande la valenza evocativa riposta nei versi e il ricordo dei tempi, sebbene

    non fossero tra i più felici per la dilagante povertà, seguente alla guerra, nei quali non v’erano

    “brutti posti”.

  • 71

  • 72

    SAGGEZZA E SENTIMENTO

  • 73

    ‘A delusione

    Stavota è troppo forte ‘a delusione che ‘a capa se n’è juta in confusione.

    Me giro attuorno, stongo comme ‘o scemo tanto che manco ‘a morte cchiù ce temo.

    Stavota nce perduto proprio ‘a faccia

    si gghiuto sanu sanu sotto ‘a feccia.

  • 74

    ‘A facciata

    Che bella facciata che nuje ce tenimme pe chi ce vede pure invidia ce n'avimme,

    ma sulo ‘o Pataterno ‘o po’ sapè chello che ce sta chiuso dint’’a mè.

    Parlanne che gente è tutto troppe bello pò quanne staje ‘o stritto è ‘nu sfraciello,

    e comme passene ‘e juorne e i misi sane senza che tte n'accuorge pe’ semmane.

    Senza parlà e maje avè ‘nu sguarde pecchè ‘e ccose vere nunn’’e guarde.

    E quanta sofferenza dint’ ‘a chesta stanza

    che me ce vene ‘u schiattamiento ‘e panza.

    Nisciuno sape niente, è tutto belle, pure si ‘e vvote ce rimitte ‘a pelle.

    Ma comme è bello ‘stu palazzo argiente

    pa gente che ce vede ma nun sape niente!...

  • 75

    A felicità

    E mmò me sente comme ‘a ‘nu Rre, e mmò nisciune è chiù felice ‘e me.

    Chistu mumento tanto aggiu sperato, e doppe tantu tiempo è arrivato.

    Voglio cantà, voglio abballà,

    pe ciente juorne ancora festeggià.

    Ancora ‘nsaccio dicere che provo doppe tant'anne che ‘a murì stevo.

    Spero sultanto che chesto dure

    si nò ca capa sbatto ‘nfaccia ‘o mure.

  • 76

    ‘A miseria umana

    Mo’ s’è chiuso pure chistatu filone

    chesta è l’ultima prova che ce faccio

    me sento vuoto comm’’a ‘nu bidone

    ispezionato ‘a fondo da ‘nu setaccio.

    ‘A dinto tengo sule ‘nu gran vuoto

    pensanne ‘a chesta vita tutta strana,

    me sento comm’’a ‘nu pallone sgunfiato

    quanne m’accorgo da’ miseria umana.

  • 77

    ‘A morte

    ‘A morte ‘mpruvvisamente vène

    manco luntanamente nce se penza,

    te s’agghiacciasse ‘o sango dint’‘e vvéne

    si tu sapisse ll’ora da partenza.

  • 78

    ‘A palma ipocrita

    ‘A dummenica de’ Palme è ‘na farsata,

    è fatta tutta quanta ‘e ipocrisia,

    mille surrise ‘a vocca spalancata

    ‘a Palma nce se scagna mmieze ‘a via.

    Ma tutto chesto sule cu’ l’amico,

    t’abbracce te ce vase e sò carezze,

    ma comme vide chillo ch’è nnemico

    tu gire e spalle e chesto fa ribbrezze.

  • 79

    ‘A paranoia

    Voglio assettarme a rete ‘a scrivania voglio girà ‘o munno ca’ fantasia.

    ‘O voglio sezionà a fette a fette senz’avè bisogne ‘e l'Internet.

    ‘O voglio guardà cu l'uocchio dell'ammore

    e putè fa bene ‘a ll'ate cu’ tutt’ ‘o core.

    Chistu viaggio me dà tanta gioia che int’’a ‘na bbotta me passa ‘a paranoia!

  • 80

    ‘A poesia

    Ma che è ‘a poesia ? Sensazione ‘e melodia,

    ammore arravugliate dint’’a sentimiento,

    parole che s’inseguone dint’’a ‘sta memoria,

    gliuommero ‘e pensieri che creano turmiento.

    Pe’ mmiezo a chesti ccose te nasce ‘a poesia,

    attimi che acchiappe pe’ dint’’a chesta mente

    che ce rifliette ‘a còppe cu’ tanta fantasia,

    pare che dice tutto ma po’ nun dice niente.

  • 81

    ‘A ragiona

    Porte sfunnate, macchine sfasciate,

    finestre rotte, vetri sfrantummati.

    ‘A vita riserva sempe ‘sti mazzate,

    si ‘nze ragiona chisti so i risultati.

    Ma che te ‘ncazze a ffà,

    tanto nnu cagna niente.

    ‘Cu chi t’’a vuò piglià

    si nun ragiona ‘a mente.

  • 82

    ‘A salute

    Che bella cosa è essere pezzente

    senza tenè problemi dint’’a mente.

    Basta tenè i sordi pè campà senza bisogno maje ‘e arrubbà.

    ‘Sta smania de’ dinare nun me piace, pecchè pe sempe ce se perde ‘a pace.

    ‘A vita è bella sule ‘ca salute,

    che quanne tiene chella tiene tutte.

    E comme nce diceve ‘o detto antico:.. " basta nu tuozzo ‘e pane e nu muojo ‘e frisco!."

  • 83

    Bonasera

    Bonasera!.. Bonasera a tutti quanti vuje, comme vulesse stà ‘nu poco assieme a vuje!

    Senza tenè pa’ capa ‘sti pensieri,

    senza suffrì pur'oggi comme a ieri.

    Vulesse stà ‘nu poco rilassato scurdanneme ‘nu poco do’ passato,

    assapurà ‘a gioia ‘e chesta vita cu’ tutta ‘a mia famiglia riunita.

  • 84

    Comme ‘a n’auciello

    Comme ‘a n'auciello vulesse vulà, vulesse girà pe mare e pe muntagne;

    ncòpp’’a ‘na frasca me vulesse appusà, sentì ‘e suspiri e pure ‘e lagne

    da gente ‘e stu munno che nun se ferme maje;

    vulesse girà pe’ mare cielo e terra, nun me vulesse arrupusane maje

    pe me gudè ‘sta vita bella ncòpp’’a terra.

    Sentì ‘e fesserie de ‘nnammurate che ammore se prumettono in eterno,

    e pò vedè che vanno ‘nsieme all'ate ‘a faccia de prumesse dell' eterno.

    Me vulesse addivertire veramente, si n'auciello putesse addiventare;

    passanno ‘da pianta ‘a pianta allegramente dicenne a tutt’’a gente: " V’’ate amare ! "

  • 85

    Damme ‘e sorde

    E cchillo se ne vene!.. Damme ‘e sorde, ‘nu sape che ‘a ‘sta recchia simme surde..

    Ie te putevo dà ‘na bbona mana ma tu vulivi sulamente ‘a luna.

    Se vede che i cunti nunn’i saje fà, si no nun ce venivi a parte ‘e ccà.

    Si ognuno dint’’a cervella ‘e nate

    riuscesse a penetrà dint’’e nuttate,

    veresse ‘nu cerviello arruventate pe’ fa quadrà ‘e ccose sistemate.

  • 86

    Dint’’o pensiero

    Si ognuno dint’’a cervella ‘e nato

    riuscesse a ce trasì pe nu mumento,

    ‘n'infarto le venesse sull'istante,

    scuprenne che le passe dint’’a mente.

    E' meglio lassà ‘e ccose comme stanno,

    si ancora vulimme campà corcat'anno;

    .

    pecchè si s'arrivasse ‘a leggere int’’a capa,

    ogni persona ‘a ll'ate cià tagliasse ‘a capa.

  • 87

    ‘E capa soja

    je penso ad alta voce e me dispero

    ‘e nummere ce dongo natu poco.

    Ie parlo sule, ma sempe ce spero

    che chillo se convince ‘a poco ‘a poco!...

    Si pò fà sempe ‘e capa soja

    che ce sbattesse pure contro ‘o scoglio.

    Isso è padrone da vita soja,

    lassasse vivere ‘a mia comme voglio

  • 88

    ‘E genitori

    Me porto dinto all’animo ‘o rammarico

    ‘e. maje cucculà i genitori in vita,

    ‘o ddico sule a tte mio caro amico

    fallo tu che ancora ‘e ttiene in vita.

    Quann’era ‘o tiempo,’sti ccose nné pensavo,

    invece de vasà le prucuravo pene,

    e mmaje ‘nu poco me ce suffermavo

    pe ddicere ‘na vota “ Ve voglio bbene. “

    Pure che internamente mmo sentevo

    nunn’haggiu fatto mai sfacciatamente,

    sempe internamente mmo tenevo

    senza maje abbracciarli fortemente.

  • 89

    ‘E stelle

    Guard’‘e stelle dint’‘a notte

    quant’è gruoss’’o firmamento,

    ‘stu pensiero fa mille rotte

    nun se ferma ‘nu mumento.

    Chesta mente pensa a tutto,

    mentre guarda ‘a naso in su,

    po se perde appriesso ‘o tutto

    e nun s’arraccapezza chiù.

  • 90

    Guardanne ‘o mare

    Guardanne ‘o mare che nun se ferma maje me pare ‘a capa mia chiena ‘e guaje.

    L'onda do mare s'allonga ‘ncòpp’‘a sabbia ie cu’ ‘sta capa ogni mumento smania.

    L'onda do mare co’ riflusso fruscia

    comm’‘o pensiero che int’’a mente scioscia.

    E comme ‘o pescatore into mare pesca ‘o pesce pescanne dint’ ‘o pensiero ‘a vita mia cresce.

  • 91

    L’attesa da’ nascita

    Sò attimi d’attese

    sò attimi ‘e speranza,

    mumente ‘a sciàto appise

    cunturcimiente ‘e panza.

    L’attesa ‘e ‘stu mumente

    fa vivere ‘o passato,

    scunvolge tutt’’a mente!..

    ‘U future è già arrivato.

  • 92

    L’attimo

    Vivi l’attimo fuggente

    ‘o presente è già passato

    resta sule dint’’a mente

    ma nunn’è maje turnato.

    ‘O ricorde è permanente

    ‘e chist’attimo vissuto

    è state buono ‘o malamente

    nunn’è maje tutte perduto.

  • 93

    Ma ommo!…

    Ma ommo,‘o ssaje chi è ? Chi tene ‘e palle; no certamente tu, che nun tiene orgoglio,

    a cierte ccose tu ce fatte ‘o calle, ‘e palle ttoje mo' so sule coglie.

    Nun t'è rimasto manco ‘a dignità, di onestà nun’ parlamme proprio; si stato sulo bbuono ‘a sottostà

    senza capì ‘nu cazzo, Santu Ddio!

  • 94

    ‘Na nennella

    Fernimmela ‘na vota, ma pe’ ssempe: sta storia nun me piace ‘a troppe tiempe!

    Ie t'aggiu ditte sempe nunn è ccosa,

    ma tu testardamente nce vaje a casa!.

    Tenive ‘na nennella, ha chiante tante annascunnuta aréte a cchelli piante.

    Tu chella sera aje preferite ‘a n’ata

    che i chiante ‘a fatte fà nun sule all'ata,

    mò ‘e ccose sò cagnate: ‘o tiempe è triste, mo mittete int’’e mmane ‘e Gesù Cristo.

  • 95

    Nisciuno te pensa

    Può parlà, può alluccà,

    ce può pure contestà!..

    ‘E quaccuno.. viene a ccà,

    te fà pure protestà.

    Tanto ‘a storia nun se cagne,

    gira e vota è sempe ‘a stessa.

    Comm’‘a giri e comm’‘a cagne,

    ‘a pagà sò ssempe ‘e fessi.

  • 96

    Nunn’ammurbà

    Si ‘o core chiagne, ‘a vocca falla ridere nunn'ammurbà ‘a gente che stà attuorno. ‘Nu ponno ‘o dulore tuoje fà scumparire perciò tu è inutile che ddaje catuorno.

    Si tiene ‘nu dulore è sulo ‘o tuoje

    ‘a gente attuorno a tte aggrogne ‘e spalle. Chello che ttiene ‘a dinte tu sule ‘o ssaje è inutile che ce pubbliche ‘o giurnale.

  • 97

    Obbedienza

    Quanne ta’ liegge chesta poesia e quacche vota vaje a tirà ‘o cunto, t’accuorge quante soffre l’anima mia

    quanne tu dice fa chesto e chello, punto.

    Ie te distruggo parola mia d’onore,punto! Chisto è l'ammore tuoje mai gentilezza,

    ‘a vita assieme a te è obbedienza, punto! Maje ‘na parola dolce ,sule rozzezza.

    Il grande amore oppure ti denuncio

    ‘a tipo zero sette cu’ tante forzature ie spero che fernesse cu’ st'annuncio

    si nò ‘sta capa ‘a sbatto contro ‘o mure

  • 98

    ‘O pensiero

    ‘Ncòpp’’a rena guardo ‘o mare

    ‘stu pensiero s’alluntane,

    pò ritorna quanne pare

    ‘ncòpp’‘a riva ce se spanne.

    Pò ritorna in alto mare

    se trastulla ‘ncòppe all’onna,

    fino a che riesce a stare

    senza maje pensà a ‘na donna.

    Comme chesta se fà strada

    ‘nfunno ‘o mare lu ricaccia,

    llà se ’ncontra ‘o pesce spada

    buca ‘o core e po ‘o straccia.

  • 99

    ‘O percorso

    Quanne staje sule ce avissa pensà

    ‘o percorso ch’‘e fatto int’’a vita,

    quanta cose ce vulisse cagnà

    ma ormaje l’occasione è svanita.

    I segreti ti puorte dint’’o core

    ogni ccosa sta chiusa cu’ ttè,

    la ce stanno gioia e dolore

    a che serve parlarne e pecchè?

  • 100

    ‘O sconforto

    ‘Addò t'addà venì ‘e fà quaccòsa,

    si dinte ‘o core tiene ‘nu dulore.

    ‘A vita me pareva tutta rosa,

    e invece tanta vote ce se more.

  • 101

    ‘O suonno

    Maronna mia, si fosse sempe ovère, si nun ‘ce turnasse cchiù, che piacere!..

    Ie tenghe ‘na paura ‘e me scetà ‘a chistu bellu suonno che stò ‘a ffà.

    Ce tremme tuttu quanto ‘ca paura ‘e me truvà ancora ‘a vocca amara.

    Mo c'haggiu assapurato chestu ddoce,

    doppo tant'anne ‘e purtamiente ‘e Croce,

    ie ce ringrazio tutti i Santi ‘ncielo che a ‘nanze all'uocchie s’è levate ‘o velo.

  • 102

    Pare mill’anne

    Pare mill'anne che passe chist'anne!. ‘o ssiente sempe ‘e dicere ‘a tant'anne.

    ‘O ddice ‘o viecchio e ‘u giovane ‘a troppo tiempo, po’ quanne arriva ‘o juorno nun c'è cchiù tiempo.

    Pare mill'anne che passe chist'anno!. ‘o ddice pure chi tene ‘nu malanno.

    ‘Sta cantilena dura ‘a tantu tiempo,

    che a vote pare che s'è fermate’o tiempo.

    E dicenne sempe cheste pe’ tant'anne, dicenne sempe che pare mill'anne,

    ‘ammu fernuto ‘n’atu calendario

    che s’è purtato appriésso n'anno millenario...

  • 103

    Parole d’ammore

    Ponn'essere belle,ponn'essere brutte,

    si ‘e ssiente ‘cu core, si pienze che vonne

    so’ sempe parole che danno ‘nu frutto

    si 'acciette c'amore, aiuto e conforto sicuro te danne.

    So’ tutti suspiri ammiscati a cunsigli,

    assieme a parole che toccane ‘u core,

    che ‘nu genitore pò bbene de figli,

    s'abbraccia ‘na croce cu tutto l'ammore

  • 104

    Pecchè chesto

    Ritirate ‘nu poco cu’ te stesso, guardate ‘a dinte cu’ serenità, tutti chist'anni passati cu’ essa nunn’’e avute maje felicità...

    E si te s'addimmanne: ”pecchè chesto?"

    Tu subbito rispunne è colpa ‘e l'ate!... Essa te dice sempe cu’ mme resta

    si nò io nce more suicidata.

    ‘O saccio, ie so sicuro, nun me sbaglio, tu si ‘nu fauzone cu’ te stesso,

    tu tanta vote pienze ch’e fatto ‘u sbaglio, però te si fissato sule cu’ essa.

    Siccome si guaglione chine ‘e core

    ce tuorne sempe sule ‘pe pietà, quanno te dice: "Ie mò , ce more.."

    ca’ lacrima ‘a cumanne te se fa!...

  • 105

    Sacrifici

    je l'aggiu dato istruzione e posizione, facenne sacrifici ‘a còppe ‘a pelle, in cambio aggiu avuto delusione

    e mò me guardo ‘ncielo tutte ‘e stelle...

    ‘A vote me ce vene forte ‘a nustalgia e ce turnà ‘arète e nun fa cchiù niente,

    pecchè si po' me piglia ‘a pucundria me sento scuraggiato e perdo ‘a mente.

  • 106

    Si chiude ll’uocchje

    Si chiude ll'uocchje veco tanta cose

    cu’ ll'uocchje apierti ie nun veco niente.

    Si ‘e tengo chiusi chiaro songo ‘e ccose

    si ‘e tengo apierti vanno comme ‘o viento.

    Si chiude ll'uocchje veco ‘o munno sano,

    riesco ‘a penetrà dint’’o profondo.

    Ce veco tutta ‘a gente che ce stanno

    ncòpp’’a ‘stu pizzo ‘e munno ‘ca è rotondo.

    E gira e gira e nun se ferma maje,

    ce vaco co’ pensiero ‘ncapa ‘a gente,

    che pensa ‘a vita e nun s'arrenne maje

    luttanne contro ‘o munno allegramente.

  • 107

    Sto’ sule

    Mò so rimasto sulo comm’’a ‘nu turzo,

    si nun me stongo attiento m’arravoglio.

    Co’ tiempo esco sicuramente pazzo

    e chesto è ‘a cosa che cchiù nun voglio.

    Se songo alluntanati tutti quanti

    pecchè songo arrivato ‘ncopp’’a feccia.

    Primme era ‘a prucessione ‘e Santi

    mò invece chiù cu’ nisciuno se ‘ntreccia.

  • 108

    Te ringrazio

    Si n'esistisse tu comme facesse:

    t'avessame ‘nventà ca’ fantasia.

    Ie senza ‘e te sperduto me sentesse,

    comme a ‘nu cane sule mmieze ‘a via.

    Ie te ringrazio pa’ forza che me daje,

    pe’ tirà ‘nnanze e affruntà ‘e ccose.

    Chello che provo ie tu nunn’’o ssaje,

    ‘a quanne nce staje tu so tutte rose.

  • 109

    ‘U consulente

    Me ce vò ‘nu consulente tutto sule nun saccio fà,

    nce vò uno che me sente mentre cerco ‘e orchestrà.

    Chi se pensa che sule isse sape fà da sule ‘e ccose,

    certamente tene ‘e fisse e se tira sule ‘e ppose.

    ‘Nu cunsiglio è sempe buone,

    specialmente si ‘to dà, quacche amico cu’ passione

    che maje chiede e sule dà.

  • 110

    IRONIA E SATIRA

  • 111

    ‘A vocca è ‘nu strumento

    ‘A vocca è ‘nu strumento

    che tutte i canti fà,

    ‘o te dà tanta turmiento

    ‘o te fa addicreà.

    Nce può avè ‘nu favo‘e miele

    si te vonne strunzià,

    ‘o si nò ‘nu sacco ‘e fiele

    si te vonne arravuglià.

  • 112

    ‘A fata

    Dint’’a sera guarde ‘e stelle, tu ce pienze sule ‘a chelle.

    Te pareva ‘na pupata

    era bella comm’’a fata.

    Quanne po’ t’’arretenate int’’a ‘na botta s'è cagnate.

    Nunn'è cchiù ‘a bella fata,

    mo ‘na strega è addiventata...

  • 113

    ‘A femmena mbastucchiata

    Quant'è brutta ‘a femmena mbastucchiata: se pitta co’ penniello e c’‘a matita;

    ‘a faccia ‘a tene chiena ‘e na pumata; ‘o smalto nce se mette ‘ncòpp’’e ddita.

    E tutto chesto pe ffa fesse a nnuje!

    Poveri scieme, carimme dint’’o trucco! Dint’’a rete ce carimme a dduje a dduje

    e quann'esce ‘a vera faccia stamme ‘e stucco!

  • 114

    ‘A femmena

    Pe dint’’a capa tene tante ccose tu guaje si vai ‘a dicere quaccòsa

    Tu te sta zitto e maje può parlà

    pecchè tu parle ma ‘a deciso già.

    ‘A femmena è fetente, che ne saje, è bbone sule a ffa passà i guaje!...

    ‘A primma fesseria che tu ‘e fatto

    è stato ‘e ce cadè ‘o primmo impatto.

    Comm'era bella e cara, che pupata, ma scesa dall’altare è già cagnata!..

    Da casa è ‘a regina e ‘a principessa

    ma ogni quanne vò, te ce fa fesso!...

  • 115

    ‘A fenestrella

    Fenestrella ’affaccia ‘a via quanta cose può cuntà!

    Si ce stesse ‘na bucia nun putesse assai durà.

    Tu staje sempe ‘e sentinella notte e juorno ‘a osservà,

    che succede dint’’a stradella e maje niente faje scappà!…

    Guarda a chisto, guarda a chillo po ce appizze pure ‘e rrecchie,

    e si ‘a bella vasa ‘o bellillo tu strumbazze comme ‘e ppecchie.

  • 116

    ‘A ‘mbambulata

    ‘A ‘mbambulata è bella comm’’a fata pa’ fà cadè nce basta ‘na guardata,

    se guard’attuorno pare ‘na mbranata, quanno le parle risponne ‘ca risata.

    Pe ‘ncòppa ‘e sciure chella ce sfarfalla,

    e comm’è bella chella pupatella pe chi ‘a vede le pare santarella,

    senza sapè che è tutta pagliaccella!...

  • 117

    ‘A pernacchia

    Chiù ‘e ddoje ore ‘a mezanotte siente ‘o squillo, chi sarà ?

    ‘Na pernacchia dint’’a notte nun te pò fa arrupusà.

    Chi sarà! Saranne amici

    che se vonno sfizià, si ce pienze fino ‘e dieci ‘na risposta nun ce stà.

    Addimmanne ‘o jorne appriesse

    ‘nè Pascà, si stato tu? Accussì vai sempe appriesse,

    è stato isso o pure tu?

    Sarà chisto, sarà chillo, sarà stato nu merdillo, sarà stato nu strunzillo,

    certamente è nu cachillo!

  • 118

    ‘A rota ‘e scorta

    ‘O sango tuoje è addiventato acqua

    ormaje è liquido senza chiù sustanza,

    chi sentimenti tuoje chella se sciacqua

    si n’ommo pèrzo senza chiù speranza.

    ‘O sango che tenive è scumparuto

    ‘nun c’è rimasto manco chiù ‘o culore,

    mò che staje confuso e ‘nzallanuto

    si arridotto ‘a n’ommo senza onore.

    Te tene dinte ‘a morza dell’attesa,

    e mentre che’ prumesse te se porta

    ‘cu dduje ‘nnammuràti se fa ‘a spesa

    e tu si addiventato ‘a rota ‘e scorta.

  • 119

    ‘A vacanza

    Si nun ce staje ca’ capa

    che vaje a ffa in vacanza ?

    Quanno staje bbuono ‘e capa

    può sta pure ‘int’ ‘a stanza.

    Pure si vaje alle Hawai

    nun serve proprio a niente,

    che si ce stanne ‘e guai

    maje s’arreposa ‘a mente.

  • 120

    Comme vene

    Piglia ‘a vita comme vene

    ‘nte fissà ‘ncòpp’‘e problemi,

    soffre pure chi te vò bbene

    si le crije chisti patémi.

    Statte calmo nun suffrì

    ‘o sinò ce mitte ‘e penne;

    chesta vita và ‘accussì

    o suppuorte ‘o pagh’’e pene.

    Ogni ccosa vene ‘o tiempo

    ‘e sapè sule aspettà;

    S’impotente e pierde tiempo

    tu ‘e voglia a spreggiurà!!

  • 121

    Cu’ l’uòcchi

    Si putesse sparàne cu’ l’uòcchi

    quante palle vulesse menà,

    ‘e menasse ‘nte palle ‘e l’uòcchi

    ‘a chi sempe ma fatte penà.

    Cu’ pensiero e ca’ forza da mente

    ‘o bersaglio nun putesse mancà,

    tutte ‘e ccose che venene ‘a mente

    nun mme fanno pe’ niente esità.

  • 122

    ‘E fregature

    ‘A primma fesseria ‘e chesta vita,

    ie si tò ddico certo nun me cride,

    è chelle ‘e te spusà ca fede ‘o dite

    pure si chillu juorne sempe ride.

    Te pare c’haje acchiappate ‘o ciele mmane

    tuttu cuntiente si gghiuto sull'altare,

    senza sapè che ‘e firmato ‘na cundanne

    ‘e sta sempe suggetto a tutte ll'ore.

    A siconda fesseria ‘e chesta vita,

    è chella ‘e costrui' ‘na casa ‘a sola,

    stai sempe ‘a faticà pe tutta ‘a vita

    e t'arriduce chi buchi dint’’a sòla.

    Pe tutta ‘a vita tu le ricercate

    pa' fine t'addimmanne: .."ma a che vale? "...

    e mò che cheste ccose le truvate

    staje comme a chi ‘a firmate ‘na cambiale.

  • 123

    Fio Fisso

    Fio Fisso fessu fesse se futtette tutt'allesse,

    po guardava int’’o pignate pe’ truvarne ancora ll'ate,

    ‘a dint'’a pentule du lardo se futtutte ‘lu mallardo.

    Se dicette pa’ campagna Fio Fisso ‘ve se magne!..

    Fio Fisso che era ‘u fesso

    chianu chianu ve fa fesso.

    ’E Fio Fisso ncòpp’‘o munno ce ne stanne ‘nu zuffunno

    e si nun ve state attiente ve se fottene int’’a niente

  • 124

    I giurnalisti

    Ancora n'aggiu letto n'articule pungente, so tutti adulatori e buoni ‘a ‘ncurnicià,

    e pure tanta cose ce passano pa' mente ca ‘e putesse scrivere pè ffà sollecità.

    Ma cheste nu’ conviene si no ce vaje contro

    invece è meglio ‘a stà da parte ‘e chi sta ncòppe, e nun ce ‘mporte manco che ‘a vutate contro,

    tanto so tutte cose che ‘e dice sempe doppe...

    Invece a me piacesse n'articulo pungente che ‘a verità dicesse si s'addà merità,

    ma si invece no, s'addà tenè ‘a mente, e l'articolo che avuto ‘e corz' addà straccià!

  • 125

    I Parrucchiani

    Cu’ chesta poesia me voglio divertì, vedimme si Quaccune ce sape intervenì!..

    I Parrucchiani ‘e cierti paisi, chille assettate ‘ncòpp’ ‘e scanne,

    si mo se fanno ‘a risa, quanno moreno ce se dannene.

    L'offerta è volontaria, semp’‘a còpp’‘o tariffario: battesimo e comunione, cresima e matrimonio;

    vicino ‘a sacrestia, in bell'esposizione,

    sta scritto quanto paghe, cu tanta devozione.

    L'offerta speciale è sule pe’ defunti, ce pensano i parienti ‘a fà quadrà i cunti.

    Si po dint’’a busta è poco , te piglie ‘na partaccia e niente se ne fregano che ce se perde ‘a faccia

    Esimio Quaccune, si ‘o Sacramento sadda' rà,

    addò sta scritto che sadd’à paga?

    Cari zì Parrucchiani, quanno jate all'Aldilà, pe trasì int’’o Paraviso ‘u tariffario nun ce stà!

    Tutt' i soldi fatti cca, ‘a llà nun se ponno usà,

    ‘a busta ‘a purtà llà, è sulo amore e carità!...

  • 126

    L’appuzzuttata

    Me sò fatto ‘na guagliona

    songhe proprio affurtunato,

    tutti dicene ch’è bbòna

    me sò proprio già scucciato

    Quanne ‘a guardo da vicino

    quacche cosa nun me quadra,

    forse stò mbriacato ‘e vino

    ma quaccosa è fuori squadra.

    Tène ‘o labbro tutt’abbuttato

    sott’’o seno ‘sta ‘nu taglio,

    guardo ‘o naso è addirizzato

    tène l’uocchi a spicchio‘e aglio.

    Chiù ‘nna voglio ‘sta guagliona

    comme a me è capitata,

    sa’ pigliassero ‘sta bbòna

    chesta è tutta appuzzuttata.

  • 127

    Male e bbene

    Male e bbene da’ femmena vene!

    Maje detto fu tantu azzeccato,

    chi tò ricorda è pecchè te vò bene

    tienele ‘a mmente e si mieze salvato.

    Chella è strisciante comme ’o serpente

    comme all’aquila è ‘na rapace,

    se fa credere quanne te mente

    te votte ‘a mmare si nun vò pace.

  • 128

    Mo nun sierve cchiù

    Pover’ommo, nel senso ‘e povero uomo,

    ce si carute ‘a dinto tomo tomo.

    E mmo te suppurtà pure ‘a lagnanza,

    che pe te è tutto schiattamiento ‘e panza.

    Quann'era ‘o tiempo che le facive comodo,

    te se trattava bbene e ssempe ‘a mmodo.

    Mo che nun sierve chiù te dà disprezzo,

    si addiventato uno senza prezzo.

    Te siente e dicere ogn'ora e ogni mumento,

    in modo che le tenè bbuono a mmente..

    Ma che ce staje a ffà ncòpp’à ‘sta terra,

    sierve sultanto ‘a spurcà ppe terra.

  • 129

    Nunn’è tutt’oro

    Nun'è tutt'oro chelle che lluce, ‘e vvote nun me pare manco ottone.

    Guardanne meglio sotto ‘o raggio ‘e luce t'accuorge che ‘e pigliato ‘nu bidone.

    Tu te pensave ...mo tengo ‘o munno mmano...

    pe paricchi anni ‘e fatto ‘o scendiletto, mo te si accorto che è stato tutto vano,

    chella nunn’è bbona manco dint’’o lietto.

  • 130

    ‘O Spitàle

    ‘Sti Spitàli fanno schifo

    è ‘na cosa vergognosa,

    ‘o problema nunn’è ‘o tifo

    ma ‘a gente che ‘stà ‘nascusa.

    Quanno arriva ‘nu malato

    stanno sempe cchiù ‘e trè,

    comme maje fosse arrivato

    se cuntinua ‘a ffà ‘u cafè.

    ‘O ‘nfermiero fa ‘o dottore

    ‘nze capisce proprio niente,

    ‘u dottore ‘o bbarrelliere

    ‘u parente è ‘u mmalamente.

    Ce stà troppa cunfusione

    è ‘na barca alla deriva,

    ce vulesse ‘u mazziatone

    pi purtà ‘nu poco ‘a riva.

  • 131

    ‘O cellulare

    Te si fatto ‘o cellulare mò me pare ‘nu giullare.

    Mentre parle vaje a spasso

    ma ‘o nervoso nun te passa.

    Quanno chiamme pare n'omme ma risponne ‘a Telecomme.

    ‘O cliente che ttu vuò

    ce pruvane chiùmma’ mò.

    E po chiamme ‘nata vota e si risponne chesta vota,

    ‘nnanze e arète vaje a spasso

    ‘e ‘o scatto fuje e passa.

    Già tre schede e cunsumate ‘pe parlà ‘ca ‘nnammurata.

    Quann’è ‘a fine de parlate

    po t’accuorge che vò ‘a nate.

  • 132

    ‘O lotto

    Sò sule mazzate, nun pigli maje niente nce vai ‘a jucà e pierde cuntiente.

    Ddoje vote ‘a semmana me parene troppo ‘e botte so assaje e vvene l'intoppo!..

    Nce resta sultanto ‘a speranza ‘e ‘nu terno ma cheste so ccose che aspiette in eterno.

  • 133

    ‘O purucchiuso

    ‘Nu purucchiuso tirchio e chino ‘e sorde ‘na notte se scetaje ‘a dinte ‘o suonno

    verenne int’’a penombra appeso ‘e corde nu sacco gonfio e tunno comme ‘o munno.

    Zumpave ncòppo ‘o lietto spaventato

    leggenne ‘a scritta che ce steve ncòppe, tutti i sorde tuoje mme sò pigliato

    ‘stu sacco mo te lasso chino ‘e toppe.

    ‘Nu zumpo ce facette chiù ‘e tre metri tutti i cassetti attuorno arruvutave,

    cu l'uocchi apierti chine ‘e tanta spettri dinto ‘e cassetti niente cchiù truvave.

    E quanno rinvenette du’ spavento, ‘na voce le dicette; ‘nnu fa niente,

    vicino a isso steve ‘u cchiù pezzente e mmano ce teneve pane e niente.

  • 134

    ‘O specchio

    ‘O spirito rimane sempe giovane

    l’involucro se fa sempe cchiù viecchio,

    te passeno pe cuollo ‘e corza l’anne

    e sì rimasto senza cchiù ‘o cupierchio.

    Te si curvato ‘ncoppe ‘a ‘nu bastone

    e cirche aiuto ‘a vocca e ‘a fantasia,

    pe tte sentì ancora ‘nu guaglione

    ma ‘o specchio te fa passà ‘a frenesia.

  • 135

    Ogni capa ‘nu tribunale.

    Addò stanne cchiù persone

    nun ce sponta maje juorno,

    tutti quanti hanne ragione

    e se fanne ‘o llargo attuorne.

    Ogni capa è ‘nu tribunale

    può parlà fino a dimane

    sule ‘o ssuoje sempe vale

    tutt’’o rieste è fissazione.

    Chi ‘a vò cotta e chi ‘a vò crude

    tu aje voglia ‘e sbrevesià

    nun’ ‘e mitte maje d’accorde

    stanne sempe a sentenzià.

  • 136

    S. Valentino

    ‘O quattordice ‘e febbraio è S. Valentino,

    tu vaje a festeggià ca’ ‘nnammurata,

    è meglio che te faje ‘nu fiasco ‘e vino

    si vuò passà tranquillo ‘sta jurnata.

    Febbraio è ‘u mese de’ ‘nnammurate,

    tantu tiempe fa ‘e chisti juorni

    purtaveme a tutt’’e donne ‘e serenate

    senza però piglià tutti ‘sti cuorni.

    Mò cu’ ‘stu lasse e piglia forsennato

    me pare ‘na partita ‘e ping pong,

    si stato a malapena presentato

    e chella già se chiede: mò ci ‘a dong ?..

  • 137

    Se ne strafotte

    Chillo magna, beve, dorme e fotte, ‘e chello che le gira attuorno se ne strafotte.

    Stà ‘a casa affitto, nun paga manco l'ICI

    e tutto ‘o jorno va giranne in bici.

    Annanze ‘o bar stà assettate sempe però sinceramente nun te rompe...

  • 138

    Fosse!

    Si fosse..! Ma si nun fosse! E si po fosse, e si po nun fosse!

    E si avère fosse chi sà comme fosse! E si proprio fosse, a me pare che fosse!

    Ma è maje pussibile essere accussì fesso! E chisto avère è fesso, chisto è proprio cesso!

    Chistu nun è chiù ‘o stesso, chisto ‘a perze l’Esso. * Giochi di parole dell’autore che vuole dare forma geometrica ai suoi versi.

  • 139

    Sorde e salute

    Ca’ salute se fanne ‘e sorde

    chi sorde nun se fa ‘a salute.

    ‘A salute te fa godè i sorde

    senz’’a salute si già fernute.

    Si me tuccasse scegliere

    tra una e l’altra istanza,

    nun ce perdesse l’essere

    pensasse sule ‘a panza.

  • 140

    T’’o ddice ‘nfaccia

    T’’o ddice ‘nfaccia ‘nfaccia senza scuorno proprio cu’ ‘na bella faccia ‘e cuorno.

    Tu si sapisse ‘e vvote comme t’odio!.. mmo ddice dint’’a faccia Santu Ddio.

    Chi sà che m’aspettave ‘a chesta vita Quann’essa me diceve t’amo pa’ vita.

    A mmano a mmano che ce passa ‘o tiempo se fa sempe cchiù pesante ‘o maletiempo

  • 141

    ‘U lietto

    Vìate chi ‘a ‘nventato ‘u lietto,

    ‘o bbenerico sempe ogni mumento,

    e tutte ‘e vvote che ‘a coppe me ce jetto

    penze che senza ‘o lietto è ‘nu turmiento.

    ‘U lietto è chella cosa orizzontale

    e ddice ‘u detto che se chiamma Rosa,

    è stretta ‘cu divano ‘a parentela

    e ppure si nun duorme ce s’arriposa.

    E quanti ccose sapeno ‘sti lietti,

    pensieri che te rodono ‘o cerviello,

    parole sussurrate ‘a dienti stritti

    che dint’‘a mente so peggio do martiello.

    Segreti cunfessati dint’‘a penombra

    pensanne che nisciuno sente niente,

    ma pure si ce stà tutta chest’ombra

    è ’u posto addò ce vaje cchiù cuntiente.

  • 142

    ‘U pireto

    ‘Nu pireto mmiez’’a via fà rummore te pare che sule tu ce staje ‘a chell'ore,

    se sente tale e qquale ‘a ccomme ‘o faje

    pure si stanne ciente persone ‘a cuntà guaje.

    ‘Nu pireto nun ‘o firme manco ‘a fforza quanne se mette n'cape ‘e ascì dò mazzo,

    e si ‘o vuò fermà nun te conviene

    si no passa ‘a cacata e nnà mantiene.

    Allora te consiglio da fà chesta sparata, che ppò te siente nati ‘tanto sollevato!..

  • 143

    Vota

    Vota ‘a chisto, vota ‘a chillo,

    comm’è chillo è pure chisto.

    Comm’è chisto è pure chillo

    ma tu vuote sempe ‘a chisto.

    Sbrevesije t’allammiente

    però vuote sempe ‘a chisto.

    Pure sì nun fà maje niente

    invece ‘e chillo vuote ‘a chisto.

  • 144

    SOCIALE – AMORE - FEDE

  • 145

    ‘A fede ‘nnu more

    Ce trase dinto ‘o duemila

    ‘a Chiesa è sempe chiena,

    pure si ce vaje ‘o tremila

    ‘a Chiesa è sempe chiena.

    Ma certamente è chiena

    ce vanno a cientemila,

    ’cu tutto ‘u male e schiena

    e fanno pure ‘a fila.

    Pure si guardo a’ rète

    è sempe chiena ‘a Chiesa,

    a miliuni sa pigliati ‘a morte

    ma è sempe chiena ‘a Chiesa.

    Ma sì ‘a gente more

    comm’è ch’è sempe chiena?

    E’ ‘a Fede che ‘nnu more

    perciò è sempe chiena.

  • 146

    ‘A malafemmena

    Puttana, tu te pienze è chella nera

    che aspetta ‘o cliente mmieze ’a via,

    te pozzo assicurà che chella vera

    te sape ‘mpapucchià cu’ ‘na bucia.

    Chella che ha bisogno ‘nnè puttana

    ‘o ffà pecchè custretta mmalamente,

    puttana è chi durante ‘a sittimana

    ‘e corna mette ‘e suoje nascostamente.

    E pò difronte ‘a gente è santarella

    e sparla pure male de’ puttane,

    invece aviza sempe ’a suttanella

    restanne ‘a casa ca’ curona mmane.

  • 147

    ‘A brutta cosa

    Aggiu scuperto doppe cchiù ‘e tant'anni che ‘a strada mia mo cagne, è nata cosa; me songo avventurato dinte ‘e malanni

    aggiu scuperto ch’è ‘na brutta cosa.

    Guagliuni che parevano gioielli ce sò caruti a dinte comm’‘e fessi, ‘a piccule i purtavame ‘a modelli

    mò, so cagnati, nun so cchiù i stessi.

    Verenne ‘sti guagliuni chine ‘e core che dint’’a ‘sta storia stanno fino all'uocchi,

    me vene ‘na tristezza dint’’o core sapenne che nun vonne arapì chill'uocchi.

  • 148

    ‘A censura

    ‘O sfizio da’ poesia tu nun mo può levà ie guardo, osservo e ‘a core mmano parle, che si ce scrive ‘ncòppe p'onore ‘e verità

    chelle che veco scrivo, pure si faccio male!...

    Te le tenè int’’a panza e nun le censurà si nò nun serve a niente parlà de cose ad arte

    ‘e ccose s’’anna dicere cu’ tutta l'onestà pure si ‘e vvote costa saperle ‘a nata parte!...

  • 149

    ‘A frunnulella

    Ce stà ‘na frunnulella ‘ncòpp’ ‘a pianta

    e tutta quanta ‘a sballutteja ‘o viento,

    cu’ l’uocchi ‘a sbirciulejo ogni tanto

    me pare ‘o core mio in sentimento.

    Mò ce sò nati pure tanta sciuri

    ‘na lapa si sbaciucchia tutti quanti,

    comme facesse i’ pure ‘cu ‘st’ammuri

    e ce ne desse ‘e cchiù, e ancora tanti!

  • 150

    ‘A signora ‘e lusso

    Te fatto ‘na villetta ‘a faccia ‘a via e tutti i juorni ie passo pe ‘sta via.

    Ie m'arricordo quanne piccirillo

    nce deveme ‘na mano e ‘nu ditillo.

    Passaveme ‘e jurnate ‘a pazzià senza penzà maje ‘e ce lassà.

    Po sò crisciuto e sò partuto, ‘o ssaje... tu me diciste: " I’ nun te scordo maje."

    E mmò ch'è passato tantu tiempo ‘a tanne io so' turnate ma tu nun si cchiù Marianne.

    Si addiventate ‘na signora ‘e lusso

    e stai tutto ‘o jorno ‘a pittà ‘u musso.

    Che passo cchiù ‘a ffà pe chesta via si mò nun ‘ce stà cchiù l'anima mia.

    All’estero sò stato a ffaticà notte e juorno e mò ce torno là senza pigliarme scuorno.

  • 151

    ‘A sofferenza

    Comme soffre ‘na mamma ‘a rète ‘e vetri

    mentre aspett’’a ‘nu figlio ‘e quatte ‘a notte,

    pe’ dinte ‘a capa girene mille e mille spettri

    e cu’ tanti mali pensieri fa tremende lotte.

    E fino a che nun sente ‘e sbattere ‘o canciello

    gira comme ‘a ‘na scema pe’ tutt’appartamento,

    piglia ‘o telefono ‘o posa prega e guarda ‘ncielo

    e nun se stanca ‘e ringrazià Dio pe’ ‘nu mumemto.

  • 152

    Cape ‘e chiuovo

    Che brutta cosa ‘sta guerra dint’’o Kosovo, chesto pe’ l'umanità è offensivo.

    ‘A soglia do duemila niente ‘e nuovo

    so sempe guerre, i che cape ‘e chiuovo.

    Povera gente fuje sotto ‘e bombe fra poco vanno tutti dint’‘e tombe.

    E comme nun bastasse ‘o terremoto ‘o trent'Aprile ‘a fatto pure ‘o moto.

  • 153

    Dint’’o core

    Dint’’a ‘stu core tengo sule a te

    ‘o posto nun ce stà pe nisciunata,

    gghiorne e notte penso sule a te

    chi te sostituisce ancora è nnata.

    Dint’’e pensieri mije ‘stai sule tu

    pure si stongo mmieze a tanta gente;

    attuorno a me n’esiste niente cchù

    e sempe sule tu staje dinte ‘a mente.

  • 154

    Natale 2000

    È Natale!.. Natale del duemila!…

    Comm’è viecchio ‘stu Bambino,

    cu’ pensiero già ‘o tremila

    tutta ‘a gente va in cammino.

    Quant’è viecchio ‘stu Bambino!…

    Tène già tutti chist’anni

    ma me pare comme ‘o vino,

    se fa bbuono cu cchiù anni.

    E p’’a gente che tene fede

    nunn’è maje nu vicchiariello,

    ppe stu munno che ce crede

    resta sempe “ U Bambiniello.”

    È turnato pure chist’anno

    pe’ salvà l’umanità,

    e ce torna ogni anno

    sempe pronto a purdunà!…

  • 155

    Gesù, Gesù !….

    Gesù! Gesù! Gesù! Mittece ‘e mmane!

    ‘Sti ccose sò cchiù forte ‘e nuje;

    ie tu ripete sempe oggi e ddimane

    si tu ‘o fai guarì, quant’alleluje!

    Ie maje ce voglio credere a ‘sta cosa

    pecchè ‘a fede mia è troppe grossa,

    si tu ce mitte ‘e mmane è ‘nata cosa,

    si no ‘u guaje sarà sempe cchiù gruosso.

  • 156

    L’arruolamento

    Mò s’è arruolato ‘natu bbuone amico

    ce ‘a mise ‘a firma ppe l’eternità,

    comme è triste e cieco chistu vico

    ‘na vota che ce trase llà ‘e restà.

    L’unico sbocco è sule verso ‘o cielo

    ma quante ce ne vanno nell’eterno,

    mille e cchiù ‘a juorno senza velo

    ce vanno pe stà ‘nzieme ‘o Pataterno.

    Spero che ‘nu juorno ce ‘ncuntramme

    e jamme tutti quanti ‘o stesso posto,

    si nò st’arruolamento che facimme

    è ‘nàta fregatura comme ‘o posto.

  • 157

    L’estate

    Mò vene l'estate, vanno tutte ‘o mare corrono tutti sotto ‘o sole ardente,

    se fanno ‘a gita ca barca in altomare tornano a riva ‘ncòpp’’a sabbia ardente.

    Dint’’a serata ‘a capa è frasturnata

    ma soddisfatti ‘e chello che annu fatto, pure si ‘a pelle è tutta bruciacchiata

    nun mporta niente, ce corre dint’’o patto

  • 158

    Maggio

    Chisto è ‘o mese de’ rose e da’ Maronna

    stavota sò rose senza spine pe ‘sta vita mia.

    Ce voglio dì ‘nu grazie a cchiù ‘e ‘na donna

    a chella bella Maronna e ‘a mamma mia.

    Pe’ l’aria sento ‘nu prufumme ‘e rose

    e tutt’attuorno se respira ammore.

    Pe’ dint’‘a mente penze a tante ccose

    pe’ tutta l’aria, ìh che bell’addore.

  • 159

    Mitte ‘o punto

    Te pare ‘na strunzata chesta vita,

    te pare che se perde sule ‘o tiempo.

    Ma pò te pare bella pure ‘a vita,

    quanne t'accuorge che te manca ‘o tiempo.

    Ma quanne si arrivato mitte ‘o punto,

    chelle che è fatto, è fatto!

    E’ inutile che puorte ancora ‘o cunto,

    che cu ‘sti ccose nun se fa ‘o patto.

    E quanne nu’stai chiù ‘ncòpp’’a ‘sta terra,

    sule ‘o ricorde ‘a poca gente resta.

    ‘Cu tte te puorte tutto sotto terra,

    ‘e manco ‘sta strunzata fa chiù testo.

  • 160

    ‘O diavule

    Ancora nun ce credo a ‘stu miracule

    è stato ‘o Pataterno che ‘a vuluto.

    ‘Avuto tanta botte chillu diavule

    che mmò se’ scorda chiù chillu curnuto.

    A miso sempe ‘a coda ‘a ogni ccosa,

    era arrivato avè l’irreparabile

    ma s’è verificato quacche ccosa

    che nun se po spiegà cu “ naturale “

  • 161

    ‘O miracule

    ‘Nu miracule è sempe possibbile,

    ‘o si nò che miracule è ?

    Ogni ccosa addiventa fattibile

    si ce stà ‘o Signore cu’ ttè.

    Ie ce spero, ce crede pe ssempe,

    cu’ ‘sta Fede che tengo into core,

    ogni ccosa s'acconcia co’ tiempe

    pecchè chiste sò frutte d' Ammore.

  • 162

    ‘O munno ‘a verità

    "E mmò che staje ‘o munno ‘a verità, e dint’‘a notte n'suonno si vvenuto! Famme sentì: ‘a ‘lla comme se stà ?

    E’ ‘overo o no’ che tutto s’è fernuto ?

    Famme sentì, amico mio fraterno, si avive tuorto oppure era vero! Esiste o nunn' esiste ‘o Pataterno,

    che tu sempe dicive nunn'è ‘overo. "

    - "Esiste!..Esiste, eccomme fratu mio! Sule che mme' negato dò guardà int’’a faccia,

    e mmò che io ce credo dint’’a Ddio, ‘o veco sule ‘e spalle e maje ‘e faccia. "

  • 163

    ‘O munno è ‘na commedia

    ‘O munno, è ‘na cummedia generale, che pe’ l'eternità se rappresente,

    ‘e chesta sceneggiata bene ‘o male l'attori simme nuje, umanamente.

    Nun ce sta niente ‘a fà, se và. Se parte!.

    Chesta cummedia è appena accuminciata, ognuno ormai ‘a recitata ‘a parte,

    e poco ‘mporta si ancora ‘nza ‘mparata.

    ‘Ncòppa ‘a terra ce sta chi lassa ‘o nomme pecchè ‘a vissuto in modo troppo degno.

    Oppure in altro modo, pover 'omme pecchè ‘a vissuto in modo troppo indegno.

  • 164

    ‘O Pataterno

    ‘O Pataterno te vulesse accuntentà, ma dimme nu poco comme adda fa?...

    Si tu le dice ‘sta cosa mme le fà, arriva nate e le dice lassa stà!...

    Isso sta llà e sente i fatti tuoje, arriva l'ate parte e dice i suoje!

    Tu vuò ch’’e ccose vanno ‘a uso tuoje, chill'ate vo' che vanno ‘a uso suoje!

    Chillu povero Cristo ‘ncòpp’‘a croce, ‘u state mettenne nata vota ‘ncroce.

    Si ancora cuntinuate ‘e chisto passo,

    chillo mo' scenne e se ne và ‘a spasso!...

  • 165

    ‘O peccatore

    ‘A dint’’o suonno veco tutta ‘a gente che corre, corre e nun tene ‘a mmente

    che primm'ò doppe ‘nciele ce saglimme da luntane ‘o da vicino che venimme.

    Pecchè nun ce ne jamme chianu chiane pensanne sultanto ‘a oggi ppe dimane,

    facenne ogni tanto ‘nu poco ‘e bbene che sicuramente all'anima fa bbene.

    Ie songo peccatore ‘e primma scelta, ma ogni tanto ce ‘a facesse ‘a scelta,

    ‘e ce pregà cu’ forza ‘o Pataterno

    pe’ me salvà chest'anima in eterno.

  • 166

    Pasqua (giusta via)

    Pasqua è resurrezione pe’ stu core

    è ‘a vita che accumincia ‘nata vota,

    ognune ‘e nuje tene ‘nu dulore

    e aspetta che co’ tiempe gira ‘a rota.

    E’ Pasqua, quanne se ritrove l’allegria

    si dinte ‘o dulore atroce nun s’affoga.

    E’ Pasqua si nce ritruove ‘a giusta via

    si riesce ‘ascireterne ‘a dint’’a droga.

  • 167

    Povero Cristo

    Se sente sule, mmieze a tanta gente ch’’e vvote ce se perde cu’ la mente.

    Che sofferenza addà tenè int’’o core! È’ tanto forte che ‘a dinte ce se more.

    Povero Cristo, mò nunn'esiste cchiù,

    cammina, parla,e nunn'accocchia cchiù.

    ‘Nu padre nun ce ‘a fa ‘a suppu