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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari
Corso di Laurea in
Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio Montano
Distillazione in corrente di vapore assistita da pretrattamento con ultrasuoni:
caso studio su Mentha x piperita fresca e secca
Relatore: Dr.ssa Gigliola Borgonovo
Correlatore: Dr. Simone Virginio Marai
Tesi di Laurea di
Stefano Afric
Matricola 794303
Anno accademico 2013-2014
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A mia nonna Valeria,
per l’insostituibile sostegno e consiglio
nell’avventura della vita
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INDICE
1. INTRODUZIONE ...................................................................................................................... 4
1.1 I METABOLITI SECONDARI DELLE PIANTE OFFICINALI ............................................................................... 4
1.2 GLI OLI ESSENZIALI ............................................................................................................................................ 5
1.3 FATTORI CHE INFLUENZANO LA QUANTITÀ E LA QUALITÀ DI UN OLIO ESSENZIALE .......................... 8
1.4 GLI ULTRASUONI .............................................................................................................................................. 13
1.5 IL GENERE MENTHA ......................................................................................................................................... 19
2. SCOPO DELLA TESI ............................................................................................................. 24
3. MATERIALI E METODI ....................................................................................................... 25
3.1 MATERIALI E TECNICHE ANALITICHE .......................................................................................................... 25
3.2 METODO SPERIMENTALE ................................................................................................................................ 26
3.3 MATERIALE VEGETALE ................................................................................................................................... 27
3.4 PREPARAZIONE DEL MATERIALE VEGETALE DA DISTILLARE ................................................................. 28
3.5 BAGNO A ULTRASUONI .................................................................................................................................... 28
3.6 DISTILLAZIONE IN CORRENTE DI VAPORE ................................................................................................... 29
3.7 ANALISI SU OLI ESSENZIALI DI MENTA ........................................................................................................ 29
3.8 CARATTERIZZAZIONE STRUTTURALE DEL METABOLITA PRESENTE NELL’OLIO ESSENZIALE ......... 31
3.9 PURIFICAZIONE DEL ROTUDIFOLONE ........................................................................................................... 38
4. RISULTATI E DISCUSSIONE .............................................................................................. 39
4.1 RESE E TEMPI DI DISTILLAZIONE ................................................................................................................... 39
4.2 ANALISI DELLA COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’OLIO ESSENZIALE....................................................... 46
4.3 IL ROTUNDIFOLONE .......................................................................................................................................... 46
5. CONCLUSIONI ....................................................................................................................... 49
6. APPENDICE ............................................................................................................................ 51
7. BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................................... 65
8. RIASSUNTO ............................................................................................................................ 73
9. RINGRAZIAMENTI ............................................................................................................... 75
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1. INTRODUZIONE
1.1 I metaboliti secondari delle piante officinali
I metaboliti secondari sono composti organici naturali, distintivi per la caratterizzazione fitochimica
delle piante officinali, sono espressione dell’individualità della specie e costituiscono i cosiddetti
“principi attivi” [1]. I metaboliti secondari non sono necessariamente prodotti in tutte le condizioni e
di essi, nella grande maggioranza dei casi, non sono ancora noti né la funzione né i vantaggi che
apporterebbero all’organismo che li produce. È proprio il metabolismo secondario che fornisce
sostanze naturali farmacologicamente attive. La suddivisione dei metaboliti in primari (ubiquitari ed
essenziali per la vita) e secondari (di occorrenza più limitata) è spesso risultata arbitraria.
L’interesse verso i composti naturali risale al XX secolo e, nel corso degli anni, sono stati isolati ed
identificati un’ampia gamma di componenti: alcaloidi, terpeni, polieni, fenoli, ecc., per i quali è
difficile stabilire un ruolo preciso nella vita degli organismi vegetali.
Sembrerebbe che la funzione dei metaboliti secondari sia di tipo ecologico [2], infatti essi
intervengono nella difesa della pianta da stress biotici e abiotici, giocano un ruolo fondamentale
nella difesa e nell’interazione tra la pianta e il proprio ambiente, gli erbivori, i patogeni [3],
attraggono gli impollinatori [4] e gli animali in grado di disperdere i frutti e sono responsabili dei
fenomeni di allelopatia [5]. Non hanno un’implicazione diretta sulla crescita e lo sviluppo delle
piante e spesso sono sintetizzati a partire dai metaboliti primari. Frequentemente hanno differenti
siti di accumulo e produzione e possono essere immagazzinati nei vacuoli in forma glucosidica o in
speciali strutture secretorie, quali tricomi, dotti e lattiferi [3].
Numerosi studi hanno evidenziato un importante ruolo dei metaboliti secondari nell’attività
antiossidante, prevenendo danni irreversibili ai tessuti vegetali causati da condizioni di stress
generati da luce, gelo, siccità, disponibilità di nutrienti, patogeni, ecc. [6]. Tali sostanze esercitano il
loro ruolo benefico anche negli animali che le assumono [7]. Sull’uomo è stato dimostrato che
l’assunzione di cibi ricchi di antiossidanti aiuta a prevenire le malattie degenerative, il cancro [8] e
le malattie cardiovascolari [9]. Ad oggi, dei circa 50 000 metaboliti secondari individuati, 6 400
sono flavonoidi [10], la più vasta classe di composti fenolici vegetali, molti dei quali hanno attività
antiossidante [7]. Alcuni monoterpeni hanno trovato un largo impiego per le numerose attività
farmacologiche e biologiche.
Gli oli essenziali sono una forma particolare di metaboliti secondari.
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1.2 Gli oli essenziali
Gli oli essenziali sono miscele di molecole organiche volatili (monoterpeni, sesquiterpeni o fenoli),
solubili nei solventi organici poco polari ed insolubili in acqua, liquidi a temperatura ambiente,
aventi aroma intenso caratteristico della pianta da cui derivano. Le Apiaceae, Asteraceae,
Lamiaceae, Lauraceae, Rutaceae, Liliaceae, Magnoliaceae, Cupressaceae, Pinaceae,
Hypericaceae, Fabaceae, Malvaceae, Myrtaceae, e Oleaceae sono le famiglie botaniche più ricche
di oli essenziali. Nella Tabella 1 sono riportate le principali famiglie e specie di piante importanti
per la produzione di oli essenziali.
Le principali famiglie in termini di valore economico
Lamiaceae Myrtaceae
Rutaceae Lauraceae
Apiaceae Abietaceae
Le principali famiglie in termini di volume di produzione Lamiaceae Oleaceae
Rutaceae Rosaceae
Poaceae Santalaceae
Lauraceae Abietaceae
Myrtaceae
Le specie principali in termini di valore economico
Mentha x piperita Santalum albumMentha viridis Cymbopogob citratus
Rosa spp. Vetiveria zizanoidesMentha spicata Pogostemon cablin
Citrus limon Lavandula x intermedia
Citrus aurantium var. amara Cedrus atlanticaLitsea cubeba Citrus limonium
Eucalyptus globulus Citrus aurantium var. bergamiaJasminum spp. Pelargonium spp.
Le specie principali in termini di volume di produzione Cedrus atlantica Mentha spicata
Citrus aurantium var. bergamia Mentha x piperitaCitrus limon Pogostemon cablin
Citrus limonium Rosa damascena
Cymbopogob citratus Santalum album
Eucaliptus Sassfras albidum
Jasminum Syzygyum aromaticum
Lavandula vera Thuja occidentalis
Litsea cubeba Vetiveria zizanoide
Mentha arvensis
Tabella 1 principali famiglie e specie di piante importanti per la produzione di oli essenziali [11]
Le essenze, nome utilizzato per gli oli essenziali quando ancora contenuti nella pianta, sono
generate ed immagazzinate in vari organi delle piante: nei fiori come nella rosa, nelle foglie come
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nella menta piperita, nei frutti come nel limone, nei semi come nel finocchio, nelle radici e nei
rizomi come nello zenzero, nel legno come nel cedro, nella corteccia come nella cannella, nei bulbi
come negl’agli, e così via. In questo studio, il termine essenza viene considerato sinonimo di olio
essenziale.
Le cellule che sintetizzano e accumulano gli oli essenziali sono specializzate e differenti da famiglia
a famiglia. Nelle Lamiaceae (menta, timo, rosmarino, salvia e origano) sono presenti ghiandole
epidermiche che producono e raccolgono le essenze. Nelle Myrtaceae (eucalipto, mirto e tea tree) si
trovano cellule all’interno della foglia che generano le essenze, le quali sono poi immagazzinate in
una sacca centrale che cresce di dimensioni all’aumentare del volume della essenza. Alcune piante
hanno dotti oleosi e resinosi costituiti da spazi cavi nel tessuto che possono raccogliere essenze o
resine. Con il riempirsi di tali dotti, le cellule confinanti regrediscono e il dotto si allarga. Questa
struttura si trova nelle Apiaceae (sedano, cumino, finocchio) e in alberi come il pino. I frutti citrici
hanno riserve d’essenze che si formano quando le pareti delle cellule che sintetizzano gli oli si
dissolvono. Le piante del genere Citrus, nelle Rutaceae, producono le essenze anche in altre parti
della pianta; l’arancio amaro, per esempio, produce essenze nelle foglie, nei fiori e nella scorza [11].
Gli oli essenziali possono essere miscele semplici o “monomolecolari” come nel caso di Aniba
roseodora D., Mentha pulegium L., Gaultheria procumbens L. oppure più frequentemente miscele
complesse o “polimolecolari” che contengono sino a centinaia di molecole. Rientrano in questa
seconda categoria, per esempio, Origanum majorana L., Lavandula angustifolia Mill., Melaleuca
quinquenervia S.T.Blake, tutte con più di 110 molecole.
Sono state ipotizzate diverse teorie sulla funzione degli oli essenziali all’interno della pianta.
Una prima ipotesi considera gli oli essenziali come un prodotto di scarto nei processi vitali senza
alcun ruolo funzionale [3]. L’idea che gli oli essenziali siano solamente degli scarti metabolici non
può più essere sostenuta seriamente in quanto essi sono sintetizzati e raccolti nel periodo giovanile
della pianta, mentre questo processo rallenta e si ferma nelle piante mature, e questa modalità è
difficile da giustificare se i terpeni sono considerati scarti; inoltre gli oli essenziali sono prodotti da
molte specie vegetali appartenenti a taxa anche lontani tassonomicamente, e a un consumo elevato
in termini di DNA, enzimi, fotosintesi ed energia. Tale dispendio energetico non sarebbe
giustificato se non conferisse un vantaggio selettivo [11].
Un’altra ipotesi suppone che le essenze rivestano una funzione di riserva alimentare. I risultati degli
studi sul tema sono però ambigui; infatti i terpeni non vengono trasferititi dalla foglia al corpo della
pianta prima dell’abscissione fogliare, come accade per le altre sostanze di riserva; inoltre, gli oli
essenziali sono immagazzinati in comparti isolati dai normali processi fisiologici e ciò sembra
confermare l’ipotesi che essi non svolgano alcun ruolo nella fisiologia della pianta [11].
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D’altro canto nelle piante poste al buio gli oli essenziali spariscono, forse utilizzati come riserva
dalla pianta in mancanza di energia luminosa [3]. Oggi la maggior parte dei ricercatori sostiene che
gli oli essenziali siano coinvolti in numerose funzioni come l’attrazione degli insetti impollinatori,
l’allelopatia, la difesa dagli erbivori e la protezione dall’attacco di patogeni [1].
Gli oli essenziali hanno numerosi impieghi: sono utilizzati nel campo dei profumi, in aromaterapia,
come modificatori di sapore e odore in campo alimentare e nelle preparazioni farmaceutiche, come
antifeedant ossia repellenti e come insetticidi e, dato che molti oli hanno attività antibatterica e
antifungina, spesso sono impiegati come agenti antimicrobici e/o antifungini.
Non esiste una definizione univoca di olio essenziale e ciò risulta problematico per il consumatore
perché non permette una facile distinzione tra materiali prodotti ai fini di un utilizzo alimentare o
terapeutico e materiali prodotti ai fini di un utilizzo cosmetico o per altri usi.
Una prima definizione ufficiale si ritrova negli standard ISO secondo i quali l’olio essenziale è “Un
prodotto ottenuto a partire da una materia prima vegetale, sia per distillazione con vapore, con
processi meccanici, a partire dall’epicarpo dei Citrus, sia per distillazione a secco. L’olio essenziale
viene poi separato dalla fase acquosa per mezzo di processi fisici”.
Molti autori sono però in disaccordo con l’inclusione della distillazione a secco nelle tecniche
estrattive in quanto essa genera fenoli, benzo-pireni e catrami, derivanti dalla distruzione termica
dei tessuti vegetali.
Una definizione più generica è stata coniata dal congresso di Ginevra per la soppressione delle
frodi: “Gli oli essenziali sono il prodotto esclusivo dell’estrazione dei principi aromatici contenuti
nelle sostanze di origine vegetale delle quali portano il nome”. Questa definizione, però, non
specifica i metodi con cui è lecito ottenere gli oli essenziali.
Nel campo dell’aromaterapia i vincoli sono maggiori. Secondo l’Aromatherapy Trade Council
(1996): “Un olio essenziale è un composto aromatico e volatile usualmente estratto per distillazione
o spremitura di una specie botanica singola. Una volta che il processo principale di distillazione o
spremitura sia stato completato, niente dovrebbe essere aggiunto”.
Alla luce di queste definizioni in questo lavoro è considerato olio essenziale “Il prodotto volatile
della distillazione in corrente di vapore o dell’idrodistillazione di materiale vegetale aromatico. La
condensazione dei vapori porta alla raccolta di un’acqua aromatica e di un olio essenziale che
vengono separati con diverse tecniche (estrazione con solventi, per gravità, ecc.)”.
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1.3 Fattori che influenzano la quantità e la qualità di un olio essenziale
Le piante aromatiche sono caratterizzate da un’altissima variabilità in morfologia, fisiologia e
chimica degli oli essenziali prodotti. Inoltre, vi è una bassa correlazione tra morfologia e profilo
fitochimico.
Il contenuto di olio essenziale nel materiale vegetale aromatico è di solito intorno all’1-2%, anche
se in casi come la rosa il contenuto si aggira attorno allo 0,015% [11].
La quantità e la qualità dell’olio essenziale ricavabile da una pianta può variare secondo molti
fattori.
I costituenti chimici di un olio essenziale possono subire profonde modificazioni quanti-qualitative
in relazione a una serie di variabili connesse alla pianta, all’ambiente circostante o ad interventi
esterni.
I principali fattori che possono influenzare la quantità e la qualità di un olio essenziale sono la
specie botanica, il chemotipo, il periodo di raccolta, i fattori ambientali, la coltivazione, la
conservazione e le tecniche estrattive.
La specie botanica
La caratterizzazione fitochimica è correlata alla specie botanica utilizzata. A questo proposito è
opportuno sottolineare che non è sufficiente conoscere il nome comune della pianta da distillare, ma
è necessario specificare il nome botanico; infatti il nome volgare generalmente raggruppa più specie
vegetali che presentano una qualche affinità, talora anche lontane tassonomicamente. Ad esempio il
termine generico di origano raggruppa in realtà piante botanicamente diverse come origano
messicano (Lippia graveolens H.B.K.), origano turco (Origanum onites L.), origano greco (Thymus
capitatus L.) e origano spagnolo (Origanum vulgare L.). Talvolta, inoltre, è necessario specificare
anche la sottospecie.
Chemotipo
La diversità fenotipica è riscontrabile sia in specie botaniche correlate tassonomicamente che in
piante appartenenti alla stessa specie. Tale variazione si riscontra anche nei caratteri chimici ed è
ampiamente dimostrato dalla variabilità intraspecifica degli oli essenziali. Significative variazioni
nella produzione e nella composizione dell’olio essenziale si riscontrano non solo nei taxa a elevata
variabilità morfologica come Thymus spp., ma anche in specie abbastanza stabili come Matricaria
recutita L. In generale non vi è correlazione tra caratteri morfologici e chimici.
La estesa distribuzione geografica delle specie aromatiche implica un loro adattamento alle varie
condizioni ambientali con cambiamenti permanenti del genotipo [11].
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Tale cambiamento si ripercuote anche in una variazione stabile dei rapporti tra i metaboliti
secondari all’interno della stessa specie. Pertanto vi possono essere differenti chemotipi all’interno
di una specie botanica. Il termine chemotipo si riferisce a specie fenotipicamente simili che però
differiscono nella composizione chimica. Il variare delle condizioni ambientali può modificare le
proporzioni dei vari componenti ma sempre all’interno di intervalli che permettano di distinguere
una specie dalle altre.
Inoltre, esistono naturali fluttuazioni anche all’interno del chemotipo.
Alcune piante aromatiche presentano un gran numero di chemotipi. Tipici esempi sono Thymus
vulgaris L. (otto chemotipi), Pimenta racemosa L. (tre chemotipi) e Rosmarinus officinalis L. (tre
chemotipi).
La parte della pianta utilizzata per l’estrazione dell’olio essenziale viene chiamata droga vegetale.
Periodo di raccolta
Esiste una variabilità quanti-qualitativa dell’olio essenziale in relazione al momento di raccolta
della pianta. Il periodo migliore per la raccolta varia da specie a specie ed è indicato con il termine
di “tempo balsamico” ovvero quel momento dello sviluppo vegetativo in cui si ottiene la maggiore
resa in olio essenziale. Oggi, tuttavia, questo termine è considerato relativo perché pur essendo la
concentrazione dell’essenza maggiore al tempo balsamico, è risaputo che molto diversa è la
composizione dell’olio che è possibile estrarre dalla pianta in funzione del momento di raccolta. La
composizione di un estratto, quindi, può variare non solo nel quantitativo totale dei principi attivi
ma anche nel rapporto tra i vari costituenti chimici. Raccogliere e distillare una pianta in un mese
dell’anno piuttosto che in un altro, significa ottenere oli essenziali completamente diversi.
La resa e la composizione in olio essenziale dipendono dallo stadio fenologico e non esistono regole
fisse, ma variano da specie a specie e talvolta anche all’interno della stessa specie.
Fattori ambientali
I principali fattori ambientali che possono modificare la composizione chimica di una pianta e dei
relativi estratti sono la radiazione luminosa e la temperatura.
Per quanto riguarda la radiazione luminosa, uno studio condotto da Croteau e collaboratori [11]
sostiene che un aumento della stessa determina una maggiore produzione di terpeni influendo sulla
loro produzione e degradazione [12]. In piante che crescono in alta montagna, dove le funzioni
clorofilliane sono più attive per effetto della maggiore radiazione luminosa, si nota che gli oli
essenziali sono più ricchi in esteri di quelle che si trovano ad altitudini minori; ciò è importante
perché il pregio di un’essenza è dato proprio da un’elevata presenza di composti ossigenati [12]. In
Matricaria recutita è stato osservato come al diminuire dell’intensità luminosa diminuisca la
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produzione in olio essenziale [13].
Per quanto riguarda la temperatura, alcuni ricercatori riportano che in Matricaria recutita, grandi
variazioni di temperatura non comportano variazioni significative, quantitative o qualitative, del
contenuto di olio essenziale [11]. In Mentha x piperita L. è stato osservato che l’innalzamento della
temperatura media diurna determina un aumento della produzione di olio essenziale con una
diminuzione percentuale di mentolo [11]. È probabile che l’abbassamento della temperatura
favorisca la sintesi di composti ridotti a causa di una diminuzione della respirazione e del
conseguente aumento dei prodotti di fotosintesi.
Pratiche agronomiche
Le pratiche agronomiche influenzano la disponibilità di elementi nutritivi e di acqua nel suolo. In
relazione alle diverse pratiche agronomiche esiste una notevole variabilità nella risposta delle
specie.
La letteratura riporta che per Matricaria recutita una fertilizzazione con azoto e fosforo diminuisce
la percentuale di proazulene ma aumenta la resa in olio essenziale. Altri autori riportano che per
Valeriana spp. e Matricaria recutita un aumento dell’alcalinità del terreno porta ad una maggiore
produzione di olio essenziale [11].
La relazione tra irrigazione e produzione di olio essenziale è dipendente dall’adattamento della
pianta al proprio ambiente. Nel caso di Mentha x piperita, l’irrigazione aumenta la percentuale di
olio essenziale, mentre in Matricaria recutita, non si osservano differenze.
Conservazione
La conservazione ha lo scopo di evitare alterazioni della droga che determinino perdita del
contenuto di principi attivi e delle caratteristiche organolettiche come ossidazione di legami
insaturi, polimerizzazione, idrolisi enzimatica e/o chimica e attacchi da microrganismi.
Esistono diversi tipi di conservazione, il metodo più diffuso è l’essicazione. Essa consiste in un
trattamento per eliminare gran parte del contenuto acquoso delle piante, in modo da bloccarne la
composizione chimica e le proprietà connesse.
Attraverso l’essiccazione della droga si evitano le fermentazioni, gli ammuffimenti, le variazioni di
colore ed organolettiche (odore e sapore).
L’essiccazione può essere effettuata sfruttando la temperatura ambientale, oppure compiuta a
temperatura artificiale. Si distingue pertanto:
Essiccazione a calore naturale sia al sole che all’ombra;
Essiccazione a calore artificiale in essiccatoio o in stufe a 55-60°C.
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Un altro metodo di conservazione è la liofilizzazione. Con questa tecnica la droga viene congelata e
successivamente posta sottovuoto a basse temperature (-40, -60°C), provocando la sublimazione
dell’acqua contenuta nelle cellule.
Nonostante i metodi di conservazione la droga nel tempo va incontro a degradazione e pertanto
solitamente è necessario utilizzarla entro un anno dalla raccolta.
Tecniche estrattive
La quantità e la qualità dell’olio essenziale variano anche in base al metodo che viene utilizzato per
estrarre le essenze; ogni tecnica estrae una gamma di sostanze leggermente differente e ciò
condiziona la quantità e la qualità dell’estratto ottenuto.
La scelta della tecnica di estrazione dell’olio essenziale varia in funzione della natura, delle
proprietà e del tessuto della droga utilizzata. Le più comuni sono sei:
1. Spremitura;
2. Enfleurage;
3. Estrazione mediante solventi;
4. Idrodistillazione e distillazione in corrente di vapore;
5. Estrazione con fluidi supercritici.
1. Spremitura
La spremitura è impiegata in caso di droga fresca e, in particolare, per le scorze degli agrumi. La
droga viene sottoposta ad elevata pressione mediante un torchio, determinando la fuoriuscita
dell’olio. Oltre all’olio fuoriesce l’acqua e sostane non volatili, inodori, insapori e colorate come la
clorofilla.
2. Enfleurage o estrazione mediante grassi
L’enfleurage è una tecnica utilizzata per estrarre gli oli essenziali da materiale vegetale delicato
come i petali dei fiori. Consiste nel depositare un sottile strato di grasso animale (sego o sugna) su
una lastra e porre sopra di esso i petali. Questi ultimi cederanno l’olio essenziale al grasso che può
essere via via arricchito ripetendo l’operazione con fiori freschi. Si forma così la pommade (grasso
saturo dell’essenza). Al termine l’olio essenziale estratto dal grasso viene recuperato attraverso
l’estrazione con opportuni solventi, in genere alcool a temperatura ambiente.
3. Estrazione mediante solventi
L’estrazione mediante solventi avviene per gli oli essenziali facilmente alterabili al calore. Impiega
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solventi bassobollenti alla temperatura più bassa possibile. L’estratto viene filtrato e la stessa
operazione ripetuta più volte. Al termine il solvente viene eliminato per evaporazione a pressione
ridotta.
4. Idrodistillazione e distillazione in corrente di vapore
L’idrodistillazione è anche nota come distillazione in acqua o distillazione in corrente di vapore
generato in situ. In essa, la droga viene ricoperta di acqua e riscaldata (distillatore di Clevenger).
La distillazione in corrente di vapore è la modalità più diffusa per ottenere gli oli essenziali. In essa
il vapore generato con una caldaia esterna invade il materiale vegetale ed estrae l’olio essenziale
dalla droga.
Il tempo di distillazione può avere conseguenze importanti sul prodotto finale. Nella maggior parte
dei casi le componenti più pesanti dell’olio essenziale si estraggono nelle ultime fasi di
distillazione; di conseguenza, partendo dalla stessa materia prima, a tempi di distillazione differenti
si otterranno oli essenziali diversi sia chimicamente che dal punto di vista organolettico [11].
5. Estrazione con fluidi supercritici
L’estrazione avviene con l’impiego di CO2 supercritica in condizioni di pressione moderata (75-150
bar); in questo modo lo stress termico è ridotto e si ottiene un olio ricco di componenti. La resa
dell’estrazione in flusso di CO2 varia con le temperature e pressioni utilizzate [11].
Da quanto sopraddetto si conclude che i fattori che influenzano la quantità e la qualità di un olio
essenziale sono molteplici e pertanto è necessario standardizzare il più possibile i processi per poter
ottenere oli essenziali simili.
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1.4 Gli ultrasuoni
Introduzione
Le vibrazioni dell’aria che possono essere percepite dall’orecchio umano sono chiamate suoni. Ogni
suono è caratterizzato da un’intensità e da una frequenza. Nella realtà i suoni che percepiamo sono
l’insieme di più frequenze prodotte contemporaneamente, ognuna con una propria intensità
caratteristica. Pertanto ciò che distingue un suono dagli altri è la distribuzione temporale delle varie
frequenze e delle rispettive intensità.
Studi fonometrici hanno dimostrato che mediamente l’uomo è in grado di udire suoni la cui
frequenza è compresa tra i 20 e i 20 000 Hz. Tale gamma di frequenze è chiamata campo di
udibilità dello spettro sonoro.
Sotto e sopra l’intervallo di udibilità esistono altre vibrazioni che, seppur non percepite dall’uomo,
giocano un ruolo importante in numerosi fenomeni fisici. Tra questi menzioniamo gli ultrasuoni.
Gli ultrasuoni sono perturbazioni di tipo ondulatorio la cui frequenza è superiore al limite massimo
di udibilità dell’essere umano (20 kHz).
All’interno dell’intervallo ultrasonoro è possibile compiere una ulteriore sommaria suddivisione
degli ultrasuoni in base alla frequenza a cui sono generati [14]:
- ultrasuoni a bassa frequenza: da 20 a 100 kHz
- ultrasuoni a media frequenza: da 100 kHz a 1 MHz
- ultrasuoni ad alta frequenza: da 1 a 10 MHz
Gli ultrasuoni possono essere descritti come
fenomeni di compressione e rarefazione della
materia (grafico A in Figura 1) ovvero,
rappresentati su un piano cartesiano, con una linea
sinusoidale in cui i picchi positivi coincidono con
la massima compressione e quelli negativi con la
massima rarefazione (grafico B in Figura 1).
Come ogni altro fenomeno ondulatorio, sono soggetti a riflessione, rifrazione e diffrazione e
possono essere definiti mediante parametri quali la frequenza (in Hertz, ovvero il numero di cicli al
secondo), la lunghezza d'onda (in metri, ovvero la distanza tra i due picchi di compressione o
rarefazione, ), la velocità di propagazione (in metri al secondo, ottenuta dal prodotto tra frequenza
e lunghezza d’onda), l'intensità o ampiezza delle onde (in watt/cm2 o in Pascal o in deciBel, I), il
periodo (in secondi, ovvero il tempo che intercorre tra il passaggio di due fronti d’onda nello stesso
punto).
Gli ultrasuoni godono di importanti proprietà fisiche. Data la loro corta lunghezza d’onda, sotto
Figura 1 rappresentazione grafica delle onde sonore
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certe condizioni limitative, si propagano in modo rettilineo, le intensità ottenibili sono molto elevate
e possono essere assorbiti nei vari mezzi.
In natura molti animali utilizzano gli ultrasuoni per vari scopi. I pipistrelli ad esempio, pur essendo
privi di vista, riescono ad orientarsi grazie ad essi; diversi animali marini comunicano tra loro con le
onde ultrasonore. Anche l’uomo, da circa un secolo, ha scoperto l’esistenza degli ultrasuoni ed ha
saputo realizzare dispositivi che li sfruttano in molte applicazioni.
I più importanti utilizzi si hanno in campo medico, dove viene sfruttata la capacità di penetrazione
nei tessuti, dando la possibilità di utilizzare tecniche diagnostiche come l’ecografia e l’ecodoppler.
Gli stessi principi sono usati per l’analisi dei materiali e per la ricerca delle difettosità dei prodotti
dell’industria meccanica. Inoltre, esistono numerose applicazioni in ambito marino, di cui le più
importanti sono il SONAR (SOund Navigation And Ranging), che montato sulle navi, consente
l’individuazione di ostacoli naturali o artificiali e l’ecoscandaglio, che permette la misurazione della
profondità del mare.
Le onde ultrasonore sono altresì sfruttate per miscelare rapidamente liquidi diversi, sciogliere
sostanze poco solubili nei liquidi, realizzare sensori di parcheggio e misuratori della distanza.
Il primo studio effettuato sugli ultrasuoni risale al 1927 ed è intitolato “Gli effetti chimici delle onde
sonore ad alta frequenza”. Tale lavoro scientifico presentava l’applicazione degli ultrasuoni per
l’emulsione e la pulizia di superfici [15]. Nel 1959, le onde ultrasonore trovarono applicazione per
la disgregazione delle cellule grazie alla progettazione dei primi processori ultrasonici del tipo a
sonda, che attualmente vengono utilizzati per numerosi fini: catalisi, omogeneizzazione,
sospensione, disaggregazione, scissione, dispersione, solubilizzazione, polimerizzazione e
degassamento [16]. Dagli anni sessanta l’uso degli ultrasuoni nei processi industriali iniziò a trovare
riscontro positivo e l’interesse per questa tecnologia è aumentato fino ai numerosi impieghi attuali
[17] [18] [19].
Generazione degli ultrasuoni
La tecnica comunemente adottata per generare ultrasuoni, è quella di trasformare delle oscillazioni
elettriche in oscillazioni meccaniche per mezzo di un opportuno trasduttore, ossia di un dispositivo
atto a convertire energia in forme diverse [20].
Le vibrazioni sono poi trasmesse al mezzo a cui è accoppiato il trasduttore, propagandosi sotto
forma di onde [16] [20].
Esistono diversi tipi di trasduttori per la generazione di ultrasuoni di cui i principali sono sotto
elencati.
Trasduttori meccanici, nei quali l'ultrasuono è generato dall'uscita di un getto di aria da orifizi, che
vengono periodicamente interrotti mediante la rotazione di un disco forato. Questi trasduttori
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possono fornire potenze acustiche fino a 30 kW per frequenze comprese fra 20 e 100 kHz [20].
Trasduttori piezoelettrici, nei quali il cristallo o la ceramica vengono eccitati da un campo elettrico
alternato a entrare in vibrazione alla frequenza di risonanza meccanica. Se lungo l’asse di un
cristallo piezoelettrico si applica un campo elettrico alternato, il cristallo si espande e si contrae
lungo l’asse. Quando la frequenza del campo elettrico applicato si avvicina alla frequenza naturale
di un generico modo di vibrazione longitudinale del cristallo, l’ampiezza della risultante vibrazione
meccanica diventa significativa. Questi tipi di trasduttori sono usati per produrre ultrasuoni con
limite superiore di frequenza fino a 200 kHz [20].
Trasduttori elettrostrittivi, anch'essi usati in risonanza, sfruttano l'elettrostrizione (fenomeno in cui
il cristallo, sottoposto a un campo elettrico, quindi sede di una polarizzazione dielettrica P, si
deforma proporzionalmente a P) di materiali come il titanato di Bario, aventi come caratteristiche
positive un'elevata sensibilità e la possibilità di assumere le forme più varie, oltre a esser atti a
concentrare elevata potenza in spazi ristretti.
Trasduttori magnetostrittivi, usati in risonanza, sfruttano la magnetostrizione ossia la deformazione
che subisce un corpo solido cristallino per effetto della magnetizzazione. I trasduttori a
magnetostrizione sono generalmente fatti di leghe di ferro, nichel e cobalto. Sono meccanicamente
resistenti e capaci di produrre grandi potenze acustiche con un rendimento di circa il 60%. Il loro
principale difetto è il basso limite superiore di frequenza, limitato a 100 kHz [20] [21].
La tipologia di trasduttore più utilizzata nella costruzione dei bagni a ultrasuoni impiegati nel nostro
lavoro è quella piezoelettrica.
Con il termine piezoelettricità si intende il fenomeno manifestato da alcune classi di materiali
cristallini, chiamati genericamente cristalli piezoelettrici, i quali si polarizzano elettricamente per
effetto di deformazioni meccaniche di tipo elastico, mentre, viceversa, gli stessi si deformano
elasticamente se sono sottoposti a un campo elettrico.
Nel primo caso, quando cioè si produce una tensione proporzionale alla pressione (o trazione)
applicata, si parla di effetto piezoelettrico diretto, nel secondo caso, quando si genera un
cambiamento nella struttura cristallina a causa del campo elettrico applicato, si parla di effetto
piezoelettrico inverso o effetto Lippmann.
I materiali comunemente utilizzati per la costruzione di trasduttori piezoelettrici sono il titanato di
Bario, solfonato di Litio, metagnobato di Bario, zirconato di Bario e zirconato di Piombo. I primi
due citati sono i più abitualmente utilizzati.
Gli ultrasuoni sono quindi generati ponendo un piezoelettrico fra due superfici metalliche collegate
con un generatore di corrente alternata di opportuna frequenza, il cristallo entra in vibrazione
irradiando nel mezzo circostante onde elastiche di frequenza uguale a quella della corrente.
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17
più possibile le caratteristiche naturali. Un altro aspetto molto importante che deve essere tenuto in
considerazione è la riduzione del fabbisogno energetico dei processi, in modo da ridurre sia i costi
economici che ambientali.
Nel settore alimentare la tecnologia degli ultrasuoni trova molteplici applicazioni, di seguito sono
elencate le principali.
Estrazione: molta attenzione è stata attribuita all’applicazione degli ultrasuoni per l’estrazione di
composti naturali. L’utilizzo di tecniche convenzionali richiede tempi lunghi per completare il
processo, mentre l’utilizzo della tecnica a ultrasuoni li riduce drasticamente. D’altro lato gli
ultrasuoni possono essere utilizzati come tecnica di diagnosi per controllare i processi alimentari
e vengono sfruttati per il loro miglioramento, influenzando la cinetica, il rendimento e la qualità
del prodotto finito. Diverse classi di composti come aromi, polifenoli, sostanze organiche e
minerali vengono estratte in modo efficiente da numerose matrici. L’estrazione avviene grazie
al fenomeno della cavitazione sopra descritto [24].
Antibatterico e sanitizzante: sfrutta le alte temperature ed il fenomeno della cavitazione per
distruggere la membrana cellulare dei microrganismi. Una maggiore efficacia risulta a
temperature maggiori di 50°C [25] [26]. I risultati mostrano effetti positivi dal punto di vista
delle caratteristiche chimico-fisiche del prodotto trattato (come colore, sapore, ecc.), rispetto a
quelli che si ottengono con tecniche convenzionali, come ad esempio la pastorizzazione che
sfrutta temperature più elevate. Un’altra applicazione degli ultrasuoni relativa alla
sanitizzazione si riscontra nel trattamento delle barrique infestate da lieviti appartenenti alla
specie Brettanomyces. L’efficacia sanitizzante degli ultrasuoni è risultata superiore rispetto alle
tecniche di pulizia convenzionali. Questa applicazione comporta inoltre la riduzione dei costi
del trattamento, l’allungamento della vita della barrique, la diminuzione dell’impiego di
composti chimici e l’eliminazione degli antociani assorbiti dal legno, che potrebbero essere
utilizzati dai Brettanomyces come fonte di carbonio.
Emulsione: se una bolla di cavitazione implode lungo la superficie di contatto fra due liquidi
immiscibili, è in grado di formare una miscelazione stabile tra i due liquidi [27]. L’emulsione
generata dagli ultrasuoni è stata sfruttata soprattutto nel settore petrolchimico, chimico,
cosmetico e farmaceutico, ma anche in quello alimentare nella tecnologia dei succhi di frutta,
della maionese e del ketchup [28].
Cristallizzazione: uno dei problemi della conservazione degli alimenti è la formazione lenta dei
cristalli di ghiaccio. Questo fenomeno si manifesta con cristalli grossolani che possono causare
la rottura delle cellule e il conseguente ammorbidimento dei tessuti (ad es. carne, vegetali, ecc.).
Gli ultrasuoni ad alta potenza influenzano il processo di cristallizzazione, attraverso l’avvio
-
18
della nucleazione, lo sviluppo e la formazione di piccoli cristalli [29] [30]. Il congelamento
assistito con ultrasuoni permette pertanto di ridurre i tempi di formazione dei cristalli e di
ottenere cristalli omogenei di piccole dimensioni, preservando l’integrità del prodotto [31].
Filtrazione: i moti vibrazionali generati dagli ultrasuoni permettono di lasciare libere le superfici
dei filtri, consentendo il passaggio del liquido [32].
Separazione: se gli ultrasuoni vengono usati a bassa frequenza (30 kHz) possono separare i
componenti di un’emulsione acquosa (ad es. acqua ed olio). A frequenze maggiori i componenti
si miscelano [33].
Viscosità: gli ultrasuoni sono applicati sia per aumentare che per diminuire la viscosità di un
fluido ed, in base all’intensità, l’effetto può risultare permanente o temporaneo.
Antischiuma: applicata soprattutto su bevande gassate, permette di evitare l’insorgere di
caratteri negativi, che influenzano la qualità del prodotto, limita le perdite e riduce i costi di
gestione per vasche supplementari [34] [35].
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20
Le specie appartenenti al genere Mentha presentano fusto tetragono, foglie semplici e opposte,
sessili o picciolate e di forma molto variabile; i fiori si formano alla ascella delle foglie o in spighe
alla sommità dei fusti; il calice è campanulato. Tutte le specie di questo genere hanno corolla con
quattro lobi poco diseguali tra loro e di aspetto scarsamente bilabiato, colore dal rosa al purpureo e
talora bianco, odore aromatico penetrante, con leggere sfumature, che possono venire agevolmente
percepite anche tra l’una e l’altra popolazione [36] [37].
Le piante di questo genere si propagano e diffondono con estrema facilità perché abbondantemente
stolonifere e la divisione del cespo rappresenta un facile mezzo di moltiplicazione. Per la
coltivazione sono richiesti terreni sciolti, fertili, profondi e freschi. Anche allo stato spontaneo si
trova più facilmente in queste condizioni pedologiche [36].
La specie di maggiore interesse industriale è Mentha x piperita.
Specie di minore importanza sono Mentha pulegium, una piccola pianta che raramente arriva a
cinquanta centimetri di altezza, con fiori riuniti in verticillastri di color rosa o viola, talora bianco e
che viene impiegata come pianta aromatizzante in cucina; Mentha spicata che viene usata come
aromatizzante per il suo profumo intenso; Mentha requienii Benth. di interesse ornamentale in
quanto molto bassa, stolonifera, con fusti filiformi, piccole foglie e fiori purpurei che formano
graziosi tappeti.
Mentha x piperita
Mentha x piperita rappresenta un complesso di
piante ottenute per ibridazione tra Mentha
aquatica e Mentha spicata ed esistenti solo allo
stato coltivato. Di questa specie esistono tre
subibridi che sono piperita L., citrata Ehrh e
nepetoides Lej. [37].
La pianta di Mentha x piperita (Figura 5) presenta
robusti stoloni da cui si ergono fusti quadrangolari,
spesso rosa-violacei, che portano foglie semplici,
opposte, brevemente picciolate, ovate-oblunghe,
acute all’apice, arrotondate alla base,
irregolarmente seghettate al margine, glabre,
munite nella pagina inferiore di peli corti e rigidi e
di tipici peli ghiandolari di tipo peltato e capitato.
Le infiorescenze, a spicastro, hanno fiori debolmente bilabiati, con corolla rosa-violacea.
Mentha x piperita necessita di clima temperato con acqua e sole sufficienti.
Figura 5 pianta di Mentha x piperita
-
21
La raccolta è meccanizzata e viene effettuata all’inizio della fioritura. Sono presenti coltivazioni di
menta in varie regioni europee, in Italia soprattutto in Piemonte. Il maggiore produttore mondiale
sono gli Stati Uniti [38].
L’olio essenziale di menta piperita è ottenuto distillando in corrente di vapore o in acqua le foglie.
L’essenza di Mentha x piperita è contenuta in misura preponderante nelle foglie e in quantità minori
nelle sommità fiorite e negli steli [39]. A conferma di quanto detto, la letteratura indica che in
Mentha aquatica, una delle specie dell’ibrido Mentha x piperita, l’organo con il maggior contenuto
di essenza è la foglia (0,13%) data la maggiore densità di ghiandole dell’olio essenziale, seguita
dalle parti aeree (0,07%) e dagli steli (0,01%) [40].
Anche nelle foglie il quantitativo di olio essenziale e dei relativi costituenti varia a seconda della
loro posizione sulla pianta. L’olio delle foglie poste ad altezze maggiori contiene fino a tredici volte
più mentone (Figura 6) rispetto alle foglie poste nella parte basale. Le foglie più vecchie, e quindi
nella parte bassa della pianta, forniscono olio più ricco di mentolo (Figura 7) rispetto a quelle più
giovani [39].
Figura 6 L-(-)-mentone Figura 7 L-(-)-mentolo
Le specie officinali sono caratterizzate da una concentrazione di principi attivi, variabile nel corso
del proprio ciclo di crescita e sviluppo. Di conseguenza, l’esatto momento della raccolta ricopre una
importanza fondamentale nel determinare la costanza di composizione degli oli essenziali estratti da
una pianta. Ogni droga ha uno specifico tempo balsamico di raccolta, ossia quel momento dello
sviluppo vegetativo in cui la pianta raggiunge la massima concentrazione di sostanze attive.
Trattando Mentha x piperita la Farmacopea Ufficiale Italiana indica che il momento ottimale di
raccolta, allo scopo di ottenere il più alto rendimento in olio essenziale, è qualche giorno prima
della fioritura. Altri autori sostengono che la migliore epoca per il raccolto, è il momento della
piena fioritura, in quanto la pianta di menta raccoglie sempre maggiori quantità di olio essenziale
entro le cellule oleifere delle foglie fino a completa fioritura [39].
L’olio essenziale si presenta sotto forma di un liquido dal colore giallo chiaro, giallo paglierino, e
talvolta giallo verdastro. Il suo odore e sapore è molto rinfrescante anche in minime quantità.
-
22
La quantità di olio essenziale ottenibile varia tra i 10 e i 30 ml/kg di droga secca [38]. La
Farmacopea Ufficiale Italiana considera accettabile una Mentha x piperita il cui contenuto in olio
essenziale sia pari o superiore a 12 ml/kg di droga secca. La resa media in percentuale varia tra lo
0,09% e l’1,2% del peso della droga secca [41]. La quantità è comunque molto variabile in funzione
dei motivi indicati nel paragrafo “Fattori che influenzano la resa quantitativa e qualitativa in olio
essenziale”.
Dalla letteratura emerge che il componente principale dell’olio essenziale di Menta x piperita è il
mentolo (42%) con i relativi esteri di mentolo (acetato e isovalerianato di mentolo), seguito da
mentone (12%), mentofurano (1-2%) ed altri monoterpeni e sesquiterpeni [42].
L’olio essenziale di menta ricopre un’importanza economica a livello globale in quanto è tra gli oli
maggiormente impiegati nell’industria alimentare (dolciumi, bibite gassate, sciroppi e liquori),
cosmetica (per aromatizzare quanto concerne l’igiene della bocca e le creme da barba), profumiera
(per le acque da toeletta che necessitano di una nota fresca), farmaceutica (per l’aromatizzazione dei
preparati), come pure in campo medico.
La menta è da sempre usata come rimedio nei disturbi dell’apparato gastrointestinale per le
proprietà stomachiche, coleretiche, antispasmodiche e carminative. A ciò si aggiunge un’azione di
stimolo generale a carico del sistema nervoso, determinando un’attività corroborante. L’olio
essenziale di menta piperita ha dimostrato un’azione antispasmodica a livello della muscolatura
liscia intestinale. La droga viene tradizionalmente utilizzata per la cura di disturbi digestivi,
flatulenza, eruttazioni; per facilitare le funzioni di eliminazione urinaria e digestiva. Il mentolo
possiede un’attività decongestionante delle mucose nasali e per questo è utilizzato in caso di
raffreddore e naso chiuso. Applicato sulla pelle dona una sensazione di freddo e viene utilizzato in
varie affezioni dermatologiche e nei massaggi.
Alle foglie di menta sono attribuite proprietà tonico-eupeptiche, carminative e blandamente
analgesiche, che la rendono particolarmente utile in caso di atonia del tubo digerente, specialmente
se associata ad altre piante che ne condividono le proprietà (melissa, camomilla, finocchio e così
via). La menta è infatti in grado di ridurre il tono dello sfintere esofageo e di facilitare l’eruttazione.
La menta è anche usata per combattere la nausea, in particolare quella che dipende da discinesia
delle vie biliari e quella della gravidanza. Il mentolo esercita un’azione stimolante dell’appetito.
L’attività diuretica della menta è giudicata debole. Alla dose di 1000 mg/kg si nota oliguria a
testimonianza di una probabile nefrotossicità della pianta. Alla dose di 1000 mg/kg la pianta
manifesta un effetto sedativo bifasico, effetto stimolante seguito da depressione. L’olio essenziale
presenta valenza antimicrobica ed interessanti proprietà immunomodulanti ed antiinfiammatorie
[42]. L’olio essenziale viene infatti impiegato nelle flogosi delle vie aeree superiori: vaporizzazioni
-
23
di olio essenziale, aspirate attraverso le narici, possono risolvere alcuni stati infiammatori dei seni
frontali e possono risultare utili come antisettico bronchiale. L’infuso di menta viene consigliato
quale calmante della tosse ed espettorante nei postumi di bronchiti influenzali.
La menta applicata sulla pelle e sulle mucose determina un senso di freddo localizzato e anestesia
locale più o meno marcata. L’azione anestetica locale sarebbe dovuta al blocco dei canali del calcio;
risulta, inoltre, antisettica. Rientra nelle preparazioni per l’igiene della bocca, degli antalgici
dell’orofaringe, e dei composti addolcenti e antipruriginosi per le affezioni dermatologiche. Piccole
quantità di olio essenziale frizionate sulle tempie manifestano azione anticefalica, in altre parti
interessate hanno effetto antireumatico e rilassante della muscolatura. Essa presenta anche una
discreta azione antimicotica che rende utile l’olio essenziale come coadiuvante nelle malattie
cutanee da funghi. L’olio essenziale risulta irritante per mucose e cute e pertanto va sempre diluito
prima dell’uso [42].
-
24
2. SCOPO DELLA TESI
Le onde ultrasonore ad elevata intensità hanno destato notevole interesse nei processi industriali in
cui la promozione di reazioni chimico-fisiche può comportare un vantaggio strategico mantenendo
un’elevata riproducibilità, ottimizzando i costi di trasformazione, semplificando il lavoro, dando
maggiore purezza al prodotto ed usando solo una frazione del tempo e dell’energia necessaria
rispetto ai processi convenzionali. Molta attenzione è stata attribuita all’applicazione degli
ultrasuoni per l’estrazione di composti naturali che agiscono in tempi più rapidi rispetto alle
tecniche convenzionali.
Il nostro interesse è stato indirizzato verso lo studio di un’applicazione specifica degli ultrasuoni
che riguarda la distillazione in corrente di vapore di piante aromatiche.
Lo scopo della tesi è stato comparare le estrazioni di olio essenziale da foglie di Mentha x piperita,
sia fresche che secche; tali estrazioni sono state ottenute con due tecniche: la distillazione in
corrente di vapore tradizionale e la distillazione in corrente di vapore assistita da pretrattamento con
ultrasuoni.
Il confronto ha avuto l’obiettivo di comprendere se il pretrattamento con ultrasuoni migliorasse il
processo estrattivo. A tal fine è stata verificata l’influenza del pretrattamento riguardo a rese, tempi
di distillazione e qualità degli oli essenziali. Gli oli essenziali ottenuti con le due tecniche sono stati
sottoposti ad analisi compositiva per accertare che l’utilizzo degli ultrasuoni non comporti alcuna
alterazione dell’olio.
Inoltre, nel corso del lavoro sperimentale è sorta l’esigenza di caratterizzare strutturalmente il
metabolita secondario presente in maggior quantità negli oli essenziali. Grazie ad una
collaborazione con il CNR di Napoli un campione di olio essenziale di Mentha x piperita è stato
sottoposto a saggi di binding con recettori clonati della famiglia TRP (Transient Receptor
Potential), canali ionici coinvolti in numerosi meccanismi di percezione sensoriale.
La scelta di distillare menta è stata dettata dall’importanza commerciale dell’olio essenziale in essa
contenuto e dalla disponibilità di materiale vegetale.
La sperimentazione è stata condotta a scala di laboratorio, lavorando con quantità di materiale
vegetale dell’ordine di 10-20 g, standardizzando le operazioni di raccolta ed estrazione e applicando
un protocollo unico per il trattamento con ultrasuoni. Il possibile miglioramento del processo di
estrazione potrebbe comportare risparmi in termini economici ed energetici tali da giustificare una
estensione del metodo su impianti di maggiore dimensione.
Sono carenti in letteratura lavori scientifici che accoppiano il trattamento ad ultrasuoni con la
distillazione in corrente di vapore e i risultati di tali studi sono difficilmente interpretabili.
-
25
3. MATERIALI E METODI
3.1 Materiali e tecniche analitiche
Abbreviazioni
DCM: Diclorometano
US: Ultrasuoni
UV: Ultravioletto
TLC: Thin Layer Chromatography (cromatografia su strato sottile)
HPLC: High Pressure Liquid Chromatography (cromatografia liquida ad alta pressione)
Rf: Fattore di ritenzione
TLC
Per eseguire le cromatografie su strato sottile sono state utilizzate piastre di silice 60 F254 dello
spessore di 0,25 mm (Merck).
Per visualizzare le macchie presenti sulla lastrina TLC è stato utilizzato un rivelatore a UV a 254
nm e 365 nm e un colorante a base di cerio ammonio nitrato.
HPLC
Per eseguire le cromatografie liquide ad alta pressione è stata utilizzata una colonna in fase inversa
C18 Altima (Alltech), 250 mm x 4,6 mm, 3 m.
Condizioni di analisi: Altima C18, flusso 1 ml/min, fase isocratica seguita da un gradiente con
incremento di metanolo, rivelatore UV =254 nm (Tabella 2)
Tempo (min) Acqua % Metanolo %
0 30 70
15 30 70
25 0 100
45 0 100
Tabella 2 condizioni HPLC
1H-NMR, 13C-NMR
Gli spettri 1H-NMR e 13C-NMR sono stati registrati con strumenti Bruker AMX-300 operante a 300
MHz e Bruker ADVANCE operante a 600 MHz.
-
26
I dati riportati sono:
- Chemical shift
- Integrazione
- Molteplicità
Sigla Molteplicità
S Singoletto
D Doppietto
T Tripletto
Q Quartetto
Quint Quintetto
Dd Doppietto di doppietto
Ddd Doppietto di doppietto di doppietto
Dt Doppietto di tripletto
M Multipletto
B Broad
- Costanti di accopiamento (J) in Hz
3.2 Metodo sperimentale
Nel corso di questo lavoro sono stati indagati gli effetti che un pretrattamento con ultrasuoni,
abbinato alla distillazione in corrente di vapore, comporta in termini di rese, tempi di distillazione e
composizione chimica dell’olio essenziale ottenuto da foglie di Mentha x piperita. A tal fine è stato
intrapreso un confronto tra la classica distillazione in corrente di vapore e la distillazione in corrente
di vapore abbinata a un pretrattamento con ultrasuoni.
Nella fase iniziale è stato necessario mettere a punto il metodo d’indagine in modo da
standardizzare il processo per ottenere risultati confrontabili tra loro. Prima di procedere con le
distillazioni è stata decisa la durata della distillazione, la quantità di materiale vegetale da distillare,
i volumi di raccolta della fase aromatica e la tipologia e il volume di solvente utilizzato per
l’estrazione. Quest’ultimo è stato scelto dopo un’accurata verifica sull’efficacia estraente,
controllando la fase acquosa in HPLC e TLC prima e dopo l’estrazione.
Consultando la Farmacopea Ufficiale Italiana si è deciso di assumere un tempo di distillazione pari
a 120 minuti. Tale tempo è sufficiente per estrarre tutto l’olio essenziale dal materiale vegetale
come attestato dalle analisi HPLC effettuate sulle fasi acquose, che mostrano assenza di componenti
organici oltre le due ore.
-
27
Sono state svolte complessivamente 20 distillazioni così suddivise:
- 5 distillazioni su foglie di menta fresca;
- 5 distillazioni su foglie di menta fresca con pretrattamento a ultrasuoni;
- 5 distillazioni su foglie di menta secca;
- 5 distillazioni su foglie di menta secca con pretrattamento a ultrasuoni.
3.3 Materiale vegetale
Le prove per valutare il possibile effetto degli ultrasuoni nell’ottenimento dell’olio essenziale di
Mentha x piperita sono state condotte sia su foglie fresche che su foglie secche di menta.
Le foglie di menta secche sono state fornite da “Il
giardino delle erbe: viaggio tra forme profumi colori e la
storia del loro uso in montagna” (Figura 8) realizzato
nell’anno 2010 dall’Associazione Val.Te.Mo. presso il
centro Edolo, dove si trova la sede universitaria con il
Corso di Laurea in Valorizzazione e Tutela
dell’Ambiente e del Territorio Montano e il Centro di
Ricerca per gli Studi e la Gestione Sostenibile delle Aree
Montane (GESDIMONT).
Le piante di menta sono state raccolte nel giusto tempo balsamico durante l’estate 2013 e lasciate
essiccare all’ombra e a temperatura ambiente in un luogo areato sino a peso costante (umidità
massima 10-15%). Settimanalmete è stato registrato il peso in modo da quantificare la perdita di
acqua. Per ottenere un essiccamento uniforme la droga è stata rovesciata periodicamente.
La differenza tra il peso della droga fresca e quello della droga secca ha determinato il contenuto
d’acqua, utile per confrontare i quantitativi di olio essenziale ottenuti da foglie secche rispetto a
quelli ottenuti da foglie fresche. Tutte le rese in olio essenziale sono state riferite ai grammi di
foglie fresche. La differenza di peso riscontrata corrisponde ad un contenuto di acqua pari al
78,26%. Le piante wild-type di Mentha x piperita fresche sono state raccolte a San Pellegrino
Terme poco prima della distillazione.
Data la diversità dei luoghi di raccolta della droga, è stata verificata, in collaborazione con il
botanico Dr. Luca Giupponi, l’omogeneità della specie botanica, utilizzando le chiavi tassonomiche
indicate da Pignatti [37]. La determinazione ha accertato che i materiali vegetali raccolti
appartengono alla specie botanica Mentha x piperita (chiave 3249/b, volume 2, pag. 497). Anche le
indagini compositive condotte sugli oli essenziali ottenuti dalle piante di menta di Edolo e di San
Pellegrino Terme non hanno evidenziato differenze per il profilo fitochimico.
Figura 8 “Il giardino delle erbe: viaggio tra forme
profumi colori e la storia del loro uso in montagna”
-
28
3.4 Preparazione del materiale vegetale da distillare
Sono state sottoposte a distillazione solo foglie di Mentha x piperita.
Il materiale vegetale da distillare è stato preparato recidendo le
foglie dagli steli (Figura 9). Le foglie, dell’ordine di 10 grammi,
sono state sminuzzate e sottoposte a distillazione in corrente di
vapore. Nelle piante di menta fresca è stato notato che spesso le
foglie più basse, e quindi più vecchie, erano ingiallite e malformate.
Si è cercato pertanto di scartare tutto quel materiale vegetale che
avesse una qualche alterazione di forma o colore in modo da non
compromettere i risultati.
3.5 Bagno a ultrasuoni
Lo strumento utilizzato per sottoporre la droga all’azione delle onde ultrasonore è stato un bagno ad
ultrasuoni (Figura 10).
I bagni a ultrasuoni sono utilizzati per la pulizia di microfessure che non sono raggiungibili con
l’azione di strofinamento manuale. L'energia meccanica delle onde ultrasonore
si propaga uniformemente all'interno di un contenitore e l'alta frequenza
produce il caratteristico fenomeno della cavitazione. Durante il fenomeno
cavitativo si formano microscopiche bolle che implodono liberando enormi
quantità di energia e onde d’urto. L'energia d'urto di queste implosioni aumenta
l'efficacia del sistema di pulitura penetrando anche nei pori più piccoli, nelle
fessure e cavità di oggetti, anche di geometria irregolare e complessa e
impossibili da trattare in modo soddisfacente con i metodi tradizionali.
Le applicazioni sono svariatissime e interessano il settore industriale, orafo, ottico, elettronico, del
restauro, chimico, della strumentazione chirurgica e molti altri.
In questo studio il bagno a ultrasuoni è stato utilizzato per sottoporre le foglie di Mentha x piperita,
sia fresche che secche, all’azione ultrasonora e valutare l’effetto sull’estrazione di olio essenziale in
termini di resa, tempi di distillazione e composizione chimica dell’olio.
Per la nostra sperimentazione è stato utilizzato il bagno ad ultrasuoni Eurosonic 22 in acciaio inox
con le seguenti caratteristiche tecniche:
-capacità della vasca di 3,5 litri e timer da 1 a 30 minuti;
-forma rettangolare della vasca di dimensioni 250x140x100 mm;
-frequenza 50 kHz;
-produzione degli ultrasuoni con trasduttore piezoelettrico;
-potenza 50 W.
Figura 10 bagno a
ultrasuoni
Figura 9 materiale vegetale da
distillare
-
29
Il bagno a ultrasuoni è stato attivato per 10 minuti con sola acqua distillata dopodiché sono stati
messi in stazionamento 10 grammi di foglie di menta per ulteriori 10 minuti.
È stata registrata una variazione di temperatura media di 6°C tra l’avvio e lo spegnimento dello
strumento.
A fine trattamento le foglie e l’acqua di pretrattamento sono state poste nella caldaia di distillazione
e sottoposte alla distillazione in corrente di vapore.
3.6 Distillazione in corrente di vapore
Le distillazioni sono state condotte con apparecchiatura in vetro e il vapore, generato con caldaia da
1 litro di capacità, è stato convogliato sul materiale vegetale posto in un pallone da 500 ml.
Il processo ha avuto durata di 2 ore (calcolate dalla caduta della prima goccia di distillato) e le fasi
aromatiche sono state raccolte in volumi di 100 ml. Per ciascun distillato acquoso è stato annotato il
tempo di distillazione. Ogni fase aromatica è stata estratta separatamente con solvente (DCM) in
imbuto separatore. Ciascuna fase acquosa è stata estratta per 3 volte con 30 ml di solvente,
anidrificata sopra Na2SO4 anidro e il solvente è stato rimosso in vuoto.
Inoltre, sono state condotte distillazioni con generazione di vapore in situ nelle quali le foglie sono
state messe direttamente in caldaia. La distillazione in acqua non ha evidenziato differenze di rese,
tempi di distillazione o di qualità degli oli essenziali rispetto alla distillazione in corrente di vapore.
L’idrodistillazione è solitamente sconsigliata per componenti termicamente labili. Dal punto di vista
pratico operare con generazione di vapore in situ è molto più comodo se si devono eseguire
distillazioni successive dato che non è necessario a fine distillazione sostituire la caldaia ma è
sufficiente aggiungere una idonea quantità di acqua distillata.
L’olio essenziale ottenuto è stato stoccato in frigorifero a 4°C per le successive analisi.
3.7 Analisi su oli essenziali di menta
Gli oli essenziali ottenuti dalle distillazioni sono stati analizzati mediante TLC e HPLC e risultano
contenere un metabolita secondario come componente presente in maggiore quantità. Come
standard di riferimento è stato utilizzato il mentolo, noto metabolita monoterpenico presente in oli
essenziali di Mentha x piperita. Tale componente non è stato ritrovato in nessuno degli oli
essenziali ottenuti.
-
30
In Figura 11 è stata riportata una TLC di 4 oli essenziali (1-4) in confronto con lo standard L-(-)-
mentolo (5):
1- Olio essenziale di menta fresca (AS12), 2- olio essenziale di
menta fresca con US (AS13), 3- olio essenziale di menta secca
(AS16), 4-olio essenziale di menta secca con US (AS19), 5- L-(-)-
mentolo.
La TLC è stata ottenuta utilizzando come eluente una miscela di
toluene/acetato d’etile in rapporto 93/7 e colorata con reagente a
base di cerio ammonio nitrato. Il componente principale negli oli
essenziali di menta è risultato lo stesso in tutti i campioni, visibile a
254 nm e con un Rf di 0,50, mentre il mentolo ha un valore di Rf di
0,58.
I campioni di olio essenziale sono stati analizzati in HPLC, NMR e
GC-MS e risultano paragonabili tra loro.
Figura 11 analisi TLC di oli essenziali
(1-4) e L-(-)-mentolo (5)
1 2 3 4 5
-
3.8 Carat
Per ricavar
stato neces
di massa.
Dall’analis
struttura de
sciogliendo
deuterato s
dello spet
disaccoppi
tterizzazion
re informaz
ssario ricorr
si degli spe
el metaboli
o il campio
si era notata
ttro. Nelle
iato, DEPT
F
ne struttura
zioni struttu
rere a tecni
ettri 1H e
ita incognito
one di olio
a una sovra
Figure 1
135, COSY
Figura 12 spettr
ale del met
urali sul com
che spettros
13C NMR
o un monot
essenziale
apposizione
2-17 sono
Y e di etero c
ro 1H NMR in C
31
tabolita sec
mponente p
scopiche qu
monodime
terpene oss
in due div
e di segnali
riportati
correlazion
CDCl3 dell’olio
ondario pr
revalente ch
uali la spett
ensionali è
igenato. Gl
versi solven
che rendev
rispettivam
e one-bond
o essenziale di M
revalente ne
he caratteri
troscopia N
stata ipoti
li spettri NM
ti, in quant
vano diffico
ente gli sp
e long-rang
Mentha x piperi
ell’olio esse
izza l’olio e
NMR e la sp
izzata com
MR sono st
to in solo c
oltosa l’inte
pettri 1H,
ge.
ita
enziale
essenziale è
pettrometria
me possibile
tati eseguiti
cloroformio
erpretazione13C NMR
è
a
e
i
o
e
R
-
Figgura 13 spettro 13C NMR (acet
32
tone-d6) dell’ollio essenziale ddi Mentha x pipe
erita
-
Figura 14 spe
CH3)
ettro DEPT 1355 (acetone-d6) dell’olio essenz
33
ziale di Menthaa x piperita (segnali negativi p
per i CH2 e poositivi per CH ee
-
F
Figura
Figura 15 spettr
a 16 spettro HM
ro COSY (aceto
MBC (acetone-d
34
one-d6) dell’olio
d6) one-bond de
o essenziale di M
ell’olio essenzia
Mentha x piper
ale di Mentha x p
rita
piperita
-
Figura 117 spettro HMB
BC (acetone-d6
35
6) long-range ddell’olio essenziaale di Mentha x
x piperita
-
36
Nello spettro 13C NMR (Figura 13) si evidenziano 10 carboni, di cui 5 di tipo alifatico, risuonanti a
campi alti (21-29 ppm) con 2 sistemi metilenici che nell’esperimento DEPT (Figura 14) si
presentano come picchi negativi (23,76 e 28,50 ppm), e tre gruppi metilici (21,91, 23,14 e 23,10
ppm). Altri segnali identificati sono 2 carboni legati ad un ossigeno risuonanti a 63,62 e 63,85 ppm,
un gruppo chetonico a 198,10 ppm e due segnali di carboni quaternari a 128,71 e 148,57 ppm
associabili ad un doppio legame.
Al fine della corretta identificazione della struttura è stata eseguita un’analisi GC-MS (Figura 18)
in collaborazione con la Dr.ssa Sara Panseri del Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica
dell’Università di Milano. Anche da questa analisi emerge la presenza di un unico componente con
Tr 9,75 min.
Figura 18 spettro GC-MS dell’olio essenziale di Mentha x piperita
Le indicazioni ricavate dallo spettro di massa hanno confermato l’ipotesi di un composto con
formula bruta C10H14O2 con peso molecolare 166 uma.
C:\Xcalibur\...\olio-ess-AS3A-12-06-2014 6/12/2014 4:46:17 PM olio ess
RT: 5.09 - 38.50
6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 34 36 38
Time (min)
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Rela
tive A
bundance
9.75
38.4437.6136.14
34.5831.2631.0629.5628.0725.9924.3223.0221.779.11 20.2810.56 18.848.20 16.7114.5013.55
NL:
7.01E7
TIC MS
olio-ess-
AS3A-12-
06-2014
olio-ess-AS3A-12-06-2014 #262 RT: 9.76 AV: 1 SB: 2 9.61 , 10.01 NL: 9.26E6
T: + c EI Full ms [50.000-450.000]
50 100 150 200 250 300 350 400
m/z
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Rela
tive A
bundance
138
67
68
13779
123109
53 81 9516669 15155 91
139133120
167152 293207180 199 277221 250 341268 322236 400312 428349 387 419366
-
37
Calcolando il grado di insaturazione (g.i.), applicando la formula
che è valida per molecole contenenti soltanto C, H e O, dove (2a+2) rappresenta l’idrocarburo
saturo corrispondente e b rappresenta gli atomi di idrogeno, è risultato un valore di 4. Il grado di
insaturazione così calcolato è servito come valida guida nella formulazione delle strutture chimiche
compatibili con la formula bruta; nello specifico 4 insaturazioni sono compatibili con un gruppo
carbonilico, un doppio legame e due sistemi ciclici.
Tutti i dati sono in accordo con la struttura del monoterpene ossigenato rotundifolone, noto anche
come piperitenone ossido o lippione (Figura 19).
Figura 19 struttura del rotundifolone
In letteratura sono riportati, per lo spettro MS (impatto elettronico 70 eV) [40], i seguenti frammenti
m/z (intensità relativa): 166 (M+, 23), 138 (100), 137 (39), 109 (28), 95 (19), 79 (30), 67 (72), 41
(16) e sono in buon accordo con il nostro dato sperimentale.
I dati NMR sperimentali e di letteratura sono stati riportati nella Tabella 3. La corretta attribuzione
dei segnali 13C è stata eseguita in base ad esperimenti bidimensionali di eterocorrelazione one-bond
e long-range.
(2a+2)-b
2g.i.=
-
38
n 1H CDCl3,
(molteplicità)
1H acetone-
d6
1H CDCl3
Letteratura
(500 MHz)
[40]
13C
CDCl3
13C
acetone-
d6
13C CDCl3
Letteratura
(125 MHz)
[40]
HMBC
Acetone-
d6
1 63,39 63,62 63,28
2 3,24 (s) 3,14 (s) 3,23 (s) 63,44 63,85 63,25 C3;C4;C10
3 198,41 198,19 198,19
4 127,66 127,58 127,58
5 2,35-2,49 (m) 2,09-2,43
(m)
2,35-2,49
(m)
23,10 23,03 23,03 C3;C4;C7
6 1,81-2,16 (m) 1,94-2,12
(m)
1,84-2,16
(m)
27,91 27,91 27,86 C3;C4
7 149,22 149,03 149,03
8 1,78 (s) 1,81 (s) 1,80 (s) 23,11 23,10 23,01 C4
9 2,10 (s) 2,10 (s) 2,11 (s) 23,14 23,14 23,01 C2;C3;C4
10 1,46 (s) 1,46 (s) 1,46 (s) 21,80 21,91 21,69 C1;C2;C6
Tabella 3 dati NMR
3.9 Purificazione del rotudifolone
Un campione di olio essenziale del peso di 22 mg è stato purificato mediante cromatografia flash su
colonna eluendo con una miscela di esano/acetato d’etile 8/2. La purezza del prodotto ottenuto (Rf
0,42) è stata valutata mediante TLC, HPLC e NMR. Da analisi polarimetrica il potere ottico
rotatorio specifico è risultato + 139° (c=0,573, CHCl3), in buon accordo con il dato di letteratura
(+148° c=0,3 in CHCl3) [46].
-
39
4. RISULTATI E DISCUSSIONE
Le distillazioni assistite dal pretrattamento con ultrasuoni sono state confrontate con quelle
tradizionali in termini di rese, tempi di distillazione e profilo chimico dell’olio essenziale, in modo
da comprendere l’influenza degli ultrasuoni nel processo estrattivo.
Tutte le elaborazioni contenute in questo capitolo sono riferite a grammi di foglie di menta fresca.
4.1 Rese e tempi di distillazione
I dati ottenuti dalle distillazioni sono stati riassunti nelle Tabelle 4, 5, 6, 7, in cui vengono riportati
la sigla identificativa del campione ed il luogo di raccolta, la massa vegetale (in grammi), la sigla
del distillato con la relativa quantità (in millilitri) ed il tempo impiegato per raccoglierlo (in minuti),
l’olio essenziale ottenuto (in milligrammi) e la resa (in percentuale)1.
1 La resa è stata calcolata dividendo i grammi di olio essenziale con i grammi di foglie di menta fresca sottoposti a distillazione e moltiplicando per 100. Nel caso della distillazione su materiale vegetale secco i grammi di foglie di menta secca sono stati convertiti in grammi di foglie di menta fresca considerando la perdita di peso dovuto al contenuto di acqua ricavato in fase di essiccamento.
-
40
Tabella 4 distillazioni su foglie di menta fresca
MASSA VEGETALE (g) DISTILLATO QUANTITÀ (ml) TEMPO (min) OLIO ESSENZIALE (mg) RESA %A 50 15B 50 14C 50 13D 50 19E 50 15F 50 13G 70 31 3,2
A 100 23 40,2B 100 22 0C 100 22 0D 100 23 0E 100 30 0
A 100 25 30,8B 100 20 0C 100 20 0D 100 20 0E 100 20 0
A 100 20 30,6B 100 20 1,4C 100 20 0,1D 100 20 0E 100 20 0F 100 20 0
A 100 20 25,2B 100 20 4,1C 100 20 0D 100 20 0E 100 20 0F 100 20 0
DISTILLAZIONI SU MENTA FRESCAM
enta
fre
sca
S.P
.T.2
014
AS
24M
enta
fre
sca
S.P
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014
AS
6
Men
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.P.T
.201
4 A
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a S
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.201
4 A
S15
Men
ta f
resc
a S
.P.T
.201
4 A
S22
0,31
0,32
45,9
14,4
9,1
0,36
0,4010,00
10,00
10,00
10,00 0,29
20,37
-
41
Tabella 5 distillazioni su foglie di menta fresca con ultrasuoni
MASSA VEGETALE (g) DISTILLATO QUANTITÀ (ml) TEMPO (min) OLIO ESSENZIALE (mg) RESA %A 100 15 15,9B 100 15 21,8C 100 15 17,2D 100 15 9,2E 100 15 0,6F 100 20 3,5G 100 25 4,9
A 100 20 17,8B 100 20 8C 100 20 4,8D 100 20 2,6E 100 20 1,4F 100 20 0,9
A 100 15 22,4B 100 15 8,8C 100 15 1,2D 100 15 0,1E 100 15 0F 100 15 0G 100 15 0
A 100 15 29,8B 100 15 6,8C 100 15 6,2D 100 15 4,1E 100 15 0F 100 15 0G 100 15 0
A 100 20 24,9B 100 20 3,6C 100 20 3,6D 100 20 3,1E 100 20 0,6F 100 20 0
Men
ta f
resc
a U
S
S.P
.T.2
014
AS
14M
enta
fre
sca
US
S
.P.T
.201
4 A
S23
DISTILLAZIONI SU MENTA FRESCA CON ULTRASUONIM
enta
fre
sca
US
S
.P.T
.201
4 A
S8
Men
ta f
resc
a U
S
S.P
.T.2
014
AS
11M
enta
fre
sca
US
S
.P.T
.201
4 A
S13
20,00 0,37
10,00 0,36
10,00 0,33
10,00 0,47
10,00 0,36
-
42
Tabella 6 distillazioni su foglie di menta secca
MASSA VEGETALE (g) DISTILLATO QUANTITÀ (ml) TEMPO (min) OLIO ESSENZIALE (mg) RESA %A 50 17 50,8B 51 14 27,5C 50 13 13,2D 50 13 8,4E 50 14 3,4F 50 14 0G 75 25 0
A 100 20 55,9B 100 20 16,3C 100 20 7,5D 100 20 2,7E 100 20 0,2F 75 20 0
A 100 20 56,8B 100 20 16,9C 100 20 8,5D 100 20 2,1E 100 20 0F 100 20 0
A 100 20 56,1B 100 20 21,6C 100 20 5,2D 100 20 2,6E 100 20 0F 100 20 0
A 100 20 54,9B 100 20 16,9C 100 20 9,8D 100 20 2,4E 100 20 0F 100 20 0
DISTILLAZIONI SU MENTA SECCAM
enta
sec
ca
Edo
lo20
13 A
S3
0,18
Men
ta s
ecca
E
dolo
2013
AS
16M
enta
sec
ca
Edo
lo20
13 A
S17
Men
ta s
ecca
E
dolo
2013
AS
18M
enta
sec
ca
Edo
lo20
13 A
S25
10,00
20,10 0,11
10,00 0,18
10,02 0,18
10,02 0,19
-
43
Tabella 7 distillazioni su foglie di menta secca con ultrasuoni
MASSA VEGETALE (g) DISTILLATO QUANTITÀ (ml) TEMPO (min) OLIO ESSENZIALE (mg) RESA %A 27 9 28,1B 25 6 19,4C 32 9 14,4D 26 6 8,7E 32 8 12,3F 26 6 5,5G 26 7 3H 47 13 8,7I 32 7L 28 6M 35 10N 35 10P 36 12Q 48 25
A 100 20 60,2B 100 20 21,4C 100 20 8,9D 100 20 4,7E 100 20 1,2F 100 20 0,4
A 100 20 55,3B 100 20 22,1C 100 20 9D 100 20 4,9E 100 20 3,6F 100 20 0,8
A 100 20 52,1B 100 20 17,5C 100 20 7,2D 100 20 4,6E 100 20 3,3F 100 20 0,2
A 100 20 58,8B 100 20 16,7C 100 20 8,9D 100 20 2,1E 100 20 0F 100 20 0
Men
ta s
ecca
US
Edo
lo20
13 A
S5
0,24
Men
ta s
ecca
US
E
dolo
2013
AS
19M
enta
sec
ca U
S
Edo
lo20
13 A
S20
Men
ta s
ecca
US
E
dolo
2013
AS
21
10,01 0,21
10,04 0,21
10,00 0,18
DISTILLAZIONI SU MENTA SECCA CON ULTRASUONI
8
3,5
10,00
10,00 0,19
Men
ta s
ecca
US
E
dolo
2013
AS
26
-
44
Per comprendere l’effetto del pretrattamento con ultrasuoni nei confronti delle rese sono state
calcolate e riportate in Tabella 8 le rese medie percentuali e le relative deviazioni standard.
CONFRONTE RESE DI DISTILLAZIONE CON E SENZA US
RESE MEDIE
% DEV. STAND.
RESE MEDIE
% DEV. STAND.
Menta fresca 0,34 0,04 Menta secca 0,17 0,03
Menta fresca US 0,37 0,06 Menta secca US 0,21 0,02
Tabella 8 rese medie percentuali e relative deviazioni standard
Dalla Tabella 8 si evince che le distillazioni precedute dal trattamento con ultrasuoni comportano
rese maggiori delle distillazioni ottenute secondo lo schema classico. Le rese ricavate dal materiale
vegetale secco sono inferiori a quelle ottenute da materiale vegetale fresco. L’effetto migliorativo
del pretrattamento ultrasonoro è stato riscontrato per entrambe le matrici ed è stato più consistente
nel caso di materiale vegetale secco con un incremento di resa del 23,5%, mentre su materiale
vegetale fresco l’incremento di resa si attesta all’8,8% (Tabella 9).
INCREMENTO DI RESA DOVUTO AGLI ULTRASUONI
MENTA FRESCA MENTA SECCA
8,8% 23,5%
Tabella 9 incremento di resa dovuto al pretrattamento con ultrasuoni
Tale risultato è in parziale disaccordo con studi precedenti a riguardo. Nello studio pubblicato da
Pingret e collaboratori [43], sono state confrontate la distillazione in corrente di vapore classica con
quella coadiuvata da ultrasuoni su bucce di limone. Le onde ultrasonore sono state applicate durante
l’intero processo utilizzando un apparato di Clevenger modificato, in cui è stata inserita, nel pallone
d’ebollizione, una sonda a ultrasuoni. I ris