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2014
gennaio – aprile 2014
UTFP NEWS n. 20
Unità Tecnica Finanza di Progetto
Il presente documento di proprietà UTFP – DIPE ‐ Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha scopo informativo e divulgativo. I contenuti sono utilizzabili citando obbligatoriamente la fonte. Non sono consentite la pubblicazione e la vendita anche parziale del contenuto. I contenuti di UTFP News non impegnano l'Unità Tecnica Finanza di Progetto e le istituzioni di appartenenza. La pubblicazione ha cadenza irregolare.
News e approfondimenti sul PPP e Project Finance
Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica
Economica
UTFP NEWS NUMERO 20 GENNAIO – APRILE 2014
UTFP NEWS
Presentazione
L’UTFP torna a divulgare la newsletter “UTFP News”, a un anno dalla pubblicazione dell’ultimo numero. L’esigenza di diffondere al pubblico la cultura del Partenariato Pubblico Privato tramite articoli, notizie, informazioni d’interesse dei progetti realizzati in project finance e approfondimenti su tematiche di attualità nel contesto del PPP è il tema essenziale che guida la pubblicazione della newsletter, che, a partire dal 2014, avrà cadenza quadrimestrale.
I componenti dell’Unità hanno aggiornato i contenuti del documento “UTFP 100 domande e risposte”. Tale pubblicazione ha riscosso particolare interesse nella sua prima edizione del 2009 e si è rivelata un importante strumento di supporto per gli addetti ai lavori nel campo del PPP, registrando più di 60.000 download dagli utenti del sito web istituzionale dell’UTFP. La versione del documento di maggio 2014 propone aggiornamenti relativi, in particolare, alle più importanti modifiche intervenute al Codice dei contratti pubblici, nonché del relativo Regolamento di attuazione, avendo riguardo, sul piano della normativa comunitaria, alla direttiva 2014/23/UE.
UTFP news n. 20 riporta, inoltre: news sui closing finanziari in Europa presentati da EPEC per il 2013, con un occhio di riguardo per i progetti autostradali di Bre.Be.Mi. e TEEM, nonché una sintesi dei principali dati presentati dal Cresme sul mercato del PPP in Italia nel rapporto 2013, con un focus per l’Emilia Romagna.
In questo numero si intende dare spazio alle principali novità intervenute in materia di PPP nella sezione “in evidenza nel 2013”, in particolare, a seguito dell’approvazione del Decreto Legge del 21 giugno 2013 n.69 “del Fare”.
D’interesse, nel panorama delle opere pubbliche, la pubblicazione di un Vademecum per l’applicazione del Modello di Linee Guida ai fini della predisposizione del Documento Pluriennale di Pianificazione ai sensi del D.Lgs. n. 228/2011, curato anche dall’UTFP.
Infine, gli approfondimenti presentati forniscono da un lato una panoramica sulle nuove direttive UE su appalti e concessioni, dall’altro un’attenta analisi del possibile ruolo della Pubblica Amministrazione nella valutazione di una proposta di intervento in project financing non previsto nella programmazione dei lavori pubblici, ai sensi del comma 19 dell’art. 153 del Codice dei contratti pubblici, le cui difficoltà interpretative da parte delle pubbliche amministrazioni risultano a tutt’oggi molto frequenti.
Sommario
News ‐ Nuova edizione di “UTFP: 100 domande e risposte”
‐ Convegno Unioncamere ‐ Presentato a Roma il Rapporto Cresme: “Il Partenariato Pubblico Privato per l’edilizia
sostenibile”
‐ Closing finanziari in Europa nel 2013: Bre.Be.Mi. e T.E.E.M tra gli importi più elevati
‐ Il PPP in Emilia Romagna nel 2013: l’UTFP partecipa alla presentazione del rapporto Cresme regionale
‐ Il PPP e i nuovi regolamenti comunitari in ambito di TEN – T e politica di coesione
‐ La BEI finanzia il porto di Ravenna
‐ Un Vademecum per l’applicazione del Modello di Linee Guida nella nuova stagione programmatoria (D.Lgs n
228/2011)
In evidenza nel 2013 ‐ PPP e Decreto del Fare: modifiche rilevanti
Approfondimenti ‐ Pubblicate le nuove direttive UE su appalti e concessioni
‐ La valutazione di un intervento in project financing non previsto nella programmazione dei lavori pubblici
Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica
Economica
Unità Tecnica Finanza di Progetto
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Nuova edizione di “UTFP: 100 domande e risposte”
La crescente rilevanza e diffusione delle operazioni di Partenariato Pubblico Privato presso le Pubbliche Amministrazioni unitamente alle modifiche normative intervenute hanno stimolato l’Unità Tecnica Finanza di Progetto ad aggiornare la pubblicazione “UTFP ‐ 100 domande e risposte” disponibile nella sua nuova versione su www.utfp.it.
La pubblicazione, redatta inizialmente nel 2009 e rivolta a coloro che nell’ambito della Pubblica Amministrazione Italiana, e non solo, si occupano di Partenariato Pubblico Privato e di Finanza di Progetto mantiene il taglio divulgativo e il formato snello con cui è stata predisposta la prima edizione al fine di diffondere con chiarezza i termini giuridici, procedurali ed economico finanziari che caratterizzano gli strumenti di PPP anche al fine di promuovere una terminologia omogenea tra operatori istituzionali e privati.
A questo fine, la strutturazione della pubblicazione in domande e risposte, alcune delle quali riprese dai quesiti che generalmente vengono rivolti all’Unità Tecnica Finanza Progetto nell’ambito della propria attività di assistenza alle Pubbliche Amministrazioni, lungi dall’esaurire la complessità dell’argomento, intende invece focalizzarsi sui concetti fondamentali che sottendono le operazioni in regime di PPP.
Il successo della pubblicazione, che intende configurarsi come uno strumento di approccio ai temi del PPP a partire da una trattazione in grado di coniugare la sistematicità
dell’approccio alla semplicità di lettura, è confermato dagli oltre 60.000 utenti che dal 2009 al 2013 hanno avuto accesso alla pubblicazione.
L’articolazione tematica con cui i contenuti sono organizzati nel documento riflette la dimensione multidisciplinare di questa fattispecie di operazioni e spazia da un primo inquadramento sui modelli di PPP mediante la loro identificazione e l’individuazione delle potenzialità e limiti per approfondire, successivamente, le questioni di ordine procedurale e di ordine giuridico riferita agli istituti di Partenariato Pubblico Privato più diffusi.
Gli aspetti economico finanziari riguardano l’analisi di fattibilità finanziaria, la sua articolazione e strutturazione, ai principali indicatori di redditività e bancabilità dell’investimento nell’ambito del Piano Economico Finanziario permettono di dare conto della
strutturazione complessiva di operazioni di questo tipo. Tra i principali elementi di novità rispetto alla precedente versione merita una segnalazione la sistematica e profonda revisione della sezione normativa rispetto al rinnovato quadro legislativo che ha considerato i seguenti tre livelli di integrazione e modifiche:
- La specificazione di alcuni elementi rilevanti derivati dal “Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice” riferibili alla definizione delle analisi che compongono gli Studi di Fattibilità; alla specificazione dei contenuti minimi della Convenzione e, infine, alla disciplina della Finanza di Progetto di contratti di concessione di servizi (ex. Art. 278 D.P.R. 207/2007) ovvero un modello di PPP che sta conoscendo un grande rilievo quantitativo all’interno del mercato del PPP italiano.
- L’inserimento di nuovi istituti nel Codice – è il caso del “Contratto di Disponibilità” – ovvero la definizione e le procedure connesse alla disciplina delle “Società a capitale misto per l’erogazione di un servizio pubblico locale” che contraddistinguono i modelli di PPP istituzionalizzato derivate dalle modifiche al TUEL anche per effetto di leggi finalizzate ad elevare la competitività del Paese (L. 221/2012).
- La specificazione di elementi procedurali sia per quanto attiene all’armonizzazione con le direttive UE (direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26
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febbraio 2014) sul tema dell’aggiudicazione dei contratti di concessione che per quanto riguarda il rafforzamento della correlazione tra il piano economico finanziario e la convenzione ai fini della verifica circa la bancabilità
dell’iniziativa introdotte al Codice con le recenti modifiche apportate dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, di conversione del d.l..21 giugno 2013, n. 69, (c.d. "Decreto del Fare").
La pubblicazione si articola in quattro parti: presentazione
dell’Unità Tecnica Finanza di Progetto, definizioni e differenze tra strumenti di Partenariato Pubblico Privato; aspetti giuridici; aspetti economico finanziari.
Federica Di Piazza
Convegno Unioncamere‐presentato a Roma il rapporto del Cresme: il Partenariato Pubblico e Privato e l’edilizia sostenibile
Lo scorso 5 febbraio, presso la sede dell’Unioncamere di Roma, si è tenuto il convegno: “Tra crisi e ripresa: la strada dell’edilizia sostenibile e del Partenariato Pubblico Privato”, a cui ha preso parte anche l’UTFP. All’interno del convegno è stato presentato il Rapporto sull’andamento del mercato del PPP in Italia, curato da Unioncamere e realizzato con il contributo tecnico‐scientifico di Cresme Europa Servizi.
Dal rapporto emerge che, a causa delle evidenti condizioni del mercato globale, nel biennio 2012‐2013 si è registrato il protrarsi della crisi del mercato delle opere pubbliche. Tale dato si registra sia per le opere di sola esecuzione, sia per il settore del PPP, con riferimento, in particolare, agli importi delle gare bandite e aggiudicate, a fronte di una sostanziale tenuta del numero di gare.
Con riferimento al mercato globale delle opere pubbliche, considerando gli importi messi a gara, il rapporto Cresme rileva un andamento in continuo e forte ribasso nel triennio 2011‐2013: circa 30,5 miliardi nel 2011, circa 23 miliardi nel 2012 e circa 20,1 miliardi nel 2013.
Le previsioni nell’ambito degli investimenti in opere pubbliche per il triennio 2015‐2017 evidenziano comunque una possibile lenta ripresa.
Per quanto riguarda l’evoluzione delle gare in PPP, il biennio 2012‐2013 è stato caratterizzato da una forte contrazione del valore delle gare bandite, a fronte di una sostanziale tenuta della numerosità: nel 2013 il mercato del PPP è rappresentato da 2.901 gare (‐5% rispetto al 2012) per un importo complessivo di circa 5,2 miliardi di euro (‐34% rispetto al 2012).
Anche dal lato delle aggiudicazioni, nel biennio 2012‐2013 si è registrata una significativa flessione del valore complessivo delle gare aggiudicate, a fronte di una sostanziale tenuta del numero. Il 2013 si è chiuso con 793 aggiudicazioni per un valore complessivo di 3,2 miliardi (contro un numero di gare pari a 762 per un valore di 6,3 miliardi registrati nel 2012).
Il peso complessivo del mercato del PPP sul totale delle opere pubbliche nel biennio 2012‐2013 ha fatto registrare, in termini di valore, una media di circa il 30%, nonostante la fase espansiva si sia interrotta a partire dal 2011.
Il rapporto Cresme ha, inoltre, dato quest’anno risalto a un aspetto che appare rilevante in relazione all’evoluzione che il mercato del PPP potrebbe avere nel prossimo futuro: la particolare attenzione che le pubbliche
amministrazioni hanno dimostrato per le tematiche legate allo sviluppo sostenibile. Il mercato del PPP riconducibile all’edilizia sostenibile, che riguarda ben 13 settori tra i quali i beni culturali, i cimiteri, la sanità e il tempo libero, rappresenta circa il 72% come numero ed il 45% per importo dell’intero mercato. In totale le operazioni di PPP relative classificate nell’edilizia sostenibile sono pari a 2084 per un valore complessivo pari a 2,1 miliardi e rispettivamente ha fatto registrare un +8% sul numero delle operazioni e un +30% sugli importi. In particolare le tematiche principali che hanno portato al trend positivo sul mercato sono state legate ad interventi di efficienze, risparmio energetico ed energia pulita.
Particolare importanza stanno avendo gli interventi di certificazione di imprese e professionisti relativi al costruire sostenibile, alcune certificazioni già operanti sono: Casa Clima, GBC Italia, Protocollo Itaca.
Fondamentale per lo sviluppo di tale segmento saranno i prossimi interventi previsti da Horizon 2020, che potranno determinare delle spinte evolutive importanti per un “costruire” sostenibile.
Rosella Santella
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Closing finanziari in Europa nel 2013: Bre.Be.Mi. e T.E.E.M tra gli importi più elevati
In Europa, nel 2013, 80 operazioni di PPP hanno raggiunto il closing finanziario, lo ha reso noto lo European PPP Expertise Centre (EPEC), sul proprio sito web, nel rapporto sull’andamento del mercato europeo del PPP 2013 “Market Update”. I 6 contratti di finanziamento con importo superiore a 500 milioni di euro hanno rappresentato, come negli ultimi anni, più della metà del valore totale del mercato del PPP europeo: circa 8,6 miliardi di euro, rispetto al valore complessivo di 16,3 miliardi di euro. Dal punto di vista settoriale, invece, il settore dell’istruzione ha fatto registrare il maggior numero di contratti di finanziamento conclusi, mentre il settore dei trasporti si è attestato, come di consueto, al primo posto in termini di valore.
Per quanto riguarda l’Italia, l’EPEC ha registrato 4 operazioni in PPP che hanno raggiunto la sottoscrizione del contratto di finanziamento, attraverso le quali il mercato dei closing del PPP italiano
(4,4 miliardi di euro) si è attestato al secondo posto in Europa in termini di importo, alle spalle del mercato del PPP britannico (6 miliardi di euro). I contratti di finanziamento raggiunti per il collegamento autostradale Brescia – Bergamo ‐ Milano ‐ Bre.Be.Mi. (2,3 miliardi di euro) e per la Tangenziale Est Esterna di Milano ‐ TEEM (1,8 miliardi di euro) sono stati i principali protagonisti nel panorama dei contratti di finanziamento di PPP nel vecchio continente, configurandosi rispettivamente come il primo e il terzo closing di maggior importo.
Closing finanziari in Europa 2013: valore e numero
Fonte EPEC sito web
La Bre.Be.Mi, il cui tracciato sviluppa una lunghezza complessiva pari a
circa 60 km, interessando cinque province e più di quaranta comuni e superando, da ovest a est della pianura lombarda, in viadotto, i fiumi Oglio, Serio e Adda ed il Canale della Muzza, intersecando infine il percorso previsto per la TEEM, aveva raggiunto già nel primo semestre del 2013 la chiusura del contratto di finanziamento, grazie anche all’intervento della Banca Europea per gli Investimenti e della Cassa Depositi e Prestiti.
Per quanto riguarda la TEEM, invece, gli sviluppi legati al finanziamento senior sono più recenti. L’operazione ha, infatti, registrato il closing finanziario alla fine del 2013, raggiungendo un importante step nel percorso che aveva visto il progetto definitivo
approvato dal CIPE (2011) a sei anni di distanza dall’approvazione del progetto preliminare. La tangenziale est esterna del capoluogo lombardo collegherà in modo diretto l’autostrada A4, tramite lo svincolo di Agrate Brianza, con l’autostrada A1, per un tracciato complessivo di circa 32 km.
Marco Tranquilli
Il PPP in Emilia Romagna nel 2013: l’UTFP partecipa alla presentazione del rapporto CRESME regionale
I dati presentati dall’Osservatorio Regionale del Partenariato Pubblico Privato dell’Emilia Romagna (SIOPER) confermano, anche in ambito regionale, l’andamento che il mercato del PPP nel 2013 ha avuto a livello nazionale. Il mercato del PPP in Emilia Romagna ha subito un significativo rallentamento, in particolare dal lato della domanda,
per quanto riguarda le aggiudicazioni, invece, si è registrata una crescita dopo il crollo che avevano subito nel 2012.
In dettaglio, per il 2013, l’Osservatorio ha censito per l’Emilia Romagna 155 gare di PPP (contro una media nazionale di 145 gare), il 24% in meno rispetto alle 203 del 2012 ed il 18% in meno rispetto alle 190 del 2011. A livello nazionale, l’Emilia Romagna si attesta al 9° posto, classifica che vede al primo posto la Lombardia con 464 gare censite.
L’importo complessivo conosciuto su 99 gare totali (delle 155 censite)
ammonta a 140,9 milioni, il 29% in meno rispetto ai 197, 4 milioni del 2012. Su base nazionale, pertanto, l’Emilia Romagna si attesta al 13° posto come volume d’affari contro una media regionale di 258 milioni di euro. Inoltre, si evidenzia che la gara di importo maggiore del 2013 ha avuto un valore di oltre 39 milioni.
Considerando i mercati provinciali, Bologna si pone al primo posto con 30 gare censite, al secondo posto troviamo Parma con 26 gare censite ed al terzo Modena con 20 gare.
Dal lato degli importi, Bologna conferma il primo posto con 71
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milioni, Ferrara il secondo con 16 milioni e Reggio Emilia il terzo con 15 milioni.
Per quanto riguarda le aggiudicazioni invece, l’andamento è stato radicalmente opposto: sia il numero di contratti aggiudicati che l’importo complessivo sono, infatti, saliti rispetto ai valori registrati negli anni precedenti. In dettaglio, nel 2013 si registrano 100 contratti per un valore complessivo pari a 1,08 miliardi di euro rispetto agli 88 contratti con valore complessivo di 114 milioni di euro del 2012. I settori che hanno determinato tale andamento sono: gli impianti sportivi, le reti energetiche e i trasporti.
Valutando il peso del mercato del PPP in Emilia Romagna sulle Opere Pubbliche si riscontra un andamento divergente: da un lato infatti la percentuale di PPP sul numero di
gare si è ridotto di circa 5 punti percentuali, passando dal 26% del 2012 al 21% del 2013; dall’altro invece l’importo è salito dal 15,5% del 2012 al 20,2% del 2013. I risultati dell’attività di monitoraggio effettuata dall’UTFP nel 2012 evidenziavano come i progetti assistiti dall’Unità avessero registrato un tasso di aggiudicazione su base nazionale rispetto ai progetti banditi pari al 70%. Tale valore risulta incrementato per l’Emilia Romagna.
Inoltre, i dati presentati dal Nucleo di Valutazione e verifica degli investimenti pubblici ‐ Regione Emilia Romagna, risultato di uno studio basato sull’analisi di 16 casi, hanno fatto emergere il seguente processo di gestione a livello regionale: tempistica per la gara di poco più di 2 anni e tempistica di realizzazione dei lavori di poco oltre i due anni e mezzo. Sulla base
dell’indagine portata avanti dal Nucleo di Valutazione, si registrano inoltre buone capacità di avvio dell’iter procedurale e di predisposizione dello studio di fattibilità. Risultano invece problematiche le fasi procedurali relative alle analisi economico finanziarie (analisi della domanda e dei rischi). Le raccomandazioni principali espresse dall’UTFP nella partecipazione al convegno sono state quelle di dover rafforzare le competenze tecniche dei team di lavoro predisposti dalle Pubbliche Amministrazioni e di implementare progetti con flussi di ricavi stabili supportati da una corretta analisi della domanda e dei rischi connessi al progetto.
Rosella Santella
Il PPP e i nuovi regolamenti comunitari in ambito di TEN – T e politica di coesione
Sviluppo delle Reti TEN ‐ T
Regolamento (UE) N. 1315/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2013
L’11 dicembre il Parlamento Europeo ha approvato il Regolamento N. 1315/2013 che definisce gli orientamenti per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (rete TEN – T) e interessa tutte le modalità di trasporto, le piattaforme intermodali e le applicazioni telematiche.
L’articolo 7 del Regolamento disciplina i progetti di interesse comune che contribuiscono allo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che sono oggetto di finanziamento da parte dell’Unione
secondo le condizioni stabilite dal Regolamento (UE) n . 1316/2013.
In base al dettato del Regolamento lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti dovrebbe avvenire attraverso una struttura a due livelli:
- Una rete centrale (core) da rendere pienamente operativa entro il 2030. Consiste in quelle parti della rete globale che rivestono la più alta importanza strategica ai fini del conseguimento degli obiettivi per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti.
- Una rete globale (comprehensive) da rendere completamente operativa entro il 2050 e destinata ad alimentare la rete centrale. La rete in oggetto sarà costituita da tutte le infrastrutture di trasporto, esistenti e pianificate, della rete transeuropea dei trasporti, nonché da misure che ne promuovono l'uso efficiente e
sostenibile sul piano sociale e ambientale.
Gli orientamenti oggetto del presente Regolamento sono stati elaborati alla luce degli obiettivi identificati nel Libro Bianco 2011 “Roadmap to a Single European Transport Area – Towards a competitive and resource efficient transport system” e definiscono la strategia per le politiche TEN‐T fino al 2030/2050.
Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2013
Il Regolamento istituisce il “Connecting Europe Facility” (CEF), che stabilisce le condizioni, i metodi e le procedure per la concessione di assistenza finanziaria dell'Unione alle reti transeuropee al fine di sostenere progetti infrastrutturali di interesse comune nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell'energia.
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Il Regolamento determina una dotazione pari a circa 33 miliardi di euro di cui 26 miliardi circa destinati al settore dei trasporti (circa 11 trasferiti dal Fondo di coesione istituito con il nuovo Regolamento UE n. 1301/2013), 1 miliardo circa al settore delle telecomunicazioni e 5,8 al settore dell’energia.
Con riferimento ai tassi di finanziamento, il Regolamento, all’art. 10, stabilisce le nuove quote di cofinanziamento che verranno elargite in base al settore di intervento (es. trasporti, energia, telecomunicazioni, ecc.) ed alla destinazione (es. studi, lavori, ecc.). Il Regolamento prevede una quota massima di cofinanziamento dei costi ammissibili pari al 50% per gli studi, una quota tra il 10% e il 40% per i lavori e una quota tra il 20% e il 75% per i servizi basati su applicazioni telematiche.
Gli strumenti finanziari della rete transeuropea dei trasporti sono finalizzati a fornire il “leverage” per attivare capitali privati, aumentare l’apporto di capitale di rischio per il finanziamento in PPP dei grandi progetti europei disciplinati dal Regolamento (UE) N. 1315/2013.
Fondi Strutturali e di Investimento Europei
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013
Il presente regolamento stabilisce le norme comuni applicabili ai fondi Strutturali e di Investimento Europei (fondi SIE) nonché le disposizioni necessarie per garantire l'efficacia e il coordinamento dei fondi tra loro e con altri strumenti dell'Unione.
I fondi SIE possono essere utilizzati per co‐finanziare operazioni in PPP. Gli attori pubblici e privati possono beneficiare dei fondi associati ai PPP, ovvero degli strumenti di sostegno speciali eventualmente istituiti dalla Commissione europea (si ricordino le iniziative JASPER, JEREMIE, JESSICA e JASMINE nel
corso della programmazione 2007 – 2013).
I principali riferimenti in tema di Partenariato Pubblico ‐ Privato sono contenuti agli articoli 31, 62, 64 e 102.
All’articolo 31 il nuovo Regolamento conferma la facoltà a favore degli Stati membri di richiedere la partecipazione della Banca Europea degli Investimenti (BEI) ad attività connesse alla preparazione delle operazioni, in particolare: grandi progetti, strumenti finanziari e PPP.
Al Capo II ‐ “Norme speciali sul sostegno dei fondi SIE ai PPP”, l’articolo 62 stabilisce che i fondi SIE possono essere utilizzati per sostenere operazioni di PPP mentre l’articolo 63 specifica che, in relazione ad operazioni in PPP, il beneficiario può essere:
- l'organismo di diritto pubblico che ha avviato l'operazione; o
- un organismo di diritto privato di uno Stato membro che è o deve essere selezionato per l'esecuzione dell'operazione.
L’articolo 64 introduce una misura di sostegno alle operazioni di PPP precisando che, nel caso di un’operazione in PPP in cui il beneficiario sia un organismo di diritto pubblico, le spese nell’ambito dell’operazione sostenute e pagate dal partner privato possono essere considerate sostenute e pagate dal beneficiario e incluse in una richiesta di pagamento alla Commissione a condizione che:
- il beneficiario sottoscriva un accordo PPP con un partner privato;
- l’autorità di gestione verifichi che le spese dichiarate dal beneficiario siano state pagate dal partner privato.
Con riferimento alle decisioni relative a un grande progetto l’articolo 102 del Regolamento prevede che l’approvazione da parte della Commissione nelle operazioni in PPP sia subordinata alla firma dell’accordo di PPP tra organismo pubblico e privato entro tre anni dall’approvazione.
Il quadro finanziario è delineato dagli articoli 91 e 92 del Regolamento.
L’articolo 91 definisce le risorse per la coesione economica, sociale e territoriale per il periodo 2014‐2020 stabilendole in misura pari a circa 325,1 miliardi di euro, di cui circa 322,1 miliardi rappresentano le risorse globali assegnate al FESR, al FSE e al Fondo di Coesione e 3 miliardi di euro costituiscono una dotazione specifica a favore dell’occupazione giovanile.
L’articolo 92 stabilisce le risorse destinate all'obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione che ammontano al 96,33% delle risorse globali (per un valore pari a circa 313,2 miliardi di euro) e sono così ripartite:
- il 52,45% (circa 164,3 miliardi di euro) è destinato alle regioni meno sviluppate;
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- il 10,24% (circa 32,1 miliardi di
euro) è destinato alle regioni in transizione;
- c) il 15,67% (circa 49,1 miliardi di euro) è destinato alle regioni più sviluppate;
- d) il 21,19% (circa 66,4 miliardi di euro) è destinato agli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione;
- e) lo 0,44% (circa 1,4 miliardi di euro) è destinato ai finanziamenti supplementari per le regioni ultraperiferiche e le regioni di livello NUTS 2.
Le strategie e le priorità di intervento di ogni Stato Membro, nonché le modalità di impiego dei fondi SIE vengono definite attraverso l’Accordo di Partenariato stipulato tra ciascun Stato membro
e la Commissione Europea. Tali accordi sono stati sottoposti alla Commissione Europea il 22 aprile u.s.. Gli stessi definiscono i contenuti in base ai quali saranno strutturati i Programmi Operativi per l’utilizzo dei singoli fondi SIE.
Francesco Ricciardi
La BEI finanzia il porto di Ravenna
La Banca Europea per gli investimenti (BEI), che come noto fornisce consulenza ed eroga finanziamenti per progetti di investimento sostenibili che contribuiscano a promuovere gli obiettivi strategici dell'Unione Europea, ha dato il via libera a un primo finanziamento per l’Hub portuale di Ravenna. Il prestito,
sottoscritto a dicembre 2013, si sostanzia in una prima tranche di circa 30 milioni di euro.
Il Progetto dell’Hub, articolato in due fasi e quattro stralci, consiste in
un programma di investimenti da attuare nel porto di Ravenna relativi, in particolare, a lavori di approfondimento dei fondali, per una media di circa ‐13,5 metri sul livello del mare, e al consolidamento delle banchine e prevede un costo d’investimento di circa 380 milioni di euro.
Marco Tranquilli
Un Vademecum per l’applicazione del Modello di Linee Guida nella nuova stagione programmatoria (D.Lgs n 228/2011)
Con la Legge di contabilità e finanza pubblica (art. 30 comma 9, lettere a), b), c) e d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196), la razionalizzazione, efficienza ed efficacia della spesa in conto capitale a valere sulle leggi di spesa pluriennale e destinata alla realizzazione di opere pubbliche e di pubblica utilità è affidata ad un processo di programmazione e valutazione degli investimenti specificato nel D.Lgs. n. 228/2011.
Il decreto legislativo stabilisce la cornice operativa di tale processo stabilendo che i Ministeri sono
tenuti a svolgere un processo di valutazione degli investimenti di propria competenza i cui esiti sono riportati nel Documento Pluriennale di Pianificazione (DPP).
Il Documento, che presenta una prospettiva di lungo termine, include e rende coerenti tutti i piani e programmi d’investimento di competenza dei Ministeri (ivi compreso il Programma Triennale dei Lavori). Nel caso del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Programma di Infrastrutture Strategiche (PIS) rappresenta un Documento di programmazione autonomo comunque interessato da procedure valutative che verrà affiancato da un ulteriore Documento che riguarda altri piani e programmi di competenza del dicastero.
Il Documento, rappresenta la sintesi di un processo di valutazione dei
progetti articolato in quattro parti che riprendono il mainstream della teoria e delle pratiche in materia. Il processo di valutazione, obbligatorio per l’accesso al finanziamento degli investimenti, si articola in quattro fasi per cui, a partire dalla definizione degli obiettivi ovvero dei fabbisogni espressi (1. Valutazione ex ante dei fabbisogni e servizi), la definizione delle opere oggetto di finanziamento da ciascun Ministero è dapprima valutata prima della sua realizzazione materiale in relazione, tra le altre, alla sua capacità di rispondere ai fabbisogni (2. Valutazione ex ante delle opere) e quindi ordinata secondo specifici criteri di priorità che ciascun ministero dovrà definire (3. Selezione delle opere). A seguito della realizzazione delle opere, le medesime vengono valutate nella loro capacità di rispondere all’obiettivo iniziale (4. Valutazione ex post delle opere).
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Al fine di elevare il livello di operatività del Decreto Legislativo, e del successivo DPCM 3 agosto 2012, l’Unità Tecnica Finanza di Progetto, ha recentemente collaborato con il Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica, il Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici e l’UVAL del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica alla stesura del “Vademecum per l’applicazione del Modello di Linee Guida ai fini della predisposizione del Documento Pluriennale di Pianificazione ai sensi del D.Lgs. n. 228/2011” (disponibile sul sito www.cipecomitato.it).
L’obiettivo che si propone Il Vademecum è che i Ministeri, pur salvaguardando le proprie peculiarità, presentino al CIPE proprie Linee Guida e, conseguentemente, Documenti
Pluriennali di Programmazione fra loro raffrontabili e coerenti. Esso traduce operativamente un caposaldo dell’impianto legislativo di riferimento che presenta profili di innovazione nella misura in cui si concentra sulla relazione tra fabbisogno infrastrutturale e la capacità degli interventi oggetto di finanziamento di soddisfare tale fabbisogno.
In questo quadro generale, la definizione delle opere oggetto di finanziamento è sottoposta a una fase di selezione la cui trasparenza e razionalità è garantita dalla definizione di precisi criteri di priorità. Pur demandando ai singoli ministeri l’individuazione di criteri di definizione delle priorità, anche legate all’individuazione di precisi fabbisogni settoriali o territoriali, la rilevanza dell’intervento è esplicitamente rinviata ai criteri stabiliti all’art. 128, c. 2 del Codice
dei Contratti che, in merito alle priorità del “programma triennale” inerente le opere singole di costo superiore a 100.000 €, specifica che “le
amministrazioni aggiudicatrici
individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica“.
L’avvio di una stagione programmatoria da parte di tutti i dicasteri
evidenzia tre elementi di rilievo che, allo stato dell’arte, meritano di essere evidenziati:
- in linea generale, il rinnovato quadro programmatorio della spesa pluriennale di tutti i ministeri individua nei modelli di PPP il proprio vettore privilegiato al fine di realizzare opere ed erogare servizi pubblici e di pubblica utilità in coerenza con art. 128 del Codice;
- sul fronte del sistema della programmazione infrastrutturale, il Programma di Infrastrutture Strategiche (PIS) è altresì soggetto al processo di valutazione individuato dal Decreto Legislativo 228/2011 in cui i fabbisogni infrastrutturali (ovvero gli obiettivi di risultato) indirizzano la selezione delle opere;
- le tecniche operative individuate dal Vademecum, che traducono l’esigenza di dotarsi da parte delle amministrazioni di metodologie di valutazione consolidate e trasparenti, rinviano all’Analisi Costi Benefici e alla Analisi Finanziaria con particolare riferimento all’analisi dei Piano Economico Finanziario e dell’Analisi del Rischio come attività rispetto alle quali si incardinano le procedure di Valutazione ex ante delle opere da ammettere a finanziamento.
Federica Di Piazza
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PPP e Decreto del Fare: modifiche rilevanti
Le principali novità in tema di Partenariato Pubblico Privato (PPP) intervenute nel corso del 2013 sono contenute nel D.L. 21 giugno 2013, n. 69 – convertito, con modificazioni, in Legge 9 agosto 2013, n. 98 – recante “Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia” (Decreto del Fare), che ha modificato il regime precedente introducendo alcune importanti modifiche, per quanto interessa in questa sede, principalmente agli art. 143, 144, 153, 174, 175 del D.Lgs. n. 163/2006, recante il “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture” (di seguito, “Codice”).
Caratteristiche delle concessioni di lavori pubblici (art. 143)
Tra tali modifiche giova in primo luogo richiamare quelle apportate all’articolo 143 del Codice, consistite nella riscrittura dei commi 5 ed 8 e nella introduzione del comma 8‐bis.
Il comma 5 prevede la facoltà dell’amministrazione aggiudicatrice di cedere al concessionario, in proprietà o in diritto di godimento, beni immobili appartenenti alla stessa amministrazione ovvero allo scopo espropriati. A seguito di tale intervento normativo, non è più necessario che tali beni siano strumentali o connessi alle opere da realizzare, così come era previsto nella previgente formulazione del comma 5, ma è sufficiente che la relativa cessione sia posta in essere “a titolo di prezzo” e sia finalizzata a conseguire l’equilibrio economico‐finanziario dell’operazione.
Le modalità di utilizzazione o valorizzazione dei beni immobili devono essere definite dall’amministrazione unitamente all’approvazione del progetto posto a base di gara ovvero, nel caso di procedura da svolgersi ai sensi dell’articolo 153 del Codice, nell’ambito dello studio di fattibilità, e costituiscono uno dei presupposti che determinano l’equilibrio economico finanziario della concessione. E’ inoltre previsto, in modo forse ridondante, che all’atto della consegna dei lavori il concedente dichiari di disporre di tutte le autorizzazioni, licenze, abilitazioni, nulla osta, permessi ed altri atti previsti dalla normativa vigente e che tali atti siano legittimi validi ed efficaci.
Nel comma 8 è stato previsto l’obbligo di sottoporre il piano economico finanziario (PEF), le cui condizioni di equilibrio siano state rideterminate dal concedente e dal concessionario, alla previa verifica del CIPE. Tale circostanza può verificarsi ogni qual volta l’amministrazione aggiudicatrice abbia apportato delle variazioni ai presupposti o alle condizioni di base del PEF ovvero siano sopravvenute norme legislative e regolamentari che abbiano inciso sul suo equilibrio. Il CIPE compie la verifica di competenza sentito il nucleo di consulenza per l'attuazione e la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS), istituito con delibera CIPE dell’8 maggio 1996, n. 81 (G.U. n. 138/1996).
Il nuovo comma 8‐bis prescrive, ai fini dell’applicazione delle previsioni su richiamate, che i contratti di concessione debbano espressamente contenere una definizione di equilibrio economico finanziario che faccia riferimento “ad indicatori di redditività e di capacità di rimborso del debito, nonché la procedura e la cadenza temporale degli adempimenti connessi”. I medesimi contratti, inoltre, devono definire i presupposti e le condizioni poste alla base del PEF, le cui variazioni, non imputabili al concessionario, ne comportano la revisione.
Procedure di affidamento e pubblicazione del bando relativo alle concessioni di lavori pubblici (art. 144)
Il Decreto del Fare ha modificato Il comma 3‐bis dell’articolo 144 del Codice, stabilendo la facoltà in capo all’amministrazione aggiudicatrice, in caso di affidamento della concessione con procedura ristretta, di ricorrere ad una “consultazione preliminare con gli operatori economici invitati a presentare le offerte”, al fine di verificare l’insussistenza di criticità del progetto posto a base di gara sotto il profilo della finanziabilità.
L’amministrazione potrà indire la consultazione ‐ sempre che abbia previsto l’esercizio di tale facoltà nel bando di gara ‐ prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte. All’esito della consultazione e sulla scorta del relativo esito, l’amministrazione potrà adeguare gli atti di gara aggiornando il termine di presentazione delle offerte, che non potrà essere inferiore a trenta giorni dalla comunicazione agli interessati.
La consultazione non potrà, comunque, avere ad oggetto “l’importo delle misure di defiscalizzazione di cui all’art. 18 della legge 12 novembre 2011 n. 183 e all’art. 33 del decreto legge 18 ottobre 2012 n. 179 convertito con
IN EVIDENZA NEL 2013
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modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221 nonché l’importo dei contributi pubblici ove previsti”.
Viene, inoltre, inserito nell’articolo 144 il comma 3‐ter, il quale, al fine di migliorare i profili di “bancabilità” dei progetti, prevede la facoltà in capo alle amministrazioni aggiudicatrici di richiedere, facendone apposita menzione nel bando, che le offerte siano corredate dalla manifestazione di interesse a finanziare l’operazione sottoscritta da parte di uno o più finanziatori, anche in considerazione dei contenuti dello schema di contratto e del PEF.
Infine, il nuovo comma 3‐quater dell’articolo 144 stabilisce che il bando di gara possa prevedere la risoluzione della concessione in caso di mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento ovvero in mancanza di sottoscrizione o collocamento delle obbligazioni di cui all’articolo 157 del Codice entro un congruo termine fissato dal bando, comunque non superiore a 24 mesi, decorrente dall’approvazione del progetto definitivo. Al fine di evitare la risoluzione, il concessionario dovrà, entro lo stesso termine, reperire la liquidità necessaria attraverso altre forme di finanziamento previste dalla legge.
Finanza di Progetto (art. 153)
Il legislatore, inserendo nell’articolo 153 del Codice il comma 21‐bis, ha precisato che, anche in materia di finanza di progetto, trovano applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni sopra illustrate di cui all’articolo 144, commi 3‐bis, 3‐ter e 3‐quater del Codice,
che, come detto, sono volte ad assicurare adeguati livelli di “bancabilità” dell’iniziativa ed il coinvolgimento quanto prima possibile del sistema bancario nell’operazione.
Concessioni e finanza di progetto in materia di infrastrutture strategiche (artt. 174 e 175)
Il Decreto del Fare ha, infine, esteso l’applicabilità delle previsioni già illustrate contenute nei commi 3‐bis, 3‐ter e 3‐quater dell’art. 144 anche agli articoli 174 e 175 del Codice, disciplinanti, rispettivamente, le concessioni ed il project financing con riferimento alle infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale.
Applicabilità delle modifiche introdotte dal Decreto del Fare
Il Decreto del Fare è stato pubblicato nella G.U. del 21 giugno 2013, n. 144, S.O. ed è entrato in vigore il giorno seguente.
Peraltro, le modifiche sopra richiamate, intervenute agli articoli 144, 153, 174 e 175 del Codice, non si applicano alle procedure in finanza di progetto con bando già pubblicato alla data di entrata in vigore del Decreto del Fare, né agli interventi da realizzare mediante finanza di progetto le cui proposte risultino già dichiarate di pubblico interesse alla stessa data.
Francesco Ricciardi
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Pubblicate le nuove direttive UE su appalti e concessioni
Sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea serie L n. 94 del 28 marzo 2014 e sono entrate in vigore a decorrere dal 17 aprile 2014 le nuove direttive comunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio rispettivamente il 15 gennaio e l’11 febbraio 2014, mediante procedura legislativa ordinaria, all’esito di un lungo iter approvativo avviato nel 2011 su proposta della Commissione europea.
Si tratta in particolare:
- Della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione;
- Della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici, che sostituisce ed abroga la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi;
- Della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, che sostituisce ed abroga la direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 vertente sulla stessa materia.
Le direttive dovranno essere recepite entro il 18 aprile 2016 dai singoli Stati membri.
Per quanto riguarda l’Italia, la trasposizione a livello nazionale condurrà all’adeguamento del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e ss.mm.ii., recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, nonché del relativo regolamento di attuazione contenuto nel d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207.
La rivisitazione del quadro normativo comunitario sugli appalti pubblici e le concessioni, attuata con le summenzionate direttive, si pone nell'ambito delle iniziative prioritarie volte a favorire il completamento ed il rafforzamento del mercato unico europeo, individuate nel Single Market Act I della Commissione europea del 13 aprile 2011.
In tale prospettiva, l’emanazione di regole chiare e specifiche sull’aggiudicazione dei contratti di concessione rappresenta una assoluta ed importante primizia a livello comunitario, tant’é che l’assenza di una apposita normativa europea era stata più volte denunciata, come ricordato anche nel primo considerando della direttiva, come causa di distorsioni nel funzionamento del mercato interno e di ostacolo alla libera fornitura di servizi, a tutto svantaggio degli operatori economici (principalmente le piccole e medie imprese) e delle stesse amministrazioni aggiudicatrici.
La nuova disciplina contenuta nella direttiva 2014/23/UE colma, quindi, una rilevante lacuna nell’ordinamento giuridico comunitario, che aveva indotto i legislatori nazionali e gli interpreti ad assoggettare le concessioni di lavori pubblici alle norme di base in materia di appalti stabilite dalla direttiva 2004/18/CE e le concessioni di servizi ai principi generali del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), con disparità di trattamento e divergenti interpretazioni evidenziate, a più riprese,
APPROFONDIMENTI
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dalla copiosa giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.
Pertanto, la direttiva 2014/23/UE è tesa ad incentivare lo sviluppo di forme di partenariato pubblico‐privato, di cui le concessioni costituiscono lo strumento principe, attraverso l’individuazione di un quadro di regole uniformi da trasporre su scala nazionale allo scopo di armonizzare e semplificare le legislazioni dei singoli Stati membri, ancora troppo disomogenee tra loro.
Tra i profili di maggiore interesse della direttiva 2014/23/UE, che non si applica alle concessioni per le quali è stata già presentata un’offerta o che sono state aggiudicate prima del 17 aprile 2014 e, in ogni caso, a quelle il cui valore stimato sia pari o inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria attualmente fissata nell’importo di euro 5.186.000, fatta salve future revisioni ad opera della Commissione europea, si segnalano brevemente quelli di seguito indicati.
In primo luogo, perché possa ravvisarsi una concessione in base alle nuove disposizioni comunitarie, è necessario che in capo al concessionario sia trasferito in modo effettivo e sostanziale il rischio operativo di natura economica legato alla gestione dei lavori e/o servizi oggetto del contratto.
Ne consegue, pertanto, che:
- il concessionario deve essere contrattualmente esposto al rischio di “non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzazione i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore” (cfr. diciottesimo considerando);
- non può configurarsi come concessione e, quindi, rientrare nel campo di applicazione della direttiva, il contratto nel quale siano presenti clausole che abbiano l’effetto di eliminare il rischio operativo a carico del concessionario, ad esempio attraverso tariffe regolamentate o garanzie che permettano a quest’ultimo di recuperare la totalità degli investimenti e dei costi sostenuti a fronte dell’esecuzione del contratto (cfr. diciassettesimo e diciannovesimo considerando);
- il rischio operativo deve essere inteso come rischio di esposizione reale alle fluttuazione del mercato, “comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, o entrambi”, tale per cui “ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile” (cfr. art. 5);
- ai fini dell’accertamento della effettiva sussistenza in capo al concessionario del rischio operativo, deve essere, altresì, “preso in considerazione in maniera coerente ed uniforme il valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario” (cfr. ventesimo considerando).
Il legislatore europeo ha chiarito, inoltre, i parametri per calcolare il valore stimato di una concessione (cfr. art. 8), concetto che assume rilevanza non soltanto in funzione della verifica del superamento della anzidetta soglia di rilevanza comunitaria e, quindi, dell’assoggettabilità del contratto alla direttiva 2014/23/UE, ma anche ai fini dell’applicabilità di numerose specifiche disposizioni ivi contenute, quali quelle che stabiliscono:
- il regime giuridico applicabile in caso di concessione mista di lavori e servizi o di servizi e forniture non separabili tra loro (art. 20);
- la facoltà dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore di modificare il contenuto e, soprattutto, il valore della concessione durante il relativo periodo di efficacia, anche mediante l’affidamento di lavori e servizi supplementari in origine non inclusi nel contratto, per fronteggiare situazione impreviste e senza dover prima obbligatoriamente espletare una nuova procedura di aggiudicazione aperta alla concorrenza (art. 43).
Il valore stimato della concessione, “valido al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto detto bando, al momento in cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avvia la procedura di aggiudicazione della concessione”, è costituito dal fatturato totale del concessionario atteso per la durata del rapporto concessorio, al netto dell’IVA, generato quale corrispettivo dei lavori e dei servizi dedotti nell’oggetto del contratto, nonché delle forniture accessorie a tali lavori e servizi. Tale valore deve essere calcolato “secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione”, tenendo conto di una serie di elementi, tra cui a titolo esemplificativo: il valore di eventuali forme di opzione e di eventuali proroghe della durata della concessione; gli introiti derivanti dal pagamento, ad opera degli utenti, di tariffe e multe diverse da quelle riscosse per conto dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore; i pagamenti o qualsiasi vantaggio finanziario conferito al concessionario in qualsivoglia forma dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore o da altre amministrazioni pubbliche ovvero da terzi per l’esecuzione della concessione.
Nella nuova disciplina viene, ancora, affermata la regola di matrice giurisprudenziale secondo cui la durata delle concessioni deve essere sempre limitata “al fine di evitare la preclusione dell’accesso al mercato e restrizioni della
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concorrenza”. Per le concessioni di durata superiore al quinquennio, la durata massima non può comunque mai superare il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere, in condizioni operative normali, che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati per eseguire i lavori e/o i servizi ed ottenga un ritorno sul capitale investito, tenuto conto degli specifici impegni contrattuali dallo stesso assunti per rispondere alle esigenze riguardanti, ad esempio, la qualità o il prezzo da praticare agli utenti (cfr. cinquantaduesimo considerando e l’art. 18).
La direttiva 2014/23/UE stabilisce, in ossequio ai consueti principi generali di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, una serie di garanzie procedimentali minime e criteri di selezione che sovraintendono alla aggiudicazione delle concessioni, ispirati a consentire la massima partecipazione alla procedura competitiva anche ad opera delle PMI, alle quali, di regola, non può essere impedito di dimostrare il possesso dei requisiti richiesti dal bando facendo ricorso alla capacità tecnica, professionale, finanziaria ed economica di altri soggetti.
In tale contesto di regole, spicca l’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori di adottare opportune misure per prevenire, individuare e risolvere i conflitti di interesse insorti nello svolgimento
delle procedure di aggiudicazione delle concessioni, in modo da evitare distorsioni della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti i candidati e gli offerenti; conflitto di interessi che deve ravvisarsi in tutti i casi in cui il personale di un’amministrazione aggiudicatrice o di un ente aggiudicatore che interviene nello svolgimento della procedura o può influenzarne il risultato “ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di aggiudicazione della concessione” (art. 35).
Da ultimo, la direttiva in esame estende alle concessioni di lavori e/o servizi l’ambito di applicazione delle direttive 89/655/CEE a 92/13/CEE del Consiglio rispettivamente del 21 dicembre 1989 e del 25 febbraio 1992, le quali coordinano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alle procedure di ricorso in materia di affidamento degli appalti pubblici, allo scopo di assicurare un’idonea tutela giurisdizionale anche agli operatori economici che aspirino a vedersi aggiudicare le concessioni.
Augusto Vacca
La valutazione di un intervento in
project financing non previsto nella
programmazione dei lavori pubblici
Una considerevole parte delle richieste di assistenza legale provenienti dalle pubbliche amministrazioni ed istruite dalla Unità Tecnica Finanza di Progetto nel primo quadrimestre 2014 ha avuto ad oggetto l’interpretazione dell’art. 153, comma 19, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nel testo risultante a seguito dell’entrata in vigore dell'art. 59‐bis, comma 1, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27 (di seguito, per brevità, “Codice”).
Tale disposizione disciplina quella particolare procedura, articolata in più fasi o sub procedimenti, non molto dissimile nella sostanza da quella dettata dai previgenti artt. 37bis, 37ter e 37quater della L. 11 febbraio 1994, n. 109, che l’amministrazione è tenuta ad espletare allorché riceva dagli operatori economici proposte relative alla realizzazione ‐ con il metodo della finanza di progetto e, dunque, con l’impiego di risorse totalmente o parzialmente private, destinate ad essere remunerate con i ricavi della gestione ‐ di lavori pubblici o di pubblica utilità non compresi nella programmazione triennale di cui all’art. 128 del Codice ovvero in eventuali altri
strumenti di programmazione approvati in base alla normativa vigente.
In linea con la procedura in commento, ciascun operatore economico può legittimamente aspirare a veder inserire l’intervento autonomamente individuato negli strumenti di programmazione in uso all’amministrazione ricevente, previa valutazione di rispondenza al pubblico interesse a cura di quest’ultima, nonché a vedersi riconoscere lo status di promotore nella successiva procedura concorsuale da indirsi per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione (o del contratto di locazione finanziaria, come previsto dal comma 20 del citato art. 153), nella quale il progetto preliminare dell’intervento ‐ elaborato dal proponente ed approvato dall’amministrazione ‐ dovrà essere posto a base di gara.
Lo status di promotore cui anela il proponente che avanzi cotale proposta attribuisce talune significative prerogative da far valere nella procedura concorsuale “a valle” e, in particolare, il diritto di prelazione che consente al promotore di divenire aggiudicatario della concessione in luogo del miglior offerente, adeguando la propria originaria proposta a quella presentata da quest’ultimo, nonché il diritto alternativo al rimborso forfettario delle spese sostenute per l’elaborazione della proposta, nel limite del 2,5% del valore dell’investimento,
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esercitabile dal promotore nel caso in cui non si avvalga della prelazione.
Sebbene soltanto tale ultima fase procedurale, che va dalla indizione della gara all’aggiudicazione definitiva della concessione, assuma i connotati positivi tipici dell’evidenza pubblica, con il corredo di rigidi criteri selettivi e requisiti disposti dalla legge a tutela della par condicio tra i potenziali concessionari, è proprio la fase procedimentale a monte ‐ che presiede alla valutazione delle proposte di intervento pervenute dai potenziali promotori, in funzione della individuazione di quella idonea al soddisfacimento dell’interesse pubblico e, perciò, meritevole di essere inserita nella programmazione dei lavori pubblici e successivamente attuata ‐ a rappresentare “il cuore” dell’intera procedura ed a condizionare il legittimo svolgimento dell’intera sequela successiva (cfr., in proposito, Cons. Stato, Ad. Plen., 28 gennaio 2012, n. 1, con specifico riferimento alla disciplina previgente di cui agli artt. 37‐bis e ss. della L. n. 109/1994).
Secondo un diffuso orientamento giurisprudenziale, << nell'ambito della procedura di "project financing" si distinguono la fase preliminare della individuazione del promotore, connotata da amplissima discrezionalità amministrativa, e la fase selettiva finalizzata all'affidamento della concessione, che costituisce una gara soggetta ai principi comunitari e nazionali in materia di evidenza pubblica >> (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 15 aprile 2010, n. 2155), di talché la valutazione di pubblico interesse dell’opera sarebbe sindacabile dal giudice amministrativo entro i limitati confini che la natura discrezionale che il potere esercitato comporta e quindi, essenzialmente, sotto il profilo dell’eccesso di potere, allorché l’amministrazione procedente compia una scelta manifestamente illogica, irrazionale, contraddittoria o fondata su erronei presupposti di fatto (cfr. Cons. Stato, V, 23 marzo 2009, n. 1741).
Il menzionato orientamento del giudice amministrativo andrebbe, però, ponderato alla luce della posizione di assunta dalla Corte Costituzionale in sede di interpretazione dell’art. 153, comma 19, D.Lgs. n. 163/2006, nella formulazione antecedente all’entrata in vigore dell'art. 4, comma 2, lett. q), n. 1) e 2), D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, nonché dell'art. 59‐bis, comma 1, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27. Più in dettaglio, secondo il Giudice delle leggi, “la presentazione di uno studio di fattibilità non compreso nella programmazione triennale attribuisce al proponente un indiscutibile vantaggio nella successiva gara per l’affidamento dell’opera stessa, dal momento che egli è il primo ad aver approfondito gli aspetti tecnici, amministrativi e finanziari del problema; ed anzi, proprio per effetto della mancata previsione della pubblica utilità dell’opera, può dirsi che egli acquisisce un vantaggio verosimilmente ancora maggiore rispetto agli
eventuali concorrenti. Pertanto, si deve ritenere che la presentazione dello studio di fattibilità, di cui all’art. 153, comma 19, pur cadendo in un momento antecedente alla fase dell’evidenza pubblica, costituisce parte integrante di quest’ultima” (cfr. C. Cost., 5 gennaio 2011, n. 7).
L’amministrazione, prima di passare alla vera e propria valutazione di rispondenza al pubblico interesse, nella quale l’ampia discrezionalità di cui dispone esplica appieno i suoi effetti, non può esimersi dall’apprezzare la fattibilità tecnica, giuridica ed economico‐finanziaria della proposta ricevuta e, quindi, in estrema sintesi, la sussistenza in essa e, soprattutto, nel relativo progetto preliminare, di tutti quegli elementi che consentono di identificare i propri bisogni, nonché di soddisfarli attraverso la realizzazione dell’intervento, avendo come principali parametri di riferimento gli artt. 97 e 128 del D.Lgs. n. 123/1996. Tanto più che, ove mai la gara volta all’affidamento della concessione andasse deserta, sarebbe proprio quel progetto preliminare, precedentemente approvato dall’amministrazione aggiudicatrice con le eventuali modifiche da essa ritenute necessarie, a dover essere attuato.
Va da sé che, nel rispetto dei generali principi di imparzialità, trasparenza e concorrenzialità, nel caso in cui vengano presentate più proposte aventi ad oggetto uno stesso intervento non compreso nel programma dei lavori pubblici, l’amministrazione aggiudicatrice dovrà svolgere tra esse in punto di fattibilità una valutazione di tipo comparativo, definendo in anticipo dei criteri oggettivi che permettano di confrontarle sotto ogni rilevante punto di vista, da pubblicare o comunicare agli interessati (ovvero cui i medesimi possano, comunque, accedere all’occorrenza), pur senza doversi strettamente attenere alle rigide ed asettiche modalità precostituite dell’evidenza pubblica.
L’esito positivo della preliminare valutazione in ordine alla fattibilità tecnica, giuridica ed economico‐finanziaria dell’intervento non implica, altresì, l’accoglimento della proposta ricevuta, ben potendo l’amministrazione, in ossequio all’ampia discrezionalità di cui dispone, non ritenerla rispondente alle esigenze espresse dalla collettività di cui essa è portatrice in quel dato momento storico.
L’amministrazione aggiudicatrice è, inoltre, tenuta al rispetto dei principi e delle regole che governano l’azione amministrativa, soprattutto allorquando debba istruire e delibare l’istanza di un contraddittore privato, tra cui quelli enucleati nella L. 7.08.1990, n. 241 e ss.mm.ii..
Ne consegue, a mero titolo esemplificativo, che in capo all’amministrazione non sussiste soltanto l’obbligo di esaminare e valutare l’idoneità della proposta entro tre mesi dal suo ricevimento (cfr. il sesto capoverso del comma 19) ovvero l’obbligo di invitare il proponente ad apportare ad essa (e, in particolare, al progetto
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preliminare) le modifiche che si rendano a tale fine necessarie (cfr. settimo, ottavo e decimo capoverso del comma 19), ma tra l’altro e nonostante il silenzio della norma in esame anche l’obbligo di: (i) nominare e comunicare al proponente il responsabile del procedimento, attraverso il quale curerà l’esame della proposta (cfr. artt. 4, 5 e 6 L. n. 241/1990; v. pure art. 10 D.Lgs. n. 163/2006 ed artt. 9 e 10 d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207); (ii) esitare tempestivamente la fase valutativa con un provvedimento espresso di accoglimento o rigetto della proposta, motivato e comunicato al proponente (cfr. artt. 2, 2‐bis e 3 L. n. 241/1990), il quale sarà ‐ come sopra anticipato ‐ autonomamente impugnabile.
Occorre ancora sottolineare che l’obbligo della valutazione scaturisce in capo all’amministrazione a seguito del ricevimento della proposta di un operatore economico, rientrante in una delle categorie soggettive di cui al comma 21 dell’art. 153 del Codice, la quale contenga i seguenti elementi:
- il progetto preliminare dell’intervento proposto, redatto in conformità alla vigente normativa di settore;
- la bozza di convenzione, destinata a disciplinare il rapporto contrattuale tra il concedente ed il concessionario;
- il piano economico finanziario correlato al progetto preliminare ed alla bozza di convenzione ed asseverato da una banca (o da un altro dei soggetti di cui al comma 9 dell’art. 153), a dimostrazione dell’equilibrio economico e finanziario dell’investimento, comprensivo delle spese sostenute per la predisposizione della proposta e dei diritti sulle opere dell’ingegno di cui all’art. 2578 c.c.;
- la specificazione delle caratteristiche del servizio offerto all’utenza e della gestione dell’opera;
- le autodichiarazioni attestanti il possesso, in capo al proponente, dei requisiti soggettivi richiesti dal citato comma 21 per essere legittimati alla presentazione della proposta;
- la cauzione di cui all’art. 75 del Codice, che copre la mancata sottoscrizione del contratto pubblico per fatto dell’affidatario;
- l’impegno a prestare, nel caso di successiva indizione della gara, una ulteriore cauzione nella misura del 2,5% del valore dell’investimento, escutibile per indennizzare l’impresa risultata aggiudicataria dell’importo delle spese da questa sostenute per la predisposizione dell’offerta, ove il promotore eserciti il diritto di prelazione.
La valutazione della proposta di intervento, che l’amministrazioni procedente è chiamata a compiere entro tre mesi dal ricevimento, deve poggiare su tutti gli elementi sopra elencati, che, nel loro insieme, concorrono a delinearne il contenuto, nonché a comprovare la legittimazione attiva dei proponenti. La mancanza anche di uno solo di tali elementi non consente di istruire nel merito la proposta o, comunque, di definire positivamente il procedimento, poiché impedisce di apprezzare la fattibilità tecnica, giuridica ed economico‐finanziaria dell’intervento, nel senso sopra ricordato, prima ancora che la sua rispondenza al pubblico interesse.
Occorre, infine, ricordare che, in pendenza della fase valutativa, il contenuto della proposta può subire modifiche anche significative riguardanti il progetto preliminare, che costringa il proponente ad elaborare e produrre nuova documentazione in sostituzione di quella originariamente presentata (ad es., una nuova stesura della bozza di convenzione o, addirittura, un nuovo piano economico‐finanziario asseverato), allorché l’amministrazione procedente ‐ esercitando il potere‐dovere di cui per legge è titolare ‐ ne ravvisi la necessità allo scopo di poter ritenere la proposta fattibile ed idonea al soddisfacimento dell’interesse pubblico. Qualora il proponente si rifiuti di apportare le motivate variazioni richieste dall’amministrazione aggiudicatrice, “la proposta non può essere valutata di pubblico interesse” (cfr. ottavo capoverso del comma 19 dell’art. 153 del Codice).
Augusto Vacca
Unità Tecnica Finanza di Progetto
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