vdp speciale papa francesco tra noi

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L’elezione di papa Jorge Mario Bergoglio alla sede petrina ha già prodotto nel cuore di molti una grande ricchezza di frutti spirituali.

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Page 1: VdP Speciale Papa Francesco tra noi

Fotogallery.Scatti di una vita spesa per gli ultimi

L’intervista.“Il gesuita”di Rubin e Ambrogetti

Esclusiva.Martini vide la Chiesa di domani

Papa Francesco,vescovo della Chiesa di Roma

Francesco, il Papa venuto dalla fine del mondo

Ogni nome evoca un cammino, una speranza, e il tempo di crisi e sfiducia in cui viviamo aveva bisogno di un nome nuovo. Il cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, gesuita 76enne, chiamato a succedere a Benedetto XVI, ne ha scelto uno impegnativo: Francesco. Sappiamo ancora poco della sua storia personale, ma presto prenderemo confidenza col suo

carattere, la sua sensibilità e il suo magistero. Impareremo a capirne i gesti e a gustarne la spiritualità. Il primo incontro di mercoledì 13 marzo con il popolo di Roma e con il mondo è stato solo un assaggio del suo stile, ma già ci ha allargato il cuore. Fratellanza, fiducia, preghiera, semplicità, sorriso, hanno dato contenuto e forma all’attesa di tutti. La Chiesa è veramente viva, come ricordava papa Ratzinger lo scorso 27 febbraio, lo Spirito Santo la guida e papa Bergoglio dà il via, ora, a un nuovo inizio. Il nome Francesco fa affiorare, poi, alla memoria cristiana la ricca testimonianza di almeno

tre Santi. Il primo è il Poverello d’Assisi. San Francesco fu l’alter Christus nella cui carne furono impressi i segni della passione di Gesù. È stato il riformatore obbediente di una Chiesa in rovina, l’uomo del dialogo con tutti, l’amico dei poveri, il Santo della perfetta letizia e del Cantico delle creature in intima unione con Dio nella preghiera.Ma ancora questo nome evoca la figura di Francesco Saverio, gesuita come Bergoglio, amico di Ignazio di Loyola, fu il più grande missionario dell’epoca moderna. Portò il Vangelo a contatto con le grandi culture orientali, adattandolo con sapienza all’indole delle varie

popolazioni. Nei suoi viaggi toccò l’India, il Giappone, e morì mentre si accingeva a diffondere il messaggio di Cristo in Cina.Infine Francesco di Sales, vescovo e maestro di spiritualità. Scrisse la Filotea dove propose una via di santità accessibile a tutte le condizioni sociali fondata interamente sull’amore di Dio. Con la sua saggezza pastorale e la sua dolcezza seppe attirare all’unità della Chiesa molti lontani. Ecco cosa papa Francesco ha scatenato in noi: una memoria viva di santità, il desiderio di un programma per la vita della Chiesa intera. Quando ci spiegherà il motivo della sua scelta capiremo di più, ma

per ora siamo certi che il solo annuncio del suo nome ha già dato frutti di bene. Se infatti la passione per l’evangelizzazione, lo sforzo nell’inculturazione della fede, e la voglia di un dialogo sincero e schietto col mondo contemporaneo, uno stile ecclesiale sobrio, povero e vicino nei gesti e nelle parole agli ultimi unito alla forza di una spiritualità ricca e nutrita di preghiera alimenterà di più il nostro cammino cristiano, questo pontificato segnerà certo la storia in continuità con i grandi Papi dell’ultimo secolo. Grazie papa Francesco di aver accettato di camminare con noi. Il Signore ti benedica sempre.

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l volto sereno e sorridente, il drappo rosso che abbraccia l’affaccio della Loggia, la ban-da che suona l’inno nazionale e lui che ascolta commosso in

piedi, con l’abito bianco, una croce di ferro sul petto. Papa Francesco, il 266° della Chiesa e primo Papa gesu-ita della storia, alle 20.21 si è affac-ciato dalla Loggia delle Benedizioni per ricevere il saluto della folla che gremiva piazza S. Pietro e che l’ave-va atteso per più di un’ora sotto la pioggia. Poi parole e gesti semplici, ma rivelatori, così come la scelta del nome, del suo essere Papa. “Fratelli e sorelle buonasera” sono le prime, semplici, parole del primo Papa su-damericano, eletto al 5° scrutinio. Parole che scaldano, la folla, ripa-gata dell’attesa fumata bianca che era arrivata alle 19.06, dal comigno-lo della Cappella Sistina. “Voi sape-te che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma”, ha pro-seguito il nuovo Papa: “Sembra che

Francesco, venutoda lontano

i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mon-do”, ha scherzato sulle sue origini argentine, “ma siamo qui”. “Vi rin-grazio dell’accoglienza”, ha poi det-to: “la comunità diocesana di Roma ha il suo nuovo Vescovo: grazie!” Il primo pensiero di papa Francesco è andato al suo predecessore: “Pre-ghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e la Madon-na lo custodisca”. Poi la recita del Padre Nostro, dell’Ave Maria e del Gloria al Padre, insieme alla piaz-za. “E adesso incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo”, ha af-

fermato subito dopo il Papa: “Que-sto cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella ca-rità tutte le Chiese”. Poi ancora po-che semplici parole che definiscono sin da subito il suo pontificato “un cammino di fratellanza, di amore, di fiducia tra noi”. “Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro”, il primo impegno chiesto e preso insieme ai fedeli. Poi l’orizzonte si è allargato: “Preghiamo per tutto il mondo, per-ché ci sia una grande fratellanza”. Prima di impartire la benedizione “Urbi et orbi”, il nuovo Papa ha fatto un gesto inedito e già indicativo del suo modo di concepire il servizio del ministero petrino: “Prima vi chiedo un favore – si è rivolto alla folla che lo stava ascoltando –. Prima che il Vescovo benedica il popolo, vi chie-do che voi preghiate il Signore per-ché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in si-lenzio questa preghiera di voi su di

me”. E così, sulla piazza è sceso un minuto di intenso silenzio, di vera preghiera, seguita da un applauso. Poi la benedizione “Urbi et orbi”, in latino. Una benedizione rivolta “a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uo-mini e le donne di buona volontà”, ha proseguito poi il nuovo Papa in italiano, e dalla folla si è levato un altro applauso. “Fratelli e sorelle, vi lascio. Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto”, il sempli-

ce saluto finale, che ha richiamato il primo con cui si era rivolto alla folla dalla Loggia. Infine, una confidenza ai fedeli sull’indomani: “Voglio an-dare a pregare la Madonna, perché custodisca tutta Roma. Buonanotte e buon riposo”. Così si sono chiuse le prime ore del card. Jorge Mario Bergoglio, scelto dai cardinali “qua-si alla fine del mondo” per guidare con il nome di Francesco la Chiesa universale.

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orpresa, curiosità, com-mozione, preghiera, silen-zio: tutto questo è passa-to nell’anima delle oltre 150mila persone presenti,

mercoledì 13 marzo, in piazza San Pietro a Roma, e dei miliardi di uo-mini e donne di ogni continente da-vanti alle tivù, che seguivano le pri-me parole del nuovo Papa affacciato alla loggia centrale della basilica. E Francesco, l’argentino Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Ai-res, religioso gesuita, ha stupefatto tutti sin dalle prime battute: “Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del conclave era di dare un Vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a pren-derlo alla fine del mondo, ma siamo qui”. Come Giovanni Paolo II aveva detto che “veniva da molto lontano”, Francesco addirittura ha parlato del suo Paese come della “fine del mon-do”, nel profondo del sud America. Ma la “geografia” è stata subito sur-classata da un’altra novità epocale introdotta da papa Francesco. A un certo punto del suo saluto ha detto: “Adesso vorrei dare la benedizione, ma prima vi chiedo un favore. Pri-ma che il Vescovo benedica il popo-lo vi chiedo che voi preghiate Dio di benedire il vostro Vescovo”. Ecco, a questo punto il silenzio è calato come tombale nella piazza, il Papa si è chi-

nato davanti a miliardi di uomini, con umiltà e convinzione. Ha voluto come mostrare al mondo intero una verità che conoscevamo solo dalla dizione che lo qualifica nel codice canonico: cioè che il Vescovo di Roma è il “Ser-vo dei servi di Cristo”. E ci è riuscito perché ha scioccato e commosso nel

“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa.”. Francesco si è subito presentato come un umile curato di campagna, da vero parroco del mondo si è raccolto nella preghiera insieme ai fedeli. Un gesto semplice davvero significativo che mi ha commosso per la sua grande profondità. La mia preghiera è per Sua Santità, il Papa “venuto dalla fine del mondo”, perché il Signore e Maria Vergine lo conservino e benedicano il suo operato nella vigna del Signore.

profondo quanti erano presenti, che mai si erano sentiti invitati a “chiede-re a Dio di benedire il Papa”. E così il mondo intero ha conosciuto il nuo-vo Papa, tanto rivoluzionario da far pregare il mondo intero con il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Gloria in diret-ta tivù nei cinque continenti. Ancora una volta la Chiesa è riuscita a stupire il mondo intero. Non solo perché ha scelto un Papa che nessuno si aspetta-va, con un cognome italiano, gesuita, che ha scelto il nome di Francesco, il santo dell’umiltà e della purificazio-ne della Chiesa. Ha stupito il mon-do allargando i suoi confini “visibili” raggiungendo con Papa Bergoglio il continente americano. Ha attraver-sato l’oceano, onorando il continen-te col maggior numero di cattolici. Ha scelto un Papa che ha lavorato da sempre per gli “ultimi”. Un Papa che è letterato, psicologo, filosofo e an-che teologo, il gesuita plurilaureato e di grande cultura universale. Que-sta è la Chiesa che si è ritrovata nella Cappella Sistina e ha compiuto il suo dovere di scegliere il “successore di Pietro”. Ma è anche la Chiesa di po-polo, commossa in piazza San Pietro e commossa davanti alle tivù accese in tutto il mondo per permettere a mi-lioni di persone di essere parte di un evento storico. Un’anziana lasciando piazza San Pietro ha detto:. “Ci credo nella Chiesa, non sbaglia mai”.

Per chi si trova a Roma l’elezione di un Papa rappresenta qualcosa di singolare: il suono delle campane, il tam-tam via sms di confratelli e amici e il passaparola tra le persone sono stati il segnale che la scelta dei car-dinali aveva avuto esito positivo. Al pontificio Seminario lombardo dove risiedo per motivi di studio, appena ho appreso la notizia sono corso in San Pietro. Non nascondo che la co-sa non è stata facile. Infatti moltis-sime persone hanno preso d’assalto tutti i mezzi disponibili per ascoltare in prima persona il grande annuncio. A complicare il tutto la pioggia e il traffico. Le strade erano completa-mente bloccate. Nonostante la ressa siamo riusciti ad entrare in piazza do-ve era commovente vedere una folla immensa composta, sorprendente-mente, da tanti giovani. L’atmosfera di attesa e trepidazione era palpabile.

Lo spiegamento di giornalisti e tele-camere faceva prendere consapevo-lezza che in quel momento quel faz-zoletto di terra che è piazza S. Pietro era, per un breve momento, il centro del mondo.Quando è stato annunciato il nome del card. Bergoglio c’è stato un mo-mento di smarrimento perché po-chissimi ne avevano sentito parlare. Non si sapeva chi fosse. Qualcuno tentava di ottenere qualche notizia in più attraverso il cellulare ma le li-nee erano sovraccariche e i telefoni non funzionavano. Ciò che ha subito rincuorato i cuori dei presenti è stato il nome Francesco, un santo che, in un momento storico difficile per la Chiesa, ha rimesso al centro dell’at-tenzione il Vangelo. Quando il nuovo Papa si è affacciato è scoppiato un grande applauso e tutti siamo stati attraversati da una grande gioia nel

vedere un uomo mite dirci semplice-mente: “buonasera”. Poi ci ha lascia-ti senza parole quando ci ha chiesto un favore: pregare il Signore perché benedica il suo Vescovo. Il Papa si è chinato davanti alle migliaia di fede-li presenti e nella piazza è sceso un silenzio e un raccoglimento inde-scrivibile, che difficilmente dimenti-cherò. Personalmente mi ha colpito il ripetuto riferimento alla diocesi e alla città di Roma. Certamente il nuovo pontefice è consapevole che il suo primo titolo è quello di essere Vescovo di Roma e come tale si po-ne in relazione con i vescovi di tut-to il mondo. Tutti abbiamo lasciato la piazza con il cuore colmo di gio-ia, consapevoli che la Chiesa ha un nuovo successore di Pietro chiamato a confermare i suoi fratelli nella fe-de e a svolgere il prezioso compito dell’unità di tutta la Chiesa.

So di essere poco originale ma, anche a me piace il Papa nuovo. E mi fa star bene pensare che ogni tanto le cose vadano come piace a te: speriamo che sia di buon auspicio e l’inizio di un percorso pieno di belle sorprese. Buon lavoro papa Francesco! Mi ha colpito la sua semplicità! sono contenta che abbia scelto il nome che è quello del Santo della semplicità!

Page 4: VdP Speciale Papa Francesco tra noi

n uomo semplice ma forte, molto vicino al popolo, che ama pro-fondamente la Chiesa e i poveri. Così Emilio

Inzaurraga, presidente del Consi-glio nazionale dell’Azione cattoli-ca Argentina, raggiunto telefoni-camente a Buenos Aires, racconta il nuovo papa Francesco. Inzaur-raga lo conosce personalmente e lo ha incontrato diverse volte. Del card. Bergoglio descrive un ritrat-to inedito.Una grande sorpresa per il po-polo argentino: come vi sentite?“È una sorpresa enorme. Non ri-usciamo ancora a credere che il Papa sia argentino, siamo stupiti, contentissimi e pieni di speranza. È una grande emozione per tutti noi. Siamo contenti perché conosce i problemi dell’Argentina, conosce la Chiesa latinoamericana. Ha molto carisma e ha lavorato molto bene. Il card. Bergoglio è sempre stato una

con chiunque, che siano autorità, giornalisti o gente comune. È una persona molto semplice, di costumi molto austeri. In Argentina è faci-le incontrarlo in metro, in autobus, che viaggia da solo, senza accom-pagnatori o autisti”.Un Papa latinoamericano che contributo darà alla Chiesa?“Userà una comunicazione mol-to diretta, un modo di esprimersi semplice. Penso che lavorerà mol-to con l’idea di essere un discepo-lo e un missionario, mantenendo la centralità in Gesù e la vocazione alla santità. Allo stesso tempo darà impulso alla missione, per portare questa proposta a tutti gli uomini di buona volontà. Approfondirà sicu-ramente il tema della nuova evan-gelizzazione”.Avrà una speciale attenzione per la Chiesa dei poveri e i pro-blemi dell’America Latina? “Assolutamente sì. I poveri sono i suoi preferiti. Tiene sempre conto di tutti, ma con uno sguardo specia-le sui più emarginati, che vengono considerati gli scarti della società.

persona molto vicina al popolo, ci ha sempre esortato alla missione e all’evangelizzazione. Una frase importante che ci ripete spesso è l’invito ad andare nelle ‘periferie’ a proporre Gesù. Penso che, in que-sto momento della Chiesa, darà un contributo significativo alla nuova evangelizzazione in tutto il mondo”.È un grande cambiamento per la Chiesa?“Sì, è un grande cambiamento per la Chiesa di tutto il mondo. Come ha detto nelle sue prime parole, la Chiesa è andata a cercarlo ai con-fini della terra, al Sud del mondo. Aprire la porta della Chiesa al Sud del mondo: anche questo è un se-gnale importante. Ma credo che il nuovo Papa farà lo sforzo di tenere conto di tutte le realtà”.Il suo primo gesto significativo è stata la richiesta di essere be-nedetto dal popolo…“Questo è un suo gesto caratteri-stico. Molte volte, quando abbia-mo parlato, sia per telefono, sia personalmente, si congedava chie-dendomi di pregare per lui. Lo fa

“Il mio auspicio per il Pontificato di papa Francesco? Vivendo come missionario tra culture e uomini differenti in una metropoli multiculturale vorrei che fosse semplicemente un direttore d’orchestra – afferma p. Renato Zilio, scalabriniano a Londra –. Colui che fa suonare strumenti differenti che altri possiedono, ma ha la passione di comporre ciò che sembrava opposto. Ne fa un’arte: l’armonia. Ed è l’arte di far vivere un insieme, di far nascere l’unità”.

Suor Nelida Crivelli, dorotea di Cemmo, è originaria proprio di Buenos Aires come il papa Francesco. Con entusiasmo ha accolto l’elezione del connazionale, colpita anche dalla sottolineatura della preghiera fatta proprio da mons. Bergoglio alla piazza di San Pietro. “Penso – commenta suor Nelida – che ci aiuterà a vivere una Chiesa più legata ai piccoli e ai poveri, potrei dire che ci porterà a una Chiesa più evangelica. Non so come riuscirà a farlo, ma so che è un uomo molto centrato nella persona di Gesù. Ha sempre scelto una vita sobria senza paura di dire la verità. Non l’ho conosciuto personalmente, anche se è stimato da molte persone. Quando è stato nominato Vescovo, ha scelto di non avere un segretario: andava in giro senza macchina. Ha dimostrato nella sua vita di poter essere molto vicino alle persone e alle ingiustizie, in particolare si è messo in luce per il grande amore riversato ai giovani”.

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Don Carlo Tartari, direttore dell’Ufficio per le missioni, è uno dei sacerdoti bresciani più attivi su Twitter. Al momento dell’elezione ha avuto un’autentica esplosione di gioia condensata da alcune frasi molto significative che proviamo a sintetizzare: “Francesco d’Assisi e Sant’Ignazio di Loyiola... Sono strabiliato!!! Bellissimo!!! Inizia la primavera? Francesco va’ e ripara la mia casa! Lacrime. L’espressione “cammino di fiducia” era molto cara anche a frere Roger di Taizè...”.

Veronica Mori (a sinistra): “A me piace. È molto semplice e mi è parso anche diretto. Ha esordito con quel buonasera, come se salutasse dei suoi amici e anche il nome che ha scelto è, secondo me, un messaggio di cambiamento”.Nicola Zanardini (a destra): “È la prima fumata bianca che vedo in diretta in vita mia ed è stata un’emozione grande. Nel seminario minore abbiamo subito fatto grida e salti di gioia. Auguro a Papa Francesco un proficuo ministero”.

Il Papa saluta i diecimila soci MCL

il Papa riceve il gagliardetto del 40° MCL

il Papa riceve il saluto di Noè Ghidoni e Carlo costalli

Sede MCL:Corso garibaldi, 29- 25122 Brescia

Tel. 030 49492 - 030 2807812www.mclbrescia.it

Uno dei grandi problemi del mon-do è l’estrema povertà, le tante di-suguaglianze sociali. Penso che lavorerà molto perché questi temi diventino visibili e siano all’atten-zione del mondo, per perseguire in-sieme il bene comune. E poi sì, cre-do che la scelta del Conclave voglia dare attenzione alla realtà cattolica dell’America Latina”.Come Francesco affronterà le sfide più scomode nella Chie-sa, come gli scandali pedofilia? Quale pensa sarà la sua linea?“Credo che seguirà la linea di Be-nedetto XVI di tolleranza zero e al-lo stesso tempo sarà attento alle sofferenze delle vittime, con uno sguardo misericordioso sui peccati ma con fermezza sulla giustizia. Si-curamente lavorerà molto sulla se-lezione dei candidati al sacerdozio, la formazione nei seminari”.In sintesi, un uomo semplice ma forte…“Sì un uomo semplice ma forte e che ama profondamente la Chie-sa. Che Dio lo aiuti, noi preghia-mo per lui”.

Page 6: VdP Speciale Papa Francesco tra noi

Brescia città di fede è in festa per la chiamata al Ministero Petrino del Cardinale

Jorge Mario Bergoglio.

La comunità bresciana è grata a Benedetto XVI per il suo pontificato e per l’attenzione

che ha sempre prestato alla nostra città, che proprio nel 2009 ha visitato in quella

che è stata certamente una straordinaria giornata per la nostra comunità.

Nel saluto che ci lasciò il Papa citava la lettera ai Corinzi (2Cor 9,7): “Il Signore

ama chi dona con gioia.”. Questo stesso saluto di benvenuto oggi rivolgiamo a papa

Francesco I, nella speranza che presto possa visitare Brescia.

Nel frattempo non mancherà l’impegno e il sostegno di tutti noi al nuovo Pontefice.

Da sempre i bresciani sono testimoni dell’incontro con Dio, un’esperienza questa, che

guida la città nella sua crescita e le consente di pensare e realizzare tante iniziative

sociali. Ne sono prova i tanti missionari impegnanti nelle aree più svantaggiate del

pianeta e le tante associazioni di volontari che operano e spendono il loro impegno

là dove le esigenze degli ultimi sono più forti. “Brixia Fidelis Fidei et Iustitiae”,

ricordava nella sua ultima visita pastorale papa Giovanni Paolo II, le opere e la

città tutta, rappresentano una traccia ben evidente dei “valori trasmessi dalle

generazione passate e tuttora presenti nei cuori e nella cultura dei suoi abitanti,

ed attestano una mirabile sintesi di fede e di ordinata convivenza, di amore alla

propria terra e di solidarietà con ogni essere umano.”

Con questo pensiero e ispirati dalle prime parole pronunciate dal Pontefice nella

sera di ieri, accogliamo e salutiamo papa Francesco.

Adriano Paroli Sindaco di Brescia

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finalmente habemus Pa-pam! E oltretutto, un Pa-pa non europeo, un Papa gesuita, un Papa che ha scelto di chiamarsi con il

nome del Santo più amato: France-sco. Premesso che papa Francesco sa benissimo che cosa fare e non ha certo bisogno dei miei consigli; e pre-messo che la mia visione è parziale da un uomo di una piccola diocesi di un piccolo paese di questo mondo; alcu-ne considerazioni “a caldo” sui possi-bili temi che potranno attraversare il nuovo Pontificato. Ci attende il tempo di una maggiore fiducia in Dio e nella sua opera… a tal punto da non aver paura di sporcarsi le mani per difen-dere ogni uomo di questa terra. C’è bisogno di una profonda e personale relazione con il Signore Gesù, un re-cupero della potenza dell’Evangelo come germe e sorgente di una nuo-va umanità. C’è bisogno di maggiore giustizia nel modo di essere e fare la Chiesa, anche dentro le nostre parroc-

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una de-europeizzazione della Chiesa cattolica; ci pensiamo il centro del mondo e continuiamo a pensare che gli “altri” hanno da imparare da noi. È già arrivato il tempo di una mag-giore reciprocità. Ci attende il tempo di una maggior riforma del governo della Chiesa. Non sono uno di quelli che guardano con sospetto gli appa-rati istituzionali e ipotizzano sempre dietrologie sulla curia vaticana e sui “sacri palazzi”; ma, certo, un governo più deciso e marcato del Papa, nel da-re orientamento e coerenza ai diversi organismi vaticani e ecclesiali… è so-lo da auspicare. Auspico, infatti, che il Papa governi lui, con polso fermo, lad-dove egli vuole, la barca di Pietro… con pacifica fermezza. Auspico che l’essere vescovo non sia più un titolo onorifico, ma sia espressione dell’es-sere davvero pastore di una precisa comunità… imparando a stare con il popolo e per il popolo, condividendo de facto e non in theoria la comu-nione con la comunità cristiana. Ci attende ancora una volta un bel tem-po, abitato dalla benedizione di Dio e in compagnia di veri uomini di Dio.

chie e i nostri oratori; c’è bisogno di una maggiore fraternità nei confronti dei bisogni di chi incontriamo, anche nelle nostre comunità; c’è bisogno di tessere ponti culturali, umani, religio-si, spirituali… dentro questo nostro amato e sofferto tempo. Ci attende il tempo di una maggiore semplicità della Chiesa. Siamo chiamati a ritro-vare una nuova freschezza, sempli-cità, spontaneità nel vivere il gesto dell’Evangelo così come esso è, nel-la sua mirabile e scandalosa irruen-za. Siamo chiamati a una maggiore vicinanza all’uomo di questo nostro tempo, andandolo a cercare laddove egli vive e parlando la lingua che egli capisce. Tocca a noi scendere nelle strade polverose degli uomini, per farci compagni di viaggio in nome di Gesù. Ci attende il tempo di una maggiore “cattolicità” della Chiesa. Seppur sappiamo, per numeri, che la Chiesa è da decenni ormai rappre-sentata da quelli che continuiamo a chiamare “Paesi del Terzo Mondo”, i cardinali italiani sono una marea… e così quelli europei, rispetto al “resto del mondo”. Sarà bene proseguire

Il nuovo Papa si chiama Francesco! Viene quasi dalla fine del mondo! Ha 76 anni ma non li dimostra! Se il buongiorno si vede dal mattino, la Chiesa è all’alba di un giorno luminoso. Mi è piaciuto il suo riferimento all’essere Vescovo di Roma, che è la Chiesa che presiede le altre diocesi nella carità, nell’amore. Abbiamo un Papa che prega, fa pregare. L’impressione è che anche lo Spirito Santo abbia agito bene e che le previsioni umane vengano superate dalla Grazia.

Michele Senici (a sinistra): alle 19.05 ho detto che se diventassi Papa mi chiamerei Francesco perché è il nome più semplice e luminoso che si potrebbe e si dovrebbe scegliere. E con grande stupore così ha deciso il cardinal Bergoglio qualche minuto dopo. Beh, non mi resta che affidarmi a Lui! Simone Pasotti (a destra): Grande Papa. Dal primo impatto dà segno di sicurezza, di bontà e di grande fede. Quello che serve adesso. Si vedrà...

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adre Mario Menin, supe-riore della Casa di Bre-scia, traccia per il settima-nale l’agenda delle sfide alle quali sarà sottoposto

il nuovo Papa. “Penso – racconta pa-dre Mario – che le sfide che il nuo-vo Papa dovrebbe mettere nella sua agenda siano sostanzialmente cin-que: la riforma del ministero petrino, tra l’altro ventilata anche dal prede-cessore Giovanni Paolo II nell’enci-clica sull’ecumenismo, Ut unum sint: sarebbe il modo anche per riforma-re la curia; il dialogo ecumenico, per rendere più credibile l’annuncio e la testimonianza del Vangelo di Gesù Cristo; l’incontro tra le religioni, al fine di riscoprire il significato più autentico della missione cristiana; la riscoperta della necessità di evan-gelizzare, come la sentiva l’apostolo Paolo (“Guai a me se non predicas-si il Vangelo!”: 1Cor 9,16); l’opzione per i poveri: rimettere al centro Gesù di Nazareth significa anche seguirlo

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passo indietro, come ha reagito alla notizia delle dimissioni del Papa? Co-me le legge? Quale significato? “Man mano che la notizia prendeva corpo nelle agenzie di notizie, nei giornali radio e nella stampa, ho pensato ad un gesto insieme profetico e di ras-segnazione di fronte ad una curia romana resa ormai ingovernabile dalle lotte intestine, di fronte ad una Chiesa che sembra aver relegato in un piano di marginalità Gesù Cristo e rispetto ad altri interessi. Per cui leggo queste dimissioni anche come un’opportunità per la Chiesa di ri-mettere al centro Gesù di Nazareth, come simbolicamente indicano gli ultimi libri di papa Ratzinger, dedi-cati appunto alla figura di Gesù di Nazareth. La rassegnazione di fron-te al montare dei problemi, potrebbe anche essere un grido lanciato dalla croce del ministero petrino per dire il bisogno di un altro stile di governo della Chiesa, più conciliare, più sino-dale, più collegiale, d’accordo con lo spirito del Concilio Vaticano II, pur-troppo tradito da certe prese di po-sizione postconciliari…”.

nelle sue attitudini di incontro all’al-tro e nella sua opzione preferenziale per i poveri. Sono i poveri che salva-no la Chiesa! Extra pauperes nul-la salus! Questa elezione del nuovo papa è un ‘segno dei tempi’, un papa dell’America latina, anche se figlio di migranti italiani, per la prima volta un papa che viene dal continente della speranza, il continente che meglio ha saputo interpretare il rinnovamento della Chiesa voluto dal Concilio Va-ticano II, grazie anche alla teologia della liberazione, alle conferenze di Medellín (1968) e di Puebla (1979). Un Papa che senz’altro porrà al cen-tro dell’attenzione della Chiesa ‘l’al-legria e la freschezza della Chiesa latinoamericana, malgrado le sue numerose contraddizioni sociali’, come afferma un mio confratello del Messico. ‘Nel nuovo papa l’America Latina incontrerà certamente un in-terlocutore che conosce i suoi con-trasti, continua il mio confratello’, e un profondo padre spirituale… Se papa Giovanni Paolo I è stato il papa del sorriso, questo sarà il papa dei po-veri del mondo intero”. Facciamo un

I have a Pope! Come dire “I have a dream…”. Che il suo provenire da lontano lo aiuti ad essere libero da condizionamenti e da logiche dannose alla Chiesa. Un Papa dalle parole misurate, lucido, semplice e dotato di ironia, un uomo tra gli uomini che si affida al Signore nella sua missione. Che Francesco porti una ventata di aria fresca all’insegna del rinnovamento e della riscoperta dei valori veri del Vangelo.

Il primo pensiero di don Armando Nolli (a sinistra nella foto) è “un grazie allo Spirito Santo che ha la capacità di sorprenderci, portando i cardinali a una scelta che l’alchimia dei vaticanisti e degli addetti ai lavori non era riuscita ad immaginare. È la meraviglia di una Chiesa che supera la stessa dimensione umana”. Brunetto Salvarani su Facebook: “Grandissimo Francesco. Sono felice. Ho pensato subito all’inizio di un mondo nuovo. Senza retorica”.

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Le sfide da assolverena Chiesa che non si limita ad accogliere e ricevere, che esce da se stessa e va verso gli uomini e le donne che

non la frequentano, che non la co-noscono, che se ne sono andate, che sono indifferenti. Il cardinale Bergo-glio raccontava così pochi mesi fa, in una intervista, di come in Argentina si stava affrontando il tema dell’evan-gelizzazione: “È vero che uscendo per strada, come accade a ogni uomo e a ogni donna, possono capitare degli incidenti. Però se la Chiesa rimane chiusa in se stessa, autoreferenziale, invecchia. E tra una Chiesa acciden-tata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima”. Se dal balcone centrale della basilica di San Pietro papa Francesco è apparso un po’ impacciato, quasi intimidito, le sue parole e il suo modo di pensare il servizio a cui è stato chiamato lo sa-ranno sicuramente meno. Una Chiesa

dell’ambiente sono gli indicatori di un fallimento storico. Oggi sappiamo che lo sviluppo non si misura tanto sulle merci e sull’accumulo della ricchezza materiale quanto sui diritti umani, sul-la libertà della persona, sull’educazio-ne, sulla scuola, sulla dignità del lavo-ro, sulle forme di organizzazione della società e della politica. Sono stati te-mi ricorrenti nell’azione pastorale di Jorge Mario Bergoglio, un amico dei poveri non perché predica la pover-tà, ma perché la vive e perché ne fa oggetto di denuncia sociale. “L’econo-mia offre possibilità quasi illimitate in tutti gli aspetti della vita a coloro che riescono a essere inclusi nel si-stema”, ha detto il cardinale Buenos Aires intervenendo al congresso sul-la Dottrina sociale della Chiesa che si è tenuto a nel 2011, ma non si cura degli esclusi: “Per coloro che hanno abbastanza, i più poveri non conta-no”. L’appello di papa Francesco ad “eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondia-le” non sarà formalmente diverso da quello dei suoi predecessori, ma avrà una forza speciale.

che esce per strada è una Chiesa che ribadisce la sua fiducia nell’uomo, che ha uno sguardo positivo sul mondo e vuole misurarsi con la sua comples-sità e le sue contraddizioni. Niente di nuovo, verrebbe da dire: è la Chiesa del Concilio, un’eredità viva che chie-de d’essere tradotta nella vita. A me pare però che a fare la differenza, a se-gnare quella che in più d’uno prefigu-ra come una rivoluzione, sarà il punto di vista di papa Francesco. Egli guar-da la realtà con gli occhi del Sud del mondo, con una specifica sensibilità e un’attitudine inusuale alla concretez-za. Per quegli occhi le sfide poste dal-la crisi, dallo sviluppo e dalla povertà non si risolvono con la teoria secondo la quale la crescita economica porta con sé benessere e ricchezza per tut-ti. Da quella “quasi fine del mondo” in cui il Conclave è andato a prendere il nuovo papa si chiede a gran voce un ripensamento delle categorie inter-pretative e culturali dello sviluppo e del sottosviluppo. La disuguaglian-za nella ripartizione delle ricchezze, le condizioni di vita, lo sfruttamento eccessivo delle risorse, la distruzione

Su twitter “#VoglioUnPapaChe” ha avuto un gran numero di argomentazioni dalle più ortodosse alle più improbabili o quelle che si sono fermate ai semplici luoghi comuni. È Francesco il Papa desiderato? Personalmente sono rimasto sorpreso perché rarissime volte il nome del cardinale argentino è comparso nel TotoPapa ma quelle parole pronunciate dalla loggia della Basilica con quel fraterno “Buona sera” infondono tantissima speranza.

Claudio Tonelli: (a sinistra) “Ciao Francesco, buonasera a te, ben arrivato! Come sai questo periodo è strano a volte ci siamo sentiti abbandonati ed abbiamo perso i veri valori nel Credere. Ho letto bontà nei tuoi occhi…Ciao ti porgo la mia mano”.Andrea Bettoni (a destra): “Che questo nuovo Papa sia un grande pastore. E speriamo che i tanti a cui piace (me compreso) inizino un nuovo e profondo cammino di fede! Buon cammino, a tutti!”

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assata l’emozione del mo-mento, rimane ferma e cer-ta una impressione: l’otti-ma scelta compiuta dal col-legio cardinalizio eleggen-

do papa l’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, un nome che non era fra quelli più gettonati e noti.Perché si ritiene la sua elezione un grande e sorprendente bene per la Chiesa?Perché ci sono alcune semplicissime, immediate e incontestabili ragioni per comprendere che sarà un pontificato secondo le attese dell’ora presente segnata da un paradosso: constatare come nel Vangelo di Cristo, e nella vi-sione cristiana dell’esistenza, ci siano le risposte per le ansie e le domande degli uomini e delle donne di ogni pa-ese del mondo, e come sia difficile far risuonare la parola cristiana, per stan-chezza, pesantezza, fatica...Ogni povero prete in cura d’anime si confronta quotidianamente, con gio-ia e sofferenza, con questo paradosso,

camminano insieme verso una sola meta, sostenendosi gli uni gli altri.Papa Francesco, inoltre, è un gesuita che ha alle spalle studi non solo teo-logici ma anche in scienze profane: saprà continuare bene il dialogo fra fede e scienza e l’incontro fra culture diverse da quella cristiana: darà cer-to una spinta non indifferente alla co-struzione di quella “civiltà cattolica” divenuta, con i pontificati da Paolo VI in poi, “civiltà dell’amore”.Infine viene dall’Argentina, un Paese che ho potuto conoscere alla fine de-gli anni Settanta per i rapporti avuti con un gruppo di “profughi” argenti-ni, perseguitati politici. Più recente-mente ho potuto conoscere la Chie-sa argentina grazie al “gemellaggio” fra la Casa della gioventù di Santiago del Estero dove opera suor Saveria Menni e la Famiglia universitaria della Fondazione Tovini. Ho avuto modo di constatare la vivacità della Chiesa cat-tolica di quella nazione latinoamerica-na: sono certo che il Papa che viene da quella Chiesa porterà una ventata di maggior freschezza ed entusiasmo anche alle vecchie Chiese europee.

col rischio di far prevalere la tentazio-ne della chiusura, dello scoramento malinconico e la conseguente perdi-ta di speranza.Il nuovo Papa, con le poche parole e gesti del suo esordio nella missione di successore di Pietro, ha fatto intrave-dere segni di speranza.Prima di tutto nella scelta del nome che ci rimanda al poverello di Assisi, ed è indicativa del desiderio di una Chiesa più ancorata all’essenziale, al-la povertà, al Vangelo, alla vicinanza ai più poveri ed emarginati.In secondo luogo si è presentato pri-ma di tutto come Vescovo di Roma e, in quanto tale, riferimento di unità di tutta la Chiesa: un richiamo eccle-siologico importante che riporta il pontificato nella sua vera dimensio-ne, strappandolo a ogni sospetto di potere temporale.Né va sottovalutata la preghiera si-lenziosa della gente per Lui prima di ricevere la sua prima benedizione apostolica: è stata una eloquente spie-gazione del significato del ministero gerarchico che è finalizzato alla san-tità del Popolo di Dio: pastori e laici

Viva Francisco I. Meraviglioso. Eletto dallo Spirito Santo. Un innamorato della preghiera e della Nuova Evangelizzazione. Proprio ciò che ci vuole per la Chiesa e per il mondo. Sono felicissimo! Credo sia un uomo dalle idee chiare. Sa chiamare le cose con il suo nome con semplicità e chiarezza. È gesuita e parla spagnolo, la lingua di metà dei cattolici. Il nome è un programma per Francesco Saverio e per Francesco di Assisi. Francesco va’ e ripara la mia Casa.

Francesco Gheza (a sinistra): “Da cattolico sono felicissimo. Questo Papa ha alle spalle un lungo cammino nella Chiesa. Nel suo cuore c’è posto per la famiglia, i giovani, la comunità e i poveri. Il suo “buonasera” è risuonato come una nuova sinfonia per la Chiesa”.Fabio Capra (a destra): “Il Papa chiede l’aiuto e la preghiera del popolo, prima della Sua solenne benedizione. Una grande novità che avvicina il gregge al suo Pastore”.

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Ripercorriamo in queste pagine gli anni giovanili di Jorge Mario Bergoglio, giovane sacerdote impegnato in Argentina. Si tratta di scatti che immortalano il nuovo Papa in alcuni momenti del suo ministero sacerdotale. Un ministero che il futuro Papa ha sempre speso a fianco degli ultimi, dei più poveri, degli emarginati della società. Tra le emozione e i sentimenti che hanno fatto seguito all’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio pontificio si

è registrato una straordinaria convergenza di giudizio su un Papa che nel corso della sua vita ha applicato prima di tutto a sé stesso il concetto della povertà evangelica, vissuta e messa in pratica in un contesto come quello argentino, sino a non molti anni fa segnato da grandi difficoltà.In tantissimi hanno ricordato come dietro quel sorriso affabile con cui si è presentato anche da Papa al mondo, ci sia la determinazione di vivere il Vangelo a fianco

degli ultimi. Ha destato grande ammirazione il ricordo di quando il futuro Papa, in occasione della sua nomina a cardinale, chiese ai connazionali che volevano volare a Roma per la cerimonia di consacrazione, di rinunciare al viaggio e di devolvere il corrispettivo per aiutare i poveri di Buenos Aires. In molti si augurano che questo aspetto possa essere uno dei tratti qualificanti del pontificato apertosi con la fumata bianca del 13 marzo scorso.

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In questa pagina trovano spazio immagini più recenti del nuovo papa Francesco. Lo ritraggono negli anni del suo episcopato nella capitale argentina. Fra le note curiose, che lo rendono immediatamente simpatico, la sua passione per il calcio. Il nuovo Papa è infatti un grande tifoso della squadra del San Lorenzo della quale, si è saputo nelle ore immediatamente successive alla sua elezione, è anche socio onorario. La

passione per il calcio, però, non l’ha portato a distogliere l’attenzione dai suoi impegni pastorali che l’hanno portato a vivere a costante contatto con la sua gente. Una scelta di vita che in più di un’occasione l’ha portato anche a contrasti con altre istituzioni del Paese ogniqualvolta ha avvertito la necessità e l’urgenza di difendere l’integrità evangelica e la dignità della persona umana. Per questo motivo la gente di

Buenos Aires, quella che sino alla fumata bianca dei giorni scorsi è stato il suo popolo, l’ha sempre amato e si è compiaciuta della stima che Giovanni Paolo II (che l’ha creato prima vescovo e poi cardinale) e Benedetto XVI hanno dimostrato a più riprese nei confronti di quell’Arcivescovo di Buenos Aires dal cognome italiano che sarebbe poi diventato il loro successore alla guida della Chiesa universale.

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del Sebino

Lombardia

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el settembre 2005 a pochi mesi dall’elezione di Jo-seph Ratzinger al soglio pontificio, il card. Carlo Maria Martini, arcivesco-

vo emerito di Milano, predicò gli eser-cizi spirituali ai sacerdoti del Semina-rio lombardo a Foligno. Pochi giorni prima, aveva incontrato Benedetto XVI a Castelgandolfo e l’occasione degli esercizi offri anche ai giovani sa-cerdoti lombardi la possibilità di una condivisione che, letta oggi all’inizio del Pontificato del gesuita Francesco I, appare quanto mai attuale. Fu un dialogo schietto, rispettoso, ma anche stringente e a cui il Cardinale non si sottrasse. Un incontro intenso per chi, come noi, aveva coscienza di trovarsi davanti a uno dei più grandi testimo-ni della Chiesa dell’ultimo secolo, e che, seppur pensionato, ci trasmise la freschezza dell’amore a Cristo e alla Chiesa nella consapevolezza dell’ur-genza delle sfide del tempo presente. E proprio dalle sfide iniziò il dialogo che “Voce” pubblica in esclusiva. Eminenza, quali sono le sfide che la Chiesa deve affrontare? “È una domanda a cui non so rispondere in modo efficace. Perché mi sono occu-pato di queste cose solo fino a quan-do sono stato arcivescovo di Milano. Dopo il mio ritiro a Gerusalemme ho fatto mio il motto ‘Non giudicate e non sarete giudicati’. Il mio ministero oggi

è quello della preghiera per tutti. Per-ciò non esercito più la fantasia nell’in-dicare sfide. Rimanendo però sulle generali, dopo averlo detto anche a papa Benedetto, credo che la Chiesa nel suo futuro potrebbe regolarsi se-condo tre parole che chiamo comu-nione, compassione e responsabilità. Comunione vuol dire una maggiore si-nodalità, una maggior partecipazione a tutti i livelli, a cominciare dal livello del Sinodo. Questo anche il Papa lo capisce e lo desidera. Compassione, invece, è l’esercizio di quel potere di sciogliere che la Chiesa ha senza limi-ti: ‘Tutto ciò che scioglierai sulla ter-ra sarà sciolto nei cieli’ (Mt. 16,19), e che non significa che bisogna rendere vane le promesse, ma che la dove, co-me nel caso del matrimonio, c’è stata una rottura irreparabile, magari ad-dirittura con una persona incolpevo-le, la Chiesa deve potere intervenire. Questo l’ho detto prima del Conclave e l’ho detto ancora al Papa successi-vamente, quando gli ho ricordato una definizione, che peraltro il Papa non conosceva, del gesuita p. Stanislas Lyonnet, che fu consultore del Santo

Uffizio, il quale distingueva tra indis-solubilità intrinseca e indissolubilità estrinseca. Padre Lyonnet affermava che l’indissolubilità intrinseca è quella per cui i contraenti non possono più tornare indietro sul loro rapporto se-gnato pubblicamente, ma l’indissolu-bilità estrinseca significa che un’auto-rità, la Chiesa per i cristiani a nome di Dio o lo Stato per i pagani, può inter-venire a sanare situazioni irreparabi-li, ormai totalmente compromesse. Il Papa, anche ultimamente, ha presta-to molta attenzione a questo ragiona-mento. Benedetto XVI capisce che bi-sogna trovare una soluzione. In tutti i sinodi è emersa la scontentezza dei vescovi, dei preti e dei parroci perché questo crea gravi casi di coscienza. Il Papa ha revocato la soluzione giuri-dica per cui certi tribunali, come ne-gli Stati Uniti, per il solo fatto che si è separati propongono la nullità del ma-trimonio per incapacità di consenso. Questo non sembra giusto nel dare ragione alla verità dei fatti. È molto meglio dire che c’è stato un matrimo-nio, almeno in ipotesi valido, però è fallito in maniera irreparabile, oggi non sarebbe più consigliabile tornare indietro perché ci sono altri rapporti (un’altra persona, dei figli). Un altro esempio è quando un prete ha lasciato il sacerdozio in maniera irreparabile e irrevocabile così che anche il Vescovo non lo vorrebbe più indietro perché

Saluto con gioia l’elezione di papa Francesco. In un momento di profonda crisi antropologica, etica e socioeconomica, il riferimento al Santo di Assisi, che richiama alla semplicità, alla povertà e alla pace, ci appare come un segno di speranza. Per la ricostruzione della Chiesa. Per una nuova primavera della Chiesa. La storia del nuovo Vescovo di Roma, richiama tutti alle proprie responsabilità verso i più fragili.

Non ci credevo sinceramente. Ci speravo nel 2005, quando venne eletto Ratzinger. Oggi non ci pensavo più: un po’ per l’età, un po’ perché non ne parlava più nessuno. Quando ho sentito l’annuncio mi sono detta: ha detto proprio Bergoglio? Ho la pelle d’oca ancora a parlarne. È strano. Sono contenta e emozionata. Per noi in Argentina il Papa, il Vaticano, l’Italia sono così lontani. Ora non più. È come se fossimo un po’ più vicini. Mi sento orgogliosa. E poi penso: parla come me, è un uomo che ha le nostre abitudini. Anche la sera sul balcone era tentato di parlare in spagnolo. È uno che esce con la gente, che va incontro alla gente, che prende la metro, che fa cose normali. Da questo punto di vista forse dovrà un po’ soffrire perché dovrà abituarsi a qualcosa che non è suo. Mi viene ancora la pelle d’oca, mentre parlo. Sono contentissima. Tutti quelli che mi conoscono mi chiamano e mi fanno gli auguri. Auguri a lui. È bello. Ci unisce e ci avvicina!

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appare troppo compromesso. Mi pare, allora, meglio provvedere alla dispen-sa, dopo qualche tempo e senza una lunga attesa, anche non osservando il limite dei 40 anni. Al tempo di Paolo VI si dava la dispensa forse con trop-pa facilità, poi con Giovanni Paolo II si è chiuso rigidamente il rubinetto e io stesso ho visto parecchi casi ama-reggiarsi contro la Chiesa. Questo in-tendo per compassione, per esempio i casi in cui la Chiesa deve provvede-re. Come responsabilità intendo che la Chiesa potrebbe farsi convocatrice di un’assemblea di patriarchi e respon-sabili cristiani per discutere insieme sulle nostre responsabilità verso la so-cietà e verso il mondo, e lo stesso po-trebbe essere fatto con i capi di tutte le grandi religioni. Certo giocano qui sempre le ambizioni, quindi chi parte-

cipa vorrebbe sempre avere qualche vantaggio, essere privilegiato e quindi non so se sarà possibile. Il Papa mi ha confermato che il card. Kasper sta ten-tando la prima convocazione che po-trebbe essere il segnale di una Chiesa che non parla tanto a se stessa, ma si preoccupa per le situazioni dell’uma-nità. Sono queste alcune osservazioni di carattere generale. Invece le parti-colari situazioni pastorali dipendono dalle singole diocesi che sono molto diverse l’una dalle altre. Tocca a ogni chiesa locale, ai suoi presbiteri, al con-siglio pastorale, a tutti gli organismi fare la propria strada”. Il card. Rat-zinger, nella Missa pro eligendo romano pontefice del 2005, con cui si apriva il Conclave che lo avrebbe eletto Papa, commentan-do un passaggio della lettera agli

Mi è piaciuto moltissimo quel suo “buona sera” detto dal Papa a tutto il mondo. Al santo padre Francesco voglio indirizzare il mio, il nostro saluto filiale.La Chiesa tutta lo accompagni in questa importante missione che il Signore gli ha affidato e la vicinanza di tutti noi, che sin da ieri sera ci ha chiamati fratelli e sorelle, gli sia di conforto.Con lui e in comunione con tutte le Chiese del mondo camminiamo nella speranza.

Ho aspettato con grande emozione l’annuncio del nuovo Papa. Quando ho visto la fumata bianca non ho più lasciato il televisore tanta era la curiosità mista a emozione; una scelta difficile in un momento difficile, ma lo Spirito Santo, ancora una volta, ha toccato il cuore del collegio cardinalizio. Habemus papam: cardinale Bergoglio. Lo ammetto, per me un emerito sconosciuto, ma quando con la sua semplicità è uscito presentandosi alla folla, recitando assieme il Padre nostro ho percepito una grande emozione e partecipazione. Ho sentito i primi commenti, la vita e il luogo del suo magistero. Sicuramente un uomo vicino ai poveri, forse d’una Chiesa d’altri tempi e forse una Chiesa da portare a esempio a quella romana toccata da scandali di vario genere. Spero viva a lungo per portare quei cambiamenti che la chiesa da anni aspetta: fermento, vocazione, felicità e tanta preghiera.

Efesini, aveva parlato di dittatu-ra del relativismo “che non rico-nosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”. Qual-che settimana più tardi, lei parlò, in occasione del 25° anniversario della sua ordinazione episcopale dell’esistenza di un relativismo cristiano. Cosa intendeva? “Il card. Ratzinger fece questa omelia in cui parlò di dittatura del relativismo. Nei giorni del Conclave alloggiavo in una camera vicina alla sua e la sera andai a regalargli il mio ultimo libro. Gli dissi che non ero del tutto d’accordo con la sua definizione. Perché se è vero che c’è molto relativismo nel mondo oc-cidentale, non mi pareva opportuno bloccare in questa categoria tutta la società attuale, quasi impedendo di vedere quel pluralismo, quella diver-sità, quella dialettica che pure esiste. La stessa impressione ricordo la eb-bi quando Giovanni Paolo II venne a Milano. Nel primo discorso che fece in piazza V Giornate interpellò Milano come città immanentista. Certo, c’è molto immanentismo, ma c’è anche molta apertura, molta dialettica. Quel-la sera dissi a Ratzinger che non ama-vo queste definizioni che costringono qualcuno a sentirsi chiuso in questa realtà. Inoltre la mia seconda obie-zione fu effettivamente che c’è anche quello che si potrebbe chiamare un relativismo cristiano. Non vorrei che altri pensassero che noi abbiamo tutto stabilito, tutto fermo, tutto ormai chiu-so. Noi cristiani tendiamo all’eternità che non conosciamo, tendiamo a una vita completamente nuova, al miste-ro di Dio, e di Dio è più ciò che igno-riamo di ciò che sappiamo. Quindi non volevo dare questa impressione: il mondo relativista e noi assolutisti. Anche noi patiamo il relativismo per-ché tutte le nostre cose sono passeg-

gere, soltanto Cristo rimane. I sacra-menti passeranno, la Chiesa passerà, la gerarchia passerà, tutto sarà con-cluso. Questo intendevo parlando di relativismo cristiano: la tensione ver-so l’aldilà, verso il superamento. For-se l’espressione non è delle più felici. Infatti il mio amico mons. Bruno Forte me ne ha contestato l’uso. Ma ciò era quello che volevo dire. Naturalmente i giornali hanno subito contrapposto le due cose. Quando andai da papa Ratzinger per congedarmi prima del mio rientro a Gerusalemme nel me-se di maggio gli dissi per prima cosa: “Santo Padre non creda ai giornalisti che ci contrappongono”. Non solo i discepoli singolarmente devono seguire il Cristo povero e crocifisso, ma anche la Chiesa nel suo insieme. Non le pare che anco-ra oggi essa sia tentata di pensarsi in una logica mondana. Una sensa-zione che è confermata anche dal tenore di alcuni interventi episco-pali con cui si tende ad alzare un po’ troppo la voce per rivendicare le proprie ragioni. È un’immagine di Chiesa che si conforma al Cristo che ha scelto l’umiliazione? “È una domanda complessa e toc-ca cose che non conosco da vicino. Ho letto nei giorni scorsi dell’ultima polemica suscitata dagli interventi della Cei. In certe cose contingenti probabilmente sarebbe meglio se in-tervenissero dei laici cristiani con la loro esperienza e si lasciassero gli in-terventi magisteriali dei vescovi per i grandi principi. Nella mia esperienza in diocesi ho cercato di seguire questa strada. Non è sempre facile, ma credo che contribuirebbe a dare un’imma-gine migliore di Chiesa. D’altra parte anche le reazioni laiciste mi sembrano eccessive perché alla fine siamo tutti cittadini e possiamo anche discute-re. Certo, quando un vescovo inter-

viene lo fa con un’autorità che non è quella del semplice cittadino e per questo dovrebbe state molto attento a non entrare troppo nei dettagli. Cir-ca l’imitazione del Cristo povero, più in generale, è vero che la Chiesa nel Concilio si era proposta con Lercaro di prendere la povertà come tema cen-trale del concilio stesso. Lercaro ave-va questa idea e gli era stata suggerita da Dossetti, ma non fu accolta anche perché si trattava di una scelta molto difficile. La povertà è un concetto che indica una linea, una direzione, un ide-ale, ma non una regola e allora è molto complicato dare delle norme precise in anticipo. Dipende dalle situazioni, dai luoghi, dagli usi. Ciò per dire che tutte queste cose sono un po’ relative al contesto. C’è una povertà in Africa che è diversa da quella negli Stati Uni-ti, in Inghilterra o in America Latina. La Chiesa è sempre tentata perché si cerca di avere sempre un po’ di più magari con la scusa di dover prov-vedere a necessità urgenti. Sarebbe meglio, come diceva Agostino, avere meno bisogni che aver più cose, me-lius est enim minus egere quam plus habere (Regula, 5). Trovare un’intesa non è facile. Può darsi che la Chiesa oggi sia un po’ tentata dal possesso. In Italia, per esempio, con l’8xmille, la Chiesa italiana ha dato enormi ci-fre per la carità e il Terzo mondo. Ha tenuto per sé appena il necessario, tut-to il resto l’ha distribuito. Quindi c’è un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. La tendenza nostra, ovviamente, è sem-pre quella di avere un po’ di più con mille scuse. Forse servirebbe un pe-riodico esame di coscienza e dovreb-be valere il principio della preferenza evangelica anche se non è un asso-luto. Sant’Ignazio diceva più o meno che bisogna preferire ciò che Cristo ha preferito, ma al momento della scelta serve mettersi come su una bilancia e valutare ciò che dà maggior gloria a Dio concretamente nella situazio-ne. Vale anche per il possesso dei be-ni materiali”. Segue a pag 23

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Segue da pag. 21

Nella storia della Chiesa la gerar-chia ha a volte osteggiato alcuni che avevano ricevuto speciali doni di Dio. Mi spaventa il fatto che co-me presbitero, responsabile di una comunità, possa ripetere questo errore. Come trovare equilibrio tra coraggio e prudenza? “Dobbiamo cercare di aspirare sem-pre al meglio, non si può dire sì a tutto. Quando si dicono dei no, poi, dobbia-mo sempre lasciarci interpellare dal-la coscienza per verificare che quello pronunciato non sia un no di como-do. Quando ero a Milano una mia fra-gilità, una mia debolezza era quella di dire: ‘la Madonna appaia pure basta che non lo faccia nella mia diocesi!’ È difficile e certamente si è mancato in passato. Talvolta sono state poste remore laddove non si doveva e sono state fatte ammissioni e accettazio-ni, anche negli ultimi tempi, di gruppi strampalati che poi hanno dato pessi-ma prova di sé. Ci sono parecchie dio-cesi e parrocchie che sono state quasi rovinate dall’aver accettato gruppi e persone mandate vie da altre diocesi

zazione dell’Europa così come era sta-ta lanciata non l’ho mai capita molto. L’Europa ha in molti suoi settori delle resistenze secolari, pregiudizi durissi-mi da vincere. Non basta l’evangeliz-zazione. C’erano state, infatti, lo ricor-derete, iniziative negli anni ’90 in cui si indicava in dieci anni il periodo per rievangelizzazione dell’Europa. Inizia-tive su cui erano stati investiti anche parecchi mezzi. Dieci anni sono pas-sati, ma non è successo quasi niente. Credo che sia una questione di tem-

e magari accolte quasi per compas-sione. Anche a me, in qualche circo-stanza, è capitato di sentirmi un po’ Caifa e un po’ Pilato. Anch’io mi sono interpellato per vedere se, con alcu-ne scelte, mi stavo opponendo a Dio o stavo facendo il mio dovere. Si agi-sce con la speranza che poi il Signore ci correggerà, magari tramite gli amici o i confratelli Vescovi. Soprattutto ho avuto molto spesso queste oscillazioni dovendomi occupare dei movimenti. Di fatto sono stato più rigido di quanto non lo fosse Giovanni Paolo II. Il Papa era molto più accogliente. Io molto più

Anche Mattia Cantamessa, 20enne universitario in Cattolica, descrive le prime sensazioni all’annuncio del Papa: “Come cristiano vivo due sentimenti; il primo è quello di gioia: dietro a ogni elezione c’è la garanzia dello Spirito Santo e prego affinché il Signore assista sempre il Papa. Il secondo è quello di fiducia: mi affido alle cure spirituali di papa Francesco e attendo che anche le sue parole mi aiutino a maturare come cristiano e a incontrare il Cristo”.

Paola Braghini (a sinistra) dice: “La cosa che mi ha colpito di papa Francesco è stata la richiesta che ha rivolto a quelli che ha chiamato fratelli e sorelle di pregare per lui. Claudio Deperi (a destra): “Papa Francesco mi è parsa una persona molto socievole, non penso ci siano stati molti Papi che come primo loro intervento abbiano salutato la folla con un semplice inchino e chiedendo che ci fosse uno scambio di preghiera, come se non fosse più importante di noi”.

cauto e prudente. Se qualcosa non mi andava lo dicevo subito; non accetta-vo ambiguità. Forse sbagliavo. Ricor-do che nel Sinodo dei laici feci un in-tervento che divise molto l’assemblea e un po’ amareggiò il Papa. Dissi che c’erano questi movimenti che però il solo fatto di essere movimenti non bastava per canonizzarli. Andavano invece valutati per quello che erano e non si poteva nemmeno accettare la teoria che la loro crescita era la garan-zia della presenza della grazia di Dio. Forse ho sbagliato e per questo dovrò fare un po’ di Purgatorio.Circa il dialogo interreligioso. Lei ha più volte affermato che un vero dialogo non ha senso se non por-ta arricchimento reciproco. Come coniugare comunque l’urgenza dell’annuncio del Vangelo anche ai non cristiani?È molto difficile. Si afferma sempre che tra religioni diverse non c’è con-trasto, ma nella pratica non è così fa-cile instaurare un dialogo. Credo che piuttosto bisogna adottare il princi-pio del Qoelet: ci sono tempi e tempi. Tempi in cui occorre di più il dialogo e la lunga frequentazione come, per esempio, in Medio Oriente con i mu-sulmani dove dialogo e frequentazio-ne possono favorire l’autenticità da cui potrebbe nascere la conversione. Ci sono altre situazioni in cui occorre predicare il Vangelo con più forza. Di-rei, però, che non si tratta di una carat-teristica omogenea in tutto il mondo. Per cui anche l’idea di una evangeliz-

pi, di persone e di cammini singoli e di discernimento. Ho assistito a molti di questi cammini che approdano al Vangelo e alla fede anche dalla Cat-tedra dei non credenti, che pure non aveva questo scopo. Altri, invece, dalla Cattedra sono stati un poco illumina-ti, hanno capito meglio il loro dovere, ma non hanno avuto una chiarezza sufficiente per fare un passo avanti. Forse questo dispiacerà a chi ha un temperamento propagandistico, che vorrebbe buttarsi totalmente. Forse farà anche bene. Non direi, però, che deve essere così per tutti”.

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ome valuta la situazio-ne della Chiesa?Buona. Sono un vatica-nista in ripensamento sull’importanza del go-

verno e dell’istituzione nella realtà della Chiesa; sono per una maggiore attenzione al vissuto di fede (Chiesa mistero e Chiesa comunione per par-lare il linguaggio del Concilio). Via via che ci si allontanava dal Vaticano II, la concentrazione si è fissata sulla di-sputa del governo della Chiesa. I Pa-pi, a partire da Paolo VI nella seconda metà del Pontificato, hanno stabilito che non era il tempo per una stagione di riforme, ma bisognava far sedimen-tare il Concilio in attesa che lo Spirito indicasse vie di nuovi aggiornamenti. In questi anni è intervenuto, allora, un senso di sfiducia…Cosa significa essere un vaticani-sta in ripensamento? Il vissuto evangelico è diventato una priorità: è un’operazione che dovreb-be fare tutta la comunità ecclesiale. Se

termine aggiornamento. Questa deci-sione di Paolo VI è stata, poi, portata avanti dagli altri Pontefici. È stata una fedeltà di principio; del Concilio non è stato rinnegato nulla, ma c’è stata una pausa nel cammino delle rifor-me. Personalmente ritengo che fosse maturo il tempo, qualche decennio fa, perché si facessero delle innovazioni nella questione dei ministeri; almeno tre Sinodi hanno chiesto ai rispettivi Papi di rivedere la disciplina dei mi-nisteri ordinati, ma non è stato fatto nulla: alcuni ministeri (come il lettore e l’accolito) di fatto sono modificati. Non nego che vi siano problemi di governo ma penso che siano soprav-valutati. Un Papa riformatore non ri-solverebbe i problemi. La credibilità della fede cristiana in questa epoca, la possibilità di presentare il Vangelo, resterebbe la stessa. Vediamo tante Chiese cristiane e ognuna, pur aven-do metodi e istituzioni differenziate, è in difficoltà in questa opera di dare ragione della fede, di rendere credi-bile il messaggio. Il vissuto cristiano è buono: il perdono per gli uccisori, il primo posto ai poveri e ai disabili,

In un clima di disaccordo, è confortante sapere che qualcosa va per il verso giusto. La nomina di papa Francesco ha riacceso in me la speranza. Un uomo umile che conosce da vicino, e sulla sua pelle, la povertà; caratteristiche che rispondono alle esigenze della Chiesa. Gli auguro di riuscire sempre a vedere con occhi nuovi i problemi del mondo, capace di trasmettere la parola di Dio per riavvicinare i giovani alla fede.

Tanta sorpresa e tanta gioia vedere un Papa che si chiama Francesco. All’inizio qui nel convento dei francescani siamo stati presi da una gioia incontenibile. Subito dopo, però, si è fatta largo una certa responsabilità. La scelta del nome interpella la Chiesa ma anche la nostra identità di francescani. Ci fa ben sperare perché il richiamo ad Assisi parla di pace, dialogo, Vangelo, povertà e di una vita spirituale intensa, di configurazione a Cristo. Sentiamo una direzione e una indicazione data a tutta la cristianità. Ovviamente questo ci riempie soprattutto di gioia. Non so perché abbia scelto questo nome. Essendo gesuita, il nome si rifà senz’altro anche a San Francesco Saverio. Il modo con cui si è presentato, la semplicità, l’augurare buonasera e l’invito a tornare a casa con la buonanotte indicano umiltà e il richiamo a San Francesco d’Assisi. Viene da una chiesa provata dalla povertà. Lui è stato dalla parte dei poveri e possiamo dire che sia francescano nell’intimo, oltre che gesuita.

negli ambienti della comunicazione ci occupassimo di meno del governo della Chiesa e di più del vissuto di fe-de, riusciremmo anche a sfebbrare, aiuteremmo a diminuire la polarizza-zione, il contrasto.Da Paolo VI a Benedetto XVI: c’è un filo rosso che unisce tutti e quattro i Pontificati?La scelta fatta da Paolo VI nel 1967/68 di non procedere a ulteriori riforme ha provocato un freno alla strategia riformatrice; si è mantenuta una fe-deltà al messaggio conciliare, ma si è ritenuto di evitare nuove riforme per evitare la divisione della Chiesa. Nell’Ecclesiam Suam Paolo VI utiliz-zava la parola “riforma (“si può par-lare di riforma, non si deve intende-re cambiamento”), mentre Giovanni XXIII in precedenza aveva preferito il

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Apprendo con gioia e devozione cattolica la notizia dell’elezione del Santo Padre, un uomo del Signore che, animato da un’intensa spiritualità, sarà un pastore che servirà e guiderà la Chiesa cattolica. Dal Santo Padre trarremo ispirazione noi tutti, nel nostro quotidiano operare, vivificati anche dal ricordo dei venerati Pontefici suoi predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che hanno lasciato in tutti noi viva memoria con la loro testimonianza di carità cristiana

Nei nostri commenti peschiamo anche dal mondo di Facebook:“Una scelta non scontata; una scelta non di curia; una scelta innovativa e innovatrice; una scelta vicina ai poveri e agli ultimi; una scelta coraggiosa; una scelta solida; una scelta extraeuropea; una scelta vicina alla chiesa latina e agli emergenti; una scelta che è una conquista; una scelta che è religiosa con la religiosità dei gesuiti; la scelta di un Papa nero (perché gesuita e i gesuiti hanno sempre rifiutato la gerarchia e il potentato ecclesiale, quindi contrastante il “Papa bianco”); una scelta semplice e per i semplici; una scelta che “entrerà” anche nelle coscienze laiche; una scelta lontana dagli orpelli del mondo, ma vicina al “mondo vero” della vita. E adesso aspetto le sue scelte ulteriori: il governo della chiesa. Lì si misurerà la forza del rinnovamento, che comunque è già “forte” nella sua persona. E dai, Francesco primo!!! Preghiamo”.

il nuovo modo di testimoniare la fe-de nell’accettazione della morte, la celebrazione ecclesiale della propria morte sono segni di novità evangeli-ca. Prima non si praticava il perdono in questa maniera dichiarata, oggi il perdono è diventato una pedagogia. Sono tutti segni evangelici e sono do-ni dello Spirito alla nostra epoca. Non sono pessimista sulle sorti del Vange-lo e della Chiesa comunione e della Chiesa mistero, ma sono realista nel prendere atto che ai livelli di respon-sabilità supremi si è deciso di frena-re. Sono anche del parere che vada rivista al più presto la disciplina dei divorziati risposati: la possibilità di praticare soluzioni simili a quelle del-le Chiese orientali è una cosa matura; ci sarebbero le premesse teologiche e la sensibilità pastorale per arrivare a un’innovazione di questo tipo.Quanto c’è dell’esperienza di Montini nei papati di Giovanni Pa-olo II e di Benedetto XVI?C’è tantissimo. Le linee di governo so-no quelle. Paolo VI è il pedagogo di tre Papi: Giovanni Paolo I, Giovanni Pa-olo II e Benedetto XVI lo seguono in tutte le grandi strategie, naturalmen-te adeguandosi ai tempi. Si pensi solo

al mea culpa di Giovanni Paolo II che non sarebbe stato possibile senza la richiesta di perdono (in apertura della seconda sessione del Concilio) fatta da Paolo VI per i fratelli separati. Pa-pa Montini si inventa i viaggi per par-lare al mondo (nell’Ecclesiam Suam si definisce apostolo), Giovanni Paolo II si proclama “araldo del Vangelo” e Benedetto con meno energie fisiche continua a viaggiare con la stessa mo-dalità. In Benedetto XVI c’è anche una rispondenza di indole: sono due per-sone con una grande capacità di con-centrazione intellettuale e spirituale e di affabilità nei rapporti umani. Ana-logamente alla continuità di gesti e di proiezione apostolica, lo seguono anche nel freno istituzionale.Il Papa emerito non ha mai fatto mistero di prediligere lo studio al governo della Chiesa...Ratzinger fu convinto personalmente da Montini ad accettare la nomina ad arcivescovo di Monaco: ha racconta-to la sua resistenza perché riteneva che avrebbe dovuto continuare a fa-re il teologo. Lo stesso successe con Giovanni Paolo II quando lo chiamò a Roma. C’è una evidente continuità anche nei legami.Come si spiega, allora, la diversa ricaduta mediatica?Il messaggio si caratterizza anche per la figura che lo propone. Nell’epoca contemporanea la figura papale può entrare in tutte le case. C’è una bellis-sima pagina di Jean Guitton nella pre-

fazione ai “Dialoghi con Paolo VI” che recita: “Un giorno la tecnologia per-metterà di vedere e di seguire il Papa come se fosse un dialogo personale”. Questo dà alla figura papale un ruo-lo ancora più forte. Il Papa bresciano ha avuto due stagioni completamente diverse di ricezione: la prima (parago-nabile a Giovanni XXIII e a Giovanni Paolo II) è di grande entusiasmo ed empatia se si pensa solo al ritorno dal-la Terra Santa o alla missione all’Onu o al dono della tiara ai poveri; nella se-conda fase, invece, la stessa persona che parla lo stesso linguaggio incon-tra maggiori difficoltà. Molto dipen-de dall’approccio degli operatori dei media che non è sempre innocente: il mondo mediatico apprezza soltanto i tempi riformatori; la novità è meglio narrabile della consuetudine. Giovan-ni Paolo II, ad esempio, era molto at-taccato per le posizioni conservatrici di cui veniva accusato, ma era apprez-zato per la componente umana che era vista come nuova e che rompeva con la tradizione. Benedetto XVI ha riformato lo Ior, le finanze vaticane, ha fatto riforme sul tema della pedo-filia e nel rapporto con gli anglicani, ma non ha avuto una novità gestuale.C’è un aspetto di Paolo VI che por-ta nel cuore?La preghiera per Aldo Moro con il gri-do a Dio: “Non hai ascoltato la nostra preghiera”. Questa è una grande ere-dità sulla strada del recupero di ve-racità nella preghiera uscendo dalle

forme rituali; la preghiera come grido a Dio che è tipica della nostra epoca che assume il linguaggio di Giobbe. La preghiera per Moro è il momento in cui Paolo VI a nome di tutta l’umani-tà fa suo questo grido a Dio e insegna come possa essere formulato. La preghiera come grido a Dio l’abbiamo ritrovata anche in Be-nedetto XVI…Benedetto formulava molto spesso l’invocazione a Dio a manifestar-si: “Signore, pensa tu a questo… Dov’eri tu Signore? Torna Signore a manifestarti”. Quando è stato eletto ho scritto per il Regno: “Non preve-devo la sua elezione, ma sono con-tento che sia Papa”. Ha fortissima la percezione del peccato nella Chiesa, della ricerca della via penitenziale. Nell’Introduzione al cristianesimo (1969) parla della sporcizia della Chiesa. Sente molto il peccato e il silenzio di Dio: questo lo avvicina molto a Paolo VI al quale era molto legato, ed è stato certamente molto coraggioso. Cosa vogliamo che fac-cia un Papa più di scrivere libri su Gesù? Ha dato testimonianza della sua fede ed è questo che devono fa-re i cristiani.

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mato nel suo Pae-se, nel libro-intervista “Il Gesuita” scritto da Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin (usci-

to nel 2010 e divenuto subito un bestseller), il futuro Papa aveva spiegato le sfide che attendevano la Chiesa moderna: “L’opzione fon-damentale è scendere per le stra-de e cercare la gente: questa è la nostra missione. Il rischio che cor-riamo oggi è quello di una Chiesa autoreferenziale: simile a quelle persone che, diventate paranoiche e autistiche, sono capaci di parlare solo a loro stesse”. Autore di vari libri (Meditaciones para religiosos del 1982, Reflexiones sobre la vida apostolica del 1986 e Reflexiones de esperanza del 1992) che tratta-no soprattutto di Pastorale socia-le, papa Francesco ha una grande capacità d’improvvisare discorsi e omelie, cogliendo d’istinto gli umori di chi gli sta intorno. Uomo

to sul sito Terra.ar, le sue giornate iniziano alle 4 del mattino e termi-nano alle 21. Nel libro tocca anche il tema della pedofilia: “Se c’è un prete pedofilo, è perché porta in sé la perversione prima di essere ordi-nato. E sopprimere il celibato non curerebbe tale perversione. O la si ha o non la si ha”. Secondo Ber-goglio “bisogna stare molto attenti nella selezione dei candidati al sa-cerdozio. Nel seminario di Buenos Aires ammettiamo circa il 40% dei candidati, e facciamo un attento monitoraggio sul processo di ma-turazione”. Qual è la cosa peggiore che può accadere nella Chiesa? “È quella che De Lubac chiama ‘mon-danità spirituale’. È il pericolo più grande per la Chiesa, per noi, che siamo nella Chiesa”. Così rispon-deva il cardinale Bergoglio in un passo dell’intervista rilasciata nel 2007 al mensile internazionale “30 giorni”. “La mondanità spirituale è mettere al centro se stessi. È quello che Gesù vede in atto tra i farisei: “…Voi che vi date gloria. Che date gloria a voi stessi, gli uni agli altri”.

di grande cultura è un appassiona-to lettore di Borges e Dostojevski, Dante e Manzoni, ama la musica classica e il tango. Come quadro apprezza “La Crocefissione Bian-ca” di Chagall. Senza dimentica-re la sua passione per la poesia di Hölderlin e le note di Beethoven. Tra i suoi film preferiti, lo ha con-fessato lui stesso alcuni anni, fa c’è “Il pranzo di Babette”.Bergoglio rivela anche di aver avu-to una fidanzata (“era del gruppo di amici con i quali andavamo a bal-lare. Poi ho scoperto la vocazione religiosa”); di amare la letteratu-ra italiana e il Piemonte (madre e padre sono originari di lì). Per lo sport, ovviamente, il calcio: la sua squadra del cuore è il San Loren-zo de Almagro di Buenos Aires, al punto che tempo fa si fece foto-grafare con la maglia del club, del quale ha la tessera n. 88.235. La società è nota a Buenos Aires an-che con il nome “Santa”: proprio perché “San” Lorenzo” e in quanto fondata da un sacerdote, Lorenzo Massa. Secondo quanto pubblica-

“A te, papa Francesco, che ci hai appena salutati, a te, che con semplicità ci hai dato la buona sera voglio dire: gli occhi tuoi hanno appena accarezzato i nostri sguardi, vorremmo sentirci tutti, in un tuo abbraccio; attraverso te l’insegnamento di Dio arrivi alle nostre anime e che la Pace Sovrana regni sui popoli del mondo. Accarezza i nostri figli, perché possano veramente crescere in un mondo migliore”.

Leonardo Gatti (a sinistra): “Ho provato una grande emozione nell’ascoltare le prime parole di papa Francesco. Lo stile sobrio, la croce di ferro, la semplicità del linguaggio, l’umiltà e il sorriso sereno, mi hanno ricordato papa Giovanni e papa Luciani. Con lui la chiesa entrerà in una nuova fase”.Mariano Mussio (a destra): “Con gioia e serenità. Ho la certezza che sarà un riferimento e una guida spirituale per far rivivere i valori della cristianità”.

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nostri cuori gioiscono e fanno festa. La Chiesa di Cristo ha un nuovo Pietro. A papa Francesco tutta l’Azione cattolica assicura fin da questi primi istanti di Pon-

tificato l’ascolto e la preghiera più in-tensa, stringendolo in un commosso e amorevole abbraccio con l’affetto e la gratitudine dei figli”. Sono gli augu-ri della presidenza nazionale dell’Ac a Francesco. Al Papa, l’Ac augura “di essere un coraggioso testimone dell’amore di Dio, e di lasciarsi con-durre da Lui per guidare il suo popolo sulle strade della verità e della speran-za”. “Saremo con papa Francesco nel proporre al mondo contemporaneo il volto di una Chiesa evangelizzatrice e missionaria – spiega l’Ac –. Una co-munità di discepoli fedele alla sua sto-ria e alla sua missione e proprio per questo ancor di più capace di rinno-vamento nel solco delle linee dettate dal Concilio Vaticano II, i cui frutti più maturi sono ancora da venire”. “Una grande emozione vedere il papa Fran-

– –

fermerà nella fede, che lavorerà in-stancabilmente per la sua unità, che rinfrancherà coloro che si impegna-no nella comunicazione della Paro-la. La forza propulsiva del Concilio continuerà a essere la forza del suo ministero e renderà la Chiesa sem-pre più aperta e capace di affrontare le sfide del futuro”, conclude la nota del Meic. “Insieme a tutta la Chiesa sono veramente felice di questo mo-mento, che fa vedere sia la vitalità della Chiesa che la freschezza del-lo Spirito Santo che trova sempre il modo di sorprendere”. Così Maria Voce, presidente del Movimento dei focolari, sull’elezione di papa Fran-cesco. “Oltre alla sorpresa – aggiun-ge – perché certamente non era uno dei cardinali di cui si parlava, c’è la gioia di pensare che anche questo è un segno di novità per la Chiesa di oggi, che mi pare stia vivendo un momento speciale, cominciato con la rinuncia al ministero di Vescovo di Roma da parte di Benedetto XVI e seguito da questo nuovo Papa, che ha saputo suscitare un’eco straordi-naria in tutto il mondo”.

cesco inchinarsi dinanzi al popolo di Dio chiedendo preghiera e facendo subito pregare la Chiesa intera”. È quello che sottolinea Salvatore Mar-tinez, presidente di Rinnovamento nello Spirito (Rns). “Un gesuita di ori-gini italiane che, divenuto Vescovo di Roma, pone il mondo intero sui passi di Francesco, il grande evangelizza-tore che ha affascinato il mondo nel segno della povertà di spirito e della gioia”, prosegue. “Grande spontanei-tà e semplicità nell’approccio con la gente festosa che è stata subito con-quistata dalla sua simpatia. L’elezio-ne di un religioso – evidenzia Marti-nez – rimette in auge l’importanza dei carismi vecchi e nuovi nella Chiesa e la sua attività missionaria. Un segno che promuove l’America Latina, con-tinente della speranza, dove vive oltre il 60% dei cattolici praticanti di tutto il mondo”. Il Movimento ecclesiale di impegno culturale (Meic) condi-vide “la grande gioia del popolo di Dio per l’elezione di papa Francesco e si unisce alla preghiera universale di ringraziamento al Signore”. “La Chiesa ha di nuovo Colui che la con-

Del nuovo Papa mi colpiscono la sua attenzione alle questioni del lavoro e della giustizia sociale. Ma anche la sua denuncia delle storture del sistema economico mondiale, la sua vicinanza concreta alle persone in difficoltà, ai poveri. Sono convinto che questi temi daranno al suo magistero un’impronta molto forte, aiutandoci in qualche modo a ripensare la crisi che stiamo attraversando e le azioni necessarie per uscirne con una nuova idea di sviluppo.

Gianmaria Frusca (a sinistra): “Anche in seminario abbiamo accolto con gioia e un po’ di emozione l’elezione di papa Francesco. Vedo un pastore secondo il cuore di Dio: scegliendo quel nome ha fatto dell’umiltà e della povertà del santo di Assisi un programma di rinnovamento per tutta la cristianità”.Don Marco Mori (a destra): “Un gesuita che si chiama Francesco e’ di una rivoluzione geniale. Contentissimo!”.

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a notizia dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio a nuovo Papa ha conquista-to le prime pagine. I prin-cipali quotidiani argentini

celebrano l’elezione del loro conna-zionale, non nascondendo gli aspetti più controversi del nuovo Pontefice. “L’argentino Jorge Bergoglio è il nuo-vo Papa – titola La Nacion –. Un gesu-ita in carriera, da rivale a successore di Ratzinger. Nel 2005 fu secondo a Benedetto XVI. Acerrimo oppositore dei matrimoni gay e contro l’aborto”. El Clarin ricorda le tensioni tra Ber-goglio e i Kirchner: ”Il nuovo Papa è l’argentino Jorge Bergoglio e si chia-merà Francesco I. Mentre veniva an-nunciato come Papa, Cristina Fernan-dez Kirchener twittava lamentandosi che i giornali non avevano dato risalto al suo lavoro nella provincia di Neu-quen”. Solo alle 21, la presidente ha “rimediato” con un cinguettio di con-gratulazioni molto formali. I principali siti statunitensi pongono l’accento sul

Bergoglio diventa papa Francesco I. Il primo Papa dalle Americhe e il primo gesuita a ottenere l’incarico”. I giornali britannici restano cauti nei giudizi, con titoli molto simili. La Bbc: “L’argentino Bergoglio eletto Papa”; il Times: “Francesco I d’Argentina è Pa-pa”; il Guardian: “Papa Francesco: un cardinale argentino nominato primo Papa dell’America Latina”; l’Indipen-dent: “Un nuovo Papa è stato scelto: Jorge Mario Bergoglio. È il primo ge-suita Papa di tutti i tempi. La sua pri-ma priorità: porre fine e prevenire gli abusi sessuali sui minori”. Anche i maggiori media spagnoli sottolineano la provenienza del pontefice. El Pais: “Un Papa argentino”; El Mundo: “Ber-goglio sarà papa Francesco I: il primo Papa latinoamericano”. L’elezione del Papa ha avuto grande spazio anche su tutti i principali siti dei quotidiani israeliani. Il sito di Haaretz titola con grande evidenza sulla nomina di Ber-goglio e sottolinea che è il primo Pon-tefice in 2000 anni di storia a venire dal Nuovo Mondo. Il Jerusualem Post scrive che il Papa “chiede al mondo di pregare nella sua prima benedizione”.

fatto che Bergoglio sia il primo Papa sudamericano. La Cnn: “Il nuovo Pa-pa: Francesco I. Primo Papa non euro-peo dell’era moderna”; l’Abc: “‘Prega-te per me’: papa Francesco saluta Ro-ma e il mondo”; il New York Times: “Il nuovo Papa: Bergoglio d’Argentina. Il primo gesuita. Il primo latino ameri-cano e il primo Francesco”; il Los An-geles Times: “Bergoglio diventa papa Francesco I. Il primo Pontefice dalle Americhe e il primo non europeo in oltre un millennio”. La notizia cam-peggia anche nelle prime pagine dei giornali tedeschi. La Sueddeutsche Zeitung: “Habemus Papam: è Jorge Bergoglio, papa Francesco I”; la Fran-kfurter Algemeine Zeitung: “L’argenti-no Bergoglio è il nuovo papa France-sco I… Il gesuita silenzioso da Buenos Aires. Al Conclave del 2005 fu il più forte opponente di Joseph Ratzinger”; il Die Welt: “L’argentino Jorge Mario Bergoglio è Francesco I”. In Francia Le Figaro titola: “L’argentino Bergo-glio diventa papa Francesco… è il primo Papa dal continente america-no e ha preso il nome di Francesco”; Le Monde: “L’arcivescovo argentino

“Annuntio vobis gaudium magnum; habemus Papam”. Tutto il mondo attendeva con trepidazione queste parole e sono giunte accompagnate da stupore per il nome! Francesco è un nome importante e fa immaginare un grande “programma”. Perché papa Francesco – su ispirazione di S. Francesco e su modello del suo predecessore – saprà guidare la Barca di Cristo che il Signore gli ha affidato, e riuscirà a unire e pascere tutto il gregge di Dio.

Stefano Soldi ha avuto un’ottima impressione: “Spero che sia un Papa che sappia coinvolgere i giovani. C’è sempre bisogno di un coinvolgimento dei giovani. Mi spiace non poter essere con lui a Rio per la Giornata mondiale della gioventù, ma sicuramente lo seguirò da casa. Stesso entusiasmo anche per la sorella Samanta: “Mi aspetto che il papa Francesco rivoluzioni un po’ la Chiesa. Personalmente mi hanno colpito molto la sua allegria e la sua mitezza”.

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