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VIA FRANCIGENA PARTE PRIMA DAL PASSO DEL GRAN S. BERNARDO A BERCETO Chi ha provato a riempire uno zaino con lo stretto indispensabile, lasciando a casa tutto il superfluo e lasciarsi andare al ritmo dei propri passi godendo di tutte le bellezze che il nostro mondo ci offre, gustandone ogni più piccolo particolare perché il nostro incedere non è caratterizzato dalla velocità e dalla fretta , non vede l’ ora di rifare l’ esiguo bagaglio e riprendere la via . La nostra prima esperienza è stata il Cammino di Santiago, un’ esperienza che ti cambia completamente l’ esistenza , ti rimette in pace con la natura che godi appieno, con l’ umanità con cui sei a contatto per tutto il giorno, con il tuo fisico che ti permette di superare gli ostacoli che si presentano sulla tua via e, non ultimo, con la religione che affiora in molti luoghi sacri e nei gesti degli altri pellegrini . L’ anno scorso, per festeggiare il nostro 25# anniversario di matrimonio, abbiamo percorso il Cammino di San Francesco , che si snoda in centro Italia toccando tutti i posti dove ha soggiornato o ha compiuto miracoli il nostro Santo Patrono ; luoghi di incomparabile bellezza, che bisogna guadagnarsi spesso affrontando irte salite ed estenuanti saliscendi, che sprigionano una spiritualità profonda e ci avvicinano allo stile di vita e ai valori predicati da San Francesco. Quest ‘anno abbiamo deciso di percorrere un tratto italiano della Via Francigena , la strada che i pellegrini , sin dal Medioevo percorrevano per giungere a Roma sulla tomba dei Santi Pietro e Paolo e,che Sigirico, arcivescovo di Canterbury percorse nel 990 per andare a Roma a ricevere il “Pallio”dalle mani del Papa e che documentò con i suoi diari divisi in 79 tappe. Come già per il Cammino di Santiago ci sono diverse vie per raggiungere la Capitale , che differiscono nel punto di partenza ,infatti i pellegrini francesi entravano in territorio italiano dal Passo del Monginevro, mentre i nordici dal Passo del Gran S.Bernardo . La compagnia è nuovamente la medesima : io, mio marito Giò, Emilia , mia collega e suo marito Claudio. Claudio avrebbe voluto partire da Sarzana perché ritiene il paesaggio di pianura noioso, e, quindi , ottimisticamente, con i nostri 15 giorni di ferie , avrebbe voluto arrivare a Roma ma, non potendo per ovii motivi di tempo , partire da Canterbury, abbiamo deciso di partire dalla prima tappa italiana, cioè il Passo del Gran S. Bernardo . Anche quest’ anno le incognite prima della partenza sono state molte , la salute del papà di Claudio, la partenza di Arianna, mia figlia, per il suo anno di studio a Shanghai e la nascita di Carlotta , figlia di una collega, a cui Emilia aveva promesso l’ assistenza . Appena appreso l’ inizio delle lezioni di Arianna e, quindi la conseguente partenza , abbiamo studiato accuratamente il percorso, ridistribuito le tappe, perché , alcune erano veramente corte, abbiamo cercato le accoglienze, preferendo quelle pellegrine, quindi telefonato per assicurarci un posto per la notte per ogni giorno di Cammino. La partenza è prevista per sabato 6 settembre, Carlotta è nata il primo settembre, Arianna è partita il 3, quindi sarebbe stato tutto a posto, ma , anche quest’ anno la malasorte ci ha fatto un brutto tiro! Due giorni prima della partenza l’occhio sinistro di Giò si è arrossato in modo vistoso e ha cominciato a dolere; consultato un oculista , gli sconsiglia vivamente di partire e lo invita a controlli giornalieri; Giò , allarmatissimo, segue scrupolosamente le indicazioni ricevute, quindi di partire non se ne parla . Abbiamo discusso su cosa fare e, vistolo così preoccupato, abbiamo deciso di lasciare che ci raggiungesse a percorso iniziato . SABATO 6 SETTEMBRE SAVONA- PASSO DEL GRAN SAN BERNARDO Pur dissentendo ho lasciato Giò a letto , mi sono alzata, vestita in fretta , calzato i miei fidi scarponi, indossato lo zaino e sono scesa in città percorrendo vie silenziose quasi

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VIA FRANCIGENA PARTE PRIMA DAL PASSO DEL GRAN S. BERNARDO A BERCETO Chi ha provato a riempire uno zaino con lo stretto indispensabile, lasciando a casa tutto il superfluo e lasciarsi andare al ritmo dei propri passi godendo di tutte le bellezze che il nostro mondo ci offre, gustandone ogni più piccolo particolare perché il nostro incedere non è caratterizzato dalla velocità e dalla fretta , non vede l’ ora di rifare l’ esiguo bagaglio e riprendere la via . La nostra prima esperienza è stata il Cammino di Santiago, un’ esperienza che ti cambia completamente l’ esistenza , ti rimette in pace con la natura che godi appieno, con l’ umanità con cui sei a contatto per tutto il giorno, con il tuo fisico che ti permette di superare gli ostacoli che si presentano sulla tua via e, non ultimo, con la religione che affiora in molti luoghi sacri e nei gesti degli altri pellegrini . L’ anno scorso, per festeggiare il nostro 25# anniversario di matrimonio, abbiamo percorso il Cammino di San Francesco , che si snoda in centro Italia toccando tutti i posti dove ha soggiornato o ha compiuto miracoli il nostro Santo Patrono ; luoghi di incomparabile bellezza, che bisogna guadagnarsi spesso affrontando irte salite ed estenuanti saliscendi, che sprigionano una spiritualità profonda e ci avvicinano allo stile di vita e ai valori predicati da San Francesco. Quest ‘anno abbiamo deciso di percorrere un tratto italiano della Via Francigena , la strada che i pellegrini , sin dal Medioevo percorrevano per giungere a Roma sulla tomba dei Santi Pietro e Paolo e,che Sigirico, arcivescovo di Canterbury percorse nel 990 per andare a Roma a ricevere il “Pallio”dalle mani del Papa e che documentò con i suoi diari divisi in 79 tappe. Come già per il Cammino di Santiago ci sono diverse vie per raggiungere la Capitale , che differiscono nel punto di partenza ,infatti i pellegrini francesi entravano in territorio italiano dal Passo del Monginevro, mentre i nordici dal Passo del Gran S.Bernardo .

La compagnia è nuovamente la medesima : io, mio marito Giò, Emilia , mia collega e suo marito Claudio. Claudio avrebbe voluto partire da Sarzana perché ritiene il paesaggio di pianura noioso, e, quindi , ottimisticamente, con i nostri 15 giorni di ferie , avrebbe voluto arrivare a Roma ma, non potendo per ovii motivi di tempo , partire da Canterbury, abbiamo deciso di partire dalla prima tappa italiana, cioè il Passo del Gran S. Bernardo . Anche quest’ anno le incognite prima della partenza sono state molte , la salute del papà di Claudio, la partenza di Arianna, mia figlia, per il suo anno di studio a Shanghai e la nascita di Carlotta , figlia di una collega, a cui Emilia aveva promesso l’ assistenza . Appena appreso l’ inizio delle lezioni di Arianna e, quindi la conseguente partenza , abbiamo studiato accuratamente il percorso, ridistribuito le tappe, perché , alcune erano veramente corte, abbiamo cercato le accoglienze, preferendo quelle pellegrine, quindi telefonato per assicurarci un posto per la notte per ogni giorno di Cammino. La partenza è prevista per sabato 6 settembre, Carlotta è nata il primo settembre, Arianna è partita il 3, quindi sarebbe stato tutto a posto, ma , anche quest’ anno la malasorte ci ha fatto un brutto tiro! Due giorni prima della partenza l’occhio sinistro di Giò si è arrossato in modo vistoso e ha cominciato a dolere; consultato un oculista , gli sconsiglia vivamente di partire e lo invita a controlli giornalieri; Giò , allarmatissimo, segue scrupolosamente le indicazioni ricevute, quindi di partire non se ne parla . Abbiamo discusso su cosa fare e, vistolo così preoccupato, abbiamo deciso di lasciare che ci raggiungesse a percorso iniziato . SABATO 6 SETTEMBRE SAVONA- PASSO DEL GRAN SAN BERNARDO Pur dissentendo ho lasciato Giò a letto , mi sono alzata, vestita in fretta , calzato i miei fidi scarponi, indossato lo zaino e sono scesa in città percorrendo vie silenziose quasi

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deserte, vuoi per l’ ora , vuoi perché è sabato; mi sono fermata a comprare un pò di focaccia per il pranzo ed ho raggiunto la stazione. Non sono abituata a prendere il treno, quindi questa cosa mi crea sempre un po’ d’ ansia : ho paura di sbagliare il binario , di non riuscire a prendere la coincidenza, così ho raggiunto il binario dopo aver vidimato il biglietto e, alle 8 è arrivato il treno che è partito in orario , portandomi a Fossano per le 9.30 , dove una decina di minuti dopo sarebbe arrivato il treno proveniente da Cuneo con a bordo Claudio ed Emilia. Appena sono stata sul marciapiede mi avvicina un ragazzo dai capelli lunghi e il sorriso radioso e mi chiede :” Ciao ! Sei una pellegrina ? ho visto la conchiglia sullo zaino …” ; si chiama Enrico, è un architetto di Frabosa, che nel 2012, proprio come noi , ha fatto il Cammino di Santiago e, neanche a dirlo, ha lasciato in lui un segno indelebile ! Quando ho affermato di essere in procinto di partire per la Via Francigena , ha detto che per lui è come ricevere una”coltellata “ , tanto ci invidia e avrebbe la tentazione di mollare tutto e partire con noi ! Il treno arriva, Emilia si affaccia , salgo , sempre seguita da Enrico e , con lui abbiamo parlato delle nostre esperienze di Cammini e lavorative, egli, infatti, 36 anni, con diverse esperienze lavorative all’ estero è ancora senza un lavoro fisso e spesso si adatta a lavori sulle piste da sci , stagionali e mal retribuiti … un vero disastro ! In un battibaleno ci siamo ritrovati alla stazione di Porta Nuova , abbiamo salutato Enrico che proseguiva per Milano dove aveva un appuntamento per un possibile lavoro e noi abbiamo atteso il treno per Ivrea che sarebbe partito di lì ad un’ ora . La pausa caffè di metà mattina l’ abbiamo fatta in un bar nelle vicinanze della stazione e, anche qui, il giovane titolare del bar, vedendo “3 vecchietti” con grandi zaini sulle spalle ci ha chiesto quale fosse la nostra meta e quando gli abbiamo risposto Roma si è complimentato con noi con un velo di rammarico nella voce , perché anche a lui piacerebbe un’ avventura simile . Verso mezzogiorno siamo partiti per Ivrea e poi, proseguito per Aosta. Ivrea è l’ ultima

cittadina del Piemonte : si entra così in Val d’ Aosta e il paesaggio si fa tipicamente montano . La ferrovia corre tra prati dal verde acceso, agglomerati di case grigie come la pietra con il tetto di “lose”, sulle alture svettano severe torri di ruderi di castelli medioevali mentre le acque argentee della Dora Baltea scorrono impetuose a fondovalle. Alle 13.30 la nostra corsa in treno termina ad Aosta dove abbiamo preso l’ unico autobus della giornata che conduce al Passo del Gran S. Bernardo a 2470 m d’ altitudine . Lasciato l’ abitato di Aosta la strada comincia subito a salire serpeggiando tra piccoli centri abitati e in un’ ora ci porta alla meta odierna. Sul pullman, con noi , è salito anche un possibile pellegrino corredato di zainone ma è rimasto decisamente sulle sue e non ci ha rivelato il motivo del suo viaggio . L’ autobus ci lascia dinnanzi all’ albergo Italia , ancora in territorio italiano, mentre l’ ospizio , anche se per poche centinaia di metri si trova in territorio svizzero . Abbiamo costeggiato il lago, oltrepassato la costruzione dove era ubicata la frontiera e abbiamo raggiunto i due grandi caseggiati posti al culmine del passo, divisi unicamente dalla strada: sulla sinistra c’ è un negozio e l’ entrata di quello che secondo noi è “ l’ ospizio”. Ha una hall elegante da cui si scorge un’ altrettanto elegante sala ristorante , abbiamo detto all’ impiegato di avere una prenotazione ma… non era lì ! Infatti questo è l’ hotel, l’ ostello è nel grande caseggiato di fronte . Siamo stati accolti da un frate agostiniano che ci ha offerto una tazza di tè caldo , ci ha registrato informato sugli incontri di preghiera, mostrato il luogo in cui lasciare gli scarponi prima di raggiungere il dormitorio , quindi mostrato la stanza. , che è sita al terzo piano dell’ edificio , spaziosa,pulita, con caldi piumoni rossi e morbidi cuscini, con 8 letti ma noi siamo gli unici ospiti ; una delizia ! L’ ostello è sito nell’ antico ospitale medioevale , quindi ha scale in pietra e soffitti a volta, pavimenti in legno ma bagni ed arredi delle stanze sono nuovissimi ed è anche riscaldato alla perfezione , viste le temperature esterne . Malgrado il passo sia chiuso dalla metà di settembre alla metà di

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giugno l’ ostello rimane aperto tutto l’anno per gli alpinisti e gli escursionisti che raggiungono queste cime. Liberati dal peso degli zaini siamo usciti in ricognizione; abbiamo percorso il sentiero pietroso che circonda il lago dove anatre e oche nuotano incuranti dei numerosi turisti che ne affollano le sponde e dove c’ è un piccolo isolotto su cui è posta una croce . A sud del lago, in territorio italiano, dove sorgeva l’ antica “mansio” romana c’ è una colonna sulla quale svetta la statua di San Bernardo . Era nostra intenzione visitare il museo e il canile dove si allevano gli omonimi cani ma il prezzo di 9 € procapite ci ha fatto desistere. Abbiamo percorso un tratto della via romana che ci ha portato ad una vecchia stazione,ora adibita ad ostello,di una vecchia funicolare che collegava il colle al Monte Bianco e poi fino alla statua di San Bernardo . Sul sentiero sono posate statue moderne di pietra nera . Sono da poco passate le 17 ma il cielo si è rannuvolato e si è levato un vento gelido che ci ha costretto ad indossare le giacche a vento così, dopo aver verificato il sentiero da prendere domani ci siamo rifugiati in ostello. Qui ci attendeva una brutta sorpresa : la stanza ci era stata assegnata per sbaglio ed ora era occupata da un gruppo di ciclisti francesi e noi siamo stati spostati in un’ altra. . Abbiamo rimesso le nostre cose negli zaini che avevamo già disfatto e abbiamo raggiunto la nuova sistemazione : la stanza , molto piccola rispetto alla precedente, era già occupata quasi per intero , quindi abbiamo dovuto sistemarci uno qua e uno là, cercando di far meno rumore possibile perché, malgrado l’ ora pomeridiana c’ era già una grassa signora con il piumone fin sopra la testa che dormiva! Viste le temperature rigide e la minima attività fisica non abbiamo ritenuto necessario fare la doccia , così, sempre per non disturbare, ci siamo rifugiati nell’ accogliente sala di lettura dove abbiamo messo a punto i dettagli della tappa di domani . Alle 18.45 , io ed Emilia siamo scese nella cripta moderna per partecipare ai Vespri , officiati dal padre che ci ha accolti e da altri 4 religiosi che indossavano sai bianchi; è stata

una cerimonia molto toccante anche se io non ho capito un granchè perché in lingua francese. La cena ci è stata servita nel refettorio gremito di persone, una quarantina di escursionisti veneti e, al nostro tavolo, 3 svizzeri e gli otto ciclisti francesi a cui abbiamo dovuto cedere la stanza. La cena, anche se abbondante, non è stata una leccornia, cibi di tipica impronta tedesca e, un vino mediocre pagato a parte , ben 22 €! La chiesa , interna all’ ospizio ha un catino absidale riccamente dipinto e un coro ligneo finemente intarsiato ; dopo cena si celebra la messa, ma il fatto che fosse recitata in francese ci ha scoraggiato . Siamo usciti a fare due passi per non rinchiuderci subito in camera , la luce argentea della luna rispecchia sulle acque tremolanti del lago, fa un freddo polare, il nostro fiato diventa fumo, tutto il traffico del pomeriggio è svanito , ci godiamo il silenzio rotto solo dai nostri passi leggeri sull’ asfalto ; le uniche luci sono quelle dell’ hotel posto sull’ altro lato del lago e di un piccolo bar dove ci siamo fermati a bere un genepy . Qui abbiamo ricevuto un messaggio da Giò che dice , che probabilmente anche domani non riuscirà a raggiungerci perché l’ occhio è ancora gonfio e dolente e l’ oculista vuole ricontrollarlo ancora domani . Alle dieci siamo entrati , silenziosi come ladri nella camerata dove stavano già tutti dormendo e ci siamo procurati l’ occorrente per la notte alla luce delle lampade frontali , quindi ci siamo accomodati al tepore dei morbidissimi piumoni. (treno Savona- Aosta 27,50 €, autobus 3, 50 € , ostello+ cena + colazione 42 € , bar 9 €)

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DOMENICA 7/09/2014 PASSO DEL GRAN S. BERNARDO – AOSTA (30 KM) (10 ore di cammino) La notte è stata quasi insonne, faceva caldissimo e io temevo di finire addosso alla cicciona con cui condividevo il letto e che ha continuato beatamente a dormire . Alle 7 ci siamo alzati, cercando di far meno rumore possibile ci siamo vestiti , abbiamo rifatto gli zaini e alle 7.30 siamo scesi nel refettorio dove a quelli del CAI era stata promessa la colazione mezz’ ora prima del previsto . Alle 8 dopo un’ ultima foto ricordo, siamo usciti sotto un cielo terso e all’ aria gelida . La strada da seguire è quella contrassegnata con le frecce gialle con il numero 103 a cui è stato appiccicato in coda l’ adesivo con l’ immagine del pellegrino simbolo della Via Francigena. Dal pianoro dove si trova la stele con la statua di S. Bernardo una serie di ripidi sentierini tagliano tra i campi gli ampi tornanti della statale . Percorsi un paio di chilometri in discesa abbiamo visto un piccolo gruppetto di case , una delle quali è il rifugio Don Angelo Caironi , che , credendolo non so a quale distanza dal passo non lo abbiamo tenuto in considerazione quale luogo di pernottamento . Le porte erano aperte quindi siamo potuti entrare e dare un’ occhiata:certo la struttura è più vecchia e maltenuta rispetto all’ ospizio del passo ma probabilmente più economica . Nella grande cucina c’ erano raccolte un buon numero di persone a far colazione ma erano tutti escursionisti , nessun pellegrino. Il gestore, che gestisce anche il bar di fronte, ci ha apposto il timbro sulla credenziale . Si prosegue su di un sentiero in lieve pendenza, in cresta , talvolta tagliato da rigagnoli d’ acqua che provengono direttamente dai ghiacciai , da cui si gode una panoramica mozzafiato sulle cime rocciose , dorate dalla luce calda del mattino.

Abbiamo impiegato due ore a percorrere gli 8 km e gli oltre mille metri di dislivello per raggiungere Saint Remy en Bosess, un incantevole borgo di case in pietra le cui finestre e i piccoli giardini sono abbelliti da un’ infinità di gerani colorati. La chiesa si affaccia su di una minuscola piazzetta e ha l’ intimità caratteristica delle chiese di montagna.; ci siamo fermati per la pausa caffè nell’ unico bar del paese arredato in stile valdostano ed abbiamo proseguito per S.Leonard , anche questo pulito, ordinato con case in pietra e giardini fioriti , ci sono anche i lampioni in ferro battuto con la sagoma del Pellegrino. A Saint Oyen si trova lo Chatou Verdun , un imponente maniero dipendente dai frati dell’ ospizio del Gran S:Bernardo , attualmente sede dell’ ospitalità pellegrina, oggi però chiuso, così non abbiamo neppure potuto farci mettere il timbro sulla credenziale. Abbiamo detto una preghiera nella moderna cappella e poi via giù per il largo sentiero delimitato da una staccionata di legno, affiancato da uno dei numerosi “rus” della regione, ovvero i canali per l’ irrigazione dei pascoli costruiti già in epoca medioevale. Arriviamo ad Entreubles , catalogato uno dei Borghi più belli d’ Italia, un dedalo di viuzze che confluiscono un graziose piazzette con gorgoglianti fontane; la parrocchiale in stile romanico con una maestosa torre campanaria si trova al fondo dell’ abitato. La facciata del palazzo sede dell’ ufficio postale è un tributo alla Via Francigena, infatti è dipinto con immagini di pellegrini e viandanti che percorrono le strade della valle e , su un ripiano, assicurato da una catenella , c’ è il timbro da mettere sulla credenziale. In breve arriviamo ad Enchevoz , dove ieri, durante l’ ascesa al Gran S. Bernardo, avevamo notato una graziosa trattoria con la terrazza al sole, quindi abbiamo deviato dal sentiero per scendere nell’ abitato a pranzare. Con le gambe indolenzite dalle numerose ripide discese, abbiamo posato finalmente lo zaino e ci siamo concessi un pranzo a base di antipasti misti valdostani, il tutto innaffiato da un fresco vino bianco. Di fianco al ristorante c’ è la chiesetta a cui è annesso l’ ostello, infatti Enchevoz è la meta

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della prima tappa della Via Francigena ma noi, stacanovisti , abbiamo deciso di proseguire fino ad Aosta , facendo ben due tappe in una ! Abbiamo ricevuto la telefonata di Giò che oggi non ci raggiungerà perché deve essere ulteriormente controllato domani: peccato, perché oggi è stata una tappa dai paesaggi fiabeschi. Un’ ora di pausa e procediamo su di un falso piano che attraversa un alto bosco di conifere in cui le acque cristalline di un rus scorrono tranquille. Gignod è il paese più grande attraversato oggi, il sentiero finisce e dobbiamo camminare su strade asfaltate e , talvolta sul bordo della statale, fortunatamente poco frequentata, attraversando grandi coltivazioni di meli . Il traffico aumenta e a fondo valle scorgiamo una città: Aosta finalmente! Siamo veramente stanchi , dobbiamo chiamare a raccolta le ultime forze, la strada prende inspiegabilmente a salire , costeggia alcune vigne per poi scendere giù per un ripido sentiero infestato da erbacce fino in prossimità dell’ ospedale. Malgrado oggi ci abbia sempre accompagnato il sole, in quest’ ultimo durissimo tratto di strada , per pochi minuti, ma è anche piovuto ! L’ hotel “Il Caminetto” dista un paio di chilometri dal centro in direzione Courmayeur , ma cammina cammina, sembra essersi dileguato nel nulla; ritelefoniamo alla proprietaria che ci fornisce informazioni tutt’ altro che precise, fermiamo ogni cento metri un passante per evitare di fare anche un solo passo inutilmente, e finalmente arriviamo alla meta che erano quasi le 18 . Siamo veramente sfiniti, la tappa di oggi ha messi a dura prova i nostri quadricipiti, i piedi e le spalle non ancora abituate al peso dello zaino ; Emilia è distrutta, non penso di averla mai vista tanto stanca, per di più ha due grandi vesciche sull’ alluce e sul secondo dito . Finalmente una doccia, poi il bucato e un po’ di riposo .

La struttura è molto essenziale, pulita, ci hanno dato una camera in tre con il bagno, ma va benissimo. Alle 19.30 cena in una grande sala semideserta posta nel luogo in cui probabilmente erano ubicate le cantine, e Roberto , lo chef , ci ha servito porzioni esagerate di cibo mediocre , che noi abbiamo a malappena assaggiato ; oggi abbiamo mangiato troppo in relazione alla strada ancora da percorrere ed abbiamo fatto pausa troppo presto: ci sarà da monito per i prossimi giorni ! Incredibile a dirlo ma gli ultimi raggi rosso fuoco incendiavano ancora il cielo al tramonto e noi infilavamo il pigiama ! (20 € pranzo, 30 € hotel+ cena+colazione )

LUNEDI’ 8/09/2014 AOSTA- CHATILLON (29 KM) (9,30 ore di cammino) Abbiamo dormito come massi fino alle 7, abbiamo fatto un’ abbondante colazione e poi , la signora Adriana , ci ha concesso un

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ulteriore sconto per pellegrini rispetto alla cifra pattuita. Abbiamo percorso il centro di Aosta e giunti alla centrale piazza Chanoux siamo entrati nell’ ufficio comunale per farci apporre il timbro, infatti quello dell’ hotel aveva solo la ragione sociale . Arrivati all’ arco di Augusto abbiamo attraversato un piccolo ponte in pietra, raggiunto il borgo di Bre e, quindi abbiamo proseguito in direzione dell’ ospedale su strada asfaltata che man mano che si avvicinava a Saint Christoph era sempre meno trafficata e contornata da villette con splendidi giardini fioriti . Al culmine di una breve ripida salita si arriva alla chiesa di S. Christoph e , da qui, una strada che serpeggia in salita ci porta al monastero delle Carmelitane Scalze . La chiesa , una delle poche aperte trovate fin’ ora, è moderna , pulitissima e ordinatissima, come tutto ciò che è di pertinenza delle suore, anche se molto mistica con le sue sculture moderne. L’ incontro con il custode fac- totum ci ha permesso di avere il timbro del monastero sulla credenziale. La strada asfaltata lascia il posto a strade bianche e sentieri ombreggiati dalle fronde di un bosco in cui scorrono i “rus” . Arriviamo al castello di Quart un’ imponente struttura medioevale risalente al XII secolo costruita su di uno sperone di roccia , di proprietà prima dei Duchi di Challant poi dei Savoia; è stato prima fortezza militare e poi residenza reale , negli ultimi anni è cominciata una lunga fase di restauro. Oggi abbiamo incontrato i primi due pellegrini : due ragazzi poco più che ventenni che procedevano in direzione opposta alla nostra , partiti da Vercelli e arriveranno fino ad Aosta . La strada continua tra saliscendi attraversando tratti di bosco e tratti di vigneto, oltrepassando borghi con poche case fino ad arrivare a Nus. E’ passato mezzogiorno e, secondo quanto segnalato dalla guida, non incontreremo altra possibilità di ristoro per molti chilometri, quindi lasciamo la Via Francigena per entrare in paese, acquistare un panino per il pranzo ,

abbiamo intravisto i ruderi del Castello di Pilato e siamo tornati sui nostri passi fino al sagrato della chiesa , punto in cui avevamo lasciato il cammino. Abbiamo camminato ancora un paio d’ ore prima di raggiungere la chiesa di Diamoz , che, tanto per cambiare , era chiusa e qui ci abbiamo consumato il nostro pranzo . Ci siamo fermati non più di mezz’ ora e abbiamo continuato su per una ripida salita tra i campi adibiti a pascolo, quindi siamo scesi giù per un pietroso sentiero , tornati sull’ asfalto abbiamo incontrato un agriturismo con l’ insegna “amici dei cammini europei” così ci siamo fermati per un caffè . Imboccato l’ ennesimo sentiero in discesa tra le vigne ci siamo trovati di fronte a 2 frecce gialle che indicavano due opposte direzioni, noi, naturalmente , abbiamo scelto quella sbagliata! Ci siamo ritrovati a Chambave e, seguendo le indicazioni di un meccanico,a cui abbiamo chiesto, abbiamo attraversato la Dora e proseguito per una ciclabile visto che eravamo già stanchi ed Emilia faticava a camminare per il dolore ai piedi . La ciclabile è pianeggiante, costeggia l’ argine della Dora e noi abbiamo sostituito gli scarponi con i sandali; è piacevole tranne che in alcuni punti in cui passa sotto il tracciato dell’ autostrada, quindi il percorso è reso particolarmente fastidioso dal rumore delle auto che corrono frenetiche sopra i viadotti. Qui, naturalmente , la segnaletica della Via Francigena è assente , quindi avendo avuto sentore più o meno di essere in prossimità di Chatillon abbiamo deviato su di una provinciale trafficatissima ed abbiamo percorso almeno un paio di chilometri sul ciglio della strada quasi sfiorati dalle auto in corsa . Finalmente una deviazione a destra ci porta a Chatillon; per raggiungere il centro si passa su di un ponte che attraversa un orrido del fiume che arriva dalla Valturnanche . Oggi è stato abbastanza facile trovare il convento dei Cappuccini che si trova sulla via principale del paese. Ci ha accolto cortesemente Frà Marcello , che abbiamo scoperto essere di Tarantasca, un paese a pochi chilometri da Cuneo, e ci ha

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mostrato una piccola stanza situata di fronte all’ entrata del convento , con un letto ed un divano ( per fortuna Giò non ci ha ancora raggiunti !) , un bagno, la cui doccia è posta sopra ad una turca su cui appoggia una tavoletta di legno da mettere o togliere a seconda dell’ esigenza. Alle 18.30 si recitavano i vespri, ma in chiesa non c’ era nessuno e li ho sentiti salmodiare in sagrestia e non ho osato entrare. Il nostro pranzo è stato solo un panino quindi avevamo una fame da lupi ; alle 19 giravamo per le strade cercando un posto dove cenare, le alternative erano solo 2 ,noi abbiamo optato per il ristorante “Cervino” . E’ un locale rustico dalle pareti in boiserie molto ricercato; abbiamo mangiato fonduta annaffiata con Petit Arvine e malgrado ciò non abbiamo speso una follia . Quattro passi per digerire lungo la strada principale dove non abbiamo incontrato anima viva, tutti i negozi con le vetrine spente e non un bar aperto, quindi siamo tornati al ristorante a bere un genepy prima di ritirarci. Abbiamo chiacchierato un po’ con Gigi, il giovane proprietario, sul passaggio dei pellegrini e sulla Via Francigena in genere e alle 21.30 eravamo già a letto. (pranzo 2 €, ostello 10 €, cena 17 €)

MARTEDI’ 9/09/2014 CHATILLON- BARD (32 KM) (11 ore di cammino con 2ore di pausa per aspettare Giò)

Il risveglio di stamani è stato scandito dalle campane, prima quelle del vetro che venivano svuotate rumorosamente, poi quelle del campanile lì di fianco che alle 7 hanno preso a suonare allegre…. Abbiamo lasciato la stanza del convento e ci siamo fermati al bar della piazza a fare colazione .Emilia ha i piedi martoriati dalle bolle e cammina a fatica stringendo i denti ad ogni passo; abbiamo affrontato subito una scalinata che arriva alla chiesa , che , a quest’ ora è chiusa , e da qui parte un sentiero in salita che ci porta sulla cresta del monte. Giunti finalmente in piano il sentiero lascia il posto ad passerella in legno che si affaccia sul fondo valle e da dove si scorge l’ abitato di Saint Vincent . Non entriamo nel centro del paese ma attraversiamo la parte alta dove si trova lo stabilimento termale e quindi proseguiamo per un sentiero nel bosco fitto di alti alberi di conifere, dove scorre un “rus” e che sfocia su un tratto della via romana delle Gallie dove si possono ancora vedere i segni sulla roccia lasciati dalle ruote dei carri e da cui si gode un panorama impagabile. Abbiamo percorso ancora un tratto tra dolci saliscendi attraversando piccoli gruppi di case , in uno delle quali c’ èra un enorme torchio in legno usato da tutti gli abitanti della frazione per torchiare l’ uva. A Montjovet ci siamo fermati per un caffè ed abbiamo incontrato due pellegrine sessantenni polacche , che percorrono la Via Francigena con tutta la calma possibile, infatti dal Gran S.Bernardo a qui hanno impiegato 5 giorni mentre noi ne abbiamo impiegati 3; hanno anche la tenda e spesso si fermano a dormire nei prati e contano di arrivare a Roma per la fine di ottobre. Abbiamo suonato alla sagrestia della chiesa ed abbiamo chiesto al corpulento parroco il timbro e, essendosi appena seduto a tavola non ci ha aperto la chiesa perché, a detta sua, non è nulla di speciale . La strada sale in modo più ripido tra boschi e borgate da cui si scorgono i ruderi di castelli appartenuti alla nobile famiglia degli Challant , quello di Chenal il minore con funzione militare e quello di Saint Germain posto sulla

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sommità di un monte , di cui restano un’ unica torre e una cerchia di mura . Ai piedi del monte fa bella mostra di sé una chiesetta in stile gotico dal leggiadro campanile aguzzo e poi una manciata di case antiche dove c’ è un po’ di confusione tra le frecce . Gli unici abitanti sono due tipi singolari che non parevano molto coerenti : l’ uno elargiva informazioni che venivano immediatamente contraddette dall’ altro, quindi, proseguendo a “lume di naso” abbiamo ritrovato la via . Una strada bianca , sassosa , ci ha portato fino quasi a fondo valle, quindi svoltando a sinistra abbiamo ripreso a salire, stavolta in modo più ripido tra boschi e un sentiero ingombro di massi e di alberi riversi a terra . La cima della montagna è un verde pianoro che quasi subito scende con un ripido sentiero delimitato da una staccionata in legno e poi giù per una strada lastricata di pietre che ha messo a dura prova i miei quadricipiti già provati dalla discesa del Gran S.Bernardo e soprattutto i piedi martoriati di Emilia . Giungiamo finalmente a Torrille, una frazione di Verres; il percorso della Via Francigena porta ad attraversare la Dora per giungere ad Issogne, dove si trova uno dei più bei castelli della Valle D’ Aosta per poi arrivare a Verres . La strada oggi è stata di nuovo faticosa e ne abbiamo ancora un bel pezzo da percorrere prima di arrivare a Bard non come ultima cosa, la paura di non arrivare in tempo in stazione a prendere Giò, che avuto finalmente il parere positivo del medico, oggi ci raggiungerà; così abbiamo raggiunto Verres percorrendo il marciapiede lungo la provinciale, più diritto e più breve rispetto al percorso segnato. Oggi il cielo è sempre stato nuvoloso ma, non appena arrivati in vista del centro abitato sovrastato dalla mole quadrangolare del maniero ha cominciato a piovere , abbiamo indossato la mantella e, essendo da poco passate le due ci siamo fermato in un bar a mangiare un panino , lasciando che spiovesse. Il vento ha spazzato via le nuvole e alle 16 , con venti minuti di ritardo, è finalmente arrivato Giò.

Abbiamo percorso una pista ciclabile in piano, costeggiando la Dora chiacchierando e raccontando a Giò le tappe dei giorni scorsi , fino ad Arnad . La strada serpeggia fra le tipiche abitazioni di montagna , costeggia la splendida chiesa e il castello, arriva in prossimità di un campo da calcio si scende verso la statale e qui la segnaletica sparisce …. Emilia, malgrado abbia indossato i sandali al posto degli scarponi , soffre ad ogni passo e noi, siamo comunque stanchi morti , di tornare sui nostri passi per ritrovare la strada segnata non ne abbiamo la forza, quindi avendo già dinnanzi l’ imponente mole della Fortezza di Bard abbiamo deciso di affrontare gli ultimi chilometri camminando sul ciglio della statale. Le macchine sfrecciavano velocissime quasi a sfiorarci, come sempre, quando si prospetta davanti a noi la meta, ad ogni passo sembrava che la fortezza si allontani invece che avvicinarsi… Raggiunta una grande rotonda siamo arrivati ad Hone e, attraversato il ponte romano in pietra abbiamo raggiunto Bard quando ormai il sole era sparito dietro gli alti picchi delle montagne . Il centro del paese si snoda sotto la mole della fortezza con una via di ciottoli su cui si affaccia il nostro ostello la “Casa Ciuca” . Tanta fatica è stata ripagata da una sistemazione veramente confortevole: l’ ostello al secondo piano di un palazzo medioevale, sopra una fornitissima vineria , è nuovissimo, inaugurato da un paio di mesi, la nostra spaziosissima stanza con tanto di camino in pietra ha 4 letti con sofficissimi piumoni bianchi e si affaccia sulla via principale. Una doccia ristoratrice in una delle due docce messe a disposizione della nostra stanza , quindi affamati come lupi , sotto una lieve pioggerellina, abbiamo riattraversato il ponte e siamo andati a cena al “Mulino” dove abbiamo gustato cibi tipici e ci siamo sgolati due bottiglie! Alticci, siamo rientrati, abbiamo curato i nostri 2 malati e via sotto le morbide coltri. (3 € colazione, 20 € ostello, 8 € pranzo,16 € cena )

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MERCOLEDI’ 10/09/2014 BARD – IVREA (28 KM) (9, 30 ore comprese le pause) La notte è letteralmente volata, ci siamo svegliati nel silenzio del borgo appena rischiarato dalle luci dell’ alba, e, a fatica abbiamo lasciato il nostro comodo giaciglio. Emilia, però, ha trascorso una notte d’ inferno, i piedi continuano a far male, anche lo sfregamento del lenzuolo provoca dolore; si è alzata un paio di volte nella notte per immergerli nell’ acqua fredda e, per lei , riprendere la strada stamattina è veramente dura. Le vesciche sono sempre più grandi e piene di liquido malgrado siano state drenate più volte e le dita sono gonfie e arrossate, calzare gli scarponi è impossibile, quindi, sperando che la strada sia per lo più asfalto, ha deciso di camminare con i sandali. Abbiamo fatto colazione al bar dell’ ostello, abbiamo parlato un po’ con i gestori, due trentenni con una bimba di nemmeno un anno, lui valdostano doc, lei svedese e ci hanno spiegato di essere riusciti ad aprire da un paio di mesi dopo mille intoppi burocratici e, anche loro sperano che La Francigena prenda sempre più piede . Attraversiamo il centro con antiche case di origine medioevale, alcune delle quali conservano ancora parte di affreschi sulla facciata, dove le finestre sono macchie di colore acceso di vasi fioriti; scendiamo subito giù da una ripidissima discesa seguita da un’ altrettanta ripidissima salita , dovuta probabilmente ad un’ interruzione del tracciato originale .

Proseguiamo su un largo marciapiede posto di lato alla statale, quindi deviamo su un tratto della Via Romana delle Gallie , dove è ben visibile il lastricato e un arco , probabilmente la porta d’ ingresso della città di Donnaz.. Attraversiamo la cittadina e troviamo due diversi percorsi per raggiungere Pont Saint Martin : uno in quota attraverso le vigne, l’ altro più breve, in piano ma su un marciapiede parallelo alla statale.. Viste le condizioni di Emilia che continua a zoppicare vistosamente ,abbiamo optato per il percorso più facile e soprattutto per cercare una farmacia dove acquistare i Compeed , perché quelli portati da casa sono ormai finiti. Pont Saint Martin è una cittadina con traffico , il mercato, tanti negozi e , dopo giorni di calma irreale, tanta confusione .. La maggiore attrattiva della città è il “ponte del Diavolo” un ponte in pietra a cui è stata attribuita la leggenda che fosse stato costruito in una notte sola da Satana e tutti i demoni dell’ inferno.. Lasciato il centro si prosegue per un sentiero in salita tra le vigne, coltivate a pergoletta sorrette da grandi colonne di pietra dalla singolare forma a fungo : i “tupiun”. Arriviamo su un pianoro dinnanzi ad una pieve e dove, strano a dirsi, si trovano alcune piante di ulivo.. Si continua a scendere e poi a salire sempre tra vigneti carichi di grappoli scuri pronti ad essere raccolti e da cui spesso abbiamo piluccato acini dolci d’ uva matura. Arriviamo a Carema , celebre per la su DOC , un paese con una manciata di case , ci siamo fermati al piccolo palazzo comunale per far timbrare la credenziale. Abbiamo percorso un tratto di statale , quindi proseguito per Airale , piccoli paesini dall’ aria antica dove non si incontra anima viva e si sente solo l’ abbaiare furioso di cani posti di guardia a graziose villette. Arriviamo a Settimo Vittone , proseguiamo fino alla Pieve di San Lorenzo ,scendiamo giù attraverso un bosco di castagni disseminato qua e là di ruderi di abitazioni in parte crollate e quasi del tutto fagocitate dalla fitta vegetazione; vediamo su di un colle il Castello di Montestutto , quindi scendiamo giù per una strada carraia lastricata con grandi pietre.

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Giunti in piano siamo stati attirati da un grande prato verde da cui parte un percorso escursionistico e dove si trova un piccolo bar in cui ci fermiamo a consumare uno spuntino: un’ insalata e un pezzo di formaggio sono più che sufficienti se si vuol continuare a camminare ! Ci siamo fermati per meno di un’ ora e, fatti pochi passi, Claudio avverte un forte dolore ad un polpaccio, tanto da non riuscire a camminare. Procede zoppicando e, mentre cerchiamo una soluzione, si ferma un ciclista e ci chiede se siamo pellegrini; alla nostra risposta affermativa si presenta come un volontario dell’ Associazione Amici della Via Francigena di Ivrea , così chiediamo a lui cosa si può fare per aiutare Claudio . Egli prontamente chiama un amico e lo fa venire a prendere e lo porta all’ ostello di Ivrea dove abbiamo prenotato il pernottamento. Proseguiamo per la campagna ,nuovamente in 3 fino a Borgofranco d’ Ivrea e poi, con una strada sconnessa piena di pietre e pozzanghere attraverso il bosco, raggiungiamo Montaldo Dora . Ci fermiamo a far timbrare la credenziale in comune e un volontario ci ha fatto visitare il piccolo museo di reperti preistorici trovati sulle rive di un lago sito poco distante , dove si trovava un villaggio di palafitte e dove è rinvenuto un particolare vaso dalla bocca quadrata. Sarebbe stato veramente interessante approfondire la visita ma il tempo incombe e Ivrea non è precisamente dietro l’ angolo, così abbiamo ringraziato e abbiamo lasciato il centro e ripreso a salire in corrispondenza del castello di Montaldo situato su di una collina e che si specchia nelle acque ferme di un lago, e poi ancora su per un sentiero ciottoloso che ci porta ad un altro lago ed infine alla periferia della città di Ivrea. Al centro della città spicca l’ imponente mole del Castello , seguiamo le frecce che non solo indicano il tragitto della Via Francigena , ma anche l’ ostello; in Piemonte le indicazioni sono molte di più rispetto alla Valle d’ Aosta , le frecce gialle con il numero 103 sono sostituite con indicazioni bianche e rosse con

l’ immagine di un pellegrino nero al centro e poi con le frecce marroni . Abbiamo raggiunto l’ Ostello Canoa Club al tramonto, dopo aver preso anche qualche goccia di pioggia e lì c’ era già Claudio che ci aspettava. Paolo, il nostro soccorritore, lasciata la bicicletta era già andato a sincerarsi che fosse arrivato in ostello e che stesse meglio; è una persona gentile, premurosa che crede fermamente nell’ accoglienza dei pellegrini per cercare promuovere al meglio la Via Francigena. L’ ostello si trova sulla riva della Dora , ha un paio di stanze con letti a castello e docce aperte,una cucina dove abbiamo conosciuto una coppia di francesi ma la stanchezza ci ha impedito di approfondire ulteriormente la conoscenza. Per noi 3 è stata una tappa sfiancante , ci siamo fatti una doccia e siamo usciti per la cena. Il ristorante segnalatoci da Paolo è in centro, quindi , ciò ci consente di vedere un po’ la città ma purtroppo arrivati dinnanzi al ristorante lo abbiamo trovato chiuso per riposo settimanale. Ci siamo recati nella pizzeria poco distante dall’ ostello, affollatissima , e con una pizza mediocre . Claudio continua ad avere male, malgrado i massaggi di arnica e gli antiinfiammatori così abbiamo discusso sulla gestione della situazione, abbiamo così optato di abbreviare la tappa di domani a Viverone, sperando di trovare un posto per pernottare , ma comunque domattina ci recheremo nella sede degli “Amici della Francigena” dove Paolo ci attende e chiederemo nuovamente aiuto a loro. Anche stasera ci siamo ritirati poco dopo le dieci perché stanchissimi ! (2,5 € colazione, 9 € pranzo, 13 € cena, 12 € ostello )

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GIOVEDI’ 11/9/2014

IVREA- ROPPOLO (23 KM ) (5,30 ore di cammino con le pause) Abbiamo dormito con un sottofondo di scorrere d’ acqua, ad un certo punto mi è parso anche di sentire un ticchettio di pioggia ma non ho avuto la forza di aprire gli occhi e verificare. Stamattina il cielo era scuro, il selciato bagnato ma non pioveva , per fortuna. Abbiamo fatto colazione in un bel bar pasticceria, quindi ci siamo recati alla sede degli “amici della Via Francigena” dove Paolo e un’ altra socia ci aspettavano e , con loro, abbiamo definito il traguardo della tappa odierna. Ci hanno consigliato un B&B di Roppolo che fa accoglienza pellegrina a cui hanno telefonato per confermare la prenotazione. Come già promesso ieri, Paolo si è offerto di accompagnare in macchina Claudio fino là, in modo da farlo riposare ancora oggi , con la speranza che possa riprendere il cammino domani . Ci hanno inoltre regalato la spilla da puntare sullo zaino, ci hanno rifornito di acqua, abbiamo scattato un paio di foto ricordo che verranno pubblicate sul sito e noi 3 siamo ripartiti. In poco tempo abbiamo lasciato la cittadina di Ivrea , ci siamo incamminati per strade bianche delimitate da campi coltivati a soia, abbiamo attraversato un tratto di bosco la cui strada è coperta di fango e pozzanghere fino al lago della Cascinetta . La strada sotto pioppi altissimi è tutta un nugolo di zanzare, abbiamo dovuto spruzzarci abbondantemente di repellente per difenderci ! Poco prima di Burolo si lascia il bosco per una strada asfaltata e incontriamo la splendida pieve romanica di San Pietro e Paolo risalente al XI secolo e con la singolare entrata alla base del campanile. Attraversiamo Bollengo, Palazzo Canavese, arriviamo a Piverone dove all’ orizzonte

appare il luccichio delle acque del lago di Viverone. Sulla piazzetta c’ è una trattoria , ci siamo fermati per il pranzo, abbiamo ordinato un’ insalata che il disonesto gestore ci ha fatto pagare 10 € , quando in lavagna veniva proposto un menù di 2 portate , acqua, vino e caffè a 11 € ! Dopo Piverone il cammino lascia l’ asfalto per inoltrarsi tra le vigne cariche di grappoli maturi , abbiamo incontrato un contadino che si è fermato a parlare con noi dell’ imminente vendemmia e ci ha offerto un po’ di uva matura. Abbiamo raggiunto il “Gesiun” il rudere di una pieve romanica tra le vigne, di cui rimane il campanile, un paio di colonne e il particolare di un affresco . Pochi chilometri e siamo a Viverone, ridente località sulle rive dell’omonimo lago , abbiamo bussato alle porte dell’ ufficio comunale e ci sono stati apposti ben 2 timbri, l’ uno del comune e l’ altro disegnato dai bambini delle scuole elementari dedicato alla Via Francigena. Attraversiamo il centro per la direttrice dove piccole crocchie di anziane signore sostano dinnanzi all’ uscio di casa chiacchierando o facendo la maglia riportandoci in dietro nel tempo …. Ancora un chilometro e mezzo e siamo a Roppolo ; sono le 15.30 è prestissimo rispetto alle tappe percorse i giorni scorsi , ci pare di essere in festa: quasi l’ intero pomeriggio di riposo e , che riposo ! Dopo giorni e giorni di camere condivise oggi possiamo godere della nostra privacy nell’ accogliente stanza del B&B “Villa Emilia” . E’ una villetta dai muri rosa all’ ingresso del paese arredata in modo singolare in cui mobili rustici tipici di queste campagne si mescolano ad arredi , ninnoli, quadri e stampe di tipo etnico , raccolti dalla proprietaria durante tutte le sue peregrinazioni in vari paesi del mondo . Loretta, la proprietaria , una splendida cinquantenne dalla chioma ramata , ci ha accolto con calore e, prima di noi Claudio, che è stato accompagnato lì attorno a mezzogiorno da Paolo e, che già riposato a sufficienza ,ha portato a spasso per le vie del paese , Faruk, il cagnolino di Loretta.

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Una doccia lunga, calda, rilassante , abbiamo fatto il bucato , lo abbiamo steso in cortile al sole e, io e Giò, vestiti i panni dei turisti,siamo andati in visita al Castello , che si trova nella parte alta del paese. Il castello è privato, si visita solo una domenica al mese, previa prenotazione, ma al piano terra oltre ad un lussuoso ristorante, da cui si gode una vista impagabile del lago , c’ è una fornita enoteca . Abbiamo visitato le cantine e non ci siamo lasciati sfuggire l’ occasione di degustare due rossi del territorio. Siamo rientrati in albergo , dove Emilia e Claudio , dopo il meritato riposo ci aspettavano per andare a cena e festeggiare il loro ventiseiesimo anniversario . Loretta, che ci ha fatto compagnia anche a cena, ci ha consigliato “Tarello” un ristorante con cucina tipica dove abbiamo gustato ottimi piatti : funghi, coregone, coniglio, agnolotti, dolce il tutto innaffiato con due ottime bottiglie di vino bianco, il tutto a 25 € a testa , alla faccia dell’ insalata da 10 € di oggi ! (3 € colazione, 10 € pranzo, 25 € B&B, 30 € cena ).

VENERDI’ 12/09/ 2014 ROPPOLO- S. GERMANO VERCELLESE ( 24 KM) (6,30 ore di cammino) Abbiamo dormito benissimo nella nostra suite ed abbiamo poltrito a letto ben oltre le 8 , perché anche oggi la tappa sarà breve per lasciar riposare ancora un po’ Claudio. Loretta ci ha preparato una colazione lucculiana con biscotti, torta al cioccolato,

yogurt , macedonia di frutta fresca, cereali, tè, latte e caffè . Abbiamo scattato ancora un po’ di foto insieme e , noi tre siamo ripartiti, lasciando Claudio, che, Loretta, per l’ ora di pranzo, accompagnerà a Santhià e, quindi proseguiremo insieme fino a San Germano . Solita tappa in comune per farci timbrare le credenziali e poi, un’ altra alla casa del responsabile della Via Francigena di Roppolo , che dopo il timbro ci ha scattato una foto per il suo personale album dei pellegrini che apposterà sul giornalino locale a fine anno e , che ha promesso ci spedirà. La strada piana lascia il paese dominato dalla mole imponente del castello , attraversa campi di mais e soia e raggiunge Cavaglià , dove abbiamo finalmente potuto recitare una preghiera nella Parrocchiale e dove abbiamo incontrato , come unici avventori a quest’ ora mattutina , altri 2 pellegrini olandesi che percorrevano un loro particolare cammino che, partendo da Assisi, li porterà fino a Losanna. Abbiamo proseguito in una periferia fatta di villette eleganti , tra le quali ne spicca una completamente transennata e con i sigilli, in cui, abbiamo scoperto, essere stata,un paio di giorni fa, palcoscenico di un tentato omicidio . Proseguiamo tra risaie dorate dove il riso è maturo , quindi con il terreno asciutto e, ciò ci salva dal fastidio di nugoli di zanzare , che spesso affliggono i pellegrini in questa parte d’ Italia Verso le 13 abbiamo raggiunto Santhià , ci siamo fermati al bar della piazza , di fronte alla bella chiesa di Sant’ Agata, per mangiare un panino e , seduti al tavolino di fianco al nostro , con due grandi zaini e un abbigliamento tecnico abbiamo incontrato i primi due pellegrini italiani : Marco e Beppe che sono partiti da casa (uno viene da Pont Saint Martin e l’ altro da Settimo Vittone) . Essendo entrambe in pensione possono permettersi di percorrerla tutta in un’ unica volta, anche se per un impegno inderogabile di uno dei due, dovranno ritornare a casa per un paio di giorni ; quindi arriveranno fino a Pietrasanta , rientreranno , e poi ripartiranno

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da qui e raggiungeranno Roma per la metà di ottobre. Il gestore del bar, gestore anche dell’ ostello cittadino ci ha raccontato il rapporto conflittuale con il parroco che osteggia la promozione della Via Francigena , non offrendo accoglienza ai pellegrini, tenendo la chiesa chiusa praticamente sempre, al di fuori dell’ orario delle messe. Claudio è quasi guarito ed ha voglia di riprendere a camminare, quindi, salutata Loretta abbiamo affrontato la pianura solcata da numerosi canali popolati da un’ infinità di rane che saltellavano da un bordo all’ altro gracidando ; 8 km di passeggiata tranquilla e siamo entrati in S. Germano Vercellese. La prima impressione che abbiamo avuto è di essere precipitati inspiegabilmente nel Far West : la grande strada polverosa e deserta, la canicola faceva tremolare l’ orizzonte , il silenzio surreale di un paese abitato in cui gli abitanti si nascondono dietro le finestre coperte da pesanti tende ma… ti tengono d’occhio! Camminavamo compatti lungo la direttrice senza vedere anima viva ma con l’ impressione ad ogni passo che all’ angolo successivo sarebbe spuntato il “gringo” e avesse cominciato a sparare ! Il paese è di una bruttezza indescrivibile : case dall’ intonaco scrostato , casette bifamigliari rurali si alternano a palazzi tipici degli anni 60, edifici di epoca fascista e sulla piazza principale un edificio mezzo crollato tutto transennato tipo il vecchio “Cinema Paradiso” di Tornatore; la maggior parte degli edifici commerciali chiusi da tempo immemore, lo testimoniano le serrande polverose e i mucchi di volantini pubblicitari sbiaditi all’ interno di esse. Anche il “Leon d’ Oro” , la sistemazione per questa notte è in stile con tutto il resto del paese , malgrado Loretta ce lo avesse descritto come dignitoso . Per raggiungere le stanze abbiamo dovuto affrontare una ripidissima scala posta dietro il bancone del bar , le stanze sembrano un ripostiglio di mobili vecchi e di recupero , non un pezzo in sintonia con un altro : un vecchio letto dalla testiera pesante con una brandina, il comò in stile liberty e un armadio basso di

tek, una cornice appesa in cui manca il quadro, lampadine al soffitto , mentre il lampadario di finto cristallo è coperto di polvere e posato sopra ad un armadio, un unico bagno in comune al fondo del corridoio, da dividere anche con Marco e Beppe e un’ altra ospite. Abbiamo fatto la fila per la doccia, abbiamo fatto il bucato ed abbiamo, con grandi difficoltà , trovato un posto per stendere ; poi abbiamo fatto un giro per le strade del paese, che a quest’ ora si sono si sono un po’ animate ma la desolazione è presente ovunque! Abbiamo raggiunto l’ hotel “Le Miniere” per verificare se fosse così deludente come ci avevano descritto…. È forse peggio di come ce lo aspettavamo ! Un locale con un arredamento vecchio di quarant’ anni con le insegne rese grigie dallo smog, i pavimenti sporchi e frequentato da pensionati seduti ai tavoli a giocare a carte e bere sambuca , una schifezza assoluta, il nostro albergo al confronto sembra una reggia! Abbiamo fatto alcuni acquisti , ci siamo seduti sui gradini caldi della chiesa a godere degli ultimi raggi di sole poi, guardandoci attorno ci siamo accorti che il nostro è sicuramente il bar migliore del paese cosi ci siamo seduti ai tavolini del de hors a prendere un aperitivo. Dopo poco ci hanno raggiunto Marco e Beppe con cui abbiamo parlato a lungo delle nostre esperienze di cammini e soprattutto del tratto appena percorso della Via Francigena . Abbiamo cenato tutti insieme nel ristorante dell’hotel , anche perché era la miglior opzione offerta dal paese, il menù comprendente un primo, un secondo il contorno e il caffè costava 10 €, malgrado la pasta all’ arrabbiata fosse eccessivamente piccante , aveva un ottimo rapporto qualità prezzo. Terminato di cenare ci siamo ritirati subito in camera, anche stasera, malgrado la tappa fosse breve, eravamo stanchi morti. (40 € ostello+ cena+ colazione ; 8 € pranzo)

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SABATO 13/09/2014 S.GERMANO VERCELLESE -VERCELLI (18 KM) ( 5 ore di cammino) Il materasso era troppo molle per poter dormire bene, quindi prima del suono della sveglia eravamo già in piedi, abbiamo fatto la coda per il bagno e siamo scesi al bar a fare colazione . Marco e Beppe , da buoni stacanovisti sono già partiti, perché anche oggi affronteranno una tappa di oltre 30 km. Percorse poche centinaia di metri abbiamo lasciato S. Germano e ci siamo avventurati su larghi sentieri erbosi che tagliano tra le risaie e che per un lungo tratto costeggiano la ferrovia ; sono brevissimi i tratti in cui ci spostiamo sulla statale . Il cammino quasi per la totalità corre parallelo al canale che serve ad allagare le risaie , regno incontrastato di saltellanti rane verdi . Per alcuni tratti ci sembra, vista la completa mancanza persone , di attraversare un deserto in cui la sabbia è stata sostituita da una distesa a perdita d’ occhio di riso dorato , qua e là solo grandi cascinali dall’ aria abbandonata e, in prossimità della “Casona” , ad un incrocio con 3 strade, abbiamo imboccato quella giusta solo grazie alla cartina , perché qui, a differenza del tratto precedente la segnaletica è spesso deficitaria . Il primo centro abitato che incontriamo oggi è Montanero, c’ è l’ unica fontana dell’ intero tragitto di oggi e, sorprendentemente un bar !

Approfittiamo per una breve pausa rilassa- spalle e per un caffè ; malgrado fossero passate le 10 da un pezzo, le finestre erano ancora chiuse e la proprietaria , dall’ aspetto di chi si è appena alzato dal letto, ci ha fatto il caffè di malavoglia . A tutti noi è sorto spontaneo il confronto con il Cammino di Santiago dove frazioni più piccole di questa hanno tutte un luogo di ristoro e i pellegrini vengono accolti con calore ; possibile che in posti simili dove non transita nessuno al di fuori dei suoi 4 abitanti, non riescano a vedere la Via Francigena come opzione per incentivare il turismo e il lavoro dei servizi ? L’ ultimo tratto prima di raggiungere Vercelli è un sentiero maltenuto infestato da erbacce con residui di calcinacci disseminati a tappare le buche. Giunti alla periferia di Vercelli siamo stati subito notati come pellegrini e, prima un signore in bicicletta e poi un sacerdote in auto si sono fermati e si sono prodigati in spiegazioni per indicarci l’ ostello di Billiemme. Certi ormai di essere in prossimità della meta odierna ci siamo fermati per un piatto in una trattoria dove abbiamo mangiato male e speso tanto. Questa zona di Vercelli sembra abitata solo da stranieri, ogni persona a cui chiedevamo informazioni stentava a comprenderne il significato delle singole parole, fino a che abbiamo trovato una signora , che ci ha detto di seguirla perché stava andando proprio in quella direzione. Il convento è sito pressoché di fronte al cimitero ed ella percorre quella strada quotidianamente per andare a visitare la tomba del figlio scomparso prematuramente 2 anni fa a 41 anni lasciando due figli piccoli.. Prima di suonare alla porta dell’ ostello, toccati dalla tragica storia di questa donna, ci siamo fermati in chiesa per dire una preghiera per questo sfortunato ragazzo e per la sua mamma. Nell’ ostello ci ha accolto una vulcanica Angela dalla parlantina inarrestabile, ospite del convento e responsabile dell’ accoglienza dei pellegrini.

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Ci ha registrato ,ha fatto il timbro sulla credenziale e ci ha accompagnato nella nostra stanzetta, con 5 letti, nuovi e confortevoli ed un lavabo . Le docce sono al termine di un lungo corridoio ingombrato da ogni genere di cose: divani di recupero, libri, ninnoli di ogni tipo e foggia, un presepe, sedie, alcune televisioni , pile di coperte . Doccia con calma, bucato e poi ci siamo avviati in centro per visitare la città e soprattutto a cercare un paio di scarpe per Emilia, che ha appena abbandonato un in cassonetto della Caritas i suoi scarponi e , i sandali , non hanno pressoché più di suola. Abbiamo percorso un lungo viale alberato al termine del quale si trova la chiesa di Sant’ Agnese dove era tutto pronto per la celebrazione di un matrimonio e, malgrado ciò, il parroco ci ha accolto amorevolmente e ci ha timbrato le credenziali. Il fulcro della città è piazza Cavour di forma irregolarmente ellittica al cui centro troneggia la statua dell’ omonimo statista , da qui dipartono le vie più eleganti del centro con bei negozi di ogni genere, ma non di articoli sportivi . A tutti coloro a cui chiedevamo ci rimandavano alla Decatlon, lontano chilometri dal centro, per noi un grande problema, visto che non siamo muniti altro che dei nostri piedi ! Finalmente un gentile signora vistoci in difficoltà ci ha accompagnato in un negozio che avevano giusto 3 tipi di scarpe da tennis ma , malgrado ad Emilia non piacessero per nulla, ne ha acquistato un paio . Abbiamo visitato la splendida chiesa di Sant’ Andrea ,del XIII secolo , in stile gotico , dal cotto rosso acceso , ha due belle cappelle presbiteriali dipinte e un grande chiostro da cui si può ammirare la bella torre campanaria. Mentre ammiravamo le bellezze della chiesa sono entrate 6 suore che indossavano un saio francescano,con tanto di cappuccio in testa che hanno intonato i vespri in latino. Siamo stati un po’ ad ascoltarle e poi ci siamo recati nel Duomo dedicato a Sant’ Eusebio, una costruzione maestosa in neoclassico dalle possenti colonne in finto marmo e con un

grande crocifisso in argento sull’ altare maggiore. Il sole stava tramontando e le altre opere d’ arte della città erano ormai chiuse, siamo così andati in cerca di un ristorante dove cenare e, seguendo le indicazioni di Loretta, abbiamo prenotato alla “Vecchia Brenta” dove ci hanno proposto un menù degustazione con tanto di panicia e fritto misto a 25€ Durante la cena ci ha raggiunto Loretta per salutarci un ultima volta e ci ha chiesto informazioni sugli ostelli in cui abbiamo alloggiato per poter eventualmente consigliare ad altri pellegrini: certo che una bomboniera come la sua è ineguagliabile. Il discorso è poi caduto sulla sua vita privata e sulle sue disavventure amorose e, certi racconti ci hanno veramente fatto ridere di gusto. Anche se le tappe degli ultimi giorni sono state meno massacranti, i piedi di Emilia sono tutt’ altro che guariti, così ci siamo fatti accompagnare in ostello in macchina, sicuramente rischiando più di quando si percorre una statale trafficata sul ciglio della strada: ha preso un paio di sensi unici e,secondo lei ,la precedenza è solo un fatto di cortesia… che, non merita nessuno ! (18 € pranzo,10 € ostello, 27 € cena)

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DOMENICA 14/09/2014 VERCELLI – MORTARA (35 KM) (ore 9,30 di cammino ) La notte è stata piuttosto agitata un po’ per tutti, il fritto misto di ieri sera è stato duro da digerire! Angela ci ha preparato una semplice colazione accompagnata da un fiume di parole e da qualche lamentela . Al nostro tavolo erano seduti anche due giovani pellegrini francesi che ne arrivavano dal Cammino di Santiago e ora volevano raggiungere Roma, ma con tutta calma, quindi oggi si fermeranno un giorno a Vercelli per riposare. Zaino in spalla e via alle prime luci dell’ alba camminando per le strade ancora addormentate della domenica mattina; attraversiamo il ponte sul Sesia , percorriamo sul ciglio un breve tratto di una statale trafficata e ci siamo quindi nuovamente inoltrati tra silenziose risaie e campi di mais. Attraversiamo alcuni tratti di pioppeto , costeggiamo le grandi aie di casali ormai abbandonati ; cinquecento metri avanti a noi due persone camminano sulla nostra strada e altre due dietro ma non li incontreremo per verificare se siano pellegrini o solo podisti della domenica. Due ore e mezzo di pianura ci portano dinnanzi ad un grande cartello di legno che dice :”Benvenuti a Palestro” . Palestro è un piccolo paese di provincia con un unico bar di fronte alla chiesa gestito da cinesi ; abbiamo visitato brevemente la chiesa di San Martino dove il parroco gentilmente ci ha apposto il timbro . Nella torre medioevale che svetta sui tetti delle case si trova l’ ostello del paese. Paolo e Ambra , i giovanissimi gestori, ci hanno accolto con calore , ci hanno mostrato le stanze , la cucina , il tutto restaurato in stile e con mobili antichi e, ci hanno anche detto che loro offrono la cena comunitaria quando possibile , altrimenti la cucina è fornita di tutto ciò che serve per prepararsi una pasta , peccato essersi fermati a Vercelli !

Continuiamo a camminare in un paesaggio fatto di riso, mais, riso, campi ; ci ha attraversato la strada un leprotto, una biscia, tantissime rane e tanti lumaconi . Passato mezzogiorno eravamo a Robbio , abbiamo visto le due chiese, gioielli romanici dalla struttura in mattoni : San Valeriano e San Pietro , questa già ostello per i pellegrini dal XIII secolo. Un altro tratto di statale e poi nuovamente in campagna fino a Nicorvo, un piccolissimo paese con un unico bar che, quando abbiamo chiesto loro uno spuntino ci hanno guardato come extraterrestri ma poi ci hanno rimediato un piatto di salumi e formaggi. Rifocillati abbiamo fatto visita alla chiesetta della Madonna del Patrocinio in cui è custodita una lapide in ceramica con il simbolo di Santiago e Roma e su di un tavolino davanti all’ altare un grande libro dei pensieri e il timbro da mettere sulla credenziale . Di nuovo un lungo tratto di asfalto e poi su di un tratturo erboso dove la segnaletica è deficitaria e non ci siamo persi grazie alla cartina che ormai consultiamo ad ogni bivio . Alla periferia di Mortara abbiamo visitato la chiesa della Madonna del Campo , un edificio trecentesco nel cui interno sono custoditi begli affreschi , uno dei quali raffigurante la battaglia di Mortara tra franchi e lombardi . Di fianco all’ altare fa bella mostra di sé uno dei più begli affreschi di Santiago pellegrino della Via Francigena. Vedendoci entrare in chiesa dopo aver posato gli zaini, il sagrestano è corso a metterci il timbro e ci ha anche donato un interessante opuscolo sulla storia e le opere d’ arte della chiesa. Ancora una manciata di chilometri e siamo entrati in Mortara dal sottopassaggio della ferrovia , ne abbiamo percorso il centro, che, non so se è perché eravamo ormai sfiniti, ci è parso senza nessuna particolare attrattiva ; abbiamo percorso un lunghissimo viale ,lasciato il centro e, nuovamente tra i campi, abbiamo raggiunto l ‘ Abbazia di Sant’ Albino . L’ ostello, nuovo e pulitissimo è una grande camerata che comunica direttamente con la

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chiesa , ha 16 brandine e un grande tavolo per la cena. Ottima l’ accoglienza riservatoci dalla signora Franca e da Don Nunzio che , dopo averci timbrato le credenziali ci ha deliziato con racconti della sua vocazione e dell’ inizio del suo sacerdozio, peccato non si sia fermato a cenare con noi perché ascoltarlo parlare è un vero piacere . La signora Franca ci ha preparato un’ ottima cena annaffiata con 2 bottiglie di vino. Stanotte nel grande camerone, abbiamo compagnia : ci sono 3 signore francesi : Marie Cristine, Marie Helene, Marie Terese , da noi soprannominate le “3 Marie”, che essendo pensionate , fanno tappe brevissime, talvolta supportate da mezzi pubblici, basti dire che sono partite dal Gran S. Bernardo una settimana prima di noi! Dopo cena sono andata in chiesa , dove sono custodite le reliquie di due paladini francesi periti nella battaglia di Mortara a dire una preghiera di ringraziamento e poi , con la signora Franca siamo usciti in giardino, ci ha offerto un digestivo mentre ci raccontava della sua esperienza da ospitalera e delle cose singolari che le sono capitate in questi anni . Verso le nove ci siamo rintanati nei nostri sacchi a pelo perché oggi abbiamo percorso oltre 35 chilometri.

LUNEDI’ 15/09/2014 MORTARA – GROPPELLO CAIROLI (26 KM ) (9 ore di cammino con le pause) La notte è trascorsa con un continuo sottofondo di russate prima di Giò , seguito subito da Claudio e anche le 3 francesi si sono esibite con successo ! La signora Franca ci ha preparato un’ ottima colazione , l’ abbiamo ringraziata per l’ accoglienza e ci siamo rimessi in strada , un breve tratto sulla statale poi deviamo per una strada di campagna tra i pioppi che costeggia per un lungo tratto un canale . Il paesaggio è sempre pressappoco lo stesso: risaie, campi di mais e un nastro erboso che le attraversa che stamane è madido di rugiada e che in men che non si dica ci bagna le scarpe e l’ orlo dei pantaloni e, ad Emilia anche i piedi, infatti le sue tanto odiate scarpe sono di tessuto non impermeabile. In un tratto di bosco più fitto ci sorprende lo starnazzare di una miriade di anatre , costeggiamo un allevamento che ne contiene un numero impressionante, Mortara è celebre per il suo salame d’ anatra . Il primo paese che incontriamo è Ramondò , ci fermiamo per la solita pausa caffè e visitiamo la chiesa , che , come la maggior parte in questa zona ha il rivestimento esterno in mattoni . Il parroco, che stava uscendo in auto,vistoci varcare la soglia della chiesa è tornato prontamente indietro per timbrarci le credenziali . La segnaletica, seppur non così precisa come quella valdostana e soprattutto piemontese, non è così un disastro come l’ avevano descritta coloro di cui ho letto le testimonianze e, pensare che noi ci avvaliamo solo di una guida cartacea con piantina , non abbiamo navigatori né GPS . L’ unico punto in cui abbiamo sbagliato è stato su un incrocio non segnalato in cui noi abbiamo proseguito diritti mentre avremmo dovuto svoltare a sinistra verso un gruppo di antenne.

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La strada, facendo un largo giro però si ricongiunge con il tracciato della Via Francigena , così , dopo 3 ore e mezza arriviamo a Tromello. Imboccata la via centrale , ci è subito venuto incontro un energico signore a cavalcioni di una bicicletta modello Graziella dipinta con i colori della nostra bandiera . Carlo , responsabile per Tromello della via Francigena, ci ha accompagnato a visitare l’ oratorio di San Rocco, più antico della Parrocchiale, e poi nella sede dell’ associazione, sita nei locali di un bar talmente antico dove sono esposti liquori fuori produzione da anni , come il Rosso Antico, l’ amaro 18 Isolabella . Ci ha offerto da bere , ci ha donato la spilla di Tromello con il logo della Francigena, una pergamena scritta in latino che attesta il nostro passaggio da qui e un portachiavi con l’ immagine di un dipinto posto nella cattedrale di San Martino che pare avesse avuto poteri miracolosi in passato. Da Tromello, le alternative sono due: una porta a Garlasco , grande paese della Padana per noi celebre solo per l’ efferato delitto , e l’ altra è per il Santuario della Madonna della Bozzola , quella da noi scelta. La strada sterrata passa attraverso la campagna e costeggia quasi per l’ intero percorso un canale fino al Santuario , sorto nel luogo di un’ apparizione mariana del 1400 ad una pastorella sordomuta che, per ciò riacquistò la parola. L’ edificio è settecentesco e sull’ altar maggiore c’ è l’ affresco della Madonna e un’ intera parete di ex voto . Di fianco all’ ingresso principale c’ è una cappella dipinta in epoca contemporanea con immagini della vita di Cristo e della Madonna. Essendo arrivati sulla piazza del Santuario all’ una ed essendo la chiesa chiusa ne abbiamo approfittato per pranzare nel bar lì adiacente, dove eravamo gli unici avventori e malgrado ciò la serafica barista ci ha detto di non riuscire a prepararci un’ insalata perché era sola al banco ! Poi, forse valutando il numero di clienti, ha deciso di accontentarci così siamo riusciti ad avere la tanto agognata insalata !

Dopo la visita al Santuario abbiamo ripreso la via per Groppello Cairoli , sempre tra risaie , costeggiando canali dove alcuni pescatori erano intenti a pescare rane. Finalmente siamo giunti in paese presso la parrocchiale di San Giorgio dove ci ha accolto un’ anziana suora, Suor Agostina ,e ci ha accompagnato nel piccolo appartamento adibito ad ostello posto sopra il bar , con 3 piccole stanzette, 10 posti letto, una cucina attrezzata , ma un solo bagno . Qui abbiamo ritrovato le “3 Marie” già coricate sulle brande a riposare, perché a Tromello hanno preso un treno per giungere fino qui . Soliti rituali di doccia e bucato e poi i soliti quattro passi da turisti giù per la strada centrale del paese fino ad arrivare all’ Oratorio di san Rocco. Le alternative per la cena sono poche , anche perché dobbiamo accordarci con le francesi visto che abbiamo un unico mazzo di chiavi, quindi la decisione è caduta sull’ albergo Italia, dove i due fratelli ,Stefano e Giancarlo, si danno un gran daffare per ingraziarsi i pellegrini ,illustrando i servizi che offrono , a dir loro a prezzo contenuto. Ci hanno servito una cena dignitosa accompagnata da vino mediocre e, con noi nella sala scura e polverosa c’ era un gruppo di africani, forse clandestini , alloggiati lì per mancanza di strutture adeguate ad ospitarli . Ci sono rimasti appiccicati tutta la sera , ci hanno fatto scrivere una frase ricordo sul loro album ed hanno voluto i nostri numeri di telefono per poterci seguire durante il cammino, una foto e poi ci siamo fermati per un digestivo al bar sotto l ‘ostello che era gremito di gente : speriamo non facciano troppo schiamazzo ! ( 8 € pranzo, 15 € cena, ostello a donativo)

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MARTEDI’ 16/09/2014 GROPPELLO CAIROLI - PAVIA (18 KM . 4 ore di cammino ) Come promesso, stamane ci siamo nuovamente fermati da Stefano per la colazione, che è stata a dir poco deludente: cappuccino pessimo e merendine industriali , pur essendo circondati da forni che emanavano profumi di pane appena sfornato . Stefano ci ha nuovamente ubriacato di parole e si è commosso fino alle lacrime quando ci ha salutati . Lasciato il piccolo paese dove regnava un puzzo di fogna da togliere il fiato abbiamo percorso più di metà del tragitto su asfalto . A Villanova D’ Ardenghi abbiamo preso un caffè e ci siamo inoltrati nel parco del Ticino , tanto decantato da Stefano e suo fratello . Il sentiero è spesso ingombro di erbacce e tronchi caduti, sembra che siamo i primi a percorrerlo da settimane vista l’ altezza dell’ erba e, qui il tanto temuto spettro delle zanzare si è avverato: volano in nugoli neri attorno alle nostre teste e neppure spruzzi continui di repellente riescono ad allontanarle. Camminiamo lungo le rive del Ticino che scorre impetuoso , quasi di corsa per poterci liberare il prima possibile del tormento delle zanzare che tanto era maggiore tanto più vegetazione era fitta e il tasso di umidità tangibile . Verso mezzogiorno vedevamo già la sagoma della città all’ orizzonte , l’ ultimo tratto è stato lungo il verde di un parco cittadino con panchine vista fiume e aree pic- nic . Arrivati sul celebre ponte coperto abbiamo svoltato a destra e ci siamo inoltrati nel Borgo Ticino , dove , dopo mille peripezie abbiamo trovato una sistemazione per la notte presso la residenza i “I Mille” , posta proprio di fronte all’ ostello di Santa Maria in Betlem . La signora ci ha assegnato un mini appartamentino con 2 stanze e un bagno e un piccolo salotto . Solito rituale di abluzioni e via veloci a mangiare un boccone e poi in stazione per

andare a visitare la celebre Certosa sita ad una decina di chilometri dalla città . Usciti dalla stazione abbiamo percorso un sentiero lungo le mura del complesso monastico e finalmente ci siamo trovati davanti alla splendida facciata rinascimentale in marmi policromi . Siamo entrati ad ammirare le opere d’ arte custodite all’ interno ma non avendo alcuna guida a nostra disposizione capivamo poco o nulla. Per fortuna , dopo poco un frate ci si è avvicinato e ci ha annunciato la visita guidata da parte di uno dei frati , dall’ incredibile somiglianza con Nelson Mandela , che ci ha spiegato l’ origine della chiesa in stile gotico lombardo, ci ha mostrato i dipinti sulle pareti e sui soffitti, la tomba di Ludovico il Moro e la moglie Beatrice D’ Este, morta di parto a 22 anni , lo splendido coro di legno intarsiato, la sagrestia vecchia , il chiostro minore da cui ci può ammirare l’elegante campanile e il chiostro maggiore attorniato da tutte le celle dei monaci, 2 delle quali aperte per mostrarle ai fedeli , perché i monaci oggi rimasti sono solo 7 . Siamo rientrati a Pavia dove abbiamo visitato alcune delle belle chiese : San Pietro in Ciel d’ Oro , dove è custodito il sepolcro marmoreo di Sant’ Agostino, Santa Maria delle Grazie, un’ opera imponente in gotico lombardo dalla facciata in mattoni e poi il monumentale Duomo al cui fianco rimangono i ruderi della torre campanaria crollata pochi anni or sono. E’ quasi il tramonto, le chiese e i negozi chiudono e il nostro stomaco riempito solo da un ‘ insalata comincia a brontolare; ci siamo soffermati a lungo sul ponte coperto davanti ad un tramonto dai colori incredibili a scattare foto e, seguendo le indicazione di un signore , ci siamo recati nel Borgo Antico per andare a cenare all’ “Osteria della Malora” . Il locale , sulle rive del Ticino è rustico ma nel contempo raffinato, quando ci siamo presentati con l’ ormai consueta divisa da pellegrini, ci hanno guardato con diffidenza, subito scemata quando abbiamo ordinato risotto con il tartufo e 2 bottiglie di vino . E’ stata finalmente una gran cena anche se non è stata tra le più economiche .

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Alle 21 eravamo già a letto anche se il percorso di oggi è stato uno dei più brevi anche a fare i turisti si ci stanca ! (9 € pranzo, 32 € cena, 25 € B&B, 4,50 € biglietto d’ ingresso alla certosa , 3 € treno)

MERCOLEDI’ 17 /09 /2014 PAVIA – MIRADOLO TERME (31 KM/ 9,30 ore di cammino ) Oggi la tappa è lunga, quindi sveglia alle 7,colazione al bar ,zaino in spalla e via. Abbiamo attraversato la città e il rumore delle auto in corsa, dopo aver goduto per giorni del silenzio delle risaie ci è parso particolarmente molesto. Alla periferia di Pavia , abbiamo visto davanti a noi l’ inequivocabile sagoma di un pellegrino, era una signora danese di mezza età arrivata ieri per iniziare proprio da Pavia il suo cammino verso Roma in solitaria; è stata almeno quattro volte a Santiago ma non ci siamo dilungati molto in chiacchiere perché sembrava non gradisse molto socializzare .

Abbiamo raggiunto il paese di san Leonardo e quindi Belgioioso percorrendo sempre asfalto tolto un breve tratto di ciclabile. Belgioioso è una cittadina celebre per il suo castello che, però non si trova sul tracciato della Francigena , quindi non lo abbiamo neppure visto in distanza , allungare ulteriormente la tappa di oggi è veramente impensabile . Nelle campagne dopo Belgioioso si trova la chiesetta di San Giacomo della Cerreta, celebre per custodire all’ interno un bel ciclo di affreschi dedicati al Santo galiziano ; la guida consigliava di chiedere le chiavi ai proprietari della casa di fianco , ma suonato , ci è stato risposto che non le hanno e che sono anni che non viene aperta! Abbiamo continuato su asfalto fino a Torre de’ Negri dove abbiamo visto la casa più kitch che si possa immaginare e qui, ci siamo trovati di fronte a due direzioni diverse della Via Francigena , una continuava sull’ asfalto, l’ altra era lungo una strada bianca tra i campi. Abbiamo scelto quest’ ultima , che dopo un paio di chilometri ci ha portato diritti nell’ aia di un grande cascinale apparentemente abbandonato ; abbiamo cercato in ogni dove la segnaletica ma nulla. Pronti a ritornare sui nostri passi è uscito un agricoltore e ci ha detto che avevamo sbagliato completamente strada, siamo tornati quindi sui nostri passi fino all’ incrocio con una statale trafficata che abbiamo percorso per un paio di chilometri e poi abbiamo svoltato su un’ altra strada bianca , dove abbiamo fermato un contadino su di un trattore che ci ha confermato però di essere finalmente sulla strada giusta; giunti presso un altro cascinale abbiamo trovato il primo contadino a cui abbiamo chiesto informazioni , preoccupato che avessimo compreso le sue indicazioni e che non ci fossimo persi un’ altra volta. Ci ha accompagnato per un breve tratto , fino ad una barra di ferro , quindi senza lasciare il sentiero segnato , abbiamo ritrovato la segnaletica , che ci fa percorrere una strada bianca tra campi di soia, mais e grano fino a Costa dè Nobili.

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Qui, malgrado non fosse segnalato da nessuna guida abbiamo trovato un bar per pranzare . Ci ha attirato un invitante profumo di cibo, Francesca la proprietaria stava cucinando polpette di melanzane che ci ha servito calde con un’ abbondante insalata e quattro birre gelate : una sorpresa inaspettata! Dopo una sosta di quasi un’ ora dove abbiamo conversato a lungo con Francesca abbiamo ripreso la via tra la campagna fino a Santa Cristina ; ci siamo fermati all’ ostello per farci apporre il timbro e poi abbiamo continuato fino al paese successivo , meta odierna . Abbiamo raggiunto la stazione , tagliato tra i prati dopo aver oltrepassato un passaggio a livello , siamo passati sotto il cavalcavia dell’ autostrada e qui, l’ unica indicazione era in prossimità di un sentiero tra erbacce alte quanto noi , abbiamo proseguito facendoci largo come fossimo nella giungla amazzonica e poi trovatoci di fronte ad un muro impenetrabile di vegetazione siamo tornati all’ imbocco del sentiero Esaminate con cura la cartina , abbiamo oltrepassato una sbarra e continuato lungo la strada bianca che costeggia la ferrovia che comodamente ci ha portato fino a Miradolo Terme. Ormai abbiamo gli occhi estremamente vigili ad ogni possibile bivio , ma qui la segnaletica è veramente ambigua ! Miradolo Terme, scoperto essere il paese natale di Gerry Scotti , è un piccolo paese al cui centro svetta il campanile della parrocchiale , quindi non è stato difficile trovare la nostra sistemazione. Appena entrati in paese siamo stati fermati da un gruppetto di bambini che ci hanno chiesto informazioni sul nostro viaggio,ben consapevoli che fossimo pellegrini . Suonato alla canonica non ci ha risposto nessuno e, accortoci che si stava celebrando la Messa , abbiamo posato gli zaini e abbiamo partecipato alla celebrazione . Terminata la funzione Don Nando ci è venuto incontro , ci ha accolto sorridendo e ci ha accompagnato in una piccola dependance sita di fronte alla canonica con 2 piccole stanzette, una cucina ed un bagno con un boiler elettrico e, quindi l’ acqua era fredda!

Ci siamo rilassati un attimo mentre attendevamo il nostro turno a fare la doccia , che è stata però fulminea visto che non abbiamo dato il tempo all’ acqua di scaldarsi ! Il paese è veramente piccolo, ci sono 2 bar e una pizzeria dove siamo obbligatoriamente andati a mangiare delle pizze sproporzionatamente grandi . Ci siamo fermati ancora per un digestivo al bar della piazza e poi a letto, oggi la tappa è stata veramente dura per la lunghezze e soprattutto per il continuo tornare indietro a cercare la strada giusta . (8 € pranzo, ostello a donativo, 13 € cena)

GIOVEDI’ 18/09/2014 MIRADOLO TERME -PIACENZA (31 KM/ 9 ore di cammino) La notte è stata scandita dai rintocchi delle campane che suonavano ogni mezz’ ora; lo scampanio prolungato delle sette ci ha indotto a lasciare i nostri giacigli e riprendere il cammino dopo una brioches fragrante al bar di fronte . Lasciamo quasi subito l’ asfalto per una sterrata e in men che non si dica ci troviamo

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in mezzo ad un prato e di segnali neppure l’ ombra. Guida alla mano siamo tornati indietro ed abbiamo ritrovato il sentiero abbastanza velocemente. Il primo paese incontrato è Chignolo Po , poche case con un magnifico castello, che è aperto per le visite solo nel pomeriggio ; giungiamo a Lambrinia e ha cominciato a scendere una pioggerellina sottile ma fitta fitta , così abbiamo indossato quasi subito le mantelle perché lo zaino era coperto di panni ancora bagnati da ieri sera . Fortunatamente il piovasco è durato solo pochi minuti ma il tempo rimane scuro. Qui ci siamo fermati per un caffè in un locale veramente carino, la cui proprietaria voleva omaggiarci di alcune melegrane che maturano nel suo giardino. Continuiamo su asfalto quasi fino ad Orio Litta, attraversiamo il ponte sul Lambro e svoltiamo a destra per una strada bianca che ci condurrà al “Transitum Padi”, ovvero il punto in cui si può attraversare il Po, evitandoci un giro di oltre 8 chilometri . Ci sembra di essere sul cammino di Santiago perché qui la strada è segnata con pilastrini in cemento con l’ immagine del pellegrino e tante piastrelle in marmo sul fondo stradale . Su questo tratto di strada ci ha sorpassato un pellegrino francese che procedeva alla velocità della luce e che a fatica ha risposto al nostro saluto. A mezzogiorno avevamo appuntamento con Danilo, colui che ci avrebbe fatto traghettare il Po e, giunti all’ imbarcadero abbiamo trovato in attesa due pellegrini francesi che avrebbero traghettato con noi. Passato da poco mezzogiorno un vecchio motoscafo si è avvicinato alla riva, guidato da un corpulento signore dalla candida chioma, ci ha fatto salire e per 20 minuti con il vento tra i capelli abbiamo navigato sul largo letto del fiume e siamo approdati sulla sponda emiliana. Danilo ci ha condotto a casa sua che dista poche centinaia di metri dall’ argine del fiume , casa che fino a qualche tempo dava ospitalità ai pellegrini mentre oggi vengono alloggiati all’ ostello del paese di Caldonasco.

Ci ha fatto sedere sotto un pergolato e ha tirato fori un grosso timbro in legno e un voluminoso tomo dove registra tutti i pellegrini giunti fino qua da oltre 20 anni , ed è sicuramente il documento più completo sull’afflusso di pellegrini lungo la Via Francigena.; quest’ anno ne sono passati 590 e , anche se sono nulla rispetto ai numeri del Cammino di Santiago,si denota una presa di campo di questo pellegrinaggio. Timbrate le credenziali abbiamo pagato il servizio ben 10 euro a testa e, considerando un lavoro di non oltre un’ ora 60 euro mi sembrano un po’tanti ! Una strada sterrata ci porta a Caldonasco, quindi giungiamo ad Incrociata dove, in un bar sulla strada ci siamo fermati per uno spuntino , quindi sempre su strada asfaltata abbiamo raggiunto Piacenza , prima percorrendo una ciclabile poi attraversando un ponte sul Taro tra il traffico infernale della via Emilia. Giunti alla periferia della città abbiamo perso completamente la segnaletica ed abbiamo dovuto ricorrere al navigatore per raggiungere l’ ostello Don Zermani . Arrivati finalmente alla grande struttura simile ad un’ edificio scolastico, abitato per lo più da possibili lavoratori stranieri abbiamo scoperto che il prezzo che ci avevano comunicato telefonicamente non era reale e soprattutto che distava parecchio dal centro. Le due cose messe insieme ci hanno reso di cattivo umore malgrado la camera fosse pulita e confortevole. Abbiamo fatto il bucato che abbiamo steso in una lavanderia umidissima e poi abbiamo cercato un modo per raggiungere il centro, cosa piuttosto complicata perché esiste un servizio autobus ma solo fino alle 20.30 . Abbiamo preso il bus fino alla centralissima e coreografica piazza Cavalli ,tutta occupata da stand che promuovevano i prodotti DOP locali , abbiamo percorso le vie centrali con eleganti negozi tutti chiusi, perché pare sia consuetudine qui essere chiusi il giovedì pomeriggio , e siamo arrivati alla Cattedrale di Santa Giustina, in stile gotico, la facciata con 3 portali affiancati da grandi statue di leoni.

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L’ interno è vastissimo , mirabili sono le cappelle affrescate dei bracci del transetto , cosi come il trittico dorato posto sull’ altar maggiore. Il nostro tour turistico purtroppo è terminato qui perché ogni monumento aveva già chiuso i battenti , siamo tornati su piazza Cavalli abbiamo assistito ad una degustazione di cibi e bevande tipiche di epoca romana e poi abbiamo ripreso l’ autobus verso la periferia e in prossimità dell’ ostello non abbiamo trovato nessun locale per cenare, solo un pub deserto che serviva ottima birra ma nulla più che qualche piadina o hamburger , ma è stato sufficiente perché avevamo abbondantemente spiluccato al banco dei produttori di parmigiano . Alle 21 tutti in branda, raramente riusciamo a rimanere svegli oltre quest’ ora ! (3 € colazione, 11 € pranzo, 10 € Transitum Padi,10 € cena, 19 € ostello)

VENERDI’ 19/09/2014 PIACENZA – FIORENZUOLA D’ ARDA (28 KM/ 7,30 ore di cammino) Alle 6 l’ ostello era già tutto un fermento : si sentivano passi, sciacquoni, chiudersi di porte , quindi ci siamo alzati malgrado non fosse ancora chiaro, abbiamo recuperato il nostro bucato ancora bagnato fradicio facendoci aprire le porte della lavanderia. Della leggera colazione compresa neppure l’ ombra quindi, dopo una pausa al bar per la colazione ci siamo apprestati a intraprendere la tappa più brutta di tutto il nostro pellegrinaggio. I primi quattro chilometri sono tra il traffico caotico di una città che si sveglia, tra studenti assonnati e impiegati con le loro cartelle che si muovono a passo spedito.. Lasciata la periferia percorriamo 5 chilometri sul ciglio trafficatissimo della Via Emilia fino a Montale , dove di fianco alla chiesetta di San Pietro si trova l’ostello . Continuiamo cosi tra lo sfrecciare incessante delle auto per un’ altra ora fino al ponte sul fiume Nure e poi svoltiamo finalmente in una strada secondaria dove ,finalmente, nel silenzio, abbiamo consultato entrambe le nostre guide e ci siamo accorti che , anche se il tragitto era decisamente più lungo, a Montale c’ era una variante che attraversava la campagna e che ci avrebbe evitato quel tratto orribile e pericoloso della via Emila., peccato che in 4 non abbiamo visto l’ indicazione con la deviazione.. Proseguiamo sull’ asfalto fino al punto in cui i due differenti percorsi si uniscono , riprendiamo i tanto agognati sentieri nella campagna e poi abbiamo dovuto guadare due torrenti, il primo saltellando sulle pietre l’ altro togliendoci gli scarponi e tuffando i piedi nelle acque fredde , che, sono però un toccasana per le nostre estremità così provate. Abbiamo reincontrato il pellegrino francese dal passo spedito ma anche questa volta è stato alquanto avaro di parole. Il tempo si mette al brutto e comincia a piovigginare quindi affrettiamo il passo per

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arrivare alla meta asciutti , verso le 14.30 entriamo in Fiorenzuola . All’ imbocco della città abbiamo incontrato 2 pellegrini milanesi che avrebbero alloggiato qui ma non in ostello, quindi non li abbiamo più incrociati . Affamati come lupi abbiamo cercato un posto che ci preparasse qualcosa da mettere sotto i denti , siamo stati attirati dal “Quinto Vizio” un rock bar che ci ha preparato un ottimo piatto di pasta che abbiamo annaffiato con due bottiglie di vino e un bicchierino di ottimo Havana Club 7 anos . E’ stato facile trovare l’ ostello che si trova di fianco alla cattedrale , ha poco più che 10 posti letto ma la gentile signora Anna ci ha dislocato in 3 stanze differenti, infatti con noi è arrivato anche un altro pellegrino dall’ aria naif : Luca. Un’ oretta di riposo e di intimità per smaltire la mangiata e soprattutto la bevuta e poi, accompagnati dalla signor Anna siamo andati a messa in un’ altra chiesa poco distante, officiata da un sacerdote nero. Abbiamo girato un po’ per il centro e, rientrati in ostello per prendere le maglie per la sera si è unito a noi Luca . Noi non avevamo un granchè fame perché avevamo finito di pranzare alle 15.30 , quindi abbiamo optato per un’ apericena , che si è conclusa con 2 pizze vari stuzzichini e…altre due bottiglie di bianco ! Luca ci ha parlato un po’ del suo modo sregolato di vivere malgrado i suoi 32 anni , del rapporto burrascoso con i genitori e della sua continua voglia di evasione facendo uso di droghe e spesso partendo da casa senza una meta e senza sapere perché è partito . Ha lasciato Piacenza in mattinata dopo una lite furiosa con il padre e si è avviato lungo il percorso della Via Francigena , come aveva già fatto sul cammino di Santiago ; dopo un paio di chilometri ha chiesto un passaggio e poi un altro ed è arrivato nel pomeriggio a Fiorenzuola , domani andrà dove la notte gli consiglierà …. Pensare che ha solo pochi anni più dei nostri figli e vederlo così demotivato e pessimista ci ha fatto rabbrividire e benedire il Signore che i nostri ragazzi non siano così !

Stasera abbiamo ricevuto anche due brutte notizie : è mancato zio Luigi, 95 anni, da tempo malato e Luisa, medico di Giò e migliore amica di sua sorella , suicida . Abbiamo terminato la serata seduti sui gradini della chiesa in puro stile di Luca e poi a nanna! (3 € colazione, 11 € pranzo, 10 € cena,5 € ostello )

SABATO 20/ 09/ 2014 FIORENZUOLA D’ ARDA – COSTAMEZZANA (38 KM / 11 ore di cammino ) Il tempo è grigio, una cappa bassa di nubi copre la città , stanotte è piovuto, le strade sono bagnate . Al battere delle sette dall’ adiacente campanile ci siamo svegliati , ci siamo preparati , come d’ accordo abbiamo chiamato

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Luca e siamo andati insieme a fare colazione al bar della piazza. La cattedrale stamane è aperta ed è un’ opera magnifica con le pareti ricoperte di affreschi che rappresentano la vita di San Fiorenzo a cui è dedicata. Luca ci ha detto che la Francigena, con la penuria di pellegrini non fa per lui, quindi prenderà un treno per Firenze dove raggiungerà un amico; ha già pronto il piano per viaggiare gratis e là pensa di rimediare di che vivere mendicando su piazza della Signoria , affidandosi alla bontà di cuore della migliaia di turisti. Gli abbiamo augurato buona fortuna e ci siamo avviati incontrando subito alcune difficoltà per ritrovare l’ esatto tracciato; abbiamo chiesto ad un paio di persone e poi abbiamo ritrovato la segnaletica. La tappa odierna di snoda quasi interamente su strade secondarie ma quasi tutta su asfalto. Dopo circa un’ ora siamo arrivati alla splendida abbazia cistercense di Chiaravalle della Colomba , una splendida costruzione gotica dalla facciata in mattoni e con un chiostro bellissimo . Ci siamo fatti apporre i sellos e poi abbiamo proseguito prima su di una ciclabile e poi percorrendo diversi ponti che attraversano l’ autostrada e la ferrovia . Pochi sono i centri abitati, qualche cascinale sparso nella campagna , alcuni trattori che aravano i campi e dall’ odore che emanava ovunque, tante stalle . Questa noiosissima strada ci ha portato a Fidenza; il Duomo di san Donnino è bellissimo, con una facciata completamente scolpita con statue e bassorilievi ma purtroppo a mezzogiorno chiude e non riapre che dopo le 15 , quindi, vista la lunghezza della tappa di oggi non abbiamo potuto fermarci oltre. Affamati, stanchi e doloranti ci siamo fermati nell’ unico locale aperto sulla Via , la “Trattoria del Duomo”, scelta per nulla azzeccata visto che per 4 piatti di qualità mediocre e una bottiglia di vino ci hanno fatto pagare 74 € , ben lungi dagli splendidi menù del pellegrino del Cammino di Santiago a 10 €!

Qui c’ è la sede ufficiale della Via Francigena , dove oltre al sello abbiamo acquistato altre 2 credenziali perché le nostre sono quasi complete e la mappa per la seconda parte della Via Francigena. Attraversata la cittadina abbiamo visitato velocemente la Pieve di Cabriolo perché la stavano addobbando per un matrimonio . La strada , dopo giorni e giorni di pianura comincia dolcemente a salire, incontriamo villette con giardino , vecchi casali quasi abbandonati , qualche vigna, la chiesa di Siccomonte, e , dopo quasi 3 ore sulla vetta di una collina ci appare il paese di Costamezzana . Pregustavamo già il piacere di sfilare gli scarponi e il posare lo zaino , poi un signore , vedendoci sfilare a testa bassa sotto il peso dei nostri zaini si è fermato un po’ a parlare, curioso di conoscere i particolari della nostra “impresa” e ci ha comunicato che il monastero che ci ospiterà e ben oltre il Castello di Costamezzana , che ci appare come un miraggio in lontananza sulla cima di un colle: ci saremmo messi a piangere! Raccolte le ultime forze abbiamo intrapreso la strada in salita nel bosco , fino alla torre del castello, dove lasciamo l’ asfalto per un tratturo erboso che leniva un po’ il dolore ai piedi, fino sul crinale della collina. Una signora ci ha detto che il monastero non distava nemmeno un chilometro ma cammina e cammina ne abbiamo percorsi almeno un paio prima di giungere sopra la mole imponente del moderno monastero. Suoniamo finalmente al cancello che però non si apriva, avremmo dovuto scendere a quello inferiore, ma la strada per raggiungerlo faceva un giro lunghissimo, quindi per accorciare la nostra marcia abbiamo attraversato un campo arato di fresco con zolle enormi da evitare . Alle 19 mentre il sole tramontava alle nostre spalle siamo stati accolti da Sorella Anna ,una rubiconda napoletana con l’ eterno sorriso sulle labbra che ci ha accompagnato nella foresteria , dove ci hanno assegnato una stanza per coppia , con letti con lenzuola coperte ed asciugamani freschi di bucato, un bagno confortevole, nuovo, pulitissimo: un hotel di lusso specialmente perché è tutto a donativo !

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La cena è alle 19.30 , quindi abbiamo fatto doccia e bucato alla velocità della luce poi ci siamo recati nell’ enorme refettorio; una preghiera tutti insieme e poi una cena pantagruelica : primo, 3 secondi, 2 contorni, salame, formaggio, dolce , gelato e frutta ! Oltre ad una decina di religiosi, c’ erano anche molti loro famigliari in visita; al nostro tavolo c’ erano Sorella Rosaria e Fratello Mauro e ci hanno spiegato un po’ il loro sistema di vita. Sono una comunità francescana istituita da un frate Pancrazio, confratello di Padre Pio ed è una comunità mista con uomini e donne. La casa madre si trova in Puglia e ce ne sono altre sparse per tutta la penisola e in Brasile . A Costamezzana ci sono 40 religiosi e 20 novizi in attesa di prendere i voti , oggi sono pochi perché la maggior parte è andata in Puglia per l’ investitura di alcuni novizi . Qui si vive grazie alla carità e tutto il cibo che era sul tavolo questa sera è frutto della carità di privati e delle istituzioni . Tutti qui lavorano e pregano , hanno alcuni orari prestabiliti per la preghiera comune, la prima della giornata alle 3 di notte, momento in cui il male colpisce maggiormente il mondo. Dopo cena abbiamo dato una mano a rigovernare e ci siamo intrattenuti in un grande salone con comodi divani a chiacchierare e poi alle 22 siamo andati nella bellissima chiesa moderna dove abbiamo recitato la Compieta e il Rosario. (2,5 € colazione, 19 € pranzo, cena e ostello a donativo)

DOMENICA 21 /09/2014 COSTAMEZZANA – SIVIZZANO (28 KM / 7 ore di cammino ) Abbiamo riposato divinamente nei nostri lettini morbidi e cullati dal silenzio della campagna ; alle 8.30 siamo stati svegliati dal suono della campanella e alle 9 ci siamo ritrovati tutti insieme nel refettorio a fare colazione. Anche stamattina , come già ieri sera , sulle tavole c’ era ogni ben di Dio, dalle torte ai biscotti, marmellate, miele, cereali , latte , tè, frutta, yogurt. Con rammarico ci siamo congedati dalle sorelle e dai fratelli che ci hanno invitato a tornare a trovarli per poter trascorrere alcuni giorni in preghiera con loro . La strada oggi diventa quasi subito un tratturo erboso in salita da cui si può ammirare l’ imponente mole del monastero appena lasciato. Scolliniamo un paio di volte , attraversando piccole macchie di bosco, in un paesaggio simile alle nostre Langhe , non fosse per la mancanza di vigne. A Madesano siamo andati in cerca di un supermercato perché oggi è domenica , quindi oggi pomeriggio sarà tutto chiuso e , come ci aveva già preannunciato la custode dell’ ostello, a Sivizzano non c’ è né un bar, né un ristorante e l’ unico alimentari la domenica è chiuso. Centellinando il peso abbiamo comprato l’ occorrente per la cena e ci siamo rimessi in marcia. Tra saliscendi raggiungiamo Falagara , poi costeggiamo in una zona industriale il corso del fiume Taro . Per entrare in Fornovo sul Taro bisogna attraversare un lungo ponte dove all’ inizio è posta una copia della statua del pellegrino con le chiavi di San Pietro situata sulla facciata del Duomo e, subito dietro due frecce, l’una all’ opposto dell’ altra che indicano Roma e Canterbury, cioè l’ inizio e la fine della Via Francigena.

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Fornovo è un paesino carino, con una bella chiesa , simile a quella di Fidenza, a quest’ ora chiusa, ma oltre alla chiesa erano chiusi tutti i bar e le trattorie ! Dopo aver chiesto ad ogni indigeno incontrato ci hanno indicato un bar gelateria, che non aveva gelati e ci hanno servito un trancio di pizza, unica alternativa possibile, di almeno 3 giorni ! Come capita quasi sempre, appena abbiamo lo stomaco pieno, e quindi muoversi è più faticoso , la strada comincia a salire e gli zaini , ulteriormente gravati dal peso della cena, sembrano macigni! Comunque la provinciale è costeggiata da enormi castagni che cominciano a lasciar cadere qualche frutto e in quest’ ora post prandiale è semideserta . Giunti a Sivizzano abbiamo dovuto proseguire almeno per un paio di chilometri prima di trovare la chiesa di Santa Margherita . Ad accoglierci c’ era la Sig. Enrica che ci ha condotto in uno stanzone con il soffitto a botte e in pietra e 2 file di letti paralleli , dove erano già alloggiati due pellegrini svizzeri , l’ uno partito da Losanna, l’ altro da Fidenza perché il tratto precedente lo aveva già percorso l’ anno scorso. Doccia e oggi niente bucato perché da domani si ritorna all’ amata lavatrice ; ci siamo rilassati nel giardino fiorito della canonica ed abbiamo fatto quattro passi tra le quattro case del paese , dove nel piccolo parco giochi si arrampicavano alcuni bambini di origine indiana sotto lo sguardo vigile delle loro madri. Abbiamo cercato una possibile soluzione per il rientro di domani , perché, pare che la stazione di Berceto disti 8 km dal paese e noi dovremmo prendere il treno alle 15.30. Per la prima volta in 15 giorni abbiamo dovuto cucinare, se così si può dire , ma è comunque stato bello mangiare sotto il porticato condividendo il tavolo con gli altri 2 pellegrini che si sono sfamati con una scatoletta di tonno e una crosta di formaggio. Con la Signora Enrica abbiamo condiviso le nostre opinioni sulla Via Francigena, sulle accoglienze e sulle problematiche riscontrate

in questo tragitto che è sicuramente il meno frequentato . Abbiamo riordinato la cucina e appena calata la notte ci siamo rintanati nei nostri sacchi a pelo perché la tappa di domani sarà tostissima. (2,50 € colazione, 8 € pranzo, 12,50 € ostello, 5 € cena)

LUNEDI’ 22/09/2014 SIVIZZANO – BERCETO (23 KM/ 6,30 ore di cammino ) Alle 6 ci ha svegliato il rintocco delle campane , abbiamo fatto lo zaino più velocemente possibile, abbiamo bevuto un tè al volo e ci siamo riversati in strada che stava cominciando ad albeggiare. Siamo partiti silenziosi e tesi per paura che qualche intoppo ci impedisse di prendere il treno che ci avrebbe riportato a casa, visto che sia Giò che Claudio domani avranno impegni presi da tempo. Oltrepassato il nucleo abitato, abbiamo guadato un fiumiciattolo e ci siamo inoltrati nella campagna calpestando erba bagnata di rugiada e dove un capriolo solitario saltellava. Samuel, uno dei due svizzeri, ci tallona a distanza; l’ altro, Martin, non l’ abbiamo più visto malgrado avesse asserito che le salite per uno svizzero sono uno scherzo. Abbiamo guadato altri due torrentelli e percorso una statale serpeggiante in salita fino alla Pieve di Bordone , una splendida costruzione romanica , il cui possente campanile svetta su un piccolo raggruppamento di case in pietra.

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Lasciato l’ abitato la strada si snoda tra pascoli cosparsi da enormi rotoballe di fieno ancora lì a seccare; sul ciglio della strada sono posti piccoli pilastrini in cemento con al centro una formella in terracotta con l’ immagine del pellegrino , molti dei quali, però, sono stati privati della formella , purtroppo! Arrivati a Terenzo, piccolo paese di montagna , il tracciato devia in salita nel bosco il cui suolo coperto di fango rende sdrucciolevole la salita. Si alternano ripide salite seguite da altrettante ripide .discese fino ad attraversare una spettacolare pineta che ci porta a Cassio. Anche Cassio è un tipico borgo di montagna con le case basse , i gerani alle finestre e al centro una chiesa romanica. Dopo 12 chilometri di marcia serrata e un solo centro abitato ci siamo fermati nel bar del paese per un caffè e mezza brioches perché alle 11 ne erano rimaste solo 2 . Siamo transitati di fronte all’ ostello che è stato costruito all’ interno di una casa cantoniera ; la custode gentilmente ci ha fatto entrare e ci ha mostrato una cucina attrezzata e fornitissima di ogni ben di Dio e gli ospiti possono accedere alla dispensa , il tutto facendo un’ offerta . Apposto il timbro abbiamo proseguito ; oggi la giornata è splendida , il sole splende in un cielo terso di montagna e ci regala scorci veramente ameni . A Castellonchio, un selciato attraversa una manciata di abitazioni e qui si trova una trattoria sul cui muro di cinta è disegnata con i mattoni la sagoma del pellegrino. E’ bello trovare sul cammino i simboli di questo pellegrinaggio tanto celebre nelle epoche passate ora quasi dimenticato; mancano solo 5 km a Berceto e avremmo fatto volentieri una pausa ma non avendo certezze per il rientro abbiamo preferito proseguire. Poco oltre, giungiamo attraversando verdi prati nel punto più alto della tappa odierna: Monte Marino che ci regala una splendida vista sui colli circostanti; ancora saliscendi, steccati da scavalcare e dall’ alto ci appare Berceto.

Attraverso strade deserte arriviamo alle 13.30 sulla piazza dove si affaccia l’ imponente mole del Duomo di San Moderano , e ci siamo subito attivati per trovare un passaggio fino alla stazione;abbiamo chiesto ad un passante che ci ha demandato subito al responsabile dell’ ufficio turistico che stava transitando per la piazza. Egli ci ha dato il numero di un taxi-bus che alle 14.30 è venuto a prenderci proprio in piazza del Duomo. Visto che probabilmente questa sera non avremo il tempo di cenare e che il tempo a nostra disposizione è pochissimo, ci siamo fermati al “Leone Rampante” , unico bar – ristorante sulla piazza , che si è rivelata la peggior truffa dell’ intero cammino : 18 € una porzione minima di tortelli al tartufo, 10 € maccheroni cacio e pepe e, udite udite 10 € un’ insalata verde, il tutto senza una lista prezzi ,che avevamo preventivamente chiesto . Il pullmino è arrivato puntualissimo e il conducente per il medesimo prezzo di 3,50 € , ci ha portato alla stazione di Borgotaro ,facendoci risparmiare sul biglietto del treno. Da Borgotaro siamo arrivati a Pontremoli, meta prefissata se non fosse occorso l’incidente di Claudio; qui abbiamo atteso quasi un’ ora poi abbiamo preso il treno per La Spezia , quasi al volo, In due ore o poco più siamo arrivati a Savona , verso le 20.30 in tempo perché Claudio ed Emilia prendessero il treno per Fossano delle 21.15 , dove Arianna andrà a prenderli. ….. E per quest’ anno il nostro cammino finisce qui , anche se la voglia di continuare sarebbe stata tanta, il prossimo anno, se tutto andrà bene ripartiremo da Berceto per arrivare a Roma,finalmente !

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CONCLUSIONI Sintetizzo gli eventi per noi degni “di nota”, ovvero i tratti in cui abbiamo trovato difficoltà o i luoghi in cui siamo stati accolti particolarmente bene…

1) In prossimità di Chambave ci sono 2 indicazioni contrapposte, una indica di proseguire diritto verso sinistra , l’ altra indica la discesa verso l’ abitato di Chambave; trascurate quest’ ultima perché proseguendo per la ciclabile, le indicazioni scompaiono .

2) Uscendo dal paese di Arnad si costeggia un campetto da calcio , prestate attenzione perché la segnaletica manca o è poco visibile

3) Consigliamo assolutamente l’ ostello “casa Ciuca” di Bard perché è un’ ottima sistemazione a prezzi popolari .

4) Un grazie e infiniti complimenti all’ “Associazione Amici della Via Francigena” di Ivrea, che accolgono , coccolano i pellegrini e danno loro aiuto illimitato .

5) Evitate di fermarvi nella trattoria sulla piazza di Piverone, i prezzi sono esorbitanti, non lasciatevi incantare dal menù proposto in lavagna !

6) Una sosta al “B&B Villa Emilia” di Roppolo vale assolutamente la pena, così la cena presso il ristorante “Tarello”

7) Dopo San Germano Vercellese , in prossimità del cascinale “La Casona” il sentiero si divide in 3: costeggiate l’ edificio sulla sinistra e svoltate poi a destra , qua le indicazioni sono nuovamente chiare

8) Bellissimo, accogliente l’ ostello di Palestro, i gestori gentilissimi, da preferire a quello di Vercelli

9) Nella campagna tra Remondò e Tromello , ad un bivio di sentieri erbosi , in mancanza di indicazioni, svoltare a sinistra in direzione delle antenne.

10) Dopo l’ abitato di Torre de’ Negri ci sono 2 indicazioni contrastanti, l’ una

indica una strada bianca a sinistra , l’ altra prosegue sull’ asfalto verso destra , la strada giusta è quella sull’ asfalto indicata con la freccia marrone.

11) Lasciata S. Cristina , dopo essere passati sotto il viadotto dell’ autostrada c’ è un unico segnale sbiadito che sembra indichi un sentierino infestato da erbacce, la strada giusta è la grande strada bianca che costeggia la ferrovia, anche se bisogna scavalcare una sbarra su cui è apposto un divieto di accesso.

12) L’ ostello “Don Zermani” di Piacenza dista almeno un quarto d’ ora di autobus dal centro cittadino e, tenete presente , che il servizio autobus è solo fino alle 21.30 , quindi ,visto il prezzo forse sarebbe utile cercare un’ altra sistemazione .

13) A Montale , nelle vicinanze della Chiesa di san Pietro, dovrebbe esserci a sinistra una deviazione dalla Via Emilia : noi non lo abbiamo visto !

14) Non abbiamo trovato indicazioni tra le vie di Fiorenzuola , andate verso la stazione ferroviaria, passate sotto un sottopassaggio lì di fianco , arrivate in prossimità del cimitero e poi le indicazioni ricompaiono facendovi svoltare su una strada poco frequentata a destra.

15) L’ ostello “Casa Francescana di Betania”, benché valga assolutamente una visita per l’ accoglienza data dai religiosi ai pellegrini , dista dal paese almeno 6 chilometri, tenetene conto quando organizzate le tappe .

16) Evitate di fermarvi presso il ristorante “Il Leone Rampante” di Berceto perché non ha una lista da consultare ed i prezzi sono da ristorante stellato senza averne la qualità .

17) E per finire un grazie di cuore a tutti i religiosi che aprono le porte delle loro case ai pellegrini : GRAZIE FRA’ MARCELLO, GRAZIE DON NUNZIO, GRAZIE DON NANDO, GRAZIE SUORAGOSTINA , GRAZIE DON ANDREA E GRAZIE A TUTTI I FRATELLI DELLA

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CASA FRANCESCANA DI BETANIA

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