viaggio in africa

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a cura di Mariastella Margozzi Viaggio in Africa Dipinti e sculture delle collezioni del Museo africano Roma, [1999] Descrizione fisica: 142 p. : ill. ; 30 cm Lingua: italiano Note: Catalogo della Mostra tenuta a Roma nel 1999 ISBN: 9788863232738

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Viaggio in AfricaDipinti e sculture delle collezioni del Museo Africano

a cura di Mariastella Margozzi

IsIAOIstituto Italiano per l'Africa e l'Oriente

Page 3: Viaggio in Africa

Con questa mostra di dipinti e sculture di artisti italiani che tra

la fine dell'Ottocento e i primi decenni del nostro secolo

rappresentano paesaggi, architetture, personaggi e scene di

vita africana, l'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente intende av­

viare la riscoperta delle collezioni del Museo Africano di Roma, un

patrimonio artistico e storico che non appartiene solo all'Italia ma

anche a Paesi africani amici e che rischia di essere dimenticato.

L'iniziativa è frutto della collaborazione tra l'IsIAO e la Galleria Na­

zionale d'Arte Moderna, grazie alla quale si è realizzata una campa­

gna fotografica e di catalogazione e si è avviato un programma di re­

stauro della raccolta di oltre 800 opere di pittura, scultura e grafica di

autori europei - per la massima parte italiani - conservata nel Museo.

I risultati di questo lavoro appariranno in un repertorio di prossima

pubblicazione.

È così nato un progetto espositivo che, se da un lato si propone di

rendere nuovamente fruibile dal pubblico una selezione di opere che

testimoniano una nostra significativa presenza artistica in Africa,

dall' altro intende attirare l'attenzione delle istituzioni competenti su­

gli interventi necessari alla tutela e alla conservazione delle varie

componenti artistiche, storiche e documentarie presenti nelle colle­

zioni del Museo, dalla fototeca alla cartoteca, dall' archivio storico

agli oggetti di interesse etnografico.

Si tratta dunque del primo passo di un percorso diretto alla valoriz­

zazione di questo patrimonio nella sua globalità~ ci auguriamo che il

supporto di istituzioni culturali pubbliche e private ci consenta di

portarne a compimento le tappe successive poiché, senza un tempe­

stiva e adeguato intervento che doti l'Istituto delle necessarie risorse

finanziarie e logistiche, la fruibilità e la stessa conservazione delle

collezioni potrebbero essere seriamente compromesse.

A quanti hanno reso possibile la realizzazione di questa mostra, e in

particolare alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna, rivolgiamo il

nostro più vivo ringraziamento.

Gherardo Gnoli

Presidente dell'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente

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SOMMARIO

VIAGGIO IN AFRICA.

ApPUNTI PER UNA LETTURA STORICO-CRITICA DELL' ARTE COLONIALE ITALIANA

Mariastella Margozzi

IL MUSEO AFRICANO. IpOTESI PER UN MUSEO STORICO COLONIALE

Alessandra Cardelli Antinori

NOTE SUL RESTAURO CONSERVATIVO DELLE OPERE

Mariastella Margozzi e Piera Ferrazzi

CATALOGO DELLE OPERE

BIOGRAFIE DEGLI ARTISTI

BIBLIOGRAFIA

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25

31

129

139

Page 5: Viaggio in Africa

IL MUSEO AFRICANO.

IpOTESI PER UN MUSEO STORICO COLONIALE

Alessandra Cardelli Antinori

21

Le prime collezioni del Museo Africano

erano in gran parte costituite dai materiali

della Mostra Coloniale di Genova del

1914, materiali raccolti appositamente per la mo­

stra dai governi delle quattro colonie di Tripolita­

nia, Cirenaica, Eritrea e Somalia. Fu proprio il

successo della mostra genovese a suggerire l'idea

di prolungare l'azione di propaganda coloniale

creando un Museo permanente che potesse essere

allo stesso tempo un punto di riferimento per ogni

ulteriore raccolta e un punto di partenza per una

serie di azioni di propaganda nelle città italiane. Il

Museo fu inaugurato a Roma nel 1923 a palazzo

della Consulta. Primo direttore fu Umberto Gi­

glio, che aveva curato le collezioni fin dal 1915 e

che fu responsabile del successivo importante ac­

crescimento culminato nel definitivo allestimento

del 1935. La nuova esposizione, inaugurata da

Mussolini, occupava l'intero edificio di via Aldro­

vandi (dove a tutt' oggi sono conservate le colle­

zioni); trentasei sale erano disposte su tre piani: al

piano terra la sezione storica, militare e etnografi­

ca, al primo piano la sezione economica, al terzo

piano quella artistica. La superficie espositiva ri­

sultava quasi triplicata rispetto a quella del Museo

di palazzo della Consulta.

Seguono dal 1935 al '40 pochi anni di relativo

splendore. In questo periodo tutti i documenti pro­

venienti dall' Africa vengono concentrati nel Mu­

seo, nella prospettiva anche di una redistribuzione

ad altri musei minori sul territorio nazionale. A se­

guito della campagna di Etiopia è infatti il Museo,

in quanto afferente al Ministero delle Colonie, ad

accogliere i cimeli della guerra italo-abissina; qui

essi vengono smistati, ordinati e esposti nelle sale

della sezione storico-militare. Quando poi, nel

1937, il Ministero delle Colonie cambia il suo no­

me in Ministero dell' Africa Italiana, anche il Mu­

seo Coloniale, posto alle dipendenze dell'Ufficio

studi del Ministero stesso, cambia per regio decre­

to in Museo dell' Africa Italiana e riceve conte­

stualmente un nuovo regolamento.

A causa degli eventi bellici il Museo viene chiuso

fino a nuovo inventario. Una prima parziale ria­

pertura si ha nel 1947, ma il processo involutivo

sembra ormai inesorabilmente innescato.

In seguito alla soppressione, nel 1953, del Mini­

stero per l'Africa Italiana, "gli oggetti e frammen­

ti di oggetti costituenti le raccolte del museo colo­

niale" sono affidati l all'Istituto italiano per l'Afri­

ca2, erede delle competenze in materia scientifica

e culturale del soppresso Ministero. L'Istituto cer­

cava ora nuovi obiettivi in quelli della difesa degli

interessi del popolo italiano in Africa e della pro­

mozione degli studi e ricerche relativi al continen­

te africano. Diversa è la sorte del Museo che, una

volta cessata la sua funzione di produttore di im­

magini, miti e emozioni, non avendo più né titolo

né strumenti per intraprendere un' altra strada, so­

pravvive attendendo una fine.

La definitiva chiusura al pubblico avviene nei pri­

mi anni Settanta. Ma anche dopo la chiusura, il

Museo rimane una presenza ingombrante. E non

soltanto per la memoria storica, ché questa prov­

vede presto a circoscrivere certi settori in via di ci­

catrizzazione; ma, piuttosto, perché un Museo, an­

corché chiuso al pubblico, richiede spazio, perso­

nale e fondi; tutti mezzi strumentali di cui l'Istitu­

to italiano per l'Africa - divenuto nel frattempo

Istituto Italo-Africano - non disponeva. Né è pos­

sibile, per quei tempi, porsi il problema di richie­

dere tali strumenti. Per due ordini di motivi. Da un

lato perché si era in quegli anni ancora lontani dal­

l'immaginare la grande macchina della conserva-~,

zione museale che si è imposta in Italia soltanto

alla fine degli anni Ottanta; dall'altro perché la

stessa domanda culturale del pubblico si rivolgeva

adesso ad altri poli di interesse.

È così che a partire dagli anni 1971-72 tutte le ar­

mi da fuoco furono in fasi successive depositate

presso numerosi musei militari, i musei della Fan­

teria, del Genio, della Cavalleria. Complice la fa­

mosa "rimozione della memoria", si smilitarizza

la collezione. E si smobilitano le sale: essendo lo

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stabile di proprietà del Comune di Roma, buona

parte della superficie espositiva viene poco a poco

riassorbita dal limitrofo Museo civico di zoologia

e da altre strutture comunali. Lecollezioni vengo­

no quindi ridotte in due grandi ambienti (due sol­

tanto, delle trentasei sale originarie del Museo) e

accatastate in condizioni di conservazione estre­

mamente precarie.

Le sorti dell'Istituto Italo-Africano e del Museo

vanno ormai in direzioni differenti. Negli anni

Ottanta gli obiettivi dell'Istituto sono decisamen­

te orientati verso il futuro_ del continente africano

attraverso gli interventi di cooperazione interna­

zionale. Le condizioni di conservazione del Mu­

seo vanno invece lentamente peggiorando; anche

se, a cura dell'Istituto stesso, si riesce ad assicu­

rare almeno il fondamentale aspetto della tutela,

quello documentale. Si provvede al riordino del­

l'archivio storico e della cartoteca, alla pubblica­

zione dei relativi cataloghi3, al riscontro inventa­

riale degli oggetti. Si avvia anche la ricognizione

della raccolta di-fotografie storiche nella quale è

confluito, oltre all' archivio fotografico dell'Isti­

tuto, materiale della fototeca coloniale4, e, nel

settembre 1992, l'Istituto Italo-Africano ospita un

convegno internazionale dal titolo "Fotografia e

storia dell' Africa" organizzato congiuntamente

all'Istituto Universitario Orientale di Napoli e al­

l'INALCO di Parigi5.

È del 1995 la legge che sancisce la fusione dell'I­

stituto Italo-Africano e dell'IsMEO nel nuovo

Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente, l'IsIAO,

che eredita dall'Italo-Africano la responsabilità

sul patrimonio museale. Nel 1996 la collezione

degli "orientalisti" è schedata e fotografata a cura

della Galleria Nazionale di Arte Moderna e si pro­

cede alla selezione delle opere da restaurare per la

presente mostra.

Quanto resta ancora oggi delle collezioni del Mu­

seo Africano6 costituisce un patrimonio storico

unico in Italia, articolato in varie classi di mate­

riali, afferenti a varie discipline, ma riunite tutte

dal comune denominatore della storia della colo­

nizzazione italiana. L'insieme delle collezioni è in

Una delle sale del Museo Coloniale (1935 circa)

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grado di illustrare la cultura coloniale italiana a dipinti etiopici del Museo Africano, unica in Ita-

cavallo delle due guerre mondiali, sottolineando lia, ci restituisce oggi l'occhio del colonizzato da

in particolare quegli aspetti dell' Africa che più in- affiancarsi a quello del colonizzatore. Si tratta di

teressavano l'Europa e l'Italia. Molti sono i temi una produzione che si è sviluppata a partire dagli

che consentono di aggregare e classificare le col- anni 1880, innestandosi in una antica tradizione

lezioni in un certo numero di insiemi omogenei. A religiosa per evolvere verso un linguaggio da can-

cominciare proprio dalla collezione di opere di ar- tastorie che raffigura eventi e personaggi relativi

tisti italiani in colonia, il cui intrinseco interesse alla presenza italiana in Etiopia7. Quegli stessi

storico-artistico trae una ulteriore forza espressiva personaggi li troviamo nella fototeca del Museo,

dal riscontro con la storia dell' esperienza colonia- che conserva oltre 100.000 tra stampe fotografi-

le italiana. A questo nucleo, oggetto della presen- che e lastre. Si tratta di un materiale quasi total-

te mostra, è possibile affiancare altri complessi di mente inedito, affiorato in seguito al sopravvenu-

oggetti per progettare oggi un nuovo Museo stori- to grande interesse da parte degli storici dell' A-

co il cui percorso espositivo si articoli su quei te- frica per i fondi fotografici africanistici. L'Etio-

mi, o spunti di riflessione, che le risorse stesse del- pia, l'Eritrea, la Libia e la Somalia vi sono rap-

la collezione possono indicare. presentate, fin dai primissimi anni di presenza ita-

Sarebbe un museo del museo. Non nel senso di liana, attraverso preziose immagini che ci parlano

una ricostruzione fedele~ anche perché molti degli di luoghi e di usi oggi scomparsi o radicalmente

oggetti, come per esempio le bandiere, le uniformi trasformati. Ma quello della fotografia è un lin-

e i cannoni - elementi del linguaggio visivo della guaggio che va anch' esso criticamente analizza-

propaganda coloniale - non ci sono più. Musea- to. Una nuova lettura delle immagini da presenta-

lizzare un museo è un modo tutto particolare di re al pubblico deve tenere conto dell' elemento

realizzare una operazione di critica storica. Gli og- soggettivo e storicamente condizionato che è in-

getti antichi, reperti di un' epoca conclusa, assu- sito in qualunque immagine fotografica, segna-

mono oggi una valenza nuova se si è in grado di lando gli schemi culturali dell' epoca, additando

corredarli di nuova lettura. Megalito (Etiopia centro-meridionale) gli stereotipi, denunciando

Per le collezioni che qui ci la propaganda e la manipola-

interessano è decisamente zione della informazione.

possibile operare una deco­

struzione, scomponendole

nei singoli elementi per met­

tere a nudo il meccanismo

che è dietro alla costruzione

delle immagini più tipica­

mente legate alla propagan­

da. Un nuovo museo dovreb­

be quindi essere in grado di

esibire gli stessi oggetti di un

tempo, mostrandoceli per ciò

che essi rappresentano oggi

alla luce della critica storica.

Così la preziosa raccolta di

Tutto quanto il Museo colo­

niale presentava come "ci­

meli degli esploratori" - tac­

cuini di appunti, schizzi di

terreno, relazioni di viaggio,

equipaggiamento e strumen­

tazione in dotazione della

spedizione - potrebbe essere

adesso selezionato e filtrato

per smontare un certo tipo di

retorica, cogliendola sul fatto

mentre fabbrica lo stereotipo

dell' esploratore~ per mostra­

re quanto numerosi e diversi

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fossero in realtà i percorsi biografici e quale plu­

ralità di motivazioni ci fosse dietro le scelte dei fa-

mosi "pionieri" ed "eroi". Vi sono poi i materiali

cosiddetti di interesse etnografico, che ci consen­

tono anch' essi di mostrare il punto di vista del co­

lonizzatore. Identificando i criteri a suo tempo

usati per costituire le raccolte, è possibile spiega­

re quali interessi e quale sguardo culturalmente

condizionato siano rispecchiati in un preciso tipo

di selezione. Si possono segnalare le presenze e le

assenze di certe categorie di oggetti, spiegando

anche perché, nell' intenzione originaria, la cultura

africana doveva essere rappresentata soltanto da

armi, selle, costumi, ceramiche, cesti, oggetti in

legno, ornamenti, strumenti musicali, ecc.

Un corpus staccato, ma annesso al Museo Africa­

no era la cosiddetta Mostra campionaria, che do­

veva funzionare da serbatoio per mostre di propa­

ganda sulla ricchezza appunto della colonia. È una

ricca e completa raccolta di campioni merceologi­

ci e di materie prime - pellami, sementi, essenze

di legno, minerali, accanto a bottoni di madreper­

la, guanti, oggetti in cuoio e ogni altro prodotto

dell' industria coloniale - che, conservata ancora

quasi integralmente, può oggi documentare per

noi il tipo di prospezione delle risorse del territo­

rio a fini commerciali.

Molte delle collezioni riflettono anche in qualche

modo qualcuno dei settori della ricerca condotta in

colonia. La ricerca geografica e la prospezione

cartografica sono ampiamente documentate nella

cartoteca dell'Istituto che, ereditata dal servizio

l. "attribuiti in amministrazione e deposito con i vincoli inerenti aregime di demanio pubblico" (legge 15 marzo 1956, n. 154, art. 7,comma 2).

2. Già Istituto coloniale fascista dal 1928 e poi Istituto fascistadell' Africa italiana dal 1937. Per le vicende dell'Istituto vediCarla Ghezzi, Fonti di documentazione e di ricerca per laconoscenza dell'Africa: dall'Istituto coloniale italiano all'Istitutoitalo-africano, in "Studi Piacentini", 7, 1990, pp. 167-192.

3. Vedi Cesira Filesi, L'Archivio del Museo Africano in Roma, Roma,IlA, 1980, pp. 156 e Claudio Cerreti, La raccolta cartograficadell'lstituto Italo-Africano, Roma, IlA, 1987.

4. Silvana Palma, Lafototeca dell'Istituto Italo-Africano. Appunti diun lavoro di riordino, in "Africa", XLIV, 4, 1989, pp. 595-609.

cartografico del Ministero dell' Africa Italiana, co­

stituisce probabilmente un unicunl in Italia in

quanto offre la completa copertura cronologica

della produzione cartografica dell'Eritrea, Etiopia,

Somalia e Libia. I materiali di interesse archeolo­

gico - pochi reperti da Adulis e Germa, plastici e

ricostruzioni in scala dei siti di Sabratah e di Lep­

tis Magna - rimandano sicuramente ad una docu­

mentazione pubblicata e ad altri materiali conser­

vati altrove. Per l'antropologia fisica abbiamo una

serie di calchi antropometrici realizzati da Lidio

Cipriani. E si potrebbe continuare così, anche con

alcune curiosità d'epoca come la mobilia realizza­

ta in Somalia per le dimore degli ufficiali italiani,

o le maquettes di alcuni importanti edifici colo­

niali oggi distrutti.

In favore di una rilettura dei musei coloniali si era­

no espressi nel 1991 alcuni studiosi italiani, a con­

clusione di un convegno sugli studi coloniali tenu­

tosi presso il Museo della guerra di Rovereto8.

L'auspicio era appunto quello che dall'analisi cri­

tica dei musei coloniali esistenti si potesse giun­

gere alla "creazione di un museo coloniale che sia

contemporaneamente scientifico e didattico"g. La

realizzazione di un tale museo appare una ipotesi

di difficile attuazione, almeno nell'immediato.

Ma, poiché essa non può essere del tutto esclusa

per il futuro, occorre fare oggi tutto ciò che è pos­

sibile per curare quanto resta della collezione e

della documentazione ad essa collegata, mettendo

l'Istituto in grado di proteggerle dalla dissoluzio­

ne fisica che le minaccia.

5. Gli atti del convegno sono pubblicati in Alessandro Triulzi (a curadi), Fotografia e storia dell'Africa, Napoli, IDa, 1995.

6. In base al riscontro inventariale del 1988 sarebbero oltre 10.200pezzi. Dal 1997 si sta procedendo ad un nuovo riscontro.

7. La raccolta è pubblicata in Antonio Enrico Leva (a cura di),Pittura etiopica tradizionale, Torino, Museo nazionale dellamontagna "Duca degli Abruzzi", 1986; vedi anche Pitturaetiopica tradizionale con Avvertenza, Nota introduttiva eAppendice di Lanfranco Ricci, Roma, IlA, 1989.

8. Nicola Labanca (a cura di), L'Africa in vetrina. Storie di musei edi esposizioni coloniali, Treviso, ed. Pagus, 1992.

9. Giorgio Rochat, II colonialismo italiano, in N. Labanca, cit., p. 15.

Page 9: Viaggio in Africa

ELIO RANDAZZO(prima metà sec. XX)

Paesaggio libico, 1934Olio su tela di juta, cm 99,5x72,5

Inv. nn. 10380 (1964), 8562 (1987)AF ICCD, nego n. 19345

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Page 10: Viaggio in Africa

MAURIZIO RAVA(Milano 1878 - Roma 1941)

Mercato indigeno di Asmara, 1925-1930Olio su tela, cm 130x201,5

Inv. nn. 3950 (1938), 4766 (1964), 2031 (1987)AF ICCD, nego n. 19297

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Page 11: Viaggio in Africa

MARIO RIDOLA(Napoli 1890 - Notizie fino al 1970)

La fanciulla di Cirene, 1924Olio su tela, cm l04x142

Inv. nn. 7165 (1938), 10156 (1964), 8748 (1987)AF ISIAO, nego n. 03

pubblicato in C. Delvecchio, 1993, pp. 78 (ripr.) e 79e in R. Bossaglia (a cura di), 1998, p. 269 n. 178 e p. 316

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Page 12: Viaggio in Africa

SALVATORE VALERI(Nettuno, Roma, 1856-1946)

Carovana libica, 1906Olio su tela, cm 156,5x253

Inv. nn. 7699 (1938), 10221 (1964), 1430 (1987)AF ISIAO, nego n. 04

pubblicato in C. Delvecchio 1993, pp. 78 (ripr.) e 79,in R. Bossaglia (a cura di), 1998, p. 219 n. 136 e p. 248e in M.A. Fusco, 1998, tav. 60

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Page 13: Viaggio in Africa

MARIO MONTEMURRO(prima metà sec. XX)

Testa di donna Cercer, 1937Bronzo, cm 22,5x17,5x14,5

Inv. nn. 12526 (1938), 10650 (1964), 613 (1987)AF GNAM, nego n. E 8887

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