vita a marano

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A mother's tale of her childhood before WWII in the country near Bologna, Italy; a description of peasant's life in a world that no longer exists.

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Il bucato della mia infanzia

Prima di tutto bisogna dire che a quei tempi il bucato si faceva una volta al mese quindi oltre alle lenzuola federe c'erano gli asciugamani gli asciugapiatti insomma tutto quello che avevano. Per fare il bucato avevano un grande recipiente fatto di legno una specie dei tini che si metteva a bollire l'uva, per pi largo e pi basso, ma non tanto che in dialetto bolognese lo chiamavamo (mastlon) che vuole dire mastellone, quando sistemavano questo mastellone sotto gli mettevano un grosso trepiedi di legno molto robusto perch il peso che doveva reggere era tanto, fatto questo lo riempivano di tutta la biancheria tutta sistemata bene e poi veniva coperto con un grande lenzuolo di canapa molto fitto e questo lenzuolo in dialetto si chiamava al (zindrandal) che significava che ci mettevano la cenere, che precedentemente veniva fatta imbiancare quando il fuoco era spento e la piastra era bollente pure la cenere la mettevano nel mezzo e diventava quasi bianca. Allora torniamo al zindrandal che lo mettevano in modo che rimanesse fuori dal bordo del mastlon e nel mezzo faceva un po' di conca che l mettevano la cenere la quantit che bastava, intanto facevano bollire l'acqua sul fuoco con un grande paiolo che in dialetto era (un gran parol d'aqua) quando questo paiolo bolliva allora con un mestolo grande che aveva un manico lungo, in dialetto si chiamava (al misclon) lo versavano sulla cenere che andava gi piano e diventava (als) che voleva dire lisciva e finita questa cosa coprivano la cenere con il (zindrandal) e delle assi perch rimanesse caldo.

La mattina seguente due donne si preparavano per lavare, munendosi di uno sgabello sotto ai piedi se no non arrivavano e brusca, sapone a volte era sapone fatto in casa e poi finito di lavare che tutta questa roba la deponevano sopra una panca, prima toglievano la lisciva sporca con un secchio da un tappo che in dialetto chiamavano (biron), vuotato il mastellone tornavano a commporre la biancheria e a mettere il zindrandal sopra al mastellone e la cenere ancora, bollire il paiolo d'acqua e metterla sopra alla cenere poi coprire, il mattino seguente la stessa cosa del giorno prima. Rimaneva il risciacquo che d'estate si andava nel macero in dialetto al (masadur) con tutti gli attrezzi si caricava tutto sulle carriole e le lenzuola quando si immergevano nell'acqua dopo si sbattevano in due sulla panca e la roba pi piccola, si risciacquava sul (mastlon) poi avevano delle corde grosse di canapa e tiravano dalla casella fino alla casa e stendevano tutto. (fine)

devo aggiungere che il luned di tutta la settimana lavavano in un mastello pi piccolo i vestiti che ci cambiavamo alla domenica quando ci facevamo il bagno in una catinella grande, d'inverno nella stalla perch l era caldo, d'estate nella stanza da letto, ma si lavava sempre con la cenere.

La casa di via del Frullo a Marano

Devo dire che dalla strada principale di via del Frullo si entrava in uno stradello che all'inizio c'erano due pilastri uno a destra e uno a sinistra forse un tempo c'era un cancello, lo stradello era abbastanza lungo prima di arrivare alla nostra casa che bisogna dirlo era molto bella anche se mal tenuta. Ora parlo della composizione della casa, che era composta del piano terra e quello del primo piano, cominciamo dal piano terra.

La porta principale era a sud, come si entrava c'era una bella loggia, in dialetto (loza) che a sinistra c'era una bella stanza, a destra una cucina grande con un grande focolare la catena per attaccare la calderina che in dialetto si diceva (al caldaren)e qualche volta un paiolino le padelle per friggere perch si faceva tutto sul fuoco mi sono dimenticata che vicino al focolare c'era (al canton) degli stecchi (i bachett o stecch).

Poi vicino al vano secchiaio in dialetto (stier) l c'era una costruzione in pietra alta come la stufa poi sotto aveva uno spazio vuoto per metterci qualche cosa con una tendina per coprire, sopra aveva due buchi uno a destra e uno a sinistra con sopra una graticola di ferro quelli li usavano alla sera per bollire il latte oppure quando arrivavano dei parenti arrostivano o galline o anatra quello che avevano, io non ho detto che li scaldavano a carbonella. Entriamo nel vano secchiaio, a destra il secchiaio per lavare i piatti e tegami aveva due posti per lavare i piatti era grande e bello fatto di sassolini colorati che sembrava marmo ma non lo era era solido non si sbucciava, a sinistra c'era un piccolo vano che la nonna ci metteva i cestini con le uova sopra un rialzo che gli uomini avevano fatto con delle pietre e delle assi lunghe.

Vicino all'uscio c'era un bel vano dove mettevano la cenere bianca per i bucati.

Nel mezzo a questi vani c'era una colonna e il muro che divideva i vani, l c'era un bellissimo mobiletto che veniva riempito di sale grosso e fino aveva il divisorio, vi racconto come era quel mobiletto, si attaccava al muro era fatto da un bravo falegname tutto con lavorazioni a mano purtroppo l'avranno buttato.

Andando dritto per la loggia a sinistra c'era una bella stanza che veniva adibita con un po' di tutto, a destra iniziavano le scale in fondo si andava gi quattro o cinque bei gradini e l c'era una bellissima e freschissima cantina.

Ora saliamo le scale, fatto la prima rampa c'era una finestra e sotto alla finestra la nonna aveva messo una cassapanca e l ci metteva della biancheria, poi si saliva la seconda rampa e si entrava in una loggia grande come quella sotto. Iniziamo a spiegare come erano disposte le stanze cominciando da sud.

A sinistra si entrava nella stanza dei miei genitori, a destra in quella degli zii, pi avanti c'era la stanza dei nonni, e ancora pi avanti a sinistra era la nostra stanza, cio io e le mie sorelle e mia cugina, quasi parallela si entrava in un grande granaio che poi ci mettevano il frumento, poi appena entrati dall'uscio a destra c'era un ripostiglio che adibivano con i preti e le suore gli attrezzi per riscaldare i letti in inverno. A sud della loggia era illuminata da una finestra mi ero dimenticata che poi nella loggia dormivano i maschi.

La stalla

Adesso andiamo verso la stalla dobbiamo attraversare lo stradello che poi quello prosegue fino alla strada per Marano, quando abbiamo attraversato lo stradello facciamo ancora circa dieci metri e l c' la stalla grande molto bella di costruzione meno vecchia della casa.

La stalla aveva un bel portico largo e lungo fino, all'entrata della stalla, tornando all'inizio del portico l c'era un gran camerone in dialetto (camaron) che sistemavano tutti gli attrezzi dell'agricoltura, poi sempre in quel fabbricato qualche passo pi avanti sotto a quel portico si entra nella stalla che era molto grande e bella aveva due file di poste per le mucche che ci stavano due mucche ogni posta, cos si chiamava dove ci stavano le mucche e l davanti c'era la mangiatoia e c'erano le catene per allacciare le mucche, e poi ci mettevano la paglia sotto cos riposavano meglio, in fondo a questo corridoio c'era un usciolo non grande come all'entrata, perch fuori da quell'uscio mettevano fuori il letame quando pulivano due volte al giorno il (suicher)adesso spiego come era fatto, allora le poste delle mucche che ho parlato prima erano un po' pi alte del pavimento, questo (suicher) era pi basso delle poste che ci stavano le mucche e poi era fatto un po' a conca, cos quando le mucche facevano i bisogni rimanevano l dentro e non sporcava lo spazio dove si camminava.

Vicino all'entrata per andare nello stalletto che chiamavamo cos perch era pi piccolo della stalla, per arrivarci c'era un corridoio che poi l filavano la canapa le donne, le donne pi giovani avevano il filarino e la nonna aveva il fuso.

Poi era fatto come ho spiegato con le mucche l alloggiavano i vitellini e la cavalla.

Adesso andiamo su nella (tiz) o (casceina) per andare su fuori si andava con le scale di legno fatte dagli uomini e dentro di andava su dalla botola dove buttavano gi il fieno d'inverno con una specie di rampa di ferro attaccati al muro i ferri. Su nella cascina ci mettevano tutto il fieno secco d'estate, e veniva pieno zeppo che bisognava dire che era grandissima come tutto il fabbricato, quindi devo spiegare che nel soffitto della stalla c'erano dei ferri che attraversavano il soffitto ma murati larghi circa dieci centimetri e tutti che attraversavano il soffitto perch l d'inverno c'erano delle tonnellate di peso. Io non ho detto che di fuori nell'angolo della stalla di fianco era disposto anche un porcile dei maiali.

Il pozzo

Lontano circa venti o pi metri dalla stalla c'era il pozzo e (l'aib) ossia il recipiente che serviva da dare da bere alle mucche, era molto bello fatto tutto di sassi piccoli colorati e non diventava mai brutto, per prendere l'acqua dal pozzo le donne attaccavano un secchio alla catena che si agganciava con un mollettone e la catena veniva mandata in fondo e successivamente tirata su da una tirella.

Siccome lo zio faceva molta fatica a riempire (l'aib) con i secchi, allora studiarono di mettere di fianco una ruota attaccata alla colonna e poi aiutati da dei tubi a latta giravano questa ruota e cos riempivano questo recipiente con meno tempo e meno fatica, bisogna aggiungere che il pozzo era coperto sopra un po' in alto da un tetto e sopra a questo tetto venivano spontanee delle piante sembravano dei carciofi che noi dicevamo che servivano per fare guarire gli orecchioni.

Aggiungo che quell'acqua era buonissima frizzante e leggera.

Casella

Pi lontano qualche metro c'era la casella, era un edificio grande alto perch era tutto un piano, non era piano terra e primo piano, era tutto vuoto fino ai tetti, questo edificio serviva per metterci, prima il grano, poi quando era venuta la macchina a trebbiarlo mettevano la paglia per le mucche, poi quando veniva la macchina che lavorava la canapa mettevano gli stecchi che bruciavano nel fuoco tutto l'anno, infine quando veniva la macchina a sgranare il granoturco, l ci mettevano i (biroc) che servivano per scaldare i letti d'inverno.

Pollaio

Lontano circa venti metri dalla casa c'era un edificio che era diviso in diversi ruoli.

Allora a sud che significava dietro all'edificio avevano fatto il gabinetto era alla turca e poi sotto aveva un pozzetto, di fianco a est c'era un porcile con una scrofa, a nord c'era un altro porcile con maiali, poi l avevano lasciato uno spazio che si entrava e a destra sopra al porcile avevano messo dei trespoli che un po' di galline andavano a dormire, perch le altre andavano su un grande olmo, di fianco un po' alto c'era un grande forno a legna che mio padre ci cuoceva il pane, sotto vi era un bugigattolo che la nonna teneva i pulcini di giorno e di sera li prendeva in casa, perch i topi li avrebbero mangiati.

La mia famiglia

La mia famiglia era composta da diciassette persone, allora cominciamo con i due nonni i miei genitori, i miei due zii, io sono la pi piccola di un fratello e tre sorelle, i miei cugini erano cinque maschi e due femmine.

Le mansioni degli adulti

Cominciamo da mio padre a lui avevano affidato da dirigere i campi e poi era bravo a fare tante cose come cesti rastrelli e tante altre cose come cuocere il pane e altri lavori.

Allo zio avevano affidato le mucche e maiali naturalmente la pulizia della stalla a lui avevano dato queste mansioni (al bioich) il bifolco.

Ora parlo dei bei prati che avevamo intorno alla casa, alla stalla, e vicino al macero.

La dimensione del podere di Marano via Frullo n. 20

Il nostro podere era di ettari ottantacinque era disposto quasi tutto a est ma un po' era a sud e ancora un poco a ovest.

Il nostro podere era suddiviso in questo modo: c'erano dei campi pi grandi dove si seminavano le coltivazioni pi importanti, poi c'erano il fosso e un altro po' di terreno e di l da questo terreno c'era un altro fosso, in mezzo a questo piccolo terreno stretto e lungo avevano piantato alberi di diverse qualit e vicino a questi alberi mio padre aveva messo viti con uva di diverse qualit, i pezzi di terreno pi grandi in dialetto si chiamavano (canver) e quelli piccoli (rivel) e di qua e di l del campo coltivato c'erano le cavedagne che si doveva passare di l per arrivare con carri, birocci, carriole, con tutto quello che occorreva.

I fossi ogni anno venivano ripuliti con le vanghe e i badili perch l'acqua scorresse meglio e poi sotto le cavedagne ci mettevano come si chiamavano in dialetto (ciavg) che andava di l in quell'altro fosso e a quei tempi tutti i contadini facevano cos in questo modo l'acqua arrivava al fosso comunale che allora c'erano gli stradini che pulivano i fossi comunali e cos non venivano alluvioni.

Le coltivazioni

A quei tempi le coltivazioni venivano fatte in base alla qualit del terreno, dunque nelle zone di San Lazzaro, San Ruffillo, San Donato, tutti i contadini avevano il pozzo per irrigare i campi, e poi c'era la terra un po' pi sabbiosa allora l era una zona pi adatta per coltivare ortaggi, anche frumento, erba medica per le mucche. Invece nelle zone come dove noi abitavamo noi anche a Castenaso via via andando verso Granarolo, Minerbio e oltre la terra la chiamavamo grassa ossia non sabbiosa, cos era pi adatta ad altre coltivazioni, quindi cominciamo con la canapa, il frumento, le barbabietole, l'orzo, il frumentone, l'erba medica per le mucche. Per esempio noi mettevamo le fave, che io le mangiavo quando erano tenere, mi piacevano tanto.

In autunno si preparava la terra per la primavera. Quando era terminata la raccolta delle coltivazioni, concimavano i campi con il letame delle mucche, galline, poi aravano con le mucche, che al mattino si alzavano alle ore quattro, perch quando faceva caldo non andava bene per le mucche, allora attaccavano le mucche con la briglia e il giogo, di dietro attaccavano l'aratro, poi i bambini li mettevano davanti alle mucche che tenevano stretta una corda per non farle andare da un'altra parte, dietro a tenere stretto l'aratro c'era un uomo. Finita l'aratura si aspettava verso ottobre per seminare il grano, gli altri campi li seminavano in primavera con diverse coltivazioni, esempio: canapa, erba medica perch quella non si seminava tutti gli anni, frumentone, barbabietole, fave insomma tutte le altre cose. Siccome questi campi rimanevano arati tutto l'inverno, le nostre donne e gli uomini mettevano tutto intorno ai campi arati nelle zolle tutte le verdure invernali tipo cavolfiori, cavoli, verze, cardi, cos tutto l'inverno avevamo le verdure, poi in mezzo all'erba medica quella che non aravano, seminavano dei radicchi cos in primavera avevamo radicchi. A quei tempi non si davano dei veleni nei campi, cos nella primissima primavera si raccoglievano tutte le verdure selvatiche che offrivano i prati, cominciavano con gli (treccapogn), poi la grassagallina, noi chiamavamo un altro tipo (fravs) che quelle erano un po' pi pungenti e venivano bollite, ora con tutti i veleni che danno pericoloso uno schifo.

I frutti nella siepe intorno alla casa

Mio padre era bravo a tenere dietro a tutta l'agricoltura, era anche molto bravo a innestare le piante da frutta, la vite dell'uva, cos intorno alla nostra casa dove finiva quel bel prato avevano piantato una siepe, perch dietro iniziavano i campi. Mio padre pens di metterci dei frutti di diverse qualit, che comprendevano nespole, mele e pere cotogne, prugne di diverse qualit, avevamo anche un filare di noci buonissime, vi assicuro che frutta cos buona non ne ho pi mangiata.

Voglio aggiungere due cose che mi sono dimenticata, voglio parlare della spannocchiatura, quando il frumentone era secco le pannocchie (in dialetto: panoc) si raccoglievano tutte a mano e poi si buttavano dentro a un birroccio che questo era diverso dalla birroccia per il motivo che questo aveva le sponde che si potevano metterle e toglierle, poi venivano disposte tutte queste pannocchie intorno all'aia e poi tutto intorno si mettevano i seggiolini e sgabelli che avevamo perch alla sera era una festa, cos i giovani della famiglia invitavano tutti i ragazzi e ragazze del vicinato, che poi finito di spannocchiare c'era la musica e si ballava.

Imbiancatura della canapa e la lavorazione in genere

Incomincio col dire che la lavorazione della canapa era molto lunga e faticosa. Ai primi tempi veniva tagliata a mano con un attrezzo che lo chiamavano (traien) era fatto con un manico all'ins e sotto infilato, ma orizzontale, c'era un attrezzo per tagliare la canapa che assomigliava al ferro per tagliare l'erba. Pi avanti negli anni incominciarono a tagliarla con un attrezzo che si chiamava (sgadaura) appunto perch aveva una lama per tagliare.

Quando era tutta tagliata si lasciava in mezzo al campo perch col sole si seccavano le foglie che la canapa aveva in cima. Quando erano secche si doveva sbattere per terra con molta forza e bisognava farlo quando il sole scottava cos si staccavano meglio, poi bisognava fare la distinzione di quella pi lunga, la media e la piccola che chiamavano (patoz) per fare questo ci servivamo di un attrezzo fatto con un cavalletto a destra, uno a sinistra e un bel bastone grosso lo mettevano di traverso sopra a questi cavalletti, poi disponevano la canapa sopra a quel bastone grosso e dopo ne mettevano uno anche sopra alla canapa e veniva ben legato perch la canapa stava composta, poi si tirava prima la canapa pi lunga e si facevano dei fasci che poi li legavano, si faceva uguale con la media e i patoz.

Finita questa operazione caricavano tutto sui carri trainati dalle mucche e portavano vicino al macero (masadur) che li scaricavano tutti i fasci vicino al macero, poi cominciava il lavoro della fondatura; il nostro macero era grande e veniva diviso con un altro contadino sempre di propriet del Signor Figallo, cos noi dovevamo fondare la canapa nella nostra parte; adesso cerco di spiegare come era, allora subito all'inizio era un bel po' senza niente cio solo acqua, pi in l c'erano dei pali grossi di legno piantati in fondo al macero e uscivano un bel po' fuori dall'acqua, quelli erano in verticale. Di questi pali ce ne erano uno di qua e uno di l a una distanza di circa due metri, quando mettevano a fondare la canapa mettevano questi fasci che erano formati da parecchie manelle, le chiamavano cos perch erano grosse come un pugno, messe diverse insieme formavano un fascio che veniva legato alle due estremit. Poi questi fasci li mettevano in orizzontale uno vicino all'altro e per farli stare a fondo si servivano di stanghe di legno sempre robuste e le mettevano in orizzontale sopra ai fasci perch stessero a mollo, qui devo aggiungere che di traverso alle stanghe che erano piantate in fondo c'era un legno sempre molto robusto, attraverso un po' in fondo ma non troppo che attraversava tutti quei pali attaccati con dei chiodi lunghi, questo legno serviva agli uomini quando affondavano la canapa per sostenere degli altri pali che li mettevano sopra ai fasci e poi di qua e di l sotto a questo legno di traverso attaccato con chiodi.

In quello spazio senza attrezzature facevano (al puston) cio il postone, l dovevano fare una specie di zattera molto grande e poi ne mettevano fino che ce ne era della canapa, sulla riva del macero c'erano dei gran mucchi di sassoni, avevano una forma irregolare ma erano pesanti e bianchi molto belli, a questo punto chiamavano a raccolta tutti i bimbi e donne e si faceva una catena umana, anche sul postone catena di uomini li mettevano tutti per fare stare a fondo la canapa.

La lavatura

Dopo forse una settimana o pi mio padre andava a controllare se la canapa era pronta per essere lavata, quando era pronta gli uomini adulti sopra alla canapa per allungare con delle pertiche i fasci che le donne e qualche ragazzo grande, andavano in fondo all'acqua vicino alla riva con degli sgabelli sotto ai piedi a lavare la canapa.

Sulla riva c'erano gli (ilzen) in italiano non lo so, comunque sembravano delle slitte trainate da una mucca, ogni persona in fondo al macero che lavava sopra alla riva c'era un (ilzen) con la mucca, davanti alle mucche ci mettevano noi bambini, a scaricare le ragazzine, le persone che lavavano dovevano slegare i fasci grandi e lavavano le manelle per le manelle le slegavano dalla parte che erano pi grosse e le lasciavano legate dall'altra parte della punta, e poi quando avevano lavato ogni manella la caricavano sugli (ilzen) quando erano carichi noi guidavamo le mucche in quel bel prato vicino al macero e le ragazze facevano dei mucchi non tanto grandi che quando avevano finito di lavare si asciugavano e ogni manella si faceva una specie di capannella come quelle degli indiani. Poi si lasciava ad asciugare bene e poi veniva raccolta e legata con diverse manelle, successivamente la portavano nella casella, che pi avanti veniva la macchina a triturare la canapa, che poi tutti gli stecchi venivano messi sotto alla casella per bruciarli durante l'anno nel fuoco.

Invece la canapa veniva un uomo che aveva degli attrezzi, andavano attaccati al muro questi attrezzi si chiamavano in dialetto (rafi) con questi selezionavano la canapa, la migliore, la media e la pi scadente che poi veniva filata e fatta la tela.

Io voglio anche parlare del fico che c'era vicino al muro dietro la casella, si chiamava fico dalla goccia, io dei fichi cos buoni non ne ho pi mangiati. Inoltre avevamo messo dietro alla casella vicino al muro un rosmarino che era diventato quasi un albero, perch il rosmarino ama il sole e arrampicarsi, aveva un profumo delicato cos non ce n' pi.