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Page 1: watch?v=9n...Kateb Yacine, Soliloques , Bône, Ancienne Imprimerie Thomas, 1946 ; testo riedito dalle edizioni Bouchène di Algeri nel 1989 e poi dalle Edizioni la Découverte di Parigi
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https://www.youtube.com/watch?v=9nUNqOXLomc

Attività: Il concetto di identità secondo Kateb Yacine. Riflessioni

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In una società come quella algerina soggetta a invasione, colonizzazione e decolonizzazione e che sperimenta a pieno la migrazione, lo scrittore, per Kateb, ha una funzione fondamentale

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è colui che dapprima studia, analizza la lingua dell’altro, del colonizzatore francese, per poi impadronirsene esprimendosi attraverso tutte le forme di scrittura possibili: la poesia, il romanzo, il teatro, e anche il giornalismo. (Cfr. MARIA GIOVANNA PETRILLO, Riverberi narrativi di un’identità frammentata, Fasano, Schena, 2007).

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Lo scrittore per Kateb ha innanzitutto una funzione sociale, deve uscire dal ghetto intellectuel volontaire, dove per ghetto intende l’Algeria così come la Francia, la lingua e la cultura araba così come la lingua e la cultura francese; (KATEB YACINE, De « si jolis moutons » dans la gueule du loup, propos recueillis par Nadia Tazi in « L’Autre journal », Paris, juillet- août 1985, n°7).

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in Kateb, dunque, l’impegno politico coincide con quello letterario e la lingua in cui sceglie, di volta in volta, di comunicare il suo messaggio è universale: un verbe unique capace di oltrepassare ogni sorta di barriera culturale ed identitaria,

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un verbo che permetta allo scrittore di scuotere gli animi e le coscienze dei lettori algerini come di quelli francesi, un verbo che gli permette di multiplier la parole et de toucher des gens que je n’avais pas touchés auparavant

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E moltiplicare la parola significa comunicare attraverso il linguaggio universale della poesia: La poésie est ce qu’au départ on appelle le «verbe», ce qui constitue la langue même de l’homme ; le langage littéraire s’appuie indubitablement avant tout sur la poésie.

(KATEB YACINE, Le monde entier pour objet, in « France-Observateur », Paris, 31 décembre 1958).

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Kateb emblematizza la sua vita e la sua produzione in frammenti, a dimostrazione di come l’incontro, ma anche lo scontro, di diverse culture, inevitabilmente, produca una nuova identità, multipla, anche se contraddittoria: c’étais une contradiction grave si vous voulez mais c’étais ça. (Cfr. KATEB YACINE, De « si jolis moutons » dans la gueule du loup, cit.)

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Se Kateb paragona il poeta ad un boxeur e a un militant è chiaro che per lui impegno letterario e rivoluzione politica coesistano in una condizione di continua rivoluzione di significati e significanti: le poète, c’est la révolution à l’état nu, le mouvement même de la vie dans une incessante explosion.

(KATEB YACINE, Renaissance de la tragédie. Dialogue avec Jean-Marie Serreau, in « L’Action », Tunis, 11 août 1958).

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La storia di Kateb Yacine, quella della sua vita come quella della sua produzione letteraria, si intrecciano con la storia dell’Algeria contemporanea: Kateb Yacine, discendente dalla stirpe berbera dei Keblout, viene educato, in un primo momento, alla scuola coranica

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La scuola coranica era, a quel tempo, il mezzo attraverso il quale i bambini potevano accedere alla conoscenza della lingua e della grammatica araba, poiché si partiva dal Corano per comprendere le forme grammaticali della lingua araba e della lingua coranica. I suoi genitori si chiamavano Mohamed e Yasmina Kateb.

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Proveniva da una famiglia berbera dell'est dell'Algeria (la famiglia Keblout), con una lunga tradizione di studi (Kateb vuole appunto dire "scrittore"). Dopo avere cominciato i suoi studi in una scuola coranica, passò nel 1936 alla scuola francese di Algeri. Proseguì poi al "Collège de Sétif" dove la sua carriera scolastica si concluse, come

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L´insegnamento si incentrava sulla memorizzazione del testo coranico, sulla ritmica coranica e sullo studio dei riti e dei dogmi dell´Islam, ripetendone le sure quasi all´infinito. Nel mondo arabo e, più in generale, nell´Islam, questa insistenza sulla memorizzazione linguistica era il mezzo attraverso il quale l´Islam si definiva, come affermerà in seguito Kateb, nel senso che in esso la coscienza linguistica serviva a costruire la sua peculiare psicologia religiosa.

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Ça a commencé par l’école coranique, quand j’avais cinq ans peut-être. Et ça ne m’a pas laissé un bon souvenir, on vous applique la bastonnade sur la plante des pieds. J’ai appris le Coran comme chacun de nous, mais enfin je n’en ai rien retenu. A l’époque, c’étais la seule forme d’enseignement possible vu que l’arabe était réprimé ; on ne pouvait garder la langue et la religion qu’en se rabattant sur le Coran

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Quando, nel 1936, i genitori iscrivono Kateb alla scuola francese, alla scuola altra, il bambino resta soggiogato dalla lingua, dalla cultura, dalla storia dell’altro, soprattutto dal concetto di rivoluzione, di fierezza del popolo francese e dal concetto di libertà che traspare nei libri di storia da lui letteralmente divorati in pochissimo tempo: la Francia rappresenta per Kateb, in quegli anni di ricerca, il paese dove migrare, la terra promessa, l’ideale cui ispirarsi.

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Nonostante il fascino subito dalla cultura altra, Kateb, ad un certo momento inizia ad avere percezione della frattura identitaria incolmabile che esiste tra l’Algeria e la Francia.

On sentais la coupure. Leur racisme était flagrant.

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Il fascino subito dalla cultura francese si scontra così, ben presto, con la brutalità della realtà della dominazione francese: all’epoca della sanguinosa repressione della manifestazione di Sétif, Kateb ha sedici anni ed è arrestato, imprigionato e, in seguito, costretto all’esilio.

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Nel periodo forzato dell’esilio Kateb decide di migrare proprio in quell’altrove che comunque, nonostante tutto, lo intriga, la Francia, ed è proprio dans la gueule du loup - così come chiama la Francia - che avverte la necessità di esprimersi nella lingua dell’altro che sente universale per affermare, paradossalmente, la propria identità altra.

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A cette époque là c’était par réaction qu’on se sentait algérien.

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In Francia, rifiuta di proseguire gli studi perché crede fermamente più in un percorso personale che nell’istituzione scolastica ed inizia a scrivere. Non a caso, la sua prima opera è una raccolta di poesie scritte in lingua francese. (Cfr.

Kateb Yacine, Soliloques, Bône, Ancienne Imprimerie Thomas, 1946 ; testo riedito dalle edizioni Bouchène di Algeri nel 1989 e poi dalle Edizioni la

Découverte di Parigi nel 1992).

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A diciassette anni Kateb sceglie di esprimersi in francese e sceglie per comunicare il linguaggio universale della poesia, questo verbe unique, unifiant, ma questo è solo l’inizio, come vedremo, di un lungo percorso migratorio che porterà, a volte, Kateb a ritornare sulle proprie posizioni intellettuali, politiche ed identitarie in un vorticoso meccanismo circolare di andirivieni.

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Au départ, je parle en français et, ensemble, on traduit en arabe. Souvent j’écris l’arabe en caractères latins. C’est ça l’Algérie : tous les moyens du bord. Mais on livre là une grande bataille qui me passionne, celle de la langue.

(CFR. KATEB YACINE, De «si jolis moutons » dans la gueule du loup, cit.)

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Durante il lungo periodo che trascorre in Francia Kateb studia, ricerca, concede interviste perseguendo l’obiettivo di dare voce al suo popolo: un peuple qui parle la langue d’un conflit.

KATEB YACINE, Arracher le fusil des mains du parachutiste. Entretien avec Lia Lacombe in « Les lettres françaises », Paris, 7-13 février 1963.

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In seguito, nel 1956, la fama internazionale che gli deriva dalla pubblicazione del romanzo Nedjima e delle tre pièce teatrali in Cercle des répresailles nel 1958, rafforza in lui la volontà di essere algerino, poeta e rivoluzionario.

KATEB YACINE, Nedjma, Paris, Seuil, 1956.

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En moi, le poète combat le militant et le militant combat le poète. Il suo atteggiamento militante si acuisce con l’indipendenza dell’Algeria, nel 1962, quando Kateb rientra in patria ed inizia a lavorare come giornalista e attraverso i suoi billets pubblicati sul quotidiano «Alger républicain» attacca senza mezzi termini il nuovo potere in cui non si riconosce affatto; questo suo atteggiamento gli costa un nuovo esilio, questa volta di dieci anni.

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Questo periodo, durante il quale Kateb ritorna a Parigi, vede la luce di altri due capolavori in lingua francese: il romanzo Le Polygone étoilé, prosieguo ideale di Nedjima, pubblicato nel 1966 e l’opera teatrale L’homme aux sandals de caoutchouc del 1970, in cui Kateb si scaglia apertamente contro il regime algerino contestando l’arabo-islamismo in favore del rispetto del concetto di multietnia musulmana, araba e amazigh e difendendo le proprie origini berbere.

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Il termine amaziɣ è quello che attualmente viene preferito per designare se stessi da parte dei Berberi del Nordafrica. Amazigh è il singolare, "Berbero", mentre il plurale è imazighen, "Berberi". Il femminile, tamazight viene usato per designare la lingua berbera.

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Kateb, con il suo vissuto di opposizione ai due contesti, l’Algeria, di cui, talvolta, come abbiamo visto, non riconosce l’operato degli antenati, e la Francia, di cui rigetta la politica colonizzatrice, porta alla luce una condizione completamente diversa che va oltre il concetto stesso di alterità poiché supera sia l'immobilismo intellettuale originario dell’intellighenzia algerina,

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ossia l'attaccamento ostinato al vecchio mondo, sia l'assimilazione totale e acritica della nuova realtà, dando così origine ad una posizione intellettuale che è, ossimoricamente, partecipe e distaccata, come leggiamo nel suo capolavoro Nedjma

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De fait à bien des égards, et peut-être plus encore avec le recul du temps, Nedjma apparaît comme la réponse de… l’Etrangère à l’Etranger

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https://www.youtube.com/watch?v=Alpd79dFxvk

Attività: Nejma simbolo dell’Algeria. Riflessioni

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