x la terra dimezzo - politecnico di milano · 2020. 2. 27. · x la terra dimezzo tesi di: martin...
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X LA TERRA DIMEZZO
Tesi di: MARTIN DI PIETRO
SCU
OLA
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POLITEC
NIC
O D
I MILA
NO
A.A. 2018-2019
Relatore: PROF. MARCO RONCHICorrelatore: PROF.SSA NEVA GANZERLA
LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALECOME LEVA PER ORIENTAREIN MODO STRATEGICO IL CONSUMO ALIMENTARE VERSO SCELTE CRUELTY-FREE
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Tesi di Martin Di PietroMatricola 895711Corso di Laurea Magistrale in Design della Comunicazione,A.A. 2018-2019, appello di laurea del 18 Dicembre 2019.Relatore: Prof. Marco RonchiCorrelatore: Prof.ssa Neva Ganzerla
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A Rocky (detto Rocco),il quale mi ha insegnato che la luce della vita ha un valore più grande dell’ombra che crea.
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Indice/ 1. 2. 3.
RicercaAbstract Analisi Progetto1.1 I problemi legati al consumo di prodotti animali, per i vegani
1.1.1 Ambiente 1.1.2 Salute 1.1.3 Etica
1.2 Il sentiment negativo verso i vegani
1.2.1 La dissonanza cognitiva: amare gli animali e mangiarli 1.2.2 La reattanza psicologica: «faccio tutto ciò che non vuoi» 1.2.3 Il fenomeno "Vegano stammi lontano"
2.1 Immersione
2.1.1 Impostazione dello strumento di indagine 2.1.2 Risultati del questionario
2.2 Insights
2.2.1 L'importanza di non chiamarsi Vegan 2.2.2 La leva di marketing
2.3 Case study: Beyond Meat
2.3.1 La vera leva 2.3.2 La giusta strategia 2.3.3 Verso l'infinito e oltre
2.4 Case study: Dott.ssa Silvia Goggi
2.4.1 Plant-based is the new Vegan 2.4.2 La mia famiglia mangia green
2.5 La domanda
3.1 Posizionamento di mercato
3.1.1 Market analysis 3.1.2 Product/service analysis 3.1.3 Target analysis
3.2 Advocacy
3.2.1 Value proposition 3.2.2 Naming e brand style 3.2.3 Promessa 3.2.4 Prospettiva 3.2.5 Messa a terra 3.2.6 Il fine
3.3 Digital strategy
3.3.1 Scopo e obiettivi 3.3.2 Insights 3.3.3 Concept e messaggio 3.3.4 Media mix 3.3.5 Funnel 3.3.6 User Journey 3.3.7 Digital strategy matrix 3.3.8 Piano editoriale
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12 42 9210pag. pag.pag. pag.
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/ Ringraziamenti
/ Sitografia
/ Bibliografia
/ Filmografia
/ Indice delle figure
/ Reason whypag. 160pag. 169
pag. 167
pag. 158
pag. 162
pag. 163
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A 11 X LA TERRA DIMEZZO
The thesis wants first to analyze all the motivations that push the vegans to assume their lifestyle and that make them classify among the most hated categories of the last years; then, through an in-depth analysis, to explain how the problem of the vegan movement is linked to its identity, therefore to the perception that external people have of vegans. In particular, the name Vegan will be put to the gallows as a good bearer of an inquisitorial, exclusive, and therefore discriminating mind. So if the initial intention was to help the vegan movement to communicate more effectively, the final project will respond to this need by moving veganism directly to the bench and bringing all its values back into a new container, a brand with a new positioning market and a new identity, which comes to life thanks to the design of a digital strategy.
The project is called "Per la Terra di-mezzo" with a naming designed to allude to the marketing lever that is eco-sustainability and to its central values , which are concreteness, inclusiveness, and co-participation.
La tesi vuole in primo luogo analizzare tutte le motivazioni che spingono i vegani ad assumere il loro stile di vita e che li fanno classificare tra le categorie più odiate degli ultimi anni; poi, attraverso un’analisi approfondita, spiegare come il problema del movimento vegan, sia legato proprio alla sua identità, quindi alla percezione che le persone esterne hanno dei vegani. In particolare il nome Vegan verrà messo alla forca, poiché portatore sano di un mind inquisitorio, esclusivo e quindi discriminante. Se quindi l’intenzione iniziale era quella di aiutare il movimento vegan a comunicare in modo più efficace, il progetto finale risponderà a questa esigenza spostando direttamente in panchina il veganesimo e riportando tutti i suoi valori in un nuovo contenitore, un brand con un nuovo posizionamento di mercato e una nuova identità, che prende vita grazie alla progettazione di una strategia digitale.
Il progetto si chiama infatti "Per la Terra di-mezzo", con un naming studiato per alludere alla leva di marketing che è l’eco-sostenibilità e a suoi valori principali che sono la concretezza, l’inclusività e la compartecipazione.
/ Abstract
ABSTRACT
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Ricerca1.
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1.1 I problemi legati al consumo di prodotti animali, per i Vegani
I problemi non sono mai semplici, a ltrimenti sarebbero già stati risolti; i problemi sono raramente circoscriv ibi l i ad una singola causa e raramente generano una sola conseguenza. Questa regola è spesso proporzionalmente correlata alla quantità di interventi che un oggetto subisce da un soggetto, un ciclo da un’incognita, la natura dall’uomo. Anche in questioni più profonde che riguardano l’etica, dove non sono i numeri ad assumere importanza, quanto piut tosto la coerenza e l’integrità morale, i problemi possono complicarsi, subire classificazioni; basti pensare alle quantità di leggi che sono state create per differenziare un tipo di omicidio da un altro rispetto al disvalore univoco che viene dato all’uccisione di un uomo da chiunque non si occupi di Giurisprudenza.Il consumo di animali (e dei loro derivati) da parte degli esseri umani, per quanto sia una pratica accettata e promossa da millenni e da quasi la totalità delle "nostre" culture, inizia ad essere denunciata da sempre un maggior numero di comunità (animalisti, vegetariani, vegani ecc.ecc.). Il motivo che spinge queste ultime ad adottare uno stile di vita privo di prodotti animali non è solamente di tipo etico. Il consumo di carne, pesce, latticini e uova comporta anche gravi problemi alla salute umana e genera gravi danni ecologici.
Il "problema" del consumo di animali non si può dire sia stato preso in esame solo negli ultimi anni, poiché Pitagora già nel vi secolo a.c. scelse di adottare e professare uno stile di vita vegetariano; poi nel corso della storia sposarono la stessa filosofia molti personaggi famosi tra i quali Leonardi Da Vinci, Lev Tolstoi e Mohandas "Mahatma" Gandhi. Pitagora e questi ultimi, ovviamente, scelsero di non mangiare la carne per motivi principalmente etici.Come detto prima, le scelte etiche, rispetto ad altre, sono quasi sempre scelte di integrità. Chi sceglie di non togliere la vita, non giustifica nessun tipo di pratica che abbia quel fine: per integrità morale non esiste un modo "etico" di uccidere. Non si può negare però che l’entrata in gioco dell’industria nel campo alimentare, per esigenze legate alla propria "natura" di massimizzazione produttiva, abbia complicato il problema etico così che, come detto prima, una scelta di integrità e di principio morale si complichi e si suddivida in ulteriori categorie (come il maltrattamento, la "morte cosciente", la tortura, ma come vedremo anche la "fame nel mondo").Quindi l’etica, l’ecosostenibilità e la salute umana, sono le tre grandi categorie che racchiudono i diversi problemi legati al consumo di prodotti animali e che han fatto nascere e crescere le comunità di vegetariani e vegani.
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Quando si parla di grandi numeri, il modo più efficace di interpretarli è quello di paragonarli ad un’azione quotidiana, che potremmo compiere e/o abbiamo compiuto più volte nella vita.Se dovessimo parlare per esempio di quanto un semplice hamburger possa consumare in termini di risorse, potremmo paragonare il suo consumo d’acqua al consumo dato da un’azione pratica e necessaria come lavarsi sotto la doccia. Ancora meglio sarebbe chiedersi quale opportunità ci potrebbe precludere un’azione affamata di risorse in un previsto futuro (ormai presente) in cui le risorse stesse iniziano a non essere più disponibili ed accessibili, ad esempio: Rinunceresti a lavarti per 2 mesi in cambio di un hamburger (un hamburger consuma l’acqua equivalente a due mesi di docce1)? oppure Rinunceresti ad un viaggio in una
capitale europea in cambio di una bistecca? (la produzione di un hamburger ha la stessa carbon footprint di un viaggio di 515 Km in macchina2)?.Questa è la strategia utilizzata nell’infografica d i Lu ke Jones per i l document a r io "Cowspiracy".3Come mostrato nella Figura 1.1 il consumo di prodotti animali, di carne e pesce soprattutto, ha delle conseguenze devastanti sull’ambiente terrestre. In termini di consumo di risorse, questa dieta non è sostenibile.Il problema ambientale legato al consumo di prodotti animali è quel tipo di problema che, come detto all’inizio, non è circoscrivibile attorno ad una sola causa e non produce tantomeno una sola conseguenza. Ogni singola causa di inquinamento è preoccupante, ma è nell’insieme che diventa spaventosa. Inquina mento del l’a r ia e del l’acqua,
1.1.1 AMBIENTE
1 Andersen & Kuhn (2014)2 cfr. Kateman, (2017)3 Andersen & Kuhn, op. cit.
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CLIMATE CHANGEGLOBAL GREENHOUSEGAS EMISSION ANIMAL AND INSECT SPECIESARE LOST EVERY DAY FROM
RAINFOREST DESTRUCTION
LANS ISDESERTIFIED DUETO LIVESTOCK
ANIMAL AGRICULTURE IS THE LEADING CAUSEOF SPECIES EXTINCTION OCEAN DEAD ZONES AND HABITAT DESTRUCTION
DUE TO LIVESTOCK AND THEIR BYPRODUCTS
PALM OIL: 26 MILLIONANIMALAGRICOLTURE: 136 MILLION
ACRES OFRAINFOREST
CLEARED
WASTE FROM A FARMOF 2500 DAIRY COWS
POUNDS OF EXCREMENT ARE PRODUCTED BY ANIMALS RAISEDFOR FOOD IN THE US
WASTE FROM A CITY OF 411000 PEOPLE=
DUE TO TRANSPORT (ROAD, RAIL, AIR & MARINE)
51%13%
ACRES RAINFORESTARE CLEAREDEVRY SECOND1-2ANIMAL AGRICULTUREIS RESPONSABLE FOR
OF AMAZON DESTRUCTION91%
LIVESTOCKIS RESPONSABLE FOR NITROUS OXIDE EMISSIONS65%
A GHG MORE DESTRUCTIVE THAN CO2
296x
DEFORESTATIONLAND USE
SPECIES EXTINCTION
WASTE
FISHERIES
A PLANT BASED DIET CUTS YOURCARBON FOOTPRINT
VEGAN NON-VEGANBY 50%
EQUIVALENT TOSHOWERING FOR2 MONTHS
OF EARTHS FRESH WATER
THE MEAT & DAIRYINDUSTRY USE:
= =
1/3
WATER USE
1HAMBURGER
660GALLONSOF WATER
EVERYMINUTE
7 MILLION
110
1/3 37000 LBS PLANTBASED FOOD OR375 LBS MEAT
OF THE EARTH’STOTAL LAND
LIVESTOCKCOVERS
LAND NEEDED TOFEED 1 PERSON
FOR 1 YEARVEGAN = 1/6TH ACREMEAT EATER= 18X VEGAN
=ACRESLAND
1.5
45%
OF THE WORLDFISHERIESARE EXPLOITED
FOR EVERY 1 POUNDOF FISH CAUGHT5 POUNDS OF UNINTENDEDMARINE SPECIES ARE CAUGHTAND DISCARDED AS BY-KILL
TONS OF FISH AREPULLED FROM THEOCEANS EACH YEAR3/4 90 MILLION DOMESTIC ANIMAL AGRICULTURE
5% 55%
USA WATER USE:
Figura 1.1 Cowspiracy: the sustainability secret (2019), The facts
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A 21RICERCAX LA TERRA DIMEZZO
deforestazione, erosione, perdita della biodiversità, esaurimento di acqua dolce ed emissioni di gas serra sono le principali conseguenze degli allevamenti di animali destinati al consumo alimentare (cfr. Jacobsen & Riebel, 2006). Ognuna di queste conseguenze deriva da molteplici cause, a volte coincidenti ed altre concatenate: la deforestazione, ad esempio, è utile agli allevatori per il pascolo del bestiame e, insieme alla produzione continua di metano e ossido nitroso dei bovini, contribuisce all’aumento di gas serra (in percentuale quasi quattro volte superiore rispetto all’intero settore dei trasporti4).A riguardo di questo, Jonathan Safran Foer, nella sua opera "Se niente importa: perché mangiamo gli animali?", cita un documento della U.S.D.A. (United States Department of Agricolture):
L’ALLEVAMENTO DI ANIMALI È RESPONSABILE DEL 37 PER CENTO DELLE EMISSIONI ANTROPOGENICHE DI METANO, CHE HA UN POTENZIALE DI RISCALDAMENTO GLOBALE (GWP) 23 VOLTE SUPERIORE A QUELLO DELLA CO2, E DEL 65 PER CENTO DELLE EMISSIONI ANTROPOGENICHE DI OSSIDO NITROSO, IL CUI GWP È 296 VOLTE QUELLO DELLA CO2, UN VALORE STRABILIANTE. (FOER, [2009] 2010, P. 67)
Questi dati sorprendenti vengono confermati da ulteriori autorevoli fonti,5 le quali aggiungono che:
• il settore zootecnico è «uno dei due o tre più importanti fattori di inquinamento
ambientale a ogni livello, dal locale al globale. L’impatto è talmente rilevante che dovrebbe essere affrontato con urgenza»;
• gli allevamenti sono probabilmente la più grande fonte di inquinamento dell’acqua di tutto il mondo. L’inquinamento proviene soprattutto dagli antibiotici e dagli ormoni, dalle sostanze chimiche prodotte dalle concerie, dai rifiuti animali, dai sedimenti dei pascoli erosi e dai fertilizzanti e pesticidi usati per produrre il mangime degli animali;
• il 70 per cento dei terreni precedentemente boschivi della foresta amazzonica è ora ricoperto da pascoli per alimentare il bestiame;
• il mercato agro-alimentare basato sul bestiame è causa del 55 per cento dell’erosione e dei sedimenti prodotti negli Stati Uniti. Inoltre, il 37 per cento di tutti i pesticidi e il 50 per cento di tutti gli antibiotici usati sono destinati alle industrie agro-zootecniche;
• praticamente 1/3 della superficie terrestre ora utilizzata per il bestiame un tempo era un habitat per flora e fauna selvatica;
• tra il 60 e il 70 percento del pesce pescato nel mondo è utilizzato per alimentare il bestiame;
• Wsi stima che l’uso di antibiotici nei CAFOs (Concentrated animal feeding operation)
aggiunga 1,5 miliardi di dollari all’anno ai costi per l’assistenza sanitaria;• ci vogliono più di 900 kg di grano per produrre carne e altri prodotti derivanti dall’allevamento per sfamare una persona per un anno. Se questa persona mangiasse il grano direttamente, anziché attraverso i prodotti animali, ne basterebbero solo 180 kg circa;• il metano prodotto dal bestiame e dal suo letame ha un effetto sul riscaldamento globale equivalente a quello di 33 milioni di automobili.
Non deve quindi sorprendere il fatto che molte persone abbiano deciso di cambiare
le loro abitudini alimentari a fronte di certe statistiche.Tuttavia il problema ambientale persiste poiché la maggior parte della popolazione continua ad alimentare il settore zootecnico, acquistando prodotti di origine animale e continuando quindi a tenere alta la domanda di mercato.Gli esseri umani sono quasi 8 miliardi, gli animali allevati sono circa 70 miliardi: una di queste cifre dovrà diminuire se non scomparire e sta a noi decidere quale delle due.
4 Ibidem5 cfr. Center for Science in the Public Interest (2016); Jacobsen & Riebel, (2002); citati da Joy (2016), pagg. 92-93.
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«Der Mann ist war er is» (L’uomo è quel che mangia). Già prima che Feuerbach, nel lontano 1855, esprimesse questa massima riguardo alla salute del corpo umano, si sapeva quanto importante fosse l’alimentazione per il proprio benessere. Infatti oltre un secolo prima, nel 1728, il grande uomo di Scienza e italiano Bartolomeo Beccari disse «Che cosa altro siamo se non quello che mangiamo?».Entrambi vegetariani, portarono avanti grandi studi nell’ambito dell’alimentazione legata alla salute del corpo umano, in particolare la scoperta dell’isovalenza tra proteine animali e vegetali (Beach, 1961, pp. 354-373).Ma andando ancora indietro nel tempo
[…] CI SI ACCORGE CHE QUESTA GRANDE VERITÀ AFFIORA NEL PENSIERO DI CULTORI DI VARIE DISCIPLINE, PER ARRIVARE ADDIRITTURA AI SUFI (ANTICHISSIMI
MISTICI VEGETARIANI DELL’ISLAM) I QUALI IN SINTESI SOSTENEVANO “L’ESSERE UMANO È ANZITUTTO CIÒ CHE MANGIA E SULLA BASE DI QUESTO È CIÒ PENSA”. (D’ELIA, 2012, P. 13)
La tematica della salute è senza dubbio, insieme a quella ambientale, la più correlata alla rivoluzione industriale. Dal secolo scorso, il sistema alimentare ha subito, drasticamente, dei cambiamenti enormi. Per migliaia di anni l’uomo si è nutrito di prodotti completamente naturali e in un certo senso, biologici. Gli alimenti venduti oggi nei supermercati sono invece frutto di elaborazioni industriali e raffinazioni che abbassano il valore nutritivo del cibo facendolo diventare quasi nullo, in molti casi (Ivi, p. 14).Tuttavia l’industria rende esponenziale un problema che v ive g ià a l la base dell’alimentazione della maggior parte della
1.1.2 SALUTE
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popolazione, occidentale principalmente: il consumo di carne e derivati animali.In questi anni importanti organizzazioni che si occupano di sanità (come l’Organizzazione Mondiale della Sanità), hanno dichiarato che le carni rosse, in particolare quelle lavorate (salumi e insaccati in generale), aumentano in modo elevato il rischio di sviluppare tumori.6 La fondazione AIRC per la ricerca sul Cancro aggiunge:
[ … ] G L I I N D I V I D U I C H E SEGUONO DIETE RICCHE DI PROTEINE ANIMALI, SOPRATTUTTO CARNI ROSSE E LAVORATE, HANNO UN MAGGIOR RISCHIO DI SVILUPPARE PATOLOGIE COME DIABETE, INFARTO E PROBLEMI CARDIOVASCOLARI, OBESITÀ E CANCRO (AIRC, 2019)
Una sola porzione di carne lavorata al giorno incrementa il rischio di sviluppo di diabete del 51 per cento7 e, per assurdo, è stato sfatato il mito della correlazione tra questa malattia e lo zucchero, dimostrando come una dieta ricca di carboidrati e zuccheri, appunto, non sia la causa principale di sviluppo del diabete.8Come nel "problema ambientale", anche in questo caso spiegare i numeri in modo metaforico è sempre un modo vincente per trasmettere un messaggio o dei dati che si allontanano molto dal focus quotidiano. I produttori di What the Health, spiegano così il grande numero di morti (più di 17 milioni all’anno9) per malattie cardiovascolari:
IL NUMERO TOTALE DI PERSONE C H E M U O I O N O P E R M A L AT T I E CARDIOVASCOLARI È L’EQUIVALENTE DI QUATTRO AEROPLANI JUMBO JETS CHE SI SCHIANTANO OGNI SINGOLA ORA, OGNI SINGOLO GIORNO, OGNI SINGOLO ANNO. (ANDERSEN & KUHN, OP. CIT.)
Pesce contenente mercurio, uova da galline geneticamente modificate e tutti gli altri prodotti animali meriterebbero dei capitoli interi, ma un caposaldo della dieta onnivora necessita un occhio di riguardo: il latte.Il latte è per definizione la secrezione delle ghiandole mammarie di un mammifero femmina. Esso si sviluppa naturalmente a seguito di una gravidanza, a disposizione del cucciolo mammifero che deve nutrirsi. L’essere umano è l’unico mammifero che beve il fluido mammario di un’altra specie. Questa controtendenza all’ordine naturale delle cose, ovviamente, non giova alla salute dell’uomo, che rimane pur sempre un animale progettato dalla natura.Infatti il latte prodotto da una femmina umana è diverso in caratteristiche e quantità di elementi da quello prodotto da una femmina di bovino, di capra e di qualsiasi altro mammifero.Come si può notare nella Figura 1.2, il latte umano è quello con la più bassa percentuale di proteine, poiché l’uomo è uno dei mammiferi con la più bassa velocità di accrescimento corporeo. Un eccesso di proteine infatti può portare ad un grave sovraccarico renale, del
6 cfr. Aubrey & Allison, 2015; cfr. The Lancet Oncology, 2015; cfr. World Health Organization International Agency for Research on Cancer, 2015; citati da "What the health"7 cfr. Pan & An, 2011, American Journal of Clinical Nutrition; Micha & Michas, 2012, pp. 515-524; citato da "What the health"8 cfr. Greger, 2017; cfr. Physicians Committee for Responsible Medicine, 2019; cfr. Barnard & Levin, 2014; cfr. Petersen, 2004; citati da "What the health"9 cfr. Aubrey & Allison, op. cit.
DONNA0,9
% D
I PRO
TEIN
E % DI G
LUC
IDI
VACCA
BUFALA
CAPRA
PECORA
ASINA
CONIGLIO
6,9
3,5
3,8
3,9
5,3
1,8
10,4
4,8
4,9
4,7
5,2
6,2
2,1
Figura 1.2 cfr. Senesi e Saccomani, 1981; citato da Armando D’Elia, op. cit. pag. 90
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fegato e del sistema endocrino, in particolare ipofisi, tiroide e surrene (D’Elia, op. cit. p. 90).I glucidi invece sono presenti soprattutto sotto forma di lattosio, essenziale per lo sviluppo cerebrale del neonato umano. L’accrescimento cerebrale dell’essere umano è più veloce di quello del vitello, per questo motivo il lattosio nel latte materno è presente in quantità quasi due volte superiore a quella del latte vaccino (Ivi, p. 91).Se il latte vaccino è un fluido progettato per far crescere un vitello neonato fino a 200 kg, sicuramente non sarà adeguato tanto ad un cucciolo di uomo quanto ad un adulto.Il contenuto del latte vaccino è infatti un mix di GH (ormoni della crescita10),contaminanti11 e pus12, quest’ultimo dovuto alle gravi mastiti causate dalla sfrenata mungitura automatizzata e dalle condizioni in cui vivono le mucche da latte negli allevamenti. Le conseguenze sul corpo umano sono distruttive: malattie autoimmuni,13 osteoporosi1 4 e possibili diverse forme di cancro.15Come accennato precedentemente, anche molti altri prodotti alimentari di origine animale possono recare danno alla salute umana. Il pesce, per esempio, è facile che sia una miscellanea di vari elementi tossici, dal cadmio al mercurio, dal piombo fino ai difenili policlorurati, comunemente detti PCB (Ivi, p. 50). Questi ultimi possono recare danno al fegato, alla milza, ai reni e sono relazionati alla formazione di diossine.
Il mercurio invece può avere esiti letali o recare gravi danni ai reni e al sistema nervoso, fino a provocare lesioni nervose irreversibili (Ivi, p. 49).Ammesso comunque di poter trovare del pesce non contaminato, le sue caratteristiche naturali, di possedere in quanto animale colesterolo e grassi saturi, non lascerebbero strada spianata all’organismo umano.16Infine le uova, possono riassumersi come ricettacolo di colesterolo (circa 17 volte tanto, a parità di peso, della carne), di possibile contaminazione da Salmonelle e Stafilococchi (la porosità del guscio, caratteristica naturale di questa cellula, rende accessibile l’interno a diversi tipi di batteri), con possibili conseguenze sul corpo umano, anche letali (Ivi, pp. 124-133). Il Professor Armando D’Elia si esprimeva in merito sentenziando:
[…] NON CONVIENE CORRERE TANTI RISCHI PER UN ALIMENTO, PERALTRO INNATURALE ED INDIGESTO E LA CUI IPERPROTEICITÀ TANTO NUOCE AL NOSTRO ORGANISMO IN GENERALE E AL NOSTRO FEGATO IN PARTICOLARE» (IBIDEM).
In conclusione, utilizzare gli animali o i loro prodotti, come alimento, crea più danni che benefici al benessere fisico degli animali umani. Questo è un altro valido motivo che ha spinto molte persone a convertire la propria dieta tradizionale in una a base vegetale (detta appunto plant-based).
10 cfr. BreastCancer.org, 2013; cfr. Malekinejad & Rezabakhsh, 2015; citati da "What the health"11 cfr. Energy Justice Network, 2012; Agency for Toxic Substances & Disease Registry, 2015; cfr. Greger, 2012; cfr. National Resources Defense Council, 2019; citati da "What the health"8 cfr. Pan & An, 2011, American Journal of Clinical Nutrition; Micha & Michas, 2012, pp. 515-524; citato da "What the health"12 Centers for Epidemiology and Animal Health, 2014; citato da "What the health"13 Klaper, 2018; Greger, 2013; "The Multiple Sclerosis and Diet Saga", McDougall, 2009; citati da "What the health"14 cfr. Canadian Dairy Information Center, 2013; citati da "What the health"15 cfr. Candyce, 2013; cfr. Canadian Cancer Society, 2019; citati da "What the health"16 Fatsecret, 2019; citato da "What the health"
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Come accennato ad inizio capitolo, il problema etico ha molte sfaccettature e, di sicuro, nel tempo si è solo complicato e purtroppo ampliato.Se è vero che, come abbiamo detto, molti personaggi storici e luminari come Pitagora, Platone, Da Vinci, Tolstoi, Gandhi (e molti altri) scelsero di non cibarsi di animali per questioni prevalentemente etiche, quindi legate alla non-uccisione di un essere senziente, è vero anche che le motivazioni etiche dei vegetariani e vegani dei nostri giorni, sono legate non solo al principio di integrità morale che combatte l’uccisione di un altro essere vivente senziente, ma più in generale ad una dottrina di non-violenza che comprende non-sfruttamento e non-maltrattamento (quindi in modo inevitabile anche la non-uccisione). Questo perché il subentrare dell’industria nel settore alimentare ha fatto abbassare il
prezzo unitario dei prodotti e di conseguenza aumentarne la richiesta. In una logica produttiva i costi devono essere minimizzati, senza chiedersi se nella catena di montaggio vengono spostati oggetti o esseri viventi: succede quindi che tutti gli animali/prodotti (chiamati infatti "animali da reddito" per differenziarli da quelli domestici o selvatici) vengono accatastati gli uni affianco agli altri in capannoni sudici e bui e, dopo aver passato una breve vita di maltrattamenti, stupri (l’inseminazione artificiale dei mammiferi femmina, per la produzione di latte) e torture, gli viene tolta la vita con metodi barbari dovuti all’insufficiente tempo a disposizione e mancanza di malizia da parte degli operatori per uno stordimento efficace.17 Questo sistema di uccisione di serie vale per la produzione di carne quanto per la produzione di latte e uova. Se un tempo le mucche
1.1.3 ETICA
17 Monson, 2015
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venivano munte a mano dall’allevatore stesso e vivevano una vita molto più lunga, ora la maggior parte del latte viene prodotto da mucche rinchiuse in allevamenti intensivi, ingravidate artificialmente senza sosta per non far perdere il loro valore commerciale, subendo, subito dopo il parto, l’isolamento del proprio figlio (il vitello) in quanto naturale fruitore del latte che dev’essere invece venduto sui bancali del supermercato. Mentre le madri (le mucche) iniziano ad essere munte da un mungitore elettrico, che porta grande dolore e grosse infezioni alle mammelle, gli allevatori selezionano il vitello appena nato in base al sesso: se femmina, proseguirà la vita della madre, per la produzione di latte, se maschio, verrà rinchiuso in cucce isolate nelle quali verrà tenuto denutrito (per vendere poi una carne "morbida" e chiara, come si aspetterebbe di mangiarla il consumatore) e poi ucciso ancora cucciolo dopo pochi mesi.Per le uova il processo è simile, a differenza del fatto che i pulcini maschi vengono uccisi subito poiché sono geneticamente modificati in modo differente da quelli allevati per la carne (quelli allevati per la carne vengono ingrossati artificialmente); i nati maschi nell’industria delle uova diventano inutili, poco redditizi, perciò vengono eliminati direttamente senza grosse spese per l’uccisione (tritati vivi o fatti soffocare nei sacchi della spazzatura spesso) e fatti diventare carne mista di pollo economica.I pulcini femmina ovviamente seguono il processo delle madri: vengono cresciute in gabbie grosse quanto un foglio A4, ammassate tra loro, facendo passare così gli escrementi da una gabbia all’altra. Se in allevamento a terra,
invece, sono ammassate dentro capannoni bui e sporchi, infestati da parassiti e quindi "caricate" di antibiotici. Senza anestesia gli viene tagliato il becco per non permettere di colpirsi tra di loro date le circostanze in cui vivono, che porterebbero a stati psicopatologici qualsiasi animale. I capannoni chiusi servono anche a regolare in modo artificiale luce e buio, in modo da ottimizzare i cicli circadiani degli animali e creare una produzione di uova senza interruzioni, con ovviamente conseguenze devastanti per l’animale. Quest’ultimo, diventato meno produttivo dopo pochi anni di vita, viene portato direttamente al macello per diventare carne.Per questo motivo il problema etico non è più circoscritto nell’uccisione diretta dell’animale, ma si estende anche ai vari maltrattamenti e pratiche di gestione dello stesso.A ricalibrare il proprio metro etico in base ai cambiamenti della società non sono stati solo dei singoli individui, ma anche alcuni culti come il jainismo.Per quanto possa sembrare moderna, vista la capacità di adattamento ai cambiamenti sociali, il jainismo è una delle più antiche religioni orientali, che si sviluppò circa 600-700 anni prima della nascita di Cristo. Il concetto base che c’è alle fondamenta di questa religione è quello della non-violenza. Infatti sia dai monaci che dai seguaci, è sempre stato praticato il vegetarismo. Ma nel 2001 gli U.S.A. e l’India vedono la pubblicazione di un aggiornamento dottrinale jainista, "The book of Compassion", nel quale viene aggiunta l’abolizione del consumo dei prodotti che
comportano la violenza sugli animali, come uova, latte, burro e formaggi.La scrittrice Claudia Pastorino (2002) scrive del jainismo:
CORAGGIOSAMENTE, CON LA DISCIPLINA E LA COERENZA CHE DA SEMPRE LI CONTRADDISTINGUE, I JAINA, IN SEGUITO ALLA CREAZIONE DELL’ANIMALE-MACCHINA, STANNO ADOTTANDO PER SE STESSI E PER LA PROPRIA CONDOTTA QUOTI D IANA R EG O LE S E M PR E PI Ù RIGOROSE»
e continua approfondendo «È così che, attualmente, i monaci jainisti stanno, per esempio, sostituendo il latte animale (utilizzato in alcuni rituali all’interno dei templi) con il latte di soia e il latte di riso». Finisce poi sentenziando «A chi si stupisse di ciò, probabilmente non è mai capitato di vedere o leggere che cosa accade alle bovine da latte all’interno degli allevamenti intensivi…».Ovviamente, anche gli animali allevati per la loro carne non passano una vita migliore. Ai maialini per esempio vengono tagliate le code, senza anestesia, per lo stesso motivo per cui tagliano il becco alle galline e ai polli; vengono anche castrati senza anestesia. Le condizioni all’interno degli allevamenti sono così disastrose da dover essere imbottiti di antibiotici e medicinali attraverso il mangime (a volte inutilmente, poiché riescono comunque ad essere infestati da parassiti). La stessa situazione si trova all’interno degli allevamenti ittici. La lunga sofferenza dei pesci termina dopo ore di agonia per soffocamento, mentre quella dei maiali, o polli, o altri
mammiferi da reddito, con la macellazione, spesso in stato cosciente.La violenza che riempie l’aria degli allevamenti, viene respirata anche dagli operatori stessi, che come li definisce Melanie Joy, diventano "Assassini condizionati" ( Joy, op. cit. p. 89). Citando un operatore di un macello in un’intervista della ricercatrice agricola Gail Eisnitz:
LA COSA PEGGIORE, PEGGIORE DEL PERICOLO FISICO, È L’EMOTIVITÀ. SE LAVORI IN QUEL RECINTO DI SOZZAMENTE PER UN PERIODO DI TEMPO, SVILUPPI UN ATTEGGIAMENTO CHE TI PERMETTE DI UCCIDERE MA NON DI VOLERE BENE. POTRESTI GUARDARE NEGLI OCCHI UN MAIALE CHE GIRONZOLA NEL RECINTO INSANGUINATO E PENSARE: “DIO, IN REALTÀ NON È UN BRUTTO ANIMALE”. POTRESTI AVERE VOGLIA DI ACCAREZZARLO. SONO SPUNTATI FUORI DEI MAIALI DAL MATTATOIO E HANNO STROFINATO IL MUSO SU DI ME COME CUCCIOLI. DUE MINUTI DOPO HO DOVUTO UCCIDERLI – COLPENDOLI A MORTE CON UN TUBO. NON POSSO VOLERGLI BENE. (CFR. EISNITZ, [1997] 2006, P. 87)
Non basterebbe un numero ragionevole di capitoli per parlare in modo esaustivo dello sfruttamento e della violenza che si nascondono dietro quest’industria. Sicuramente si può affermare che quando degli esseri viventi senzienti diventano dei prodotti, industriali e non, la violenza è inevitabile. Dai visoni scuoiati vivi per le pellicce, ai suini e bovini rinchiusi nei lager. Gli animali hanno coscienza di sé, instaurano relazioni tra di loro e con gli umani; vogliono vivere in serenità, proprio come gli animali umani.
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1.2 Il sentiment negativo verso i Vegani
Da quanto precedentemente scritto, chiunque (o quasi) sarebbe d’accordo nel fermare una produzione che aggrava in modo così veloce il nostro pianeta, che reca sofferenze agli animali e che di certo non porta giovamento alla salute umana. Pochi però accettano che uno stile di vita Vegan possa diventare un nuovo modello da seguire, per quanto riguarda l’alimentazione soprattutto.L’essere Vegan viene percepito positivamente solo da chi fa parte di questo movimento, nonostante sia uno stile di vita che condivide più o meno gli stessi valori di chi non è vegano: il benessere animale, la sostenibilità ecologica e sociale. La percezione esterna del veganesimo è tutt’altro che positiva e può essere rappresentata con termini quali "setta", "estremismo" o addirittura con prefissi come "nazi".Questo stato dell’arte del veganesimo è stato causato nel tempo da molteplici fattori, riconducibili in gran parte anche ai Vegani stessi ed il loro modo di comunicare la propria scelta. Molte persone testimoniano di aver avuto conversazioni, con dei vegani, poco piacevoli e di tipo accusatorio nei propri confronti; spesso anche dovute solo al la percezione delle prime di essere attaccati (per il fenomeno di reattanza che sarà spiegato più avanti). Tuttavia
i social network e il web in generale possono dimostrare che ci sia una gran parte di "leoni da tastiera" dell’universo vegano che fatichi a creare un ambiente rilassato per poter instaurare una conversazione costruttiva ed efficace.Certe associazioni animaliste (soprattutto fai-da-te) ne sono un esempio: "100% animalisti" è un’associazione no profit Vegan animalista che promuove i valori etici dell’antispecismo con un tono di voce aggressivo e violento. Partendo dal pay-off "amati, odiati, temuti" impresso sulle loro magliette nere, si può navigare questo stream di comunicazione impetuosa sul loro sito web, trovando citazioni dei fondatori che recitano «Per salvare la vita degli Animali, bisogna prima rovinare quella degli aguzzini» oppure la descrizione della loro filosofia, che inneggia quasi al terrore, tratta da un libro dal titolo "Una Dichiarazione di Guerra: Uccidere gli Umani per Salvare Animali e Ambiente". Inoltre, ci fu un’aggressione fisica da parte del gruppo di animalisti nei confronti del g iorna l ista Cruciani, che sapientemente colse l’occasione per provocare il focoso gruppo, creando uno scandalo mediatico palesemente dannoso nei confronti dell’immagine del veganesimo e dei suoi valori.
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1.2.1 LA DISSONANZA COGNITIVA: AMARE GLI ANIMALI E MANGIARLI
Escludendo però gli estremismi comunicativi,
il pregiudizio sui vegani, riconosciuti come
"aggressivi" (in senso psicologico soprattutto)
e "giudicatori", è diffuso in tutta la società
ed è facilmente riconducibile anche ad un
fenomeno di dissonanza cognitiva. La teoria
della dissonanza cognitiva spiega, in breve,
come un individuo, quando scopre che
le proprie azioni sono in contraddizione
con ciò che ritiene corretto fare, arriva
a provare una sensazione di disagio e
frustrazione risolvibile solo: cambiando
il proprio comportamento, cambiando il
proprio ragionamento mentale o, infine,
cambiando la percezione della realtà. Ogni
individuo cerca il più possibile di evitare
questa sensazione di disagio e, nella realtà di
oggi, dove il traffico d’informazioni avviene
principalmente sulla rete, le dinamiche di
accesso alle stesse sono cambiate e hanno
portato a diverse conseguenze, trasformando
l’utente non più solo in un ricettore passivo,
ma in un vero e proprio attore, cercatore
di informazioni. Questo comportamento
crea nell’utente la possibilità di installare
un filtro delle informazioni, calibrato sulla
propria soglia di dissonanza: per ogni
argomento dibattuto si possono cercare
solo informazioni comode, che non creino
dissonanza e rendano ancora più monolitiche
le proprie convinzioni (cfr. Lever, Rivoltella,
Zanacchi, 2003).
Questo, per quanto riguarda il veganesimo,
è un problema bidirezionale: gli attivisti
o i fautori del movimento in generale,
rischiano spesso di chiudersi nelle proprie
certezze e informazioni, perdendo d’occhio
i diversi punti di vista e quindi indebolendo
le proprie argomentazioni; il pubblico non
convertito invece diventa più schermato e
scettico, trovando sempre più motivazioni
per loro valide, sfruttando anche le falle di
molti comunicatori del movimento vegano.
Un aspetto rilevante della dissonanza
Una volpe affamata, come vide dei grappoli d'uva che
pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in
grado. Allontanandosi però disse fra sé: "Sono acerbi". Così
anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono
a superare le difficoltà, accusano le circostanze.
La volpe ha il desiderio di assaggiare l’uva che si sporge
da un ramo sopra la sua testa, ma la distanza tra lei e
l’oggetto del desiderio non le permette di afferrarla;
la dissonanza creata dal desiderio e l’impossibilità di
compierlo, distorce la percezione della realtà della volpe,
elaborando la conclusione che l’uva sia acerba.
LA DISSONANZA COGNITIVA NELLE FAVOLE DI ESOPO
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A 37RICERCAX LA TERRA DIMEZZO
cognitiva, è la manifestazione del lo
specismo. Lo specismo viene definito
come «Un pregiudizio o atteggiamento di
prevenzione a favore degli interessi dei
membri della propria specie e a sfavore di
quelli dei membri di altre specie» (Singer,
[1975] 2003, p. 22). Semplicemente è il motivo
per cui molte persone dichiarano di amare
gli animali, ma al tempo stesso finanziano
la loro uccisione e il loro maltrattamento.
"Perchè amiamo i cani, mangiamo i maiali
e indossiamo le mucche?" è il titolo del
libro di Melanie Joy e vuole rappresentare
infatti la classica domanda che dovrebbe
generare una dissonanza nella coscienza
dei lettori. Perchè un animale viene
rispettato come un fratello e l’altro sfruttato
senza indugio? Sono domande che creano
dissonanza nella società onnivora e trovano
le possibili risposte nelle tre "tecniche di
neutralizzazione" citate precedentemente:
Quest i esempi di tecniche di
neutralizzazione della dissonanza, si
riferiscono principalmente all’aspetto
etico del consumo di carne. Ovviamente
questa situazione di conflitto interiore si
può generare su qualsiasi argomentazione,
quale la sostenibilità ecologica e sociale
della carne o le sue conseguenze sulla salute
umana.
La Prof.ssa Melanie Joy spiega come si possa
verificare un vero e proprio intorpidimento
mentale19 creato da una dissonanza cognitiva:
Ma perchè i l s istema deve arrivare fino al punto di inibire la nostra empatia? Perchè tutte queste acrobazie psicologiche? La risposta è semplice: perchè teniamo agli animali e non vogliamo che soffrano. Anche perchè li mangiamo. I nostri valori e comportamenti sono incongruenti e tale incongruenza provoca in noi un certo grado di disagio morale. Per alleviarlo, abbiamo tre scelte: possiamo cambiare i nostri valori per farli corrispondere ai nostri comportamenti; possiamo cambiare i nostri comportamenti per farli corrispondere ai nostri valori; o possiamo cambiare la nostra percezione dei nostri comportamenti così da farli apparire in armonia con i nostri valori.
• CAMBIARE IL PROPRIO COMPORTAMENTO,
infatti le poche persone che cambiano
dieta e stile di vita lo fanno perchè trovano
incompatibile il fatto di amare gli animali e
allo stesso tempo mangiarli;
• CAMBIARE IL RAGIONAMENTO MENTALE O
I PROPRI VALORI, come altri giustificano i
propri comportamenti dicendo che non
amano gli animali e mangerebbero anche il
proprio cane o gatto senza problemi;
• CAMBIARE LA PERCEZIONE DELLA REALTÀ,
la modalità con cui la maggior parte delle
persone reagisce, affermando per esempio
che il cane è intelligente mentre il maiale è
sporco e stupido,18 oppure creando proprie
necessità salutistiche come l’assunzione di
ferro, proteine e altri elementi che pensano
di poter reperire esclusivamente dalla carne.
Su questa terza opzione si è formato il nostro schema della carne. Fintanto che non daremo valore alla sofferenza animale non necessaria né smetteremo di mangiare gli animali, esso distorcerà la nostra percezione degli animali e della carne che mangiamo, così che ci sentiremo sufficientemente a nostro agio per continuare a mangiarli. (Joy, [2012] 2016 , p. 28)
Cambiare i propri comportamenti significa
cambiare le proprie abitudini e le proprie
certezze e, probabilmente, è sempre una
delle sfide più grandi e delicate per l’essere
umano.
19 "un procedimento psicologico attraverso cui ci dissociamo, mentalmente ed emotivamente, dalla nostra esperienza"18 Il maiale è un animale molto più intelligente del cane e possiede un corredo genetico tra i più simili a quello dell’uomo
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1.2.2 LA REATTANZA PSICOLOGICA: «FACCIO TUTTO CIÒ CHE NON VUOI»
Perciò un primo contatto con una realtà che
promuove i tuoi valori morali ma al tempo
stesso ti comunica indirettamente che questi
sono incongruenti con le tue azioni, non può
che suscitare una reazione di distacco ed una
percezione di offesa personale; anche senza che
ci sia stata una reale conversazione.
Questo fenomeno, accennato precedentemente,
viene spiegato dalla teoria della reattanza
psicologica, formulata nel 1966 dallo psicologo Jack
Brehm che, non a caso, da giovane lavorò con
Leon Festinger, lo psicologo che formulò la
teoria della dissonanza cognitiva. La reattanza
psicologica è una reazione dell’individuo alla
minaccia o all’eliminazione di una propria libertà;
addirittura se un comportamento libero prima
veniva percepito dall’individuo come al pari
di altre libertà, nel momento della minaccia o
dell’eliminazione di questo comportamento, esso
viene percepito come prioritario, fondamentale,
insostituibile (vedi Figura 1.3).20
È ciò che succede comunemente nelle famiglie:
i genitori vietano un comportamento al proprio
bambino e quest’ultimo trova tutti i modi per
attuarlo, poiché per ristabilire la propria libertà
di scelta, quel comportamento è diventato per lui
prioritario.21
Risulta quindi evidente che nel momento in cui
un individuo senta minacciata la propria libertà
di poter mangiare la carne piuttosto che un altro
prodotto di origine animale, la prima reazione che
egli possa avere sia quella di rigetto dell’ideale,
fino ad arrivare proprio ad una reazione contraria
di propaganda dell’ideale opposto a quello del
veganesimo. È come se il principio di Archimede
"ad ogni azione corrisponde una forza di reazione
uguale e contraria", potesse trasferirsi dalla
dinamica dei fluidi ad una dinamica comunicativa.
Da questo spostamento di ideologie si son visti
nascere movimenti pro-carne, anti-vegani,
provocazioni come l’inserimento di hashtag vegani
nelle didascalie di grigliate a base di carne. Si
può affermare che siano nate delle vere e proprie
faide, vegane e anti-vegane, che lottano come
degli eserciti, creando una guerra che ha come
unico risultato l’opacizzazione di una possibile
comunicazione assertiva ed efficace.
Un esempio di fenomeno di reattanza a livello
sociale verso il mondo vegan, è la community
"Vegano stammi lontano".
20 Bert, 2006, pp. 548-55521 È un fenomeno che viene utilizzato spesso nella psicologia inversa. La psicologia inversa è una strategia di manipolazione che si utilizza per far compiere azioni a qualcuno che non vuole compierle.
Figura 1.3 Schermate tratte dalla trasmissione Dritto e Rovescio di Rete4
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A 41RICERCAX LA TERRA DIMEZZO
1.2.3 IL FENOMENO "VEGANO STAMMI LONTANO"
Un nome che racchiude un sentimento condiviso
nei confronti della comunità vegana: "Vegano
stammi lontano" non è solo una pagina fb, non
è solo una pagina Instagram e nemmeno solo un
sito web. È una vera e propria community italiana,
che può vantare più di 150mila seguaci solo su
facebook.
"Vsl", per abbreviare, è diventato un punto di
incontro virtuale per tutti quelli che in modo più
o meno grave sono stati coinvolti dal fenomeno di
reattanza psicologica al trend Vegan (vedi Figura
1.4). Un vero e proprio sintomo della crescita
esponenziale del veganesimo che, visto come
minaccia alle tradizioni culinarie italiane, ha
portato ad un’esaltazione smodata di un alimento
che prima di questo fenomeno veniva consumato
regolarmente, senza celebrazioni pubbliche così
sensazionali.
Se quindi, quello dei vegani, dall’osservatore
esterno era considerato già come un club esclusivo,
una community come quella del "Vsl" ha solo
accentuato questo pregiudizio, richiamando a
sé anche chi non possedeva opinioni consolidate
ed estreme in merito alla propria dieta, ma
sicuramente avrebbe abbracciato più facilmente
un’opinione conservatrice in condizioni di lotta tra
le due fazioni (soprattutto per quanto riguarda le
abitudini alimentari in Italia).
Figura 1.4 Commenti nei post della pagina Facebook "Vegano stammi lontano" (http://www.facebook.com/VSLpaginaufficiale/)
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Analisi2.
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2.1 Immersione
Senza scomodare i caldi rifugi delle alpi bergamasche o le bucoliche trattorie emiliane, potremmo fare esperienza del pensiero pubblico riguardo al movimento Vegan anche soltanto provando a chiedere se ci sono opzioni vegane in un qualsiasi comune ristorante o bar di città e provincia. Le risposte sono varie e pittoresche, partendo dai più indifferenti "non abbiamo quelle cose lì" fino agli ottimisti "Certo, abbiamo le brioche integrali burro-e-miele", il tutto accompagnato spesso da commenti o domande che dipingono il vegano come un soggetto affetto da una qualche patologia o addirittura una strana forma di egoismo.
“…MA QUINDI LA PASTA LA PUOI MANGIARE?”Ma ciò che accomuna certe reazioni non è solo "ignoranza" («…nel senso che [si ignora]»22), ma anche la costruzione di preconcetti e stereotipi che legano il veganesimo alla celiachia, al salutismo o in ogni caso a tutto ciò che viene visto come una rinuncia e una restrizione verso il cibo.
Le esperienze personali possono fungere da spia e talvolta suggerire la giusta direzione per risolvere un problema, tuttavia rischiano di essere delle semplici euristiche e non permettono di clusterizzare con metodo scientifico i comportamenti e i sentimenti delle persone.
22 Baglio, Poretti, Storti, 1997, in "Tre uomini e una gamba"
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2.1.1 IMPOSTAZIONE DELLO STRUMENTO DI INDAGINE
Per distaccarsi quindi da un’osservazione
ingenua,23 è stato necessario fare un primo
passo che prevedesse l’indagine tramite
questionario. Questa survey ha accolto la
risposta di persone di qualsiasi età, sesso e
scelta alimentare, proprio perchè ha avuto
lo scopo di profilare il target in base ai
loro bisogni, le loro abitudini, le possibili
leve di marketing e solamente infine il
loro rapporto con il veganesimo. Infatti
già il titolo "Indagine su: ambiente, salute
ed etica" cerca di nascondere lo scopo del
questionario e, insieme al posizionamento
in ultima battuta delle domande relative
al proprio rapporto con il tema Vegan,
vuole evitare nelle risposte qualsiasi tipo
di condizionamento ed errore sistematico,
detto anche bias cognitivo, dato da qualche
possibile pre-giudizio.
Il questionario è stato diviso in primo
luogo nelle tre macro-aree che rientrano
nella sfera del veganesimo, "ambiente",
"salute" ed "etica", con lo scopo di indagare
la conoscenza e il rapporto dei rispondenti
con queste.
Per quanto riguarda l’area "ambiente",
si è voluto approfondire l’interesse e la
conoscenza del pubblico riguardo al tema e
le soluzioni che vengono adottate per essere
più eco-sostenibili o perlomeno verso ciò
che si pensa possa essere un comportamento
eco-sostenibile; la medesima procedura,
in modo relativo, è stata applicata per il
campo "salute". Per indagare invece sulla
Supponiamo che per misurare l’aggressività venga
somministrato ai soggetti un questionario composto da
domande del tipo "Ti è mai capitato di picchiare un tuo
compagno?", le cui possibili risposte sono "mai", "qualche
volta", "mediamente", "spesso" e "quasi sempre". Nelle istruzioni
di presentazione e spiegazione del questionario viene
inserita erroneamente una raccomandazione del tipo "Non
bisogna aver paura di manifestare la propria aggressività
e anzi le recenti ricerche indicano che l’aggressività ha
una funzione positiva e liberatoria nei rapporti sociali".
È probabile che tutti i soggetti siano portati da questa
istruzione a indicare un livello di aggressività maggiore
di quello che effettivamente hanno: tutti coloro che non
hanno mai picchiato nessuno indicheranno "qualche volta",
coloro che hanno picchiato un compagno solo qualche
volta indicheranno "mediamente", e così via. (Gnisci &
Pedon, 2016, p.239)
IL BIAS COGNITIVO NELL’INDAGINE SOCIOLOGICA
23 Gnisci & Pedon, 2016, p. 217
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ANALISIX LA TERRA DIMEZZO
questione etica, è stato utilizzato un criterio
differente, con un avvicinamento moderato
al tema del maltrattamento animale,
senza mai evidenziare in modo esplicito la
condizione di sofferenza degli animali da
reddito, sempre per evitare una misurazione
viziata. L’obiettivo specifico era infatti quello
di capire come il pubblico si rapportasse
con gli animali in generale e quale tipo di
comunicazione (in particolare il tono di
voce) risultasse per loro più efficace quando
vengono trattati temi a sfondo sociale.
Soltanto alla f ine vengono presentate
domande del loro rapporto con il veganesimo.
Una prima domanda in particolare, vuole
indagare in modo indiretto ma efficace il
rapporto degli intervistati con l’etichetta
Vegan associata ai prodotti. La domanda
infatti è stata posta nel seguente modo: «Come
pensi si debba chiamare una mozzarella
fatta con il latte di riso al posto di quello
vaccino?», conferendo una possibilità di
risposta tra le seguenti, "Mozzarella vegana",
"Mozzarella di riso", "Non si deve chiamare
mozzarella" e "Altro…". Il questionario giunge
al termine poi con domande riguardanti
l’età e il tipo di alimentazione seguita (per
favorire la clusterizzazione del target) ma
anche le loro reti sociali, per esempio come
sono venuti a conoscenza del veganesimo
e quante persone vegane/vegetariane
conoscono.
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2.1.2 RISULTATI DEL QUESTIONARIO
Il campione di utenti esaminato
corrisponde a 139 persone, di tutte le età e
generi. Infatti la lettura dei risultati ha avuto
la funzione principale di far evidenziare
possibili problemi che si ripetono con
sostanziale frequenza o che interagiscono
tra di loro portando ad interessanti
intuizioni, in modo da poter capire come
impostare una rotta che con l’implemento
di ulteriori ricerche specifiche e affidabili
possa stilare una topografia della risoluzione
del problema.
Nelle differenze di età e genere non sono
state riscontrate differenze abbastanza
salienti da dedicarne momentaneamente
un approfondimento. Forse anche la modica
quantità di risposte non ha permesso di
sottolineare i diversi aspetti sociologici,
lasciando infatti l’onere ad una ricerca di
informazioni ulteriore che verrà presentata
in fase di progetto, nell’ultimo capitolo della
tesi.
Ovviamente l’unica selezione preliminare
che è stata fatta, è quella riguardante la
scelta alimentare. L’analisi del questionario
si è specializzata nelle risposte di tutti
pienamente il significato, dichiarando infatti
nel questionario di mangiare poche verdure
e pochi legumi e sfoderando la più grande
panacea della storia dell’alimentazione,
praticamente sempre associata alla dieta
mediterranea, il dogma "mangiare un po’
di tutto". Questo è il motivo per cui, anche
se la dieta mediterranea si avvicina molto
a quella vegetariana/vegana, i rispondenti
questa scelta sono stati considerati come
onnivori.
Prendendo perciò all’unanimità
i risultati, si è notato, mediamente, un
comune interesse per le tre macro aree già
citate. Partendo dall’ambiente: l’interesse
verso il tema è risultato molto elevato, non
lasciando spazio alla minima indifferenza.
Tuttavia, ciò che le persone ritengono
un comportamento eco-sostenibile, è
anche specchio delle grandi azioni di
sensibilizzazione globale che sono state
attuate negli ultimi anni, senza tener conto
di altri aspetti fondamentali che vengono
tutt’ora nascosti ed ignorati. Per questo
motivo, una delle più grandi cause di
coloro che non seguono una dieta vegana
o vegetariana. Infatti nella richiesta della
scelta alimentare sono state proposte
diverse opzioni, innanzitutto perché c’è
effettivamente una grande eterogeneità di
diete o scelte alimentari in questo periodo
storico, infine perché molti si rispecchiano
in certi tipi di scelte anche per un fattore di
desiderabilità sociale. Questo fenomeno si
presenta frequentemente nei questionari e
bisogna prevederlo o saperlo gestire: si tratta
di una risposta non oggettiva del rispondente,
bensì basata sull’immagine che vuole dare
di sé, quindi l’immagine che ha di sé o che
vorrebbe avere. È il caso della famigerata
"dieta mediterranea", che molti italiani
sbandierano fieri con orgoglio nazionale,
poiché il nome fuorviante fa supporre che
basti vivere a ridosso del Mar Mediterraneo
per poter giovare di questa dieta. La dieta
mediterranea prevede un’alimentazione
prevalentemente vegetale, a base quindi
di verdure, cereali, legumi e frutta, con
pochissime introduzioni proteiche da fonti
animali, ma ciò nonostante se ne fanno
paladini persone che non ne conoscono
inquinamento e di impatto ambientale in
generale, che è il consumo di carne, pesce
e derivati, viene ancora sottovalutata e
considerata un problema minore rispetto
ad altri.
Come mostrato nel la Figura 2 .1 , la
complementarietà dei grafici fa dedurre
che i problemi legati all’ambiente sono
di grande interesse per i l pubblico
onnivoro, ma una delle maggiori cause di
questi problemi viene ignorata in modo
significativo, forse per non conoscenza o
forse per una dissonanza cognitiva che
manipola la percezione della realtà in
favore delle proprie credenze. Quest’ultimo
assunto viene in parte confermato da una
discordanza tra le risposte delle diverse
sezioni del questionario: chi ha dichiarato
che "Ridurre o evitare il consumo di carne,
pesce e derivati" sia un’azione poco utile
alla risoluzione dei problemi ambientali,
ha sostenuto successivamente che una dieta
come quella vegetariana/vegana, che quindi
rispecchia i principi sopracitati, sia in effetti
rispettosa dell’ambiente e possa aiutare a
salvare il pianeta.
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1 2 3 4 5
15,7% 30,4% 54%
1 2 3 4 5
67,3% 40,4% 28,9%
D: DA 1 A 5, QUANTO SEI INTERESSATO ALLA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE?
D: DA 1 A 5, QUANTO, SECONDO TE, LE SEGUENTI AZIONI POSSONO RISOLVERE I PROBLEMI AMBIENTALI? [RIDURRE O EVITARE IL CONSUMO DI CARNE E PESCE E DERIVATI]
Figura 2.1 Dati estratti dai risultati del questionario
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Anche riguardo al tema "salute", gl i
intervistati hanno mostrato un grande
interesse. A lla domanda "Quanto sei
interessato alla salute personale?", con
possibilità di risposta da 1 a 5, l’85% dei
rispondenti ha dichiarato 4 e 5.
Il trend salutista degli ultimi anni viene
confermato anche dalla domanda successiva.
Come mostrato nella Figura 2.2, una dieta
sana ed equilibrata è al giorno d’oggi uno
dei principali comportamenti che le persone
assumono per garantire a loro stessi un
corpo in salute. Addirittura "Seguire
un’alimentazione sana" condanna ad un
secondo posto "Evitare il fumo" insieme al
perseguimento di attività fisica regolare, che
sono state due delle più grandi asserzioni
con cui siamo cresciuti.
Sembra che il pensiero comune verta sul
fatto che una giusta prevenzione possa
anche diminuire i controlli medici, ma forse
questo è anche sintomo di un impulsivo fai-
da-te, che contraddistingue l’era di internet,
dei social network e delle fakenews.
Ribadendo il dato citato inizialmente (che
manifesta palesemente un alto grado
di attenzione alla salute personale) e
confrontandolo con la Figura 2.2, ci si accorge
a colpo d’occhio che c’è una discrepanza tra
le intenzioni e i reali comportamenti. Infatti
l’alcol, nonostante la sua pessima fama nel
campo del benessere, viene apparentemente
consumato senza problemi da chi si dichiara
molto attento alla propria salute.
Questo fat to sembra v iziare a lcune
risposte del questionario sempre per una
componente psicologica di desiderabilità
sociale: gli intervistati, forse, non sono
realmente interessati alla salute (o non nella
misura in cui lo dichiarano), oppure il mito
"un bicchiere di vino al giorno…" è ancora
fortemente radicato nella nostra cultura.
ALIMENTAZIONE SANA
EVITARE IL FUMO
FARE ATTIVITÀ FISICA
CONTROLLI MEDICI
EVITARE ALCOLICI
88%
73%
71%
62%
34%
D: QUALI DELLE SEGUENTI AZIONI FAI PER TENERTI IN SALUTE?
Figura 2.2 Dati estratti dai risultati del questionario
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A 57ANALISIX LA TERRA DIMEZZO
Per indagare, quindi, quanto alcune
affermazioni arrivino di fatto da un
background culturale piuttosto che da una
piena consapevolezza dell’argomento, è
stata analizzata la domanda successiva
del questionario. La domanda vuole
approfondire la concezione di "alimentazione
sana" di chi precedentemente ha dichiarato
quest’ultima come azione per mantenersi in
salute. Sia i risultati che la domanda stessa
del questionario, sono rappresentati nella
Figura 2.3, qui accanto.
È già evidente come le risposte di maggior
successo richiamino allo stereotipo della
dieta variegata, come già accennato
precedentemente in relazione alla dieta
mediterranea. Anche "mangiare molte
verdure" ha riscosso grande seguito: ci è
stato sempre insegnato, fin da piccoli, che
le verdure sono importanti. È inevitabile
quindi osservare come gli intervistati
conoscano la grande importanza delle
verdure nella nostra dieta, ma son pronti
a condannarla quando la dieta viene
presentata come vegana: questo sarà oggetto
di approfondimento nel prossimo paragrafo
(v. par. 2.2.1).
Risulta intuitivo capire dal grafico della
Figura 2.3, che la carne bianca e il pesce
vengono ancora visti come alternative
salutari ad altri cibi di origine animale
come la carne rossa, che comunque riesce
a rimanere in piedi nonostante le grandi
accuse da parte del l’Organizzazione
Mondiale della Sanità e di molte figure
professionali nel campo medico. In ogni
caso, l’importanza data nel questionario ad
una dieta povera di grassi saturi, produce
un forte attrito con la scelta consapevole di
mangiare prodotti animali, i quali sono i più
grandi portatori di grassi saturi in tutta la
piramide alimentare.
Questo è l’ennesimo indizio che suggerisce
una possibile mancanza di conoscenza
approfondita delle diverse diete e che
spinge probabilmente la maggior parte
delle persone ad "intuire" il proprio piano
alimentare sulla base del cosiddetto word of
mouth (passaparola) e dell’adattamento della
propria percezione della realtà.
MANGIARE UN PO’ DI TUTTO
PREDILIGERE INGREDIENTI INTEGRALI E NON RAFFINATI
EVITARE CARNE ROSSA
68%
63%
54%
37%
29%
27%
15%
4%
MANGIARE MOLTE VERDURE
MANGIARE POCHI GRASSI SATURI
EVITARE FORMAGGI E/O UOVA
MANGIARE BIOLOGICO
EVITARE CARNE BIANCA E/O PESCE
D: SE HAI SCELTO “SEGUIRE UN’ALIMENTAZIONE SANA”, QUALI DELLE SEGUENTI AZIONI FAI PER TENERTI IN SALUTE CON L’ALIMENTAZIONE?
Figura 2.3 Dati estratti dai risultati del questionario
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A 59ANALISIX LA TERRA DIMEZZO
Come accennato precedentemente, per
quanto riguarda l’indagine nel campo
etico, è stata utilizzata una strategia di
generalizzazione del sentimento provato
verso gli animali, senza distinzione
particolare tra animali cosiddetti "da reddito"
e quelli domestici. Inizialmente è stato
chiesto agli intervistati se, generalmente
parlando, sono amanti degli animali, con
la possibilità di scegliere una risposta
tra: "Sì", "No", "Non in modo eccessivo".
Successivamente è stata posta la domanda
che chiedeva se i rispondenti fossero o meno
possessori di animali.
Incrociando i dati di queste due domande
iniziali, si è potuto risalire alla differenza
di sentimento verso gli animali che,
statisticamente, distingue i possessori dai
non possessori. Come si può notare nella
Figura 2.4, c’è un generale sentimento
positivo verso gli animali, con un prevedibile
aumento sostanziale nei possessori, fino
ad arrivare all’86,5%. I rispondenti "No" alla
domanda "[…] sei un amante degli animali?"
fanno parte solo della categoria dei non
possessori e, comunque, corrispondono
solamente al 2,4%. Tutti gli altri rispondenti
che non hanno scelto la risposta "Sì", hanno
comunque dimostrato solo un leggero
interesse verso gli animali.
Infine, come mostrato nell’infografica di
Figura 2.4, i possessori di animali vivono
principalmente con cani e gatti, come
prevedibile.
Questi dati possono risultare particolarmente
interessanti per eventuali leve di marketing
da utilizzare successivamente nel progetto,
ad esempio cercando di a l largare la
sensibilità, già presente per gli animali
domestici, verso gli altri cuccioli o animali
sfruttati negli allevamenti.
D: IN GENERALE, SEI UN AMANTE DEGLI ANIMALI?
NON POSSESSORI DI ANIMALI
2%
45% 52%
POSSESSORI DI ANIMALI
13%
87%
Sì NON IN MODOECCESSIVO NO
D: IN GENERALE SEI UN AMANTE DEGLI ANIMALI?
D: SE POSSIEDI ANIMALI, QUALI?
Figura 2.4 Dati estratti dai risultati del questionario
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ANALISIX LA TERRA DIMEZZO
Nell’ultima parte del questionario, è stato
chiesto indirettamente agli intervistati,
di esprimere la propria opinione in merito
al veganesimo. Inizialmente è stata posta
una domanda che ha voluto indagare su
come la vegan label venga percepita dal
pubblico onnivoro, ponendo una semplice
domanda come mostrato nella Figura 2.5
accanto. All’interrogativo "Come pensi si
debba chiamare una mozzarella fatta con
il latte di riso al posto di quello vaccino?",
la maggioranza delle persone intervistate,
precisamente il 60%, ha risposto che la
mozzarella in questione si debba chiamare
con il nome del proprio ingrediente, senza
dover quindi aggiungere un’etichetta, forse
superflua. A seguire, meno della metà dei
rispondenti "Mozzarella di riso" hanno
dichiarato che secondo la loro opinione il
prodotto in questione non abbia il diritto di
utilizzare il nome "Mozzarella", in quanto
per definizione "non è un prodotto caseario"
(citando una risposta del questionario).
Infine, praticamente una persona onnivora
su dieci, pensa che la mozzarella prodotta con
il latte di riso, posso portare con sé il suffisso
"vegana". Questi risultati suggeriscono
chiaramente che l’etichettatura "Vegan" non
sia ben accetta o addirittura, in buona fede,
neanche consigliata.
È stato poi chiesto ad ogni partecipante
di rispondere ad una domanda aperta
che indagava sull’opinione del pubblico
onnivoro riguardo ad una scelta vegetariana
e vegana. I risultati sono stati sorprendenti,
trovando gran parte della popolazione
indagata in accordo con il fatto che essere
vegani sia una scelta estrema e quasi
pericolosa. Vince piuttosto il vegetarismo,
che viene paragonato ad un veganesimo
soft, simpatico, accettabile. Un altro
fattore interessante e di cui tener conto è
quello dell’associazione unica e immediata
del veganesimo al cibo: in realtà i vegani
seguono uno stile di vita, non solo una dieta,
che prevede quindi l’applicazione dei suoi
principi in svariati campi, come ad esempio
quelli dell’abbigliamento, dei cosmetici e
dei farmaci; esternamente, invece, "Vegan"
assume il significato di pratica estremista
dedita al rifiuto di certi tipi di cibo. Parte
degli estratti di queste risposte vengono
rappresentati nella Figura 2.6.
MOZZARELLAVEGANA
NON SI DEVE CHIAMARE
MOZZARELLA
MOZZARELLADI RISO 60%
26%
14%
D: COME PENSI SI DEBBA CHIAMARE UNA MOZZARELLA FATTA CON IL LATTE DI RISOAL POSTO DI QUELLO VACCINO?
Figura 2.5 Dati estratti dai risultati del questionario
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“la vegana per me è troppo estremista.”"La scelta vegetariana è comprensibile, mentre la scelta vegana la considero estrema."
"Non sono d'accordo, essendo onnivori, abbiamo bisogno di varietà nella dieta"
"Sono favorevole alla scelta vegetariana. La vegana mi sembra eccessivamente limitante."
"Una dieta di esclusione non può apportare tutti gli elementi
di una dieta completa e bilanciata."
"Non condivido la scelta vegana e apprezzo di più quella vegetariana.""Il troppo stroppia."
"Non sono d’accordo sull’estremismo."
"È una scelta difficile e forse estrema."
"Folle, estremista, poco equilibrata."
"Capisco quella vegetariana ma non quella vegana."
"Vegetariana lo condivido ma non lo pratico. Vegano non lo capisco."
Figura 2.6 Citazioni tratte dal questionario
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ANALISIX LA TERRA DIMEZZO
2.2 Insights
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2.2.1 L’IMPORTANZA DI NON CHIAMARSI VEGAN
Come dimostrano i risultati del questionario,
l’attenzione verso temi quali la salute e
l’ambiente è elevata in questo periodo
storico e coinvolge persone di ogni età. In
ultima battuta è stato dimostrato inoltre
un sentimento profondo e benevolo verso
gli altri esseri viventi, che consideriamo
dei veri e propri individui appartenenti al
nucleo familiare. Tutti questi sono valori
ormai radicati nella nostra società che nel
tempo potranno solo essere approfonditi e
tramandati.
Esiste quindi un contenitore che si
dichiara portavoce di questi valori, quali
la sostenibilità ambientale, sociale e il
benessere umano e animale?
Ovviamente si sta parlando di quel
movimento che ha preso l’attenzione di tutti
i precedenti capitoli: il veganesimo.
È stato dimostrato però che in generale,
il sentiment provato verso tutto ciò che
viene chiamato vegano non è in alcun
modo positivo. Perché, quindi, le persone
dovrebbero ripudiare uno stile di vita che
rispecchia in gran parte tutti i loro valori?
Per capire questa discordanza dobbiamo,
a l lora, cambiare punto di v ista ed
allontanarci dal contenuto valoriale del
movimento vegan e delle persone che lo
rinnegano. Probabilmente questi valori
non sono stati percepiti nel modo corretto,
quindi non sono stati comunicati in maniera
efficace: è ciò che rappresenta questi valori
che le persone ripudiano maggiormente.
Questo spiega anche il motivo per cui la
gente mangia volentieri vegano fintanto che
non ne è a conoscenza. Dalla pizza marinara
di "Gennaro", alla pasta e fagioli della nonna,
dai famosi biscotti Oreo od i classici Oro
Saiwa ad un più caratteristico panino coi
falafel di "Mimmo il kebabbaro", il cibo
vegano viene consumato quotidianamente
e con gusto anche dagli onnivori: è quando
viene inserita l’etichetta "Vegan" che anche
una semplice pasta al pomodoro può
diventare cibo incriminato.
[…] un altro (più modesto) esempio di odio verso il Vegan,
si è verificato durante il mio compleanno, l'altro giorno.
Per festeggiare ho portato in ufficio una borsa vegana
di Candy Kittens per i miei colleghi. Mentre l’editore si
è stupito di quanto fossero deliziosi, gli altri giornalisti
hanno rifiutato di prenderne uno dopo aver scoperto che
erano vegani.
"Assolutamente no", rispose uno, "Non mi fido di questo
– perché dovrei desiderare un dolce vegano?"
Preferiva mangiare un dolce pieno di ossa di manzo bollite
piuttosto che di piante. (cfr. Larbinov, 2018)
“DULCE ET DECORUM EST”
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ANALISIX LA TERRA DIMEZZO
Questo accade perché la parola Vegan
nel tempo ha accumulato una serie di
connotazioni legate ad una vera e propria
guerra di pensiero per l’ottenimento di
diritti per gli animali, una rivoluzione
pacifica nelle azioni ma aggressiva nella
comunicazione, portando a pregiudicare
un individuo vegano come un hippie, un
ribelle, una minaccia. Se un tempo questo
ruolo veniva aggiudicato ai vegetariani,
con l’avvento dei vegani i primi sono stati
graziati dall’opinione pubblica. Il vegano è
diventato l’estremista, colui che ha voluto
esasperare il concetto di vegetarismo. Anche
la consonanza tra le due parole ha creato
inevitabilmente una gerarchia di gravità
che porta il vegano ad essere un vegetariano
estremo e radicalista.
Per questo motivo la vision di tutti i genitori
è vedere i propri figli mangiare frutta e
verdura, ma nel momento in cui si realizza
attraverso il veganesimo, iniziano ad
avere serie preoccupazioni e insicurezze a
riguardo.
L’essere Vegan, posa poi le sue fondamenta in
un concetto comunicativamente esclusivo:
pone l’individuo davanti ad una scelta di
appartenere o meno ad un gruppo, togliendo
indirettamente la possibilità a chi non ne fa
parte, di poter mangiare il cibo etichettato
col nome del gruppo stesso. È così che si
costruisce un muro tra chi è vegano e chi
non lo è, tra il cibo vegano e il cibo normale,
generando una connotazione assolutamente
negativa e di privazione in tutto ciò che
viene associato alla parola Vegan. Come
lo zucchero "dei diabetici" o la pasta "per
celiaci", qui si è creato il cibo "per vegani".
A proposito di questo Pat Brown, CEO di
Impossible Food dichiara:
P E R M O LT E P E R S O N E , L A CONCEZIONE DI VEGANO È QUELLA DI QUALCUNO CHE PUNTA LORO UN DITO SE MANGIANO PRODOTTI DI ORIGINE ANIMALE. IO SONO VEGANO. MA PER MOLTE PERSONE QUESTA PAROLA – È QUASI COME UN CULTO. (CFR. SABUR, 2018)
Non è importante essere qualcosa,ma fare qualcosa.
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Sono stati analizzati i vari aspetti della scelta vegan, in rapporto all’interesse del consumatore non vegano. Ambiente, salute ed etica sembrano prendere negli ultimi anni una grande fetta di attenzione pubblica, in maniera abbastanza bilanciata tra loro.Possono quindi, questi tre aspetti, diventare una motivazione abbastanza granitica per spingere il consumatore ad acquistare un prodotto senza ingredienti di origine animale?Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto capire quanto l’interesse del pubblico verso ognuna di queste tematiche, si trasformi poi in azioni concrete, che il pubblico stesso sia disposto a perseguire fermamente ed autonomamente.
Partendo dall’etica, si può dedurre che, per quanto le persone siano affezionate agli animali (in particolare quelli domestici), la dissonanza cognitiva (v. par. 1.2.1) che si manifesta quando li trovano nel piatto, impedisce la maggior parte di loro di
prendere consapevolezza riguardo le proprie azioni. Per lo stesso motivo, molte delle campagne di sensibilizzazione risultano poco efficaci quando mostrano le crudeltà degli allevamenti: molti spettatori possono chiudere il contenuto ad alto impatto emotivo e il messaggio si ferma lì, nel canale dove è stato distribuito. A proposito di questo, Melanie Joy al seminario "Comunicazione vegan efficace",24 ha spiegato a molti attivisti vegani quanto sia importante non rendere le altre persone dei «testimoni involontari». Continua affermando che non è sempre eff icace mostrare apertamente delle scene di violenza, poiché c’è il rischio che involontariamente generiamo dei traumi nello spettatore: traumatizzare è un iter comunicativo decisamente scorretto, che può creare nell’interlocutore un senso di violenza psicologica, ponendo se stesso come vittima e l’attivista come carnefice.
Per quanto riguarda la salute, già è stata osservata la copiosa mole di preconcetti riguardo alla salubrità della scelta vegana (v.
par. 1.1.2). È sufficiente quest’informazione per capire quanto sarebbe dispendioso utilizzare una leva così svantaggiosa, che richiederebbe essa stessa un lungo impegno strategico per poter almeno ridurne il pregiudizio. È forse necessario ribadire il concetto che gli obiettivi di questo lavoro non vertono sul recupero diretto dell’equity vegana, ma innanzitutto sull’avvicinamento del pubblico al consumo di prodotti cruelty-free, con la conseguente diminuzione dei prodotti animali.
L’ambiente invece risulta essere la scelta migliore sulla quale far leva e non solo per l’incompatibilità delle prime due opzioni. L’attenzione verso l’eco-sostenibilità in questo momento storico è vertiginosa e lo confermano i dati del questionario come anche il movimento del "Fridays for future" sviluppatosi dalle proteste di Greta Thumberg, che coinvolge ormai milioni di adulti e ragazzi in manifestazioni che si espandono a macchia d’olio nelle maggiori capitali mondiali e non solo (https://www.
fridaysforfuture.org/statistics/list-towns). Data l’emergenza climatica prevista, si può essere sicuri del fatto che questo sarà un trend che non potrà permettersi di calare in breve tempo, quindi se l’interesse per l’ambiente ora è stato guadagnato con l’esigenza, più avanti verrà mantenuto alto dalla consapevolezza.L’unico fattore che ancora proscrive le persone da l l ’a ssu n z ione d i u n comportamento sostenibile nel contesto alimentare, è semplicemente una mancanza di conoscenza ed educazione al tema, che può diventare un elemento cardine nella progettazione della strategia digitale.
2.2.2 LA LEVA DI MARKETING
24 tenutosi a Milano il 13 e 14 Aprile 2019
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2.3 Case study: Beyond Meat®
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2.3.1 LA VERA LEVA
L’oltre-carne? Che cos’é? Beyond Meat® è
una start-up americana che ha re-inventato
la carne, ottenendo un successo mondiale e
posizionandosi in borsa con crescite viste
raramente nel mondo finanziario degli
ultimi anni (Gennai, 2019).
Il prodotto di lancio dell’azienda è stato il
Beyond Burger, definito da loro come "il
primo burger al mondo che assomiglia, si
cucina e gratifica come un burger di manzo,
ma è fatto interamente da piante, senza
OGM, soia o glutine".
Il CEO di Beyond Meat®, Ethan Brown, ha un
obiettivo preciso che è fondamentalmente
quello di cambiare nella testa delle persone la
loro definizione di carne. La leva di marketing
utilizzata maggiormente dall’azienda è
l’eco-sostenibilità del prodotto, rispetto al
suo concorrente principale, che è la carne.
Ethan Brown e il suo team hanno capito che
in questo momento storico e, per cause di
forza maggiore, nel futuro prossimo, ciò che
farà la differenza sul mercato sarà il basso
impatto ambientale delle aziende e dei
prodotti. Questo è ciò che vuole il pubblico,
i giovani e, quindi, il mondo di oggi e di
domani. Tutto lo scopo della loro attività
viene infatti racchiuso nella dichiarazione
"Noi crediamo che esista un modo migliore
per sfamare il pianeta", che continua con la
sanzione dei loro obiettivi e la loro missione:
LA NOSTRA MISSIONE È QUELLA DI CREARE IL FUTURO DELLE PROTEINE (THE FUTURE OF PROTEIN ®) – DELIZIOSI BURGER VEGETALI, SALSICCE E ALTRO – DIRETTAMENTE DALLE PIANTE. IL NOSTRO OBIETTIVO È QUELLO DI PERMETTERE ALLE PERSONE DI MANGIARE IN MAGGIOR QUANTITÀ CIÒ CHE AMANO, COME DEGLI HAMBURGER DALL’OTTIMO SAPORE, FORNENDO UN’OPZIONE MIGLIORE PER LA SALUTE UMANA E PIÙ SOSTENIBILE PER IL PIANETA. (BEYOND MEAT OFFICIAL WEBSITE, 2019)
Beyond Meat® promette infatti
un’alternativa che riduce più del 90% i
consumi di acqua, suolo, gas serra e il 46% in
meno di energia (come mostrato nella Figura
2.7). Questo è possibile grazie all’utilizzo
esclusivo di ingredienti vegetali, che come è
stato mostrato nel capitolo 1, ha un fattore di
conversione delle risorse in cibo nettamente
favorevole rispetto ai prodotti animali o
derivati.
Figura 2.7 Infografica di Beyond Meat che spiega la sostenibilità dei propri processi produttivi
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A 77ANALISIX LA TERRA DIMEZZO
2.3.2 LA GIUSTA STRATEGIA
Il successo di questa azienda però è
molto più recente della sua nascita, nel 2009;
la motivazione è correlata principalmente
alla storia del suo "posizionamento di
mercato", o meglio, al suo "posizionamento
nel supermercato".
Brown ed il suo team decisero che il modo
migliore per veicolare il messaggio che
Beyond Meat® fosse «una carne fatta
meglio» e quindi riuscire ad entrare nel
ventaglio di scelte del consumatore, era
quello di presentare il loro prodotto al
supermercato, nello scaffale della carne,
affianco quindi al convenzionale hamburger
di manzo. Tuttavia, quando il prodotto
uscì, i supermercati lo presentavano al
consumatore nella sezione vegetariana/
vegana. Il prodotto non ebbe il successo
previsto e Brown capì che i supermercati
non credevano nella loro mission. L’azienda
ritirò i prodotti dagli scaffali.
Brown non si scoraggiò e infine la catena
Whole Foods decise di dargli una chance,
proponendo i Beyond Burger nel reparto
carne dei propri supermercati. Da quel
momento, il prodotto iniziò a decollare e
si guadagnò l’ingresso nel listino di tutta la
catena Whole Foods. Man mano l’hamburger
conquistò terreno, sino ad entrare nei
centinaia di ristoranti Carl’s Jr. e Tyson Food;
Brown non perse tempo e fece debuttare
Beyond Meat® al NASDAQ, con un valore di
1,5 miliardi di dollari. Nei mesi successivi le
Ipo subirono un violento strappo al rialzo,
con un balzo del 500% (Ibidem).
Questo è un esempio eclatante di come una
giusta comunicazione e strategia, possano
decidere le sorti di un brand e, più in grande,
anche del mondo (tenendo conto della
missione preposta). La scelta di inserire
il prodotto nel reparto carne e, quindi,
dissociarlo dalla vendita di cibo vegetariano/
vegano, si è dimostrata vincente. Questa
strategia però, comprendeva anche altre
scelte comunicative, nascoste agli occhi del
consumatore: Beyond Meat® non ha nessun
legame con la parola Vegan!
Nelle linee guida di comunicazione del brand,
viene assolutamente raccomandato di non
associare in nessun modo l’hamburger in
questione al mondo vegano: sul packaging
non c’è scritto "Vegan", non viene certificato
dall’etichetta "VeganOk", il panino presentato
nel menù dei ristoranti non può contenere la
parola "Vegan" al suo interno.
Questa è una dimostrazione di come
l’eliminazione dell’etichetta Vegan possa
aprire le porte ad un mondo disposto a
non mangiare animali, ma non disposto a
sentirsi in colpa.
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A 79ANALISIX LA TERRA DIMEZZO
2.3.3 VERSO L'INFINITO E OLTRE
Il Beyond Burger non si ferma ai tradizionali ristoranti stelle
e strisce, ma riesce a mettere il piede dentro l’enorme scarpa dei fast
food. McDonald’s introduce per la prima volta un hamburger
di finta carne nei suoi menù e l’esperimento sarà limitato
inizialmente a 28 punti in vendita in Canada, inclusa
Toronto, dove per 12 settimane da lunedì sarà
possibile ordinare un P.L.T., ovvero "plant,
lettuce, tomato". La scalata non si ferma al
Sig. Ronald, ma continua conquistando già
635 ristoranti Subway con il The Beyond
Meatball™ Marinara, oppure con la salsiccia
Beyond Sausage™ nel menù di Dunkin.
L’ultimo nuovo prodotto che promette un altro
grande cambiamento delle abitudini di consumo
alimentare, è la finta carne di pollo. Visti i consumi
estremi di questo alimento negli ultimi anni,
Beyond Meat® ha visto bene di sperimentare
una nuova linea di prodotto dedicata. Il Beyond
Chicken è in fase di test nei punti vendita del
colosso del pollo Kentucky Fried Chicken
(KFC), che finora ha riportato risultati
sorprendenti, con un sold-out del
prodotto in meno di cinque ore dal
lancio.
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2.4 Case study: Dott.ssa Silvia Goggi
Con grande piacere ho avuto la possibilità di incontrare faccia-a-faccia la Dott.ssa Silvia Goggi, Medico Specialista in Scienze dell’Alimentazione.Silvia, come si farebbe chiamare lei, oltre ad essere coautrice delle linee guida internazionali per la pianificazione di diete a base vegetale, esercita nel suo studio privato e presso l’Humanitas San Pio X, dove risiede il primo ambulatorio dedicato a mamme e bebè che seguono un’alimentazione vegetale.Si può intuire quanto possa essere delicato il ruolo del medico che affronta il tema dell’alimentazione durante la gravidanza e lo svezzamento, soprattutto se si parla di alimentazione vegana. Gli stereotipi e la paura delle carenze proteiche creano alti muri attorno a questo argomento e i mass-media approfittano della situazione per costruirvi un tetto e chiudere definitivamente la questione.In questo clima inquisitorio, anche la via più democratica dei social-media diventa un terreno difficile su cui far coltivare conoscenza e innovazione. Gli unici che sopravvivono e che possono trasmettere in modo efficace un messaggio, sono i bravi comunicatori.Silvia è un grande medico non solo per le sue conoscenze e la sua esperienza, ma anche per aver capito che il bene del paziente dipende dalla sua volontà di stare bene e quindi, prima di tutto, da come gli viene comunicato il problema e come gli viene comunicata la soluzione.
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ANALISIX LA TERRA DIMEZZO
Seguo la Dott.ssa su Instagram da quasi un anno. Oltre all’interesse personale riguardo agli argomenti trattati, ho sempre apprezzato il modo inclusivo con il quale comunica e il suo derivante seguito di pubblico non vegano: per ironia della sorte, chi mi ha informato del suo profilo, è stato proprio un conoscente onnivoro.Perché il profilo "silviagoggi