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1 XXV Convegno SISP Palermo, 8-10 settembre 2011 Sezione: Relazioni Internazionali Panel: L’interregionalismo: un nuovo livello nella governance globale? Interregionalismo e narcotraffico: materiali preliminari per uno studio comparato Alessandra Russo 1. Presupposti teorici Lo studio del fenomeno regionalista non è certamente inedito nella disciplina Relazioni Internazionali; gli analisti evocano a tale proposito l’esistenza di vere e proprie “ondate” regionaliste, l’ultima delle quali si è manifestata nelle forme dell’interregionalismo, del multi-regionalismo e del trans-regionalismo, considerando sia il costituirsi di strutture cooperative ex novo che il rinnovamento dell’agenda di istituzioni già esistenti. Ciò si è riscontrato in contrasto ad una presunta “obsolescenza della teoria dell’integrazione regionale” 1 , e invece in linea con quanto affermato da Ludger Kuhnhardt sulla “proliferazione globale dell’integrazione regionale” 2 e da Bjorn Hettne sul “multi-regionalismo” 3 . Parallelamente, nel corso degli stessi anni Ottanta e Novanta, il concetto di sicurezza è stato progressivamente “allargato” ai settori non tradizionali (quelli militari): da un lato rielaborandolo attraverso gli approcci della “human security” e, dall’altro, agganciandolo all’esistenza di minacce quali la criminalità organizzata transnazionale ed i traffici illeciti di sostanza stupefacenti e psicotrope. Inoltre, la dimensione regionale ed interregionale della sicurezza è strettamente collegata a una concezione della sicurezza stessa che va oltre quella fondata sullo Stato nel ruolo di attore protagonista; tale prospettiva si ancora ai processi di “securitization” / “desecuritization”, per i quali si assiste ad un’ulteriore moltiplicazione delle unità di analisi: “the referent objects (things seen to be existentially threatened and that have a legitimate claim to survival), securitizing actors (who securitize issues) and functional actors (who affect the dynamics of a sector but neither being referent object nor securitizing actor)4 . L’approccio “relazionale” alla sicurezza apre quindi al concetto di “security interdependence”, che ben riassume il quadro complesso e composito, per la quale l’interconnessione si manifesta anche nei settori della sicurezza economica, politica, sociale etc. e attraverso attori sia sovra-statali che sub-statali. 1 Ernst Haas, The Obsolescence of Regional Integration Theory, Institute of International Studies University of California, Berkeley, 1975. 2 Ludger Kuhnhardt, Region Building: Global Proliferation of Regional Integration, Berghahn Books, New York, 2010. 3 Bjorn Hettne, Regionalism, Interregionalism and World Order: The European Challenge to Pax Americana, American University Council on Comparative Studies, Working Paper Series 3, 17/3/2003; Luk Van Langenhove Ana-Cristina Costea, Inter-regionalism and the Future of Multilateralism, UNU-CRIS Occasional Papers 0-2005/13. 4 Barry Buzan Ole Wæver Jaap de Wilde, Security: a new framework for analysis, Boulder, 1998, p. 36.

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XXV Convegno SISP – Palermo, 8-10 settembre 2011

Sezione: Relazioni Internazionali

Panel: L’interregionalismo: un nuovo livello nella governance globale?

Interregionalismo e narcotraffico: materiali preliminari per uno studio comparato

Alessandra Russo

1. Presupposti teorici

Lo studio del fenomeno regionalista non è certamente inedito nella disciplina Relazioni Internazionali;

gli analisti evocano a tale proposito l’esistenza di vere e proprie “ondate” regionaliste, l’ultima delle

quali si è manifestata nelle forme dell’interregionalismo, del multi-regionalismo e del trans-regionalismo,

considerando sia il costituirsi di strutture cooperative ex novo che il rinnovamento dell’agenda di

istituzioni già esistenti. Ciò si è riscontrato in contrasto ad una presunta “obsolescenza della teoria

dell’integrazione regionale”1, e invece in linea con quanto affermato da Ludger Kuhnhardt sulla

“proliferazione globale dell’integrazione regionale”2 e da Bjorn Hettne sul “multi-regionalismo”3.

Parallelamente, nel corso degli stessi anni Ottanta e Novanta, il concetto di sicurezza è stato

progressivamente “allargato” ai settori non tradizionali (quelli militari): da un lato rielaborandolo

attraverso gli approcci della “human security” e, dall’altro, agganciandolo all’esistenza di minacce quali la

criminalità organizzata transnazionale ed i traffici illeciti di sostanza stupefacenti e psicotrope. Inoltre, la

dimensione regionale ed interregionale della sicurezza è strettamente collegata a una concezione della

sicurezza stessa che va oltre quella fondata sullo Stato nel ruolo di attore protagonista; tale prospettiva

si ancora ai processi di “securitization” / “desecuritization”, per i quali si assiste ad un’ulteriore

moltiplicazione delle unità di analisi: “the referent objects (things seen to be existentially threatened and that have a

legitimate claim to survival), securitizing actors (who securitize issues) and functional actors (who affect the dynamics of a

sector but neither being referent object nor securitizing actor)”4.

L’approccio “relazionale” alla sicurezza apre quindi al concetto di “security interdependence”, che ben

riassume il quadro complesso e composito, per la quale l’interconnessione si manifesta anche nei settori

della sicurezza economica, politica, sociale etc. e attraverso attori sia sovra-statali che sub-statali.

1 Ernst Haas, The Obsolescence of Regional Integration Theory, Institute of International Studies – University of California, Berkeley, 1975. 2 Ludger Kuhnhardt, Region Building: Global Proliferation of Regional Integration, Berghahn Books, New York, 2010. 3 Bjorn Hettne, Regionalism, Interregionalism and World Order: The European Challenge to Pax Americana, American University Council on Comparative Studies, Working Paper Series 3, 17/3/2003; Luk Van Langenhove – Ana-Cristina Costea, Inter-regionalism and the Future of Multilateralism, UNU-CRIS Occasional Papers 0-2005/13. 4 Barry Buzan – Ole Wæver – Jaap de Wilde, Security: a new framework for analysis, Boulder, 1998, p. 36.

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Trattando di “security interdependence” in senso regionale ed interregionale, non si può prescindere dalla

teoria dei complessi regionali di sicurezza sviluppata da Buzan e Waever e dall’approccio introdotto da

Lake e Morgan per l’analisi dell’ordine regionale.

Nella teoria dei complessi regionali si nota come in un primo momento ha persistito la centralità del

ruolo dello Stato in materia di sicurezza5. Un complesso di sicurezza è definito infatti come “a group of

states whose primary security concerns link together sufficiently closely that their national securities cannot reasonably be

considered apart from one another”6. La definizione di complesso regionale di sicurezza viene in seguito

riveduta, per renderla compatibile alla sicurezza “allargata”: “a set of units whose major processes of

securitization, desecuritization, or both, are so interlinked that their security problems cannot reasonably analyzed or

resolved apart from one another”7. Perciò, se è vero che un complesso regionale si forma soltanto in base ai

processi di securizzazione e desecurizzazione, e che quindi la “regionness” dipende dagli aspetti di

sicurezza e si manifesta solo in questi, è altrettanto vero che una definizione più flessibile ed estesa di

sicurezza permette di concepire questi “cluster of security interdependence” secondo criteri meno esclusivi. La

teoria dei complessi regionali di sicurezza offre uno schema multilivello (livello dell’unità, livello

regionale, livello interregionale, livello globale), che porta ad esaminare la situazione interna degli Stati

nella regione, accanto alla rete delle relazioni interstatali, ma anche le relazioni della regione presa in

considerazione con le regioni limitrofe ed il ruolo delle potenze globali; l’intersezione tra questi quattro

livelli costituisce una “security constellation”8.

L’approccio di Lake e Morgan ridimensiona la rilevanza della prossimità geografica nei processi legati al

fenomeno regionalista, considerando invece l’importanza del fattore tecnologico9. Lake e Morgan

definiscono un sistema di sicurezza regionale come “a set of states affected by one transborder but local

externality that emanates from a particular geographic area”10; centrale è qui il concetto di “externalities”, “costs

(negative externalities) and benefits (positive externalities) that do not accrue only to the actors that create them”11.

Tuttavia, Lake e Morgan aggiungono che queste esternalità non si propagano necessariamente entro lo

spazio di un vicinato definito in termini geografici, ma che piuttosto si configurano come “emanazioni”

di problemi che si snodano e si dispiegano fino a fare entrare in contatto diversi attori del sistema

5 Barry Buzan – Ole Waever, Regions and Powers. The Structure of International Security, Cambridge, 2003, pp. 44-45. 6 Barry Buzan, People, States and Fear: National Security Problem in International Relations, Brighton, 1983, pp. 106. 7 Barry Buzan – Ole Wæver – Jaap de Wilde, Security: a new framework for analysis, Boulder, 1998, p. 201. 8 Barry Buzan – Ole Waever, Regions and Powers. The Structure of International Security, Cambridge, 2003, p. 51. 9 David Lake – Patrick Morgan (a cura di), Regional Orders. Building Security in a New World, University Park, 1997, p. 11. Secondo Buzan e Waever, invece, se si guarda al fenomeno regionalista dall’angolo “securitario” non si può fare a meno di convenire che “adjacency is potent for security because many threats travel more easily over short distances than over long ones”: questo perché qualsiasi minaccia o pericolo alla sicurezza si diffonde, si contagia, più facilmente e più velocemente nelle zone limitrofe all’“epicentro”. Buzan assume, in modo quasi assiomatico, che ciò si presenta come una “regola” delle relazioni securitarie; pur ammettendo che questa regola viene meno se le minacce si de-territorializzano (per esempio, da militari a economiche); oppure se ci sono in gioco degli attori la cui potenza incrementa al punto tale da permettersi di ignorare le distanze. Barry Buzan – Ole Waever, Regions and Powers. The Structure of International Security, Cambridge, 2003, p. 45. 10 David Lake – Patrick Morgan (a cura di), Regional Orders. Building Security in a New World, University Park, 1997, p. 48. 11 Ivi, p. 49.

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internazionale. In questo senso una regione si viene a creare, ossia per l’esistenza di un problema che

coinvolge più Paesi, senza che tra essi ci sia una contiguità territoriale.

2. Unione Europea e interregionalismo

Entrambi i fenomeni accennati sopra – nuove forme di regionalismo e “concezione alternativa e

inclusiva della sicurezza” – si ritrovano nei tentativi dell’Unione Europea di giocare il ruolo dell’attore

globale, potenziale protagonista di un sistema “hub-and-spoke” di dispositivi di cooperazione “bi-

regionali”, incentrato tuttavia sul concetto di partenariato. Ad oggi, infatti, l’Unione Europea ha siglato

sei accordi di cooperazione interregionale e conduce diciannove dialoghi politici con gruppi regionali12.

Esempi di rapporti con altri gruppi regionali Esempi di rapporti con altri meccanismi regionali

UE-ASEAN (1972/1978/1980/2003)

UE-CAN (1980/1983/1992/1996/2003)

UE-SICA, Dialogo di San Josè (1983/1996)

UE-SADC (1986)

UE-SADC (1986)

UE-Gruppo di Rio (1987-2005)

UE-CCG (1988)

UE-MERCOSUR (1995)

UE-SAARC (1994/1996)

UE-ECOWAS (2000)

UE-ACP (1975)

ARF (1993)

EuroMed (1995)

ASEM (1996-2004)

Summit UE-LAC (1999/2002/2004/2006)

Summit UE-Africa (2000)

Figura 1. Esempi di relazioni interregionali di vario tipo a cui partecipa l’Unione Europea. Heiner Hänggi – Ralf Roloff – Jürgen Rüland (a cura di), Interregionalism and International Relations, Routledge, Londra, p. 35.

Per comprendere compiutamente questa tendenza interregionale mostrata dall’Unione Europea è utile

ricorrere ai framework teorici offerti dalla disciplina Relazioni Internazionali. Jürgen Rüland, per esempio,

individua diverse possibili “funzioni” dei dispositivi interregionali13:

1) Balancing/Bandwagoning (di matrice realista): le coalizioni di organizzazioni regionali si spiegano

attraverso il modello dell’aggregazione di potenza o della stabilità egemonica.

2) Institution-building/Istituzionalizzazione: il rapporto interregionale si instaura in ragione della

necessità di un’azione congiunta e multilaterale; tuttavia, l’interazione si sviluppa senza una vera

e propria infrastruttura, permettendo una cooperazione flessibile e “modulare”.

3) Razionalizzazione: il rapporto interregionale risolverebbe le asimmetrie informative,

attenuerebbe i costi di monitoraggio, di transazione e di coordinamento rispetto a soluzioni

bilaterali “classiche”.

12 Karen E. Smith, European Union Foreign Policy in a Changing World, Cambridge, 2008, pp. 101-104. 13 Jürgen Rüland, The European Union as an Inter- and Transregional Actor: Lessons for Global Governance from Europe’s Relations with Asia, National Europe Centre Paper 13, Australian National University, luglio 2002.

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4) Agenda-setting: il rapporto interregionale consente più facilmente un controllo delle priorità del

dialogo politico e una costruzione del consenso rispetto a sedi negoziali a partecipazione

“universale” o di livello globale.

5) Costruzione dell’identità collettiva regionale (di matrice costruttivista): ciò che viene anche

definito “promozione del regionalismo attraverso l’interregionalismo” da parte di un attore che

gioca il ruolo di “federatore esterno”.

Nel caso dell’Unione Europea, le relazioni interregionali in cui questa è impegnata potenziano la

propria “attorialità” (“actorness”) nello stesso modo in cui il processo di “region-building” promuove il

fenomeno interregionalista ed un ordine globale in cui le regioni sono le unità fondamentali delle

relazioni internazionali14.

Una dimensione rilevante dell’azione esterna dell’Unione Europea è costituita dagli accordi di

cooperazione con altri blocchi e raggruppamenti regionali e quindi dall’instaurazione di rapporti

interregionali: questa opzione rappresenta uno strumento alquanto efficiente per migliorare la propria

posizione nel sistema internazionale, in assenza di risorse spendibili e volontà politica finalizzate a

stabilire una vera e propria politica estera comune. La promozione del proprio modello di integrazione

regionale fuori dai confini dell’Unione Europea si presenta inoltre come uno strumento per legittimare

questo tipo di governance, mostrandone l’efficacia, l’efficienza e l’appetibilità, oltre che la validità di

“un’idea tipicamente europea” da esportare: la diffusione di alcuni valori, standard, policies corrisponde

all’identità politica dell’UE quale “potenza civile”15. Accanto a questa componente normativa e di

opportunità politica, però, vi è la necessità di fare fronte a minacce, pericoli, rischi e sfide “di nuova

generazione”: problematiche che sempre più spesso vengono inserite nel contenitore vago e

controverso etichettato con il termine “sicurezza”.

3. Unione Europea e narcotraffico

La “Strategia europea in materia di sicurezza”, elaborata nel 2003, si inserisce in un certo senso nella

tendenza alla “securitizzazione” del narcotraffico: il traffico di stupefacenti viene dunque inteso

estensivamente, collegato agli altri segmenti della filiera criminale, inserito in un circolo vizioso che lega

i paesi produttori, i paesi di transito e i paesi consumatori, non solo come problema “socio-sanitario”16

14 Peter J. Katzenstein, A World of Regions. Asia and Europe in the American Imperium, Ithaca, New York, 2005. 15 Barbara Delcourt, Les paradoxes de l’Europe puissance, normative, civile…et tranquille ?, in Bernard Adam (a cura di), Europe puissance tranquille? Rôle et identité sur la scène mondiale, GRIP, Bruxelles, Editions Complexe, 2006, pp. 90-101. 16 Tossicodipendenza e delinquenza urbana, prostituzione, diffusione del virus HIV…

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ma anche come minaccia alla sicurezza, alla stabilità e alla sovranità degli Stati. Il documento

“Un’Europa sicura in un mondo migliore” dichiara infatti:

«L'Europa costituisce un obiettivo prioritario della criminalità organizzata. Questa minaccia interna alla nostra

sicurezza ha un'importante dimensione esterna: il traffico transfrontaliero di stupefacenti, la tratta di donne, di

migranti clandestini e di armi rappresenta una cospicua parte delle attività delle bande criminali. La criminalità

organizzata può avere legami con il terrorismo. Le suddette attività criminali si accompagnano spesso a Stati deboli o

in fallimento. In vari paesi produttori di droga i proventi della droga hanno alimentato l’indebolimento delle strutture

statali»17.

La preoccupazione nei confronti della criminalità organizzata transnazionale è una ricaduta collaterale

dell’evoluzione del contesto europeo nell’ultimo ventennio, caratterizzato dal vuoto creato dalla caduta

dei regimi comunisti nel vicinato orientale, dall’introduzione della libertà di movimento prevista dal

Trattato di Maastricht, dai progressi tecnologici soprattutto nel campo della comunicazione e dei

trasporti e dalle politiche di allargamento.

In particolare, però, il processo di “securitizzazione” del narcotraffico è emerso di recente

parallelamente a concetti quali “narco-corruzione”, “narco-violenza”18 e, soprattutto, “narco-

terrorismo”19: il traffico di stupefacenti viene ritenuto una possibile fonte di finanziamento delle attività

di insurgency. Il traffico di droga può essere esaminato secondo le categorie di “securitization” /

“desecuritization”, da un lato spiegando come lo strumento interregionale derivi da una interdipendenza,

reale, presunta o percepita, in materia di sicurezza, e dall’altro arrivando a legittimare politiche anti-

droga anche coercitive e caratterizzate da eccezionalità.

17 Consiglio dell’Unione europea, Un’Europa sicura in un mondo migliore - Strategia Europea in materia di Sicurezza, Bruxelles, 12 dicembre 2003, p. 4. 18 Rapimenti, estorsioni, ma anche traffico di armi e tratta di esseri umani. 19 Questo tipo di connessione è stata esplicitata nel Piano d'azione dell'UE in materia di lotta contro la droga (2005-2008). In generale, in condizioni di debolezza dello Stato e sua incapacità di controllo territoriale, i cartelli criminali agiscono sotto la protezione o con la collusione di gruppi insorgenti, oppure facendo leva sulla corruzione delle istituzioni e sul trasferimento di potere politico agli esponenti della criminalità organizzata; tutto ciò può portare alla transizione verso la forma del “narco-stato” e la completa criminalizzazione dell’economia.

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Figura 2. Criminalità associata al consumo, alla produzione e al traffico di droga. Beau Kilmer - Stijn Hoorens (a cura di), Understanding illicit drug markets, supply reduction efforts, and drug-related crime in the European Union, RAND, Cambridge, 2009.

Tutti questi motivi hanno portato l’Unione Europea a elaborare degli strumenti interregionali per

contrastare le varie facce del problema del narcotraffico, e, ancora prima, a stabilire una vera e propria

“politica di controllo delle droghe”20. La prima manifestazione “strutturata” in tal senso è costituita dal

Piano d’Azione dell’Unione Europea in materia di lotta alla droga (1995 – 1999)21, che già mostrava i

due settori politici fondamentali in cui l’Unione Europea si impegnava: la riduzione della domanda e la

riduzione dell’offerta; inoltre, introduceva un approccio “integrato” al contrasto al traffico di

stupefacenti, che includesse non solo una cooperazione sul piano socio-sanitario, su quello commerciale

e doganale e su quello giudiziario e di polizia22, ma anche la cooperazione per uno sviluppo alternativo

(in ambito soprattutto rurale, in termini di coltivazione sostitutive di quelle illegali). Ancora più

importante, già nel Piano del 1994 veniva menzionata la necessità di un’azione internazionale, in

particolare della “promozione della cooperazione con i paesi terzi prendendo a modello gli strumenti

legislativi comunitari e altri accordi internazionali pertinenti”23; oltre a ciò si accennava a programmi

diretti a raggruppamenti regionali di paesi - in particolare il Gruppo di Rio, i paesi del Patto Andino e la

Comunità degli Stati Indipendenti.

20 http://ec.europa.eu/justice/anti-drugs/index_it.htm. 21 Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo relativa ad un Piano d’Azione dell’Unione Europea in materia di lotta contro la droga (1995-1999), Bruxelles, 23/06/1994. 22 Affidata ad agenzie quali l’Osservatorio Europeo Droghe e Tossicodipendenze e Europol. 23 In realtà, già negli anni precedenti (primo Piano del 1990 e secondo Piano del 1992) la Comunità aveva cercato di affrontare il problema “droga” nelle relazioni commerciali e di cooperazione allo sviluppo con numerosi paesi terzi, per esempio attraverso l’inserimento delle clausole “droga” e “riciclaggio di denaro sporco” negli accordi di cooperazione bilaterali e/o regionali con questi paesi.

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Al Piano del 1994 è stato dato seguito, riprendendone i contenuti, dettagliandoli ed adattandoli ai

progressi istituzionali dell’Unione Europea, con la Strategia dell’Unione Europea in materia di droga

(2000 – 2004)24: l’elaborazione di tale documento era stata proposta in occasione prima del Consiglio

Europeo di Cardiff (giugno 1998), poi di quello di Vienna (dicembre 1998), durante il quale, in

particolare, è stato dichiarato che le regioni latinoamericana e centroasiatica sarebbero state prioritarie

nelle politiche europee dirette al contrasto del narcotraffico. Questa strategia quadriennale recuperava

quindi, tra gli obiettivi generali, proprio quello della cooperazione con altre organizzazioni

internazionali, e si fondava esplicitamente sui principi di corresponsabilità e partenariato, ricorrendo

tuttavia più volte a “progetti di assistenza” che presupponevano un rapporto asimmetrico con i Paesi

terzi25.

La Strategia successiva (2005 – 2012)26 è invece settennale e la sua realizzazione tuttora in corso,

seguendo le linee operative dei due Piani d’Azione relativi, quello (2005 – 2008) e quello (2009 –

2012)27. Entrambi hanno ancora una volta ribadito la rilevanza delle regioni latinoamericana e

centroasiatica, epicentri strategici della produzione e del transito di droga, aree nevralgiche di quelle

“rotte della droga” che sono il target dell’azione esterna della politica europea in questo settore. Per

quanto riguarda la cocaina, le coltivazioni, i laboratori e le raffinerie si concentrano in Colombia, Perù e

Bolivia; essa raggiunge poi i mercati europei attraverso Argentina, Brasile, Ecuador, Messico,

Venezuela. Il mercato dell’eroina invece origina in Afganistan, da un lato, e, ancora, in Messico e

Colombia, dall’altro. La merce giunge in Europa attraverso la cosiddetta “northern route” che passa

proprio per gli “stan-states”28.

Lo studio si propone di analizzare l’interregionalismo come strumento per il contrasto al narcotraffico,

attraverso una prospettiva comparata: da un lato, la cooperazione interregionale UE – America Latina e

in particolare euro-andina, dall’altra, quella UE – Asia centrale; ciò che si prende in considerazione in

via preliminare sono le variabili che hanno influenzato i percorsi di graduale istituzionalizzazione di tale

policy. Le differenze tra lo spazio centroasiatico e quello latinoamericano sono ovviamente molteplici;

eppure, le minacce non convenzionali alla sicurezza mostrano una similarità rilevante, ovviamente

anche per quanto riguarda il posizionamento sulle “rotte della droga”. D’altra parte, per valutare la

rispettiva propensione all’“inter-regionalità”, è importante notare che in seno ad ognuna delle due

24 Consiglio dell’Unione Europea, Nota del Coreper al Consiglio/Consiglio europeo: Strategia dell'Unione europea in materia di droga (2000-2004), Bruxelles, 1/12/1999. 25 Tutti questi aspetti si ritrovano ovviamente anche nel relative Piano d’Azione dell’UE in materia di droga (2000 – 2004): «Il Consiglio e la Commissione integrano le questioni inerenti alla droga negli obiettivi generali delle relazioni esterne dell’UE, inclusa una cooperazione allo sviluppo che si avvalga appieno degli strumenti della politica estera e di sicurezza comune nonché degli strumenti della politica commerciale e dell’assistenza finanziaria e tecnica». 26 Consiglio dell’Unione Europea, Nota del Consiglio: Strategia dell'Unione europea in materia di droga per il periodo 2005-2012, Bruxelles, 22/11/2004. 27 Consiglio dell’Unione Europea, Piano d’azione dell’UE in materia di lotta contro la droga (2005-2008), Bruxelles, 8/07/2005; Consiglio dell’Unione Europea, Piano d'azione dell'UE in materia di lotta contro la droga (2009-2012), Bruxelles, 20/12/2008. 28 Osservatorio Europeo Droghe e Tossicodipendenze, The State of the Drug Problem in Europe, Lisbona, 2009.

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regioni gli eterogenei livelli di sviluppo, le divergenze di interessi e di vision sui progetti di integrazione

regionale, le diverse rappresentazioni della sicurezza hanno fatto emergere una molteplicità di strategie e

istituzioni cooperative. Queste ultime sono in parte “autoctone”, ed in parte indotte dalla presenza di

una grande potenza extraregionale con un tradizionale “diritto di prelazione”, facendo emergere una

tensione tra il potere di attrazione dei rispettivi egemoni regionali e la velleità di indipendenza ed

emancipazione perseguita proprio attraverso dei tentativi regionalisti.

Prima di proseguire, è necessario notare che, in entrambi i casi di cooperazione inter-regionale, le

informazioni a disposizione sono poco sistematizzate ed aggiornate, ed i progetti avviati o in corso non

godono di adeguata tracciabilità. Il documento più completo e recente disponibile su cui ci siamo basati

è una Nota inviata dal Gruppo Orizzontale Droga al Coreper e al Consiglio29, che però risale al 200630.

4. Da Bruxelles a Lima: la rotta della cocaina

La cooperazione bi-regionale tra Unione Europea e America Latina si concretizza in una serie di

rapporti, da una parte, con la regione nella sua totalità e, dall’altra, con raggruppamenti “sub-regionali”,

caratterizzati talvolta da membership sovrapposte e geometrie variabili.

Nel primo caso, il Partenariato Strategico è stato stabilito con il Summit di Rio de Janeiro (1999),

aggiornato nel 2005 ("Un partenariato rafforzato tra l’Unione europea e l’America latina"31) e ridefinito

nel 2009 ("L'Unione europea e l'America Latina: attori globali in partenariato"32). Nel secondo caso,

invece, l’Unione Europea si relaziona in modo multiforme con il Mercosur, la Comunità Andina, il

Gruppo Rio.

Durante gli anni Novanta l’Unione Europea ha cominciato ad applicare degli incentivi positivi alle

esportazioni latinoamericane verso i mercati europei, proprio per favorire la diversificazione della

produzione e “pulire” le economie “criminalizzate” e in questo caso “narcotizzate”: il regime di

preferenza commerciale applicato infatti è stato denominato proprio “GSP-Drugs scheme”.

Nello stesso periodo venivano stabiliti due dispositivi interregionali finalizzati al contrasto al

narcotraffico: il meccanismo di coordinamento e di cooperazione sulla droga tra l'Unione europea,

l'America latina e i Caraibi e il dialogo specializzato in materia di droga con la comunità andina33.

29 La Politica europea di controllo delle droghe si fonda su dispositivi comunitari gestiti dalla Commissione ma non è sovranazionale, essendo di competenza del Consiglio (Gruppo Orizzontale Droga). 30 Consiglio dell’Unione Europea, Nota del Gruppo Orizzontale Droga al Coreper/Consiglio: The Level of Funding and the Geographic and Thematic Distribution of EU Drug Projects, Bruxelles, 18/05/2006. 31 Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: Un partenariato rafforzato tra l'Unione europea e l'America latina, Bruxelles, 8/12/ 2005. 32 Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: L’Unione europea e l'America latina: attori globali in partenariato, Bruxelles, 30/12/2009. 33 Giovanni Molano Cruz, Interregionalisme, securité et politique mondiale. Le rôle des groupes interrégionaux dans la régulation globale de politiques contre le

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Il meccanismo di coordinamento e di cooperazione sulla droga tra l'Unione europea, l'America latina e i

Caraibi è emerso nell'ambito delle priorità del piano d'azione globale di Panama: elaborato nel 1999 in

occasione di un summit bi-regionale, elencava dei settori di intervento ancora poco trattati nelle

relazioni tra i due gruppi di paesi, come il controllo dei precursori chimici e delle sostanze psicoattive a

fini scientifici e medici, la valutazione dell’interazione tra traffico di droga e traffico di armi, la

cooperazione marittima, il controllo dei capitali derivati da attività illecite e l’assistenza allo sviluppo

istituzionale, giudiziario e legislativo settoriale. Il piano d’azione globale di Panama ha, in effetti,

costituito un input ad una serie di progetti che hanno coperto diversi campi di intervento ma che si

sono concentrati principalmente sullo sviluppo alternativo. Questi ultimi, soprattutto in Bolivia e Perù,

si sono concretizzati nella realizzazione di infrastrutture sociali (sanitarie, educative) e produttive

(gestione delle risorse naturali, accesso al credito rurale, elettrificazione, costruzione di vie di

comunicazione), nella prevenzione dell’abbandono delle terre da parte dei contadini ed in generale nel

sostegno non solo al settore agricolo ma anche a quello miniero e manifatturiero34. In Colombia,

invece, il governo è stato dotato un sistema di informazione satellitare (le apparecchiature e l’assistenza

tecnica è stata fornita dalla Commissione Europea) per monitorare le piantagioni e individuare quelle

dove le coltivazioni sono illegali35. In Colombia in realtà i progetti della Commissione Europea di

sviluppo alternativo sono spesso legati alla soluzione del conflitto armato e rientrano in iniziative di

peace-building36.

La strategia regionale dell’Unione Europea verso l’America Latina in corso37 prevede esplicitamente il

contrasto al narcotraffico come specifico oggetto di cooperazione settoriale e rinnova l’impegno a

sviluppare ulteriormente i due strumenti interregionali dedicati (il meccanismo di coordinamento e di

cooperazione ed il dialogo specializzato). Gli obiettivi posti riguardano programmi di addestramento

degli agenti anti-droga e doganali, progetti di squadre investigative congiunte, lancio di iniziative di intel-

sharing e di assistenza allo sviluppo di strutture locali già esistenti (Comunidad LatinoAmericana y del

Caribe de Inteligencia Policial), e il coordinamento nel sistema di controlli non solo transfrontalieri ma

anche a livello di checkpoint internazionali.

Per ciò che concerne i progetti antidroga della Commissione, questi sono in gran parte finanziati da

linee di bilancio geografiche. Le spese per i progetti antidroga riconducibili a queste linee di bilancio

sono integrate da spese che dipendono dalla linea di bilancio B7-6310 (programmi di cooperazione

nord-sud nella lotta contro la droga e la tossicodipendenza), uno strumento globale e tematico di

trafic illicite de stupéfiants, UNU-CRIS Working Papers W-2008/11. 34 Esempi: Bolivia: “Praedac” – 19 mio. €, “Prodevat” – 6 mio. €, “Apemin” I e II – 5 e 7 mio. €; Peru: “Pozuzu-Palcazu” – 22.6 mio. €. http://www.eeas.europa.eu/drugs/cocaine_en.htm. 35 Progetto “Cartography” – 8 mio. €. http://www.eeas.europa.eu/drugs/cocaine_en.htm. 36 Due progetti per circa 70 mio. €. http://www.eeas.europa.eu/drugs/cocaine_en.htm. 37 Commissione Europea, Latin America Regional Programming Document 2007 – 2013, Bruxelles, 12/07/2007.

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sviluppo di progetti pilota a livello regionale nel settore della droga, e dallo Strumento di Stabilità,

istituito al fine di erogare aiuti finanziari su tematiche trasversali, nell'ambito della politica dell'Unione

europea in materia di relazioni esterne. Queste ultime due fonti di finanziamento hanno permesso di

stanziare i fondi necessari alla realizzazione di altri progetti:

• PRELAC, finalizzato alla diversione dei precursori chimici e implementato dall’Ufficio delle Nazioni

Unite per il Controllo della Droga e la Prevenzione del Crimine;

• Gemellaggi tra città, finalizzati a facilitazioni per quanto riguarda la prevenzione e il recupero,

implementati dalla Commissione Interamericana per il Controllo dell'Abuso di Droghe (Organizzazione

degli Stati Americani);

• Progetto “Lotta al crimine organizzato sulla rotta della cocaina”38.

Attraverso la strategia regionale, invece, l’Unione Europea ha finanziato con 6 milioni di euro il

progetto “COPOLAD” (Programma di cooperazione tra l'America latina e l'Unione europea

nell’ambito della lotta contro le droghe), che vuole incoraggiare l’elaborazione di politiche antidroga nei

Paesi latinoamericani attraverso:

- il consolidamento del meccanismo di coordinamento e cooperazione e la creazione di una

piattaforma di raccordo per le agenzie nazionali di coordinamento, responsabili delle politiche

antidroga;

- la creazione di un sistema integrato di informazioni su produzione, traffico, consumo,

criminalità associata, puntando sulle figure degli “osservatori nazionali” in via di

istituzionalizzazione in loco;

- misure di prevenzione, trattamento, recupero, riabilitazione dei consumatori di droga;

- misure per la riduzione della domanda (sviluppo alternativo, applicazione della legge)39.

Sebbene il dialogo interregionale tra Unione Europea e Mercosur sia forse l’unico caso esistente di

interregionalismo “puro”, intercorso tra due organizzazioni regionali che seguono lo stesso modello di

integrazione, la politica di contrasto al narcotraffico è molto più sviluppata come cooperazione

“regione-regione” tra l’Unione Europea e la Comunità Andina.

Come anticipato, il rapporto euro-andino di cooperazione contro il traffico illecito di stupefacenti risale

agli anni Novanta, con la creazione del “Dialogo specializzato di alto livello in materia di droga tra

l’Unione Europea e la Comunità Andina”. Uno degli aspetti interessante del processo di “inter-

regionalizzazione” euro-andina consiste nel fatto che questo è scaturito da una convergenza tra le

priorità politiche delle due regioni. Ciò significa, per esempio, che proprio nel 1990 la Comunità

38 Commissione Europea, The Instrument for Stability ─ Multi-annual Indicative Programme 2009-2011, Bruxelles, 8/04/2009. 39 http://ec.europa.eu/europeaid/where/latin-america/regional-cooperation/copolad/index_en.htm.

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Europea aveva accordato degli aiuti finanziari che erano stati richiesti dal presidente colombiano

Virgilio Barco e da quello boliviano Jaime Paz Zamora per la realizzazione di piani di sviluppo

alternativo. In seguito, nel marzo 1995, un altro presidente colombiano, Ernesto Samper Pizano, aveva

reso visita alle istituzioni comunitarie con la proposta di istituire un quadro multilaterale regionale di

cooperazione contro la droga; e pochi mesi dopo (settembre 1995), i presidenti andini, riuniti a Quito,

avevano riflettuto sulla necessità non solo di una politica comune regionale anti-droga, ma anche di un

progressivo avvicinamento ad altri gruppi regionali40. Il “Dialogo specializzato di alto livello in materia

di droga tra l’Unione Europea e la Comunità Andina” è stato poi stabilito nel novembre dello stesso

anno, definendo quattro obiettivi o ambiti di attività: 1) la cooperazione contro il narcotraffico; 2) la

cooperazione per il controllo dei precursori chimici; 3) la cooperazione giudiziaria e nel settore

investigativo contro il riciclaggio del denaro sporco; 4) l’avvio di una riflessione sulla firma da parte dei

paesi andini della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato.

Nonostante il coordinamento euro-andino sia continuato in contesti quali la Commissione mista UE –

Comunità Andina, il dialogo UE – Gruppo Rio e le conferenze interparlamentari, la specificità del

“Dialogo specializzato di alto livello” sta nelle riunioni tra tecnici, esperti di settore, responsabili delle

politiche antidroga a livello nazionale e regionale: anche se proprio il tipo di partecipazione è una delle

cause di disequilibrio tra le due parti41.

La cooperazione euro-andina in materia di droga si compone fondamentalmente di due pilastri, di cui

uno, quello legato alle preferenze commerciali, è uno strumento più unilaterale europeo che

propriamente interregionale. L’altro pilastro consiste nell’assistenza finanziaria e tecnica allo sviluppo,

ossia in quelli che vengono definiti progetti di “sviluppo alternativo”; secondo una Nota del Gruppo

Orizzontale Droga del 2006, la quota dei progetti dedicati allo “sviluppo alternativo” è nettamente

preponderante.

40 Giovanni Molano Cruz, La coopération entre l’Union européenne et la Communauté andine contre le trafic illicite de stupéfiants: une étude de cas d’interrégionalisme, Bruges Regional Integration & Global Governance Papers 4 / 2009. 41 La Comunità Andina invia alle riunioni del Dialogo rappresentanti governativi o diplomatici, mentre l’Unione manda funzionari europei. Le altre cause di squilibrio tra contributo andino e contributo europeo alla cooperazione interregionale riguardano il finanziamento dei progetti e la diversa partecipazione alla fase di realizzazione vera e propria.

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Figura 3. Distribuzione tematica e geografica dei progetti di cooperazione anti-droga euro-andina. Dati: Consiglio dell’Unione Europea, Nota del Gruppo Orizzontale Droga a Coreper/Consiglio, The Level of Funding and the Geographic and Thematic Distribution of EU Drug Projects, Bruxelles, 18/5/2006.

Ciò pone una prima dimensione problematica della cooperazione euro-andina, in quanto spesso il

concetto di “sviluppo alternativo” è oggetto di strumentalizzazioni, al fine di piegarlo ad obiettivi non

solo di contrasto al narcotraffico. Per esempio, lo sviluppo alternativo colombiano è legato, secondo il

governo di Bogotà, al “Plan Colombia” (lanciato nel 2000 dal presidente Andrés Pastrana) e alla

pacificazione del paese, e non esclude inoltre pratiche di “sradicamento forzato” delle piante di coca a

cui l’Unione Europea pare opporsi; allo stesso modo, lo sviluppo socio-economico boliviano è stato

presentato come vincolato alla realizzazione del “Plan Dignidad” (lanciato dal 1998 dal presidente

Hugo Banzer). Da notare è il fatto che entrambi i piani hanno beneficiato di un “intrusivo” sostegno

statunitense. Nel 2000, Ecuador e Venezuela sono arrivate a concepire strategie di “sviluppo alternativo

preventivo” chiedendo supporto proprio all’Unione Europea.

Dallo stesso documento del 2006 citato sopra, si delinea una seconda dimensione problematica, ossia la

prevalenza persistente di relazioni bilaterali piuttosto che interregionali.

Paese Progetti Euro Finanziatori

Bolivia 16 47.351.523 € Belgio (1), Commissione Europea (3), Francia (2), Italia (2), Germania (3),

Portogallo (1), Spagna (2), Lussemburgo (1), Regno Unito (1)

Colombia 18 87.812.191 € Francia (6), Commissione Europea (4), Italia (1), Olanda (5), Spagna (1),

Regno Unito (1)

Perù 16 61.505.122 € Austria (2), Belgio (1), Commissione Europea (1), Finlandia (1), Francia (3),

Germania (3), Italia (2), Lussemburgo (1), Spagna (1), Regno Unito (1)

Totale 50 196.668.936 €

Figura 4. Finanziamento dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri ai progetti anti-droga nei paesi sudamericani. Dati: Consiglio dell’Unione Europea, Nota del Gruppo Orizzontale Droga a Coreper/Consiglio, The Level of Funding and the Geographic and Thematic Distribution of EU Drug Projects, Bruxelles, 18/5/2006.

Almeno su questo aspetto, però, le informazioni disponibili sembrerebbero indicare una

controtendenza. Rispondendo alle priorità dichiarate con l'adozione nel 2001 del piano andino di

cooperazione per la lotta contro le droghe illecite e i crimini connessi, la Commissione Europea ha

Settore Progetti Beneficiari

Institution-building (strictu sensu) 2 Comunità andina (1), Colombia (1)

Sviluppo Alternativo 30 Bolivia (11), Colombia (10), Perù (9)

Diversione Precursori 3 Comunità andina (1), Colombia-Ecuador-Perù-Venezuela (1),

Venezuela (1)

Riciclaggio 1 Perù (1)

Altre misure di riduzione dell’offerta

(scambio di informazioni, addestramento,

formazione)

24 Venezuela (8), Colombia (7), Ecuador (4), Perù (3), Bolivia (1),

Comunità andina (1)

Riduzione della domanda 10 Bolivia (4), Perù (3), Ecuador (1), Venezuela (1),

Bolivia-Cile-Perù-Uruguay (1)

Totale 70

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perseguito un approccio regionale andino, al contrario degli altri finanziatori internazionali che invece

continuano a privilegiare la scala nazionale. Se nel 1995 la Comunità Europea aveva siglato degli

Accordi sui precursori chimici rispettivamente con Ecuador, Colombia, Bolivia, Perù e Venezuela, dal

2000 si sono svolti una serie di incontri specificatamente bi-regionali sul controllo dei precursori

chimici, alternativamente a Bruxelles o a Lima. La Strategia Regionale per la Comunità Andina 2002-

200642, pur facendo ancora riferimento alla rilevanza di progetti “da Stato a Regione” (in particolare,

svedesi e spagnoli) ha destinato circa l’8% degli stanziamenti totali a progetti regionali collegati

all’ambito “droga” (progetto “Drogas Sinteticas” – 2,55 mio. €), accanto ad altri finanziamenti della

Commissione Europea provenienti da linee di bilancio trasversali (progetto “Precan” sul controllo dei

precursori chimici – 1,6 mio. €). La Strategia Regionale immediatamente successiva ha conferito

all’attività di contrasto della droga il “rango” di priorità strategica, decretando un’erogazione di 10 mio.

€ (il 20% del bilancio totale) per il periodo 2007 – 201343. L’impegno è quello di incentivare la

regionalizzazione delle politiche andine stesse, con programmi quali “Pradican” (Programa Antidrogas

ilícitas en la Comunidad Adina) e “Drosican” (Apoyo a la Comunidad Andina en el Area de las Drogas

Sintéticas)44.

È presente, tuttavia, una terza dimensione problematica, più strutturale: il protagonismo statunitense

nelle dinamiche regionali latinoamericane, accanto all’approccio “hard” di Washington al problema del

narcotraffico in America Latina. I primi tentativi di cooperazione interregionale euro-latinoamericana in

materia di droga sono emersi parallelamente all’inserimento delle politiche anti-droga nell’agenda

transatlantica e alla creazione del Gruppo di Dublino, che riunisce in un contesto di confidenzialità e

informalità i 27 paesi dell’Unione Europea, la Commissione Europea, Stati Uniti, Norvegia, Canada,

Australia, Giappone e l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e la Prevenzione del

Crimine. Questo ambito di cooperazione è stato quindi progressivamente sviluppato all’interno dei

rapporti tra Unione Europea e Stati Uniti, senza peraltro mai sciogliere l’incompatibilità tra una

strategia di “lotta contro la droga” (europea) e una strategia di “guerra contro la droga” (statunitense).

5. Dalla “silk road” alla rotta dell’eroina

La necessità europea di occuparsi dello spazio centroasiatico, anche da una prospettiva di sicurezza non

convenzionale, non è emersa solo in relazione agli interessi per le infrastrutture energetiche; la

risistemazione territoriale seguita al collasso dell’Unione Sovietica e la presenza di frontiere

42 Commissione Europea, Regional Strategy: Andean Community of Nations 2002-2006, Bruxelles, 17/05/2002. 43 Commissione Europea, Andean Community Regional Strategy Paper 2007-2012, Bruxelles, 12/04/2007. 44 Susanne Gratius, The EU and the vicious circle between poverty and insecurity in Latin America, FRIDE Working Paper 98, 05/2010.

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estremamente permeabili ha comportato anche dei problemi di “osmosi criminogena”. Nel corso degli

anni Novanta, infatti, si è registrato un incremento esponenziale della produzione di papavero, canapa

ed efedra destinati alla trasformazione in sostanze stupefacenti o psicotrope, soprattutto in Kazakistan e

Kirghizistan. Inoltre, la porosità dei confini ha reso l’intero territorio centroasiatico uno snodo

fondamentale per le “rotte della droga” che dall’Afganistan arrivano in Russia e in Europa. La

vulnerabilità degli”stan” al problema del narcotraffico sembra essere “funzione” delle frontiere che

questi paesi hanno in comune con i maggiori produttori di droga o i mercati più ricettivi. Infatti,

Tagikistan, Turkmenistan, and Uzbekistan confinano con l’Afganistan (rispettivamente 1206 km, 744

km e 137 km); mentre Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan confinano con la Cina (rispettivamente

1533 km, 858 km e 414 km); altre rotte passano invece per il Turkmenistan e l’Uzbekistan. Accanto

all’utilizzo del territorio centroasiatico come via di transito, sorge poi il problema dell’istallazione di veri

e propri laboratori e “raffinerie”, che beneficiano dell’esistenza di strutture industriali farmaceutiche e

chimiche ereditate dal periodo sovietico45.

L’approccio europeo, volto a limitare la contaminazione del proprio territorio soprattutto da parte

dell’eroina afgana, è basato sulla costruzione di un sistema di “filtraggio”, ossia “cinture” concentriche

che intercettino e ostacolino il flusso della droga46; oltre a ciò, lo strumento TACIS (Technical

Assistance to the Commonwealth of Independent States) ha finanziato altri programmi in settori

“collaterali”, nello specifico la gestione delle frontiere e i servizi di controllo doganale. In particolare,

l’Unione Europea ha stabilito nel 2001 CADAP (Central Asia Drug Action Programme)47 – con l’invio

di un “coordinatore delle politiche anti-droga dell’Unione Europea in Asia centrale” presso la

rappresentanza della Commissione ad Almaty – e nel 2003 BOMCA (Border Management in Central

Asia)48: i due programmi sono poi confluiti l’uno nell’altro nel 2004, ed è stato attribuito loro un budget

combinato di 38,5 mio. €. Tale cifra ha permesso di elaborare un approccio “dimostrativo”, basato su

progetti pilota orientati al capacity-building istituzionale49; CADAP, nello specifico, ha provveduto alla

fornitura di attrezzature per il rilevamento di sostanze illecite, all’addestramento di personale e di unità

45 ICG, Central Asia: Drugs and Conflict, ICG Asia Report n°25, 26/11/2001; Martha Brill Olcott - Natalia Udalova, Drug Trafficking on the Great Silk Road: The Security Environment in Central Asia, Carnegie Endowment Working Paper 11, marzo 2000; Nicole J. Jackson, International Organizations, Security Dichotomies and the Trafficking of Persons and Narcotics in Post-Soviet Central Asia: A Critique of the Securitization Framework, Security Dialogue Vol. 37 n°3, 2006, pp. 299–317. 46 Una parte della cooperazione interregionale UE-Asia centrale è strettamente collegata, infatti, alle iniziative europee rivolte proprio all’Afganistan. Per esempio, nel 2005, nel quadro della “JHA-Relex Strategy” (Strategia Esterna del Settore Giustizia e Affari Interna), il Consiglio dell’Unione Europea ha previsto un pacchetto di misure di contrasto alla produzione e al traffico di eroina proveniente dall’Afganistan e in transito attraverso le rotte centroasiatiche. Consiglio dell’Unione Europea, Nota dalla Presidenza al Coreper: State of Play in Implementing the Strategy for the External Dimension of JHA: Global Freedom, Security and Justice - Action-Oriented Paper Increasing EU support for combating drug production in and trafficking from Afghanistan, including transit routes, Bruxelles, 2006. 47 Accanto ad altri due programmi antidroga da realizzarsi negli altri due settori dello spazio post-sovietico, SCAD (South Caucasus Action Drug Programme) e BUMAD (Belarus, Ukraine, Moldova Action Drug Programme). 48 Al Programma BOMCA la Commissione ha destinato 22 mio. €; questo viene però finanziato anche da un consorzio di sei Stati (Austria, Finlandia, Francia, Polonia, Regno Unito, Spagna) e dal Dipartimento di Stato statunitense. Parallelamente, il Programma CADAP è realizzato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo. Cfr. http://cadap.eu. 49 Una delle prime iniziative sostenute da CADAP è stato il progetto ADMIT (Anti-Drug Measures in Tajikistan), che offriva supporto allo sviluppo dell’autorità di controllo appena istituita in Tagikistan.

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cinofile50, e sta tentando di realizzare di un sistema di monitoraggio e raccolta di dati epidemiologici

basato su quello dell’Osservatorio Europeo Droghe e Tossicodipendenze51. Infatti, CADAP e BOMCA

sono organizzati secondo una sorta di divisione funzionale del lavoro, essendo il primo dedicato più alla

riduzione della domanda ed il secondo alla riduzione dell’offerta di droga. Nell’ambito di CADAP,

quindi, la cooperazione tra Unione Europea e repubbliche centroasiatiche avviene attraverso

l’assistenza al settore sanitario e a quello degli interni, quest’ultimo coinvolto per la realizzazione di

riforme della legislazione penale e dei sistemi penitenziari per quanto riguarda il trattamento della

tossicodipendenza. Ciò non significa che una parte delle attività del Programma CADAP non siano

anche state rivolte a promuovere un coordinamento tra i servizi di informazione e tra le rispettive

agenzie nazionali, soprattutto nel controllo delle stazioni portuali, aeroportuali e ferroviarie (soprattutto

per quanto riguarda i porti di Aktau, in Kazakhstan, e di Turkmenbashi, in Turkmenistan e il traffico tra

questi ed il porto di Baku).

Tuttavia, il successo di questi programmi è stato messo alla prova dall’evacuazione delle forze russe

stanziate a protezione della frontiera tagiko-afgana: lo spostamento – incoraggiato da Londra – di una

parte delle risorse europee nella gestione di questo confine hanno attirato su questi programmi l’accusa

di essere politicizzati e piegati agli interessi geopolitici di singoli Stati membri52.

Lo strumento TACIS è stato soppresso – formalmente – nel 2007, provocando il passaggio dei

finanziamenti dei programmi europei verso la regione centroasiatica sotto l’ombrello dello Strumento di

cooperazione allo sviluppo ed economica (DCECI). Sempre nel 2007, l’Unione Europea ha elaborato

due strategie più organiche ed integrate per la cooperazione con gli “stan” centroasiatici: una è stata

predisposta a livello intergovernativo (The EU and Central Asia: Strategy for a New Partnership53),

l’altra dalla Commissione (Regional Strategy Paper for Assistance to Central Asia54). Quest’ultimo,

proseguimento di un documento elaborato già nel 2002, ha individuato come settore di cooperazione

distinto proprio la politica anti-droga, accorpandola ancora alla gestione delle frontiere. Questo è stato

poi il presupposto per la predisposizione di un piano d’azione dedicato55 - anche questo anticipato da

un documento omologo nel 2002.

50 Una parte dei cani è stata però usata per il pascolo…George Gavrilis, Beyond the Border Management Programme for Central Asia (BOMCA), EUCAM Policy Brief 11, novembre 2009, p. 3. 51 Iniziative “NADIN” (National Drug Information Systems)“DAMOS” (Drug Abuse Monitoring System). Le altre aree di intervento previste dal Programma CADAP riguardano la prevenzione e la cura della tossicodipendenza nelle carceri (“TREAT”) e la realizzazione di campagne di comunicazione (“MEDISSA”). EuropeAid – Ufficio di cooperazione della Commissione Europea, Evaluation of Council Regulation 99/2000 (TACIS) and its implementation. Synthesis Report, Vol. 3 All. 6-7, Bruxelles, gennaio 2006, p. 78-97. 52 ICG, Central Asia: What Role for the European Union?, Asia Report 113, 10/04/2006, p. 13. 53 Consiglio dell’Unione Europea, The EU and Central Asia: Strategy for a New Partnership, Bruxelles, 31/05/2007. 54 http://ec.europa.eu/external_relations/central_asia/rsp/07_13_en.pdf. 55 Consiglio dell’Unione Europea, Action Plan on Drugs between the EU and the Central Asian Republics 2009 – 2013, Bruxelles, 19/05/2009.

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Tentando di adottare una prospettiva d’insieme di queste dichiarazioni56, si può notare innanzitutto una

propensione predominante a finanziare progetti riguardanti riforme delle agenzie di law-enforcement, del

settore legislativo e giudiziario: tutto ciò che può essere definito dall’etichetta dell’“istitution-building” in

senso ampio. Per esempio, il piano d’azione del 2009 si è impegnato a sostenere l’“Iniziativa dell’UE

per lo Stato di diritto in Asia centrale” e prevede il finanziamento, attraverso lo Strumento di Stabilità,

del progetto “Interpol in Central Asia” (3 mio. €). Per lo stesso periodo, la Commissione ha deciso di

co-finanziare (1,2 mio. €) il progetto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e la

Prevenzione del Crimine “Cooperazione regionale per il controllo dei precursori tra l’Afganistan e i

paesi limitrofi”, che comprende appunto programmi di addestramento e formazione57. Infine, la

Commissione ha ribadito il proprio supporto al Centro regionale di informazione e coordinamento per

l'Asia centrale (CARICC), stabilito per favorire l’interoperabilità dei vari enti ed attori nazionali che si

occupano di contrasto al narcotraffico, dalla polizia agli agenti doganali, dalle guardie di frontiera ai

servizi di sicurezza.

Quest’aspetto, se da una parte è perfettamente compatibile con lo status ancora “in transizione” di

questi paesi, dall’altro crea una diversione delle risorse da ambiti di intervento come lo sviluppo del

settore non governativo e della società civile, e ancora di più, lo sviluppo alternativo. La cooperazione

interregionale pare inoltre improntata ad un approccio “top-down” teso a impiantare in loco pratiche che

non risolvono quelle disfunzioni strutturali che rendono gli agenti doganali e le forze dell’ordine

particolarmente vulnerabili alla corruzione.

Tutto ciò è percepibile se, come nel primo caso studiato, si ricorre ai dati reperibili nella Nota del

Gruppo Orizzontale Droga del 2006:

Settore Progetti Beneficiari

Institution-building (strictu sensu) 1 Kirghizstan

Sviluppo Alternativo 0 //

Diversione Precursori 3 Asia centrale (1); Turkmenistan (1);

Uzbekistan – Tagikistan – Kazakistan – Kirghizistan - Turkmenistan (1)

Riciclaggio 2 Tagikistan

Altre misure di riduzione dell’offerta

(scambio di informazioni,

addestramento, formazione)

10 Asia centrale (4); Kirghizistan (1); Turkmenistan (1);

Uzbekistan – Kazakistan (1); Comunità Stati Indipendenti (1);

Turchia – Turkmenistan (1);

Asia centrale – Russia – Azerbaigian – Afganistan (1)

Riduzione della domanda 2 Europa Orientale – Asia centrale (1); Kirghizistan (1)

Totale 18

Figura 5. Distribuzione tematica e geografica dei progetti di cooperazione anti-droga euro-centroasiatica. Dati: Consiglio dell’Unione Europea, Nota del Gruppo Orizzontale Droga a Coreper/Consiglio, The Level of Funding and the Geographic and Thematic Distribution of EU Drug Projects, Bruxelles, 18/5/2006.

56 Confermata dai comunicati finali di altri contesti in cui gli Stati membri hanno affrontato il problema del narcotraffico in Asia centrale (Conference of the Central Asia Border Security Initiative, incontro annuale a Bishkek; riunioni dei “mini-gruppi” di Dublino; EU-Central Asia Ministerial Forum on Security Challenges, Parigi, 18/9/2008; Ministerial Conference on Border Management and Drug Control, Dusanbe, 21-22/10/2008). 57 Per quanto riguarda il controllo dei precursori, la Commissione coordina la partecipazione europea alle iniziative delle Nazioni Unite Operation TARCET / Project Cohesion.

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Gli stessi dati sembrano confermare quanto affermato nella strategia del Consiglio:

«The EU Strategy aims at a balanced bilateral and regional approach. The EU will balance policy approaches in Central Asia

according to the differing needs of every country and to the performance of each country. The EU will foster regional cooperation among

Central Asia states and between Central Asia states and other regions. Bilateral cooperation will be of special importance»58.

Sui 16 progetti presi in considerazione nella Nota del Gruppo Orizzontale Droga del 2006, solo 4 sono

stati finanziati dalla Commissione: altri 7 dalla Francia, 3 dal Regno Unito, 1 dall’Austria e 1 dalla

Svezia. In seguito, il Piano d’Azione del 2009 ha esplicitato la prevalenza di relazioni bilaterali anche in

senso “speculare”, allocando il 30% delle risorse totali riservate all’Asia centrale alla cooperazione

regionale e il 70% alla cooperazione bilaterale.

La Commissione ha sempre mostrato, nei confronti dell’Asia centrale, un atteggiamento di incertezza

tra un approccio regionale e un’attitudine orientata a valorizzare le specificità dei singoli paesi, finendo

spesso col realizzare, perciò “projects with a national orientation under a regional strategy rather than, as desired,

regional projects with national implementation”59. Di conseguenza, la stessa valutazione europea sulla

cooperazione interregionale UE – Asia centrale è risultata alterna. Da una parte è stato affermato che le

misure intraprese hanno agito da catalizzatore per la creazione di nuovi meccanismi regionali: “Central

Asia programmes have been effective in many cases in creating a system of regional networks or mechanisms enabling joint

identification of priorities and mutual interest projects”60. Dall’altra parte, si è riconosciuto che i tentativi di

cooperazione non hanno investito realmente in un’istituzionalizzazione della dimensione regionale

centroasiatica, cercando solo limitatamente e recentemente una sponda nelle organizzazioni regionali

esistenti quali l’Organizzazione di Shanghai per la Cooperazione, l’Organizzazione del Trattato di

Sicurezza Collettiva, la Comunità Economica Eurasiatica o la Conferenza per l’interazione e le misure

di fiducia in Asia, senza specificare i termini in cui questi contatti potrebbero realizzarsi. L’unica

iniziativa in questo senso è stato il finanziamento, attraverso lo Strumento di Stabilità, di un progetto di

cooperazione trans-regionale (“Fighting organised crime on the heroin route”) con i membri

dell’Organizzazione di Cooperazione Economica, che però comprende, oltre alle cinque repubbliche

centroasiatiche, anche Iran, Afganistan, Pakistan, Azerbaigian e Turchia61.

Il programma TACIS – come già anticipato – non è più in essere e la sua finalità era più quella di

accompagnare i paesi dello spazio ex-sovietico verso la realizzazione di modelli economici occidentali

che quella di creare le premesse per una cooperazione stabile tra Unione Europea e Comunità degli

Stati Indipendenti; inoltre ai diversi “settori” dello spazio post-sovietico corrispondono, da parte

dell’UE, diversi framework di dialogo, varie prospettive politiche e policies – è sufficiente pensare che

58 The EU and Central Asia: Strategy for a New Partnership, p. 11. 59 ICG, Central Asia: What Role for the European Union?, Asia Report 113, 10/04/2006, p. 11. 60 Regional Strategy Paper for Assistance to Central Asia, p. 21 61 Action Plan on Drugs between the EU and the Central Asian Republics 2009 – 2013.

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Armenia, Bielorussia, Ucraina, Azerbaigian, Moldavia e Georgia afferiscono allo Strumento Europeo di

Vicinato e Partenariato e non allo Strumento di cooperazione allo sviluppo ed economica.

Così come per la cooperazione interregionale euro-andina, anche nel caso euro-centroasiatico è

possibile individuare delle cause di inefficienza che derivano dalle caratteristiche dei processi di

regionalizzazione locali. Se l’Unione Europea non ha stabilito un dialogo – finalizzato anche al

contrasto al narcotraffico - con le organizzazioni regionali che coinvolgono i cinque “stan”, ciò non

significa che queste non abbiano elaborato delle politiche anti-droga. Anzi, in un contesto di

“patologia” non cooperativa centro-asiatica – riferendosi alle poche possibilità che ha questo spazio

regionale di evolvere verso un cluster regionale integrato – la cooperazione funzionale e settoriale

specifica sembra quella più efficace: già nel 1996, Kazakistan, Uzbekistan e Kirghizistan hanno siglato

un Accordo di cooperazione contro il traffico di droghe e altre sostanze psicotrope, che prevedeva

anche la creazione di gruppi congiunti preposti al rilevamento delle attività criminali. Accanto a ciò, è

stata istituita anche una Commissione di controllo del narcotraffico, operativa però solo per un periodo

molto limitato (1999-2001). Nell’aprile 2000 Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan e Tagikistan sono

giunti, a Tashkent, a un accordo di cooperazione per contrastare il terrorismo, l’estremismo politico e

religioso, il traffico di armi e stupefacenti e il crimine organizzato transfrontaliero, prevedendo anche

attività di intel-sharing, covert operations e il dispiegamento comune di forze armate.

Il problema è che, mentre le strategie interregionali europee tendono ad interfacciarsi con la regione

centroasiatica, i cinque “stan” non si sono ancora coagulati in dispositivi regionali che prescindano dal

ruolo della Russia (e più recentemente della Cina)62.

6. Note conclusive: una prospettiva comparativa.

Come anticipato, la comparazione tra i due casi avviene secondo una “most different system analysis”: la

regione sudamericana e quella centroasiatica appartengono a due sistemi geopolitici molto diversi;

eppure la natura dei due dialoghi interregionali mostra delle caratteristiche ricorrenti, quali l’assenza di

un rapporto perfettamente reciproco e simmetrico tra gli attori coinvolti (ispirato quindi più a politiche

di assistenza che di partenariato63) e lo scarso peso delle relazioni propriamente bi-regionali. Lo

squilibrio registrato nei settori di intervento (sviluppo alternativo per quanto riguarda la Comunità

andina, gestione delle frontiere per quanto riguarda l’Asia centrale) riflette l’appartenenza dei due gruppi

62 La cooperazione di contrasto al narcotraffico è stata trattata sia in ambito OTSC (Vertice di Dusanbe, 28/4/2003; serie di Operazioni “Kanal”, dal novembre 2003, che coinvolgono agenti di dogana, di frontiera e di polizia) che in sede OSC (Dichiarazione di Bishkek del 1999, Accordo specifico sul narcotraffico del giugno 2004). Anche la Comunità degli Stati Indipendenti ha trattato la questione, creando dei meccanismi di coordinamento e pianificando, recentemente, l’Operazione Afghan Islom-2011 (Russia, Tagikistan, Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan). 63 Un rapporto che potrebbe essere definito finanziatore-beneficiario.

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di paesi a segmenti diversi della filiera criminale: coltivazione e produzione di sostanze stupefacenti nel

primo caso, narcotraffico nell’altro.

Secondo il Rapporto di Valutazione dei Programmi di cooperazione nord-sud nella lotta contro la

droga e la tossicodipendenza – l’ultimo pubblicato risale al 200264 – la Commissione spesso non agisce

secondo una strategia organica, anche se una delle tendenze più riscontrabile è proprio l’evoluzione

graduale verso approcci regionali (“multi-country”) fondati sul concetto di “rotte della droga”. Tuttavia, il

coinvolgimento di organizzazioni regionali nella fase di implementazione, realizzazione, esecuzione dei

progetti finanziati è ancora sottodimensionato. Per quanto riguarda la riduzione della domanda, gli

interventi hanno un impatto a livello “micro” ma non riescono a trattare la dimensione epidemiologica

della consumo di sostanza stupefacenti – si prenda ad esempio il fallimento del progetto di

Osservatorio regionale della tossicodipendenza da istituire in Venezuela. Per quanto riguarda la regione

centroasiatica, uno degli ostacoli principali è il sottosviluppo del settore non governativo locale,

soprattutto a livello transnazionale, che invece potrebbe costituire il riferimento per le iniziative

riguardanti il recupero e la riabilitazione. Per quanto riguarda la riduzione dell’offerta, le misure di

controllo dei precursori e di contrasto al riciclaggio del denaro sporco, i progetti di sviluppo alternativo

(in ambito rurale) e di sviluppo istituzionale sono di difficile realizzazione su base regionale: i dispositivi

di cooperazione locali, infatti, non creano uno vero e proprio spazio giudiziario comune, né tantomeno

prevedono meccanismi di armonizzazione legislativa o di scambio di informazioni “sensibili”. I processi

di regionalizzazione, in entrambi i casi studiati, pongono l’accento sulla dimensione intergovernativa e

sul mantenimento delle prerogative legate alla sovranità nazionale; inoltre sono esposti alla presenza di

potenze regionali che hanno strategie diverse da quelle promosse dall’Unione Europea e maggiore

capacità di azione nelle regioni considerate.

La causa della similarità dei risultati dei due dialoghi interregionali potrebbe risiedere, quindi, nelle

caratteristiche del regionalismo latinoamericano, da un lato, e “post-sovietico”, dall’altro – Comunità

andina e Asia centrale rappresentando solo dei casi esemplificativi.

I due sistemi regionali mostrano, infatti, degli aspetti di “eteronomia”, ossia sono percorsi da una serie

di iniziative cooperative regionali istituite tramite degli input esterni, per soddisfare le intenzioni

egemoniche di Washington da un lato (“egemonia emisferica”) e di Mosca dall’altro (“egemonia

eurasiatica”).

Parafrasando i concetti sviluppati da Buzan e Waever, si posso ipotizzare i motivi del “fallimento” o

della debolezza di un “complesso interregionale di sicurezza”. Il primo motivo potrebbe risiedere in un

64 EuropeAid – Ufficio di cooperazione della Commissione Europea, Evaluation of EC North South Cooperation on drugs - Final report, Bruxelles, 30/08/2002.

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“overlay”: nel caso dei rapporti interregionali questo si manifesta nel ruolo delle due grandi potenze

extraregionali con un tradizionale “diritto di prelazione”, che sembrano lasciare uno spazio di manovra

marginale, residuale all’azione dell’Unione Europea.

Il secondo motivo potrebbe invece consistere nel fatto che ognuno dei due cluster regionali mostra

eterogenei livelli di sviluppo, divergenze di interessi e di vision sui progetti di integrazione regionale,

diverse rappresentazioni della sicurezza che hanno fatto emergere in ognuna delle due regioni una

molteplicità di strategie e istituzioni cooperative65.

Secondo uno studio sulle regole di partecipazioni alle organizzazioni regionali66, l’eterogeneità dei

membri può essere mitigata attraverso delle strategie organizzative e delle operazioni di ingegneria

istituzionale: da una lato, stabilendo molteplici istituzioni, dall’altro ponendo in essere un tipo di

integrazione differenziata; la via della “geometria variabile” e della “velocità multipla” è stata battuta in

primis proprio dall’Unione Europea, sullo sfondo di una cooperazione estensiva che ha agito ed agisce

come tessuto connettivo. Tuttavia, l’esistenza di organizzazioni distinte a livello strutturale ma troppo

simili a livello di agenda e obiettivi, e soprattutto coordinate in modo poco organico, il frequente

ricorso a strategie di “pick and choose” da parte degli Stati membri e gli assi di interazione del tipo

“spaghetti bowl”67 sono fattori che inibiscono la compattezza regionale. Sia la regione latinoamericana che

lo spazio post-sovietico sono attraversate da una molteplicità esasperata di strutture cooperative,

alleanze, coalizioni, allineamenti che rendono complesso, disorientato e parziale ogni tentativo

interregionale.

65 Per quanto riguarda la regione centroasiatica, la ricerca condotta per la mia tesi di laurea mi ha portato ad associare il regionalismo centroasiatico all’immagine del caleidoscopio; Cfr. Ikboljon Qoraboyev, Around the Names of Regions: the Case of Central Asia, UNU-CRIS Working Papers 5, 2010; Ikboljon Qoraboyev, From Central Asian Regional Integration to Eurasian Integration Space? The Changing Dynamics of Post-Soviet Regionalism, EDB Eurasian Integration Yearbook 2010, Almaty, 2011. Sulla regione latinoamericana, particolarmente efficace è l’immagine riportata di seguito: “Regionalism in Latin America is not just a single tidy entity but has given way to many coexisting and competing projects with fuzzy boundaries […] Once we draw open the heavy curtains that close this overture, as in the richest of Puccini’s opera, one can discern a complex stage with multiple scenes, concert pieces and arias”. Diana Tussie, Latin America: contrasting motivations for regional projects, Review of International Studies, Vol. 35, 2009, pp. 169–188. 66 Judith Kelly, The Role of Membership Rules in Regional Organisations, ADB Working Paper Series on Regional Economic Integration 53, 2010. 67 Philippe De Lombaerde – Luis Jorge Garay, The New Regionalism in Latin America and the Role of the US, OBREAL/EULARO Background Paper, aprile 2006; Eurasian Development Bank (a cura di Evgeny Vinokurov), The System of Indicators of Eurasian Integration 2009, Almaty, 2010.

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Cronologia delle attività dell’Unione Europea in materia di politica anti-droga.

1988 Participation in the Conference on the Illicit traffic in narcotic drugs and psychotropic substances, Vienna

Ratification of the UN Convention against illicit traffic in narcotic drugs and psychotropic substances

Creation at the initiative of the European Parliament of a specific line in the European budget to combat

drugs

1989 Letter on the drug phenomenon from President Mitterrand to EC Heads of Government and to the

President of the Commission

Creation of the European Committee to Combat Drugs (CELAD) composed of the national drug

coordinators of the EEC Member States

1990 Adoption in December by the Rome European Council of the first European plan to combat drugs

1992 Signing of the Maastricht Treaty on European Union which refers for the first time in an EU Treaty to

the fight against drugs in the framework of action in the field of public health

European drug prevention week, November Revision of the first European plan to combat drugs

approved by the Edinburgh European Council in December

1993 Entry into force of the Maastricht Treaty on European Union

1994 Creation of the Europol Drugs Unit, the forerunner to Europol, as a non-operational unit

European Drug Prevention Week, October

1995 Conference on 'Policies towards drugs in Europe' jointly organised by the European Parliament, the

Presidency of the EU Council of Ministers and the European Commission, March

Adoption in June of a new EU Action Plan to combat drugs, 1995-1999

1996 Adoption in December of the Community action programme on the prevention of drug dependence,

1996-2000

1997 Agreement in June on the draft Treaty of Amsterdam strengthening the provisions on drugs included in

the Maastricht Treaty

1998 Entry into force of the Europol Convention

European drug prevention week, November

1999 Entry into force on 1 May of the Treaty of Amsterdam strengthening the provisions on drugs included in

the Maastricht Treaty

15-16 October: Tampere European Council

Adoption by the European Council in December at Helsinki of the European Union drugs strategy

(2000-2004)

2000 Endorsement of the EU action plan on drugs (2000–2004) at the Santa Maria da Feira European Council

in June

2001 Adoption by the Commission of the Communication to the Council and the European Parliament on the

implementation of the EU action plan on drugs (2000-2004)

Signature on 26 February of the Treaty of Nice

2002 Adoption by the Commission of the Communication to the Council and the European Parliament on the

mid-term evaluation of the EU action plan on drugs (2000-2004)

Adoption on September of a new Community action programme for public health

2003 Entry into force on 1 February of the Treaty of Nice

18 July: draft Treaty establishing a Constitution for Europe

2004 18 June: Heads of States agreed on a European Constitution

5November: adoption of the Hague Programme by the European Council

22 November: adoption of the EU drugs strategy (2005-2012)

2005 14 February, endorsement by the Commission of a Communication on a EU drugs action plan (2005-

2008)

June: endorsement by the Councilof the Action Plan implementing the Hague programme

June: endorsement by the Council of the EU Drugs Action Plan (2005-2008)

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2006 26 June: Green paper on the role of Civil Society in Drugs Policy in Europe 2006

12 December: Recast of the Regulation creating the EMCDDA

2007 April: Report from the Commission on the implementation of the Council Recommendation of 18 June

2003 on the prevention and reduction of health-related harm associated with drug dependence

25 September: adoption by the European Parliament and the Council of the Specific programme Drug

Prevention and information 2007-2013 as part of the General Programme Fundamental Rights and

Justice

2008 Council adopts a Decision defining BZP as a new psychoactive substance which is to be made subject to

control measures and criminal provisions

September: Report of the final evaluation of the EU Drugs Action Plan (2005-2008)

December: endorsement by the Council of the EU Drugs Action Plan (2009-2012)

Figura 6. Adattamento dalla pagina dell’Osservatorio Europeo Droghe e Tossicodipendenze:

www.emcdda.europa.eu/html.cfm/index2982EN.html.

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Kazakistan Kirghizistan Tagikistan Turkmenistan Uzbekistan Russia

Comunità degli Stati Indipendenti (1991) X X X 1991 – 2005 X X

Trattato di Sicurezza Collettiva (1992) Organizzazione del Trattato di Sicurezza

Collettiva (2002)

X X X 1992 – 1999;

2006 - X

Comunità Economica Eurasiatica (2001) X X X 2006 - X

Comunità Centroasiatica (1991) Unione

Economica Centroasiatica (1994) Cooperazione Economica

Centroasiatica (1998) Organizzazione della Cooperazione Centroasiatica (2002)

X X 1991 - 1994;

1998 - 1991 – 1994

1991- 1998; 2005 -

2004 -

Gruppo dei Cinque/di Shanghai (1996) Organizzazione di Shanghai per la

Cooperazione (2001) X X X 2001 - X

Zona centroasiatica libera da armi nucleari X X X X X

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Bolivia Brasile Cile Colombia Ecuador Messico Perù Venezuela Stati Uniti

Alleanza Bolivariana per le Americhe X X X

Associazione Latino-Americana di Integrazione

X X X X X X X X

Comunità Andina X 1969-1973 X X X 1976-2003

Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici

X X X X X X X

Gruppo Rio X X X X X X X X

Mercosur X X

Organizzazione degli Stati Americani X X X X X X X X X

Unasur (Unione delle Nazioni Sudamericane)

X X X X X X X X