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P.12 SPECIAL FREE ISSUE - N.402 - 12 NOVEMBRE 2019 YAMAHA TÉNÉRÉ 700 VS KTM 790 LA PROVA P.66 Vintage da corsa a Pergusa EICMA P.94 “Eicma è un tuffo nell’entusiasmo” EDITORIALE Tutte le novità 2020, in foto e in video.

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P.12

SPECIAL FREE ISSUE - N.402 - 12 NOVEMBRE 2019

YAMAHA TÉNÉRÉ700 VS KTM 790

LA PROVA

P.66

Vintage da corsaa Pergusa

EICMA

P.94

“Eicma è un tuffo nell’entusiasmo”

EDITORIALE

Tutte le novità 2020,in foto e in video.

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2 3MOTO. I T MAGAZ INE N. 402 MOTO. I T MAGAZ INE N. 402

PROVA PROVA

comparativaYAMAHA TÉNÉRÉ 700VS KTM 790ADVENTURE

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4 5MOTO. I T MAGAZ INE N. 402 MOTO. I T MAGAZ INE N. 402

PROVA PROVA

KTM 790ADV

12.990 EURO

MOTORE BICILINDRICO IN LINEA

TEMPI 4

CILINDRATA 799 cc

RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO

CAMBIO A 6 MARCE

TRASMISSIONE FINALE CATENA

POTENZA MASSIMA 95 CV A 8.000 GIRI

COPPIA MASSIMA 88 NM A 6.600 GIRI

EMISSIONI EURO 4

TELAIO IN ACCIAIO

PNEUMATICO ANT. 90/90 - 21

PNEUMATICO POST. 150/70 R18

CAPACITÀ SERBATOIO 20 LT

ALTEZZA SELLA 850 MM

PESO 189 KG A SECCO

YAMAHA TÉNÉRÉ 700

9.790 EURO

MOTORE BICILINDRICO IN LINEA

TEMPI 4

CILINDRATA 689 cc

RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO

CAMBIO A 6 MARCE

TRASMISSIONE FINALE CATENA

POTENZA MASSIMA 75 CV A 9.000 GIRI

COPPIA MASSIMA 68 NM A 6.500 GIRI

EMISSIONI EURO 4

TELAIO BACKBONE IN ACCIAIO

PNEUMATICO ANT. 90/90 - 21 M/C

PNEUMATICO POST. 150/70 R18 M/C

CAPACITÀ SERBATOIO 16 LT

ALTEZZA SELLA 880 MM

PESO 187 KG A SECCO

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6 7MOTO. I T MAGAZ INE N. 402 MOTO. I T MAGAZ INE N. 402

PROVA PROVA

RRagazzi, a Pergusa ci abbiamo preso davvero gusto con le prove pazze. Pazze, perché nessu-no - beh, quasi nessuno - andrà in pista con le maxienduro a 247 km/h. Ma talvota anche il più folle dei gesti nasconde un fondo di verità.

E la verità è che le prestazioni pure (di motore, ciclistica, freni e gomme) raggiunte dalla endu-rone sono semplicemente spettacolari e sfrut-tabili in pieno solo dentro un circuito. Questo discorso valeva ovviamente per le maxi da 136 cavalli in su guidate a Pergusa (trovate qui il test, che ha scatenato una marea di commenti).

Siamo però tornati in pista, questa volta sul cir-cuito Tazio Nuvolari di Cervesina, per provare due enduro stradali di media cilindrata, Yamaha Ténéré 700 vs KTM 790 Adventure. A dirla tutta, fatichiamo un po’ a chiamarle medie, per noi sono maxienduro a tutti gli effetti.

Sarà che siamo cresciuti quando le maxi si chia-mavano Super Ténéré 750 o DR Big 800, e queste

SFIDA IN PISTA A 200 KM/H: YAMAHA TÉNÉRÉ 700 VS KTM 790

Ci piacciono le sfide pazze.

Con il comico e presentatore

TV Omar Fantini abbiamo

portato sulla pista Tazio

Nuvolari la nuova Ténéré 700

contro la 790 Adventure, per

farvi vedere di cosa sono

capaci queste moto da 75 e

95 cavalli. E per rendere tutto

ancora più estremo, abbiamo

usato le gomme tassellate: le

Pirelli Scorpion Rally STR

di Andrea Perfetti

GUARDA I L V IDEO

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8 9MOTO. I T MAGAZ INE N. 402 MOTO. I T MAGAZ INE N. 402

PROVA PROVA

due a cilindrata e potenza sono un gradino sopra. E proprio per rispondere a qualche lettore che le ha definite delle moto che emozionano poco, delle motine, ci siamo inventati un test in pista con Yamaha Ténéré 700 vs KTM 790 ADV.Una prova anche stavolta un po’ matta e go-liardica. Resa ancora più fuori di zucca dalla presenza di Omar Fantini, che è sì un comi-co e presentatore della TV, ma è anche uno vero, che in moto va molto forte e ne capisce (correva nel CIV con le mille).

Ma Omar non poteva cavarsela facile, e così abbiamo dotato le moto del test di un bel paio di gomme tassellate: le Pirelli Scorpion Rally STR. Sono da fuoristrada, ma anche in

pista sanno dire la loro (vedi il nostro test sul circuito bagnato).

Come anticipato, è un test provocatorio, che però ci dà la misura delle prestazioni di cui sono capaci sia la KTM 790 Adventure, sia la Yamaha Ténéré 700. Ovvio - direte voi - la KTM ha 95 cavalli. Ma non sottovalutate nemmeno la Yamaha, coi suoi 75 cavalli arri-va in fondo al rettilineo a 185 km/h (195 per la KTM).

Entrambe staccano forte e sono agilissime tra le curve (i 30 kg in meno rispetto alle maxi maxi si avvertono). Certo, KTM ha un vantaggio innegabile sul fronte dei cavalli e dell’elettronica, perché il controllo di trazio-

ne aiuta tanto in uscita di curva. Soprattutto se sei un pazzo e hai montato il tassello per girare in pista tra i cordoli!Sì, ma alla fine chi vince? Ve lo dicia-mo nel video, sennò che sorpresa è? Il crono non mente mai. Ma siamo sicuri che non sa-ranno i tempi sul giro a farvi scegliere la vo-stra prossima endurona stradale.

A chi se la fosse persa, ricordiamo anche la comparativa classica con Nico Cereghini, Aimone Dal Pozzo, Maurizio Gissi e il sotto-scritto in sella alle Yamaha Ténéré 700 e KTM 790 ADV.

Special Thanks to:Circuito Tazio Nuvolari diCervesina (Pavia)Pirelli MotoFlli Moro Pneumatici - Milano

GUARDA TUTTE LE FOTO

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10 11MOTO. I T MAGAZ INE N. 402 MOTO. I T MAGAZ INE N. 402

PROVA PROVA

la provaQUATTRO MOTO D’EPOCA IN PISTA

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PROVA PROVA

PPresi dalla frenesia contemplativa delle nuove e strapotenti Hypersport comparate a Pergusa appena qualche mese fa - ordigni pazzeschi ed iperadrenalinici che per essere domati esigono un pilota preparato, deciso e sensibile - dimenti-chiamo che il divertimento va di pari passo con la cavalleria.

Anzi, certe volte è entusiasmante andare a spas-so con una moto non più “di primo pelo” che può regalare il piacere ignorante di sensazioni come la connessione diretta (ma forse sarebbe meglio dire “brutale”) con la manopola del gas, conta-giri a lancette, gomme strette, nessun traction control - ABS manco a parlarne – né mappatu-re road/rain/race/street/pro/sport/play/gas/grass/ass capaci di confondere noi che troviamo qualche difficoltà a interpretare i numerini pic-coli-piccoli-piccoli sui sempre più affollati dash-board TFT delle moderne e sicurissime proposte nel mercato delle sportive. Così, grazie a un ma-nipolo di amici come Metzeler e Salvo Pennisi (direttore Testing e Technical Relation di Pirel-

VINTAGE DA CORSAA PERGUSA, QUATTROMOTO D’EPOCA IN PISTA

Chi ha detto che le moto

d’epoca sono noiose?

Abbiamo gommato con

le Metzeler Racetec RR e

Roadtec 01 quattro magnifiche

racer degli anni ‘70 e 80

e le abbiamo messe l’una

contro l’altra a Pergusa.

Scopriamo insieme come

ciclistiche progettate 40 anni

fa reagiscono a pneumatici

moderni

di Antonio Privitera

GUARDA I L V IDEO

GUARDA TUTTE LE FOTO

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PROVA PROVA

li-Metzeler), i fratelli Nino e Giovanni Man-cuso (che hanno messo a disposizione tre delle loro più pregiate moto storiche in con-figurazione gara), Antonio Saitta (titolare di Mass e gentleman rider nel campionato sto-riche FMI) e il grandissimo Sergio Montalto (un ex-pilota che lo stesso Salvo Pennisi ha indicato come uno dei suoi miti di gioventù) abbiamo fatto un’altra delle nostre pazzie: portare in pista quattro moto storiche, gom-marle con pneumatici capaci di svecchiare e smussare le spigolosità di ciclistiche nate quando la TV era a tubo catodico e vedere come se la cavano in un tracciato, Pergusa, nato per esaltare le doti velocistiche di qual-siasi mezzo.

Forse, direte, il circuito meno adatto per di-vertirsi con moto dalla potenza non esplo-siva. Eppure, possiamo anticiparvi che con le scarpe giuste il divertimento è arrivato a mille e, anzi, ne abbiamo approfittato per una estemporanea garetta con un ospite... speciale. È tutto nel video!

Le nostre milf - scusate, ogni tanto ci scap-pa qualche definizione da bar - sono quattro motociclette totalmente riviste in funzione del regolamento per gareggiare nel campio-nato Storiche della FMI (una volta Gruppo 5, ora Open) e quindi pur mantenendosi fedeli al modello di partenza riguardo l’architettu-ra e le scelte adottate per sospensioni, moto-re e telaio sono di fatto elaborate per trarne

il massimo nel rispetto del periodo storico nel quale sono state concepite e costruite.Ovviamente, nello scendere in pista con gio-ielli di questa caratura un minimo di pruden-za in più è d’obbligo, non soltanto per non rischiare di rovinare con una disastrosa ca-duta motociclette delicate e uniche ma an-che per non doversi arruolare nella legione straniera per sfuggire ai fratelli Mancuso as-setati di vendetta.

Bimota KB1 1000La Bimota KB1 è una distinta signora del 1977 (nel video, Nino Mancuso ne indica il 1974 come anno di nascita ma è un picco-lo lapsus): dotata del propulsore Kawasaki Z1000 in origine capace di 84 cv, adesso è una elegante racer d’epoca con carburatori Mikuni CR da 29 mm che dopo le cure del-le officine Mancuso guadagna almeno una decina di cavalli, perde qualche chilo e si ag-giorna con un monoammortizzatore Öhlins e idrauliche della forcella riviste.

Rapporti ravvicinati per il suo cambio a 5 marce e una sensazione di leggerezza che non diventa mai nervosismo grazie sia alle quote ciclistiche “solide” che alle Metzeler Racetec RR scelte per lei dai tecnici di Metze-ler in mescola K1, quella più morbida - anche qui, scusate, piccolo lapsus: nel video parlo di K2 ma in realtà tutte le Racetec RR utiliz-zate erano in mescola K1 - che ne hanno flu-idificato l’azione ed espanso enormemente i

limiti di frenata e piega.Velocissima, spinta dall’urlo devastante del suo motore Kawasaki, il cerchio anteriore da 18” si fa sentire nei cambi di direzione ma probabilmente il profilo e la struttura delle Racetec orientati alla stabilità contribuisco-no in modo non trascurabile alla sensazione di stabilità, restituendo però un grip e una si-curezza in piega quasi paragonabili a quelle di gomme in mescola.

Moto Guzzi Le MansNostra vecchia conoscenza, la Moto Guzzi Le Mans del 1984 di Antonio Saitta è un vero e

proprio prototipo che corre anche quest’an-no - con ottimi risultati - nel campionato FMI moto storiche categoria Open.Motore bombardatissimo big bore fino a 1200 cc, carburatori da 48 mm di diametro, telaio totalmente rifatto per dimagrire di 50 kg e trovare spazio per oltre 100 cv ben spalmati su un’erogazione senza picchi e dal buon allungo.

Assetto rigido come un’incudine, manopola del gas connessa direttamente con Thor e una spinta così dirompente al minimo tocco che fuori dalle curve si viene scossi da tre-

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PROVA PROVA

mori e si recuperano ricordi che si credevano persi, sono il biglietto da visita di una nobil-donna che attendeva solo scarpe adeguate per fare vedere di che pasta è fatta: anche per lei Racetec RR K1, gommatura che ha creato dei binari sui quali farla scorrere ve-locissima e fatto ipotizzare che una taratura delle sospensioni più morbida (che non ab-biamo avuto il tempo di effettuare) avreb-be potuto migliorare il comportamento nei cambi di direzione e nei curvoni permetten-do di smorzare quel nervosismo in agguato ad ogni cambio marcia.

Rispetto al nostro test di qualche tempo fa, una modifica al regolamento della FMI ha permesso di montare una pompa freno

anteriore sempre a vaschetta integrata ma molto più performante: adesso è veramente un avversario temibilissimo in staccata e in ingresso di curva dove l’appoggio della Ra-cetec anteriore ha dato un contributo deci-sivo.

In termini di tempo sul giro a Pergusa la nostra Moto Guzzi viene penalizzata da una rapportatura finale eccessivamente corta e da una risposta veramente maschia nel chiu-di-apri che solo il suo proprietario e pilota sa domare, del resto se l’è cucita addosso.

Honda CB 500 FourLa terza vecchietta terribile che abbiamo portato a Pergusa è una Honda CB 500 Four

del 1974 nata per gareggiare nel campionato Open e corredata di serbatoio e sovrastrut-ture racing: la cilindrata sfiora i 700 cc e una decisa preparazione del motore ha portato la potenza fino a circa 70 cv alla ruota; non molti, direte voi, ma 70 cv nelle mani giuste combinano sfracelli. E umiliano giornalisti.Per la Honda 500, date la misura del cer-chio di anteriore con canale da 2.15 pollici e la potenza non eccessiva, Metzeler ci ha proposto delle coperture sport-touring, le Roadtec 01 dedicate a motorizzazioni di ci-lindrata media e medio-piccola, rivelatesi perfette su questa vecchia gloria che non chiede altro che tenere il gas aperto per non perdere scorrevolezza,velocità e sincerità in appoggio e sopratutto di osare in frenata per

far vedere, anche grazie al peso contenuto, i sorci verdi a moto molto più prestanti.Peccato che un inconveniente a un cerchio in magnesio ci abbia precluso di inserirla nella piccola garetta estemporanea ma che emo-zione guidare con quella strumentazione anni ‘70 annegata nel cupolino...

Honda CB 500 Four nudaPer ultima, la più insospettabile tra le quat-tro moto in pista: una Honda CB 500 Four nuda, ammortizzatori posteriori Öhlins, via l’alternatore, via tutto il superfluo, su i Kehin CR e le Metzeler Roadtec 01 - anche qui fit-ment obbligato per via delle dimensioni dei cerchi - e via verso il divertimento che sol-tanto moto così leggere e sincere possono

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PROVA PROVA

concedere; questa è senza dubbio la moto che mi è piaciuta più di tutte per le sensazio-ni più estreme e coerenti col periodo stori-co nel quale è nata e per la facilità di guida, tra l’altro la meno potente ma proprio per questo quella che ha beneficiato maggior-mente degli pneumatici Metzeler che hanno permesso di estrarne tutto il potenziale di agilità senza sensazioni isteriche che mal si addicono a una signora di mezza età.Senza carenatura verso l’infinito e oltre, un vero e proprio viaggio quantico nel tempo quando staccavi con le visioni celestiali, strappavi il gas senza ritegno e il contagiri era superfluo.Solo chi ha provato moto così può compren-dere appieno l’eccitazione di avere tutto sot-

to controllo e allo stesso tempo di stringere i manubri di una vera moto da competizione, reattiva, diretta, minuscola come una zanza-ra, che in curva sente anche la posizione del casco dove quando torni al box continua a rimbombare il tuo urlo “moriremo tutti!”.

Metzeler Racetec RR e Roadtec 01Questa comparativa molto particolare è sta-ta possibile grazie all’ospitalità di Salvo Pen-nisi e dello staff di Metzeler con i quali, per giorni, ci siamo confrontati per capire quali sarebbero potute essere le coperture più si-gnificative con le quali far girare a Pergusa le quattro motociclette d’epoca che vi abbia-mo appena descritto.Scopo del nostro test era anche quello di

capire come motociclette nate per calzare gomme dalle prestazioni globali nemmeno lontanamente paragonabili a quelle che ab-biamo usato si sarebbero potute adattare a pneumatici decisamente più performanti senza stravolgere ciclistiche e assetti.

Per la Bimota e la Moto Guzzi, come abbia-mo visto, la scelta è caduta sulle Metzeler Racetec RR calzate rigorosamente nelle mi-sure originali. Le Racetec RR sono coperture radiali dedicate a chi della moto fa un utiliz-zo molto sportivo sia su strada che su pista e sono disponibili in tre mescole: K1, K2, K3 con quest’ultima come opzione più dura e dalla maggiore resa chilometrica. Il poste-riore è bimescola.

Noi, su consiglio dello staff Metzeler, abbia-mo utilizzato la mescola K1 per minimizza-re l’effetto della perdita di grip meccanico al posteriore dovuto all’asfalto rovente (il test si è svolto a luglio con una temperatura esterna di circa 30 gradi), compensandolo con un maggiore grip chimico grazie alla me-scola morbida che penetra più efficacemen-te sulla superficie del tracciato.

Per la gomma anteriore, invece, data la tem-peratura dell’asfalto elevata lo pneumati-co tende a perdere rigidità e per garantire l’ottimale stabilità nella fase di ingresso in curva sarebbe necessaria una K2 ma nel no-stro caso visti i pesi non rilevanti, le potenze frenanti non eccessive e lo stile di guida più

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20 21MOTO. I T MAGAZ INE N. 402 MOTO. I T MAGAZ INE N. 402

PROVA PROVA

composto da adottare in sella alle quattro protagoniste, la K1 è stata montata anche all’anteriore: scelta azzeccatissima e, tra l’al-tro, dopo una intera giornata in sella le gom-me erano ancora a circa il 30% della loro vita utile.

Il comportamento in pista delle moto così gommate è stato, in una sola parola, mo-derno. Nel senso che, al netto di tutte le modifiche già presenti sulle moto, la sola apposizione plug and play (senza nemmeno le termocoperte) delle Racetec RR ha avvici-nato la dinamica di queste moto a quelle di mezzi più moderni e fluidi, senza far perdere però le loro caratteristiche ruvide da vinta-ge racer. Sulle due Honda, invece, Metzeler ha installato le Roadtec 01, gomme che a dispetto della loro indole sport touring ci hanno pienamente soddisfatto, fino a sor-prenderci per la loro sincerità e motricità dopo numerosi giri consecutivi sull’asfalto caldissimo del circuito siciliano. La versione X-Ply che abbiamo testato è quanto di me-glio possa proporre questa copertura pro-prio alle moto... di una certa età che hanno dimenticato di invecchiare e che avendo pesi e potenze contenute sono il terreno per-fetto per il loro utilizzo.

Il fatto che a chi scrive sia piaciuta di più pro-prio una moto gommata Roadtec 01, fatte salve tutte le riserve sui gusti personali e le emozioni incontenibili che la guida di queste

meraviglie d’epoca scatena in un appassio-nato, dovrebbe dirla lunga sul grado di adat-tabilità e miglioramento di queste ciclistiche aggressive ma, se vogliamo, poco raffinate che tuttavia a Pergusa si sono sposate a me-raviglia con gli pneumatici dell’elefantino senza far rimpiangere gommature ancora più sportive. Ah, dimenticavo: Nino Mancuso con la “nostra” Bimota KB1 gommata Race-tec RR ha girato, dopo solo un giro di lancio, in 2’01”24.

Nella nostra comparativa Hypersport Alfio Tricomi (tester Pirelli che su Pergusa ha fatto i solchi) ha fermato il crono in 1’42”031.

Fatte le debite proporzioni, le milf vanno sempre fortissimo.Un doverosissimo grazie a Salvo Penni-si (Metzeler) e a tutto il suo staff per averci ospitato a Pergusa e averci supportato du-rante tutto il test e... Per essere stati al gioco (vedete il video!).

Video: Riprese Daniele Onorato, editing Da-niele Onorato, Antonio PriviteraFoto: Fabio Grasso

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EICMA 2019 EICMA 2019

AArriva nella sua veste definitiva l’attesa iper sportiva Aprilia RS 660, presentata come con-cept alla scorsa edizione di EICMA nella quale si è fatta notare come una delle novità indub-biamente più interessanti. La versione di serie rispetta le forme molto belle del concept e ne ricalca la base tecnica. I numeri che contano, i pochi diffusi fino a questo momento, indicano un rapporto peso potenza molto interessante anche se non ai vertici della categoria 600: ov-vero 100 cavalli di potenza massima (un record per questo frazionamento) e 169 kg dichiarati a secco. L’estetica conferma il family feeling con la splendida RSV4 e si segnala per la soluzione aerodinamica della carenatura a doppia superfi-cie. Le luci sono a Led ed è disponibile il coprico-dino per un look monoposto.Il motore riprende le soluzioni ingegneristiche del celebre V4 1100 di Noale, del quale conserva idealmente la bancata dei cilindri anteriori, e si distingue per misure molto contenute. L’imbiel-laggio è a 270°, la distribuzione è bialbero con otto valvole e il cambio a sei marce. A distingue-re questa media iper sportiva dalle altre di cilin-drata simile è la dotazione elettronica di con-

APRILIA RS 660 A EICMA: 100 CAVALLI ED ELETTRONICA AL TOP

L’iper sportiva Aprilia si mostra

nella sua veste definitiva.

Estetica avvincente, ciclistica

raffinata e motore bicilindrico

parallelo capace di 100

cavalli. Ha peso a secco

dichiarato in 169 kg e una

dotazione elettronica di

riferimento

trollo del motore e non solo: la più ricca fra quelle disponibili e che attinge al pacchetto elettronico APRC noto sulla RSV4.La piattaforma inerziale a sei assi integra il lavoro degli altri sensori motore. La dotazio-ne APRC della RS 660 comprende:• ATC: Aprilia Traction Control, il controllo

di trazione regolabile dalle fini e perfor-manti logiche d’intervento.

• AWC: Aprilia Wheelie Control, il sistema di controllo di impennata regolabile.

• ACC: Aprilia Cruise Control.• AQS: Aprilia Quick Shift, dotato anche

di funzione downshift, che consente di scalare marcia senza usare il comando della frizione.

• AEB: Aprilia Engine Brake, il sistema di

controllo del freno motore durante la fase di chiusura del gas.

• AEM: Aprilia Engine Map, cinque diffe-renti mappature disponibili cambiano il modo di erogare la potenza del motore.

• Inoltre la RS 660 è dotata di cornering ABS multimappa.

Dei cinque riding mode, tre sono per l’utiliz-zo stradale: Commute, Dynamic e Individual (permette la personalizzazione dei controlli elettronici). Due sono invece quelli pensati per l’utilizzo in circuito: Challenge, indicato per sessioni in pista sfruttando al massimo, e Time Attack, la logica che permette ai pilo-ti più esperti di personalizzare totalmente il setup dell’elettronica.

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24 25MOTO. I T MAGAZ INE N. 402 MOTO. I T MAGAZ INE N. 402

EICMA 2019 EICMA 2019

La gestione dei settaggi elettronici è faci-litata dall’introduzione dei nuovi comandi elettrici al manubrio più ergonomici. La stru-mentazione adotta un pannello TFT a colori.

Sono due le colorazioni disponibili: la prima con l’accostamento del viola e del rosso è un omaggio alla RS 250 nella versione Replica Reggiani del 1994; la seconda ha un look total black, stile RSV4, con richiami in rosso acceso.

Disponibilità e prezzo non sono stati ancora comunicati.

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26 27MOTO. I T MAGAZ INE N. 402 MOTO. I T MAGAZ INE N. 402

EICMA 2019 EICMA 2019

BENELLI LEONCINO 800E 800 TRAIL

Benelli presenta la Leoncino 800: nuova cilindrata, estetica aggiornata e una versione Trail, ispirata al mondo del fuoristrada. Eccola in video e in foto in diretta dal Salone di Milano 2019

SSul palco dello stand Benelli di EICMA 2019 è stata svelata la nuova Leoncino 800: cresce la cilindrata e la potenza del motore e l’este-tica si rinnova.

Inoltre, si affianca la versione Trail, con det-tagli dal DNA off-road. Ecco come si presen-tano in diretta dal Salone di Milano.

Leoncino a chi?La novità principale è il motore: il bicilin-drico in linea cresce di cilindrata e arriva a 754 cc. La potenza è ora di 81,6 CV, con una coppia massima di 67 Nm a 6.500 giri/min.

Anche l’estetica si rinnova, con un nuovo faro a LED, di forma ovale, e il codino nella zona delle gambe del pilota. Ci sono aggior-namenti tecnologici per quanto riguarda il quadro, con l’introduzione di un display TFT.

Come vi abbiamo anticipato, la Leoncino 800 sarà affiancata dalla Trail, che si presen-ta con dettagli fuoristradistici come il doppio scarico alto, la ruota anteriore da 19”, le ta-belle portanumero e la colorazione verdone. Entrambi i modelli saranno disponibili a par-tire da metà 2020, in tutte le concessionarie Benelli.

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28 29MOTO. I T MAGAZ INE N. 402 MOTO. I T MAGAZ INE N. 402

EICMA 2019 EICMA 2019

NUOVA BMW S1000XR: PIÙ CAVALLI E MENO PESO

Più leggera, potente, comoda e sofisticata. Piattaforma S1000RR per la nuova crossover

NNon giunge sicuramente inattesa, la nuova BMW S1000XR che la Casa di Monaco svela al Salone di Milano EICMA 2019. La crossover quadricilindrica si presenta, naturalmente, come la precedente S1000XR, partendo dalla base della supersportiva S1000RR: propulsore con funzione portante, telaio flex frame, pre-stazioni migliorate e dotazione elettronica allo stato dell’arte. Oltre, naturalmente, all’omolo-gazione Euro-5.

MotoreLa nuova BMW S1000XR è spinta da un quadri-cilindrico in linea di derivazione S1000RR, ca-pace di 165 cavalli a 11.000 giri e 114 Newton/metro a 9.250 giri - rispetto al motore del modello precedente troviamo un rapporto di compressione crescito da 12 a 12,5:1, una curva d’erogazione più ampia (con ancora più “schiena” ai bassi e medi regimi rispetto ad un modello già eccellente) e quindi una rapporta-

tura allungata per gli ultimi tre rapporti, cosa che abbassa il regime di rotazione fino all’8% e una riduzione dei consumi nel ciclo WMTC dell’8%. Come sulla S1000RR, le valvole d’aspi-razione vantano lo stelo cavo con assi a cam-me trattati DLC e alleggeriti del 25%. I cilindri sono integrati nel semicarter superiore, che ospita anche il cambio a sei marce. Il propulso-re è in generale molto più compatto (-25 mm in larghezza) e leggero, con un risparmio di 5 kg rispetto all’unità precedente.

Da notare come il motore della XR faccia a meno del comando distribuzione a fasatura variabile Shiftcam, ritenendo evidentemente più che sufficienti le prestazioni ottenute in alto pur con un asse a camme studiato per pri-vilegiare la spinta ai medi regimi.

Gestione elettronicaNaturalmente aggiornata allo stato dell’arte la

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gestione elettronica della BMW S1000XR 2020; il motore è dotato di controllo del freno moto-re e di controllo della coppia MSR, che assieme alla frizione antisaltellamento previene i bloc-caggi in caso di chiusure repentine dell’accele-ratore o scalate molto violente.

La piattaforma inerziale a sei assi consente l’arrivo di controllo di trazione e anti-impen-nata DTC di ultima generazione, oltre a quattro riding mode: Road, Rain, Dynamic e Dynamic Pro (che per la prima volta sulla XR è com-pletamente configurabile dall’utente) che in-tegrano la legge d’apertura dell’acceleratore ride-by-wire, l’anti-impennata e la taratura del traction control. Presenti anche il sistema di assistenza alla partenza in salita HSC Pro, e na-

turalmente il quickshifter Shift Assistant Pro, oltre a fari full-LED. Optional i faretti aggiuntivi e le luci adattive cornering.

La ciclisticaIl telaio è il flex frame già visto sulla S1000RR che, per essere più leggero (il peso cala del 2%) si affida al motore (inclinato in avanti di 32°) come elemento stressato. Alleggerito anche il reggisella (-9%) per una massa complessiva della S1000XR a secco di 226 kg. Più stretto fra le gambe, il telaio definisce anche una posizio-ne di guida più comoda e spostata in avanti di 20 mm per favorire la guida sportiva e il feeling sull’anteriore.Il manubrio è più stretto di 30 mm, favorendo i meno alti. Diversa anche la geometria di ster-

zo, con l’inclinazione cannotto che passa dai 25,5° a 24,9°, l’avancorsa che cala di 1 mm (ora 116) a fronte però di un aumento dell’interas-se, che arriva a 1.552 mm. Il tutto per migliora-re feedback e precisione nella guida sportiva.

Il forcellone è stato completamente ridisegna-to, risultando più leggero del 20% e con il mo-noammortizzatore imperniato direttamente per ridurre le masse non sospese e migliorare comfort ma anche la reattività nella guida sportiva. Le sospensioni sono la classica ac-coppiata forcella telescopica e monoammor-tizzatore Sachs, con il sistema semiattivo Dy-namic ESA Pro come optional.I cerchi sono i 17” utilizzati sulla S1000RR, che pesano 1,8 kg meno dei precedenti - fra gli op-

tional le unità forgiate M - con una coppia di dischi da 320 mm all’anteriore e un’unità sin-gola da 220 al posteriore, gestiti dall’ABS Pro di serie.

Colori e disponibilitàLa S 1000XR 2020 sarà disponibile nelle due livree Ice Grey oppure Racing Red/White Alu-minium. Naturalmente sconfinata la lista degli optional, con i soliti pacchetti che propongono le più popolari come il Touring Pack (supporto navigatore, supporti valige, cavalletto centra-le, paramani), il Dynamic Pack (Dynamic ESA Pro, Shift Assistant Pro, avviamento Keyless, manopole riscaldabili, cruise control) e il Car-bon Package, che integra parafanghi, parti car-rozzeria e e paracatena.

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SCRAMBLER DESERTXE THE MOTARD CONCEPT

La Scrabler 1100 fa da base alla DesertX, la Desert Sled 800 alla The Motard Concept: due suggestioni (quasi) vicine alla produzione.

LLa gamma Scrambler Ducati potrebbe arric-chirsi di altri due modelli: ad ECIMA 2019 Ducati presenta due Scrambler concept, uno di stam-po decisamente Adventure derivato dalla 1100 e un altro dichiaratamente Motard su base 800, lasciando le piattaforme tecniche quasi intatte ma dotando i due concept di livree e declina-zioni decisamente interessanti, per .due moto che espanderebbero ulteriormente l’offerta della gamma Scrambler che potrebbero anda-re in produzione se il feedback fosse positivo. Se qualcuno di voi sente odore di Dakar alla vista della Scrambler DesertX, è sulla strada giusta: attorno alla Scrambler 1100 si è pensa-to di costruire un mezzo che nei colori e nelle forme richiama esplicitamente le Cagiva mo-torizzate Ducati plurivittoriose alle Parigi-Da-kar degli ‘80 e ‘90. Difficile dire se i serbatoi da 30 litri complessivi verranno mantenuti ma di certo possiamo dire che la moto ha suscitato

molto interesse e, per ammissione dello stesso Rocco Canosa - Scrambler Product Marketing Manager - un feedback entusiasta degli appas-sionati che fa ben sperare per la futura produ-zione. Per quanto riguarda la Scrambler The Motard Concept ideata partendo dalla Desert Sled 800, si tratta di un esercizio che, anche questo senza ancora sicuri risvolti produttivi, ha dimostrato quanto “la piattaforma Scram-bler sia versatile” sottolinea Rocco Canosa. La particolarità del dorso del serbatoio rimovibile e sostituibile a piacere (mentre le altre Scram-bler hanno, invece, le guancette sostituibili), le gomme da motard e lo scarico alto seminasco-sto dalla fiancata disegnano una moto che po-trebbe tranquillamente andare in produzione così com’è, del resto molti altri particolari sono già in produzione e disponibili come accessori per i modelli di serie.

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FANTIC MOTOR XX E XE, 125 E 250 2020: IL RIENTRO NELLE COMPETIZIONI OFF-ROADFantic Motor presenta a EICMA 2019 la nuova gamma enduro e cross, con cui il Marchio rientrerà nelle competizioni. Ecco i nuovi modelli, XX e XE, 125 e 250 (2 tempi) nati su base delle giapponesi Yamaha

IIl Salone di Milano 2019 attende gli appas-sionati con tantissime novità per tutti i gu-sti, anche per gli appassionati di fuoristrada. Fantic presenta la nuovissima gamma ra-cing, con cui rientra in grande nelle compe-tizioni off-road (cross ed enduro). Ecco la XE 125, la XX 125 e la XE 250.

Completamente nuoveA livello estetico, Fantic Motor introduce una nuova linea di plastiche: più semplici nel design, più geometriche e decisamente più moderne. La mascherina dell’enduro sem-bra a LED, mentre nei cross tutti i gruppi otti-ci sono stati rimossi, come da regolamento. Gli occhi più attenti avranno sicuramente riconosciuto il telaio e il motore in condivi-sione con le giapponesi Yamaha. Infatti, con questa novità, Fantic annuncia la collabora-zione con la Casa di Iwata per la fornitura di propulsori 125cc 2 tempi, 250cc 2 tempi e 4

tempi ed altre componenti della ciclistica. Quindi, si va ben oltre la partnership con Mo-tori Minarelli S.p.a. (di proprietà del Gruppo Yamaha Motor), dedicata alla sola fornitura di motori 50cc 2 tempi e 125cc 4 tempi. Al momento del lancio, il listino racing prevede “only two strokes” con la enduro e la cross 125 e il 250 cross, ma il Marchio di Barzago ci ha anticipato che è al lavoro su nuovi model-li 250cc 2T e 4T enduro.

In gara dal 2020Come vi abbiamo detto, le novità Fantic derivano strettamente dalle Yamaha ma, con la collaborazione nello sviluppo degli esperti Jan Witteveen e Gaetano Cocco (già inseriti nel Reparto Corse Fantic Motor), si presentano con un DNA da vere italiane. L’organizzazione dell’attività racing sarà affidata a strutture di riferimento nel pano-rama del fuoristrada. Per quanto riguarda il

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Motocross, le Fantic Motor factory saranno affi-date al Team Fantic Racing con Corrado Maddi come manager, che parteciperà con due piloti al Campionato Europeo 125 e al Tricolore. Doppia presenza, invece, nell’Enduro con il Jolly Enduro Team ed il Team D’Arpa Racing, in gara nel Cam-pionato Mondiale, nel Tricolore assoluto ed un-der 23.

Le nuove Fantic sono omologate Euro5 e saran-no disponibili sul mercato ad inizio estate 2020 (sui campi di gara, invece, da gennaio). I prezzi non sono stati ancora stati definiti, ma verranno dichiarati a breve.

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NUOVA HONDA CBR 1000RR-R FIREBLADE SP

Completamente riprogettata, con tante tecnologie di derivazione RC 213V-S: 217 cavalli e 201 kg in ordine di marcia per la supersportiva della riscossain Superbike

NNon sempre le moto “completamente nuo-ve” sono realmente tali, ma non ci sembra proprio questo il caso della nuova Honda CBR 1000RR Fireblade 2020, come da tra-dizione presentata in versione standard ed SP al Salone di Milano EICMA 2019. Più che i semplici numeri - la potenza cresce a ben 217 cavalli, facendola passare da fanalino di coda a leader di categoria a pari merito con l’Aprilia, che può però contare su 100 cc in più - è però la descrizione tecnica del motore a dare la misura di quanto sia cambiata la su-persportiva Honda, modello con cui la Casa dell’ala dorata vuole fortemente riprendersi quel Mondiale delle derivate di serie che gli sfugge da ormai più di 10 anni.

Il motoreIl quadricilindrico in linea della nuova Fi-reblade è stato radicalmente riprogettato rispetto al precedente: i valori di potenza

(217 cavalli a 14.500 giri) e coppia (113 Nm a 12.500) vengono ottenuti da un motore marcatamente più superquadro rispetto al passato. L’alesaggio passa infatti a 81 mm - limite regolamentare per la MotoGP, e quindi lo stesso valore della RC 213 V-S - dai 76 pre-cedenti, raggiungendo le V4 più corsaiole. Il rapporto di compressione si attesta a 13:1, le valvole (ora con comando misto catena/ingranaggi e bilancieri a dito invece che a bicchierino, scelta che alleggerisce il sistema e consente quindi di raggiungere regimi più elevati) hanno diametro di 32,5 e 28,5 mm rispettivamente per aspirazione e scarico. L’asse a camme, prima mondiale con la no-tevole eccezione della RC 213 V-S, ha i lobi con trattamento DLC per ridurre gli attriti.Le bielle sono realizzate per forgiatura in titanio TI-64A, lega ultraleggera sviluppata da Honda, e i piedi di biella sono serrati da bulloni in acciaio al cromo-molibdeno-va-

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nadio HB 149, altra lega sviluppata dalla Casa di Tokyo. Tantissime le componenti derivano dall’esperienza fatta con la RC 213 V-S: le bronzine spinotto sono in rame-be-rillio C1720-HT lucidato per una maggior affidabilità, le superfici delle teste di biella sono anch’esse rivestite DLC, e i pistoni sono forgiati in alluminio A2618 garantendo un risparmio di peso del 5% rispetto alle unità della precedente Fireblade (nonostante, tra l’altro, il maggior alesaggio) con trattamen-to in Teflon/Molibdeno sul mantello per una maggior resistenza.

Sempre per migliorare l’affidabilità, i pisto-ni sono raffreddati da un getto d’olio multi-point che viene interrotto da sfere di ritegno

all’interno dei getti per interrompere il flusso d’olio e limitare quindi le perdite per attrito ove non necessario.

Totalmente diverso dal modello precedente anche il comparto aspirazione, con un airbox studiato per aumentare la turbolenza ali-mentato da prese d’aria delle stesse dimen-sioni della RC-V MotoGP che portano il flusso all’interno del cannotto di sterzo. I corpi far-fallati passano da 48 a 52 mm ed assumono sezione ovale; anche l’angolo delle valvole è cambiato, per rendere più efficiente il flusso della miscela in entrata.Sezione ovale anche per i collettori di sca-rico; il terminale, studiato in collaborazione con Akrapovic, è un’unità in titanio con val-

vola progettata in collaborazione fra la Casa di Tokyo e l’azienda slovena. C’è anche un brevetto in corso di registrazione sul fermo della valvola, che blocca i trafilaggi di gas quando è chiusa, riducendo al contempo la rumorosità e consentendo una diminuzione del 38% del volume interno totale del termi-nale rispetto al modello precedente.

Gestione elettronicaIl pacchetto elettronico della Fireblade è sta-to affinato e aggiornato, con una maggiore attenzione alle prestazioni pure, completa-mente basato sulla piattaforma inerziale a sei assi. Ancora tre i riding mode, che con-figurano i cinque livelli di erogazione della potenza, i tre livelli di freno motore e tre dell’anti-impennata. Nove i livelli per il con-trollo di trazione, che ora include anche lo slide control. Arriva anche il launch control, regolabile su quattro livelli.Il tutto si gestisce attraverso il nuovo bloc-chetto sinistro e il nuovo display TFT da 5”, che integra la gestione della Smart Key.

CiclisticaIl motore più piccolo e leggero ha compor-tato una completa riprogettazione del telaio della CBR1000RR-R, che ora presenta quote e misure totalmente diverse, e definisce una moto nettamente più compatta. Il processo produttivo è addirittura lo stesso delle moto da corsa realizzate dall’HRC, con saldatura dei quattro pezzi del telaio e successivamen-

te la saldatura degli attacchi motore ad hoc per ciascun propulsore, garantendo un ac-coppiamento della massima precisione.La rigidità verticale aumenta del 18%, quel-la torsionale del 9%, quella laterale si ridu-ce invece dell’11%, il tutto per migliorare il feedback al pilota. L’interasse è ora di 1.455 mm, il cannotto di sterzo è aperto a 24° e l’avancorsa si attesta a 102 mm contro valo-ri del modello precedente attestati a 1.405, 23° e 96 mm. Anche la ripartizione dei pesi è completamente diversa, con un baricentro più alto e una distribuzione più neutra per migliorare agilità e possibilità di inclinazione in curva. Il forcellone è uguale a quello utiliz-zato sulla RC 213V-S, più lungo del preceden-te di 30,5 mm pur mantenendo un peso iden-tico. Riviste le rigidità in sintonia con quanto fatto per il telaio, con una minor rigidità late-rale lasciando invariata quella verticale.

Il telaietto reggisella è realizzato in tubi tondi in alluminio (ora entrambe le versioni sono omologate biposto) con attacco superiore anziché laterale, per diminuire la larghezza nella zona fra le gambe del pilota. Le pedane sono più arretrate e rialzate, mentre i semi-manubri sono più avanzati, il tutto per ren-dere la Fireblade più efficace nella guida di corpo.

Nel comparto sospensioni e freni emergono le differenze fra la versione RR-R e la RR-R SP. L’allestimento standard si accontenta, se

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così si può dire, di unità Showa con forcella BPF con steli da 43 mm e monoammortiz-zatore BFRC-L. La SP fa invece un passo ol-tre, con un pacchetto Full-Öhlins S-EC con sistema di taratura OBTI: forcella NPX pres-surizzata e monoammortizzatore TTX 36. Per entrambe c’è l’ammortizzatore di sterzo Showa/Honda HESD a controllo elettronico, e la forcella è più lunga rispetto al modello precedente per offrire una maggior variazio-ne di assetto all’avantreno nei trasferimenti di carico.

Altra importante differenza si ha nell’im-pianto frenante: la RR-R monta pinze Nissin mentre la SP adotta le Brembo Stylema. In entrambi i casi i dischi anteriori sono da 330

mm di diametro che sostituiscono i 320 del precedente modello aumentando anche nello spessore fino a 5 mm per migliorare la dissipazione del calore. Al posteriore, il di-sco singolo è da 220 mm con la stessa pinza Brembo utilizzata sulla RC 213V-S. Comple-tamente rivisto (finalmente) anche l’ABS, che mantiene le funzionalità ABS cornering e di antisollevamento del retrotreno, ma che ora dispone di due impostazioni: la Sport per la guida stradale e la Track, più aggressiva e performante, per l’uso in circuito.

Il cerchio posteriore con canale da 6” è sta-to alleggerito senza sacrificare la rigidità, e ora monta un 200/55-17”. All’avantreno tro-viamo il solito 120/70-17”. Completamente

rivisto anche il design della carenatura, che migliora la penetrazione aerodinamica, li-mita la tendenza all’impennata e migliora la stabilità in staccata dando al contempo più spazio al pilota in posizione raccolta con un abbassamento della cover serbatoio.

Tutta la carenatura è stata ottimizzata per migliorare l’efficienza aerodinamica, con il risultato di un Cx in configurazione pista di solo 0,270, il migliore della categoria.

Arriva anche un pacchetto aerodinamico sviluppato sulla falsariga di quello utilizza-to sulla RC-V 213 del 2018 (ovvero quello ad alette chiuse, prima dell’arrivo dei “baffi” attuali) che genera deportanza migliorando

il comportamento sia in accelerazione che in frenata, senza al contempo penalizzare l’in-serimento in curva.

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HUSQVARNA NORDEN 901 CONCEPT

La Casa austro-svedese presenta la sua nuova traveller ispirata alle dakariane che ci aspettiamo di vedere a breve in concessionaria

CCome da buona tradizione, Husqvarna por-ta un concept che prefigura - speriamo in tempi brevi - la produzione futura della Casa austro-svedese. Si chiama Norden 901 ed è una vera traveller ispirata alle dakariane: cerchiamo di capire cosa potremo vedere tra qualche anno (o mese).

Presto di serie?Come per le altre in gamma, anche questa Norden 901 sembra avere un motore e una

ciclista derivata dalla KTM (in questo caso la 790 Adventure).

Il telaio abbraccia quindi il bicilindrico da 889,5 cc e ci sono sospensioni WP. Il punto forte è l’estetica, in puro stile Husqvarna: li-nee moderne, pulite e semplici abbinate ai cerchia a raggi da 21” e 18”. Compaiono an-che diversi accessori che anticipano un ricca gamma per gli amanti dei viaggi. Secondo voi quando vedremo il modello di serie?

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NUOVA KAWASAKININJA 1000SX

La Sport Tourer del marchio giapponese diventa ancora più sportiva graziea un design più moderno, far full LED e strumentazione TFT

KKawasaki Ninja 1000 SX: a EICMA 2019 la casa giapponese porta grandi novità per la propria sport tourer, facendole compiere un balzo in avanti non da poco.

Partendo dalle modifiche più evidenti all’oc-chio, rispetto al modello del 2019, quello del 2020 perde il doppio scarico a quattro uscite per passare a un terminale singolo. Nonostante l’aspetto abbastanza imponen-te, però, è più leggero di 2 kg e , assieme ad altre modifiche che vedremo in seguito, fa in modo tale che la moto rispetti i limiti di in-quinamento imposti dalle norme Euro 5.Sempre in tema di estetica, la nuova Kawa-saki Ninja SX, arriva ad EICMA 2019 con una coppia di selle nuove, più ergonomiche e imbottite, specialmente la posteriore che diventa più larga. Cambia anche il cupolino, regolabile, che ha un look maggiormente moderno e sportiveggiante, così come tutta

la parte frontale della moto che si avvicina sempre di più a quello della Ninja superspor-tiva. Rispetto al modello precedente, inoltre, questa Kawasaki ha tutte le luci a LED, com-prese le frecce e la luce dello stop che ha una finitura del vetro brunita. Cambia anche la carenatura, realizzata in tre pezzi, più snella e aggressiva, con la parte inferiore maggior-mente allungata che le regala un look più sportivo. Non solo modifiche di design, però; come abbiamo scritto poc’anzi, per rientrare all’interno della normativa Euro 5, Kawasaki ha dovuto apportare alla Ninja 1000 SX alcu-ne modifiche anche i cornetti di aspirazione, più corti per il primo e per il quarto cilindro, consentendo anche di avere una maggiore linearità dell’erogazione della potenza.

L’acceleratore è diventato elettronico, per-mettendo così di adottare un cruise control elettronico e mappe motore integrate. Per

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quanto riguarda invece la potenza, non ci sono aggiornamenti, con una potenza mas-sima dichiarata in 142 CV a 10.000 giri minu-to e 110 Nm di coppia massima a 8.000 giri minuto. La ciclistica è rimasta generalmente invariata, ricevendo solo alcuni aggiorna-menti alla taratura delle sospensioni che do-vrebbero diventare più comode.

Per il modello 2020, Kawasaki ha voluto fare un’iniezione di tecnologia alla SX, facendo-le colmare il gap che si stava creando con la concorrenza: arriva così la strumentazione TFT da 4,3 pollici con la possibilità di connes-sione allo smartphone tramite una specifica App, dalla quale si possono configurare le modalità di visualizzazione dei dati sul TFT

e tenere sott’occhio tutti i dati rilevanti della moto. La strumentazione ha due diverse mo-dalità di visualizzazione: una più sportiva, con dati utili in pista, l’altra invece pensata per una guida maggiormente rilassata.

Dalla nuova strumentazione, inoltre, si pos-sono visualizzare le diverse modalità di gui-da che, per questo modello, sono tre, Sport, Road e Rain più una aggiuntiva personalizza-bile. Le prime due modalità di guida offrono piena potenza, con la Sport con il Traction Control sul livello 1, il meno invasivo e la Road con il Traction Control sul secondo li-vello di intervento, mentre la modalità Rain taglia la potenza massima e offre il mas-simo intervento del controllo di trazione.

Per quanto riguarda la modalità di guida manuale, invece, il pilota potrà decidere se avere o meno la piena potenza del motore e l’intervento del controllo di trazione che, vo-lendo, può essere escluso.

Altra novità per il modello 2020 è poi il Kawa-saki Quick Shifeter, utilizzabile sia a salire che a scendere di marcia, a patto di trovarsi a più di 2.500 giri minuto.

Per quanto concerne gli accessori proprosti, Kawasaki propone un set di valigie laterali, con aggancio rapido alle maniglie del pas-seggero, la possibilità di montare manopole riscaldabili e tanti altri dettagli volti ad in-crementare la comodità di viaggio, mentre

altri accessori, quali ad esempio la copertura per il sellino del passeggero, sottolineano la sportività del modello.

Il modello 2020 verrà proposto in tre diver-si colori: nero con dettagli verdi (Metallic Graphite Gray/Metallic Diablo Black), verde e grigio (Emerald Blazed Green/Metallic Car-bon Gray/Metallic Graphite Gray) e bianco con dettagli neri (Pearl Blizzard White / Me-tallic Carbon Gray / Metallic Spark Black).

La Ninja 1000 SX sarà disponibile da inizio 2020 a partire da 13.990 euro.

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KTM 890 DUKE R:ECCO COME CAMBIA

KTM rafforza la gamma delle naked medie con la nuova 890 Duke R: motore 890 cc da 121 CV, estetica condivisa con la 790 e prezzo di 11.900 euro

IIl Salone di Milano 2019, KTM amplia la fami-glia delle naked con l’arrivo della nuova 890 Duke R: la novità 2020 condivide molti det-tagli con la 790, ma ci sono particolari che la rendono ancora più sportiva e più aggres-siva. Ecco le immagini dal Salone di Milano 2019.

La 890 Duke R affianca, non sostituisce, l’at-tuale Duke 790, rappresentandone di fatto la versione “R”.

Moto nuova dentroCome potete vedere dalle immagini, le so-vrastrutture sono praticamente uguali alla 790 Duke: cresce l’altezza della sella, ora a 830 mm, e cambia l’impostazione di guida,

con un manubrio più basso e piatto e con le pedane più arretrate. La differenza principa-le è il motore: la cilindrata cresce a 890 cc e la potenza è ora di 121 CV, con una coppia di 99 Nm.

I tecnici della Casa austriaca hanno rivisto anche la taratura delle sospensioni WP Apex, più sostenute e completamente regolabili ri-spetto alla 790 Duke. Il peso a secco si ferma a 166 kg e l’impianto frenante è Brembo, con pinze Stylema.

La nuova KTM 890 Duke R arriverà nelle concessionarie ufficiali a marzo 2020, ad un prezzo di 11.900 euro. Arrivano anche nuovi colori e grafiche dedicate.

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MOTO MORINI X-CAPE 650: ARRIVA LA NUOVA ADVENTURERuota da 19 pollici all’anteriore, fanali full LED e grande strumentazione TFT da 7 pollici per una Adventure di media cilindrata

MMoto Morini presenterà a EICMA 2019 un nuovo modello adventure di media cilin-drata: la X-CAPE. La moto si basa su di una nuova piattaforma che condivide con la Moto Morini Seiemmezzo, la nuova scram-bler entry level del celebre marchio. Il design è all’avanguardia, e si propone sul mercato con fari full LED molto affilati, e linee decisa-mente attuali.

La ruota anteriore è da 19’’ mentre la po-steriore è da 17, con cerchi a raggi Excel e pneumatici Metzeler Tourance. Per quanto riguarda la ciclistica, il telaio è a traliccio in acciaio, la forcella è completamente regola-bile, da ben 50 mm di diametro e 160 mm di escursione, mentre al posteriore c’è un mo-noammortizzatore regolabile con escursio-ne di 135 mm. La frenata è assicurata da un doppio disco anteriore da 300 mm, con pinze flottanti del marchio spagnolo J. Juan, men-

tre al posteriore è presente un singolo disco da 255 mm, con pinza a doppio pistoncino, sempre del medesimo marchio. La vera no-vità di questa moto è il motore da due cilin-dri in linea frontemarcia da 650 cc, condiviso con la Seiemmezzo, abbinato con cambio a sei marce. Per quanto riguarda le specifi-che tecniche del propulsore, i dati non sono stati ancora rivelati ma sarà disponibile una versione da 48 CV, ovvero 35 KW, accessibile quindi ai possessori di patente A2. Per esse-re una moto adventure, la sella è posizionata ad una altezza di 830 mm, il che rende que-sta moto accessibile anche per le persone di statura non troppo elevata, mentre, volen-do, è disponibile una sella di 1,5 cm più alta. Lo spazio a bordo parrebbe essere buono, anche per il passeggero.

Per offrire delle caratteristiche simili alla concorrenza, Moto Morini ha deciso di dota-

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re la X-Cape di un nuovo schermo TFT da 7 pol-lici, attualmente uno dei più grandi sul mercato, che consente anche una connessione allo smar-tphone tramite Bluetooth.

Pensata per il touring, la X-Cape monta un pa-rabrezza regolabile con una sola mano, porta-pacchi con maniglioni per il passeggero e fari full LED di serie, così da offrire un pacchetto di accesso già molto ricco.

Ovviamente, poi, la moto potrà essere equipag-giata con ulteriori accessori originali, quali, ad esempio, un tris di valigie, manopole riscaldabili e barre protettive.

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MV AGUSTA RUSH 1000: ISPIRAZIONE DRAGSTER

Una special su base Brutale 1000RR per ricreare il fascino della motoda accelerazione

NNata sulla base della MV Agusta Brutale 1000RR presentata qui al Salone di Mila-no EICMA 2019, la nuova Rush 1000 è nata come esercizio di stile ispirato alla realtà delle strip statunitensi che invece andrà in produzione nei prossimi mesi.

Il gruppo ottico anteriore prende ispirazio-ne da quello della RVS #1 è un’unità Full LED con funzione cornering, incastonata in una cornice circolare in lega ricavata dal pieno, materiale utilizzato anche per il tappo del serbatoio.

La cover posteriore è in fibra di carbonio così come il coprisella passeggero e le pa-

ratie laterali del codino. La ruota posterio-re lenticolare è in alluminio forgiato con coperchio in fibra di carbonio; il dado di fissaggio sul monobraccio è in alluminio lavorato dal pieno.

A raggi invece il cerchio anteriore, solu-zione studiata per creare il massimo con-trasto visivo con il retrotreno. Restando in zona, sella passeggero e gruppo ottico posteriore sono stati disegnati apposita-mente per questo modello, che vanta an-che un impianto di scarico dedicato, con terminali in titanio coperti da una paratia di protezione in fibra di carbonio.

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NUOVA SUZUKI V-STROM1050 E 1050XT

Rinnovate nel design, guadagnano il faro a LED, elettronica più sofisticatae rispettano l’omologazione Euro 5

CChe fosse in arrivo una novità in chiave adven-ture touring era già nell’aria da qualche setti-mana, da quando Suzuki ha rilasciato prima un video teaser che lasciava vedere delle forme che lasciavano poco spazio all’immaginazione e, successivamente, un video dinamico in cui mostrava chiaramente la moto

Per questa edizione di EICMA 2019 la Casa giapponese ha deciso di portare a Milano due nuovi modelli adventure: V-Strom 1050 e 1050XT, simili nella concezione rispetto al mo-dello precedente, ma rivisti profondamente sia nel design che nella tecnologia.

Partiamo dal nome: come per gli scorsi model-li, le versioni della V-Strom saranno due, quella standard e la XT ma a cambiare, è la cilindrata che adesso, almeno nel nome, è salita a 1050. Perché solo nel nome? Perché, nella pratica, la cilindrata del bicilindrico a V di 90° rimane

la medesima del MY 2019, ovvero 1.037 cc, mentre a cambiare sono i dati della potenza erogata, che sale a 107,4 CV a 8.500, 6,8 CV in più rispetto al modello precedente e 500 giri al minuto più in alto. Scende invece la coppia, a parità giri, di 1 Nm, arrivando così a 100 Nm. Altra novità che riguarda il motore è il rispetto delle regolamentazioni in materia di inquina-mento, rispettando adesso le normative Euro 5 grazie ad un nuovo sistema di scarico.Altra novità in tema di motore è la possibilità di acquistare una versione depotenziata a 35 kW per i possessori di patente A2, rendendo così la moto disponibile anche ai neofiti. Dal punto di vista dell’estetica, le modifiche sono state tan-te ed evidenti, a partire dalla vista che frontale dove l’impianto di illuminazione guadagna un nuovo faro a LED, rettangolare, che fa il paio con il nuovo becco e le nuove carenature, ora dalle linee più affilate e spigolose. Anche al posteriore è stata adottata una nuova unità

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ottica per lo stop, sempre a LED, che differisce tra le due versioni: con lente rossa per la versio-ne standard e con lente trasparente per la XT, conferendo alla moto un look maggiormente sofisticato. Anche le frecce e gli specchietti cambiano tra le due versioni con i particola-ri della XT maggiormente affilati nel design, dando un’impressione di maggiore qualità e modernità. Nuova poi la sella per la XT che è regolabile su diverse altezze e che, grazie ad un nuovo disegno, dovrebbe garantire un incre-mento nel comfort di guida.Per i modelli 2020 delle V-Strom 1050 e 1050XT, Suzuki si è impegnata particolarmente nella cura dei dettagli, introducendo particolari che, rispetto al modello precedente, fanno sicura-mente piacere all’utente finale, attento a que-

ste tematiche. Parliamo di una finitura nera granulosa sui carter, che ricorda un po’ l’asfalto e di un nuovo paramotore in alluminio per la versione XT, con delle nuove barre paramotore che accentuano la vocazione di maxi enduro. Il richiamo del MY 2020 alla DR Big degli anni ’80 si è fatto ancora più marcato, non solo grazie al faro che riprende la forma del modello d’e-poca, ma anche grazie a due nuove livree per la XT, ossia il classico schema rosso-bianco che ricorda la livrea Marlboro e giallo-blu a ricordo di quella Camel. Entrambe si adattano molto bene alla rivisitazione in chiave moderna del modello vintage. Per quanto concerne le altre colorazioni, invece, la XT sarà anche disponibi-le in nero/arancio, mentre il modello standard potrà essere acquistato in nero, bianco o nero/

grigio. Le novità per il modello 2020 riguarda-no anche l’elettronica, che è stata ampiamente rivista per portarla al livello della concorrenza. Per entrambe le versione è stato introdotto l’acceleratore elettronico con ride-by-wire che consente di avere tre diverse modalità di gui-da che gestiscono la risposta dell’acceleratore, lasciando invariata però la potenza erogata. Anche il Traction Control è stato aggiornato e ora può essere impostato su tre diversi livelli di intervento o, in alternativa, escluso.Tutte le informazioni, infine, possono essere facilmente consultate attraverso la strumenta-zione full-LCD che è stata ampiamente aggior-nata rispetto allo scorso modello.Per quanto riguarda la versione XT, ci sono sta-ti degli ulteriori sviluppi dell’elettronica che in-

cludono il cruise control, ripartitore di frenata in funzione del carico, modulatore di frenata in discesa e assistenza alla partenza in salita. Queste ultime tre novità sono state rese ossibi-li grazie all’adozione di una nuova piattaforma IMU maggiomente sofisticata, in grado di ge-stire un elevato numero di dati ad una velocità superiore rispetto al passato.Parlando invece della comodità, la XT ha ora il parabrezza regolabile su diverse posizioni, ga-rantendo un migliore flusso dell’aria.Insomma, per il 2020 Suzuki non si è risparmia-ta, condensando sui due modelli tante novità volte a migliorare un prodotto che, grazie alle proprie caratteristiche tecniche e a un prezzo concorrenziale, è già riuscito ad ottenere negli anni un buon successo.

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TRIUMPH THRUXTON RS

Lo stile café racer incontra la tecnologia più moderna per un piacere di guida senza nostalgie

LLa nuova Thruxton RS è l’evoluzione della sportiva classica della Casa inglese. Lo sco-po è quello di fondere lo spirito e le forme del mondo café racer con caratteristiche di-namiche migliorate.

Per la RS, Triumph ha scelto telaio, sospen-sioni, impianto frenante, pneumatici e tec-nologia top di gamma unite a dettagli e fini-ture esclusive.

Il motore da 1.200 cc guadagna 8 CV e rag-giunge un totale di 105 CV con 112Nm di coppia massima erogata 700 giri/min più in basso e una riduzione dell’inerzia del 20%.

Migliorata la maneggevolezza grazie a un’e-lettronica più evoluta e 6 kg in meno sul peso totale. I freni sono Brembo M50 radiali mo-noblocco con doppio disco flottante Brembo da 320 mm. L’ammortizzazione è affidata a

una forcella regolabile Showa big piston e doppio ammortizzatore posteriore Öhlins completamente regolabile.

Il look è curato nei dettagli con finiture to-tal-black inclusi: cerchi e carter motore ano-dizzati neri verniciatura bicolore.

Tatissime le possibilità di personalizzazione con una 80 accessori dedicati tra cui i silen-ziatori Arrow in acciaio inossidabile spazzo-lato con fondello in fibra di carbonio e semi-carena café racer.

Inoltre la Triumph Thruxton RS raggiunge emissioni più basse e maggiore efficienza nei consumi grazie alla sua omologazione Euro 5 e al sistema di raffreddamento a liquido.

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NUOVA YAMAHA TRACER 700

Motore Euro-5, tanti ritocchi a ciclistica e carrozzeria. Arriva a febbraio 2020

IInizia dalla nuova Yamaha Tracer 700 il pas-saggio all’Euro-5 della gamma Sport-touring della Casa di Iwata, qui al Salone di Milano EICMA 2019. Yamaha non dichiara i valori di potenza e coppia massimi per il motore - che rimane il collaudato, divertentissimo bici-lindrico CP2 da 689 cc - ma continua a van-tare il miglior rapporto peso/potenza grazie alla massa più contenuta della categoria. L’aggiornamento del motore è soprattutto l’occasione per aggiornare sia l’estetica che la funzionalità di un modello di grande suc-cesso nella gamma Yamaha. Il look cambia profondamente, con una parte anteriore che richiama in maniera evidente le supersporti-ve della famiglia YZF-R nello schema dei fari, con due “occhi” a LED e i due proiettori all’in-terno della carenatura; il plexi diventa anche regolabile su un’escursione di 60 mm con una sola mano, per migliorare la versatilità. Diverso anche l’andamento del parafango anteriore e dei paramani; anche il manubrio cambia, con un aumento della larghezza di

34 mm e la predisposizione per il montag-gio di accessori. La variazione ergonomica si completa con l’arrivo di una nuova sella in pezzo unico che migliora il comfort tanto per il pilota che per il passeggero, con una rac-cordatura più rastremata in zona serbatoio. Anche la nuova strumentazione, a tecnolo-gia LCD in negativo, contribuisce all’aggior-namento della nuova Yamaha Tracer 700. Il display si controlla con il blocchetto elettrico sinistro. Leggera - il peso in ordine di marcia è di 196 kg, con una capienza del serbatoio di 17 litri - la nuova Tracer 700 è stata rivista in diversi dettagli della ciclistica, con una for-cella a cartuccia da 41 mm regolabile in pre-carico ed estensione, così come al posteriore. Non cambia l’impianto frenante, con tre di-schi a margherita gestiti da un sistema ABS. La Yamaha Tracer 700 2020 sarà disponibile in livrea Icon Grey/Sonic Grey/Phantom Blue a partire da febbraio 2020 nei concessionari Yamaha, che peraltro della nuova moto non ha ancora comunicato il prezzo.

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ATTUALITÀ ATTUALITÀ

VENDITE DI OTTOBRE A +10,7%. AFRICA TWIN E TÉNÉRÉ 700 LE PIÙ VENDUTE. LE TOP 100Continuano a tirare le vendite anche a ottobre, meno per le moto però.Fra queste le più vendute sono Africa Twin, Ténéré 700 e R1250GS. Il 2019fa +6,8%

LLe immatricolazioni italiane di moto e sco-oter hanno continuato la tendenza positiva anche nel mese di ottobre appena concluso, mese che pesa sulle vendite annuali per cir-ca il 6%.

Questa volta per merito principalmente de-gli scooter però. Ma procediamo con ordine.Complessivamente sono stati immatricolati 18.268 veicoli nel decimo mese dell’anno, ovvero un +10,7% rispetto allo stesso mese del 2018. L’incremento si deve soprattutto agli scooter che sono stati 11.908, ovvero con un crescita pari a +15,8%. Modesto l’in-cremento delle moto, +2,2%, grazie a 6.360 unità vendute.Sono invece in calo, pesante, i cinquantini: con 1.542 registrazioni (volume di per sé ormai molto modesto) la flessione è pari a -29%. Un anno fa ottobre fu decisamente mi-gliore per le moto (+19,3%) e anche gli scoo-ter ottennero un notevole +17,1%, risultato

che portò il totale immatricolato di ottobre 2018 a +17,9%.Per cui il +10,7% dell’ottobre di quest’anno assume un valore di crescita importante se misurato col già ottimo passato. Nella Top 30 mensile è da notare che le moto presenti in classifica sono tutte del segmento maxi enduro stradale/crossover.

Anche il 2019 è in attivoIl progressivo annuale delle immatricolazio-ni, da gennaio a ottobre, registra un buon +6,8% con un totale di 216.625 unità. L’in-cremento maggiore lo stanno registrando le moto che vedono 92.585 immatricolazio-ni nei primi dieci mesi, il che corrisponde a un +8,2%. Gli scooter confermano il maggior volume, ma con una quota di incidenza infe-riore sul totale immatricolato: una tendenza in atto da tre anni almeno. Gli scooter hanno totalizzato 124.040 vendite, pari a un +5,8%.

I ciclomotori si fermano a 16.765 registrazio-ni accusando un -7,1%.Per quanto riguarda le tipologie di moto preferite, il comunicato diffuso questa sera dall’ANCMA riporta come le naked resistono in testa grazie a 35.340 unità e una crescita del6,6%. Molto vicine sono le enduro stradali (33.336 unità e un consistente +16,3%), men-tre al terzo posto si piazzano le moto da turi-smo con 11.312 vendite e un +1,8%. Perdono terreno invece le custom (-8,7%) con 4.776 unità vendute. Calano anche le sportive con 4.231 moto e un -3,9%. Positive infine le su-permotard: 2.629 unità e un +23,9%.Le cilindrate più diffuse vedono al primo po-

sto quelle dei modelli tra 800 e 1.000 cc, con 25.879 unità e un incremento di +11,9%; se-guono da vicino i modelli oltre 1.000 cc che sono però in leggera flessione, con 21.813 moto immatricolate e un -1,4%. Le medie ci-lindrate tra 650 e 750 crescono (15.096 unità, +9,1%), mentre è importante anche numeri-camente la crescita delle cilindrate tra 300 e 600 (+13,7) con 16.472 moto. A doppia cifra positiva anche le ottavo di litro: le 125 regi-strano 10.910 unità pari al +11,7%. La cate-goria fascia da 150 fino a 250 (2.415 pezzi) segna un +6,4%.

Leggi la Top 100 Moto e Scooter

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INTERVISTA INTERVISTA

U

TIMO RESCH, BMW: “PIÙ MODELLI PER I GIOVANI”

Il Vice President vendite e marketing della Casa di Monaco ci parladi mercato, prospettive, sport e futuro

Un anno di grande successo - che si avvia ad essere il nono consecutivo a riportare una crescita - per la Casa di Monaco. Oltre 149.000 esemplari venduti fra moto e scoo-ter, il lancio della nuova gamma boxer 1250 e della S1000RR, entrambi con propulsore a fasatura variabile, e un EICMA 2019 che prosegue nel processo di trasformazione in Euro-5 per le moto di Monaco.

Impossibile lasciarsi sfuggire l’occasione di parlare con Timo Resch, che di BMW Motor-rad è Vice President sales & marketing, per commentare un po’ la situazione, le prospet-tive e le attività della Casa tedesca. Impor-tantissima l’attesa per la nuova boxer 1.800, di cui abbiamo visto qui le immagini di un altro concept che continua il percorso di av-vicinamento: il segmento cruiser è il più con-

sistente a livello mondiale, e BMW non vuole assolutamente restarne fuori. Proviamo a stimolarlo anche sul fuoristrada specialisti-co, che in alcuni mercati fa numeri impres-sionanti, ma Timo - sottolineando la com-pletezza della gamma BMW - ci parla invece di una clientela giovane tutta da conquista-re. Anche se, ovviamente, mai dire mai.

E poi c’è lo sport, con il ritorno in forma uffi-ciale nel Mondiale Superbike, dove con Tom Sykes, che l’anno prossimo sarà affiancato da Leon Haslam, la S1000RR ha conquistato podi e pole position, superando addirittura le aspettative della Casa madre. E infine l’e-lettrico, croce e delizia delle Case, dove BMW ha delineato il futuro con la concept DC Ro-adster.

di Edoardo Licciardello

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INNOVAZIONE INNOVAZIONE

NNei precedenti capitoli abbiamo fatto luce su quanto sia già molto concreta la possibilità di avere moto perennemente connesse e sempre più sicure. Ora è il momento di guardare più in profondità un concetto sul quale forse c’è an-cora qualche mistificazione: l’intelligenza auto-noma applicata alla motocicletta. Facciamo un piccolo passo indietro: con l’IMU e il GPS la moto è capace di capire dove si trova e che cosa sta facendo dal punto di vista dinamico. Con i siste-mi ARAS collegati con Radar (e in futuro anche Lidar) può, limitatamente ad alcune situazioni particolari, avvisare il pilota dei pericoli e aiutar-lo attivamente a tenere una distanza di sicurez-za adeguata o agire autonomamente e secondo propri algoritmi sul bilanciamento della frenata. Ma si può andare ancora oltre? Probabilmente sì: vi abbiamo già fatto vedere l’interessante stu-dio Learning a Curve Guardian for Motorcycles dell’ETH di Zurigo e del KU di Lovanio sul loro road curvature warning system, un’intelligen-za artificiale che guida il motociclista dentro le curve, prevedendo traiettoria e inclinazione

HI-TECH: MOTO E INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Mezzi a due ruote sempre

più capaci di “pensare”

in maniera simile all’uomo

e di migliorare le proprie

performance, apprendendo

via via

di Antonio Privitera

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ottimali e, chissà, magari in futuro potrà essere integrato sul veicolo per agire auto-nomamente ed evitare errori di traiettoria o manovre potenzialmente pericolose. Ma, ancora prima, tutti ricordiamo la stupefa-cente BMW R1200GS a guida totalmente autonoma, il concept Honda Riding Assist-E o il prototipo Yamaha Motobot e il concept Motoroid 03 che, pur non destinati alla pro-duzione, hanno decisamente incendiato il dibattito sulla possibilità di dotare la moto di un’intelligenza che la renda capace di prendere autonomamente decisioni relative alla guida. L’intelligenza artificiale è l’abilità di una macchina di apprendere e sviluppare una capacità decisionale autonoma: a que-sta definizione si è arrivati dopo il lavoro pio-nieristico di Alan Turing e sopratutto di John Mc Carty negli anni ‘50. Se vogliamo, l’intelli-genza artificiale non è altro che l’evoluzione del processo di meccanizzazione iniziato con la rivoluzione industriale, nel senso che un “oggetto” ancora non totalmente evoluto è introdotto all’interno dei processi industriali e dei prodotti rivoluzionando i paradigmi e imponendo - nel lungo termine - un cambio di prospettiva ai produttori e agli utilizzatori.

Numerosi produttori emergenti si sono but-tati a capofitto su questa frontiera, mentre molti costruttori consolidati, come abbia-mo visto, stanno implementando poco per volta tutte le soluzioni che in un tempo più o meno breve porteranno le motociclette ad

avere un contenuto tecnologico sempre più orientato verso la capacità del veicolo di re-lazionarsi autonomamente con il traffico e le infrastrutture.

Una delle proposte che possiamo definire paradigmatiche per la sua capacità di mo-strare le potenzialità e anche il livello tutto sommato modesto di intelligenza artificia-le disponibile per il motociclista del 2020 è quella realizzata dalla canadese Damon la cui sfida più importante è proprio quella del cambio di paradigma: “la gente crede che più vai in moto, più è probabile avere un inci-dente: noi vogliamo capovolgere questo as-sunto usando la tecnologia e l’uso dei dati. Più guidi, più dati vengono incamerati dalla motocicletta e la gestione di questi dati con-sente alla moto (grazie all’intelligenza artifi-ciale ndr) di diventare più intelligente e sicu-ra”. Per raggiungere questi risultati Damon ha prodotto un prototipo su base Yamaha XSR 700 dotandolo di telecamere anterio-ri e posteriori, radar e sensori; sulla base di quest’esperienza ha trasferito la tecnologia su un prototipo realizzato su base Yamaha YZF R1 ma mosso da un motore elettrico e dotato di un sistema di warning a 360 ° (AWSM) per tracciare la velocità, la direzione e la velocità di un massimo di 64 oggetti in-torno al veicolo.

Utilizzando una rete neurale di bordo, il si-stema AWSM anticipa gli incidenti e avvisa

il pilota con una serie di meccanismi di fee-dback multimodale: LED, vibrazioni sul ma-nubrio e uno specchietto retrovisore digitale alimentato dalla fotocamera posteriore in-corporata. La modalità e le soglie di pericolo oltre le quali scattano gli avvisi al conducen-te sembra venga decisa dall’AI secondo al-goritmi. La Halo Bike di Damon, che qualche video mostra in circolazione, si caratterizza anche per la possibilità di modificare la po-sizione di guida da commuting a sport attra-verso pedane, manubri e sella che cambiano la propria posizione anche in marcia. Fin qui non ci sembra una rivoluzione e non ci sem-bra di poter veramente parlare di autentica “abilità di una macchina ad apprendere e sviluppare una capacità decisionale autono-ma” nel senso che Bosch o Ducati, solo per fare un esempio, stanno introducendo sul mercato tecnologie simili ma la sottigliez-za che distingue l’approccio di Damon è la volontà di archiviare tutti i dati raccolti da qualsiasi moto equipaggiata con un siste-ma Damon nel cloud dell’azienda attraverso l’accesso al 5G e da qui disporre di una mole gigantesca di informazioni che si spera pos-sa migliorare la sicurezza dei motociclisti. Anche in questo caso, quindi, i Big Data e le reti su cui viaggeranno saranno i protagoni-sti del futuro della mobilità, ma di vera auto-nomia decisionale delle moto ne parleremo probabilmente soltanto tra qualche lustro.

Stefano Chianese (Bosch) su questo argo-

mento aggiunge un aspetto non marginale: “Noi non potremo fare intelligenza artificia-le fino a quando non avremo un’interfaccia uomo/macchina degna di questo nome. La tecnologia al giorno d’oggi non è ancora pronta. Ci sono un sacco di idee differenti ma ancora niente di definitivo. Ogni cruscotto è diverso, ogni produttore ha il suo layout, i display sono sempre più affollati... bisogna capire se si vuole fare un videogioco o se si vuole realmente migliorare il modo in cui l’u-tente guida e la sua sicurezza”.

Perché il punto è anche questo: quanto sono pronti i motociclisti a recepire novità che potrebbero avvicinare la guida di una moto, grazie agli aiuti elettronici, a quella di un vi-deogioco? Potrebbe essere possibile trasfe-rire un’intelligenza artificiale progettata per un sofisticato videogame motociclistico su una moto reale?

Non restava che chiederlo a chi di moto, videogiochi e intelligenza artificiale se ne intende: Michele Caletti, Producer per Mi-lestone, l’azienda milanese produttrice di MotoGp 2019, il realistico videogioco per PlayStation 4, Xbox One e PC che vede per la prima volta inserire in una simulazione una intelligenza artificiale basata su reti neurali, un vero e proprio percorso di apprendimen-to per la macchina attraverso l’indicazione di quali azioni meritino un premio e quali invece siano da evitare. Da questo proces-

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so, A.N.N.A. (l’acronimo di Artificial Neural Network Agent) impara come guidare una motocicletta in pista e come competere con il pilota umano.

“Data una moto, un circuito e determinate condizioni di partenza, l’AI inizia l’apprendi-mento totalmente da zero, cioè senza nem-meno sapere i rudimenti della guida.

Questo per non formare “preconcetti” all’AI, infatti se cambiano le condizioni, per esem-pio la moto diventa elettrica, l’AI deve inizia-re daccapo; tutta la parte di apprendimento si svolge sui server, e non continua durante il gioco. Questo perché ognuno di noi gioca con uno stile differente e l’AI potrebbe inca-

rognirsi a volermi battere sfruttando le falle del mio stile di guida... proprio come un mo-tociclista reale”. Potrebbe essere possibile trasferire la vostra AI su una moto vera? “An-che se stiamo cercando di evolvere il nostro modello facendolo diventare capace di gui-dare genericamente in pista e non solo sulle piste dove ha imparato, per trasferire il no-stro modello sul mondo reale si dovrebbero mappare tutte le strade del mondo.

È molto difficile, complicato e costoso svilup-pare un’AI capace di guidare genericamente ma è un risultato che ci proponiamo di rag-giungere in tempi relativamente brevi. Entro qualche anno potremo avere un sistema molto più flessibile ma applicarlo nel mon-

do reale è ancora più complesso: mentre nel videogioco abbiamo un set di decine senso-ri/informazioni che gestiamo perfettamente, nel mondo reale è tutto più complicato”.

Non è solo una questione di tecnologia: “pensiamo alle macchine a guida autono-ma: posizione angolare dello sterzo, slip del-le ruote, segnaletica, pedone (con relativo riconoscimento) che attraversa mentre ma-gari un’altra automobile è sulla nostra traiet-toria... montare su una moto tutti questi sen-sori probabilmente è molto problematico.

Ma forse il problema più grande non è nem-meno questo; noi, nelle nostre simulazioni, non badiamo a spese: se per allenare la no-stra AI è necessario sfasciare (virtualmente, nel videogioco, n.d.r.) due o trecentomila Yamaha R1 lo facciamo, il nostro pilota non si fa male e possiamo ripartire immediata-mente per un altro test.

Nel mondo reale è tutto molto più costoso e questo è anche il motivo per il quale credo che Yamaha abbia dotato Motobot di rotelle laterali estensibili: per non dover distrugge-re nei test dodici M1 al mattino e altre dodici il pomeriggio!”.

Michele Caletti aggiunge:“Credo che anche se si volesse usare un sistema di AI su una moto reale, uno degli scogli da superare sia la scelta di cosa far fare all’AI quando ravve-

de una situazione di pericolo. Togliere i co-mandi al pilota e agire direttamente? Il mo-tociclista non credo sarebbe molto felice”. Compreresti una moto sulla quale venisse integrata un’AI evoluta? “Tra quindici anni comprerei una moto dotata di AI. È come l’ABS, nessuno si fidava quando fu introdot-to, mentre ora averlo a bordo è normalissi-mo.

Piuttosto credo che una delle sfide più im-portanti sia quella che riguarda l’uniforma-zione dei sensori e della rete: quando tutti i veicoli, infrastrutture e pedoni saranno con-nessi e potranno comunicare tra di loro, gli incidenti stradali si ridurranno fino a quasi lo zero”.

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RANDY MAMOLA COMPIE60 ANNI!

E’ uno dei piloti più estroversi e più amati del motociclismo, anche se in tredici anni di carriera nella classe 500 non ha vinto titoli mondiali. Ha corso con Suzuki, Honda, Yamaha e Cagiva. Generoso da sempre, è tra i fondatori di Riders for Health in favore delle popolazioni africane

RRandy Mamola, l’eterno ragazzo, compie i sessant’anni. E’ nato in California a San Josè, cinquanta miglia a sud di San Francisco, il 10 novembre del 1959. Stesso anno di John Mc Enroe e Magic Johnson. Randy non ha vinto titoli mondiali e in totale vanta “soltanto” tredici vittorie nei Gran Premi della classe 500 in altrettante stagioni, dal 1979 al 1992, eppure occupa un posto in prima fila nel mo-tociclismo e nel cuore degli appassionati.

Funambolo, esagerato, generoso. Lontane origini siciliane. Conservo nella memoria alcune scene che, come fossero altrettante fotografie, vi voglio proporre perché raccon-tano bene il personaggio.

Scena 1: la prima volta che vidi Randy

Mamòla -che allora, prima che ci corregges-se, chiamavamo Màmola- fu nel 1974 a Imo-la. Randy aveva a disposizione una Yamaha 250 gialla e nera di Kenny Roberts (era il suo pupillo) e voleva correre la 100 Miglia, gara di contorno tra le due manche della 200 Miglia.Ma la partenza gli fu negata: troppo giovane, solo quindici anni, capelli rossi e un sacco di lentiggini. Però l’anno dopo era già un pilota professionista nelle gare americane.

Randy: «Sono nato nel 1959, quindi vengo dagli anni Sessanta. C’erano droghe in giro, movimenti hippy, Harley e Hells Angels. Mio padre era un meccanico e mi teneva con i piedi per terra, sono stato educato alla vec-chia maniera e se fossi uscito fuori dai binari sapevo di dovermi aspettare colpi di cintura!

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di Nico Cereghini

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Bene, nel 1972 ricevo la mia prima motociclet-ta e inizio subito a correre, a dodici anni. L’anno dopo la Indian Motorcycles mi dava moto gratu-ite attraverso una concessionaria di San Jose. E’ successo tutto molto in fretta, correvo anche quattro volte a settimana in tre categorie diver-se. Quando avevo diciassette anni ho guidato una 50, una 125 twin, una 250 e una TZ750, tutte in uno stesso evento... Ero molto versatile, come tutti i piloti americani. Inseguivo Kenny Roberts e volevo essere la stella delle piste sterrate del Grand National. E quando Kenny andò in Europa per i GP io lo seguii». Scena2: Randy Mamola si sta giocando il titolo mondiale 1981 con Lucchinelli. Entrambi guida-no le Suzuki 500 RG ufficiali, Marco per il team Gallina Nava-Olio Fiat, Randy con il team Her-ron-Suzuki GB ed è l’ultima gara ad Anderstorp, in Svezia. Un anno tragico, tra parentesi, perché il 23 marzo è morto Mike Hailwood in un inciden-te stradale. Ora è il 16 agosto 1981 e piove che Dio la manda. La gara precedente è andata all’i-taliano che è andato a vincere tutto solo il GP di Finlandia.

In stagione Mamola ha vinto soltanto due gare (Austria e Yugoslavia) contro cinque, ma è sta-to più costante dello spezzino: secondo, terzo, quarto… Piove, e con la pista bagnata di solito Lucchinelli va forte mentre l’americano è in diffi-coltà, però questa volta sono indietro tutti e due, paralizzati dalla tensione.Finirà con Marco al nono posto (oltre un minuto

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dal vincitore Sheene) mentre Mamola, che per acciuffare il titolo avrebbe dovuto vin-cere, finisce addirittura tredicesimo e dop-piato. Ben quattro volte il californiano è ar-rivato secondo nella classifica generale della 500 (dietro a Roberts, Lucchinelli, Lawson e Gardner), dunque vicino al titolo mondiale.

Randy: «Nell’80 avevo vent’anni e mi sen-tivo al top perché ero arrivato secondo nel campionato del mondo dietro a Kenny cor-rendo contro piloti del calibro di Barry She-ene. Grande: ho delle foto in cui gli pizzico il c..o. Ho tante foto anche con Kenny, con Ed-die, Lucchinelli, Cecotto e compagnia. Sarei la stessa persona se gareggiassi oggi? La ri-sposta è difficile, ma penso che avrei ancora

lo stesso carattere. So per certo che dovrei allenarmi fisicamente molto di più, perché le moto che usano oggi sono molto più difficili da guidare rispetto a quelle dei nostri tempi. Mentalmente ci vuole la stessa concentra-zione e lo stesso cervello, e farei ancora le impennate sulla ruota posteriore e su quella anteriore, naturalmente, perché io sono così e tuttora mi esibisco con le moto biposto…».

Scena 3: il rodeo di Misano con la Hon-da, un video da cineteca. Siamo al GP di San Marino a Misano ed è sabato 31 agosto 1985, prove ufficiali dell’ultima gara della stagione. E’ il mio primo anno da inviato per Grand Prix e il mio operatore è Pepi Cereda che seguiva tutta la F1 e la Dakar, un amico

scomparso troppo presto. Fui io a suggerire: “andiamo al Tramonto, che non ci va mai nessuno e portiamo a casa qualche ripresa originale”. Quando Mamola si esibisce nel suo rodeo in uscita di curva, Pepi lo vede e lo filma senza perderlo e senza perdere il fuo-co. Due artisti, l’operatore e il pilota. Rodeo è la parola giusta, Randy non ha mai mollato la presa. Spaventosa è tutta la sequenza, ma in particolare quando il pilota finisce tutto davanti, oltre il cupolino, spaccandolo in mille pezzi con il petto.

La forcella a pacco, la fortuna (va detto) di ri-trovarsi in linea al momento dell’atterraggio, la tremenda forza necessaria per riportarsi indietro, e poi ancora quella testardaggine a tenere la moto in equilibrio sull’erba... Sarà Lawson a stabilire la pole e poi a vincere la gara davanti a Gardner e allo stesso Mamola.

Randy: «Non so nemmeno dire come ho fatto a non cadere: so solo che non ho mol-lato la presa. Stavo provando un pneumati-co un po’ più duro e in uscita di curva avevo qualche problema di grip: se guardate bene, la gomma posteriore si deforma, come se stesse saltando mentre scivolava. Ho avuto solo il tempo di parzializzare un po’, forse, e poi sono stato lanciato sopra la sella e in qualche modo sono ricaduto in asse; poi ho provato a tenere la moto sulla sinistra, cer-cando di puntare i piedi a terra appena pos-sibile per tenermi in equilibrio. Sull’erba alla

fine sono riuscito a rallentare ed è stato tutto più facile».

Scena 4: con la Cagiva Randy impenna e si ribalta: Assen 1989, quella volta l’operatore di Italia 1 era Gigi Soldano, che seguiva con me tutta la stagione. Randy era in Cagiva dall’anno prima con la bella C588, forcellone a banana e carenatura di Massimo Tambu-rini, una moto che funzionava abbastanza bene e lui aveva portato sul podio a Spa sot-to la pioggia (negli anni era diventato forte anche sul bagnato). Poi nell’89 alle grandi aspettative dei fratelli Castiglioni seguì una enorme delusione per via del bilanciamento sbagliato e delle Pirelli da sviluppare; senza motricità, per Randy furono derapate e rovi-nosi high side.

La gara è quella di Assen, 24 giugno: nel giro di allineamento, Mamola vede Soldano a bordo pista e pensa di esibirsi in una impen-nata verticale. Troppo verticale. Il bello è che il californiano riuscirà poi anche a partire, per la gara, classificandosi tredicesimo a due minuti. Randy resterà in Cagiva anche per la stagione successiva, insieme ad Haslam e Barros ma con modesti risultati. Per la prima vittoria della 500 italiana bisognerà attende-re Eddie Lawson e il 1982 in Ungheria.

Randy: «Il mio mondo è stato un po’ segna-to quando ho firmato per la Cagiva nel 1988. Anche se è stato un periodo fantastico della

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mia vita, non sono riuscito a vincere le gare e a salire sul podio e quindi, per tutti, sono diventato semplicemente lo showman ... Ma in realtà con le acrobazie avevo cominciato molto prima, fin da quando avevo quattordi-ci o quindici anni ho imparato che le persone in moto sono tra le migliori che puoi incon-trare nella vita. Con la moto ti puoi davvero divertire e allora devi farlo».

Scena 5: con la Ducati biposto Randy porta a spasso i VIP e intanto lavora per l’A-frica. Mamola raccoglie fondi per Save the Children fin dall’86: durante alcuni viaggi in Africa vide che molte moto erano usate per il trasporto di medicinali e apparecchiature nelle zone più remote, ma che spesso erano

fuori uso e nessuno sapeva metterle a posto.Vent’anni più tardi fu tra i fondatori dell’as-sociazione Riders for Health che tuttora for-nisce moto (e addestramento tecnico per la loro manutenzione) ai progetti di distribu-zione medicinali e apparati medicali nelle zone rurali dell’Africa.

Anche ciò che guadagna portando a spas-so i VIP alla guida della Ducati Desmosedici biposto, nei Gran Premi, finisce a Riders for Health.

E’ anche per questa sua generosità che il ca-liforniano è entrato nella World Champion-ship Hall of fame pur senza aver vinto titoli mondiali.

Randy: «E’ la cosa più bella che ho fatto nella vita: collaborare nell’aiuto ad oltre quindici milioni di persone.

Come lo si può davvero esprimere corretta-mente e propriamente a parole? Sono stato in Africa e ho visto la realtà, ma ho visto an-che le persone che sorridevano, scherzavano e giocavano pur vivendo nelle peggiori delle condizioni. Nella vita sono anche stato in cima al mondo, sono entrato in un negozio e ho comprato una Ferrari, ma dove ho impa-rato di più? In Africa.

E’ vero, penso di essere il primo pilota ad en-trare fra le GP Legend senza aver mai vinto un titolo mondiale. Ma credo che sia impor-

tante anche l’attività di beneficenza che fac-cio: sei un ambasciatore e diffondi e sostieni il tuo sport indipendentemente dal titolo che hai».

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MURO DI BERLINO: LE MOTO CHE GUIDAVAMO 30 ANNI FA, QUANDO CROLLÒIl 9 novembre del 1989 iniziava lo smantellamento del principale simbolo della Guerra Fredda, un momento storico fondamentale che vogliamo celebrare ricordando quali nuove moto vennero presentate in quell’anno e quali modelli andavano per la maggiore nel decennio che stava per cominciare

AAnno 1961. 13 dicembre. La Germania Orien-tale, politicamente legata alla Russia, erige un tetro muro fortificato alto tre metri e ses-santa, per impedire l’eventuale fuga di spie e fuggiaschi dissidenti verso Berlino Ovest e la libertà.

Ci vollero oltre 28 anni prima che il governo tedesco-orientale si vedesse costretto ad aprire le frontiere abbattendo quel Muro del-la Vergogna che causò parecchie vittime (si parla di circa 200) durante i frequenti tenta-tivi di fuga: il fatidico e sospirato evento, che ristabiliva l’unione delle due repubbliche ebbe luogo il 9 novembre del 1989. Esatta-mente 30 anni fa.Domanda: chi si ricorda quali nuove moto vennero presentate in quell’anno e, in gene-

rale, quali modelli andavano per la maggio-re nel decennio che stava per sfociare negli anni ’90? E quali, per un motivo o per l’altro, hanno lasciato un segno indelebile nei vostri ricordi? Andiamo a sfogliare le riviste dell’e-poca, e ricordando che ancora non c’erano limiti di legge alle potenze, riscopriamo che le 125 godevano di un periodo d’oro, in par-ticolare con la Honda NSR, la Cagiva Freccia, l’Aprilia AF1, la Gilera SP01.

I più grandicelli si divertivano, in ordine di gradimento, con le 250/350 cc, con in testa l’Aprilia Wind/ETX 350, la mitica Yamaha RD 350, la Fantic 250, l’altrettanto iconica Su-zuki RG Gamma e la Cagiva T4 350, sempre in ordine di gradimento. E poi c’era l’imbaraz-zo della scelta con le 600 di piglio sportivo,

di Maurizio Tanca

e sport tourer, quasi tutte quadricilindriche, capeggiate dalla Honda CBR 600, segui-ta dalla Yamaha FZR, dalla Kawasaki GPZ 500 (unica bicilindrica sport-touring), dalla Kawasaki GPX e dalla Suzuki GSX/F.

La svolta tecnologicaE veniamo a quelle che allora rappresenta-vano la quintessenza della tecnologia. Ovve-ro: Honda CBR1000, la mitica Honda VFR750 alla sua seconda versione, la formidabile Ya-maha FZR1000 Ex-Up con motore a 5 valvo-le, con la pacifica presenza dell’interessante tourer Honda PC 800 bicilindrica a V a prece-dere la sempre validissima Suzuki GSX-R750.E che dire delle numerose custom presenti in quel decennio? Guidava il gruppo la Honda

VT600C, con a ruota la Moto Guzzi Florida 650, la “chopper” Honda VT750CH, la Moto Guzzi V35 Florida e la Moto Morini 350 Exca-libur bicilindrica.

Altro segmento significativo comprendeva le gettonatissime enduro stradali, con attrici privilegiate come le monocilindriche Honda Dominator 650 e Yamaha XT e Ténéré 600 se-guite dalle bicilindriche Yamaha XTZ 750 Su-per Ténéré, dalla Honda Transalp 600 e dalla sorella maggiore Africa Twin 650.

E terminiamo con gli scooter, allora non ancora diffusi come oggi. Le classifiche di gradimento spettavano a quella che avreb-be dovuto sostituire la mitica Vespa, cioè la

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Cosa, presente nella classifica con le 125, 150 e 200 seguita dalla sempiterna Vespa PX125, con l’interferenza del primo, interes-sante maxi-scooter Honda CN250, che anco-ra scorrazza sulle strade, specie a Genova e dintorni. Per chi non lo sappia, l’operazione “Cosa” non venne mai digerita dai vespisti di tutto il mondo, e durò poco tempo.

La corazzata giapponeseMa andiamo un po’ a vedere quali erano i modelli prescelti dai lettori della allora auto-revole rivista La Moto per eleggere la regina del fatidico anno 1989: le 6 moto prescelte erano 4 supersportive, una sport-tourer e una enduro stradale, tutte di cilindrata ele-vata. Nella fattispecie 3 Yamaha (FZR1000,

FZR750 e Superténéré 750 bicilindrica), Kawasaki ZXR 750, Suzuki GSXR 1100, e una BMW molto particolare: la molto discussa quadricilindrica K1 dalle linee decisamente molto particolari.

Ma le novità di quello storico anno erano anche altre, destinate più all’utilizzo più glo-bale.

Honda, sempre attenta alle esigenze dei mo-tociclisti che ammano viaggiare, ma anche divertirsi alla guida, portò all’allora Salone del Ciclo e Motociclo (oggi EICMA) di Milano una VFR750 rivisitata e una bella e podero-sa sport-tourer anch’essa con motore V4 da 1.084 cc, in questo caso trasversale, denomi-

nata ST1100 Pan European, evidentemente destinata ai macina-chilometri di tutto il mondo.E a Tokyo presentò anche l’Africa Twin 750.Ma non è tutto, perché al Salone giapponese figurava anche la stratosferica NR750 a pi-stoni ovali, “nata per far sognare” e in ven-dita in serie limitata di poco più di 200 esem-plari a circa 100 milioni di lire.

Kawasaki decise di importare in Italia quel gioiellino della ZXR 400 da oltre 200 orari, che però costava quasi quasi come la 750. Ma presentò al Salone di Tokyo le super pre-stanti ZZR 1100 e 600, comode però anche per il passeggero. E Suzuki sfoggiò la rivo-luzionata, magnifica RGV250 Gamma bici-

lindrica a 2 tempi, tutt’oggi appetibilissima dagli amanti di questo tipo di belvette.

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TECNICA E STORIA TECNICA E STORIA

LE ALTRE QUATTRO CILINDRI ITALIANE DA GRAN PREMIO

Dopo aver parlato di moto più famose, eccone due sfortunate ma di grande interesse come la Ducati 125 da GP e la MT 250

LLe MV Agusta, le Gilera e le Benelli non sono state le uniche moto da competizione a quattro cilindri costruite in Italia negli anni d’oro.Ce ne è stata un’altra, che però non ha mai corso. Si tratta della Ducati 125 bialbero, la cui origine risale addirittura a un progetto tracciato dall’ing. Fabio Taglioni sul finire degli anni Cinquanta.Il primo motore, a due valvole per cilindro, è stato messo al banco nella primavera del 1965 e la moto completa è stata provata a Modena da Franco Farnè. Pare che la poten-za fosse dell’ordine di 23 cavalli a 14.000 giri/min. Il motore aveva misure caratteristiche pressoché quadre, con un alesaggio di 34,2 mm e una corsa di 34 mm. Le valvole, richia-mate da molle a elica, giacevano su due pia-

ni inclinati tra loro di 90°.I due alberi a camme venivano comandati da una cascata di ingranaggi piazzata sulla sinistra. Internamente alle canne dei cilin-dri erano alloggiati pistoni forgiati con cie-lo fortemente bombato. L’albero a gomiti composito poggiava su cinque supporti di banco e lavorava interamente su cuscinetti a rotolamento. La trasmissione a ingranag-gi era posta sulla sinistra, come in tutte le Ducati dell’epoca, e la lubrificazione era a carter umido. Il cambio era a otto marce. Nell’inverno del 1965-66 è stata realizzata una nuova testa a quattro valvole per cilin-dro e la potenza è cresciuta di circa un ca-vallo a un regime di rotazione leggermente superiore ai 15000 giri/min. Ormai però la direzione generale dell’azienda aveva deciso

di Massimo Clarke

di cancellare il programma di sviluppo e ogni attività agonistica diretta.

La moto oggi fa parte della collezione Morbi-delli (che di recente è stata purtroppo messa in vendita). La sua storia è singolare. La 125 a quattro cilindri dopo il 1966 è stata vista allo stand della casa bolognese in alcuni saloni come motivo di attrazione ed esempio di tecnologia. La Ducati produceva anche mo-tori per impiego industriale e agricolo e per pubblicizzare questa sua attività a un certo punto ha portato la 125 in una fiera agricola in URSS, dalla quale non è più stato possibile riportarla in Italia per insorte “ragioni buro-cratiche”.In seguito è andata a finire in un museo a

Riga. Da lì negli anni Novanta John Surtees ha fatto uscire il motore, per cederlo in se-guito a Giancarlo Morbidelli. Per quanto ri-guarda la ciclistica, trovare la forcella Ceriani e i freni Oldani è stato facile. Davvero difficol-toso è invece stato il reperimento del telaio, che alla fine è stato trovato in Jugoslavia. Il restauro completo è stato effettuato nell’of-ficina di Morbidelli a Pesaro. Per completare la panoramica sulle nostre quadricilindriche da GP occorre ora parlare anche della Mo-totrans MT 250, costruita in Spagna, ma su progetto di un ingegnere italiano e con co-struzione curata da un tecnico bolognese!

Benché l’azienda spagnola abbia sempre avuto strettissimi contatti con la Ducati,

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TECNICA E STORIA TECNICA E STORIA

questa moto non ha proprio nulla a che fare con la casa di Borgo Panigale. I disegni del motore sono stati tracciati dall’ing. Aulo Sa-velli (che pochi anni prima aveva progettato la Benelli quattro cilindri).

La realizzazione è stata affidata a Renato Armaroli, che ha curato la fabbricazione dei vari componenti (quasi tutti fatti costruire in Spagna) nonché l’assemblaggio e la messa a punto della moto.

Il motore della MT 250 poteva essere consi-derato come il risultato della unione di due bicilindrici paralleli. In effetti era dotato non solo di due teste, ma anche di due cascate di ingranaggi della distribuzione, ciascuna del-

le quali era collocata posteriormente, al cen-tro della propria coppia di cilindri. Anche gli alberi a gomiti erano due; a collegarli prov-vedeva un albero ausiliario (collocato dietro la camera di manovella) che azionava anche le due cascate di ingranaggi e inviava il moto alla trasmissione primaria. Gli alberi a cam-me erano quattro (due per ogni testa). I cilin-dri non erano inclinati in avanti, come sulle Gilera, le MV e la Ducati 125, ma verticali.

Le valvole giacevano su due piani inclinati tra loro di 63°. I cilindri erano costituiti da fusioni individuali in lega di alluminio, inter-namente a ciascuna delle quali era installata con interferenza una canna in ghisa. L’ale-saggio di 44,5 mm era abbinato a una corsa

di 40 mm. I due alberi a gomiti erano com-positi e la lubrificazione era a carter umido.La frizione a secco era a dischi multipli e il cambio a sette marce era dell’usuale tipo in cascata. Per quanto riguarda la potenza, si parlava ottimisticamente di una cinquantina di cavalli a 14.000 giri/min.

Progettata nel 1965, questa moto ha com-piuto le prime prove in pista nel 1967. Il de-butto è avvenuto nel GP di Spagna di quello stesso anno, ove essa ha compiuto solo po-chi giri a causa di un problema alla frizione. Riveduta sporadicamente alle prove dello stesso GP l’anno successivo, la MT 250 è poi scomparsa dalla circolazione.Nel 1969 il programma di sviluppo è stato

definitivamente cancellato dalla nuova diri-genza della casa spagnola.

Riportata in Italia da Armaroli, la moto fa oggi parte della collezione di un appassiona-to romagnolo.

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EDITORIALE EDITORIALE

EDIT

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ICO

Cdi Nico Cereghini

“EICMA È UN TUFFO NELL’ENTUSIASMO” Tanto pubblico, tanta energia, sempre più numerosi i giovani. Non sono tempi facili, ma le proposte abbordabili, oggi sul mercato, sono veramente tante e molto belle.Poi ci sono le moto da sognare, ma sono molto importanti anche quelle

Ciao a tutti! Per prima cosa mi scuso con quegli appassionati che in Eicma ho deluso. Quando mi fermano per un selfie sono sem-pre disponibile, ma quando i selfie diventano dieci, poi venti, poi trenta arriva il momento in cui devo fare altro. “L’ultimissimo, dai!”. Dopo diversi ultimissimi mi scuso, ma devo proprio tagliare la corda. Per fortuna al pubblico in Fiera non manca la pazienza. Nelle tre gior-nate top, venerdì sabato e domenica, molte moto erano quasi inavvicinabili, ma pur di sa-lire in sella ho visto motociclisti fare la coda senza fiatare.E senza litigare sulle precedenze, anche se ormai nel quotidiano siamo tutti di fretta e poco disponibili. Bello, a me piace osservare con quanta serietà giovani e meno giovani si accomodano sulle varie moto accarezzando il serbatoio, tastando le leve e valutando la stru-mentazione che spesso è soltanto la cornice di un pannello buio.Qualche Casa ci ha pensato, ad accendere il

cruscotto; quasi tutte hanno sistemato l’inte-ra gamma ad altezza d’uomo (le alte pedane sono quasi sparite), qualcuna invece ha por-tato in Fiera soltanto le novità. Ho visto gente smarrita che cercava invano una GS 1250, il sogno della vita. La trova dal concessionario? Non è la stessa cosa, è qui che ci si fa un’idea.E’ probabile, ma ancora non so se Eicma ab-bia stabilito un nuovo record. So per certo che è il più importante show della moto al mondo, e che per l’ente Fiera milanese è il salone nu-mero uno. Di questo mi sento orgoglioso.Trovo troppo alto il costo del biglietto “inte-ro” (23 euro alle casse), mi dicono che sbaglio, non penso di sbagliarmi su un’altra valutazio-ne: il numero dei ragazzi coinvolti nel salone continua a crescere.E’ una tendenza degli ultimi tre anni, almeno nella mia personale percezione: come sempre ci sono stato tutti i giorni, dal martedì alla do-menica, e sono convinto di aver visto più ra-gazzi dell’anno scorso e molti di più rispetto

all’edizione 2017. Nonostante tutto. Tanti ra-gazzini e tanti giovani dai 14 ai 25 anni, in età motociclistica.

E adesso ci sono anche tantissime moto adat-te a loro. L’obiezione più frequente che ho do-vuto controbattere in fiera: noi della stampa ci esaltiamo per moto come la Streetfighter V4 o la Brutale RR ed altre esagerazioni. Am-metto: sono eccessive, sono per pochi, però sono moto dai contenuti fantastici e soprat-tutto è sempre stato così. Esistono le moto da sognare e poi ci sono le moto che si possono acquistare. Il sogno è fondamentale.

Quando ero ragazzo c’erano le affascinanti in-glesi da una parte e le mono italiane dall’altra, quattro o cinque Bonneville in tutta Milano e la mia Gilera 98 Giubileo Extra che di extra non aveva proprio niente. Non avessi avuto ogget-ti da sognare mi sarei fermato lì. Adesso tutto è spinto più in alto, è vero, però in compenso - ed è questo che conta - le moto abbordabili sono tante di più e sono sempre più belle.

Chiudo ringraziando quelli che, numerosissi-mi, sono passati nel nostro spazio, lo stand di Moto.it. Ho incontrato motociclisti di tutta Ita-lia, dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, tutti entu-siasti della nostra squadra e del nostro lavoro. Anche questa volta, un cordialissimo grazie a tutti voi, Eicma è stato per noi un bagno di energia, indispensabile per fare sempre me-glio.

Nico Cereghini

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DOPOGP DI MALESIA: VINALES NON SBAGLIA NULLA E PIEGA MARQUEZ

Gran passo per il pilota

Yamaha, in testa dal primo

all’ultimo giro. Bel duello tra

Dovi e Rossi per il terzo posto.

Gara vera: i pneumatici hanno

lavorato bene e si è visto il

reale valore delle MotoGP in

competizione. Alex Marquez

campione del mondo Moto2

Yamaha fortissima a Sepang (leggi tutti gli artico-li) in percorrenza e in impostazione di curva, Duca-ti più lenta in quelle fasi, ma con un gran motore. Vinales ha potuto fare gara a se mentre Rossi, nel confronto con Dovizioso, ha dovuto soccombere. Bernardelle si compiace di un fatto: le Michelin, con poco grip in pista, questa volta hanno con-sentito di evidenziare i reali valori in campo nella MotoGP, come dovrebbe essere sempre. E le moto sono molto differenti. Perché è caduto Marquez in qualifica? Perché Zarco è riuscito ad andare forte con la Honda alla sua seconda gara e Lorenzo non riesce a farlo dopo una intera stagione? Cosa ha sbagliato Quartararo che scattava dalla pole? Tan-te le analisi da fare per il GP della Malesia.Intanto va celebrato il secondo titolo di casa Mar-quez: Alex è il campione del mondo della Moto2, e i fratelli Marquez vanno a dieci, perché il minore aveva già vinto la Moto3 nel 2014 e anche quell’an-no fu doppietta... Noi ci consoliamo con la terza vit-toria consecutiva di Dalla Porta in Moto3, la prima da campione 2019.

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JORGE LORENZO: “PROVO LA HONDA 2020 E POI DECIDO”

In questo lungo dialogo con

Nico Cereghini, il cinque volte

campione del mondo si apre

sulle sue difficoltà, analizza le

ragioni della sua incompatibilità

con la Honda 2019, ammette

che il suo futuro dipenderà dai

test dopo Valencia. La moto

2020 sarà più adatta alla sua

guida?

Yamaha, Ducati, Honda MotoGP, fino alla Aprilia 250 dei suoi primi titoli mondiali: Jorge chiarisce bene quale tipo di moto gli è piaciuto e quale no. Perché la sua è una guida rotonda e il feeling con l’avantreno è la qualità che gli serve per andare forte come sa fare.

Con Ducati è riuscito ad adattare la moto alla sua guida, anche se purtroppo - è il primo a ram-maricarsene - fuori tempo massimo, mentre con la Honda è stato molto più difficile.

Jorge si ritiene un pilota poco fortunato, tanti gli infortuni anche gravi subiti in carriera specie nella top class. E quest’anno non ha mai potuto scendere in pista al cento per cento delle sue ca-pacità fisiche.

Poi fa notare che in realtà al primo contatto con la Honda dell’anno scorso si trovava piuttosto bene, ma la versione 2019 si è allontanata dalle sue necessità. Spingere forte non può se la moto

non gli piace, e tutte le volte che ci ha pro-vato è finito a terra, quasi sempre rovinosa-mente.

E adesso? Come si sente e quale futuro in-travvede Lorenzo? Il maiorchino ammette di sentirsi abbattuto, ma dice che bisogna far-sene una ragione e assicura che non si vuole arrendere: proverà la Honda 2020 a Valencia, il martedì successivo all’ultimo GP dell’anno. E poi deciderà.

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di Nico Cereghini

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SUPERBIKE SUPERBIKE

AAggiudicarsi il quinto titolo mondiale consecu-tivo è stata per Johnny una grande gioia, ma il campionato che lo ha reso più felice resta quello del 2015, quando divenne campione per la pri-ma volta.

Quello appena concluso è stato per Rea il cam-pionato della tenacia, della determinazione, del crederci sempre anche quando Bautista vinceva con vantaggi che non avevano riscontro nella storia della Superbike. Ma alla fine ha vinto il team, composto dal pilota più forte, ma anche da una squadra incredibile e da una moto che si è ancora una volta dimostrata la più equilibrata, in grado di andare forte su tutte le piste. Il cam-pionato mondiale Superbike del 2020 si prean-nuncia come uno dei più difficili e competitivi degli ultimi anni. Rea lo sa ma è consapevole della sua forza e non teme nessuno. Il suo obiet-tivo è sempre lo stesso e lo perseguirà con la so-lita granitica determinazione ed il solito grande impegno: confermarsi campione del mondo.Sarebbe il sesto titolo mondiale consecutivo.

JONATHAN REA: “L’OBIETTIVO È IL SESTO MONDIALE CONSECUTIVO”

A Losail al termine dell’ultima

gara del campionato

mondiale Superbike, il cinque

volte campione del mondo

Jonathan Rea ci aveva

promesso che sarebbe venuto

a trovarci al nostro stand

all’Eicma e ha mantenuto la

promessa

di Carlo Baldi

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PROGETTO GRAFICO Cinzia Giacumbo

IMPAGINAZIONEEleonora Moretti

VIDEOLuca Catasta, Fabrizio Partel, Camilla Pellegatta, Giovanna Tralli

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