zeon pdf driver trial - turcila storia di cesena ha origini antichissime, con i suoi insediamenti...
TRANSCRIPT
-
1
INDICE
INDICE DELLE TAVOLE ............................................................................3
PREMESSA ...................................................................................................5
ABBREVIAZIONI .........................................................................................9
CAPITOLO 1 ...............................................................................................11
1.1 Le origini della città di Cesena. ..........................................................11
1.2 Curva Caesena. ...................................................................................14
CAPITOLO 2 ...............................................................................................23
2.1 La diffusione del Cristianesimo..........................................................23
2.2 La diffusione del cristianesimo a Cesena. ..........................................25
CAPITOLO 3 ...............................................................................................57
3.1 La Cattedrale.......................................................................................57
3.2 La Cattedrale di Cesena. .....................................................................76
CAPITOLO 4 ...............................................................................................85
4.1 La diocesi di Cesena: le chiese cittadine. ...........................................85
4.2 I centri plebani. ...................................................................................91
CAPITOLO 5 .............................................................................................111
5.1 La pieve nel territorio della diocesi di Cesena. ................................111
5.2 Le pievi cesenati. ..............................................................................124
5.3 Le dedicazioni. .................................................................................132
CAPITOLO 6 .............................................................................................141
Le pievi nel territorio pianeggiante della antica diocesi di Cesena ........141
6.1 La pieve di S. Giovanni in Superclo. (Scomparsa) ..........................141
6.2 La pieve di San Vittore in Valle .......................................................144
6.3 San Bartolomeo Apostolo in Tipano ................................................154
6.4 La pieve di San Mauro in Valle........................................................156
6.5 La pieve di Santa Maria di Ronta .....................................................162
6.6 La pieve di Santo Stefano in Pisignano ............................................169
6.7 La pieve di San Pietro in Cerreto. (Scomparsa) ...............................178
6.8 La pieve di Sant’Agata. (Scomparsa)...............................................181
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
2
6.9 La pieve dei Ss. Andrea e Giovanni in Ruffio..................................185
6.10 La pieve di Santa Maria in Bulgaria. ..............................................187
CAPITOLO 7 .............................................................................................193
Le pievi della fascia collinare.................................................................193
7.1 La pieve di S. Maria / S. Martino in Calisese...................................193
7.2 La pieve di San Tommaso a Paterno o in Domnicalia. ...................201
7.3 La pieve di Santa Maria Annunziata in Monte Reale.......................209
7.4 La pieve di S. Stefano in Monte Aguzzo..........................................214
7.5 La pieve di S. Pietro in Solferino. (Scomparsa) ...............................216
CONCLUSIONI .........................................................................................221
BIBLIOGRAFIA ........................................................................................225
FONTI ........................................................................................................241
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
3
INDICE DELLE TAVOLE
CAPITOLO 1
Tav. I: “Cesena e il suo territorio”.
Tav. II: “Ubicazione degli insediamenti preistorici e protostorici nella
pianura cesenate”.
Tav. III: “Curva Caesena nella Tavola Peutingeriana”.
Tav. IV: “Carta storica dell’agro cesenate in età romana”.
Tav. V: “Ipotesi ricostruttiva degli assi stradali secanti il centro di Cesena”.
CAPITOLO 2
Tav. VI: “Le antiche diocesi dell’Italia settentrionale”.
Tav. VII: “La diocesi di Cesena”.
Tav. VIII: “Cronotassi dei vescovi di Cesena”.
CAPITOLO 3
Tav. IX: “Ubicazione e dedicazione della cattedrale di Cesena”.
Tav. X: “Pianta della città di Cesena”.
CAPITOLO 4
Tav. XI: “Cesena Sacra secoli VII- XIV”.
Tav. XII: “Centri plebani in rapporto a viabilità e idrografia”.
Tav. XIII: “Centri plebani e strutture insediative fortificate”.
Tav. XIV: “Emilia-Romagna: Pievi e diocesi (secoli X-XIV)”.
Tav. XV: “Antica provincia ecclesiastica ravennate”.
CAPITOLO 5
Tav. XVI: “Temi ornamentali di chiese romagnole”.
Tav. XVII: “Diocesi di Cesena (sec. XIII-XIV)”.
Tav. XVIII: “La diocesi di Cesena: ubicazione della cattedrale e delle pievi
(secoli X-XIV)”.
Tav. XIX: “Pievi rurali e cappelle dipendenti secc. X-XIV”.
CAPITOLO 6
Tav. XX: “S. Vittore in Valle: Pianta, prospetto nord ed est”.
Tav. XXI: “Prima rappresentazione planimetrica della zona di Tipano”.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
4
Tav. XXII: “Piantina della pieve di S. Bartolomeo in Tipano”.
Tav. XXIII: “Piantina della pieve di S. Mauro in Valle”.
Tav. XXIV: “S. Maria in Ronta: Pianta, sezioni trasversali e longitudinali”.
Tav. XXV: “Veduta esterna”.
Tav. XXVI: “Pianta della pieve di Santo Stefano in Pisignano”.
Tav. XXVII: “S. Pietro in Cerreto: localizzazione della pieve”.
Tav. XXVIII: “Tavola dell’antico Rubicone”.
Tav. XXIX: “Gli insediamenti di S. Agata e delle Venciglie”.
Tav. XXX: “Localizzazione della pieve di S. Agata”.
Tav. XXXI: “Progetto di ristrutturazione e ampliamento della chiesa di
Ruffio”.
Tav. XXXII: “L’edificio della pieve di Bulgaria”.
CAPITOLO 7
Tav. XXXIII: “Piantina delle pieve di S. Maria in Calisese”.
Tav. XXXIV: “Pianta della pieve di S. Tommaso in Paterno”.
Tav. XXXV: “Localizzazione delle pievi di S. Stefano in Monte Aguzzo e S.
Pietro in Solferino”.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
5
PREMESSA
L’obiettivo primario del presente lavoro è stato quello di delineare un
quadro possibilmente completo ed esaustivo della diffusione del
cristianesimo nel territorio dell’antica diocesi di Cesena nel periodo
compreso tra il Tardoantico ed il Medioevo, e verificare quali documenti di
questa evangelizzazione siano ancora presenti oggi, purtroppo in molti casi
rimaneggiati e ben lontane dalla loro originale condizione.
Per conoscere e per capire come e in che modo sia avvenuta la nascita del
primo nucleo cristiano sia attorno alla Cattedra del Vescovo entro la città,
sia nelle zone circostanti oltre le mura urbane, si è innanzitutto trattato
nell’introduzione storica della fondazione della città di Cesena e dello
sviluppo nel territorio limitrofo. Risultava necessaria infatti una premessa
storica per capire ed interpretare gli avvenimenti che hanno caratterizzato la
città e i suoi abitanti. Un altro fattore che fin dalle sue origini sembra aver
influenzato la città sono state anche le caratteristiche del territorio sul quale
essa è sorta.
La storia di Cesena ha origini antichissime, con i suoi insediamenti
preistorici e protostorici, testimoniati anche da alcuni reperti archeologici.
Lungo tutto il corso delle varie età dell’evo antico, anche per Cesena ci sono
stati cambiamenti, con un passaggio dall’attività agricola, all’allevamento,
alle attività stanziali come la lavorazione della ceramica; la dominazione
umbra così come quella gallica hanno lasciato tracce evidenti nella vita della
città: sembra che lo stesso nome della città di Cesena sia di origine umbra. I
Romani nei primi tempi estesero il loro dominio nella zona (Gallia
Cisalpina) con la fondazione della città di Rimini (268 a.C.). Inizia per
Cesena un periodo nuovo; la città, indicata con il toponimo Curva Caesena,
acquista importanza perché, seppure ancora arroccata nel colle Garampo, è
posta comunque lungo il tragitto della via Emilia; il territorio circostante la
città viene definitivamente bonificato e appoderato secondo il sistema di
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
6
centuriazione romana, ancora visibile oggi. Risalgono però soprattutto
all’ultimo periodo imperiale i ritrovamenti archeologici di epoca romana.
Cesena deve soprattutto a Ravenna la diffusione del cristianesimo nel suo
territorio: i primi nuclei di vita cristiana riguardarono comunque la città, in
quanto centro di vita politica, culturale, commerciale, di scambio frequente
di popolazione. In realtà la diffusione del cristianesimo cominciò a
manifestarsi quasi all’improvviso, e con un certo ritardo rispetto agli altri
centri della Romania, nel 603. Segue la lunga e controversa cronotassi dei
vescovi di Cesena, fra i quali risulta importante ricordare il vescovo Mauro.
Risale al 1042 il primo documento che riguarda la vita comune del clero a
Cesena e la formazione del Capitolo del Duomo, che, nonostante le
divergenze di studi, doveva essere collocato sul colle Garampo. Anche per
quanto riguarda le altre chiese cittadine, difficile è risultata la loro
elencazione: il Monasterium Sancti Laurenti et Zenoni, la Basilica di S.
Maria del Monte, la Chiesa di S. Croce, S. Martino in strata o in fossa.
Per quanto riguarda quindi lo studio della città vera e propria e la diffusione
del cristianesimo nel suo interno, ampia é la bibliografia che, soprattutto a
livello storico, è stato possibile ritrovare. Numerose inoltre sono le
pubblicazioni che anche molto recentemente (ad es. “La storia della chiesa
di Cesena”), hanno portato alla luce problemi vecchi e nuovi ed hanno
cercato, attraverso nuove ricerche, di dare risposte alle tante domande che
ancora sussistono. Sono state inserite alcune tavole per chiarificare e
schematizzare quanto si è preso in considerazione e, in alcuni casi, solo
ipotizzato, visto che ben poco è ancora oggi visibile.
Diversamente è accaduto per tutta la serie di pievi che si sono diffuse nel
territorio circostante la città: esse sono state un notevole centro di diffusione
del cristianesimo e, allo stesso tempo, di aggregazione delle popolazioni
all’interno delle frazioni in cui sorgevano. Lo sviluppo del fenomeno
plebano ha interessato quindi grandemente il territorio della diocesi di
Cesena, e ancora oggi in maniera molto evidente è possibile osservare
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
7
numerose di quelle chiese distribuite in due direzioni: da una parte le pievi
della pianura sorte nel territorio della centuriazione romana, in una zona già
orientata verso Cervia-Ravenna; dall’altra le pievi sorte invece in collina,
posta alla destra e alla sinistra del fiume Savio. A differenza di ciò che è
accaduto per la città di Cesena, non esiste un’ampia bibliografia e in molti
casi la storia di queste chiese non è stata curata da storiografi più noti. Per
rendere più accurata l’indagine sulle pievi si sono inserite numerose
immagini fotografiche che mostrano lo stato attuale di queste chiese o di
quelle sorte sulle antiche, i restauri e i rimaneggiamenti avvenuti nei secoli.
Là dove non esistevano piantine “ufficiali”, ho provveduto a disegnarle
attraverso un sistema su computer con il sistema CAD COCREATE ME10,
non in scala reale.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
8
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
9
ABBREVIAZIONI
AAR Archivio Storico arcivescovile di Ravenna.
ACC Archivio del Capitolo della Cattedrale di Cesena.
AMR «Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le
province di Romagna», Bologna, 1862
AqN Aquileia nostra, Bollettino dell’Associazione Nazionale per
Aquileia, Aquileia, dal 1930.
ASC Archivio di Stato di Cesena.
ASR Archivio di Stato di Ravenna.
BCC Biblioteca Comunale di Cesena.
BECCR Bollettino Economico della Camera di Commercio di Ravenna.
CARB Corso di cultura sull’arte ravennate e bizantina, Ravenna,
Edizione Girasole, dal 1955.
CC Corriere Cesenate, settimanale della diocesi di Cesena-Sarsina,
dal 1967.
CCIA Bollettino Mensile Camera del Commercio dell’Industria e
dell’Agricoltura di Forlì.
CIL Corpus Iscriptionum Latinarum consilio et auctoriatate.
Academie literarum Borussicae Editum, Berdini.
FR Felix Ravenna, Rivista di Antichità Ravennati, cristiane e
bizantine, Ravenna, Edizioni Girasole, dal 1911.
MGH Monumenta Germaniae Historica, Hannover-Berlin 1826-
PL Patrologiae cursus completus. Series Latina, ed. Migne, Paris
1850-1855.
RAF Rubiconia Accademia dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone.
RDAe Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV - Le decime
nei secoli XIII e XIV- Aemilia, a cura di A. Mercati, E. Nasalli-
Rocca, P. Sella. («Studi e testi», 60), Città del Vaticano 1933.
«RAS» «Romagna arte e storia », Rimini, 1981-
RdC Resto del Carlino, quotidiano nazionale dal 1825.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
10
RIS Rerum Italicarum scriptores, ed L. A. Muratori, Mediolani
1723-1751.
SR Studi Romagnoli, società di Studi Romagnoli, Lega editore,
Faenza-Cesena, 1950-
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
11
CAPITOLO 1
1.1 Le or igini della città di Cesena.
“E quella cu’ il Savio bagna il fianco, / così com’ella sie’ tra il piano e ’l
monte,...” 1
Sicuramente emblematici sono questi due versi danteschi che descrivono in
maniera efficace e chiara la posizione topografica della città di Cesena. E
proprio perché i cesenati si sono riconosciuti nelle parole che Dante ha
utilizzato nel dialogo con Guido da Montefeltro per descrivere la condizione
della Romagna, queste stesse terzine sono ben visibili agli occhi di tutti e
sono riportate in una iscrizione commemorativa nella Rocca Malatestiana, in
Piazza del Popolo, nel cuore della città.
La storia di Cesena, così come Dante ha voluto evidenziare, è stata,
soprattutto all’inizio, molto condizionata dalla struttura del territorio e i
mutamenti idrogeologici della zona sono da considerare elementi importanti
per conoscere, approfondire e, per quanto riguarda Cesena, ipotizzare una
storia che purtroppo ha ancora, soprattutto fino al periodo alto medioevale,
troppe lacune.
Cesena è sita al centro della Romagna, (Tav. I) in una pianura molto fertile
(e questo territorio così fecondo sarà soprattutto dall’epoca romana in poi
sfruttato al massimo con il sistema della Centuriazione) delimitata a nord-est
dal corso del fiume Savio, a oriente dal Mare Adriatico, a sud-ovest dalle
pendici appenniniche, in posizione equidistante tra le città di Forlì (l’antica
Forum Livii) e Rimini (Ariminun, fondata dai Romani nel 268 a.C.).
Cesena e il territorio cesenate, soprattutto a partire dall’epoca romana, hanno
non solo una conformazione territoriale ben delineata, ma vivace e
1D. ALIGHIERI, Inferno, XXVII, 52-53.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
12
produttiva è la vita della città e delle campagne circostanti ormai occupate,
in particolare dopo il 268 a.C., dai cittadini romani.
Prima di questo momento storico però, alcuni ritrovamenti permettono di
affermare che Cesena e il cesenate sono frequentati dall’uomo sicuramente
fin dal 10.000 a.C., ma, ipoteticamente, anche da 30.000-40.000 anni fa.
Naturalmente tornando così indietro nei secoli, risulta indispensabile,
parlando di preistoria della Romagna, un riferimento costante alla preistoria
nazionale2.
È stato possibile ricostruire ogni età preistorica di Cesena e dintorni grazie
ad alcuni ritrovamenti esigui, ma veramente importanti (Tav. II): manufatti
del paleolitico medio e superiore sono stati segnalati nel cesenate, in
particolare in corrispondenza di terrazzi fluviali del fiume Savio; sono stati
rinvenuti un insediamento paleolitico nella Fornace di San Damiano e uno a
Sapinecchio di Taibo (due località vicine a Mercato Saraceno). Durante l’età
neolitica3, con il passaggio ad una economia agricola e di allevamento,
anche nel territorio romagnolo si diffonde la cultura della ceramica
impressa, soprattutto a Imola e a Fiorano dove ci sono testimonianze
abitative di questa cultura. L’area cesenate viene a trovarsi però ai margini
dell’area di diffusione di questa cultura. È stato invece ritrovato a nord-est di
Cesena un giacimento del neolitico superiore a cultura di Diana. Sono state
rinvenute testimonianze dell’età eneolitico4 a Panighina tra Bertinoro e
Cesena, un insediamento dell’età del Bronzo antico a Diegaro e vicino
Cervia, ma soprattutto a Capocolle di Bertinoro (sono stati trovati numerosi
oggetti di ceramica grezza) e a Mensa e, per quanto riguarda il bronzo
recente, l’insediamento di Case Missiroli e S. Martino in Fiume, frazioni di
Cesena. Nell’età del Ferro5 si sviluppa la cultura villanoviana, in particolare
però a Verrucchio e nel riminese; successivamente sempre nel bolognese
2A. VEGGIANI, Cesena e il cesenate nella Preistoria e nella Protostoria, in G. Susini, a
cura di, L’evo antico I, Storia di Cesena, Rimini, Bruno Ghigi Editore, 1982, p. 170.3ID., Ibidem, pp. 23-36.4ID., Ibidem, pp. 37-47.5ID., Ibidem, pp. 49-86.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
13
sorge Marzabotto, e tutto il territorio della pianura padana fino all’Adriatico
viene raggiunto dalla cultura e dalla dominazione etrusca (siamo agli inizi
del V sec. a.C.). All’espansionismo etrusco va associato anche quello di
popolazioni centro-italiche con cultura etrusca, ma di ceppo Umbro. Questi
Umbri storici raggiungono la Romagna fino a Ravenna. In questo momento
vengono fondate Sarsina e Mevaniola. Essi portano idee innovatrici
soprattutto riguardo all’urbanistica (da insediamenti canapicoli si passa alle
case murate) e c’è chi sostiene che lo stesso nome di Cesena (Caeséna) è
retaggio di questa occupazione umbra6 così come per Ravenna. Alla fine del
V o all’inizio del IV sec. a.C. cessa la maggior parte degli insediamenti
umbro-storici e continua l’espansionismo celtico, già iniziato dal VI sec.
a.C. L’incursione dei Galli Senoni, culminata con il sacco di Roma, viene
datata tra il 391 e il 386 a.C. e i Galli Boi conquistarono Felsinea, difesa
dagli Etruschi, verso il 350 a.C. In realtà le testimonianze dei Galli in Emilia
e in Romagna sono molto più scarse di quello che si pensava perché gli
stessi Galli conquistatori sono sopraffatti dalla cultura più evoluta e radicata
degli Etruschi. Conferma di questo è il notevole ritrovamento di numerosi
manufatti appartenenti ad insediamenti di cultura etrusca: l’insediamento di
Casa del Diavolo, di via Cerchia, di S. Egidio e di Villa Chiaviche. La
dominazione celtica nella pianura portò di fatto un incremento della
agricoltura (i cereali) e dell’allevamento, specie quello suino. Inoltre i Galli
contribuirono a spezzare l’unità di quei gruppi tribali umbri che si
estendevano al centro della penisola. In particolare questo avvenne per gli
Umbri Sapinates, che avevano il loro capoluogo a Sarsina. I Galli divisero
così il blocco dei Sapinates: Ravenna e qualche villaggio del basso Savio
restarono, sembra, indipendenti, tutta la pianura di mezzo e le colline,
compreso il Garampo, furono invece occupati, e sui monti si raffermò uno
6G. COLONNA, Ricerche sugli Etruschi e sugli Umbri a nord degli Appennini, «Studi
etruschi», XV, 1974. Su questo argomento vedi anche M. ZUPPA, Nuovi dati per la
protostoria della Romagna orientale, AMR, 1969 e G. SUSINI, Cesena Romana, in G.
Susini, a cura di, L’evo antico I, Storia di Cesena, Rimini, Bruno Ghigi Editore, 1982, pp.
123-24.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
14
stato indipendente, chiamato, in particolare da Livio, la tribus Sapina, di
cultura umbra, di economia pastorale e di abitudini tendenti alla
sedentarietà. L’avvenimento che aprì la Cisalpina ai Romani fu la
fondazione di Rimini, come colonia di diritto latino, nel 268 a.C. I Romani
allargarono poi il dominio trionfando sui Sarsinati e quindi controllando i
passi dall’alto bacino del Tevere alla Romagna, e in particolare dell’alta
valle del Savio7.
1.2 Curva Caesena.
Scarse sono le conoscenze archeologiche riguardo alla città di Cesena del
periodo romano8 e, per questo si possono compiere soltanto ipotetiche
ricostruzioni, ancor oggi non si conosce quale era la collocazione del Foro, il
luogo sacro, a quale tribù romana era ascritta la cittadinanza romana. Esiste
però una raffigurazione, quasi sicuramente stereotipata, di Cesena indicata
con il toponimo di Curva Cesena, a causa, come si parlerà in seguito, della
sua collocazione e del suo sviluppo urbano che andava a formare una sorta
di “u” presso il colle Garampo: è presente nella Tavola Peutingeriana
conservata nella Biblioteca Nazionale di Vienna, in un meraviglioso rotolo
geografico colorato del 1265 ca. Nel quarto segmento (Tav. III) curva
Caesena è rappresentata con la tipica vignetta di due torri accostate, non
identiche, sotto le quali si apre una porta con arco acuto. Non vi è accordo
tra gli esperti circa il significato, reale o simbolico, da attribuire a quelle
vignette: prevale l’orientamento a considerarle come ideogrammi dei luoghi
di tappa (mansiones) del servizio di trasporto pubblico9. Certo è che l’attuale
città di Cesena non corrisponde a quella romana, la città più antica era
situata sicuramente più in alto: o sul colle Garampo, il cui nome è forse di
7G. SUSINI, Cesena Romana, op. cit., pp. 115-116.8ID., Ibidem, p. 111 ss.9Il toponimo curva Caesena appare anche, oltre alla Tavola Peutingeriana (5),
nell’Itinerario dell’Anonimo, p. 286 e nel IV Itinerario di Vicarello (CXI, 2384).
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
15
origine etrusca, o nella zona della Rocca Malatestiana. Infatti l’abrasione dei
pendii nel corso dei secoli con le conseguenti successive trasformazioni del
territorio, soprattutto in rapporto agli spostamenti del fiume Savio, ha
portato via ogni strato romano; ai piedi del Garampo, sotto l’attuale centro
storico, là dove certamente in epoca romana era ubicata tutta una serie di
attività produttive, qualche cosa si recupera, ma l’attività edilizia del tempo
malatestiano e di quello pontificio poi furono a Cesena così intense che
hanno in qualche modo modificato gli strati delle età precedenti. Cesena era
un centro modesto per dimensioni, ma importante per la situazione
geografica e quindi strategica e per la produttività del suo territorio. A sud
(Tav. IV) il confine era dato dal fiume Rubicone con il suo corso; a est
dall’agro centuriato, lungo la strada da Pisignano a Villalta, forse
raggiungendo il mare, toccava i confini della diocesi di Ficuclae (Cervia), e
si espandeva a est del Dismano sui bordi della diocesi di Forlimpopoli,
penetrando nella valle pedemontana del Savio fino al limite della diocesi di
Sarsina. Sulla scia dei grandi movimenti economici e sociali del IV del III
secolo a.C., la storia di Cesena prende inizio per questioni di difesa, di
intraprendenza, di sfruttamento del terreno che le suddetta conquista di
Sarsina (266 a.C.) e la fondazione di Rimini (268 a.C.) posero ai Romani.
Conseguenza della fondazione di Rimini, fu la bonifica e l’appoderamento
con la distribuzione ai coloni di tutto il territorio a sinistra del Marecchia,
forse sino al fiume Savio. Nacque così l’agro cesenate vero e proprio che
reca uno dei pochi esempi ancora evidentissimi di centuriazione romana.
Questo è un sistema di appoderamento del territorio che, disboscato e
bonificato, è ripartito in grandi quadrilateri di circa 700 m di lato; il settore
cesenate conservato si presenta in forma di triangolo rettangolo: il cateto di
base (o orizzontale) è costituito da uno dei decumani (le strade con
andamento est-ovest), mentre il cateto verticale è dato dall’ultimo dei
cardini (le strade con andamento nord-sud) parallelo al corso del Savio,
l’ipotenusa corrisponde alla linea di chiusura di questo settore di
centuriazione, l’attuale via tra Pisignano e Villalta. La centuriazione
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
16
cesenate fu compiuta10 ben prima della grande centuriazione romagnola
occidentale, che ha per asse la via Emilia ed è posteriore al suo tracciato (la
via Emilia fu tracciata nel 187 a.C. a cura di Marco Emilio Lepido); la
bonifica del territorio cesenate, attuata in diretta prosecuzione geometrica e
con il medesimo orientamento (secundum coelum) di quella riminese, fu
compiuta prima dell’inizio della seconda guerra punica, perché la discesa di
Annibale, che coinvolse anche il territorio in questione, non avrebbe
consentito queste operazioni; al termine della guerra già si facevano piani di
conquista definitiva di tutta la Cisalpina, facendo perno, salvo i lavori
centuriali, già esistenti, sulla via Emilia. La centuriazione, se non fu operata
subito dopo la fondazione di Rimini, fu compiuta negli anni che videro
l’attività del capo popolare e magistrato romano Gaio Flaminio, a cui per
altro si deve il tracciato della via Flaminia, che conduceva Roma a Rimini.
La futura via Emilia, che può così considerarsi una continuazione della
Flaminia, dopo aver valicato un ponte sotto il Garampo, si biforcava: a
destra verso la via Dismano, in direzione Ravenna; di fronte verso la
Panighina, in direzione Bologna, verso Piacenza; in direzione del Dismano
faceva capo la pista di fondovalle del Savio che veniva da Sarsina: così
Ravenna era collegata alla "capitale umbra". La via Emilia compiva così una
serie di curve, attorno al colle Garampo: per questo, secondo alcune fonti,
alla città venne ben presto dato l’appellativo di Curva Caesena11. Minimi
ancor oggi sono i dati archeologici e i conseguenti elementi topografici
utilizzabili per ricostruire l’antico impianto urbano, così che è possibile solo
accennare la plausibile estensione del sobborgo in epoca già avanzata: il
limite meridionale (Tav. V) era certamente dato dalla formazione collinare
su cui era attestata la roccaforte; a ovest il confine estremo è probabilmente
restituito dalla necropoli di età flavia, scoperta nel 1953, poche centinaia di
metri oltre il passaggio della via consolare sul Savio; il confine
settentrionale dovrebbe essere la via dei Molini, dove si scoprirono alcuni
10G. SUSINI, Cesena Romana, op. cit., pp. 118-120.11Sull’argomento cfr. A. SOLARI, Curva Caesena, Bull. Comm. Archeol, LVI, 1928.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
17
sarcofagi appartenenti ad una necropoli tardo antica12, difficili da stabilire
sono i confini orientali del municipio. Il tessuto viario si mantiene solo in
parte, nella zona centrale attorno a Piazza del Popolo; tracce dell’antica
struttura sono riconoscibili soprattutto negli assi di via Chiaramonti-
Comandini, corrispondenti alla testata meridionale del cardo maximus; le
vie Sozzi-Cavour corrono sul tracciato della tangente (attuale Cervese)
Caesena-Popilia; le vie Valzania, C.so Comandini, C.so Garibaldi, P.zza del
Popolo, V.le Mazzoni, Lugaresi coprono l’antica linea serpeggiante della via
Emilia. Un ulteriore dato interessante è stato il ritrovamento, tra il ponte
Vecchio e il Ponte della Ferrovia, nei pressi dell’Ippodromo di resti riferibili
ad un piccolo imbarcadero, di struttura lignea, sull’antico corso del fiume
Savio che risulta così scorrere, in epoca romana, più a occidente dell’alveo
attuale. Cesena, come è già stato detto, probabilmente già dal III sec a.C.,
aveva una funzione urbana: forse era un fortilizio, o un centro di servizi, con
pochi edifici, e qualche spazio di aggregazione13. Nella città, lontana dal
divenire il centro urbano e da avere una costituzione municipale; il
conciliabulum fu un importante punto di raccolta con alcuni servizi comuni
per i coloni del territorio e per quei cittadini romani che avevano posto il
loro insediamento lungo la pista o presso quel primo insediamento:
carrettieri, stallieri, tavernieri, fabbri ferrai e carpentieri, mercanti.
Dall’entroterra appenninico continuarono a giungere pelli, lane, carni,
latticini, legname. Tra gli spazi ad uso collettivo non doveva mancare un
luogo sacro, di cui però non si ha nessuna traccia. Impossibile è pensare
quale divinità fossero venerate: oltre a Giove, forse anche divinità femminili
legate alla prosperità della terra. Non ci furono difficoltà nell’amalgama di
popolazioni, credenze, culture, lingue, il latino divenne ben presto la lingua
comune e continuò la crescita delle varie produzioni. Dopo la guerra
annibalica, il governo romano diede corso alla definitiva conquista della
Cispadana e alla disfatta dei Galli Boi. Si fondano così altre città per
12D. GIORGETTI, Elementi per una geografia storica del cesenate in epoca romana, in G.
Susini, a cura di, Storia di Cesena, I, Bruno Ghigi Editore, Rimini, 1982, p. 145.13G. SUSINI, Cesena Romana, op. cit., p. 119.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
18
incentivare ovunque la produzione e cercare soluzioni ai tanti problemi con
il proletariato. In Romagna e nel cesenate si bonificarono altri territori, e,
lungo la via Emilia, furono fondate: Forum Livii (Forlì), Faventia (Faenza),
Forum Cornelii (Imola) e Claterna14. Nel 187 a.C. fu tracciata la via Emilia
e c’è da ritenere che proprio l’indicazione delle miglia, richieste da Lepido
ai suoi militari, siano la prima testimonianza di alfabetizzazione epigrafica.
A metà del II sec a.C. ci fu una bonifica parziale tra Savio e Ronco, verso la
riviera e venne fondata Forum Popili (Forlimpopoli). Venne tracciata anche
una strada (con una tecnica viaria tipica dell’età dei Gracchi) rettilinea che
collegava Cesena a Pinarella; si inquadra in questa opera anche la via
Popolia condotta nel 132 a.C. da Rimini a Ravenna fino ad Adria.
Il I sec. a.C. costituisce per l’Italia un periodo di guerre civili, di conflitti, di
rivolgimenti; in questo momento si deve la costituzione del comune di
Cesena. L’antico conciliabulum si trasforma in una circoscrizione autonoma,
in un municipium15. Nel successivo periodo imperiale sotto Augusto,
cominciano le documentazioni archeologiche: l’abitato inizia a scendere e a
estendersi nel piano, la città e i suoi domini dovevano avere un buon tenore
di vita. In campagna si incontra sempre più la presenza di grosse fattorie, le
villae, segni della concentrazione della proprietà fondiaria16. Nel territorio
cesenate non si fece troppo sentire la crisi generale dell’impero, proprio
grazie alla ricchezza delle terre. La rapida crescita di Ravenna e del suo
porto aiutarono molto Cesena e la sua economia.
Poco di sicuro si può dire della sorte che è toccata a Cesena17 e al suo
territorio nelle complesse vicende amministrative che partono dalla
provincializzazione del territorio italico in particolare con l’imperatore
Diocleziano (284-305). Secondo A. Chastagnol18 a partire dal 281/82 erano
14ID., Ibidem, pp. 119-22.15ID., Ibidem, p. 123.16ID., Ibidem, p. 125.17V. NERI, Cesena tardo-antica, in G. Susini, a cura di, L’evo antico I, Storia di Cesena
Rimini, Bruno Ghigi Editore, 1982, p. 157.18A. CHASTAGNOL, L’administration du diocése italien au Bas Empire, «HISTORIA»,
XII, Paris, 1968, pp. 348-379.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
19
presenti dei governatori di due grandi partizioni amministrative dell’Italia, i
correctores. Questa carica, negli anni che precedono immediatamente la
divisione in province del territorio italico, fu unificata nella carica di
governatore di entrambe le province d’Italia (corrector utriusque Italiae).
C’è un solo documento19 che consente di definire il confine meridionale del
distrettto settentrionale: per ciò che riguarda l’Etruria, esso doveva passare a
sud di Firenze; questa divisione in due parti della Toscana non durò a lungo,
dal momento che, al momento della divisione in province dell’Italia, tutta la
Toscana, legata all’Umbria nella provincia denominata Tuscia-Umbra, fu
assegnata al raggruppamento meridionale delle province italiche, la così
detta diocesi suburbicaria. Alla fine del IV sec. però fu ripresa nella
divisione della provincia di Tuscia-Umbra in due parti, la settentrionale,
detta Tuscia annonaria, assegnata al raggruppamento settentrionale delle
provincie italiche, la cosiddetta diocesi annonaria, la meridionale assegnata
alla diocesi suburbicaria. Anche questa suddivisione non durò a lungo, e la
Tuscia annonaria ha continuato a far parte della diocesi annonaria,
aggregata all’Aemilia. Non si riesce ad attribuire Cesena al distretto
settentrionale o meridionale, perché non si attribuisce la città all’Aemilia o
alla Flaminia. Un documento del 354 potrebbe far pensare che a quella data
la città appartenesse alla provincia di Aemilia et Liguria, un ampio distretto
che comprendeva l’attuale Piemonte, Liguria, Lombardia fino all’Adda, ed
Emilia. Di questo periodo sono anche due disposizioni legislative, che
riguardano direttamente il consiglio municipale di Cesena: una è la
costituzione dell’imperatore Costanzo II che sollecitava i contribuenti
dell’Italia annonaria secondo la disposizione già emanata da Costante a
procurare il vino fornito per i magazzini dello stato. Questa prima
disposizione pone in particolare il problema se il vino richiesto alla città
fosse destinato al cellarium, ovvero a quella dispensa di derrate alimentari
destinate alla distribuzione alla plebe della città; l’altra disposizione si
riferisce ad una legge indirizzata al senato di Cesena (in data 22 maggio
19CIL, Corpus Inscriptionum Latinarum consilio et auctoritate. Academie literarum
Borussicae editum, Berolini.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
20
354), riguardanti l’illegittimità dell’esenzione dagli obblighi curiali per chi
rivestisse dignità onorarie. Un altro episodio che riguarda Cesena nel IV
secolo è la probabile visita alla città dell’imperatore Costanzo II, come si
desume da una costituzione di questo imperatore emanata appunto da
Cesena il 23 maggio 346. Nel V secolo l’unico riferimento a Cesena è in
opere letterarie è la citazione di Sidonio Apollinare20 in una lettera
indirizzata all’amico Candidianus nel 468, anno in cui il poeta ricopre la
carica di prefetto urbano a Roma (Candidianus era di Cesena). Non si ricava
però nessuna indicazione significativa sulla Cesena tardo-antica.
In età ostrogota, Cesena ebbe un ruolo importante nella guerra tra Goti e
Bizantini, come solida fortezza gotica, grazie alla posizione arroccata sul
Garampo che consentiva un agevole controllo della via Emilia; questa scelta
comportò la costruzione di opere murarie che probabilmente incisero
profondamente sull’assetto urbanistico della città. L’importanza della città
era già stata percepita da Odoacre nel 490, quando, sconfitto pesantemente
da Teodorico sull’Adda, ripiega su Ravenna e decide il rafforzamento di
Cesena e di altre città che si trovano in posizione strategica21.
Non si può concludere la storia di Cesena nel periodo tardo antico non
ricordando importanti ritrovamenti archeologici che sono stati fatti. In
particolare, oltre ai mosaici pavimentali rinvenuti in via Tiberti (di cui si
farà cenno più avanti) ricollegabili al tessuto urbano della città romana, sono
da ricordare i famosi piatti argentei di fabbrica levantina i cui proprietari, di
considerevoli possibilità economiche, nascosero sotto terra per paura delle
razzie frequenti e che portarono ben presto ad un decadimento della città e
della regione. Oltre a questo, recentissima è la scoperta di un pavimento
mosaicato a disegni geometrici, probabilmente l’atrio di una domus del II-III
secolo d.C.22
20SIDONIO APOLLINARE, Epistole, 1, 18, MGH, Auctores Antiquissimi, VIII, p. 13.21V. NERI, Cesena tardo-antica, op. cit., p. 160.22Per molti giorni la stampa locale si è occupata di questo importantissimo ritrovamento, in
particolare nei vari numeri dei quotidiani “Il Resto del Carlino Romagna” e “Corriere di
Cesena” nei mesi di Marzo-Aprile 1998.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
21
Ancora alla fine del V sec.23 papa Gelasio parlava dello spopolamento
dell’Emilia come della Toscana, anche se l’età teodoriciana sembra mostrare
un serio impegno al ripristino delle città emiliane dopo le razzie e gli
abbandoni, con la costruzione o il riattamento di mura e di opere idrauliche.
Il trasferimento della capitale dell’impero da Milano a Ravenna da parte
dell’imperatore Onorio, concentrò nella città funzionari e militari, in gran
parte di origine barbara, e vi attrasse un’ampia gamma di commercianti,
artigiani, professionisti e religiosi. Naturalmente tutto questo influenzò
ancora una volta anche Cesena e il cesenate, anche per quanto riguarda la
diffusione del Cristianesimo. Il prestigio metropolitico di Ravenna, ha
sempre fatto pensare che da questa città, e in particolare da Classe, avesse
preso origine la prima missione evangelizzatrice in Romagna. Oggi però
sembra si possa supporre24 un’origine pluralistica del cristianesimo
emiliano-romagnolo. Il punto di partenza è prima di tutto da Ravenna, ma
anche con i più antichi reperti cristiani di Classe non arretriamo oltre la fine
del II secolo, inizio del III. Proprio in questo periodo va ascritta
l’organizzazione di una comunità cristiana intorno ad una sicura presenza
episcopale a Milano, la città che si avviava a divenire il centro della vita
civile dell’Italia centro-settentrionale; l’azione evangelizzatrice nel corso del
III sec. toccò l’Emilia nord-occidentale, poi attraverso la via Emilia, si
diffuse in Romagna. Altri influssi sarebbero potuti giungere anche da
Aquileia, la cui sede vescovile si costituì intorno alla metà del secolo III.
Quanto poi ai centri sud orientali della regione, deve essere fatta anche
l’ipotesi di una missione evangelizzatrice di origine romana, diretta da
Rimini lungo la via Flaminia o per mare. I primi nuclei di vita cristiana
furono riguardarono comunque le città, in quanto centri di vita politica,
culturale, commerciale, e perciò luogo di frequenti scambi di popolazione.
23V. NERI, op. cit., p. 167.24A. M. ORSELLI, Organizzazione ecclesiastica e momenti di vita religiosa alle origini del
cristianesimo emiliano-romagnolo, in A. Berselli, a cura di, Storia dell’Emilia-Romagna,
Bologna, University Press, 1975, pp. 310, 311, 312.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
22
Per concludere c’è da accennare ad una carestia che colpì il territorio
cesenate durante la guerra gotica, avvenimento che fecero morire di fame
numerosissime persone25.
25V. NERI, Cesena tardo-antica, op. cit., p. 168.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
23
CAPITOLO 2
2.1 La diffusione del Cr istianesimo.
Prima di sviluppare in maniera più ampia il discorso sulla diffusione del
cristianesimo a Cesena e nella sua diocesi, è importante offrire una
panoramica generale sulla formazione delle istituzioni ecclesiastiche26. A
questo proposito appare necessario ricordare27 che la Buona Novella fu
propagata nella penisola, ed in generale nei paesi occidentali, con la stessa
intensità che nelle terre orientali. Nel I e II secolo d.C. addirittura i cristiani
d’Italia non erano numerosi come quelli abitanti le province orientali
dell’impero. A Roma l’elemento straniero e orientale prevaleva su quello
italiano; il cristianesimo trovava maggiori ostacoli in Italia piuttosto che in
Oriente, perché le classi colte italiane vedevano nella nuova religione un
avversario irriducibile all’economia politica di Roma, mentre le plebi
italiane erano molto legate ai culti locali. Il primo centro di irradiazione e
propagazione del cristianesimo fu Roma, anche se ben presto il Vangelo si
diffuse in tutta Italia.
In particolare nel nord del paese il cristianesimo si espanse nel territorio
denominato Gallia Cisalpina, nel quale era ubicata anche la città di Cesena
e la sua diocesi. Questo territorio infatti comprendeva l’odierna Italia
settentrionale e solo una parte (quella superiore) della centrale; il confine a
sud correva sulla linea ideale che unisce il fiume Serchio e il fiume
Rubicone, più a sud di quella linea c’era la «regione» o «provincia»
dell’Etruria (e Umbria) «annonaria» che aveva il suo confine appena al di
sotto di Volterra: grosso modo il territorio dell’Italia annonaria cioè quella
parte della penisola alla quale verso la fine del III secolo l’imperatore
26C. VIOLANTE, Le istituzioni ecclesiastiche nell’Italia centro-settentrionale durante il
Medioevo: province, diocesi, sedi vescovili, in Forme di potere e struttura sociale in Italia
nel Medioevo, G. Rossetti, a cura di, Società editrice il Mulino, Bologna, 1977, p. 85.27F. LANZONI, Le diocesi d’Italia dalle origini al principio del sec. VII (a. 604), Faenza,
1927, pp. 178 ss.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
24
Massimiano impose il pagamento dell’annona per il mantenimento della
corte imperiale. In questi territorio si svilupparono in età romana città
importanti, meno numerose e quindi dotate di un proprio territorio più
ampio rispetto a quello delle città del resto d’Italia. (Tav. V1).
Le prime sedi episcopali furono fondate nelle maggiori città28: a Milano e a
Ravenna, circa nell’anno 200, poi ad Aquileia verso la metà del III secolo;
nell’età precostantiniana non ci furono altre sedi notevoli a nord
dell’Appennino; verso la fine del periodo costantiniano si aggiunsero
Padova, Verona, Brescia, Bologna. Altre sedi furono create nel IV secolo:
Como, Lodi, Novara, Concordia, Vercelli, Torino, Rimini, Imola,
«Claterna», Modena, Parma, Piacenza, Tortona, Genova, Parenzo, Altino,
Trento, Pavia, Bergamo, Spoleto, Gubbio, Chiusi, Firenze, Firenze, Lucca,
Pisa, probabilmente già Siena, forse Perugia e Arezzo. Per quanto riguarda
Cesena si parlerà più diffusamente in seguito della nascita e dello sviluppo
della sua diocesi.
Nel momento in cui le antiche sedi episcopali erano ormai costituite29, alla
metà del secolo VI, prima dell’invasione longobarda, non tutte le
circoscrizioni diocesane avevano corrispondenza con i territori delle città
romane, perché non era infatti un criterio determinato delle autorità
ecclesiastiche. Nell’insieme il quadro della riparazione territoriale non ne
risultò sconvolto e soprattutto l’istituzione della sede vescovile aiutò i centri
urbani (specialmente i minori) a sopravvivere alla grande crisi interna e alle
invasioni: anzi venne accresciuta la funzione della città come centro vitale di
un territorio. Dopo la pace costantiniana30, nell’ambito territoriale civile
della diocesi italiciana risultavano costituite due province ecclesiastiche, le
quali facevano capo rispettivamente a Roma e a Milano, divenuta sede
imperiale già dalla fine del III secolo con Massimiano. L’incursione unna, la
guerra greco-gotica, ma soprattutto l’invasione dei Longobardi e la
strutturazione politico-amministrativa da questi imposta determinarono
28C. VIOLANTE, Le istituzioni ecclesiastiche, op. cit., p. 87.29ID., Ibidem, p. 88.30ID., Ibidem, p. 89.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
25
variazioni molto più sensibili che per il passato nella organizzazione
ecclesiastica diocesana. Scomparvero antiche diocesi, come «Claterna» e
Brescello nell’Emilia: la prima, probabilmente per la guerra gotico-
bizantina, la seconda per la distruzione operata nel settembre 603 da
Agilulfo. Conseguenza dell’invasione longobarda31 furono anche alcuni
importanti trasferimenti delle sedi vescovili da una zona ad un’altra e alcune
diocesi rimasero anche per un tempo prive di vescovo. Le nuove
circoscrizioni civili longobarde si differenziarono per il loro ambito rispetto
a quelle romane e alle ecclesiastiche: tutto questo riassetto, pacifico o
violento che fosse, determinò un maggior divario fra le circoscrizioni
politico amministrative, gli antichi territori municipali e le ecclesiastiche.
Variazioni negli ambiti circoscrizionali delle diocesi furono determinati
anche dalla stabilizzazione dei limiti fra i territori longobardi e bizantini.
Nel secolo X ci furono ancora alcuni spostamenti di sedi vescovili a causa di
incursioni barbariche. Dopo il Mille32, poche furono le novità relative alle
sedi vescovili, le novità maggiori riguardano la costituzione di nuovi
metropoliti e arcivescovadi. Sullo scorcio del secolo XI Urbano II aveva
iniziato un’ampia opera di ristrutturazione della Chiesa in Italia, in
particolare nella zona del Tirreno e nell’Italia meridionale: istituisce nuove
sedi e circoscrizioni primaziali in Italia, dove fino ad allora l’unico primate
era stato il Papa.
2.2 La diffusione del cr istianesimo a Cesena.
Forse è proprio Cesena (Tav. VII) la città romagnola per la quale bisogna
attendere a lungo, anche più che a Forlì, Forlimpopoli e Cervia, la prima
notizia dell’immissione del Cristianesimo e dell’esistenza di una diocesi33.
31ID., Ibidem, p. 91.32ID., Ibidem, p. 96.33C. DOLCINI, La storia religiosa nell’alto Medioevo, in M. Mengozzi, a cura di, Storia
della Chiesa di Cesena, Editrice Stiligraf Cesena, 1998, p. 31.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
26
La diffusione del cristianesimo a Cesena e nel suo territorio34, la struttura
dell’episcopato e l’inizio della vita monastica cominciano a manifestarsi
quasi all’improvviso e con un certo ritardo rispetto agli centri della
Romania, nell’ottobre del 60335. Nulla sappiamo prima di questa data e la
lunga lista del protovescovo Filemone, di S. Manzio, dei vescovi Floriano e
Gisulfo, dello stesso S. Severo molto venerato in Cesena, appartiene al
mondo della fantasia. Se all’esordio del secolo VI già esisteva un monastero
sulla vetta del monte Titano, come appariva da un racconto agiografico di
Eugippio36, l’attesa di scoprire a Cesena un monastero e anche un vescovo si
prolunga fino all’anno 603. A questo anno infatti risale il primo documento
ufficiale conservato relativo alla diocesi, che rende la notizia autentica e
autorevole: papa Gregorio Magno scrive al vescovo di Ravenna per
affidargli un supplemento di indagine nella controversia, arrivata alla sede
papale, fra il vescovo di Cesena, Concordius e Fortunatus abbas del
monasterium37 di San Lorenzo e Zenone, eletto dal precedente vescovo
Natalis, e ora deposto dal successore e aveva provveduto ad una nuova
nomina38. Gregorio Magno chiede di accertare se vi fosse una ragione
manifesta per la deposizione dell’abate Fortunato, e, se la risposta fosse
negativa, di reintegrarlo nella sua dignità. Non sappiamo quale fosse stato il
motivo della disgrazia dell’abate Fortunato e ci sono in proposito due
34C. DOLCINI, La storia religiosa fino al secolo XI, in A. Vasina, a cura di, Il Medioevo I,
Storia di Cesena Rimini, Bruno Ghigi Editore, 1982, pp. 25 ss.35Epist., XIV, 6, edd. [Maurini], in S. Gregorii Magni Opera Omnia, II, Paris, coll. 1264,
Mansi, XIV, coll. 383-84; Cappelletti, p. 531; Migne, LXXVII, coll. 1308; L.M Hartmann,
in MGH, Epist., II, I, Berlino, 1891, p. 424; regestro in I, 153, JL, 1919; KEHER, p. 130.36C. DOLCINI, La Storia religiosa nell’alto Medioevo, op. cit., p. 31. 37“Con il termine «Monastero» si vuole indicare la sede, il locale attrezzato ad ospitare
giorno e notte i canonici, con refettorio, dormitorio, cisterna, tutto quanto occorre per la vita
comune.” Cfr. G. SIROTTI, Cesena diciotto secoli di storia, dall’arrivo del Cristianesimo
alla cattedrale moderna, Città di Cesena, 1982, p. 17.38MGH, Gregorii I Registrum Epistolarum, t. II, post Pauli Ewaldi obotum edidit L.M.
Hartmann, Berolini 1891, pp. 424-425 (Reg. XIV, 6; senza indicazione del mese e del
giorno).
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
27
congetture39 per spiegare questo episodio: o l’azione del vescovo è stata
determinata da un atto di volontà, deliberata o capricciosa (questa era la tesi
della parte che difendeva l’abate nella curia romana); oppure la controversia
era determinata da motivi istituzionali o sacramentali, in qualche modo
pertinenti all’ordinamento o al patrimonio del monasterium. È difficile
pensare, in questo caso, ad un tentativo dell’abate di sottrarsi alla
giurisdizione vescovile, sicuramente attestata anche di fronte al giudizio
papale. Una tensione più verosimile potrebbe essere sorta di fronte al
tentativo o alla richiesta da parte dell’abate di ottenere la consacrazione
sacerdotale. Fortunato infatti è detto abbas, ma non abbas presbiter. Non si
può dire come sia terminata la vicenda e, come questo, tanti altri
avvenimenti dei prima secoli di storia del cristianesimo sono ancora
nell’ombra. Di fatto questo documento è importantissimo, perché è il primo
che testimonia realmente la vita della chiesa in Cesena. Nel 603 era di già
avvenuta una successione vescovile e dunque potremmo far risalire
prudentemente l’esistenza della diocesi alla seconda metà del secolo VI,
mentre la sua origine rimane un mistero. I motivi di queste lacune sono
molteplici40, ma soprattutto legati alle distruzioni e dispersioni degli archivi,
una serie di vicende che a Cesena sono state più gravi rispetto ad altre città,
a partire dall’eccidio compiuto dai mercenari bretoni e inglesi il 3 febbraio
1377. A Cesena quindi non sono conservati documenti anteriori al 104241, e
le scarse notizie riguardanti il periodo precedente l’anno mille, sono
custodite nell’Archivio Arcivescovile di Ravenna. Oltre a ciò, la tradizione
storiografica locale infida, arbitraria e senza un reale esercizio critico, non
ha contribuito di certo a colmare queste gravi perdite. La primitiva storia
della diffusione del cristianesimo a Cesena non si può scrivere proprio
perché manca del tutto una tradizione storica che sia dotata di qualche
39C. DOLCINI, La storia religiosa fino al secolo XI, op. cit., pp. 39-40.40ID., Ibidem, p. 26.41ACC., doc n. 1 (1042 giugno 2; istituzione della vita comune del Capitolo Cattedrale da
parte del vescovo Giovanni).
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
28
verosimiglianza42. Partendo dall’episodio del 603, il tentativo di determinare
l’esistenza dell’episcopato di Natale (si chiama così quindi il primo vescovo
certo di Cesena di cui si ha memoria proprio perché ricordato insieme a
Concordio nella famosa lettera di s. Gregorio al vescovo Mariniano43) dalla
seconda metà del secolo VI non è sicuro44, e non si può neppure pensare che
la diocesi cesenate esistesse tra il 550 e il 600. L’episcopato di Natale
potrebbe essere stato molto breve e comunque non anteriore al 600. Per il
Lanzoni45 è esistito nella seconda metà del secolo VI un vescovo di nome
Natalis ed un vescovo di nome Concordius nel 603. Rimane l’annoso
problema di stilare un elenco il più veritiero possibile che possa offrire un
quadro generale della situazione della chiesa di Cesena nei primi secoli. A
questo proposito è stata pubblicata all’interno della “Storia della Chiesa di
Cesena”46, in occasione della conclusione del Primo Sinodo della Diocesi di
Cesena-Sarsina, una cronotassi dei vescovi, che in maniera chiara e
completa, (Tav. VIII) propone un nuovo studio sulle origini del
cristianesimo a Cesena ed una nuova cronotassi dei primi vescovi della città,
avvalendosi naturalmente degli studi e degli scritti precedenti, ma
formulando ipotesi diverse avvallate in particolare dalle scarse fonti e dai
rarissimi documenti, a volte anche in contrasto con quello che gli storici
locali hanno cercato di delineare, a volte in maniera fantastica e grossolana,
nel corso dei secoli. C’è da considerare comunque completamente
immaginaria la cronotassi dei vescovi che la tradizione cesenate ha
ricostruito: esempio (di cui si parlerà più ampiamente qui di seguito) di
questo è il fatto che nella foltissima lista di vescovi è presente anche San
Filemone47 (proprio il discepolo di s. Paolo!) e che il 182 dovrebbe essere la
42Basta pensare ad alcuni testi: D. BERARDI, a cura di, Rocche e castelli di Romagna, voll.
II, oppure a G. SIROTTI, op. cit.43P. BURCHI, Cronotassi dei vescovi di Cesena, Roma, Editrice d’arte e scienze, 1965, p.
145 ss.44A. M. ORSELLI, L’organizzazione ecclesiastica, op. cit., p. 315.45F. LANZONI, Le diocesi d’Italia, op. cit., p. 721.46M. MENGOZZI, a cura di, Storia della chiesa di Cesena, Editrice Stiligraf Cesena, 1998. 47S. CHIARAMONTI, Caesena historia, Caesenae, 1641, p. 129.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
29
data di costruzione della Cattedrale48. Secondo il Lanzoni49 sono da
considerare non autentici molti personaggi dell’ambito religioso protagonisti
della storia della città: prima di tutto i dodici martiri di Cesena riferiti al 21
luglio che li Bollandista Du Sollier (AS, iul., V, 163) credette di aver trovato
nel martirologio Gerolimiano50e appartenenti a Cesarea di Cappadocia e a
Cartagine. Gli antichi Bollandisti (AS, mai., V, 31-3) parlano pure di s.
Manzio (Mancius o Mantius, nome gentilizio romano) e raccontano che era
stato ucciso dai giudei a Ebora, nel Portogallo; Manzio, udita la fama della
predicazione di Gesù, si sarebbe recato in Palestina e li avrebbe assistito
all’ingresso di Gesù a Gerusalemme e all’Ultima Cena, sarebbe giunto lungo
il suo peregrinare anche a Cesena, dove predicò, quindi sarebbe divenuto
vescovo di Ebora nel 106, ordinato da s. Pietro51. Si diffuse52 addirittura la
credenza che lo stesso Manzio fosse nato alla periferia di Cesena, nel
territorio di Tranzano53. Tutto questo fu sicuramente un’invenzione del
cronista e inquisitore cesenate fra Bernardino Manzoni54, uno dei più
campanilistici scrittori del sec. XVII55. Stando al Manzoni e al
Chiaramonti56, Diocleziano avrebbe ucciso molti cristiani nella città.
Antonio Casari di Cesena invece, vissuto intorno alla metà del secolo XVI,
fu il primo compilatore di un catalogo cronologico dei vescovi cesenati. Il
suo lavoro è perduto, ma tutti i cataloghi successivi, cominciando dalla
Caesenae chronologia (an. 1643) di fra Bernardino Manzoni, l’Italia Sacra
48Era un’imprudente favola dei cronografi cesenati, come osserva P. F. KEHR, Italia
pontificia, V, Aemilia, Berolini, 1911.49F. LANZONI, Le diocesi d’Italia, op. cit., p. 715.50ID., Ibidem, p. 716.51P. BURCHI, Cronotassi, op. cit., p. 147.52Cfr. M. VERDONI, Libri otto delle cose memorabili della città di Cesena; cfr. anche M.
VERDONI-M. A. FABBRI, Memorie di Cesena, ms. secc. XVII-XIX.53Cfr. anche: W. AMADUCCI, San Manzio di Tranzano, in W. Amaducci, a cura di, Case
Finali, una storia di 890 anni, Cesena 1997, pp. 30-32.54F. LANZONI, Le diocesi d’Italia, op. cit., p. 715.55MANZONI fra Bernardino scrisse Chronologica ad Caesenam sacram Appendix, 1644,
p. 201.56S. CHIARAMONTI, Caesena historia, op. cit.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
30
(an. 1644) dell’Ughelli e la Chronologica ad Caesenam Sacram appendix
(an. 1644) dello stesso Bernardino, e i cataloghi mss. conservati nella
Biblioteca Comunale, il primo dei quali risale al 1644c., dipendono più o
meno dal Casari. La stessa abbondanza di nomi del catalogo casariano nei
primi secoli, quando si pensi alla povertà di pressochè tutti gli altri cataloghi
italiani di quel tempo, al naufragio dei documenti ecclesiastici antichi delle
nostre diocesi, agli incendi che nel medioevo desolarono Cesena al pari delle
altre città romagnole, lascia molto perplessi. Il Casari dichiarava di aver
usufruito per i primi secoli, se non di antichi documenti, di scrittori umanisti
cesenati della seconda metà del XV e della prima metà del XVI, i cui lavori
più non si trovano; queste perdite non costituiscono una grave iattura della
storiografia cesenate, perché, come si raccoglie dai cataloghi derivati dal
Casari, egli adoperava ad ogni passo false citazioni di vecchie fonti, lezioni
scorrette ed erronee interpretazioni di monumenti e documenti ancora
esistenti, deduzioni o induzioni affatto arbitrarie, anacronismi grossolani,
confusioni incredibili ecc.57 Scipione Chiaramonti58 mutò il nome di
Silemone, indicato come protovescovo presso il Casari, in Filemone,
identificandolo arbitrariamente col destinatario dell’epistola di s. Paolo a
Filemone (ironica e sicuramente emblematica è la domanda che Kehr59 pone
ai suoi lettori a questo proposito: sed quis credulus hoc putet?, proprio per
indicare quanto fosse improbabile la cosa!); forse perché lesse nel catalogo
del Casari e nelle fonti di costui che il primo evangelizzatore di Cesena
sarebbe stato il famoso discepolo di s. Paolo, s. Timoteo, e le fonti del
Casari appoggiavano questa diceria con l’autorità degli storici Cassiodoro e
Eusebio, che però non ne fanno menzione60. Da questi primi accenni si
comprende quanto poca fosse la serietà delle compilazioni di quel Verardi,
57F. LANZONI, Le diocesi, op. cit., p. 716.58S. CHIARAMONTI, Caesena historia, op. cit., p. 129.59P. F. KEHR, Italia Pontificia, V, op. cit., p. 128.60F. LANZONI, Le diocesi, op. cit., p. 716.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
31
di quel Bonzelli e di quegli altri scrittori cesenati del XV o XVI secolo61,
che il Casari citava in conferma delle sue affermazioni. La storia e la
leggenda stessa dei santi non hanno legami con Cesena, e non furono mai
venerati. Segue in questa ipotetica cronotassi62 il vescovo Isidorus. In
conferma dell’episcopato e del martirio di questo preteso greco, che si disse
fosse stato ordinato nientemeno che da papa Anacleto, gli scrittori locali
citavano «una memoria autentica dell’archivio dell’arcivescovado di
Ravenna», memoria mai veduta e conosciuta da alcuno, e, per giunta tanto
incredibile. Dal 150 al 232 viene riportato, sempre dal Lanzoni63, il
pontificato portentosamente lungo di un anonimo, posto tra Isidorus e il
seguente Ignatius. Per non lasciare senza qualche particolare notizia questo
spazio di tempo, il Casari e le sue fonti riferirono che nel 192 papa Eleuterio
(174-89c.), reduce da Pavia, avrebbe consacrato in onore di s. Giovanni
Battista la cattedrale di Cesena eretta sul colle Garampo. Il Kehr64 parla di
«impudens fabula».
Segue nell’elenco del Lanzoni il vescovo Ignatius65. Il Manzoni66 registra
tre personaggi di nome Ignatius: l’uno nel 232, l’altro nel 403, e il terzo nel
539. Scipione Chiaramonti67 invece parla di un solo Ignazio, da alcuni
«minori fide», come egli scrive, collocando nel 232 da altri, cioè dal Casari,
come si rivela dallo stesso Manzoni68, posto nel 403. Si tratta dunque di uno
sdoppiamento di un unico Ignazio, che proviene dal solito Verardi, fonte del
Casari; il quale raccontò che un Ignazio, vescovo di Cesena, greco di
Salamina, avrebbe distrutto in Cesena un tempio di Giove, e sarebbe
61Per approfondimenti sulla storiografia del XVI sec. cfr.: A. VASINA, Il medioevo
cesenate nella storiografia, in A. Vasina, a cura di, Il Medioevo I, Storia di Cesena, Rimini,
Bruno Ghigi Editore, 1983, pp. 6-7-8.62F. LANZONI, Le diocesi, op. cit., p. 717.63ID., Ibidem, p. 717.64P. F. KEHR, Italia pontificia, V, op. cit., p. 128.65F. LANZONI, Le diocesi, op. cit., p. 717.66B. MANZONI, Caesenae Chronologia, pp. 6, 7, 9 e 161.67S. CHIARAMONTI, Caesena historia, op. cit., pp. 129, 425.68B. MANZONI, Caesenae Chronologia, op. cit., p. 9.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
32
intervenuto al Concilio di Efeso (a. 431) sotto papa Ponziano I (203-5)! Il
Casari (stando al Manzoni69) avrebbe coretto la falsa cronologia del Verardi,
trasportando Ignazio nel 403 «sub Innocentio I». Ma Verardi da dove ha
desunto quell’Ignazio? Probabilmente per Lanzoni70 dalla sua fantasia o da
un’altra fonte. Lanzoni inserisce un vescovo «Florianus a Sinna» nel 31371.
Quale fu la sede episcopale di questo vescovo? Nessuno degli eruditi pensò
che si potesse trattare di trattare di Sena gallica (oggi Senigallia), o da Senia
in Dalmazia, o da Signia del Lazio, o Sciscia, città dell’Illirico. Il Baldoino e
alcuni scrittori cesenati, tra cui Baronio72, interpretò Cinna o Sinna per
Caesena. Certo questa opinione risulta insostenibile, perché nell’antichità
Cesena fu denominata Caesena, Cesena, ma mai Sena o Sina. Il Lanzoni73
parla successivamente anche di un P.? a. 326? Ignoto al Chiaramonti, fu
derivato dal Manzoni74 come egli scrive da un «vetusissimo manuscripto
tabulario». Ma gli scrittori municipali del secolo XVII75 solevano appellare
vetustissimi, antiquissimi documenti di appena cento anni prima. Ad ogni
modo, tutto quello che sappiamo della credulità del Manzoni ci obbliga a
collocare questo ignoto P. in posizione isolata. I cronografi cesenati del
secolo XVII fecero poi una lista dei primi vescovi e secondo il loro ordine
furono in successione: Natalis, a. 324-36, Concordius, a. 350, Gregorius, a.
361. Il primo era romano e ambasciatore di papa Marco (a. 336) o di papa
Giuliano (337-52) all’imperatore Costantino II (337-40); il secondo era
trevigiano, vissuto al tempo di papa Liberio (352-66); il terzo era pavese,
martire sotto Giuliano l’Apostata. Questi cronografi pretesero di accreditare
69ID., Ibidem, p. 9. 70F. LANZONI, Le diocesi, op. cit., p. 717.71F. LANZONI, ne parla sempre nella sua opera Le diocesi d’Italia, sotto la voce Senae,
Saena (Siena), pp. 566-67.72C. BARONIO, Annales, ad a. 313, nn. 24-5.73F. LANZONI, Le diocesi, op. cit., p. 717.74B. MANZONI, Caesenae Chronologia, pp. 8, 161, 227.75S. CHIARAMONTI, con Caesenae Historia (1641), lo stesso Bernardino Manzoni con
Caesenae chronologia (1643), Mauro VERDONI con la sua Cronaca cesenate (mss. sec.
XVII), F. UGHELLI con l’Italia sacra, (Venezia, 1717).
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
33
tali fandonie con l’autorità di Eusebio, di Ammiano Marcellino, di Girolamo
de Rossi, storico ravennate del secolo XVI e dell’archivio arcivescovile
ravennate, che nulla in realtà contiene di quello che si è detto. Ora si può
appena dubitare76 che questa pretesa coppia Natalis e Concordius del sec. IV
non sia quella stessa autentica del sec. VI-VII. Ancora nella cronologia del
Lanzoni è da aggiungere lo sdoppiamento e il successivo triplicamento di un
vescovo Ignatius di cui si è già detto parlando di Ignatius I e un certo
Veranus, 465, che il Casari leggendo nel sinodo del 465 un Veranus senza
sede lo inserì nella lista dei vescovi cesenati. Di seguito ci furono: Eusebius
che, del 539, secondo il Manzoni77, sarebbe intervenuto al concilio di
Calcedonia, dove nessun vescovo italiano fu presente, eccetto i legati
pontifici; l’attribuzione a Cesena di un Florianus (313) o Flavianus che
appartiene a Siena78 (a proposito di questo Burchi79 tiene a precisare che
l’errore è riferito anche al vescovo Eusebius, pure lui di Siena: essi erano
senenses, non caesenantes); Ignatius III nel 539 (è noto come Casari inserì
un solo vescovo di Cesena con il nome di Ignazio, ma che si trovò
triplicato); un fantomatico Gisulphus (o Gisulfo o Sisulfo o Siculfo) situato
nel periodo della guerra greco-gotica80e collocato dallo stesso re Totila nel
seggio Cesenate; il trasferimento (sempre per opera di Antonio Cesari) di un
vescovo Florus attestato nel 680, a un secolo prima81. Tutto questo dimostra
come grande è la confusione in questa cronotassi degli antichi vescovi di
Cesena, che, anche secondo il Mansuelli82 è fra le più confuse dell’Emilia,
aggravata dal fatto che anche la documentazione archeologica non rende
nessun contributo.
76F. LANZONI, Le diocesi, op. cit., p. 718.77B. MANZONI, Caesenae chronologia, p. 170.78F. LANZONI, Le diocesi, op. cit., p. 716.79P. BURCHI, Cronotassi, op. cit., p. 147 nota 1.80F. LANZONI, Le diocesi, op. cit., p. 719.81ID., Ibidem, p. 720.82G. A. MANSUELLI, Caesena, Forum Popili, Forum Livi, Regio VII - Aemilia, Roma,
Istituto di studi romani editore, 1948, pp. 52-53.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
34
Più complesso è il tentativo di comprendere la vicenda della leggenda di San
Severo, venerato come vescovo e protettore della città a partire del secolo
XIV83. Kehr84 pone s. Severo inter episcopos peculiari memoria e indica
l’anno della sua morte il 571. Documenti più antichi che affermano
l’episcopato di s. Severo in Cesena sono:
1. la Vita in latino del santo è pubblicata dal Chiaramonti85, dall’Ughelli86,
dai Bollandisti87, e dal p. Zaccaria88, da un breviario nell’Archivio
Capitolare e appartenente al tempo di Antonio Malatesta, vescovo di
Cesena (1435-1475); secondo questa Vita al tempo di papa Pelagio, di
Agnello arcivescovo di Ravenna, di Giustino II imperatore e di Narsete
patrizio, venne a Cesena (da dove non si dice) un fanciullo columbine
simplicitatis per nome Severo, e vi fu ordinato diacono. Dopo non lungo
tempo, morto il vescovo ordinante, mentre il clero e il popolo era
radunato nella cattedrale per eleggere il successore, ecce per fenestram
ecclesie advenit columba, nive candidior, caelitus missa; per ecclesiam
volitans, diuque circumiens, tandem super caput beate requievit Severi.
In seguito a questo miracolo Severo è acclamato pastore.
2. Un martirologio cesenate del secolo XV, dove nel giorno 6 luglio c’era
un elogio del vescovo di Cesena;
3. Bernardino Manzoni89 racconta di aver posseduto una vita in volgare,
manoscritta che iniziava: Vita di s. Severo, cittadino et vescovo di
Cesena. Severo nacque in Cesena nel 537;
4. Un Officium di s. Severo, recitato a Cesena fin verso la metà del secolo
XVII, contenuto nel breviario Malatestiano di cui si è detto prima;
83F. LANZONI, s. Severo vescovo di Cesena. Note critiche, Faenza, 1906, p. 6.84P. F. KEHR, op. cit., p. 128.85S. CHIARAMONTI, Caesenae Historia, pp. 149-153.86F. UGHELLI, Italia Sacra, II, p. 443-445.87 Acta SS. jul. II, pp. 325-327.88F. ZACCARIA, Series Episcoporum Caesenatium..., Caesenae, 1779, apud Gregorianum
Blasinum...18-21.89B. MANZONI, Caesenae chronologia, Pisis, 1643,
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
35
5. In un breviario, diverso da quello di prima, del secolo XV, nell’archivio
dei canonici di Cesena si legge nel calendario, al 6 luglio: “...Et s. Severi
episcopi et confessoris Cesene per Spiritum Sanctum” ; e nel corpo del
breviario: “In festo sancti Severi, episcopi de Cesena” ;
6. Un’iscrizione metrica del 1440, scolpita nella chiesa di s. Severo a
Cesena90, dalla quale si possono ricavare informazioni, riguardo in
particolare la sua acclamazione a vescovo.
Questi sei documenti sono le più antiche memorie del culto prestato a s.
Severo, vescovo di Cesena91. Il problema della cronologia della
composizione della Vita di S. Severo e della sua leggenda92 è strettamente
legato al problema della Cattedrale: vi si legge infatti che i miracoli di s.
Severo venivano compiuti nella Cattedrale intitolata a San Giovanni
Evangelista. In questa notizia si osserva la proiezione nel passato di una
situazione che si era verificata dopo l’eccidio di Cesena compiuto dai
Bretoni (1377), quando fungeva provvisoriamente come cattedrale la chiesa
di San Giovanni Evangelista93 alle pendici del monte Garampo, in attesa che
fosse ricostruita nel centro della città la cattedrale che era intitolata a San
Giovanni Battista. (Questa cattedrale, di cui si parlerà diffusamente più
avanti, era anticamente situata all’interno della rocca, e per questo detta
Murata94). Lanzoni95 era convinto che l’autore della Vita di S. Severo
vivesse in un tempo in cui la falsa opinione sulla cattedrale era formata e
comunemente accettata, quindi la Vita di S. Severo doveva essere posteriore
90F. LANZONI, s. Severo, op. cit., p. 7.91ID., Ibidem, pp. 5-6-7.92ID., Ibidem, p. 10.93ID., Ibidem, p. 10.94F. A. ZACCARIA, Series episcoporum Caesenatium a Ferdinando Ughellio contexta... ,
Caesenae, 1779, le carte 1042 e 1175 (27 e 33) e 1259 (38); M. FANTUZZI, Monumenti
Ravennati de secoli di Mezzo per la maggior parte inediti, le carte 1209 (IV, 327-328); L.
A. MURATORI, Annales Caesenates, in RIS (XIV, 1095) le carte 1235; J.B. MITTA-
RELLI e A. COSTADONI, Annales Camaldulenses Ordinis S. Benedicti, Venetiis, 1753-
55, (app. V, 213) la carta 1270.95F. LANZONI, s. Severo, op. cit., p. 10.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
36
al primo decennio almeno del XV secolo96. Questo rilievo era collegato a
una cronologia che, ancora al tempo i cui scriveva il Lanzoni, si riteneva
sicura: ossia che la costruzione della nuova cattedrale di San Giovanni
Battista si cominciasse nel 1408 e fosse compiuta nel 1412. Invece il
periodo della nuova edificazione del duomo deve essere ristretto dal 1390 al
1403 ca.97, come ha scoperto il Burchi98, dopo aver ritrovato nell’Archivio
vescovile un manoscritto che contiene gli atti di nomina del capitolo
cattedrale del medesimo periodo99. Per questo motivo, se nella Vita di S.
Severo si legge che il duomo di Cesena è intitolato a San Giovanni
Evangelista, sarà presumibile che il racconto agiografico fosse compilato in
un periodo non lontano dal 1390ca., quando poteva essersi diffusa l’erronea
convinzione che il medesimo edificio sacro fosse l’antica cattedrale della
città100. Ogni altro tentativo di collocazione della cronologia di San Severo è
solo pseudostorico. L’autore della Vita, probabilmente cesenate, dista dagli
avvenimenti da lui narrati circa otto secoli e mezzo. Egli inoltre cade in vari
errori e sembra proprio che il nostro abbia desunto dalla Vita di S. Severo
vescovo di Ravenna la nostra storia. Gli episodi della elezione episcopale
per opera della colomba, la morte del vescovo in chiesa in mezzo al clero e
al popolo si trovano quasi nella stessa maniera e con le medesime frasi della
leggenda ravennate. Quindi per il Lanzoni101 o il titolare della ecclesia s.
Severi in Cesena era da prima il s. Severo di Ravenna, e fu trasformato
dall’errore popolare in vescovo diocesano; o il titolare era veramente un
vescovo diocesano e il leggendista, ignorandone la vita, gli ha attribuito la
leggenda del santo ravennate; oppure (cosa meno probabile) il titolare della
chiesa era un s. Severo, diverso dallo stesso vescovo di Ravenna, il popolo
96ID., Ibidem, p. 10.97C. DOLCINI, La storia religiosa fino al secolo XI, op. cit., p. 34.98P. BURCHI, Tre antichi manoscritti della Valle Savio, «Quaderno di Studi Romagnoli»,
2, Faenza 1962, pp. 6 ss.99ID., Ibidem, p 6.100Per C. DOLCINI, La storia religiosa fino al secolo XI, op. cit., p. 34, questa è l’unica
revisione che si può compiere rispetto all’ottimo studio compiuto dal Lanzoni nel 1906.101F. LANZONI, s. Severo, p. 15.
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
37
lo creò vescovo della città e il leggendista gli appropriò la leggenda
ravennate102. Rimane pur sempre il dubbio se almeno nel VI secolo fossero
già costituite le strutture dell’episcopato cesenate. Dal primo documento
autentico che appartiene al 603 non si può dedurre l’esistenza di un vescovo
nel secolo anteriore. Di diverso parere appare invece il Lanzoni103, il quale
pone una analogia tra la città di Claterna (città scomparsa, a circa 13 miglia
da Forum Cornelii Imola) che non aveva un vescovo tra il IV-V sec. e
Caesena. A causa della completa oscurità dell’esperienza religiosa di
Claterna o di Caesena nel IV-V sec., rimane pur sempre il fatto che un
argomento per analogia non ha valore di prova104.
Continuando l’esame della lettera inviata da papa Gregorio Magno al
vescovo di Ravenna, Mariniano, si inserisce un altro interrogativo: dove era
posto questo monasterium di san Lorenzo e Zenone, di cui Fortunato era
abate?
L’opinione dell’annalistica cesenate 105 era concorde nel situare la posizione
del monastero maschile in prossimità dell’antica cattedrale e del castello. Si
è pensato, a torto, che il fondo Calancus, attestato in una carta del 1042
come luogo nel quale sorgeva il monastero, fosse limitrofo al colle
Garampo. L’errore nacque dalla sbagliata lettura delle intenzioni del
vescovo Giovanni con l’istituzione della vita comune del clero addetto alla
cattedrale, che veniva provvisto anche del monasterium di San Lorenzo e
Zenone. Continuando il fraintendimento si è voluto dedurre106 che il
102ID., Ibidem, p. 15.103F. LANZONI, Le diocesi d’Italia, op. cit., p. 722.104A. M. ORSELLI, Organizzazione ecclesiastica, op. cit., pp. 314-315.105S. CHIARAMONTI, Caesenae historia, Caesenae, 1641; J. B. BRASCHI, Memoriae
Caesenates sacrae et prophanae per secula distributae, opus posthumum, ed. C. Testa,
Romae, 1738.106Il fraintendimento è continuato fino a Burchi, il quale nella sua opera Le antiche pievi e le
chiese di Cesena nella storia, Forlì, 1970, p. 79: “1259, maggio: Il vescovo conferma ai
canonici la chiesa dei SS. Lorenzo e Zenone nel fondo Calanca”. (Come si vede, del
Z
e
o
n
P
D
F
D
r
i
v
e
r
T
r
i
a
l
w
w
w
.
z
e
o
n
.
c
o
m
.
t
w
-
38
monastero fosse adibito a residenza dei canonici e dunque vicino alla
cattedrale di s. Giovanni Battista. In realtà una carta di donazione del 1042
nulla autorizza una tale deduzione107: una disposizione vescovile sul
monastero come nuova residenza canonicale non c’è. Al contrario, con il