1. la partnership con i cittadini in sanità: modelli...

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1. La partnership con i cittadini in sanità: modelli, dimensioni, concetti e norme di Angela Guarcini 1 Le pagine seguenti contengono una sintetica ricostruzione dell’evolversi della normativa sanitaria nel nostro Paese (Altieri, 2002; Fioroni, Del Favero, 2003; Cascioli, 2004). L’organizzazione sanitaria del nostro Paese ha subito un processo di riforma molto lungo e complesso iniziato addirittura, seppure in forma assolutamente embrionale, nel 1945, anno a cui risale il primo documento ispiratore della riforma che arriverà oltre trent’anni più tardi, precisamente nel 1978. L’art. 10 della Legge n.833/78 attribuisce ai Comuni funzioni di indirizzo e di definizione dei programmi, mentre l’USL, Unità Sanitaria Locale, è il soggetto preposto alla gestione globale dei servizi sanitari. L’assemblea ha il compito di eleggere il Comitato di gestione, organo che si occupa di tutti gli atti amministrativi di competenza delle USL che non siano di spettanza della stessa assemblea. Le difficoltà più evidenti che sorgono sono ricollegabili a due ordini di fattori: le decisioni dipendono dal consenso raccolto presso una pluralità di soggetti; la funzione di controllo non è ripartita in modo chiaro. Tutto ciò unito alla smisurata offerta di servizi sanitari a livello territoriale, alla forte e continua crescita della spesa sanitaria e alla mancanza di strumenti che potessero permettere la verifica a livello qualitativo dei servizi erogati ha spinto, nel 1991, il Legislatore alla delega, e conseguente nomina regionale, della gestione dei servizi erogati ad un soggetto unico, ossia gli Amministratori Straordinari. Questo passaggio rappresenta e segna la prima vera e forte separazione tra funzione tecnica/gestionale e funzione politica, con il lento prevalere della prima sulla seconda. 1 Ricercatrice dell’Osservatorio sulle Pratiche della Sanità italiana-SIQuAS, www.osservatoriosanita.it, ex allieva Master “Management e Innovazione nelle Aziende Sanitarie”, edizione anno 2005. 17

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1. La partnership con i cittadini in sanità: modelli, dimensioni, concetti e normedi Angela Guarcini1

Le pagine seguenti contengono una sintetica ricostruzione dell’evolversi della

normativa sanitaria nel nostro Paese (Altieri, 2002; Fioroni, Del Favero, 2003;

Cascioli, 2004).

L’organizzazione sanitaria del nostro Paese ha subito un processo di riforma

molto lungo e complesso iniziato addirittura, seppure in forma assolutamente

embrionale, nel 1945, anno a cui risale il primo documento ispiratore della

riforma che arriverà oltre trent’anni più tardi, precisamente nel 1978.

L’art. 10 della Legge n.833/78 attribuisce ai Comuni funzioni di indirizzo e di

definizione dei programmi, mentre l’USL, Unità Sanitaria Locale, è il soggetto

preposto alla gestione globale dei servizi sanitari.

L’assemblea ha il compito di eleggere il Comitato di gestione, organo che si

occupa di tutti gli atti amministrativi di competenza delle USL che non siano di

spettanza della stessa assemblea. Le difficoltà più evidenti che sorgono sono

ricollegabili a due ordini di fattori:

le decisioni dipendono dal consenso raccolto presso una pluralità di

soggetti;

la funzione di controllo non è ripartita in modo chiaro.

Tutto ciò unito alla smisurata offerta di servizi sanitari a livello territoriale, alla

forte e continua crescita della spesa sanitaria e alla mancanza di strumenti che

potessero permettere la verifica a livello qualitativo dei servizi erogati ha spinto,

nel 1991, il Legislatore alla delega, e conseguente nomina regionale, della

gestione dei servizi erogati ad un soggetto unico, ossia gli Amministratori

Straordinari.

Questo passaggio rappresenta e segna la prima vera e forte separazione tra

funzione tecnica/gestionale e funzione politica, con il lento prevalere della prima

sulla seconda.

1 Ricercatrice dell’Osservatorio sulle Pratiche della Sanità italiana-SIQuAS, www.osservatoriosanita.it, ex allieva

Master “Management e Innovazione nelle Aziende Sanitarie”, edizione anno 2005.

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Certo è che il passaggio dai Comitati di gestione agli Amministratori Straordinari

è stato il primo vero passo verso l’introduzione della gestione manageriale in

ambito sanitario.

Sinteticamente è possibile affermare che le due key-words del sistema sanitario

dei primi anni ’90 sono decentramento regionale e decentramento aziendale.

Il processo di aziendalizzazione vero e proprio è iniziato prima con la riforma

“bis” del SSN introdotta con il D. Lgs. n.502/92 ed è stato riaffermato e

rafforzato poi con il D. Lgs. di riforma “ter” n.229/99.

I punti salienti del D. Lgs. n. 502/92 sono sintetizzabili nell’art. 3 che definisce

l’Azienda Sanitaria Locale come l’Azienda dotata di personalità giuridica pubblica;

l’ASL può adottare un proprio modello organizzativo, può regolamentare la

propria attività in funzione della mission istituzionale, può disporre di beni, può

adottare un sistema contabile non vincolato a quello statale. L’autonomia

organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica

rappresentano le nuove forme di autonomia di cui si trova a godere la neo-nata

azienda.

Attraverso la 502/92 appare assolutamente netto il prevalere della funzione

tecnocratica rispetto a quella politica e ciò appare confermato dal

passaggittdall’Amministratore Straordinario al Direttore Generale.

Il Direttore Generale è coadiuvato dal Direttore Amministrativo e Sanitario oltre

che dal Collegio dei Revisori, organo designato per controllare e vigilare

sull’amministrazione dell’azienda e sull’osservanza delle leggi.

L’altra importante novità introdotta dal D. Lgs. n. 502/92 riguarda l’aspetto

finanziario del sistema sanitario e consiste nel passaggio da un finanziamento a

piè di lista ad uno coerente con la programmazione sanitaria (quota capitaria e

tariffe per prestazioni).

Il D. Lgs. 229/99 rafforza e sviluppa i contenuti del D. Lgs. n. 502/92

aggiungendo in primo luogo l’autonomia imprenditoriale, intesa come autonomia

dell’imprenditore, alle caratterizzazioni dell’Azienda; inoltre, al fine di suggellare

ulteriormente il legame tra l’Azienda Sanitaria e l’azienda del mondo privato si

trasforma il Collegio dei Revisori in Collegio Sindacale.

Con il passaggio dalla riforma bis alla ter i poteri degli enti locali si accrescono

permettendo agli stessi di valutare i risultati conseguiti dall’azienda, nominare un

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membro del Collegio Sindacale e partecipare in materia di vigilanza e controllo

sulla gestione aziendale.

L’introduzione dell’atto aziendale quale documento strategico di cui l’Azienda

deve obbligatoriamente disporre al fine di disciplinare il funzionamento interno

sancisce ulteriormente la grande “voglia” di privato che permea l’organizzazione

sanitaria.

Le suddette riforme hanno quindi dato un forte impulso al decentramento

regionale e aziendale del sistema sanitario pubblico, introducendo la volontà di

importare strumenti, metodologie gestionali e professionalità tipiche

dell’imprenditorialità privata.

Tra i vari cambiamenti introdotti dal processo di aziendalizzazione occorre

certamente puntare l’attenzione su quelli di ordine culturale che hanno indotto il

Legislatore nella direzione del recupero dell’efficienza e della flessibilità orientate

innanzitutto alla qualità.

La sanità inizia ad essere definita, quindi, come un sistema di “servizi alla

persona” in cui si diffonde la cultura dell’assicurazione della qualità, intesa come

processo di miglioramento continuo nell’organizzazione dei processi interni alle

aziende e delle performance erogate.

Il primo riferimento legislativo inerente la partecipazione dei cittadini in ambito

sanitario risale ai primi anni ’90. Il D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e

successive modificazioni e integrazioni (D. Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517), ha

introdotto per la prima volta il concetto di qualità delle prestazioni rese

nell’ambito sanitario (artt. 8-9-14) e dedica il Titolo IV°, art. 14, alla

partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini.

Il provvedimento pone l’attenzione verso:

il cittadino e le sue reali esigenze;

la qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie, sempre nell’ottica

della tutela del cittadino;

la promozione della partecipazione del cittadino;

la tutela del cittadino attraverso procedimenti amministrativi di

garanzia e/o impugnative in via giurisdizionale.

Il D. Lgs. 502/92, attrvoerso una terminologia apparentemente immutata,

apporta considerevoli modificazioni nel modo di interpretare la partecipazione dei

cittadini rispetto alla L. 833/78.

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Difatti, la 833 nasce in un periodo caratterizzato da una forma di partecipazione

democratica di tipo co-gestionale, che avrebbe dovuto prevedere la com-

partecipazione delle varie componenti sociali (cittadini, enti locali, operatori…) ai

processi gestionali e decisionali delle aziende sanitarie.

L’uso del condizionale è d’obbligo considerato ate questo modello non è riuscito a

raggiungere gli obiettivi fissati in partenza o meglio alcuni tentativi di

sperimentazione sono avvenuti nel centro-nord del nostro Paese, ad esempio in

Emilia Romagna ma troppo grande è stato lo scarto tra le dichiarazioni contenute

nella normativa e la reale possibilità di attuazione delle stesse.

Difatti, la legge del 1978 pur sottolineando l’importanza del principio della

partecipazione, di fatto delegava agli enti locali la rappresentanza dei cittadini,

degli utenti e delle formazioni sociali del territorio.

Attraverso il D. Lgs. 502/92 si supera il modello di tipo co-gestionale per

approdare ad un modello definito di partecipazione di tipo consultivo, cooptativo,

presenzialista e auto-legittimato.

L’art. 14 del D. Lgs. 502/92 disciplina i diritti dei cittadini; in particolare, il

modello è definito consultivo proprio perché non prevede l’effettiva

partecipazione delle componenti sociali ai processi decisionali limitato perlopiù

alla fase della consultazione; al riguardo, secondo il succitato articolo i cittadini

“dovranno comunque essere sentiti nella fase della programmazione e verifica

dei risultati conseguiti”.

Inoltre, tale modello è detto auto-legittimato poiché non è chiaramente indicato

chi legittima i rappresentanti delle associazioni a rappresentare gli utenti.

In definitiva, pur persistendo delle remore culturali di tipo paternalistico il D. Lgs.

502/92 sottolinea le dimensioni umanitarie e relazionali della qualità delle cure.

La legge delega n. 419 del 30/11/1998 prosegue sulla scia del modello di

partecipazione consultiva previsto dalla 502/92, in particolare sottolinea i

seguenti aspetti:

riafferma la partecipazione dei cittadini e degli operatori nelle fasi della

programmazione e della valutazione dei servizi sanitari;

potenzia il ruolo dei Comuni nei procedimenti di programmazione e di

valutazione dei risultati delle aziende;

accresce il ruolo delle Regioni al fine di rafforzare la partecipazione

delle formazioni sociali territoriali e dei cittadini.

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Un importante passo avanti per quello che riguarda il coinvolgimento dei cittadini

avviene con l’istituzione della Carta dei Servizi.

La Carta dei servizi è uno strumento di comunicazione che funge sia da guida ai

servizi sia come patto con i cittadini sugli impegni che l’azienda si assume.

Lo schema generale di riferimento della Carta dei Servizi pubblici sanitari è

contenuto nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (D.P.C.M.) del

19.05.1995, a cui sono seguite le relative Linee Guida; tale strumento nasce per

individuare “i servizi prestati e la loro metodologia organizzativa, ispirata ai

principi di economicità, efficienza ed efficacia, al fine di garantire un livello

qualitativo del servizio tale da raggiungere la piena soddisfazione dell’utente”

(Cascioli, 2004).

Un interessante strumento di controllo contenuto nella Carta dei Servizi concerne

la possibilità di effettuare reclami in merito ad eventuali violazioni e/o

inadempienze (ad esempio, liste d’attesa, aspetti relazionali e organizzativi)

subite dai cittadini.

La direttiva summenzionata esplica il ruolo centrale rivestito dal cittadino nei

confronti del quale devono essere trasmesse informazioni chiare e tempestive, il

personale addetto all’accoglienza deve comportarsi in maniera gentile e

disponibile e vi deve essere collaborazione tra il personale ospedaliero e le

associazioni di volontariato.

Vengono elencati di seguito alcuni importanti provvedimenti adottati a partire dai

primi anni ’90 riguardanti l’istituzione di strumenti e strutture tesi a verificare la

soddisfazione del cittadino:

D.Lgs. 29/93 e s.m.ei: “Razionalizzazione dell’organizzazione delle

amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di

pubblico impiego”→art. 12 Ufficio Relazioni con il Pubblico (partecipazione,

informazione, ricerca, analisi …);

Circolare Funzione Pubblica 17/93: “Istituzione dell'Ufficio per le

Relazioni con il Pubblico e disciplina delle attività di comunicazione di

pubblica utilità" →L’URP valuta sistematicamente il grado di

soddisfazione dell’utenza e l’evoluzione dei bisogni mediante ricerche e

sondaggi;

Direttiva P.C.M. 27.01.94: “Principi sull’erogazione dei servizi

pubblici” →Carta dei Servizi;

21

Direttiva P.C.M. 11.10.94: “Principi per l’istituzione ed il

funzionamento degli URP”;

Legge 150/2000: “Disciplina delle attività di informazione e di

comunicazione delle pubbliche amministrazioni", → art. 8 “L’ Urp deve…

attuare, mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i

processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi

da parte degli utenti”;

Direttiva P.C.M. 7.02.02: “Marketing istituzionale e verifica della

soddisfazione del cittadino”;

D.P.C.M. 19/05/95: “Schema di riferimento per la Carta dei Servizi e

per la rilevazione del grado di soddisfazione”;

D.P.R. 14.01.97: “Requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi

minimi per l’esercizio delle attività sanitarie, da parte delle strutture

pubbliche e private”;

D.C.R. 22.02.2000: contiene requisiti generali sulla realizzazione delle

indagini di soddisfazione.

Attualmente, il contesto sanitario è attraversato da profondi cambiamenti; si trova

in effetti a vivere una fase di profonda trasformazione indotta da un insieme di

fenomeni di carattere sociale, demografico, economico e tecnologico.

Sistemi Sistemi SanitariSanitari

Dinamiche Dinamiche PolitichePolitiche

Dinamiche Dinamiche ScientificheScientifiche

Dinamiche Dinamiche TecnologicheTecnologiche

Dinamiche Dinamiche DemograficheDemografiche

Sistemi Sistemi SanitariSanitari

Dinamiche Dinamiche PolitichePolitiche

Dinamiche Dinamiche ScientificheScientifiche

Dinamiche Dinamiche TecnologicheTecnologiche

Dinamiche Dinamiche DemograficheDemografiche

I trend demografici e sociali del Paese sono alla base di tutte le politiche per la

salute e sanitarie insieme a quelli epidemiologici.

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Centrale è il peso della struttura della popolazione per classi di età, che si è

gradualmente modificata e ha subito un ribaltamento.

Il quadro evolutivo è caratterizzato dalla nascita di nuove esigenze di sostegno al

sistema sanitario e alla filiera economica produttiva connessa, che coinvolge da

un lato gli operatori (aziende sanitarie e loro holding regionali e le imprese

fornitrici di beni e servizi) e dall'altro il pubblico utente del servizio.

Lo scenario attuale è contraddistinto da:

invecchiamento della popolazione;

incidenza rilevante della disabilità;

diffusione di innovazioni tecnologiche e farmaceutiche;

alta variabilità prescrittiva ed insufficiente diffusione di linee guida

diagnostico-terapeutiche;

presenza di nuove patologie e società globalizzata;

aumento della domanda espressa e dei bisogni di salute.

Uno dei messaggi proposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sul tema

della salute degli anziani afferma che “Invecchiare è un privilegio e una meta

della società. E’ anche una sfida, che ha un impatto su tutti gli aspetti della

società del XXI secolo.”

La nostra società sta vivendo una sorta di ‘rivoluzione demografica’: nel 2000,

nel mondo c’erano circa 600 milioni di persone con più di 60 anni, nel 2025 ce ne

saranno 1,2 miliardi e 2 miliardi nel 2050.

In Europa una persona su 5 ha più di 60 anni; questo rapporto scende a 1 su 20

in Africa ma, come in altre aree in via di sviluppo, il processo di invecchiamento

della popolazione è più rapido che nei paesi “sviluppati’, quindi c’è meno tempo

per adottare le necessarie misure per far fronte alle conseguenze dell’aumento

della popolazione anziana, fra cui l’aumento della frequenza di patologie croniche

tipicamente legate all’invecchiamento.

Infatti, l’invecchiamento della popolazione è tipicamente accompagnato da un

aumento del carico delle malattie non trasmissibili, come quelle cardiovascolari, il

diabete, la malattia di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative, tumori,

malattie polmonari croniche-ostruttive e problemi muscoloscheletrici.

Come conseguenza, la pressione sul sistema sanitario mondiale aumenta.

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Le malattie croniche impongono alla popolazione anziana un peso elevato in

termini di salute ed economico a causa proprio della lunga durata di queste

malattie, della diminuzione della qualità della vita e dei costi per le cure.

Fig. 1. Popolazione e persone di 65 anni e più per presenza di malattie croniche dichiarate e sesso (per 100 persone dello stesso sesso) –Anno 2005- Fonte: ISTAT

9,816,7

47,4

38,9

61,8

13,2

22,3

34,9

45,5

53,0

13,1 14,7

Persone connessunamalattiacronica

Persone contre o piùmalattiecroniche

Persone conalmeno una

malattiacronicagrave

Persone connessunamalattiacronica

Persone contre o piùmalattiecroniche

Persone conalmeno una

malattiacronicagrave

Popolazione Persone di 65 anni e più

MASCHI FEMMINE

Come risulta ben evidenziato dalla Figura 1, gli ultra sessantacinquenni

presentano nella maggioranza dei casi da almeno una a tre o più malattie

croniche; in particolare, gli uomini soffrono di almeno una malattia cronica grave

rispetto alle donne della stessa fascia d’età.

Queste ultime invece superano gli uomini poiché manifestano tre o più malattie

croniche; entrambi comunque superano di gran lunga il resto della popolazione

che si attesta su valori ben più contenuti.

Se si osserva la Figura 2, è possibile conoscere anche la tipologia di malattia

cronica dichiarata che colpisce le persone di 65 anni e più ed il resto della

popolazione.

Le varie forme di artrite e artrosi rappresentano le malattie croniche che

interessano maggiormente le persone di 65 anni e più e che tra il 1999 e il 2005

sono aumentato oltre il 4%.

24

A seguire l’ipertensione arteriosa, aumentata anch’essa di 4 punti percentuali nel

lasso di tempo considerato, e poi altre malattie tradizionalmente legate

all’invecchiamento ossia l’osteoporosi, la cataratta e altre malattie del cuore (che

però colpiscono in misura minore le persone dai 65 anni in su).

Il diabete ha colpito, tra il 1999-2000 e il 2005, un numero crescente di persone

anziane mentre la cefalea e altre forme di emicrania incidono in misura

decrescente.

Se si analizzano le due colonne riguardanti il resto della popolazione emerge che

pur attestandosi su valori significativamente inferiori, l’artrite, l’artrosi e

l’ipertensione arteriosa quindi le due malattie che colpiscono maggiormente la

popolazione anziana, interessano anche l’altra fetta della popolazione.

Fig. 2. Popolazione e persone di An anni e più per tipo di malattia cronica dichiarata. Confronto Anni 1999-2000 e Anno 2005 (per 100 persone con le stesse caratteristiche) Fonte: ISTAT

Popolazione Persone di 65 anni e più

1999-2000 2005 1999-2000 2005Diabete 3,7 4,5 12,5 14,5Cataratta 3,2 2,8 15,4 12,4Ipertensione arteriosa 11,9 13,6 36,5 40,5Infarto del miocardio 1,1 1,7 4,0 6,3Angina pectoris 0,9 0,7 3,4 2,5Altre malattie del cuore 3,4 3,2 12,5 11,3Asma bronchiale 3,1 3,5 6,9 6,5Malattie della tiroide 2,8 3,2 4,6 5,0Artrosi,artrite 18,4 18,3 52,5 56,4Osteoporosi 4,7 5,2 17,5 18,8

Ulcera gastrica o duodenale

3,0 2,3 7,3 5,3

Cirrosi epatica 0,2 0,3 0,6 0,7Tumore 0,9 1,0 2,7 2,7

Cefalea o emicrania ricorrente

9,0 7,7 10,5 8,7

La gestione delle cronicità richiede soluzioni complesse che coinvolgono i diversi

livelli assistenziali, necessita di integrazione di molte fonti di informazione, di

strumenti di analisi e di supporto alle decisioni, di tracking di eventi e di auditing

per lunghi periodi.

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Occorre inoltre tener conto delle trasformazioni nei rapporti famigliari (Moini G.,

2001) che hanno prodotto il passaggio:

DA A

così come il cambiamento dei cicli di vita ha segnato la seguente trasformazione:

DA A

Nello specifico, la struttura della popolazione per classi di età si è gradualmente

modificata; si sono ridotte le classi giovani e sono aumentate le classi over 60.

E’ la stessa domanda di salute della popolazione che è mutata, tutta la struttura

della mortalità e della morbilità si è profondamente modificata e ciò in

conseguenza di vari fattori:

innanzitutto, lo sviluppo economico e tecnologico, nonché scientifico,

mettono a disposizione della medicina sempre nuove capacità

diagnostiche e terapeutiche aumentando così le aspettativundi vita in

salute;

il cambiamento degli stili di vita determina un uso più qualificato della

sanità;

la crescita della cultura della salute nei cittadini sviluppa una domanda

più selettiva e finalizzata;

si determina il paradosso della domanda infinita di salute e dei limiti

strutturali di finanziamento dei sistemi sanitari.

Nel grafico che segue è ben rappresentato quanto finora affermato; le due linee

evidenziano in modo netto la crescita costante negli anni della popolazione over

65 e, di contro, il trend tutto teso al ribasso della fascia under 14.

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FAMIGLIA ALLARGATA FAMIGLIA MONONUCLEARE

ALTAMENTE PREVEDIBILI

ALTAMENTE IMPREVEDIBILI

L’invecchiamento della popolazione, dal punto di vista demografico, è

determinato dalla diminuzione del numero delle nascite e dalla crescita della

speranza di vita.

Osservando l'andamento congiunto di queste variabili, negli anni compresi tra il

1951 ed il 2024, si delinea nitidamente il processo di progressivo invecchiamento

della popolazione.

Le quattro rappresentazioni grafiche riportate di seguito permettono di

visualizzare come la piramide della popolazione si è modificata e continuerà a

modificarsi nel corso degli anni.

Appare evidente come la forma della piramide sia mutata e in tempi neppure

eccessivamente lunghi; infatti, nel 1951 la struttura è piramidale nel senso che

inizia con una base piuttosto larga, rappresenta la fascia numericamente più

rappresentativa (0-4 anni), e prosegue verso l’alto andandosi a restringere poco

a poco.

Quarant’anni più tardi, nel 1991, la base tendeva ad assottigliarsi favorendo la

classe d’età medio-alta.

27

Nel 2004 la base della piramide risultava rappresentata in misura sempre minore

dalla fascia d’età 0-24 anni con un considerevole aumento della fascia 50-79

anni; la struttura della popolazione ha assunto una forma pressoché romboidale,

con un consistente (a livello numerico) spostamento dell’età media verso l’alto.

La base della struttura si è notevolmente ridotta, il centro si è allargato così

come la zona alta. Quindi, tradotto in modo più chiaro ciò significa che ci sono

meno giovani e giovanissimi e per contro, aumenta in modo esponenziale il

numero degli anziani.

La previsione per il 2024 è di una nuova significativa riduzione delle classi dei

giovani e giovanissimi, la predominanza della fascia 50-64 anni e un costante

aumento delle fasce over 65.

28

Fig. 3. La struttura della popolazione tra il 1951 e il 2024

29

Tutti i fattori finora citati hanno contribuito alla crisi del welfare tradizionale tra la

fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80.

A partire dai primi anni ’90, la spinta riformistica ha fortemente caratterizzato il

sistema sanitario italiano, segnando il passaggio (figura 4) dalle politiche “market

oriented” (primi anni ’90) tese al rafforzamento dei meccanismi di mercato - che

hanno però lasciato aperti i problemi della crescita della spesa sanitaria, della

dilatazione dei tempi di attesa e della persistenza di iniquità nell’accesso ai

servizi - alle politiche “network (or cooperative) oriented” (fine anni ’90)

transitando attraverso l’approccio “outcome oriented” (metà anni ’90) (Moini,

2001).

Le market oriented health policies lasciano, al passaggio della metà degli anni

'90, diversi e importanti problemi aperti:

una continua ed apparentemente inarrestabile crescita della spesa

sanitaria (sia pubblica che privata);

un crescente ricorso a prestazione sanitarie di alta tecnologia che

induce un’inutile e costosa sovramedicalizzazione della offerta e della

domanda di salute;

un aumento delle forme di disattenzione agli aspetti della

umanizzazione delle cure e della lack of responsiveness of providers

(mancanza di risposta dei fornitori);

una dilatazione dei tempi di attesa per l'erogazione delle prestazioni

sanitarie;

la persistenza di evidenti iniquità nella possibilità di accesso alle cure

sanitarie rispetto ai livelli di reddito.

La metà degli anni '90 rappresenta, a ben vedere, un fondamentale momento in

cui si introducono alcune importanti novità che prenderanno definitivamente

corpo verso la fine del decennio.

Si afferma la centralità della cultura e dei valori sociali dei cittadini, considerati

variabili fondamentali della funzione di produzione dei servizi sanitari.

Un altro elemento di grande importanza è rappresentato dalla importanza

attribuita alla ricerca sanitaria ed alla valutazione degli impatti delle politiche in

termini di outcome sanitari.

Sono questi gli anni in cui si sviluppano definitivamente la Evidence Based

Medicine - EBM (la medicina basata sulle’evidenza) e la Evidence Based Health

30

Care – EBHC (l’assistenza sanitaria basata sull’evidenza), ovvero quelle pratiche

cch cercano di far poggiare non solo le scelte terapeutiche, ma anche la

allocazione delle risorse, su criteri di efficacia dimostrati da sperimentazioni

cliniche controllate e da meta-analisi (ovvero da rassegne sistematiche condotte

ricorrendo alla letteratura scientifica ed valutazioni statistiche dei trials clinici).

La metà degli anni '90 rappresenta, in sintesi, un periodo di transizione che, in

accordo con una dinamica più generale di quegli anni nei paesi di area OECD,

potrebbe essere definito di outcome oriented health policies.

Alla fine degli anni '90 l'orientamento agli outcomes o indicatori di impatto, con

riferimento agli esiti finali e all’impatto a distanza degli interventi e delle

strategie sanitarie, si impone in modo più netto.

Si arriva, infatti, a riconoscere che l'esigenza del contenimento dei costi era stata

interpretata come un obiettivo da perseguire fine a se stesso, dati i rilevanti

disavanzi registrati, e non come un obiettivo tendenziale per garantire le

compatibilità delle azioni sanitarie e l’equità degli accessi.

A livello di Istituzioni Sanitarie internazionali il tendenziale equilibrio tra vincoli

gestionali economici e vincoli gestionali clinici viene valutato sempre di più in un

approccio di outcomes, ovvero, in termini di impatto sulla qualità delle

prestazioni e sullo stato di salute della popolazione (OECD, 1999).

Nell'ultimo scorcio degli anni '90 gran parte dei diversi paesi dell'OECD

procedono ad un ripensamento delle loro politiche, orientandosi verso un

approccio integrato alla produzione della salute in una accezione di insieme delle

politiche del welfare per il mantenimento dello stato di benessere psicofisico.

Questo si è sostanziato nella ricerca degli strumenti operativi attraverso cui

raggiungere, simultaneamente, quelli che potrebbero essere definiti gli obiettivi

delle quattro "E":

efficienza

efficacia

empowerment

equità

Mentre la maggiore efficienza fa riferimento alla ottimizzazione dell'uso delle

risorse economiche e sanitarie, la crescita dell'efficacia delle prestazioni mira al

miglioramento degli health outcomes; l'empowerment riguarda, invece, il

potenziamento del ruolo dei pazienti e degli operatori sanitari a cui viene chiesto

31

di partecipare in maniera maggiormente attiva alla produzione ed erogazione dei

servizi.

L'esigenza di una più alta equità fa, infine, riferimento alla volontà di ridurre le

persistenti diseguaglianze nelle condizioni di salute della popolazione (con

particolare attenzione alle condizioni dei gruppi svantaggiati), a quella li

incrementare l'equità rispetto al finanziamento ed alla possibilità di accesso ai

servizi e alle prestazioni sanitarie.

L'insieme di questi elementi tratteggia un "new paradigm of health care" (OECD,

1999) che spinge verso il primato della prevenzione sul trattamento specialistico;

verso un orientamento a strategie di care piuttosto che di cure e, soprattutto,

verso l'integrazione intersettoriale delle politiche che, a sua volta, stimola ed

impone azioni di coordinamento interistituzionale.

Alla fine degli anni '90 sembrano quindi affermarsi quelle che potrebbero essere

definite network (or cooperative) oriented health policies che, muovendo da una

concezione sociologicamente fondata di salute, fanno della intersettorialità il loro

fondamentale principio di funzionamento e della interistituzionalità il loro

principale meccanismo operativo.

Fig. 4. Le tre politiche sanitarie degli anni ‘90 – Fonte: Moini G., 2001

32

Il ciclo delle politiche nel corso degli anni ‘90

Primi anni ‘90

Metà anni ‘90

Fine anni ‘90

POLITICHE

Market oriented

Outcome oriented

Network (or cooperative)

oriented

1.1. La programmazione sanitaria e le alleanze con gli attori

La programmazione sanitaria si sostanzia in un processo di consenso nel tempo

tale da permettere l’individuazione dei bisogni delle popolazioni attuali e in

prospettiva tale da soddisfarli con una evoluzione continua delle strutture

sanitarie e socio sanitarie e della loro capacità di offerta di servizi assistenziali,

terapeutici e socio assistenziali qualificati ed efficienti.

L’opportunità è rendere il sistema più prossimo ai cittadini e ai loro bisogni,

coniugando l’autonomia nell’organizzazione della risposta dei servizi alla

responsabilità sulla loro qualità e sostenibilità economica, coinvolgendo tutte le

categorie di decisori della filiera sanitaria nelle determinazioni degli obiettivi

possibili.

Il processo di programmazione sanitaria deve vedere la necessaria

partecipazione di diverse categorie di decisori pubblici quali Stato, Regioni, Enti

Locali e loro forme associative, nonché sindacati professionali e dei lavoratori,

associazioni di volontariato, associazioni medico scientifiche, etc. in base alle loro

diverse attribuzioni di ruoli.

Tutti i summenzionati decisori pubblici rappresentano alcuni degli attori del

sistema sanitario, in particolare:

il cittadino e la famiglia costituiscono l’obiettivo generale che

caratterizza l’impostazione della politica regionale della salute e del

sistema sociosanitario;

gli Enti Locali hanno tra i loro compiti quello di avviare nuove forme di

progettazione, organizzazione e gestione tra i servizi sanitari e sociali;

gli operatori sanitari devono assicurare il buon funzionamento del

servizio, l’efficacia degli interventi e la soddisfazione dei cittadini;

le rappresentanze sociali giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo

di una politica per la salute in termini di capacità di lettura dei

bisogni/rischi, di identificazione delle priorità e di supporto

determinante alle azioni di miglioramento del sistema;

il terzo settore (cooperative sociali e volontariato) contribuisce a dar

voce ai bisogni dei soggetti svantaggiati e svolge un ruolo importante

nella valutazione consensuale della qualità dell’assistenza;

33

i produttori di beni e servizi sanitari (no profit e profit) sono chiamati a

concorrere al progetto di tutela e promozione della salute.

In particolare, il tema della partecipazione dei cittadini alle scelte di progetto per

la salute rappresenta uno dei prodotti derivanti dal passaggio da un sistema di

“government”, basato su una rigida regolamentazione, su un processo di

pianificazione di tipo top-down gestito da esperti e su un approccio direzionale

centro-periferia, a quello di “governance”, centrato sulla partecipazione sociale,

sulla negoziazione e sul coordinamento tra le parti coinvolte nel processo.

Il termine “governance” indica:

“L’ insieme di regole, processi e comportamenti che influiscono sul modo in cui

le competenze sono esercitate. La capacità delle società di dotarsi di sistemi di

rappresentazione, d’istituzioni, di processi per gestirsi autonomamente. La

creazione e il funzionamento d’istituzioni (intese non solo come organizzazioni,

ma anche come definizione delle regole del gioco) che definiscono attori e loro

responsabilità nella cooperazione con la società civile” (Glossario Socialinfo,

www.socialinfo.it/glossario).

Più in dettaglio, la “clinical governance” (governo clinico) può essere definita nei

seguenti modi:

“il contesto in cui i servizi sanitari si rendono responsabili del miglioramento

continuo della qualità dell’assistenza e mantengono elevati livelli di prestazioni

creando un ambiente che favorisce l’espressione dell’eccellenza clinica nel limite

delle risorse disponibili” (NHS White Paper,1999).

“Si intende la capacità dei servizi di sviluppare e mantenere una sistematica

attenzione alla qualità dell’assistenza da essi erogata, con particolare riferimento

alla efficacia ed alla appropriatezza clinica delle prestazioni. Rappresenta una

delle parole chiave del Piano Sanitario Regionale 3/5/99. Nei contesti aziendali è

posta in capo al Direttore Sanitario, ma identifica nei direttori di dipartimento e

nelle loro responsabilità clinico-organizzative i protagonisti di politiche aziendali

capaci di documentare – attraverso iniziative di audit clinico- la qualità delle

proprie prestazioni e di garantire la sicurezza dei pazienti e degli operatori

attraverso l’adozione di strumenti di gestione del rischio clinico. Il Collegio di

direzione rappresenta l’organismo aziendale deputato al coordinamento delle

singole iniziative dipartimentali di governo clinico, alla loro coerenza con gli

obiettivi generali dell’azienda ed alla valutazione dei loro risultati e delle loro

34

implicazioni.” (Glossario della qualità e dell’accreditamento, Cinotti R. e all.,

2005).

“Con il termine "governo clinico", importato dall’anglosassone clinical

governance, si intende più comunemente un programma di gestione e

miglioramento della qualità e dell’efficienza di un’attività medica, generalmente

operata a livello di Dipartimento di una Azienda ospedaliera. Il programma è

primaria responsabilità del Capo Dipartimento che, con l’aiuto di personale

amministrativo, predispone e sottopone all’Amministrazione dell’Ente (Ospedale

o ASL) un piano d’azione triennale che miri, nell’ambito di un budget assegnato

con ampia facoltà di spesa, a trattare il maggior numero possibile di casi e a

garantire l’outcome del trattamento. Il programma di clinical governance non

può prescindere da una sistematica azione di aggiornamento del personale in

tutte le sue forme (lezioni accademiche, dimostrazioni pratiche e stage,

formazione continua individuale, convegni nazionali ed internazionali delle

specialità), da un sistematico sostegno della cultura della qualità, da incentivi

che premino la partecipazione del personale ai programmi di miglioramento della

qualità e che premino il conseguimento degli obiettivi prefissati” (Girolamo

Sirchia – ex Ministro della Salute, da Glossario Formez).

Acquista sempre maggiore preponderanza la centralità del cittadino nella

gestione della cultura della salute e nel governo clinico dei sistemi.

Esperienze significative di collaborazione fattiva tra operatori e pazienti hanno

creato evidenze significative sulle tante forme possibili di sensibilizzazione e di

collaborazione per una migliore gestione del sistema sanitario.

Dalle esperienze di gestione in sanità internazionali e nazionali sono derivate la

creazione di basi di dati e lo svolgimento di migliori pratiche aziendali che hanno

consentito sia in letteratura che per le evidenze di individuare gli strumenti per

garantire un’ottimale governance, in quanto equilibrio dinamico tra governo

clinico e governo economico nelle aziende sanitarie.

Le politiche della governance in sanità nella pratica delle Regioni e delle aziende

sanitarie (Banchieri, Monitoraggio in sanità, 2005), sono i seguenti:

1. i sistemi di alleanze con i cittadini e la trasparenza nei loro confronti;

2. i sistemi di valutazione esterna della qualità (accreditamento,

certificazione ISO ed EFQM);

3. il disease management ed i percorsi assistenziali integrati;

35

4. a sicurezza dei cittadini e degli operatori e la prevenzione e la gestione

del rischio;

5. l’audit clinico ed organizzativo;

6. la formazione di base e permanente allo sviluppo della qualità;

7. gli indicatori di performance clinica ed organizzativa delle

organizzazioni sanitarie;

8. l’organizzazione della qualità nelle istituzioni sanitarie complesse.

Con l’intento di voler dettagliare le dimensioni della governance, si vanno ad

evidenziare le caratteristiche precipue di ognuna (Banchieri, Confronti: pratiche

di benchmark nella sanità pubblica italiana, 2005):

1. - I sistemi di alleanze con i cittadini

La centralità del cittadino nella gestione della cultura della salute e nel governo

clinico dei sistemi sanitari viene ormai considerato un dato acquisito. Esperienze

significative di collaborazione fattiva tra operatori e pazienti hanno creato

evidenze significative sulle tante forme possibili di sensibilizzazione e di

collaborazione per una migliore gestione del sistema sanitario, in particolare

occorre richiamare: il ruolo delle associazioni degli utenti in sanità; la qualità

professionale, organizzativa e percepita dai cittadini; il passaggio dalla cura della

sicurezza dei pazienti al miglioramento continuo.

2. - I sistemi di valutazione esterna della qualità (accreditamento, certificazione

ISO ed EFQM)

In molti Paesi si sono andati affermando sistemi di accreditamento e di

certificazione delle strutture sanitarie, sono stati creati principi e standard

internazionali di riferimento, sono nate Società Internazionali e Agenzie Nazionali

per assicurare una diffusione della cultura della qualità in sanità e per validare

l’offerta sul mercato sanitario. Anche in Italia più della metà della aziende

sanitarie pubbliche partecipa a processi di benchmarking e di certificazione

volontaria della qualità con metriche diverse (JCHO, CCHA, ISO, EFQM,etc.).

3. - Il disease management ed i percorsi assistenziali integrati

Dai processi di ottimizzazione delle gestioni delle strutture sanitarie e dei sistemi

sanitari è nato un nuovo approccio alla malattia in una logica di risposta di

sistema. Partendo dalle esperienze dei Paesi anglosassoni si è sviluppato

36

l’approccio basato sulla ricerca e sull’Evidence Base Medicine. Dalla EBM si è

giunti alle prime linee guida e, quindi, ai percorsi assistenziali integrati.

4. - La sicurezza e la gestione del rischio

I costi di ospedalizzazione sono talmente elevati per le comunità e i costi sociali

delle malattie così rilevanti che hanno acquisito sempre più importanza i processi

di de-ospedalizzazione e quindi lo sviluppo dei servizi territoriali. I temi topici

dell’approccio sono l’individuazione degli strumenti del Risk management per

progettare gli interventi sanitari per prevenire gli errori. Dal monitoraggio degli

eventi avversi si sviluppa l’apprendimento per prevenirli. Esistono ancora limiti

legislativi in Italia, che impediscono lo sviluppo di una visione non punitiva alle

malpracticies. Inoltre è necessario ripensare l’approccio assicurativo e di

responsabilità delle aziende sanitarie e dei singoli operatori.

5. - L’Audit clinico ed organizzativo

La diffusione sui media di informazioni sempre più allarmanti sulle cosiddette

“mal pratiche” sanitarie ha sviluppato una forte sensibilizzazione nelle opinioni

pubbliche verso i risultati e le evidenze cliniche dei sistemi sanitari tentando di

diffondere un approccio che va dall’analisi degli errori al miglioramento continuo

delle prestazioni e ponendo al centro del sistema il ruolo attivo dei cittadini

organizzati. In dettaglio, le aree sui cui si è puntata l’attenzione sono: qualità

organizzativa, professionale e percepita; la centralità del cittadino; la

soddisfazione dei pazienti e degli operatori; le esperienze di audit civico; i gruppi

professionali come primi naturali “circoli qualità”; il sistema di cure analizzato

con il modello della European Foundation for Qualità Management per il

miglioramento continuo.

6. - La formazione di base e permanente allo sviluppo della qualità

La Formazione Permanente in ambito sanitario è stata ampiamente e

unanimemente riconosciuta e avvalorata in questi ultimi anni a partire dalle

risorse economiche messe in campo con i nuovi Contratti Collettivi Nazionali di

Lavoro (CCNNLL), alle norme che definiscono il suo ruolo imprescindibile per la

realizzazione degli obiettivi del SSN. La legislazione di riferimento è

rappresentata da: D.Lgsl. 229/1999; Commissione ECM; , Direttiva 13 dic. 2001

“Formazione e valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni”;

37

Circolare Ministro della Salute 5 marzo 2002 “Programma nazionale per la

formazione continua-ECM”.

La realizzazione di un sistema compiuto di Formazione richiede che

l’organizzazione sia in grado di sostenere un sistema di coerenze interne e un

flusso di azioni continuo e virtuoso tra i processi di gestione organizzativa e i

processi formativi messi in azione, che vengano effettivamente realizzate attività

di valutazione della efficacia degli interventi, degli impatti organizzativi delle

azioni formative messe in campo, delle condizioni che rendono possibili,

applicabili e operativi gli strumenti e gli investimenti formativi e che siano

esplicitate quali condizioni sono necessarie perché un processo formativo, di

accompagnamento al cambiamento, si attivi.

7. - Gli indicatori di performance clinica ed organizzativa delle organizzazioni

sanitarie

Dalle esperienze di misurazione della qualità sono derivati standard e indicatori

per l’analisi delle performance cliniche e organizzative delle strutture sanitarie. I

temi topici sono stati il passaggio dall’analisi dei processi a quella dei risulta’e. Da

questo è derivena l’analisi quali quantitativa. Infine nell’esperienza delle aziende

sanitarie si è giunti alla diffusione di indicatori semplici, di indicatori complessi e

di indicatori di sintesi.

8. - L’organizzazione della qualità nelle istituzioni sanitarie complesse

Nella gestioni più consapevoli delle strutture sanitarie, quali strutture complesse,

si sono sviluppati modelli gestionali basati sul ruolo strategico della assicurazione

della qualità. La ricerca della qualità è stata praticata come strumento per

l’efficacia, l’efficienza, l’appropriatezza e l’ottimizzazione delle gestioni. E’

opportuno considerare la qualità come un processo continuo di miglioramento

aziendale. L’attribuzione dei servizi aziendali in staff della direzione generale in

molte aziende sanitarie è stata la conclusione di un percorso di maturazione e

diffusione di una cultura manageriale anche in sanità. La qualità, quindi, è

praticata come naturale obiettivo dello sviluppo di sistemi sanitari efficaci.

Questo pone di conseguenza la necessità di un approccio alla qualità come

strumento per l’ottimizzazione della gestione e momento di espressione della

qualità reale espressa dalle aziende sanitarie. Da questo discende la pratica del

consenso e della condivisione tramite la costituzione di circoli virtuosi di

38

confronto intra-aziendale e inter-aziendale. L’individuazione delle migliori

pratiche aziendali consente infine un confronto per il miglioramento tramite

l’analisi del posizionamento nel gruppo.

1.2. La partecipazione dei cittadini in sanità

Una delle necessità del welfare è quella di garantire una logica di integrazione a

tutti i livelli. Essa permette infatti lo sviluppo di reti assistenziali a cui

partecipano servizi diversi e, al tempo stesso, permette di coinvolgere,

valorizzando le singole autonomie, tutti i soggetti – Regione, Enti locali, Aziende

sanitarie, strutture pubbliche, private no profit e profit, associazioni, volontariato,

forze sociali - che a vario titolo sono chiamati a svolgere un ruolo per

l’affermazione dei diritti di cittadinanza, contributo fondamentale per lo sviluppo

di una società più coesa, civile e dinamica.

L’assetto istituzionale attraverso il quale la Regione e gli Enti locali hanno

organizzato la funzione di governo del sistema pubblico di welfare regionale e

locale si consolida attorno a due direttrici: il ruolo della Regione nel governo del

Servizio sanitario, il ruolo degli Enti locali nel governo dei servizi sociali, esercitati

entrambi in una logica di collaborazione e integrazione.

D’altro canto, assolutamente centrale risulta anche l’integrazione con i cittadini;

al fine di mantenere una partnership tra gli operatori e i cittadini/pazienti è

assolutamente fondamentale che entrambi condividano le loro informazioni.

Difatti, le informazioni condivise sono essenziali per condividere le decisioni;

certo è che esiste confusione su cosa si intenda per partecipazione anzi, sovente

i termini di ascolto, partecipazione e coinvolgimento (Altieri, 2002) vengono

erroneamente considerati come sinonimi.

E’ opportuno quindi, prima di evidenziare le tre dimensioni della partecipazione,

definire in modo più preciso questi concetti.

Per ascolto si intende un incremento delle conoscenze e delle informazioni nella

direzione basso-alto ossia si dà voce ai cittadini per ascoltare le loro esigenze,

per rilevare percezioni diverse da quelle dei manager o dei policy maker.

L’ascolto può essere individuale (ad esempio, la compilazione di un questionario)

o collettivo (assemblee di rappresentanze associative), ed in questo caso si parla

di consultazione.

Il coinvolgimento è un processo attraverso il quale:

39

ci si riconosce e si è riconosciuti come parte in causa (stakeholder,

attore sociale);

si è legittimati come interlocutori;

si possono esprimere bisogni e legittimare opinioni.

I concetti di ascolto e coinvolgimento rappresentano le prime fasi del processo di

empowerment che arriva però a compimento solo con l’effettiva partecipazione

del cittadino, quando cioè si è riconosciuti come interlocutori e si conquista un

ruolo di influenza attiva e intenzionale nei processi decisionali.

Il background concettuale per la partecipazione del cittadino può essere ricercato

nei principi di assistenza sanitaria primaria definiti negli anni settanta dall’

Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) enunciati durante la “Conferenza

Internazionale sull’assistenza medica primaria” tenutasi ad Alma Ata nel 1978

(Programma Nazionale Linee Guida, Istituto Superiore di Sanità, 2005).

In questa occasione l’OMS promuoveva la massima self-reliance individuale e

comunitaria e la partecipazione dei pazienti e della comunità nella pianificazione,

organizzazione e controllo dell’assistenza sanitaria, a livello sia locale sia

nazionale.

Prima di proseguire è necessario chiarire cosa si intende per empowerment;

questo termine inglese indica:

“il processo generale di rinforzo, crescita e responsabilizzazione delle persone e

delle comunità perché diventino sempre più capaci di svolgere la loro funzione

sociale. Nel contesto della promozione della salute l’empowerment è il processo

sociale, culturale, psicologico, educativo e politico attraverso il quale gli individui

e i gruppi sociali diventano capaci di riconoscere i propri bisogni di salute,

partecipano ai processi decisionali e realizzano specifiche azioni per soddisfare

tali bisogni” (Glossario del sito: www.apss.tn.it).

A questo punto è possibile evidenziare i presupposti della partecipazione (Altieri,

2002):

la credibilità/fiducia: si intende da un lato la credibilità dei policy maker e

dei manager quando chiedono partecipazione e dall’altro la fiducia dei

cittadini in merito all’effettiva volontà di miglioramento o cambiamento

dell’azienda di servizi;

la competenza/conoscenza delle informazioni necessarie per attuare forme

consapevoli di partecipazione;

40

una tradizione preesistente di partecipazione capace di creare un terreno

fertile per successive iniziative partecipative.

Le tre diversi dimensioni (Altieri, 2002) su cui possono svilupparsi forme di

partecipazione da parte dei cittadini sono poste a tre distinti livelli:

livello micro,

livello intermedio,

livello macro.

Il primo livello della partecipazione, quello micro, coincide appieno con il concetto

di compliance ossia il cittadino/paziente partecipa in modo intenzionale al

processo di cura, ne diventa l’attore e non un semplice fruitore passivo.

Nello specifico, la relazione con l’operatore si basa su due presupposti: il

consenso informato e la fiducia relazionale.

Il primo presupposto mira a rendere il cittadino esaurientemente e correttamente

informato circa il trattamento di cura e le eventuali conseguenze, in modo tale da

potergli permettere di dare o meno assenso alle decisioni che lo riguardano.

La fiducia relazionale poggia sulla capacità (intesa come disponibilità soggettiva

ma anche come percezione della sua competenza tecnico-professionale)

dell’operatore di costruire una relazione con il cittadino improntata appunto sulla

fiducia.

In entrambi i presupposti succitati esiste il rischio che la relazione opeantore-

cittadino possa diventare conflittuale proprio perché il piano su cui si muovono

non è quello della delega bensì della tendenziale parità.

Nella dimensione intermedia della partecipazione la compliance da duale diventa

collettiva nel senso che si allarga alla rete degli altri soggetti coinvolti nel

processo di cura e/o di assistenza, tra cui la famiglia, gli amici, il volontariato, il

vicinato; si pensi, ad esempio, al ruolo svolto dalla famiglia o dagli amici nella

fase della dimissione ospedaliera o dell’Assistenza Domiciliare Integrata.

La terza dimensione, quella macro, implica una partecipazione “politica” dei

cittadini (o delle associazioni di rappresentanza di cui fanno parte) i quali

intervengono, direttamente o indirettamente attraverso un processo di

influenzamento, sulle scelte, propongono nuovi servizi, hanno parte attiva nelle

decisioni sull’allocazione delle risorse, discutono di standard.

Da qui il passaggio al concetto di “patient empowered” (Poletti, 2003) che è:

41

“una persona che comprende e sceglie, è in controllo dell’ ambiente con cui

interagisce e si rapporta produttivamente con tutti gli altri soggetti, pianifica per

il futuro, è il proprio case manager, è un self care giver, un manager dei propri

stili di vita, protagonista attivo della propria vita e del proprio benessere, che

interagisce in forma proattiva. Per conseguire tale risultato, i servizi devono

accertare le aspettative e le priorità dei pazienti; coinvolgerli nei propri piani di

cura e assistenza e utilizzare l’approccio della decisione condivisaenrichiedere il

loro feedback, anche sui servizi e avviare conseguenti processi di

miglioramento”.

Un elemento essenziale per sviluppare l’empowerment del paziente è il processo

decisionale.

È ormai universalmente riconosciuto che quando l’utente partecipa al processo

decisionale, la sua soddisfazione è maggiore, i risultati clinici migliorano, accetta

le decisioni prese e si attiene al trattamento deciso.

L’aspetto fondamentale in tale ambito è quello di conciliare il coinvolgimento del

paziente con l’effettuazione di scelte basate su prove di efficacia.

Charles (1997) ha descritto tre modelli di processo decisionale:

paternalistico (il medico decide ciò che ritiene sia meglio per il paziente,

senza chiedere a quest’ultimo le sue preferenze);

consenso informato. Il paziente riceve (di solito dal medico) delle

informazioni sulle opzioni, ha quindi entrambi gli elementi (informazioni

e preferenze) necessari per prendere una decisione. Il medico non deve

consigliare un trattamento, in modo da non imporre la sua volontà e

quindi il processo decisionale in questo caso è in mano al paziente. Il

dibattito in corso pone il quesito se il consenso informato non sia

sinonimo di paziente abbandonato;

condivisione delle decisioni, in cui sia il paziente sia il medico

contribuiscono alla decisione.

Caratteristiche del processo di condivisione delle decisioni (Charles et al., 1997):

condividere le decisioni implica la partecipazione di almeno due persone

(spesso, però, sono molte di più), il medico e il paziente;

entrambe le parti (medico e paziente) compiono dei passi per

partecipare al processo decisionale;

42

la messa in comune delle informazioni è un prerequisito essenziale per

pervenire ad una decisione;

la decisione finale esprime l’accordo tra le parti.

Il fattore che sembra centrale nelle scelte del paziente circa il modello di

coinvolgimento decisionale da adottare è la ‘fiducia nel medico’ (Kraetschmer,

2004).

D’altro canto, secondo Rogers (2002) i medici che non hanno fiducia nelle

capacità del paziente tendono a ignorare o scrutinare le loro preferenze e non

coinvolgerli nel processo decisionale.

I risultati del lavoro di ricerca del Picker Institute (Gerteis et al. in Poletti, 2000)

hanno evidenziato le esigenze dei pazienti, che sono in sintesi le seguenti:

rispetto per i propri valori, preferenze e bisogni espressi;

coordinamento e integrazione delle cure;

informazione, comunicazione e formazione;

comfort fisico;

supporto emotivo e aiuto a ridurre l’ansia e la paura;

coinvolgimento della famiglia e degli amici;

transizione verso differenti ambiti di cura.

Sulla scorta anche delle indicazioni fornite da una meticolosa indagine

bibliografica, Wensing e Grol (1998) propongono le seguenti strategie per

migliorare:

fornire al paziente informazioni e documentazione sull’operatività e i

risultati conseguiti dal servizio;

raccogliere informazioni presso i pazienti, al fine di ampliare il quadro

clinico (e anche la ricerca), ad esempio facendo compilare questionari

durante l’attesa;

preparare il paziente per l’assunzione delle decisioni, favorendo i

colloqui con personale specializzato e, se da lei/lui desiderato, gruppi di

auto aiuto;

effettuare indagini presso i pazienti per comprendere come sono giunti

a certe decisioni, quali fattori hanno considerato e che peso hanno loro

attribuito;

fornire al paziente materiale informativo valido, prima di accedere al

servizio, durante e alla dimissione. Va qui sottolineata l’esigenza di

43

“personalizzare” il più possibile il materiale sullo specifico contesto,

unità operativa, paziente, al fine di amplificarne l’efficacia;

introdurre processi di valutazione da parte dei molteplici soggetti

coinvolti: pazienti, familiari, volontari, operatori. Nonostante sia emerso

un certo rifiuto rispetto a tali processi ad eccezione dei contesti sanitari

impostati sulla competizione e quindi l’impegno ad attrarre pazienti, si

ribadisce l’importanza di conoscere la percezione circa i fattori in gioco

e i relativi risultati, proprio perché solo le diverse prospettive possono

favorire un quadro conoscitivo completo;

infine, ma forse innanzitutto, porsi come obiettivo costante il

miglioramento della relazione interpersonale medico-paziente (Poletti

2000, Casalone 2000, Autiero 2000).

Diviene prioritario quindi progettare un sistema non solo di ascolto ma di

interazione biunivoca tra sistema/operatori e cittadini/pazienti tale da rilevare nel

tempo le esigenze e le valutazioni di questi ultimi.

Fanno parte di questo sistema alcuni strumenti di valutazione, tra cui: indagini

tra i dipendenti, interviste telefoniche, focus group, monitoraggio strutturato dei

reclami, raccolta di informazioni post-servizio, indagini di customer satisfaction.

Quest’ultimo strumento rappresenta uno dei mezzi per raccogliere informazioni

sia sulle aspettative degli utenti, sia sulle percezioni degli stessi riguardo le

prestazioni ricevute.

Nello specifico, un’indagine di customer satisfaction permette alla struttura

sanitaria di raggiungere i seguenti obiettivi (Tanese, Negro, Gramigna, 2003):

realizzare un sistema informativo sulla qualità;

comprendere le aspettative dei cittadini;

capire come le prestazioni dell’azienda vengano percepite dai cittadini;

valutare se le prestazioni percepite raggiungono un livello considerato

accettabile per i cittadini:

quantificare gli scostamenti tra le aspettative e le percezioni dei

cittadini;

monitorare l’evoluzione delle aspettative dei cittadini nel tempo;

tenere sotto controllo le prestazioni dell’azienda erogatrice del servizio

e le eventuali criticità dello stesso;

valutare l’efficacia delle azioni correttive adottate;

44

coinvolgere il personale riguardo le criticità del servizio;

impostare un sistema premiante.

Va considerato che il cittadino/utente dei servizi sanitari ha delle esigenze

specifiche, poiché la patologia o comunque le diverse fasi della malattia che

attraversa, creano condizioni di vita e atteggiamenti diversi nei confronti del

servizio stesso.

Secondariamente, ma non per importanza, vanno considerati altri fattori, come

le caratteristiche individuali, le esperienze pregresse, i condizionamenti esterni,

che delineano un quadro piuttosto complesso in quello che è il processo di

comunicazione e relazione tra il cittadino e il servizio.

Quindi, le indagini sulla partecipazione o meno devono, da un lato offrire

indicazioni sulle diverse categorie del bisogno dell’individuo come persona,

dall’altro evidenziare le criticità della relazione utente-servizio (ad esempio

asimmetria comunicativa).

Lo scopo è quello di favorire la presa in carico del malato e la trasformazione

della dimensione relazionale da uno schema paternalistico del tipo “bambino-

genitore” ad un rapporto paritario “adulto-adulto” (Tanese, Negro, Gramigna,

2003), basato sulla condivisione delle informazioni.

In particolare, l’operatore deve superare l’atteggiamento passivo nella fase dell’

ascolto, non deve considerare la comunicazione con il cittadino semplicemente

come una delle mansioni da espletare e infine deve superare l’atteggiamento

reattivo in base al quale l’azitne di miglioramento viene attuata solo in risposta

ad una esplicita lamentela e o reclamo del cittadino.

Ciò che si richiede all’operatore sanitario è di sviluppare da un lato un

atteggiamento teso a valorizzare i bisogni e le esigenze del cittadino, in modo da

poter rendere il servizio più efficace ed efficiente, dall’altro l’attitudine proattiva,

focalizzata costantemente verso le esigenze dei cittadini e tale da anticiparne

l’esplicitazione del bisogno, in una parola si chiede di attuare una partnership con

il cittadino.

Il concetto di partnership o partecipazione rappresenta:

“uno dei principi che stanno alla base della riforma della P.A. italiana. La

partecipazione del cittadino al processo di erogazione dei servizi pubblici deve

essere sempre garantita per tutelare i suoi diritti e per favorirne la collaborazione

nei confronti dei soggetti erogatori. Il cittadino può produrre memorie e

45

documenti, prospettare osservazioni, formulare suggerimenti per il

miglioramento del servizio e i soggetti erogatori dei servizi pubblici devono

acquisire periodicamente le valutazioni degli utenti circa la qualità del servizio

reso. Il cittadino ha anche il diritto di partecipare al procedimento

amministrativo, sia accedendo a tutte le informazioni in possesso delle P. A. circa

i provvedimenti che lo riguardano e sia presentando memorie scritte e documenti

che le amministrazioni hanno l’obbligo di valutare ove siano pertinenti al

procedimento in oggetto” (Glossario tratto dal sito: www.apss.tn.it).

Più in generale il termine partnership, così come contenuto nella

Raccomandazione Siquas-VRQ2 relativa alla Parnership con i cittadini e gli altri

Stakeholders, significa:

«Condividere un percorso, ciascuno con le sue responsabilità, consapevoli che il

camminare insieme in modo sinergico consente di conseguire risultati migliori

per tutti».

La partecipazione del cittadino non deve tuttavia limitarsi all’episodio di cura ma

riguardare sia la partecipazione nella gestione dei servizi sanitari che la

partecipazione alla definizione dellendolitiche per la salute e la valutazione delle

stesse.

La Raccomandazione SIQuaS, Società Italiana per la Qualità nell’Assistenza

Sanitaria, sulla Partnership è composta da 14 punti:

1. Scopo della partnership

La partnership tra cittadini e servizi sanitari consente di assicurare un uso

appropriato dei servizi, livelli più elevati di efficacia, efficienza ed uso

parsimonioso delle risorse pubbliche.

2. Partner

Concorrono alle scelte ed al conseguimento dei risultati il Cittadino (che nel corso

della sua vita può diventare utente e paziente dei servizi), i familiari, i

collaboratori informali nella erogazione delle cure, le organizzazioni dei cittadini e

le associazioni di volontariato, i dirigenti e gli operatori dei servizi, i fornitori, la

comunità, i giornalisti.

3. Centralità del cittadino

2 La Siquas-VRQ è una società scientifica multidisciplinare e interprofessionale, fondata nel 1984, che persegue lo

sviluppo della cultura per la qualità nei servizi sanitari.

46

Il cittadino è il protagonista della propria vita (colui che sceglie, esperisce e

valuta), colui che tutela la propria salute e quindi deve essere coinvolto nei

processi di assistenza (prevenzione, diagnosi precoce, cura e riabilitazione) in

relazione alle proprie caratteristiche e decisioni. A tal fine devono essere utilizzati

metodi e strumenti che favoriscano il processo di empowerment. In particolare

debbono essere fornite conoscenze sulla salute ed i suoi determinanti ed

istruzioni per favorire un ruolo attivo nella prevenzione dei rischi.

Durante i processi di cura deve essere promosso l’approccio della “decisione

condivisa” tra clinico e cittadino utente ed il coinvolgimento nel piano di cura,

nella gestione del rischio clinico e nella dimissione attiva, affinché il paziente

acquisisca conoscenze e strumenti per la gestione della propria situazione al

rientro nel suo ambiente di vita.

4. Qualità percepita parte integrante del piano aziendale

La qualità percepita va considerata una dimensione produttiva della qualità e

pertanto deve essere pianificata, in modo integrato, nel piano aziendale della

qualità, implementata e valutata sistematicamente

- risorse,

- utilizzo risultati sondaggi,

- valutazione e misura risultati,

- interventi.

5. Orientare l’organizzazione dei servizi sanitari al cittadino utente

I processi di assistenza ed organizzativi vanno ridisegnati in forma partecipata

per assicurare la centralità del cittadino utente e rispettare la sua vita ed il suo

tempo:

- focalizzazione ed essenzialità,

- evidence based health care,

- interface management,

- percorsi assistenziali.

6. Familiari

I familiari e le altre persone importanti per la persona utente debbono essere

coinvolti nei piani assistenziali se desiderato dal paziente, secondo le loro

caratteristiche e potenzialità. Vanno chiaramente identificati i ruoli e le

47

responsabilità di ciascuno, al fine di non generare aspettative non compatibili

Vanno raccolte sistematicamente le opinioni dei familiari degli assistiti in

ospedale ed a domicilio per poter avviare progetti di miglioramento che

considerino anche il loro punto di vista.

7. Coinvolgimento delle organizzazioni dei cittadini e delle associazioni di

volontariato

Le organizzazioni dei cittadini e le associazioni del volontariato vanno coinvolte,

nel rispetto dei reciproci ruoli e responsabilità, nelle attività di progettazione,

organizzazione e valutazione delle attività per la qualità percepita nei piani e

programmi per il governo clinico, nella costruzione ed implementazione di linee

guida, nella diffusione della cultura della qualità, della prevenzione del rischio

clinico e dell’uso appropriato dei servizi.

8. Coinvolgimento della comunità

La comunità deve essere coinvolta nella gestione del sistema salute:

- identificazione delle priorità:

+ indagine popolazione,

+ forum, comitati consultivi misti,

- utilizzo e gestione delle informazione:

+ nei servizi ed internet,

+ manifestazioni pubbliche (conferenza dei servizi, mostre),

+ mass media,

- diffusione di risultati comparati su:

+ funzionamento servizi,

+ risultati,

- fornire feedback sui servizi:

+ ad esempio attraverso questionari in internet.

9. Coinvolgimento operatori e dirigenti

Operatori e dirigenti (system people) vanno coinvolti attraverso:

- sondaggi,

- politiche e strategie:piani e programmi,

- gestione della operatività nelle organizzazioni,

+empowerment,

48

+innovazione.

10. Metodi e strumenti

La scelta delle metodologie per “dare voce” agli stakeholder vanno scelte con

riferimento almeno a:

- prove di efficacia/letteratura,

- contesto,

- costo-beneficio.

11. Professionalità per la qualità percepita

La valutazione sistematica della percezione della qualità va effettuata da

professionisti con specifica competenza utilizzando approcci e metodologie

rigorosi, in forma integrata e sistemica rispetto ai diversi soggetti coinvolti. Va

garantito:

- che i risultati vengano finalizzati ad un piano di miglioramento,

- che vengano dedicate risorse adeguate,

- la formazione del personale,

- il coinvolgimento di tutti nella scelta di indicatori e standard.

Le rilevazioni della percezione e gli interventi per la qualità percepita richiedono

competenze afferenti a più discipline e quindi va previsto il contributo delle

diverse professioni nelle attività di rilevazione e miglioramento.

12. Formazione alla qualità percepita

La formazione per la qualità percepita va introdotta nei programmi di formazione

di base e permanente per tutti gli operatori della salute:

- finalità, fasi, metodi, ruoli e responsabilità,

- decisione condivisa,

- comunicazione interpersonale ed organizzativa.

13. Valutazione della partecipazione

Va introdotta la valutazione della “partecipazione” e del suo impatto in modo

sistematico con metodologie rigorose.

14. Ricerca

Va promossa la ricerca su:

49

a. Concetti e dimensioni della percezione di qualità: aspettative, priorità,

gradimento, partecipazione,

b. Metodi e strumenti di accertamento delle percezioni e del loro impatto,

c. Metodi di coinvolgimento e di informazione/educazione ed il loro impatto,

d. Indicatori, metodi e strumenti di valutazione del coinvolgimento.

1.3. Dalla partecipazione alle pratiche di autovalutazione e

confronto

Ai concetti di “partecipazione” e “empowerment” si affiancano di pari passo quelli

di valutazione, “employee” riferito all’autovalutazione dei dipendenti, e di

“benchmarking” riferito alle pratiche di confronto tra diverse aziende.

L’impulso a questi concetti è venuto dal Ddl 286/1999, che all’art. 4 impone a

tutte le amministrazioni di dotarsi, quali strumenti per il controllo di gestione, di

indicatori di efficienza, efficacia ed economicità.

Il percorso verso la qualità in sanità comporta l’opportunità, per le Regioni, di

impegnarsi nella razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse disponibili,

nell’adeguamento in termini di efficienza ed efficacia dei servizi sanitari regionali

in base alle specifiche esigenze del territorio e della sua popolazione.

Affinché risulti garantita l’effettività e l’universalità dei diritti civili e sociali (e

quindi dei LEA), la sanità dà sempre maggiore importanza a concetti come

l’equità di accesso, l’efficienza operativa, la partecipazione dei cittadini, e così

via.

Da ciò deriva la necessità di auto-valutarsi e di confrontarsi, per conoscere

esperienze innovative realizzate nelle diverse realtà ed eventualmente importabili

(Banchieri, 2005).

Questa crescente importanza dei processi di valutazione è da ricercare nei

seguenti motivi:

le crescenti difficoltà operative delle strutture sanitarie pubbliche e la

maggiore attenzione all’economicità dei processi di gestione hanno reso

necessaria l’introduzione di metodologie di controllo e auto-valutazione;

l’accresciuto livello di consapevolezza dei cittadini circa i propri diritti,

nel perseguimento degli obiettivi personali di salute e benessere psico-

fisico, si traduce in una domanda di salute assai sofisticata e nell’attesa

50

di soddisfazione dei bisogni attraverso la fruizione di servizi

personalizzati e di prestazioni sanitarie di qualità elevata;

il processo innescato nella direzione del federalismo sanitario pone con

urgenza la questione della garanzia di pari diritti tra tutti, e

dell’assicurazione di livelli di assistenza minimi uguali per tutti, di

conseguenza si pone una necessità di verifica sul territorio degli

standard di offerta, e al tempo stesso si crea l’esigenza di monitorare e

valutare per trovare standard e punti di riferimento stabili;

Gli obiettivi macro della valutazione si possono cosi sintetizzare:

verificare la razionalizzazione degli obiettivi prefissati, presupponendo

quindi un adeguato sistema di programmazione;

garantire la corretta ed economica gestione delle attività e dei processi,

rispettando la qualità dei servizi e delle prestazioni rese, con attenzione

particolare alla qualità percepita dai cittadini;

consentire valutazioni comparative;

fornire indicazioni utili, nell’ambito dell’autonomia organizzativa e

finanziaria delle Regioni e delle aziende sanitarie, per le opportune

verifiche del rispetto degli accordi e dei parametri stabiliti;

In parallelo a questa funzione di valutazione “istituzionale”, attualmente nel

sistema sanitario vengono effettuati sostanzialmente tre tipi di valutazione:

valutazione della qualità tecnico scientifica, affidata al mondo scientifico

professionale e caratterizzata da un crescente rigore metodologico

improntato alla logica dell’ evidence based medicine. Si tratta di studi di

outcome concernenti specifici interventi e strategie sanitarie riferite a

determinate patologie;

la valutazione della qualità organizzativa, svolta in modo prevalente da

professionisti manager e attinente ai processi di accreditamento

volontario e di certificazione ISO 9000 di strutture o singoli servizi

sanitari;

la valutazione della qualità percepita dagli utenti, effettuata tramite

diverse tecniche (customer satisfaction, focus group, audit civico ecc.)

Proprio in riferimento a quest’ultima va ricordato che a partire dagli indicatori

introdotti dal Ddl 502/1992, si è affermato il principio per cui la valutazione dei

51

servizi e delle prestazioni erogate implica la considerazione del punto di vista

dell’utente come dimensione necessaria e irrinunciabile.

Gli indicatori da sottoporre a misurazione riguardano soprattutto l’efficienza e

l’efficacia dei servizi, ma anche altri aspetti più complessi, come la competenza,

l’accessibilità e l’appropriatezza.

La questione delle variabili da utilizzare riveste un’importanza cruciale. In una

schematizzazione sintetica gli indicatori più significativi si possono schematizzare

nei seguenti punti (Banchieri, Monitoraggio in sanità, 2005):

indicatori di contesto, con riferimento alle caratteristiche del territorio e

dell’ambiente, il profilo socio-demografico della popolazione, gli stili di

vita, le condizioni di salute e le attese di vita, i fabbisogni sanitari

espressi, la qualità dei servizi attesa;

indicatori di input, riguardanti le risorse del sistema, tutti i fattori messi

a disposizione dalla programmazione dell’assistenza sanitaria di base,

territoriale, ospedaliera, residenziale, farmaceutica;

indicatori di processo, relativi alla domanda di salute rilevata, le

attività, le procedure organizzative, i metodi, i percorsi diagnostico-

terapeutici, i costi e i livelli di spesa;

indicatori di output (risultati), dalle performance riferite a esiti

intermedi alla qualità percepita;

indicatori di outcome (impatto), con riferimento agli esiti finali e

all’impatto degli interventi e delle strategie sanitarie.

Al momento le esperienze più numerose e significative riguardano le indagini

sulla qualità percepita.

La valutazione della qualità dal punto di vista dell’utente ha assunto una

rilevanza crescente in tutti i processi di rapporto con i servizi pubblici, e quelli

sanitari in particolar modo, e questo spiega la propensione a considerare i livelli

di soddisfazione come una variabile strategica della valutazione delle prestazioni

del SSN e come una dimensione essenziale negli interventi sui processi

organizzativi tesi al miglioramento della qualità dei servizi sanitari.

52

1.4. La qualità in ambito sanitario

E’ necessario partire da una premessa fondamentale: esistono molti modi per

definire un concetto ed è proprio con lo scopo di voler mettere in evidenza alcune

diverse declinazioni del termine qualità (Gardini, 2004) che ci si appresta a

ripercorrerne l’iter.

La prima definizione di qualità in sanità appare nella letteratura medica nel 1933

ad opera di Lee e Jones (TQM-RRVF Total Quality Management Rotary

Recreational and Vocational Fellowship, 2002) che definiscono la qualità

dell’assistenza come “l’applicazione di tutti i servizi della moderna medicina

scientifica necessari ai bisogni della popolazione“.

Avedis Donabedian, considerato uno dei massimi teorici della gestione della

qualità delle cure, nel 1980 ha puntato l’attenzioal sulla qualità come la capacità

di fare qualcosa definendo la qualità dell’assistenza medica come “La capacità

attesa di raggiungere i più grandi benefici netti possibili in base alle valutazioni

degli individui e della società”.

Nel 1986 la norma ISO- 8402 definisce la qualità come:

“…la totalità delle caratteristiche di un’entità che si fondano sulle sue capacità di

soddisfare dei bisogni predefiniti e impliciti”; alcuni anni dopo Klazinga (Klazinga,

1996) studiando il lavoro di Harris-Wehling (Harris-Wehling, 1990) ha costruito,

partendo da 100 definizioni descritte nella letteratura inglese, una definizione

integrata di qualità dell’assistenza sanitaria che indica:

“…il grado in cui i servizi sanitari per gli individui e le popolazioni aumentano la

probabilità di raggiungere i risultati desiderati in termini di salute e sono coerenti

con le migliori conoscenze professionali”.

Ancora, Ovretveit nel 1992 la definisce come “Completo soddisfacimento dei

bisogni di coloro che hanno bisogno di più al minor costo per l’organizzazione

all’interno dei limiti e delle indicazioni stabilite dalle istituzioni e dai richiedenti”.

Da questa brevissima disamina emerge come il termine qualità, pur esprimendo

un concetto unificante, non possa essere definito una volta per tutte.

Particolarmente utili, ai fini di questo lavoro, appaiono le tre dimensioni della

qualità alle quali Di Stanislao e Liva fanno riferimento (Di Stanislao e Liva,

1996):

qualità manageriale: direzione, strutture, attrezzature, informazione,

formazione, valutazione e miglioramento;

53

qualità tecnica: procedure tecniche per discipline cliniche e procedure di

supporto quali gestione dei farmaci, aspetti alberghieri, pulizia, igiene,

ecc.;

qualità percepita: sicurezza e soddisfazione degli operatori, diritti e

soddisfazione dei pazienti.

Fig. 5 – Le tre dimensioni della qualità dell’assistenza sanitaria

Focarile (1998) individua più analiticamente come contenuti della qualità

dell’assistenza in riferimento al modello della JCHA (USA):

Accessibilità: capacità di assicurare le cure appropriate a coloro che ne

hanno bisogno;

Appropriatezza: grado di utilità dell’assistenza rispetto al problema

clinico ed alle conoscenze;

Competenza: livello di applicazione delle conoscenze scientifiche, delle

abilità professionali e delle tecnologie disponibili;

Continuità: grado di integrazione nel tempo tra diversi operatori e

strutture sanitarie che hanno cura dello stesso soggetto o di un gruppo

di soggetti;

Efficacia attesa: capacità potenziale di un intervento di modificare in

modo favorevole le condizioni di salute dei soggetti ai quali è rivolto;

Efficacia pratica: risultati ottenuti dall’applicazione di routine

dell’intervento;

Efficienza: capacità di raggiungere risultati in termini di salute con il

minor impegno di risorse possibile;

54

Qualità dell’assistenza sanitaria

Qualità manageriale(riguarda il sistema di

gestione)

Qualità tecnica(riguarda l’area del

governo clinico)

Qualità percepita(riguarda l’aspetto dell’umanizzazione)

Sicurezza: grado in cui l’assistenza erogata pone il paziente e gli

operatori nel minor rischio;

Tempestività: grado in cui l’intervento più efficace è offerto al paziente

nel momento in cui gli è di massima utilità;

Umanizzazione: livello di rispetto della cultura e dei bisogni individuali

del paziente anche per ciò che riguarda l’informazione e la qualità del

servizio.

In particolare è sulla dimensione della qualità percepita che si vuole puntare

l’attenzione poiché pone al centro del sistema la persona, considerata sia come

cittadino/paziente che come operatore.

La qualità percepita è legata allo stato di salute “vissuto dalla persona” e dei

comportamenti di salute ad esso correlati, riguarda la percezione che il

cittadino/paziente sviluppa riguardo le prestazioni erogate dagli operatori; più

specificatamente la qualità relazionale-percepita connota la relazione con l’utente

fruitore dei servizi il quale, di conseguenza, perviene ad una sua “percezione” dei

servizi offerti (Poletti, 2005).

Quindi mentre la qualità reale fa riferimento alle prestazioni così come vengono

effettivamente erogate al contrario la qualità percepita rappresenta il modo in cui

i cittadini/utenti percepiscono le proprietà e le caratteristiche di un prodotto e/o

di un servizio. Essa dipende dalle aspettative coscienti (espresse o implicite) e

dalle supposizioni inconsce: gli utenti sono insoddisfatti quando la loro

esperienza del servizio è inferiore alle loro aspettative o supposizioni (Glossario

della qualità e dell’accreditamento Cinotti R. e all., 2005).

La diffusione della cultura della qualità, quale processo permanente di confronto

per il miglioramento, per misurare le performance e criticità del sistema

attraverso i raggiunti livelli di customer satisfaction e di employee, diviene

gradualmente un elemento fondante di una cultura gestionale e clinica.

Si ritiene particolarmente interessante il contributo offerto nel 2003 dalla

SIQuAS-VRQ che, a vent’anni dalla sua fondazione (1984), ha proposto a tutti gli

attori del sistema sanitario la “Carta di Portonovo”, documento contenente dodici

principi tesi alla promozione del miglioramento verso l’eccellenza:

1. Centralità della persona. Progettare e realizzare le attività e i servizi

sulla base dei bisogni del singolo e della comunità.

55

2. Etica e Equità. Rispettare i principi universali a tutela della dignità della

persona. Garantire che i cittadini abbiano pari opportunità di accesso a

servizi di uguale qualità.

3. Condivisione, Coerenza e Uniformità. Sviluppare le attività in un

sistema integrato e coerente basato su criteri e standard espliciti e

riconosciuti.

4. Valutazione. Valutare sistematicamente i risultati delle attività

attraverso l’utilizzo di indicatori di processo e di esito.

5. Apertura, Trasparenza e Collaborazione. Confrontare e scambiare

informazioni ed esperienze in un clima di collaborazione e di supporto

reciproco.

6. Efficacia e Appropriatezza. Realizzare interventi basati su prove di

efficacia e secondo criteri di appropriatezza. Riferire ogni azione clinica

e organizzativa ai dati e al metodo scientifico.

7. Sicurezza. Promuovere la cultura della sicurezza, prevenire gli eventi

avversi e realizzare un ambiente sicuro. Individuare e ridurre i rischi e

le possibili cause di errore.

8. Efficienza. Utilizzare con responsabilità le risorse disponibili.

9. Integrazione e Continuità assistenziale. Promuovere la collaborazione

fra discipline, professioni, organizzazioni e istituzioni secondo modalità

esplicite e condivise.

10. Informazione, Comunicazione e Partecipazione. Garantire

l’informazione e la comunicazione con il paziente, i cittadini e i

professionisti.Favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte e

diffondere la cultura scientifica sull’efficacia degli interventi

11. Innovazione e Creatività. Stimolare la ricerca di soluzioni innovative e

sostenere il cambiamento.

12. Competenza e Formazione. Considerare la formazione continua come

parte integrante della professione e dell’organizzazione. Adeguare

competenze, conoscenze e abilità agli obiettivi delle professioni e delle

organizzazioni.

56

1.5. Gli indicatori di qualità in sanità

Tre sono i parametri (Banchieri, Monitoraggio in sanità, 2005) secondo cui

valutare il sistema sanitario:

l'efficienza (definita come rapporto prestazioni/risorse o output/input),

relativa all'impiego economico delle risorse nel processo produttivo

l'efficacia (salute/prestazioni o outcome/output), che misura invece il

contributo dei servizi sanitari al miglioramento dello stato di salute

l’ appropriatezza, corrisponde all’erogazione di una prestazione

sanitaria nel contesto assistenziale che consente il migliore utilizzo delle

risorse.

L'efficienza è misurata dal numero di prestazioni realizzate da un'unità di fattore

produttivo impiegato (ad es. numero di visite per ora di lavoro medico, numero

di ricoveri annui per posto letto), l'efficacia dal miglioramento di salute in seguito

al consumo di una prestazione sanitaria (ad es. progresso dal coma alla piena

coscienza dopo un intervento chirurgico, riduzione del tasso di infezione per un

trattamento antibiotico) mentre l’appropriatezza si riferisce al corretto uso del

livello assistenziale ospedaliero per la soluzione del problema presentato dal

paziente.

Un sistema ideale non dev'essere né solo efficiente, né solo efficace, né solo

appropriato ma offrire una giusta combinazione delle tre dimensioni.

Al fine di ottenere un sistema di valutazione in grado di verificare se i benefici

conseguiti siano congruenti con i costi sostenuti e, quindi, se gli sforzi volti a

migliorare l’efficienza e l’efficacia del servizio offerto al paziente abbiano

raggiunto i risultati desiderati, è necessario costruire un insieme di indicatori in

grado di rilevare i diversi fenomeni da tenere sotto osservazione.

Il sistema degli indicatori deve essere finalizzato ad assistere i processi

decisionali:

a livello locale, evidenziando le aree critiche da sottoporre ad ulteriori

analisi specifiche od orientando l’identificazione e l’attuazione di

eventuali provvedimenti correttivi;

a livello regionale e centrale, consentendo la verifica dei criteri adottati

per orientare la programmazione sanitaria e l’allocazione delle risorse.

57

Occorre chiarire la terminologia utilizzata riguardante fattori, indicatori e

standard di qualità:

a) Fattori di qualità: sono gli aspetti rilevanti per la percezione della qualità del

servizio da parte del paziente/cittadino (semplicità di prenotazione di una visita,

tempestività per prenotare una visita). I fattori possono essere rappresentati da

aspetti oggettivi (qualitativi o quantitativi) o soggettivi, rilevabili cioè solo

attraverso la raccolta della percezione dell’utenza.

b) Indicatori di qualità: sono variabili quantitative o parametri qualitativi che

registrano un certo fenomeno, ritenuto appunto “indicativo” di un fattore di

qualità. Sono, quindi, misura delle prestazioni del servizio che si riferiscono ai

singoli fattori di qualità: ad ogni fattore di qualità (tempestività per prenotare

una visita) possono corrispondere più indicatori (tempo di attesa per la

prenotazione, tempo tra la prenotazione e la visita, ecc.).

Gli indicatori di qualità del servizio possono essere di diversi tipi:

indicatori di struttura, derivanti dalle rilevazioni periodiche sullo stato

delle strutture fisiche e delle procedure;

indicatori di processo, derivanti da misure o valutazioni effettuate in

continuo sullo svolgimento delle attività;

indicatori di esito, che, nel caso della qualità del servizio, assumono la

forma di indicatori di soddisfazione degli utenti, derivanti da valutazioni

degli utenti raccolte con appositi strumenti.

c) Standard di qualità: sono i valori attesi per determinati indicatori.

Rappresentano quindi gli obiettivi di qualità delle prestazioni, che diventano, una

volta resi pubblici, i livelli di servizio promessi; tali standard si distinguono in

generali e specifici.

standard generali rappresentano obiettivi di qualità che si riferiscono al

complesso delle prestazioni rese e sono espressi in genere da valori

medi statistici degli indicatori o dalla percentuale di successo attesa

rispetto allo standard specifico (numero di Aziende Sanitarie con centro

telefonico di prenotazione: 20% del totale delle Aziende Sanitarie nella

Regione – standard generale).

standard specifici si riferiscono invece a ciascuna delle singole

prestazioni rese al paziente, che può verificarne direttamente il

rispetto, e sono espressi in genere da una soglia massima o minima

58

relativa ai valori che l’indicatore può assumere (massimo numero di

giorni per ottenere una visita).

1.6. Le metodologie di approccio alla qualità

Partendo da quanto evidenziato nella Figura 5, si vogliono a questo punto

analizzare le diverse metodologie di approccio alla qualità; per maggiore

chiarezza espositiva si riporta il seguente schema riassuntivo nel quale, per

ognuno dei tre approcci, sono elencate le metodologie possibili.

Approccio Tecnico-Professionale

Medical e clinical audit

Il Medical e Clinical Audit è un approccio sistematico, formalizzato e volontario di

valutazione e miglioramento della qualità dell’assistenza, sviluppato nei paesi

anglosassoni a partire dagli anni ‘70.

Esso si basa sulla revisione retrospettiva della pratica professionale con

l’obiettivo di individuare possibili cambiamenti.

Si può distinguere fra medical audit, limitato solo agli aspetti medici e clinical

audit, quando si prendono in considerazione anche aspetti strutturali, di processo

e di esito, relativi alle diverse componenti della pratica professionale, compresa

quella infermieristica.

La valutazione si struttura come un processo ciclico, l’audit cycle, che può essere

riassunto nei seguenti quattro punti:

59

Approccio tecnico-professionale: medical e clinical audit, miglioramento continuo della qualità (quality assurance, VRQ), accreditamento professionale, linee guida ed evidence based medicine

Approccio organizzativo gestionale: total quality management, certificazione di qualità (ISO 9000), common assessment framework (CAF), accreditamento autorizzativo e requisiti minimi di qualità, accreditamento all’eccellenza

Approccio partecipativo: APQ

1) definizione dei criteri di buona qualità delle cure,

2) raccolta dei dati di attività,

3) confronto della performance con i criteri predefiniti ed individuazione

degli scostamenti,

4) introduzione dei cambiamenti clinici ed organizzativi necessari per

migliorare la qualità.

Il medical audit non ha un approccio globale al servizio, ma focalizza l’attenzione

su aspetti di volta in volta diversi dell’assistenza sanitaria, individuati sia a livello

territoriale che ospedaliero.

L’ attenzione di quest’ approccio verso gli aspetti territoriali e ospedalieri

sottolinea l’interesse nei confronti della partecipazione e dello scambio con il

cittadino; infatti, considerato che il fine ultimo rimane quello del miglioramento

della qualità delle cure fornite al paziente e visto che una delle aree all’ interno

delle quali si compie medical e clinical audit riguarda la soddisfazione del

paziente, allora è ben evidente l’importanza che assume il punto di vista di

quest’ultimo.

Hughes e Humphrey (1990) hanno individuato, con riferimento all’attività dei

medici di medicina generale, nove diverse aree all’interno delle quali si esprime

un’attività di medical audit:

analisi della attività medica (practice activity analysis),

studio di casi (case studies),

analisi dei protocolli (disease and process audit),

soddisfazione del paziente (seeking patients’ view),

sistema informativo (service indicators and the use of routinaly

available information),

lavorare in un gruppo di pari (working in peer groups),

visita di altre condotte mediche (practice visiting),

compilazione del rapporto annuale (practice annual reports),

attività di prevenzione e ruolo di facilitatore.

Ciascuna delle nove aree cerca di dare una risposta ad uno dei seguenti problemi

metodologici che il medical audit si trova ad affrontare:

descrizione dell’attività clinica,

misurazione dell’attività clinica,

modalità per la raccolta delle informazioni necessarie alla valutazione,

60

esposizione dei risultati della valutazione,

ruolo del valutatore

Quality Assurance (QA), Verifica e Revisione della Qualità (VRQ), Miglioramento

Continuo della Qualità (MCQ)

L’audit cycle contiene elementi che vengono ripresi dalla Quality Assurance (QA)

o Verifica e Revisione della Qualità (VRQ), come comunemente viene definita in

Italia.

La QA si è sviluppata originariamente negli Stati Uniti. Consiste essenzialmente

in un processo formalizzato e sistematico volto a misurare il livello qualitativo

delle cure mediche, identificare gli eventuali problemi esistenti, disegnare le

attività capaci di risolverli, verificare nel tempo che le azioni correttive siano

efficaci.

In Italia il metodo viene introdotto nel 1984 dalla Società Italiana di VRQ.

Le principali fasi operative di un modello di VRQ sono riassumibili nella cosiddetta

“spirale della qualità”:

identificazione dei problemi da sottoporre a valutazione,

selezione delle priorità,

selezione della metodologia più appropriata per determinare le

dimensioni di ogni problema,

elaborazione di criteri e standard per misurare e comparare aspetti

della realtà valutata,

individuazione delle carenze confrontando la realtà esistente con ogni

criterio e standard,

individuazione delle azioni necessarie per eliminare le carenze,

rivalutazione delle cure, dopo un adeguato intervallo di tempo per

verificare se le carenze sono state effettivamente corrette.

Il Miglioramento Continuo della Qualità (MCQ) sostituisce i precedenti

“Assicurazione della Qualità” e “Verifica e revisione della Qualità” (Morosini,

Perraro, 1999).

Con MCQ si indica un insieme di attività dirette a tenere sotto controllo e a

migliorare i processi e gli esiti. Fanno parte di un sistema MCQ l’effettuazione di

progetti MCQ, il monitoraggio di processi e di esiti importanti, mediante un

sistema di indicatori, lo sviluppo o l’adattamento e l’aggiornamento di procedure

61

organizzative e di linee guida professionali e la verifica della loro applicazione, la

partecipazione a programmi di accreditamento o di certificazione.

Un progetto MCQ parte dall’identificazione di un problema di qualità ed arriva

all’accertamento dei miglioramenti introdotti.

Questi approcci costituiscono parte essenziale di ogni operatore dei servizi

sanitari che si prende cura di un paziente; quindi, sia la VRQ che il MCQ si

identificano praticamente con il soddisfacimento dei bisogni dei singoli e della

collettività nel campo della salute. Quindi, anche in questi approcci è

rintracciabile un legame di partecipazione con il cittadino.

Accreditamento Professionale

L’accreditamento professionale può essere sinteticamente definito come un

meccanismo di valutazione esterna tra pari (peer review), per accertare il grado

di corrispondenza a set di indicatori di qualità (Scriven, 1995).

L’accreditamento professionale ha un carattere fortemente partecipativo e si

propone quasi come un’attività di autoregolazione.

La valutazione può essere effettuata tra pari o da un’agenzia indipendente, ma i

valutatori sono sempre professionisti della sanità. L’accreditamento professionale

si pone come obiettivo finale il miglioramento continuo, attraverso una logica di

apprendimento organizzativo che coinvolge tutti i professionisti di una

determinata struttura.

I sistemi di accreditamento professionale, pur perseguendo tutti una finalità di

miglioramento continuo e di ricerca dell’eccellenza, si differenziano fra loro per le

logiche di valutazione seguite, per la scelta delle dimensioni da tenere sotto

osservazione, per la definizione di criteri ed indicatori, per il sistema di

misurazione adottato.

I sistemi di accreditamento professionale sono strettamente correlati

all’accreditamento all’eccellenza, di cui si parlerà più avanti.

I principali metodi di accreditamento sono:

JCAHO, Sistema di accreditamento Statunitense: oggetto della

valutazione sono il miglioramento della qualità e dell’efficienza del

servizio, con lo scopo di individuare le aree di debolezza

dell’organizzazione sanitaria, consentendo di porvi rimedio e di

riallocare le risorse in modo efficiente.

62

CCHFA, Sistema di accreditamento Canadese: l’unità di osservazione è

il processo di cura sull’utente e non il funzionamento del reparto. Il

metodo pone l’attenzione sull’integrazione e sulla continuità del

processo di cura, dall’accesso alla dimissione.

ACHS, Sistema di accreditamento Australiano: dà rilievo all’esperienza

individuale complessiva del paziente all’interno dell’ospedale. I criteri e

gli indicatori sono stati concepiti come supporto alle strutture sanitarie

nel fornire al paziente una cura di qualità elevata in modo efficace ed

efficiente.

Tutti questi sistemi di accreditamento hanno in comune set di indicatori chiave

tesi a evidenziare alcmpi concetti tra cui il coinvolgimento e la cura del paziente,

l’importanza dei diritti del paziente, la percezione della cura da parte dei pazienti

che concorrono a sottolineare quindi il forte legame tra l’approccio di riferimento

e il cittadino/utente.

Linee guida ed Evidence Based Medicine

Le linee guida e l’evidence based medicine (EMB) sono strumenti ideati, in primo

luogo, per aiutare il medico nel prendere le decisioni e per migliorare gli esiti

delle cure; inoltre, sono strumenti per valutare la good practice ed il

comportamento professionale nella pratica clinica.

Le linee guida sono costituite da un insieme di indicatori riferiti a specifici

problemi clinici, sono elaborati da un gruppo di pari dopo attenta revisione della

letteratura esistente, allo scopo di aiutare la decisione medica e di ridurre l’alta

variabilità dei comportamenti.

La progettazione, lo sviluppo, l’implementazione di una linea guida deve

rispettare (Maciocco, 1997):

validità: le linee guida si basano sulla corretta interpretazione delle

evidenze disponibili;

costo-efficacia: le linee guida portano ad un miglioramento della salute

a costi accettabili;

riproducibilità: una linea guida è riproducibile quando, un’altra linea

guida basandosi sulle stesse evidenze, conduce ad analoghe

raccomandazioni;

63

affidabilità: una linea guida è affidabile quando nelle stesse condizioni

cliniche un altro gruppo di medici le applica in maniera simile;

applicabilità clinica: lo sviluppo di una linea guida avviene con il

contributo di tutte le discipline chiave e degli stessi utenti;

flessibilità clinica: le linee guida specificano quali sono le eccezioni

rispetto alle raccomandazioni ed indicano in quali circostanze le

preferenze dei pazienti devono essere prese in considerazione;

chiarezza: le linee guida usano un linguaggio chiaro, che ne facilita

l’uso nella pratica clinica;

documentazione meticolosa: le linee guida indicano chiaramente i

partecipanti, gli obiettivi ed i metodi; collegano le raccomandazioni con

le evidenze disponibili;

tempi di revisione: le linee guida contengono i tempi e le modalità con

cui esse de lno essere sottoposte a revisione;

monitoraggio di utilizzazione: le linee guida indicano il modo in cui

viene verificata l’adesione alle raccomandazioni.

Da notare che tra le condizioni che lo strumento delle linee guida deve rispettare

c’è la flessibilità clinica, in cui ampio spazio e partecipazione viene dato al ruolo

del paziente, chiamato ad esporre le proprie preferenze.

Il tema delle linee guida è oggetto di ampio dibattito. Attualmente in Italia c’è la

tendenza a favorire una produzione a livello nazionale, piuttosto che in ambito

locale.

I critici delle linee guida sostengono l’inapplicabilità delle stesse nella pratica

clinica, in quanto il malato è un unicum e di conseguenza il comportamento

medico non può che essere altamente variabile.

Approccio Organizzativo Gestionale

Total Quality Management (TQM)

La qualità totale è nata e si è sviluppata in Giappone, dove è considerata un

elemento chiave per il successo di ogni attività produttiva.

Il TQM vuole giungere al controllo degli aspetti organizzativi (qualità

programmata e qualità erogata) e dei rapporti con l’utente (qualità prevista e

qualità percepita).

64

Un importante contributo di promozione della qualità totale, in Europa, è fornito

dall’ European Foundation for Quality Management (EFQM).

L’ EFQM è nato da una fondazione con sede a Bruxelles, istituita dalle principali

ditte industriali europee; si occupa principalmente dell’assistenza alle

organizzazioni che operano nella logica del miglioramento continuo della qualità e

del supporto ai dirigenti di tali organizzazioni per accelerare la diffusione del

Total Quality Management.

Il modello EFQM, a differenza dell’attuale sistema ISO 9000, dà peso ai risultati

conseguiti e non solo in termini di soddisfazione dei clienti. La logica che sta a

cuore al modello EFQM è riassumibile in Risultati, Approccio, Dispiegamento,

Accertamento, Revisione (RADAR):

Risultati significa che un organizzazione deve determinare i risultati

raggiunti, in termini sia di prodotti ed in sanità anche di esiti, sia

finanziari, sia di percezione da parte dei cittadini e dei dipendenti;

Approccio indica che l’organizzazione deve pianificare e sviluppare un

insieme integrato di approcci validi per raggiungere i risultati attesi;

Dispiegamento significa che deve mettere in atto gli approcci suddetti

in modo sistematico e completo;

Accertamento e revisione indicano il monitoraggio, la verifica e l’analisi

dei risultati ottenuti, in un atteggiamento di apprendimento continuo.

È importante considerare che il Modello di Eccellenza EFQM non produce alcuna

soluzione, ma fornisce sia ai direttori sanitari che ai medici specialisti la

piattaforma per creare le proprie soluzioni in relazione alle questioni ed ai

problemi che si trovano ad affrontare.

L’ EFQM dà un forte impulso alla partecipazione dei cittadini; vuole avere una

continua attenzione sui clienti, una continua attenzione sui pazienti, vuole essere

chiaro e costante relativamente l’aspetto della leadership, vuole gestire

l’organizzazione tramite processi e fatti, vuole sviluppare e coinvolgere le

persone nella creazione di un’organizzazione efficiente ed efficace. Vuole

determinare un programma di apprendimento continuo, in modo da innovare

quanto creato, ovviamente vuole stabilire delle partnership efficaci, ed infine

vuole essere responsabile nei confronti del pubblico cui vengono rivolti i servizi.

65

Fig. 6 –Il modello EFQM -

Certificazione UNI EN ISO 9000

Le ISO 9000 (International Standards for Organizations) sono norme di

applicazione generale che possono essere adattate a tutti i settori produttivi di

beni e servizi e sono utilizzate quando esiste la necessità di dimostrare la propria

capacità di progettazione e fornitura di un prodotto conforme.

I requisiti di tali norme si basano sul rispetto di procedure predefinite così da

poter ridurre drasticamente i rischi di non conformità.

I sistemi qualità ispirati alla norma ISO sono molto diffusi nelle aziende di

produzione dei beni.

Le norme ISO hanno il pregio di consentire una definizione precisa dei ruoli e

delle relative modalità di comunicazione ed integrazione, riducendo i costi della

“non qualità” e migliorando il servizio reso (Baraghini, Capelli, 1997).

Un’altra caratteristica importante delle norme ISO riguarda la possibilità di

integrazione con altri sistemi quale ad esempio il MCQ. In questo senso il sistema

qualità ispirato alle ISO 9000 può essere considerato una prima importante tappa

di avvicinamento al più complesso sistema della qualità totale.

66

Queste norme sono state pensate per tenere sotto controllo i sistemi aziendali

indirizzandoli alla soddisfazione del paziente; ancora una volta, torna in evidenza

il ruolo della qualità, o meglio dell’esito, del prodotto /servizio finale in relazione

a coloro che dovranno utilizzarlo e/o usufruirne.

La predisposizione di un sistema qualità ispirato alle norme ISO 9000 richiede un

periodo di addestramento lungo ed anche in funzione del livello di qualità iniziale

dell’organizzazione e della complessità della struttura.

Il sistema descrive le procedure adottate e ne verifica l’applicazione mentre la

certificazione è il riconoscimento ufficiale operato da un ente terzo di ciò che è

stato codificato.

E’ facile immaginare come l’applicazione delle norme ISO in ambiente sanitario

comporti difficili, anche se non impossibili, problemi di adattamento.

Le norme ISO 9000 sono state oggetto di critica poiché si concentrano troppo sul

controllo di processo e troppo poco sul miglioramento di qualità e sulla

valutazione dei risultati.

Common Assessment Framework

Il Common Assessment Framework (CAF – Griglia Comune di Autovalutazione) è

uno strumento di Total Quality Management ispirato al modello di eccellenza

EFQM della European Foundation for Quality Management (EFQM) e dal modello

Speyer della German University of Administrative Sciences. Il CAF si fonda sul

principio che risultati eccellenti relativi alla performance organizzativa, ai

cittadini/clienti, al personale, e alla società si ottengono attraverso una

leadership che guidi le politiche e le strategie, la gestione del personale, delle

partnership, delle risorse e dei processi. Il CAF considera l’organizzazione da

diversi punti di vista contemporaneamente secondo l’approccio olistico di analisi

delle performance organizzative.

Il CAF è il risultato della cooperazione tra i Ministri responsabili delle funzioni

pubbliche dell’Unione Europea. E’ stato sviluppato sotto l’egida dell’ IPSG

(Innovative Public Services Group), un gruppo di lavoro di esperti nazionali

istituito dai Direttori Generali (DG) delle funzioni pubbliche allo scopo di

promuovere attività di scambio e cooperazione in materia di politiche innovative

di modernizzazione del settore pubblico negli Stati Membri.

Il CAF si presenta come uno strumento di facile utilizzo che assiste le

organizzazioni del settore pubblico in Europa nell’uso di tecniche di gestione della

67

qualità finalizzate al miglioramento delle performance. Il CAF consiste in una

griglia di autovalutazione che è concettualmente simile ai principali modelli di

TQM, all’EFQM in particolare, ma è concepito specificamente per le organizzazioni

del settore pubblico di cui prende in considerazione le peculiarità.

I dati che seguono rappresentano i risultati di un’indagine (Vernero, 2007) che

ha confrontato i tre modelli, EFQM, ISO e CAF, riguardo una serie di items, tra

cui:

personale,

partnership e risorse,

risultati relativi ai clienti,

risultati relativi al personale.

1 - Personale

EFQM contiene:

Le risorse umane vengono pianificate, gestite e migliorate,

Le conoscenze e competenze professionali delle persone vengono

identificate, sviluppate e sostenute,

Le persone vengono coinvolte e responsabilizzate nel prendere

iniziative,

Viene curata la comunicazione all’interno dell’organizzazione,

Le persone vengono premiate, tenute in considerazione e vedono

riconosciuto il proprio lavoro.

CAF contiene:

Valutazione: Considerare l’evidenza di quanto l’organizzazione sta facendo per:

Pianificare, gestire e migliorare le risorse umane in modo trasparente in

linea con le strategie e la pianificazione.

Identificare, sviluppare ed utilizzare le competenze del personale

allineando gli obiettivi individuali e dell'organizzazione.

Coinvolgere il personale attraverso il dialogo aperto e la

responsabilizzazione

ISO contiene:

68

ISO 9001: risorse umane. Generalità,

ISO 9004: coinvolgimento del personale,

ISO 9001 e 9004: competenza, consapevolezza e addestramento,

ISO 9001 e 9004: comunicazione interna.

2 - Partnerhip e Risorse

EFQM contiene:

(come) Le partnership esterne vengono gestite,

(come) Le risorse finanziarie vengono gestite,

(come) Immobili, attrezzature e materiali vengono gestiti,

(come) La tecnologia viene gestita,

(come) Le risorse informative e le conoscenze vengono gestite.

CAF contiene:Valutazione: Considerare l’evidenza di quanto l’organizzazione sta facendo per:

sviluppare e implementare le relazioni chiave di partnership,

sviluppare e implementare partnership con i cittadini/clienti,

gestire le risorse finanziarie,

gestire le informazioni e la conoscenza,

gestire la tecnologia,

gestire le infrastrutture.

ISO contiene:ISO 9004: -responsabilità della direzione. Introduzione,

-esigenze e aspettative delle parti interessate,

-elementi in entrata per il riesame,

-fornitori e partner,

-risorse economico finanziarie.

ISO 9001 e 9004: infrastrutture 6.4 ambiente di lavoro.

ISO 9001 e 9004: analisi dpe dati.

3 - Risultati relativi ai clienti

EFQM contiene:

Misure di percezione,

69

Indicatori di performance.

CAF contiene:

Valutazione: Considerare quali risultati l’organizzazione ha raggiunto nel suo

sforzo di soddisfare le esigenze e le aspettative dei clienti e dei cittadini

attraverso:

Risultati della misurazione del grado di soddisfazione dei

clienti/cittadini,

Indicatori di misurazione dell'orientamento ai clienti/cittadini.

ISO contiene:

ISO 9001: soddisfazione del cliente,

ISO 9004: monitoraggio e misurazioni della soddisfazione del cliente.

4 - Risultati relativi al personale

EFQM contiene:

Misure di percezione,

Indicatori di performance.

CAF contiene:

Valutazione: Considerare quali risultati l’organizzazione ha raggiunto nel suo

sforzo di soddisfare le esigenze e le aspettative del suo personale attraverso:

Risultati della misurazione del grado di soddisfazione e motivazione del

personale,

Indicatori dei risultati relativi al personale.

ISO non fa riferimenti al riguardo.

Accreditamento Autorizzativo e Requisiti Minimi

Il concetto di accreditamento è stato introdotto per la prima volta in Italia con il

D.Lgs n. 502/92. L’accreditamento va inteso come la volontà di garantire una

verifica ed un monitoraggio delle strutture che forniscono prestazioni nell’ambito

del SSN.

70

Fino al 1996 l’accreditamento è stato automaticamente riconosciuto per le

strutture pubbliche o private con un precedente rapporto di convenzione con il

SSN.

Con la pubblicazione del DPR 14.01.1997, che definisce i requisiti minimi

strutturali, tecnologici, organizzativi, le strutture di nuova realizzazione devono

da subito attenersi ai requisiti specificati, così pure quelle che attuano

ampliamenti o modifiche.

Le altre strutture devono adeguarsi entro un massimo di cinque anni.

Sono interessate tutte le strutture sanitarie, da quelle che erogano prestazioni in

regime di ricovero, a ciclo continuativo e/o diurno, a quelle di assistenza

specialistica in regime ambulatoriale, che erogano prestazioni riabilitative, di

diagnostica strumentale e di laboratorio, a quelle che operano in regime

residenziale.

Accreditamento all’eccellenza

Le metodologie appartenenti al gruppo MCQ e TQM operano nell’ottica

dell’accreditamento all’eccellenza, in quanto tendono ad implementare un

sistema dinamico ed un miglioramento continuo della qualità, sia pure con

metodologie e livelli in parte diversificati.

Una necessaria distinzione va operata tra “accreditamento istituzionale” ed

“accreditamento all’eccellenza”, evidenziando innanzitutto che il primo è un

adempimento obbligatorio fondato sulle norme vigenti (DPR 14 gennaio 1997), il

secondo si basa su un procedimento volontario.

Pertanto l’accreditamento istituzionale si limita essenzialmente ad eliminare le

strutture inaffidabili e non promuove necessariamente la qualità, come avviene

invece nell’accreditamento volontario o di eccellenza.

Per contro l’accreditamento volontario è un’attività di valutazione professionale,

sistemica e periodica, volta a garantire che la qualità dell’assistenza sia

appropriata ed in continuo miglioramento.

Ne consegue che la certificazione è l’atto mediante il quale un ente terzo,

indipendente, dichiara ad una struttura che la sua organizzazione (personale,

attività, controlli, ecc.) ed i suoi prodotti, processi, servizi sono conformi ad una

data norma di riferimento.

Nell’accreditamento all’eccellenza prevalgono i caratteri dell’autoregolazione, con

la partecipazione attiva dei professionisti e delle istituzioni controllate.

71

Il modello nasce negli Stati Uniti nel 1917 e si impone definitivamente negli anni

’50 grazie all’attività di quella che attualmente si chiama Joint Commission on

Accreditation of Healthcare Organizazion (JCAHO).

Definito come “modello di autoregolamentazione in sanità”, esso è inteso come

l’abilitazione ad operare per conto dei sistemi di assistenza pubblica (per esempio

il programma di assistenza Medicare), ed ha come elementi caratteristici la

fissazione ed il controllo degli standard e la partecipazione di tipo volontaristico

da parte degli ospedali.

Negli ultimi tempi la Joint Commission ha spostato l’attenzione sui processi

utilizzati per fornire assistenza di qualità, avendo già in previsione la definizione

di indicatori di risultato.

In ambito europeo il modello JCAHO si è diffuso inizialmente in Inghilterra ed è

stato applicato dalla Clinical Pathology Accreditation (CPA), per un programma di

accreditamento dei laboratori clinici, nel quale il miglioramento della qualità nelle

fasi pre e post-analitiche è fondamentale.

Il modello JCAHO comprende standard riferiti non solo all’organizzazione ma

anche al paziente; in particolare vengono definiti i comportamenti da tenere per

garantire al paziente sicurezza, appropriatezza delle cure e livelli uniformi di

assistenza.

Approccio Partecipativo

Analisi partecipata della qualità

Tra i vari approcci presi finora in considerazione è quello che maggiormente

punta l’attenzione sullo scambio partecipativo con il cittadino; l’ APQ è

caratterizzato da un’ impostazione partecipativa, che prevede il coinvolgimento di

cittadini ed operatori non solo come fonte di informazione, ma anche come

soggetti attivi nella realizzazione dell’indagine e come utilizzatori dei risultati.

Questo metodo di valutazione dei servizi sanitari riguarda essenzialmente la

qualità percepita, in particolare le relazioni interpersonali, il comfort, la

disponibilità di servizi e la soddisfazione degli operatori, quindi tutta una serie di

indicatori che sottolineano la partnership con il cittadino.

E’ una procedura di valutazione dei servizi pubblici e sociali, in particolare di

quelli sanitari.

72

Nello specifico campo dei servizi sanitari, l’APQ si interessa di tre grandi aree

della qualità: la qualità tecnica (con esclusione di ciò che attiene alle risorse

economiche e all’adeguatezza dell’assistenza rispetto ai protocolli diagnostici e

terapeutici), la dimensione interpersonale e il comfort.

La qualità tecnica (QT) valuta l’organizzazione del lavoro, la soddisfazione

professionale, la disponibilità ed il funzionamento delle attrezzature,

l’accessibilità ai servizi e la percezione dell’assistenza sanitaria.

La dimensione interpersonale (DI) considera i rapporti fra utenti ed operatori del

servizio, la disponibilità e la circolazione delle informazioni, l’informazione

sanitaria agli utenti, le informazioni per l’accesso ai servizi e l’identificabilità del

personale.

Il comfort (CO) riguarda l’ambiente di vita sotto il profilo dell’igiene, del

funzionamento dei servizi annessi alle strutture sanitarie e alle aree d’attesa,

nonché delle condizioni logistiche di accesso ai servizi.

A loro volta le tre dimensioni della qualità vengono prese in considerazione

attraverso tre modalità di valutazione:

per struttura (S) (valutazione delle strutture fisiche, spazi, risorse,

ossia le caratteristiche stabili del servizio);

per processo (P) (circolazione delle informazioni, lavoro d’equipe,

percezione dell’assistenza sanitaria, ossia le caratteristiche delle attività

che si svolgono nel servizio);

per esito (E) (soddisfazione dell’assistenza prestata e delle cure

ricevute, ossia valutazione dei risultati raggiunti).

Per la sua realizzazione l'APQ utilizza la raccolta di molti dati relativi alla struttura

da valutare. Tali dati fanno riferimento sia ad aspetti soggettivi (raccolti

intervistando i “protagonisti” della struttura: utenti e operatori) sia ad aspetti

oggettivi che vengono raccolti attraverso l’osservazione diretta della struttura.

L’APQ si basa su una matrice che consente di misurare le tre dimensioni della

qualità (qualità tecnica, dimensione interpersonale e comfort), per le tre modalità

di valutazione (struttura, processo ed esito).

Per la valutazione di tali protocolli è infatti necessario il contributo di

professionisti sanitari, data la specificità del settore da analizzare, attraverso

l’uso di altre metodologie (come la VRQ) le quali comportano una puntuale

preparazione e non prevedono la partecipazione dei cittadini.

73

La qualità viene quindi dall'APQ scomposta in nove aree teoriche:

Qualità tecnica per strutture

Qualità tecnica per processi

Qualità tecnica per esiti

Qualità della dimensione interpersonale per struttura

Qualità della dimensione interpersonale per processi

Qualità della dimensione interpersonale per esiti

Comfort per struttura

Comfort per processi

Comfort per esiti

Le aree teoriche vengono valutate da sei tipi di fenomeni indicatori: il rispetto o

la violazione di standard, le disfunzioni, gli eventi sentinella, le situazioni di

particolare qualità, le opinioni degli operatori e le opinioni degli utenti.

I primi quattro parametri individuano la dimensione oggettiva della qualità,

mentre gli ultimi due relativi a giudizi ed opinioni, si riferiscono alla dimensione

soggettiva della qualità stessa.

Questo tentativo di attuare un doppio approccio alla qualità è ritenuto un altro

carattere saliente del metodo APQ che pur restando orientato alla percezione

della qualità da parte degli utenti ed alla loro soddisfazione per evitare i rischi di

un sistema autoreferenziale, introduce strumenti volti a valutare fatti, dati

strutturali ed eventi oggettivi.

Nel DPCM 19.5.1995 concernente lo “Schema generale di riferimento della Carta

dei servizi pubblici sanitari”, il modello dell’analisi partecipata della qualità APQ è

stato indicato come strumento per la verifica del rispetto degli standard

promossa periodicamente dalle ASL e realizzata in collaborazione dei cittadini e

delle loro organizzazioni.

L’Analisi Partecipata della Qualità è quindi un metodo di valutazione dei servizi

che riguarda essenzialnante la qualità percepita, in particolare le relazioni

interpersonali, il comfort e la disponibilità di servizi, nonché la soddisfazione degli

operatori. È detta partecipata perché coinvolge i cittadini sia come fonte di

informazioni sia nella rilevazioni dei dati. Prende in considerazione:

a. eventi gravi, che definisce eventi sentinella, come elargizione di somme di

denaro da parte dei degenti per ottenere prestazioni dovute, presenza di

degenti non autosufficienti privi di assistenza nell’alimentazione, assenza

74

di personale infermieristico di notte in un reparto di degenza, osservazioni

ingiuriose nei confronti degli utenti o litigi tra personale e utenti, percosse

agli utenti, litigi tra il personale in presenza di utenti, lettura della cartella

clinica da parte di estranei, presenza prolungata (più di 30 minuti) di

biancheria sporca o di medicazioni in luogo improprio, presenza di topi,

litigi tra operatori e utenti, mancanza d’acqua nei servizi igienici;

b. aspetti particolarmente favorevoli, come presenza di un telefono, almeno

ricevente, per ogni posto-letto, dotazione di un set per l’igiene personale

per ogni de/ente che ne faccia richiesta, presenza di quotidiani del giorno

e/o di riviste della settimana in sala d’attesa;

c. opinione degli utenti su diversi aspetti dell’assistenza (ad es. informazioni

ricevute sulla terapia, modo in cui medici, infermieri e personale ausiliario

trattano i degenti, igiene dei bagni, qualità del cibo);

d. requisiti relativi alla durata delle liste d’attesa e alla presenza di elementi

strutturali e organizzativi (ad es. campanelli di allarme funzionanti,

presenza in reparto di un carrello per le urgenze, presenza di cartelle

infermieristiche, disponibilità di posate durante i pasti);

e. come detto, anche opinione degli operatori sulle condizioni di lavoro, ad

es. sul numero di infermieri, sulla professionalità dei medici, sullo scambio

di informazioni tra operatori, sul grado di autonomia, sulla possibilità di

aggiornamento professionale.

La rilevazione viene effettuata mediante interviste con questionari strutturati e

l’applicazione di griglie di osservazione (Morosini, Perraro, 2001).

Differenze e analogie tra i diversi approcci

Le metodologie appartenenti al gruppo MCQ e TQM operano nell’ottica

dell’accreditamento all’eccellenza, in quanto tendono ad implementare un

sistema dinamico ed un miglioramento continuo della qualità, sia pure con

metodologie diverse.

Una necessaria distinzione va operata tra “accreditamento istituzionale” ed

“accreditamento all’eccellenza”, evidenziando innanzitutto che il primo è un

adempimento obbligatorio fondato sulle norme vigenti (DPR 14 gennaio 1997), il

secondo si basa su un procedimento volontario.

75

L’accreditamento istituzionale si limita essenzialmente ad eliminare le strutture

inaffidabili e non promuove necessariamente la qualità, come avviene invece

nell’accreditamento volontario o di eccellenza.

L’accreditamento all’eccellenza, a sua volta si differenzia dall’attività a carattere

volontario nota come certificazione e collegata alla norme ISO.

Se infatti l’accreditamento volontario è un’attività di valutazione professionale,

sistemica e periodica, volta a garantire che la qualità dell’assistenza sia

appropriata ed in continuo miglioramento, la certificazione è l’atto mediante il

quale un ente terzo, indipendente, dichiara ad una struttura che la sua

organizzazione (personale, attività, controlli, ecc.) ed i suoi prodotti, processi,

servizi sono conformi ad una data norma di riferimento.

Nell’accreditamento all’eccellenza prevalgono i caratteri della autoregolazione,

con la partecipazione attiva dei professionisti e delle istituzioni controllate.

Nella certificazione prevale il controllo esterno ad opera di un organismo

indipendente che certifica la conformità a determinati standard e costituisce il

momento finale di un processo di riorganizzazione aziendale realizzato in

conformità alle norme ISO.

Tali norme sono incentrate sull’implementazione di un sistema qualità nel quale

l’Azienda assicura che un prodotto, processo, servizio, sia conforme agli obiettivi

prefissati ed agli scopi per cui deve essere impiegato.

In campo sanitario l’applicazione della norma ISO 9000 presenta il vantaggio di

offrire una garanzia di qualità del sistema aziendale nel suo complesso,

costituendo una sorta di griglia, in cui possono essere inglobati altri aspetti e

metodologie scientifiche come ad esempio il MCQ e il TQM.

Le ISO coprono solo una parte dell’attività di valutazione e miglioramento, in

quanto trascurano la soddisfazione dei dipendenti, la soddisfazione dei clienti e

l’impatto sulla società, elementi che invece fanno parte del TQM.

In sintesi potremmo dire che:

il MCQ – VRQ analizza essenzialmente i comportamenti professionali,

con un’ottica orientata agli esiti;

le ISO controllano gli aspetti organizzativi e manageriali;

a TQM prende in esame le varie dimensione della qualità, con una

prospettiva orientata al cliente;

76

l’APQ rivolge l’attenzione al cittadino, di cui vuole rappresentare il

punto di vista.

Da queste indicazioni, sia pure molto sintetiche, si evidenzia che nessuna

metodologia è di per sé esaustiva, tuttavia si notano tra le varie metodologie

tentativi di convergenza ed inglobamento dei vari sistemi di analisi.

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