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Servizio Sanitario: PUBBLICO ACCESSO?

XIII Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità

A cura di Tonino Aceti, Maria Teresa Bressi

Rubbettino

© 2014 - Rubbettino Editore88049 Soveria Mannelli Viale Rosario Rubbettino, 10 - tel (0968) 6664201www.rubbettino.it

Indice

Premessa 7

Sintesi dei principali risultati 9

Il CnAMC 17

Parte prima

Capitolo 1. Il trend demografico e l’incidenza delle patologie croniche 25

Capitolo 2. Cause di morte, qualità di vita percepita, stili di vita 35

Capitolo 3. La condizione sociale e lavorativa 45

Parte seconda

Capitolo 4. Il punto di vista delle Associazioni 574.1 Le difficoltà della persona e della famiglia 584.2 La prevenzione 624.3 Percorso Diagnostico Terapeutico e Assistenziale (PDTA) 684.4 Dolore 724.5 La diagnosi 754.6 La gestione e il monitoraggio della patologia 784.7 L’assistenza domiciliare 814.8 L’assistenza protesica e integrativa 834.9 L’assistenza farmaceutica 864.10 Ticket ed esenzione 914.11 Sprechi e disservizi 934.12 L’invalidità civile 95

4.13 Quadro di sintesi dei costi sostenuti nell’ultimo anno 1024.14 La Sanità che vorrei 104

Parte terza

Capitolo 5. La spesa sanitaria italiana e il finanziamento del SSN 109

Capitolo 6. La spesa pubblica e la corruzione in Sanità 113

Capitolo 7. La spesa farmaceutica in Italia 119

Capitolo 8. Il Patto per la salute 123

Nota metodologica 133

Le Associazioni che hanno partecipato al Rapporto 135

Conclusioni e proposte 137

Ringraziamenti 143

Premessa

Abbiamo intitolato il XIII Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità, «Servizio Sanitario: PUBBLICO ACCESSO?», perché il Servizio Pubblico che richiedono i cittadini, e in particolare le persone affette da patologie cro-niche e rare, deve essere più forte, accessibile, equo e universale; insomma deve rispondere alle caratteristiche che lo fondano. Non a caso, uno dei diritti della Carta Europea dei diritti del malato1, è proprio quello all’acces-so: «Ogni individuo ha il diritto di accedere ai servizi sanitari che il suo stato di salute richiede. I servizi sanitari devono garantire eguale accesso a ognuno, senza discriminazioni sulla base delle risorse finanziarie, del luogo di residenza, del tipo di malattia o del momento di accesso al servizio».Capita ancora, invece, che i pazienti affetti da patologie croniche e rare, si sentano ospiti indesiderati del Servizio sanitario. Gli ostacoli all’accesso sono molti, a cominciare dalle liste d’attesa, per continuare con la burocrazia inutile più volte citata nel Rapporto, ma anche i costi privati, le inefficienze, la difficoltà a trovare il centro di cura, piuttosto che lo specialista giusto.Le Associazioni di pazienti sperano e desiderano, invece, un Sistema in cui ci sia meno burocrazia, in cui, chi deve fare un esame urgente non debba rivolgersi al privato, o chi deve attivare un servizio, come l’assistenza domici-liare, non debba fare tutto da solo. Auspicano un Sistema più forte e reattivo, che garantisca l’inserimento della persona in un percorso di cura definito e dove i vari professionisti comunichino tra loro. Auspicano un Sistema che si curi maggiormente dell’umanizzazione delle cure, che sappia mettere al centro il diritto della persona a non soffrire inutilmente.

1. http://www.cittadinanzattiva.it/files/corporate/europa/carta/carta_europea_diritti_ma-lato.pdf

8 servizio sanitario: pubblico accesso?

La realtà che tutti viviamo quotidianamente è sempre più difficile, anni di crisi hanno sfiancato le famiglie.Siamo sempre più poveri, un giovane su due è disoccupato e una famiglia su dieci ha almeno un componente con limitazioni funzionali. Siamo, inol-tre, i più scoraggiati d’Europa rispetto alla possibilità di trovare una nuova occupazione.Le ricette che finora sono state proposte non hanno funzionato; come la politica dei tagli lineari, che non ha fatto altro che «penalizzare le realtà più virtuose», cioè quelle che già spendevano poco e che si sono ritrovate a tagliare i servizi ai cittadini; o il blocco del turn over, che ha causato un progressivo invecchiamento degli addetti. Hanno ridotto la spesa, ma non gli sprechi. Stiamo diventando, progressivamente, il Paese con il numero minore di posti letto d’Europa, ma senza una vera assistenza territoriale.Nel frattempo si stima che siano bruciati sei miliardi di euro l’anno, solo per la corruzione (quella emersa). Le riforme devono essere fatte, e con urgenza, per rilanciare il nostro Servizio Sanitario Pubblico. Alcune diret-trici sono state delineate dal Patto per la salute 2014-2016, che affronta problemi importanti, come la riforma delle cure primarie, l’aggiornamento dei LEA, del nomenclatore tariffario di protesi e ausili, e della specialistica, l’organizzazione dei distretti e della rete di emergenza e soprattutto, il Piano nazionale delle cronicità.Per realizzare tutto ciò, la partecipazione dei cittadini e dei pazienti, in-sieme ai professionisti che ogni giorno operano nel Servizio Sanitario, è indispensabile.Le Associazioni di pazienti sono maturate, hanno lavorato sul campo, soppe-rendo ai tantissimi vuoti lasciati dallo Stato: è arrivato quindi il momento di metterle concretamente nella condizione di contare nelle scelte che riguar-dano il Servizio Sanitario Pubblico, ed evitare che questo venga smantellato.Alla domanda provocatoria «Sistema sanitario: Pubblico Accesso?» vo-gliamo rispondere «Sì» e lavorare insieme alle Istituzioni, perché questo accada.

9sintesi dei principali risultati

Sintesi dei principali risultati

La popolazione residente in Italia cresce nel 2013 del 1,84%, raggiun-gendo 60.78 milioni di persone. L’aspettativa di vita aumenta, così come l’indice di vecchiaia, passando da 148,6 del 2012, al 151,4 del 2013. Siamo, inoltre, uno dei paesi più longevi d’Europa, superati solo dalla Germania. Diminuisce la percentuale di persone che dichiarano di avere almeno una patologia cronica (passa dal 38,6% del 2012 al 37,9% del 2013), così come la percentuale di persone che afferma di avere almeno due patologie croniche (-0,4% rispetto al 2012), ma si sta peggio (le persone con una o più patologie croniche che dichiarano di essere in buona salute diminuisce dell’1,7%). Le malattie croniche più diffuse nel 2013 sono: diabete (16,7%), artrosi e artrite (16,4%), malattie allergiche (10%), osteoporosi (7,4%), ipertensione (5,9%), disturbi nervosi (4%), malattie del cuore (3,7%) e ulcera gastrica e duodenale (2,7%).L’incidenza di alcune patologie croniche è notevolmente aumentata negli ultimi anni, per le persone con più di 65 anni. In particolare è cresciuto il numero di pazienti affetti da ipertensione arteriosa (+8,1% rispetto al 2005), di pazienti affetti da osteoporosi (+6,7% rispetto al 2005) e di pazienti affetti da malattie della tiroide (+3,2%).Le regioni in cui chi ha almeno una patologia cronica gode di migliore salute, si trovano al Nord: Provincia Autonoma di Bolzano (63,3%), Trentino Alto Adige (55,8%), Valle d’Aosta (48,1%), Lombardia (48%).Le regioni in cui la percentuale di chi, essendo malato cronico, gode di buona salute è più bassa, sono: Calabria (29,8%), Basilicata (31,3%), Puglia (33,5%), Molise (34,9%).La regione dove è presente il maggior numero di pazienti diabetici, è la Calabria (8%), che è anche quella che ha il maggior numero di pazienti con artrite/artrosi (19%), e con disturbi nervosi (5,2%).

10 servizio sanitario: pubblico accesso?

La regione in cui è presente il maggior numero di pazienti ipertesi, è l’Um-bria (20,8%), che si caratterizza anche per il maggior numero di pazienti affetti da patologie cardiache (4,6%).Il maggior numero di pazienti affetti da bronchite cronica o asma bron-chiale si trova in Campania (7,8%).Infine, la Sardegna è la regione con la maggiore presenza di pazienti con osteoporosi (9,6%) e con malattie allergiche (13%).La principale causa di morte in Italia, secondo l’OMS, negli ultimi 12 anni, è dovuta alle malattie cardiovascolari (37%), seguita dal cancro (29%). Le malattie croniche respiratorie sono responsabili, in media, del 5% dei decessi e il diabete del 4%.Si vive più a lungo ma, in base alle ultime rilevazioni dell’ISTAT sullo stato fisico e sullo stato psicologico, rispetto al 2005 si vive peggio: la percezione della salute fisica rimane pressoché uguale, mentre il benessere psichico peggiora.Nel Sud Italia, in particolare, si percepisce una qualità di vita minore sia nell’aspetto fisico, che in quello psicologico.Nelle donne lo stato percepito, fisico e psicologico, è complessivamente più basso e il divario di genere si accentua fra gli anziani.Nella popolazione, si stima siano circa 2,6 milioni le persone (4,4%) che soffrono di depressione, con prevalenze doppie tra le donne rispetto agli uomini, in tutte le fasce di età; nella popolazione anziana ne soffre almeno una persona su 10, e tra le donne ultraottantenni la quota su-pera il 15%.

Si fuma di meno, ma aumentano le persone sedentarie e in sovrappeso

Il 45,8% degli italiani, con più di 18 anni, è in sovrappeso o obeso. Le Regioni dove si hanno maggiori problemi di sovrappeso e obesità, sono la Campa-nia e la Puglia per gli uomini, e la Basilicata e la Campania per le donne.Aumenta nel 2013, anche, la percentuale di chi ha uno stile di vita seden-tario (dal 39,6% del 2012 per persone con più di 14 anni, al 41,3% del 2013), con una decisa prevalenza del Mezzogiorno rispetto al Nord (+23,7%).Siamo tra i paesi europei in cui si fuma meno. L’Italia, infatti, nella classi-fica OCSE sulla prevalenza di fumatori giornalieri, si colloca al sestultimo posto.

11sintesi dei principali risultati

Diminuiscono reddito e consumi

Dal 2007 al 2013, assistiamo a un’inesorabile diminuzione del reddito di-sponibile e della spesa per i consumi. I redditi più bassi d’Italia si registrano in Campania, Sicilia e Calabria, con redditi pro-capite rispettivamente di 12.265, 12.722 e 12.943 euro. Le regioni che si sono impoverite di più, dove quindi il reddito pro-capite è diminuito più consistentemente, sono Emilia Romagna (-7,4%), Liguria (-5%), Lombardia (-7,4%) e Piemonte (-2,1%).Conseguenza diretta di questa contrazione della ricchezza e del potere d’acquisto degli italiani, è la riduzione dei consumi (-8,7% dal 2011 al 2012).Rinuncia a visite mediche, accertamenti specialistici, interventi chirurgici e farmaci, il 7,5% dei cittadini del Nord Ovest, il 9,5% del Nord Est, l’11,3% del Centro, il 14,3% del Sud ed il 15,4% delle Isole.

In Italia, una famiglia su dieci ha almeno un componente con limitazioni funzionali

L’11,4% di famiglie italiane ha almeno un componente con limitazioni fun-zionali e di queste il 40% è composto da persone che vivono sole. Sono inoltre il 70%, le famiglie di questo tipo che non usufruiscono di alcun tipo di assistenza domiciliare, né privata, né pubblica.Le regioni con più alta incidenza di persone anziane con limitazioni fun-zionali sono la Puglia (26,9%), la Sardegna (25,5%), la Sicilia (25,5%), la Campania (25,1%) e la Calabria (22,8%).

Nel 2013 un giovane su due è disoccupato

La disoccupazione degli under 25, nel 2013, ha toccato quota 44,2%, più del doppio del livello pre-crisi (20,3% nel 2007). Ma il problema non riguarda solo il nostro Paese, a condividere con noi il raddoppio del tasso di giovani senza lavoro, sono anche Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro, Irlanda e Belgio. Nel primo trimestre del 2014 il tasso di disoccupazione supera il 21% in Calabria, Campania e Sicilia. Aumenta, contestualmente, il numero di persone che vivono in famiglie dove nessun componente lavora o percepisce una pensione da lavoro.

12 servizio sanitario: pubblico accesso?

Aumenta la povertà assoluta fra le famiglie con più figli minorenni

Nel 2013, il 12,6% delle famiglie è in condizione di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230 mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni 28 mila), che aumenta di due punti percentuali rispetto all’anno precedente.La povertà assoluta aumenta in particolare nelle famiglie con più di tre figli minori. Tra il 2012 e il 2013 il numero dei minorenni in povertà assoluta è cresciuto del 35%, arrivando a quota 1,4 milioni.

Il quadro delineato dalle Associazioni

Le difficoltà della persona e della famiglia

La prima difficoltà espressa dalle famiglie delle Associazioni coinvolte nella rilevazione, è conciliare l’orario di lavoro e l’assistenza (73,8%). Con i tassi di disoccupazione e di povertà in costante aumento, mantenere il posto di lavoro è sicuramente la prima priorità. Un ulteriore peso, sia dal punto di vista economico che da quello organizzativo, è rappresentato dalla necessità di spostarsi fuori regione per curarsi (69%), il cui costo medio durante l’anno è di 1233 euro, e dalla tanto odiata burocrazia (57,14%). Nonostante i tentativi di nascondere la propria patologia (58,5%), il rischio di eseguire un lavoro troppo pesante (43,9%) e non prendere permessi di cura (29,3%), un’Associazione su due ha ricevuto segnalazioni di licenziamenti a causa della propria patologia.Ben l’80,5% ha dovuto rinunciare ad aspetti importanti dell’assistenza per motivi di carattere economico, quali la riabilitazione (52,9%), l’assisten-za psicologica (47,1%), l’acquisto di parafarmaci (44,1%) o gli esami per monitorare la propria patologia (44,1%)

La prevenzione

Sia le campagne di prevenzione primaria (corretti stili di vita), che quelle di prevenzione secondaria (interventi per una diagnosi precoce e per la riduzione del danno) non risultano efficaci, secondo le Associazioni, perché sono sporadiche e non hanno seguito (55,2% e 51,7%). Un altro ostacolo nella prevenzione è la mancanza di coinvolgimento dei medici e pediatri di famiglia.

13sintesi dei principali risultati

Per quanto riguarda la prevenzione terziaria (prevenzione delle complicanze), l’ostacolo principale è rappresentato dalla mancanza di formazione del pazien-te e dei caregivers (51,7%). La prevenzione poi ha un costo salato (1.533 euro in media l’anno per quella primaria e secondaria, e 2000 euro per quella terziaria) per il 78,1% delle Associazioni e riguarda il pagamento di visite specialistiche private o in regime intramurario (76%), attività fisica ed esami diagnostici di screening (60%), ausili non previsti nel nomenclatore (52%), ecc.

Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA)

Il PDTA è uno strumento molto utile per ottimizzare le procedure, abbat-tere la burocrazia inutile, ridurre i tempi e i costi privati dei pazienti, ma la diffusione è molto variegata. Non vengono sviluppati molti PDTA a livello nazionale (25,6%) e soprattutto non vengono realizzati coinvolgendo le Associazioni dei pazienti (57,9%).Anche per quanto riguarda l’istituzione dei registri per la patologia, le cose cambiano da regione a regione, e soprattutto da patologia a patologia. Se infatti, il 37,8% può beneficiare di un registro sia nazionale che regionale, il 29,7% non ha nessun registro.

Dolore

Il 53,6% delle Associazioni ritiene la rilevazione del dolore, per nulla o poco soddisfacente. Sono poi le categorie più fragili e incapaci di difendersi, a essere le più trascurate nella rilevazione e cura del dolore: gli anziani (47,4%), le persone che soffrono di disturbo mentale (31,6%) e i bambini (26,3%)

Diagnosi

Se non si fa prevenzione, se non si coinvolgono i medici di medicina gene-rale e i pediatri di libera scelta, se non si investe in formazione e informa-zione, la conseguenza è che non si arriva mai a una diagnosi tempestiva. Il 90,7% delle Associazioni registra, infatti, ritardi diagnostici, dovuti alla sottovalutazione dei sintomi o impreparazione nel comprenderli da parte dei Medici di Medicina Generale (78,9%), alla complessità della diagnosi e difficoltà nel trovare il centro o lo specialista di riferimento (50%), o ancora all’inadeguatezza degli esami diagnostici prescritti (36,8%).

14 servizio sanitario: pubblico accesso?

Gestione e monitoraggio della patologia

La gestione della patologia è diversa da regione a regione (55%). Laddove non è sufficiente, dipende principalmente dalla mancanza di integrazione tra medicina di base e specialisti (78,4%), ma anche dalla mancanza di corsi specifici, per le famiglie e i caregivers, sulla gestione della patologia (54,1%), dall’inadeguatezza nella quantità di beni e servizi erogati (51,4%), o ancora dai lunghi tempi di attesa (43,2%).

Assistenza domiciliare

Se e quando viene attivata, l’assistenza domiciliare varia da un minimo di 1,2 ore a un massimo di 4,2 ore al giorno, per massimo 4,3 giorni a settimana.Le regioni in cui va peggio sono quelle del centro sud, ma anche le Isole.A essere insufficiente è non solo il numero di ore e di giorni, ma anche la pre-senza di alcune figure professionali, prima fra tutte lo psicologo (73,1%), il fisioterapista (57,7%), l’infermiere (34,6%) e lo specialista (30,8%).

Assistenza protesica e integrativa

Chi ha necessità di richiedere alla propria ASL una protesi o un ausilio, deve combattere innanzitutto contro il mostro della burocrazia (72%), che produce tempi di attesa (68%) anche maggiori di 6 mesi, per carroz-zine, letti antidecubito, busti ortopedici o ausili per la comunicazione. Se poi si ha bisogno di un particolare modello, o di una modifica, o di una certa marca, non per un vezzo, ma per evitare ad esempio le piaghe da decubito, occorre pagarlo di tasca propria (56%). Con la crisi e le gare al ribasso, con prodotti di dubbia provenienza o di dieci anni fa, ma ri-collocati all’occorrenza, la qualità di protesi e ausili si è notevolmente abbassata (56%).

Assistenza farmaceutica

Le difficoltà di accesso all’assistenza farmaceutica continuano a verificarsi nel 2013, sia su tutto il territorio nazionale (15,6%), così come solo in alcu-ne Regioni (28,1%). Il problema principale che ostacola il proseguimento delle terapie, deriva dai costi diretti che i cittadini devono sostenere per

15sintesi dei principali risultati

l’acquisto di farmaci di fascia C, che viene avvertito indiscriminatamente in tutta Italia (48,1%).Nel 36,7% l’interruzione della terapia è stata causata dall’Ospedale o la ASL, principalmente per problemi di budget (71,4%). In un caso su due, si verifica un problema di aderenza alla terapia, generato dalla difficoltà di ricordare la posologia, ossia la quantità di farmaco da assumere, le modalità e i tempi (60%), o dagli effetti avversi (44,4%), o si rinuncia per la difficoltà di farsi prescrivere il farmaco su ricetta rossa (27,8%) (lo specialista e il medico di famiglia si rimpallano la responsabilità).

Ticket ed esenzione

Il 37,8% di Associazioni dichiara di avere avuto difficoltà di accedere a esami diagnostici a causa del ticket: non tutti gli esami necessari per il controllo della patologia sono coperti dall’esenzione (34,5%), mentre ve ne sono altri per cui esiste l’esenzione, ma che ormai sono superati da esami più innovativi (12,9%).

Sprechi e disservizi

Nell’ultimo anno, il 61% delle Associazioni si è trovato ad affrontare dis-servizi. Il primo disservizio è la difficoltà a trovare il centro di cura o lo specia-lista (64,5%), seguito dalla riduzione delle ore di ambulatorio (51, 6%), o dalla chiusura del reparto (19%), o dalla riduzione delle ore a domicilio (25,8%).Gli sprechi sono stati anche maggiori (per il 77,1% delle Associazioni) e derivano, innanzitutto, dalla burocrazia inutile (80%), che oltre a essere dannosa alla salute, lo è anche alle casse dello Stato, dalla cattiva gestione del personale (66,7%) o, in generale, da un’organizzazione inefficiente dei servizi (50%). Ancora, si segnalano strutture inutilizzate, mancanza di valutazione, uso improprio delle risorse, gare d’appalto poco trasparenti.

Invalidità

Crescono nel 2013 le difficoltà ad accedere all’assegno di invalidità (+12%). In particolare, i pazienti sono costretti a subire valutazioni varia-bili, eseguite, in molti casi, con estrema superficialità da chi non ha una reale conoscenza della patologia, e con una conseguente sottovalutazione

16 servizio sanitario: pubblico accesso?

della situazione. L’accertamento, poi, continua a essere estremamente lungo (58,3%) e la domanda difficile da presentare (58,3%). Permangono casi (24,2%) di convocazioni a visita tramite lettera semplice, SMS, e-mail, telefonata e addirittura con un messaggio in segreteria.Anche per quanto riguarda l’handicap, permane la difficoltà a usufruire dei tre giorni di permesso retribuiti (53,1%) o del congedo di due anni (35,5%), per una mancanza di volontà del datore di lavoro, o a causa della tipologia di contratto, che, nella sua «atipicità», non consente di usufruirne.

Il CnAMC

L’istituzione del Coordinamento

Il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC)1 è una rete di Cittadinanzattiva, istituita nel 1996, e rappresenta un esem-pio di alleanza trasversale tra Associazioni e Federazioni nazionali di pa-zienti, per la tutela dei diritti dei cittadini affetti da patologie croniche e/o rare.Le ragioni della costituzione del CnAMC risiedono nella consapevolezza, da parte di Cittadinanzattiva e di tutte le Organizzazioni aderenti, che la tutela integrata e unitaria dei diritti delle persone con patologia cronica e rara, è possibile solo attraverso una forte collaborazione e alleanza, lo scambio continuo di informazioni e l’impegno comune, volto al superamento delle criticità trasversali.A sua volta, tale tipo di attività è resa possibile dalla decisione, di tutte le Associazioni, di mettere a disposizione di battaglie comuni una parte delle proprie energie, in alcuni casi collocando anche in secondo piano le singole attività specifiche: in questo è possibile cogliere un elemento di «maturità» delle Organizzazioni civiche e il senso originario del Coordinamento nazio-nale delle Associazioni dei Malati Cronici.Attualmente aderiscono al CnAMC 99 Organizzazioni di persone con pa-tologie croniche e rare, rappresentative di oltre 100.000 persone, distinte tra Associazioni e Federazioni.

1. http://www.cittadinanzattiva.it/corporate/salute/1845-cnamc-malati-cronici.html

18 servizio sanitario: pubblico accesso?

Gli obiettivi del CnAMC

Nello specifico, gli obiettivi del CnAMC sono:• definire e perseguire politiche sanitarie comuni, basate sul principio di

tutela integrata e unitaria;• realizzare ogni anno un Rapporto nazionale sulle politiche della croni-

cità che analizzi le criticità assistenziali dei servizi sanitari e sociali, ed esprima una vera e propria piattaforma politica, basata sulle richieste e le aspettative delle associazioni aderenti;

• agire quale cassa di risonanza delle richieste delle singole organizzazio-ni, assicurando loro maggiore visibilità e formazione;

• raccogliere e fornire in tempo reale notizie sul mondo della cronicità (novità legislative, sentenze utili, nuove sperimentazioni, disegni di leg-ge in discussione…);

• facilitare la comunicazione e lo scambio di esperienze positive fra le associazioni, al fine di garantire la socializzazione e riproducibilità delle buone pratiche;

• investire nella formazione e nella crescita della leadership delle organiz-zazioni di malati cronici, e nella capacità di interloquire con le istituzioni e gli altri stakeholders;

• attività, iniziative ed eventi che promuovano e sostengano la parteci-pazione diretta dei cittadini.

Le attività del CnAMC

Le attività del CnAMC sono molteplici:• il coordinamento delle ottantasei Organizzazioni aderenti, attraverso

una costante attività di networking;• l’elaborazione e la diffusione di politiche socio sanitarie di tutela dei

diritti, con il coinvolgimento di tutte le Associazioni aderenti;• l’elaborazione e la diffusione di documenti istituzionali di posizionamen-

to sui temi discussi in Parlamento/Ministeri/Regioni, nonché relative interlocuzioni, come ad esempio: manovre \finanziarie, federalismo fiscale, costi e fabbisogni standard nel settore sanitario, Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), Piano Sanitario Nazionale, Patto per la Salute, Ripar-to annuale del FSN e progetti obiettivo, governo clinico, dichiarazioni

19il cnamc

anticipate di trattamento, terapie non convenzionali, riabilitazione, as-sistenza farmaceutica con particolare riguardo al tema dell’innovazione, invalidità civile e Legge 104/92, ecc.;

• la partecipazione ad audizioni, tavoli e progetti istituzionali, quali ad esempio: collaborazione nella stesura del Piano Nazionale delle Cro-nicità, in fase di realizzazione presso il Ministero della Salute; audizio-ne-indagine conoscitiva della Commissione Igiene e Sanità del Senato sulle patologie degenerative, con particolare riguardo alle malattie reumatiche; audizione-indagine conoscitiva della Commissione Igiene e Sanità del Senato sul diabete; audizione-indagine conoscitiva delle Commissioni Igiene e Sanità – Lavoro e Previdenza Sociale del Senato, sulle difficoltà inerenti il procedimento di riconoscimento dell’invalidità civile e legge 104/92; audizione presso il Ministero Pubblica Amministra-zione e Innovazione, nell’ambito del Rapporto OCSE «Italy better regu-lation»; audizione presso l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)- «Gruppo di lavoro per il monitoraggio dell’accesso al farmaco»; partecipazione al tavolo per la Semplificazione amministrativa del Dipartimento della Funzione Pubblica;

• la redazione annuale di un Rapporto Nazionale sulle Politiche della Cronicità;

• la promozione e la realizzazione di campagne, progetti e conferenze, quali: il primo rapporto nazionale sui farmaci biologici e biosimilari, il primo rapporto sull’invalidità civile e la burocrazia di Cittadinanzattiva, il primo audit civico sulla distrofia di Duchenne e di Becker, il Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale (PDTA) delle malattie infiam-matorie croniche dell’intestino, Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa e delle malattie reumatiche infiammatorie auto-immuni, l’indagine civi-ca sull’accesso nelle Regioni alle nuove terapie farmacologiche per il trattamento dell’Epatite C, la partecipazione all’osservatorio civico sul federalismo in sanità e alla Summer School, per leader civici su Health Technology Assessment, solo per citare alcuni esempi;

• la partecipazione a convegni e dibattiti pubblici.

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Le Associazioni aderenti al CnAMC

A.B.C. - Associazione bambini cri du chatA.DI.PSO. - Associazione per la Difesa degli PsoriasiciA.E.L. - Associazione Emofilici del LazioA.F.P.C.I. - Associazione Italiana Famiglie con Bambini con Paralisi Cerebrale InfantileA.FA.D.O.C. - Associazione Famiglie di soggetti con deficit dell’ormone della crescita e altre patologieA.I.C.E. - Associazione Italiana Contro l’EpilessiaA.I.D. - Associazione Italiana per la difesa degli interessi dei diabeticiA.I.F.A. - Associazione Italiana Famiglie ADHD (Attention Deficit/Hiperactivity Disorder)A.I.F.P - Associazione Italiana Febbri PeriodicheA.I.G - Associazione Italiana GaucherA.I.M. Rare - Associazione Italiana contro le Miopatie RareA.I.M.A. - Associazione Italiana Malattia di AlzheimerA.I.P.A. Roma - Associazione Italiana Pazienti AnticoagulatiA.I.P.A.S. - Associazione Italiana Pazienti con Apnee del SonnoA.I.R.A. - Associazione Italiana Reum AmiciA.I.S.F. - Associazione Italiana Sindrome FibromialgicaA.I.S.L.A. - Associazione Italiana Sclerosi Laterale AmiotroficaA.M.M.I. - Associazione Malati Meniére InsiemeA.M.O.R. - Associazione Milanese Ossigenoterapia Riabilitativa a Lungo TermineA.M.R.I. -Associazione per le Malattie Reumatiche InfantiliA.N.F. - Associazione Neuro FibromatosiA.N.I.Ma.S.S. - Associazione Nazionale Italiana Malati Sindrome di SjogrenA.N.I.O. - Associazione Nazionale per le Infezioni Osteo Articolari

ANMAR - Ass. Naz. malati reumaticiANNA - Ass. Nazionale Nutriti ArtificialmenteAS.MA.RA - Sclerodermia e altre Malattie Rare ‘’Elisabetta Giuffre’’ASAA - Associazione Sostegno Alopecia AreataASNET - Associazione sarda nefropatici emodializzati e trapiantatiAss. “Rete Malattie Rare” - Ass. R.M.R.Associazione AiutiamoliAssociazione Amica CicognaAssociazione Bianco Airone PazientiAssociazione Cielo AzzurroAssociazione EPACAssociazione Malati di ReniAssociazione Nazionale ALFA1-ATAssociazione Nazionale AnfiscAssociazione Nazionale Polio e Sindrome Post-PolioAssociazione SOS AlzheimerC.F.S. ASSOCIAZIONE ITALIANA - Sindrome da stanchezza CronicaCHELIDON - Sostegno psicologico alle donne e alle famiglie per le neoplasie al senoCIDO - Comitato Italiano per i diritti delle persone affette da obesità e disturbi alimentariCO.GE.MA.R. - Coordinamento genitori di Roma per le malattie rareCOMETA A.S.M.M.E - Associazione Studio malattie Metaboliche EreditarieF.A.I.S.- Federazione Associazioni Incontinenti e StomizzatiFAMIGLIE SMA onlusFAND - Associazione Italiana DiabeticiFEDEMO - Federazione Associazioni EmofiliciFederazione Pro InvalidiFederazione tra Ass.ni in aiuto soggetti con sindrome di Prader Willi e le loro famiglieFondazione Fabio SciaccaForum Trapiantati - Forum Nazionale delle

21il cnamc

A.N.T.O. - Associazione Nazionale Trapiantati OrganiA.P.E. - Associazione Progetto EndometriosiA.S.B.I. - Associazione Spina Bifida ItaliaACMT - RETE - Associazione per la malattia di Charcot Marie ToothAETR - Associazione Emofilici e Talassemici “Vincenzo Russo Serdoz”AIC - Ass. It. per la lotta contro le cefaleeAICH Roma - Associazione Italiana Corea di Huntington RomaAICI - Associazione Italiana Cistite InterstizialeAICMT - Associazione Italiana Charcot-Marie- ToothAIE - Associazione Italiana EndometriosiAIL - Associazione Italiana contro le leucemie, linfomi e mielomaAIMA Child - Associazione Italiana Malformazione di Arnold-Chiari ChildAIMPS - Associazione Italiana Mucopolisaccaridosi e malattie affiniAIPD - Associazione Italiana Persone DownAISA (Lazio) - Associazione Italiana per la Lotta alle Sindrome AtassicheAISAC - Associazione per l’Informazione e lo studio dell’AcondroplasiaAISMAC - Associazione Italiana Siringomielia e Arnold ChiariAISMME - Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche EreditarieALIR - Associazione per la lotta contro l’insufficienza respiratoriaALT - Associazione Per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolariAltrodomaniAlzheimer UnitiAMAMI - Associazione Malati Anemia Mediterranea ItalianaAMICI - Associazione Nazionale Malattie Infiammatorie Croniche dell’IntestinoAMIP - Associazione Malati Ipertensione Polmonare

Associazioni di Volontariato, Dializzati e TrapiantatiFSHD ITALIAGAT - Gruppo Aiuto TiroideGILS - Gruppo Italiano per la lotta alla SclerodermiaGruppo LES Italiano - Gruppo Italiano per la lotta contro il Lupus Eritematoso SistemicoINVERSALILA - Lega italiana per la Lotta contro l’AIDSLILT - Lega Italiana per la Lotta contro i TumoriLIOS - Lega It. osteoporosiN.A.T.I. - Nuova Associazione Talassemici ItalianiNoi e il cancro - Volontà di vivereOUCH ItaliaPANDAS ItaliaPARENT PROJECT - Genitori contro la distrofia muscolare Duchenne e BeckerPARKINSON ITALIARing 14 - Associazione Internazionale per la Ricerca Neurogenetica delle malattie RareRyder ItaliaSIMBA - Associazione Italiana Sindrome e Malattia di BehcetUICI - Unione Italiana dei Ciechi e degli IpovedentiUILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia MuscolareUn Filo per la Vita A.N.A.D.P.- Associazione Nazionale Artificiale Domiciliare PediatricaUNIAMO - F.I.M.R. Federazione Italiana Malattie RareVoglia di vivereWALCE - Women Against Lung Cancer in Europe

Parte prima

Capitolo 1. Il trend demografico e l’incidenza delle patologie croniche

La popolazione residente in Italia al 1 gennaio 2014 è di 60.782.668 persone, con un saldo negativo fra nuovi nati e morti (-86.436). Gli stranieri residenti (muniti di un valido documento di soggiorno e gli iscritti sul permesso di un familiare) sono 3.874.726, in costante crescita (tabella 1).

Tabella 1. La popolazione residente in Italia nel 2013

Fonte: L’Italia in cifre 2014 - ISTAT

26 servizio sanitario: pubblico accesso?

Si accentua l’invecchiamento della popolazione

L’aspettativa di vita (figura 1) aumenta progressivamente (rispetto al 2012 +0,2% sia per gli uomini che per le donne), così come l’indice di vecchiaia (il rapporto tra la popolazione di 65 anni e più, e la popolazione fino a 14 anni di età, per 100), passando da 148,6 del 2012 a 151,4 del 2013.Considerato il basso tasso di natalità (503.792 nel 2013 secondo i dati ISTAT), è in costante aumento anche l’indice di dipendenza strutturale, ovvero il rapporto tra la popolazione in età non attiva (fino a 14 anni e di 65 anni e più) e la popolazione in età attiva (tra 15 e 64 anni), dal 53,5 del 2012 al 54,2 del 2013.

Figura 1.  La speranza di vita e i principali indicatori demografici

Fonte: L’Italia in cifre 2014 - ISTAT

27capitolo 1 - il trend demografico e l’incidenza delle patologie croniche

Siamo inoltre uno dei paesi più longevi d’Europa, come dimostrano i dati Eurostat. Tra questi ci supera solo la Germania (158), mentre la media Ue28 è pari al 116,6 (tabella 2).

Tabella 2. Principali indicatori della dinamica demografica per Ue28, alcuni paesi europei e ripartizione geografica - Anno 2012

Fonte: Rapporto annuale 2014 - La situazione del Paese - STAT

L’Italia detiene anche un altro primato, in particolare la provincia di Savona, che risulta essere la più vecchia d’Italia e tra le più vecchie d’Europa, con una quota di «over 65» che si attesta al 28,1%, pari a circa un terzo della popolazione (figura 2).

28 servizio sanitario: pubblico accesso?

Figura 2. Zone d’Europa con il maggiore indice di vecchiaia - 2013

Fonte: Annuario regionale 2014 - Eurostat

Tanti territori diversi tra loro

Un’altra caratteristica dell’Italia è quella della diversità e complessità del territorio. Come è possibile vedere in Figura 3, la popolazione si distribuisce in maniera difforme, sia per regione che per conformità del territorio. Le regioni con maggiore densità abitativa sono la Lombardia, il Lazio e la Campania. Nel nord Italia si vive prevalentemente in montagna, mentre nel Centro-Sud predomina la collina.

29capitolo 1 - il trend demografico e l’incidenza delle patologie croniche

Figura 3. La distribuzione della popolazione

Fonte: L’Italia in cifre 2014 - ISTAT

Patologie croniche in lieve diminuzione, ma si sta un po’ peggio

Nel 2013 si registra, dopo diversi anni, una leggera flessione nella percen-tuale di persone che dichiarano di avere almeno una patologia cronica (tabella 3). Si passa dal 38,6% del 2012, al 37,9% del 2013. In diminuzione anche la percentuale di persone che afferma di avere almeno due patologie croniche (-0,4% rispetto al 2012 secondo i dati ISTAT database - Persone con presenza di alcune malattie croniche).

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31capitolo 1 - il trend demografico e l’incidenza delle patologie croniche

Le persone che dichiarano di essere in buona salute aumentano (tabella 4), passando dal 70,1% del 2012, al 71,1 del 2013, con una notevole differenza tra Nord (Nord Est 72,1%) e Sud (68,8%). Allo stesso modo è piuttosto netta la differenza tra chi dichiara di stare male, con una prevalenza nel Sud (5,3%) rispetto al Nord (Nord Ovest 4,2%).

Tabella 4. Stato di salute 2013

Fonte: Elaborazione Cittadinanzattiva da databaseStato di salute della popolazione - per 100 persone - STAT

Diminuiscono (tabella 4) invece, rispetto al 2012, le persone con una o più patologie croniche che dichiarano di essere in buona salute (- 1,7%). Complessivamente il Centro ha un numero di abitanti con almeno una pa-tologia cronica (39,1%). Il Mezzogiorno ha invece il maggior numero di abitanti con due o più patologie croniche (21,1%).La regione (tabella 5) che ha la maggiore incidenza di persona con almeno una patologia cronica, è la Sardegna (42,1%); quella con almeno due pa-tologie croniche è la Calabria (23,8%).Le regioni in cui chi ha almeno una patologia cronica gode di migliore salute, si trovano al Nord: Provincia Autonoma di Bolzano (63,3%), Trentino Alto Adige (55,8%), Valle d’Aosta (48,1%), Lombardia (48%).Le regioni in cui, invece, la percentuale di chi, essendo affetto da una pa-tologia cronica, gode buona salute è più bassa, sono tutte nel Sud Italia: Calabria (29,8%), Basilicata (31,3%), Puglia (33,5%), Molise (34,9%).Le malattie croniche più diffuse nel 2013 sono:diabete (16,7%), artrosi e artrite (16,4%), malattie allergiche (10%), oste-oporosi (7,4%), ipertensione (5,9%), disturbi nervosi (4%), malattie del cuore (3,7%) e ulcera gastrica e duodenale (2,7%).La regione dove è presente il maggior numero di pazienti diabetici è la Calabria (8%), che è anche quella che ha il maggior numero di pazienti con artrite/artrosi (19%) e con disturbi nervosi (5,2%).

32 servizio sanitario: pubblico accesso?

La regione in cui è presente il maggior numero di pazienti ipertesi è l’Umbria (20,8%), che si caratterizza anche per il maggior numero di pazienti affetti da patologie cardiache (4,6%).Il maggior numero di pazienti affetti da bronchite cronica o asma bron-chiale si trova in Campania (7,8%).Infine la Sardegna è la regione con la maggiore presenza di pazienti con osteoporosi (9,6%) e con malattie allergiche (13%).Quest’ultima è anche la regione dove si è registrato il più alto consumo di farmaci, nei due giorni precedenti all’indagine (45%).

Tabella 5. Popolazione residente per condizioni di salute, malattie croniche dichiarate, consumo dei farmaci, classi di età, sesso e regioni, anno 2013

Fonte: Annuario Statistico 2013 - STAT

33capitolo 1 - il trend demografico e l’incidenza delle patologie croniche

L’incidenza di alcune patologie croniche è notevolmente aumentata, per le persone con più di 65 anni, come dimostrano i dati ISTAT che raffrontano la percentuale del 2005, con quelle del 2013 (tabella 6).In particolare, fra gli over 65, aumentano i pazienti affetti da ipertensione arteriosa (+8,1% rispetto al 2005), i pazienti affetti da osteoporosi (+6,7% rispetto al 2005), i pazienti affetti da malattie della tiroide (+3,2%).In aumento, sempre rispetto il 2005 fra gli over 65, anche i pazienti allergici (+2,4%), i pazienti affetti da cefalea o emicrania ricorrente (+2,7%), i pazienti affetti da tumore maligno (+1,9%) e da Alzheimer e demenze senili (+1,6%).

Tabella 6.  Persone di 65 anni e più, per tipo di malattia cronica dichiarata e sesso 2005-2013

Fonte: Tutela della salute e accesso alle cure 2013 - STAT

Capitolo 2. Cause di morte, qualità di vita percepita, stili di vita

Secondo i dati pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2014, in base ad una stima realizzata nel periodo che va dal 2000 al 2012, la principale causa di morte in Italia in questi 12 anni è dovuta alle malattie cardiovascolari (37%), seguita dal cancro (29%). Le malattie croniche respiratorie sono respon-sabili in media del 5% dei decessi e il diabete del 4% (figura 4).Esaminando però l’andamento del tasso di mortalità nel corso degli anni (figura 5), è possibile notare come la tendenza si sia invertita, a partire dal 2006 per quanto riguarda gli uomini, e tra il 2010 e il 2012 per le donne, dove a prevalere è la mortalità per cancro e non per malattie cardiovascolari.

Figura 4. Tasso di mortalità in Italia 2000-2012

Fonte: Noncommunicable Diseases Country Profiles 2014 - World Health Organization

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Figura 5.  Tasso di mortalità in Italia 2000-2012 per sesso

Fonte: Noncommunicable Diseases Country Profiles 2014 - World Health Organization

Confrontando i dati pubblicati nel Rapporto OMS «Noncommunicable Di-seases Country Profiles» relativi all’Italia, con quelli dei Paesi più simili a noi per vicinanza, tradizioni, popolazione e dimensione, quali Francia, Germa-nia, Regno Unito e Spagna, si può notare come l’impatto delle patologie croniche sia molto simile in tutti questi Stati.In tutte le nazioni considerate, dal 2000 in poi, si assiste a un progressivo calo della mortalità per malattie cardiovascolari e cancro, sebbene ri-mangano le principali cause di morte. In Germania la quota di mortalità attribuita alle malattie cardiovascolari è ancora la più alta (40%), mentre negli altri quattro Paesi gli ultimi anni indicano che i tassi di mortalità più elevati, standardizzati per età, sono attribuibili al cancro.

37capitolo 2 - cause di morte, qualità di vita percepita, stili di vita

Si vive più a lungo, ma lo stato psicologico peggiora

Abbiamo visto, dai dati sulla popolazione, che l’Italia è uno dei paesi più longevi d’Europa, ma come si vive? Le innovazioni nella diagnosi e cura hanno permesso, nel corso degli anni, di aumentare l’aspettativa di vita, sia per gli uomini che per le donne, ma non è sicuramente indifferente, oltre che la lunghezza, la qualità di vita percepita.In base alle ultime rilevazioni dell’ISTAT sullo stato fisico (Physical Compo-nent Summary, Pcs) e sullo stato psicologico (Mental Component Summary, Mcs) si desume che, dal 2005 al 2013, la percezione della salute fisica rimane pressoché uguale, mentre il benessere psichico peggiora.Nel 2013, la prevalenza per età, di chi dichiara di stare male o molto ma-le, rimane, infatti, stabile al 7,3% nella popolazione di 14 anni e più (era il 7,4% nel 2005). Rispetto alle persone anziane che dichiarano di stare male o molto male, il valore rimane stabile intorno al 20% nell’intervallo di tempo in esame.Si accentuano invece, nel corso degli anni, le differenze di genere a svan-taggio delle donne e soprattutto le differenze regionali.Come si può notare in figura 6, le regioni con una migliore percezione sia dello stato di salute, che dello stato psicologico, si trovano tutte o quasi al Nord, mentre le regioni del Sud (non colorate), come la Calabria e la Puglia, si contraddistinguono per i valori più bassi e quindi per una condizione di vita di peggiore qualità, sia da un punto di vista fisico (con sostanziali limitazioni nella cura di sé e nell’attività fisica, sociale e perso-nale; importante dolore fisico; frequente stanchezza; e quindi una salute considerata complessivamente scadente), che psicologico (che vuol dire frequente disagio psicologico; importante disabilità sociale e personale dovuta a problemi emotivi).Nel Sud Italia, in generale, si percepisce una qualità di vita minore, sia nell’aspetto fisico che in quello psicologico.

38 servizio sanitario: pubblico accesso?

Figura 6. Confronto stato di salute e stato psicologico per regione - 2013

Fonte: Tutela della salute ed accesso alle cure 2013 - STAT

Un’altra disuguaglianza da registrare è quella legata all’età, ma soprattutto al genere.In generale, all’avanzare dell’età ad essere percepito come più problema-tico è lo stato di salute (figura 7), ma, dal confronto fra uomini e donne, si evince che lo stato percepito fisico e psicologico è più basso nelle donne e il divario si accentua fra gli anziani (tra gli anziani di 75 anni e più la differenza raggiunge i 4,8 punti, mentre nel 2005 era di 3,6 punti).

39capitolo 2 - cause di morte, qualità di vita percepita, stili di vita

Figura 7. Confronto stato di fisico e stato psicologico per età e sesso – trend 2005/2013

Fonte: Rapporto BES Benessere Equo e Sostenibile in Italia 2013 - STAT

Non è un caso, quindi, che tra i problemi di salute mentale, quelli più diffusi siano le sindromi depressive. Nella popolazione si stima siano circa 2,6 milioni le persone (4,4%) che ne soffrono, con prevalenze doppie tra le donne rispetto agli uomini, in tutte le fasce di età; nella popolazione anziana ne soffre almeno una persona su 10 e tra le donne ultraottantenni la quota supera il 15%. Non è neanche un caso che fra i farmaci più venduti in Italia, come in altri paesi, vi siano gli antidepressivi.

Stili di vita: si fuma di meno, ma aumentano le persone sedentarie e in sovrappeso

Come più volte ribadito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli stili di vita influenzano fortemente lo stato di salute delle popolazioni, con-dizionando il rischio di contrarre numerose malattie. Non è perciò indif-ferente godere di un buono stato di salute psicofisico, soprattutto nella cronicizzazione di molte patologie. Non si fa però abbastanza, per prevenire e promuovere corretti stili di vita.È dimostrato, ad esempio, che l’eccesso di peso rappresenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza di patologie metaboliche, cardiovascolari

40 servizio sanitario: pubblico accesso?

e tumorali, ma i dati dell’ISTAT mostrano come il 45,8% degli italiani, con più di 18 anni, è in sovrappeso o obeso.In particolare gli uomini sono in netto svantaggio, superando il genere fem-minile in tutte le categorie (figura 8).

Figura 8. Indice di massa corporea per persone di 18 anni e più 2013

Fonte: Italia in cifre 2014 - STAT

La percentuale di uomini sovrappeso o obesi è superiore a quella delle donne in tutte le fasce di età, andandosi a ridurre solo fra i 75 anni e più (figura 9), inoltre c’è una prevalenza di individui con eccesso di peso nel Mezzogiorno (49,1%), contro il 40,7% del Nord ed il 43,3% del Centro (figura 9). Le Regioni che svettano in questa classifica sono la Campania e la Puglia per gli uomini (62,2% per la prima e 60,6% per la seconda nel 2013) e la Basilicata e Campania tra le donne (43,8% e 42,2%).L’eccesso di peso è più diffuso, sempre secondo i dati ISTAT fra le persone meno istruite.

41capitolo 2 - cause di morte, qualità di vita percepita, stili di vita

Figura 9. Persone in sovrappeso o obese di 18 anni e più per sesso e classi di età 2013

Fonte: Rapporto BES Benessere Equo e Sostenibile in Italia 2013 - STAT

L’eccesso ponderale è un problema non solo italiano, ma una vera e propria emergenza mondiale. Nel confronto europeo, ad esempio, l’Italia si trova, secondo i dati OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), al penultimo posto considerando la percentuale di persone obese, con l’11,2% contro il 20% dell’Ungheria (figura 10).Ciò che preoccupa di più nel nostro Paese è l’eccesso di peso tra i minori. I dati OECD dicono che tra il 2011 e il 2012 è in sovrappeso un bambino su tre di 6-10 anni (35,7%) e nel Sud quasi uno su due (48%).

Figura 10. Persone in sovrappeso o obese nei Paesi Europei – Anni 2006-2012

Fonte: Tutela della salute ed accesso alle cure 2013 - STAT

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All’aumento di peso contribuisce sicuramente la scarsità di attività fisica. L’esercizio fisico costante è inoltre un aiuto per gli aspetti osteoarticolari e ha una ricaduta positiva sull’umore. Nonostante, secondo l’OMS, l’inat-tività fisica rappresenti il quarto fattore di rischio per la mortalità globale, aumenta in Italia il numero di chi ha uno stile di vita sedentario (figura 11). Si passa dal 39,6% del 2012 per persone con più di 14 anni, al 41,3% del 2013. Nuovamente permangono le differenze territoriali: 55,5% nel Mezzogiorno, 39,8% nel Centro, 31,4% nel Nord.Le Regioni con la maggiore quota di sedentari sono la Campania e la Sicilia.A parità di età, inoltre, la sedentarietà è più diffusa tra i meno istruiti.

Figura 11. Persone di 14 anni e più sedentarie per ripartizione geografica – Anni 2005-2013

Fonte: Rapporto BES Benessere Equo e Sostenibile in Italia 2013 - STAT

Le cose vanno meglio per quanto riguarda la propensione al fumo. Nel 2013 continua a diminuire la quota dei fumatori, con un trend al ribasso iniziato dal 2009.L’Italia si colloca per altro agli ultimi posti nella classifica europea (figura 12), che ogni anno viene stilata dall’OCSE, rispetto alla prevalenza di fumatori giornalieri (in Italia il 19,3% contro il 31,9% della Grecia).

43capitolo 2 - cause di morte, qualità di vita percepita, stili di vita

Figura 12.  Confronto fra Paesi Europei su fumatori più di 15 anni – Anni 2006-2012

Fonte: Tutela della salute ed accesso alle cure 2013 - STAT

Gli uomini fumano più delle donne e i giovani adulti più degli ultrases-santacinquenni. La percentuale più elevata di fumatori si registra tra per gli uomini tra i 20 ed i 34 anni, mentre per le donne tra i 45-54 anni (figura 13). Sia fra le donne che fra gli uomini diminuisce la quota di fumatori forti, ovvero chi fuma oltre 20 sigarette al giorno (dal 38,1% al 31,2%)

Figura 13. Fumatori con più di 25 anni per classi di età e livello di istruzione – Anno 2013

Fonte: Rapporto BES Benessere Equo e Sostenibile in Italia 2013 - STAT

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Per quanto riguarda la ripartizione territoriale, nel Nord complessivamen-te si fuma di meno (tabella 7). Nel Sud e Isole si trova la percentuale più alta di forti fumatori (rispettivamente 37% e 37,5%) mentre nel Centro la percentuale di forti fumatori è scesa dal 2005 di ben dieci punti percentuali (dal 40% del 2005 al 30,1% del 2013).Un altro elemento dirimente è rappresentato dal grado di istruzione. La quota di fumatori diminuisce, infatti, soprattutto fra i laureati (dal 20,3% al 16,8%).

Tabella 7. Ripartizione geografica su fumatori con più di 14 anni – Anni 2005-2013

Fonte: Tutela della salute ed accesso alle cure 2013 - STAT

Capitolo 3. La condizione sociale e lavorativa

Dal 2007 al 2013 assistiamo ad un’inesorabile diminuzione del reddito disponibile e della spesa per i consumi (figura 14). In particolare, i cali più consistenti del reddito pro capite si registrano in Emilia Romagna (-7,4%), Liguria (-5%), Lombardia (-7,4%) e Piemonte (-2,1%). Ciò nonostante il red-dito disponibile pro-capite di un cittadino emiliano (21.039 euro) è netta-mente superiore al reddito pro-capite campano (12.265), siciliano (12.722) e calabrese (12.943).La spesa per i consumi finale pro-capite si riduce, dal 2012 al 2013, del 1,7%.

Figura 14. Variazione annue del reddito disponibile e spesa per consumi pro-capite 2005-2013

Fonte: Rapporto BES Benessere Equo e Sostenibile in Italia 2013 - ISTAT

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Nonostante l’ulteriore contrazione del risparmio (pari al 11,5%) e il ricorso all’indebitamento, le famiglie non riescono a mantenere il proprio standard di vita, quelle che infatti hanno ridotto i propri consumi rispetto all’anno precedente sono 62,3% contro il 53,6% del 2011 (figura 15).Questo perché la ricchezza pro-capite è diminuita del 1,1% a prezzi correnti e del 3,3% a prezzi costanti nell’ultimo anno.

Figura 15. Il potere di acquisto e la propensione al risparmio 2004-2013

Fonte: Rapporto BES Benessere Equo e Sostenibile in Italia 2013 - STAT

Non si rinuncia però solamente ad abbigliamento, elettrodomestici, spese per il tempo libero e per la casa, ma anche alle spese per farmaci, visite ed esami specialistici (tabella 8).Rinuncia a visite mediche, accertamenti specialisti, interventi chirurgici e farmaci, il 7,5% dei cittadini del Nord Ovest, il 9,5% del Nord Est, l’11,3% del Centro, il 14,3% del Sud e il 15,4% delle Isole, con una maggiore pre-valenza delle donne (13,2%) a confronto degli uomini (9,1%).

47capitolo 3 - la condizione sociale e lavorativa

Tabella 8. Persone che hanno rinunciato a prestazioni sanitarie o acquisto di farmaci 2012

Fonte: Annuario Statistico 2013 - STAT

Le privazioni finora elencate risultano ben comprensibili se si pensa che in Italia una famiglia su dieci ha almeno un componente con limitazioni funzionali. Di questo 11,4%, il 40% è composto da persone con limitazioni funzionali che vivono sole (tabella 9). Sono inoltre il 70% le famiglie che non usufruiscono di alcun tipo di assistenza domiciliare, né privata, né pubblica.Ancora, c’è da notare che il 20,2% delle famiglie in cui tutti i componenti hanno limitazioni funzionali, hanno dovuto rinunciare all’assistenza domi-ciliare, sia pubblica che privata.

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Tabella 9. Famiglie con persone con limitazioni funzionali che si avvalgono di servizi pubblici o di personale a pagamento

Fonte: Tutela della salute e accesso alle cure 2013 - STAT

Le regioni con più alta incidenza di persone anziane con limitazioni funzio-nali (figura 16) sono la Puglia (26,9%), la Sardegna (25,5%), la Sicilia (25,5%), la Campania (25,1%) e la Calabria (22,8%). Quelle che invece hanno i valori più bassi sono la Valle d’Aosta (14,4%), la provincia di Bolzano (14,6%), il Piemonte (14,7%), la Liguria (15%), la provincia di Trento (15,6%) e la Lombardia (15,7%).

Figura 16. Persone di 65 anni e più con limitazioni funzionali per regione 2005-2013

Fonte: Tutela della salute e accesso alle cure 2013 - STAT

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Le limitazioni più frequenti (tabella 10), sia per i bambini che per gli an-ziani, è quella che riguarda le funzioni essenziali della vita quotidiana (rispettivamente 3,4 e 13%), subito seguite dalle limitazioni di movimento (2,6 e 10,3%).Anche in questo caso, per entrambe le categorie, sono le donne a essere più svantaggiate.

Tabella 10. Persone di 6 anni e più e persone di 65 e più con limitazioni funzionali per tipo di limitazioni

Fonte: Tutela della salute e accesso alle cure 2013 - STAT

Ai dati per nulla confortanti su reddito e disabilità, si aggiunge la dram-matica situazione lavorativa, soprattutto della fascia di età dei 15-24enni, dove la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 44,2%, ed è ancora in crescita di 1 punto percentuale rispetto al mese precedente e di 3,6 punti nel confronto tendenziale.Negli ultimi anni fortemente segnati dalla crisi economica la percentuale di disoccupazione giovanile è praticamente raddoppiata (figura 17), passan-do da circa il 20% nel 2007 fino a toccare oltre il 40% nel 2013. Ma il problema non riguarda solo il nostro Paese, a condividere con noi il raddoppio del tasso di giovani senza lavoro sono anche Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro, Irlanda e Belgio. Complessivamente in Europa il tasso di disoccupazione giovanile è passato dal 15% del 2007 al 27% del 2013.

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Figura 17. Percentuale di disoccupazione giovanile confronto 2007-2013

Fonte: Bollettino statistico di Febbraio sullo stato dell’occupazione nei paesi dell’Euro Zona Banca Centrale Europea

A soffrire maggiormente, sono sempre le regioni del Sud (figura 18). Nel primo trimestre del 2014 il tasso di disoccupazione supera il 21% in Ca-labria, Campania e Sicilia. I tassi minori (fino al 10%) si registrano, invece, nel Nord Est e in Valle d’Aosta.

51capitolo 3 - la condizione sociale e lavorativa

Figura 18. Tasso di disoccupazione. I trimestre 2014

Fonte: Elaborazione Ufficio Statistico Regione Puglia su dati ISTAT

Non stupisce quindi che gli italiani siano i più scoraggiati di Europa ri-spetto la possibilità di trovare un’occupazione a breve. Il dato è persino peggiorato rispetto a precedenti rilevazioni: se nel primo trimestre del 2013 la soglia si assestava intorno al 11,8%, nel primo trimestre di quest’anno il dato è salito di un punto percentuale, arrivando al 12,8%.Aumenta contestualmente il numero di persone che vivono in famiglie dove nessun componente lavora o percepisce una pensione da lavoro (figura 19).Se a trovarsi in questa condizione, nel 2004, era il 4,8% della popolazione, nel 2012 la quota arriva al 7,9% e nel 2013 raggiunge il 9,1%.

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Figura 19. Persone che vivono in famiglie dove nessun componente lavora o percepisce una pensione di lavoro 2004-2011

Fonte: Rapporto BES Benessere Equo e Sostenibile in Italia 2013 - STAT

Nel 2013, il 12,6% delle famiglie è in condizione di povertà relativa (per un totale di 3 milioni 230 mila) e il 7,9% lo è in termini assoluti (2 milioni 28 mila).La percentuale di persone che si trovano in una condizione di povertà as-soluta aumenta ulteriormente rispetto al 2012, passando dal 6,8% al 7,9%, con una differenza tra Nord e Sud di quasi 7 punti percentuali (12,6 per il Sud e 5,7% per il Nord).La povertà assoluta continua ad aumentare, tra il 2011 ed il 2012 (figura 20), tra le famiglie con tre (dal 6,6 all’8,3%), quattro (dall’8,3 all’11,8%) e cinque o più componenti (dal 17,2 al 22,1%); si tratta di famiglie con figli, soprattutto minori (dall’8,9 al 12,2%), di coppie con un figlio (dal 5,9 al 7,5%), con due figli (dal 7,8 al 10,9%) e soprattutto di coppie con tre o più figli (dal 16,2 al 21,3%).

53capitolo 3 - la condizione sociale e lavorativa

Figura 20. Povertà assoluta ripartizione geografica 2007-2013

Fonte: Annuario Statistico 2013 - STAT

Parte seconda

Capitolo 4. Il punto di vista delle Associazioni

I dati contenuti nel presente Rapporto sono il risultato di una ricognizione che ha interessato 42 Organizzazioni di persone affette da patologia cro-nica e rara (e loro familiari).

Le Associazioni che hanno collaborato (figura 21) si occupano prevalen-temente di patologie croniche riconosciute (37,2%) secondo il Decreto Ministeriale 28 maggio 1999 n 329. Il 32,6% si occupa, invece, di patologie rare riconosciute secondo il Decreto Ministeriale del 18 maggio 2001, n 279.Le Associazioni rappresentate nel campione, che si occupano di patologie croniche non riconosciute, sono il 25,6%, mentre quelle che si occupano di patologie rare non riconosciute sono il 4,6%.

Figura 21. Patologia Cronica o Rara

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

58 servizio sanitario: pubblico accesso?

4.1 Le difficoltà della persona e della famiglia

Anche nel 2013 il primo problema segnalato dalle famiglie delle Associazioni (figura 22) risulta essere la difficoltà a conciliare il lavoro con l’assistenza lavorativa (73,81%). In questa epoca così difficile dal punto di vista lavora-tivo, perdere un posto di lavoro può voler dire non trovarne un altro, perciò è necessario «fare i salti mortali» pur di mantenerlo e al contempo occuparsi della gestione e cura della propria patologia o di quella del proprio familiare.Il tutto si complica quando per curarsi si è costretti a spostarsi fuori regione, come ci segnala il 69% delle Associazioni. Si tratta di affrontare lunghi e faticosi viaggi e pagarne di tasca propria i costi (1233 euro in media l’anno per viaggi e 1029 euro per la sistemazione). Un altro ostacolo che non aiuta i pazienti è la «disorganizzazione» dei Servizi. Più di un’Associazione su due lamenta, infatti, la difficoltà dovuta a un’eccessiva burocrazia (57,1%).Tutto è terribilmente complicato e farraginoso: il paziente è costretto a por-tare con sé la propria documentazione clinica, diventando esso stesso il proprio fascicolo sanitario; per richiedere una protesi, un ausilio, presentare una domanda di invalidità, piuttosto che richiedere un codice di esenzione o l’assistenza domiciliare, è costretto a compilare decine di moduli e richieste, oltre che visitare una quantità spropositata di uffici, tutti ovviamente aperti solo poche ore nella mattina.Tutto questo ovviamente ha un costo sia diretto (spostamenti, acquisto privato di ausili in attesa del riconoscimento del diritto a usufruirne, paga-mento di esami e visite specialistiche, ecc.), sia indiretto (giornate di lavoro perse, licenziamenti, aggravamento della patologia dovuto alle attese, allo stress, alla mancanza di gestione e presa in carico, ecc.). Il 52,4% segnala, perciò un carico assistenziale troppo oneroso.Ovviamente il carico assistenziale diventa un problema maggiore quando ad essere affetti da una patologia cronica o rara sono più componenti della stessa famiglia (35,7%).

59capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Figura 22. Le principali difficoltà che i nuclei familiari affrontano per garantire continuità e qualità nell’assistenza

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Nonostante la prima preoccupazione espressa sia proprio quella di conciliare orario di lavoro e assistenza, continuano a essere segnalati alle Associazioni (tabella 11) licenziamenti o mancati rinnovi di contratti lavorativi a cau-sa dell’assenza sul posto di lavoro del lavoratore affetto da patologia cronica e rara (47,5%). Perdere il lavoro oggi è sicuramente un dramma, visto che, come si è detto, abbiamo il tasso di disoccupazione medio più alto dal 1977, ma lo è ancora di più per chi si trova già a essere discriminato per l’essere affetto da una patologia cronica o rara. In questi casi le tutele dovrebbero essere maggiori e il collocamento attraverso le liste speciali più agevole e soprattutto garantito, ma come vedremo più avanti, le liste speciali di collocamento non funzionano e perciò chi si trova senza lavoro e con una patologia cronica difficilmente può sperare di ricollocarsi nel mondo del lavoro.

60 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 11. Sono giunte alla vostra Associazione segnalazioni di licenziamenti, mancato rinnovo di contratti lavorativi o interruzioni del rapporto di lavoro dovuti all’assenza sul posto di lavoro del lavoratore affetto da patologia cronica e rara?

Sì 47,5%

No 52,5%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Proprio per evitare che questo accada e ben consapevoli di non riuscire facilmente a rientrare nel mondo del lavoro gli espedienti di chi ha una pato-logia cronica, sono diversi (figura 23). La maggioranza (58,5%) nasconde la propria patologia. Il 43,9% si accontenta di eseguire un lavoro non adatto, andando quindi anche ad aggravare il proprio stato di salute o, ancora, c’è chi (il 29,3%) evita di prendere i permessi per cura, essendo queste richieste «mal viste» dai datori di lavoro, che spesso si rifiutano anche di concedere i regolari permessi/congedi previsti dalla L 104/92 art. 3 comma 3, riconosciuti solo in presenza di un handicap grave.

Figura 23. Strategie per evitare problemi sul lavoro a causa della propria patologia

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

61capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

La crisi, la mancanza di lavoro e la continua erosione dei risparmi «mor-dono» e le famiglie non riescono più a far quadrare i conti. L’80,5% delle Associazioni afferma che i propri associati sono stati costretti a rinunciare, per motivi di carattere economico, ad almeno un aspetto dell’assistenza (figura 24). Oberati da servizi che non sono in grado di rispondere ade-guatamente (ticket, spesa privata per esami, visite, farmaci, assistenza alla persona, ecc.), si è costretti a fare bene i conti in tasca e a cercare di capire cos’è veramente indispensabile e cosa no.

Figura 24. Sono giunte nell’ultimo anno (2013) alla vostra Associazione segnalazioni rispetto alla necessità di rinunciare ad aspetti dell’assistenza per motivi di carattere economico?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

A cosa rinunciano quindi le persone con patologia cronica o rara (tabella 12)? Non ad aspetti secondari e poco importanti. Per un’Associazione su due (52,9%) si rinuncia alla riabilitazione. Il 47,1% rinuncia all’assistenza psicologica, pur essendo un problema fortemente sentito. Abbiamo visto, infatti, che negli anni la salute psicologica degli italiani, soprattutto delle donne, è diminuita progressivamente.La terza tipologia di rinuncia, che riguarda il 44,1% delle Associazioni, è l’acquisto di parafarmaci (creme, colliri, alimenti particolari, ecc.) i quali, pur essendo indispensabili per la cura di alcune patologie, sono totalmente a carico dei cittadini.

62 servizio sanitario: pubblico accesso?

Si rinuncia anche agli esami e alle visite di controllo (44,1%) indispensabili per il monitoraggio della patologia ma troppo costosi a causa dell’aumento dei ticket e delle lunghe liste di attesa che spingono a rivolgersi all’attività intramuraria o privata.Ancora il 41,2% rinuncia all’acquisto dei farmaci di fascia C, alle volte anche farmaci salvavita, quando il costo, come nel caso di un farmaco utilizzato per la cura di alcune malattie croniche del sangue (passato dai 15 euro della fascia A, ai 380 euro della fascia C) è esorbitante. Si fa a meno anche dell’as-sistenza domiciliare, dell’assistenza alla persona, delle cure odontoiatriche, dell’assistenza residenziale e semiresidenziale, o quella protesica e integra-tiva. Insomma si rinuncia dove si può o dove si pensa di potere, stilando una triste classifica rispetto a ciò che, seppure fondamentale, è evitabile.

Tabella 12. Se sì, quali sono gli ambiti di assistenza socio-sanitaria rispetto ai quali si sono verificate maggiori rinunce?

Riabilitazione 52,9%

Assistenza psicologica 47,1%

Acquisto di parafarmaci (creme, colliri, alimenti particolari, ecc.) 44,1%

Esami/visite per la gestione e monitoraggio della patologia 44,1%

Assistenza farmaceutica 41,2%

Assistenza domiciliare 35,3%

Assistenza alla persona (badante) 29,4%

Cure odontoiatriche 26,5%

Assistenza residenziale e semiresidenziale 17,6%

Assistenza protesica e integrativa 14,7%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

4.2 La prevenzione

Gli effetti sulla salute degli stili di vita sono ben noti: secondo l’OMS, in Eu-ropa, l’86% dei decessi e il 77% degli anni di vita in buona salute persi sono provocati da patologie croniche (tra cui malattie cardiovascolari, tumori, diabete mellito, malattie respiratorie croniche, disturbi muscolo-scheletrici

63capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

e dell’apparato gastrointestinale, problemi di salute mentale) che hanno in comune fattori di rischio modificabili. L’OMS ha identificato sette principali fattori di rischio riferiti allo stile di vita e responsabili del 60% della perdita di anni in buona salute in Italia e in Europa: fumo, ipertensione arteriosa, alcol, eccesso di colesterolo, sovrappeso, scarso consumo di frutta e ver-dura, inattività fisica.Abbiamo visto però che, sebbene l’Italia si posizioni meglio di altri paesi europei, aumenta complessivamente la percentuale di persone sovrappeso o obese, soprattutto tra i bambini e il numero di persone sedentarie.Questi due aspetti, così come quello del fumo, risultano maggiormente critici nel Sud e Isole e fra le fasce di popolazione meno istruite.Chi vive quindi un forte disagio psicologico e percepisce una qualità di salute peggiore, ha anche più possibilità (un fattore di rischio più alto) di sviluppare più patologie legate a questi aspetti.Come però sottolineavano i dati del precedente Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità in Italia non si fa prevenzione, o la si fa solo in al-cune realtà1.Ben il 53% delle Associazioni afferma, ad esempio, che nel 2012 le campa-gne di promozione e informazione sulla prevenzione primaria, ovvero sui comportamenti e interventi in grado di evitare o ridurre l’insorgenza o lo sviluppo di una malattia, non erano sufficienti.Abbiamo deciso pertanto di capirne il perché (figura 25). Il 55,2% delle Associazioni interpellate afferma che il motivo per cui le campagne di pre-venzione primaria falliscono è che sono sporadiche e non hanno seguito. Non esiste quindi una strategia globale e uniforme sul territorio, come è avvenuto ad esempio nei decenni sul fumo, portando a un’effettiva ridu-zione del numero di fumatori; ma «interventi spot» che non modificano i comportamenti e soprattutto non raggiungono i soggetti più fragili perché meno istruiti, più giovani o residenti in zone dell’Italia che offrono poca assistenza socio sanitaria. La prevenzione, inoltre, si fa con una diagnosi precoce, ma spesso le lunghe liste d’attesa e la carenza di specialisti sul territorio, contraddicono e inficiano il messaggio stesso delle campagne di prevenzione.

1. XII Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità 2013 “Permesso di cura” - Cittadi-nanzattiva

64 servizio sanitario: pubblico accesso?

Il 34,5% afferma, invece, un vuoto di intervento in questo senso, ovvero le campagne di prevenzione primaria non vengono fatte. Molto spesso sono le stesse Associazioni di pazienti che, con gli scarsi mezzi a disposi-zione, cercano di colmare un vuoto da parte dello Stato, ingegnandosi in campagne di informazione e sensibilizzazione.Per il 24,1%, invece, il problema riguarda l’oggetto della campagna, che punta su aspetti secondari o comunica male. In questo caso l’esperien-za dei pazienti e delle Associazioni che li rappresentano, è davvero una incredibile risorsa che però non viene sfruttata. Si pretende di parlare alle persone affette, ad esempio, da una specifica patologia, ma non si è disposte ad ascoltarle.Sono state scritte decine se non centinaia di manuali e testi scientifici sulla comunicazione sociale inefficace, ma continuano a essere spesi soldi pubbli-ci in campagne, laddove vengono realizzate, che in partenza sono inefficaci.

Figura 25. I motivi per cui le campagne di prevenzione primaria non sono sufficienti

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Lo stesso discorso vale per la prevenzione secondaria (tabella 13), ovvero per quegli strumenti che consentono di giungere a una diagnosi precoce della malattia, permettendo quindi di intervenire precocemente sulla stessa.

65capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Le campagne di prevenzione secondaria non sono sufficienti perché sono sporadiche e non hanno seguito (51,7%). Un altro motivo di insuccesso, in queste campagne che dovrebbero aiutare a giungere a una diagnosi precoce, è lo scarso coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di libera scelta (44,8%). Realizzare, ad esempio, una campagna per la vaccinazione, piuttosto che una campagna per lo screening di una specifica patologia, senza però avere una massiccia partecipazione della medicina di base vuol dire il fallimento assicurato di questo intervento, nonché l’inutile spreco di risorse pubbliche.La diagnosi precoce non sembra essere ancora una reale priorità per le nostre istituzioni o, se lo è, sembra esserlo dal punto di vista formale e non sostanziale visto che per il 44,8% delle Associazioni, non vengono realiz-zate campagne di informazione sulla prevenzione secondaria e non si effettuano screening (41,4%).

Tabella 13. Secondo i dati del precedente rapporto sulle politiche della cronicità per il 60% delle Associazioni le politiche e le campagne di promozione e informazione attuate a livello nazionale, regionale e locale, sulla prevenzione secon-daria, ovvero tutti quegli interventi volti a individuare precocemente la presenza di una patologia, così da diminuire il danno (diagnosi precoce), risultano non sufficienti, perché?

Sono sporadiche e non hanno seguito 51,7%

I MMG e i PLS non sono coinvolti 44,8%

Non vengono realizzate campagne di informazione 44,8%

Non si effettuano screening 41,4%

Gli screening coinvolgono solo alcune regioni 6,9%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Per quanto riguarda, infine, la prevenzione terziaria (figura 26), ovvero tutti quegli interventi di tipo riabilitativo e assistenziale che hanno l’obiettivo di impedire l’invalidità in persone già colpite da malattie croniche o degene-rative, e di favorire il recupero di persone portatrici di handicap e in ultima analisi per migliorare la qualità di vita (es. misure di riabilitazione motoria, supporto psicologico, prevenzione delle piaghe da decubito, ecc.), non risultano sufficienti nel 51,7% dei casi, perché non si effettua la necessaria formazione nei confronti dei familiari e dei caregivers.

66 servizio sanitario: pubblico accesso?

Anche in questo caso il secondo motivo del fallimento di questo tipo di campagne (44,8%) è lo scarso coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale e dei Pediatri di Libera Scelta.Non vengono effettuate campagne di prevenzione terziaria per il 44,8% del-le Associazioni o comunque sono sporadiche e non hanno seguito (41,4%).

Figura 26. I motivi per cui le campagne di prevezione terziaria non sono sufficienti

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

La prevenzione generalmente non rappresenta la priorità per il Servizio Sanitario Nazionale, anche se si dichiara il contrario; quella che viene in-coraggiata attraverso campagne di informazione e promozione ha scarsa efficacia perché fatta in maniera non continuativa, non organizzata, senza coinvolgere medici e pazienti.Il costo della prevenzione, nonostante da ogni parte venga ribadito quanto sia importante, soprattutto nei confronti di una popolazione con un alto indice di vecchiaia come il nostro, ricade però sulle famiglie (1533 euro in media l’anno per prevenzione primaria e secondaria e 2000 euro l’anno per quella terziaria).Il 78,1% delle Associazioni afferma che le famiglie hanno dovuto pagare di tasca propria, per la prevenzione, quindi per esami diagnostici, attività fisica, farmaci per la prevenzione delle complicanze, ecc. (tabella 14)

67capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Tabella 14. In base alla vostra esperienza le famiglie hanno dovuto sostenere costi privati per accedere a prestazioni utili per la prevenzione (es. esami diagnostici, attività fisica, assunzioni di alimenti specifici, farmaci prevenzione complicanze, …)?

Sì 78,1%

No 21,9%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Sono sempre di meno le famiglie in grado di garantire «spese extra». Il budget familiare è sempre più risicato, i contesti sempre più difficili: disoc-cupazione, disgregazione dei nuclei familiari, solitudine e quindi bisogna fare i conti e decidere cosa tagliare (figura 27).Nell’ambito della prevenzione si rinuncia innanzitutto alle visite per il con-trollo della patologia, se devono essere effettuate in regime intramurario o privato (76%).La seconda rinuncia (60%) è l’attività fisica, fondamentale per la preven-zione e il miglioramento della qualità di vita, ad esempio nelle patologie osteoarticolari, ma anche nella prevenzione dell’handicap.La stessa percentuale (60%) ha difficoltà a pagare di tasca propria esami diagnostici e di screening.Per un Associazione su due (52%) si rinuncia ad acquistare ausili non previsti nel nomenclatore, e per una su tre (32%) ad adattare l’abitazione.

Figura 27. Ambiti in cui le famiglie hanno dovuto sostenere costi privati per accedere a prestazioni utili per la prevenzione

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

68 servizio sanitario: pubblico accesso?

«Prevenire è meglio che curare» citava un famoso motto, quanto mai vero oggi, viste le tendenza degli ultimi anni circa stili di vita inappropriati. Gli allarmi vengono costantemente lanciati a tutti i livelli: mondiale, europeo, nazionale, eppure assistiamo a un assurdo immobilismo.Le campagne di prevenzione, se e dove vengono realizzate, «non hanno se-guito». Non c’è una strategia, un indirizzo, una regia. Non vengono coinvolti i principali portatori di interesse: i pazienti, i Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta. Quanto più è fondamentale agire subito, per evitare l’insorgenza di patologie croniche evitabili, tanto più gli interventi si fanno inconsistenti.Si dice spesso che in Italia mancano i fondi per la prevenzione, ma chi avrà i fondi per curare tutte le persone che potrebbero non ammalarsi e che invece si ammaleranno? Considerato che in tutte le statistiche sono le Re-gioni del Mezzogiorno quelle a più alto rischio per stili di vita inappropriati, la prevenzione non è solo un investimento, ma una necessità.

4.3 Percorso Diagnostico Terapeutico e Assistenziale (PDTA)

La frammentazione degli interventi, la mancanza di collegamento dei pro-fessionisti sanitari, la difficoltà di accedere alle prestazioni e di ricevere l’as-sistenza adeguata, rappresentano non solo un motivo di preoccupazione e frustrazione da parte della persona con patologia cronica e rara e dei suoi familiari, ma anche una enorme fonte di spreco e di inappropriatezza da parte del sistema sanitario.Esiste un antidoto per tutto questo: i Percorsi Diagnostici Terapeutici As-sistenziali (PDTA).I PDTA, infatti, disegnano un piano interdisciplinare di cura creato per ri-spondere a bisogni complessi di salute del cittadino, promuovendo la con-tinuità assistenziale, favorendo l’integrazione fra gli operatori, riducendo la variabilità clinica, diffondendo la medicina basata sulle prove (EBM), utiliz-zando in modo congruo le risorse. Definisce inoltre, con chiarezza, ruoli e responsabilità di ciascun attore che interviene nella cura.In particolare, i PDTA rispondono efficacemente alla frammentazione or-ganizzativa dei servizi sanitari, specie nell’interfaccia ospedale-territorio, riducendo i rischi connessi al passaggio del paziente dall’Ospedale ai ser-vizi territoriali e alla medicina di base. Allo stesso modo offrono garanzie e

69capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

semplificazione al paziente che non deve rimbalzare da un servizio all’altro, con inutili duplicazioni e spese per il SSN, ma ha un iter già organizzato.I PDTA non sono però molto diffusi (figura 28) e, laddove esistono, si svi-luppano solo in alcune regioni come afferma il 28,2% delle Associazioni.Un altro aspetto da tenere presente è la difformità di intervento. Per alcune patologie, infatti, non esiste un PDTA né a livello regionale, né nazionale (25,6%) e per altrettante patologie, invece, accade l’esatto contrario, ovvero il PDTA è diffuso sia a livello nazionale che regionale.

Figura 28. In base alle informazioni in vostro possesso è stato definito un PDTA relativo alla patologia di riferimento della vostra organizzazione?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Anche però nel caso in cui il PDTA sia stato sviluppato, a livello regionale o nazionale, le Associazioni non sono state coinvolte (tabella 15), come afferma il 57,9%.Il 26,3% di esse non ne è a conoscenza, ovvero esistono casi in cui PDTA vengono costruiti su una determinata patologia e i pazienti che ne sono affetti non sanno neanche che esistono.Alcuni vengono coinvolti solo nei PDT (Percorsi Diagnostico Terapeutici) 13,2%, o ancora vengono coinvolti solo in alcuni PDTA (a livello nazionale 10,5% e a livello regionale 5,3%).

70 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 15. La vostra Associazione è stata coinvolta nella costruzione di un PDTA nazionale o un PDTA a livello regionale?

No 57,9%

Non a conoscenza 26,3%

Solo nel PDT 13,2%

Solo a livello nazionale 10,5%

Solo a livello regionale 5,3%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Progettare un PDTA senza interpellare chi ne è protagonista, colui quindi che questo percorso lo compie e che quindi ne è il miglior «supervisore», appare piuttosto irragionevole, ma a quanto pare molto comune. L’espe-rienza diretta ci dimostra che questo non solo è possibile, ma anche for-temente motivante non solo per i professionisti, ma per i pazienti stessi, che si sentono i primi attori del proprio percorso di cura e in questo anche responsabilizzati.Cittadinanzattiva, insieme alle Associazioni di pazienti di riferimento aderen-ti al CnAMC (Coordinamento nazionale delle Associazioni di Malati Cronici) ha voluto dare in questo senso il proprio contributo, lavorando a due diversi PDTA: nelle Malattie Infiammatorie Croniche dell’intestino, malattia di Crohn e Colite Ulcerosa2, presentato il 6 marzo 2014, realizzato in collabo-razione con AMICI Onlus (’Associazione Nazionale per le Malattie Infiamma-torie Croniche dell’Intestino)3 e nelle Malattie Reumatiche Infiammatorie Autoimmuni4, realizzato in collaborazione con ANMAR Onlus5 (Associazione Nazionale Malati Reumatici) di prossima pubblicazione.

Siamo lieti, inoltre, che la richiesta di adozione dei PDTA, avanzata nel pre-cedente Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità, abbia trovato

2. http://www.cittadinanzattiva.it/files/rapporti/salute/malattie_croniche_e_rare/rappor-to-pdta-mici-2014.pdf3. www.amiciitalia.net4. http://www.cittadinanzattiva.it/progetti-e-campagne/salute/artrite-reumatoi-de/5281-il-pdta-delle-malattie-reumatiche-infiammatorie-auto-immuni.html5. http://www.anmar-italia.it/

71capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

pronta risposta da parte delle Istituzioni. Il 20 febbraio 2014 è stato, infatti, siglato l’Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Tren-to e Bolzano che fissa le linee progettuali in ambito Sanità per l’utilizzo delle risorse vincolate (1,41 miliardi), che individua, nella linea progettuale numero 2: «modelli avanzati di gestione delle malattie croniche», fra le aree prioritarie di intervento proprio l’adozione di PDTA condivisi con le Asso-ciazioni di persone con cronicità6.Come viene segnalato nel citato Accordo, a riguardo della gestione della cro-nicità, nel corso degli anni, anche in Italia si è consolidata la consapevolezza che per affrontare la cronicità è necessario lo sviluppo di nuove modalità assistenziali basate sull’integrazione dei professionisti e dei servizi. La base di partenza, a nostro avviso, per realizzare nuovi modelli di gestione delle patologie croniche non può che essere un corretto dimensionamento del fenomeno.L’esperienza riportata dalle Associazioni che hanno collaborato alla re-alizzazione del presente rapporto è che non si ha certezza dei numeri (figura 29) perché non per tutte le patologie esiste un registro nazio-nale o regionale (29,7%). Di alcune patologie si conosce il numero di pazienti in tutta la nazione, come accade per il diabete, per altre esistono, invece, dei registri regionali, come nel caso della sindrome di Arnold Chiari e siringomielia (sono presenti dei registri regionali in Lombardia e Piemonte) o per l’insufficienza respiratoria cronica (Veneto e Lom-bardia). Allo stesso tempo però esistono patologie ad alta intensità di cura, come l’Alzheimer, per cui non esiste né un registro nazionale, né registri regionali.Quello che maggiormente colpisce è che non esiste, anche in questo caso, una regia unica come per altri aspetti dell’assistenza, ma ogni Regione, se non ogni ASL o addirittura azienda, decide se dotarsi o meno di un registro di pazienti, per quale tipo di patologia e con quali informazioni.

6. Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulla pro-posta del Ministero della salute sulle linee progettuali per l’utilizzo da parte delle Regioni delle risorse vincolate, ai sensi dell’articolo 1, commi 34 e 34bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l’anno 2013.

72 servizio sanitario: pubblico accesso?

Figura 29. Siete a conoscenza dell’esistenza di un registro nazionale o regionale relativo alla patologia di riferimento della vostra organizzazione?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

4.4 Dolore

L’Italia è stata uno dei primi Paesi a dotarsi di una legge sul dolore, la Leg-ge n. 38 del 15 marzo 2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, e il primo paese ad aver sancito, per leg-ge, la specificità pediatrica nell’ambito delle cure palliative e della terapia del dolore. La legge 38/2010 recepisce e formalizza, inoltre, quanto disposto dalla Carta dei diritti sul dolore inutile, promossa dal Tribunale per i diritti del malato – Cittadinanzattiva, nel 20057.Siamo tuttavia ancora lontani dalla piena realizzazione degli otto diritti san-citi dalla Carta dei diritti, primo fra tutti «il diritto a non soffrire inutilmente».Alla domanda specifica circa la rilevazione del dolore (figura 30) per la propria patologia di riferimento la maggioranza delle Associazioni, com-

7. http://www.cittadinanzattiva.it/files/approfondimenti/salute/dolore_cronico/carta_dei_diritti_sul_dolore_inutile.pdf

73capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

plessivamente il 53%, afferma che la rilevazione del dolore è per niente (28,6%) o poco soddisfacente (25%).Nessuna Associazione dà, su questo aspetto, pieni voti al Ssn e solo il 21,4% la ritiene mediamente soddisfacente.Decisamente troppo poco per un aspetto dell’assistenza così delicato e importante.

Figura 30. Rispetto alla patologia di riferimento della vostra Associazione, la rilevazione del dolore è?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Ogni anno il Ministero della Salute trasmette al Parlamento un Rapporto sul-lo stato di attuazione della Legge n. 38 del 15 marzo 2010, “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”. Il Rapporto ha la finalità di evidenziare lo stato di attuazione e realizzazione delle reti assistenziali di cure palliative e di terapia del dolore rivolte sia al paziente adulto sia al paziente pediatrico.Citando l’ultimo Rapporto8 presentato dal Ministro Lorenzin il 22 luglio «È essenziale poter dare a ciascun paziente la possibilità di ricevere cure di elevata

8. Rapporto sullo stato di attuazione della Legge n. 38 del 15 marzo 2010, “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”- 2014 Ministero della Salute

74 servizio sanitario: pubblico accesso?

qualità e di morire in modo dignitoso, senza dolore, rispettando il principio di autonomia del malato e la considerazione dei valori etici e delle usanze sociali delle persone che affrontano una grave malattia. Di conseguenza il coinvol-gimento dei pazienti nelle scelte che riguardano la cura della loro malattia rappresenta uno degli obiettivi principali dell’operato di chi somministra le cure palliative».Quanto dichiarato, secondo le Associazioni di pazienti, non viene rea-lizzato proprio nei confronti delle categorie di pazienti più fragili (figura 31). Il 47,4% delle Associazioni lamenta una carenza nella rilevazione e gestione del dolore nei confronti delle persone anziane, il 31,6% nei confronti delle persone portatrici di disturbo mentale e il 26,3% nei confronti dei bambini.Proprio quei soggetti per i quali l’attenzione verso il diritto a non soffrire dovrebbe moltiplicarsi, vista la condizione di incapacità a esprimere corret-tamente la propria condizione di sofferenza (vedi i bambini e chi soffre di un disturbo mentale), o ancora chi vive una condizione di fragilità a causa dell’età (gli anziani), sono i più trascurati.

Figura 31. Quali sono le categorie di persone che per fragilià risultano maggiormente trascurate nella rilevazione e gestione del dolore?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

75capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Vogliamo qui ricordare la Carta dei diritti sul dolore inutile, iniziando dal numero 7:

7) diritto del bambino, dell’anziano e dei soggetti che non hanno voce: i bam-bini, gli anziani ed i soggetti che «non hanno voce» hanno lo stesso diritto a non provare dolore inutile;Ogni individuo ha:1. diritto a non soffrire inutilmente: ciascun individuo ha diritto a vedere

alleviata la propria sofferenza nella maniera più efficace e tempestiva possibile;

2. diritto al riconoscimento del dolore: tutti gli individui hanno diritto a essere ascoltati e creduti, quando riferiscono del loro dolore;

3. diritto di accesso alla terapia del dolore: ciascun individuo ha diritto ad accedere alle cure per alleviare il proprio dolore;

4. diritto a un’assistenza qualificata: ciascun individuo ha diritto a ricevere as-sistenza al dolore, nel rispetto dei più recenti e validati standard di qualità;

5. diritto a una assistenza continua: ogni persona ha diritto a veder al-leviata la propria sofferenza per continuità e assiduità, in tutte le fasi della malattia;

6. diritto a una scelta libera e informata: ogni persona ha diritto a parteci-pare attivamente alle decisioni sulla gestione del proprio dolore;

8) diritto a non provare dolore durante gli esami invasivi e non: chiunque debba sottoporsi a esami diagnostici, in particolare quelli invasivi, deve essere trattato in maniera da prevenire eventi dolorosi.

4.5 La diagnosi

«Una diagnosi precoce può salvarti la vita», citano migliaia di opuscoli e messaggi di cui siamo costantemente inondati.Secondo i dati dell’Associazione italiana registri tumori, relativi al 2013, ad esempio, negli ultimi anni sono complessivamente migliorate le percentuali di guarigione: il 63% delle donne e il 55% degli uomini è vivo a cinque anni dalla diagnosi.Merito soprattutto della maggiore adesione alle campagne di screening, che consentono di individuare la malattia in uno stadio iniziale, e della maggiore

76 servizio sanitario: pubblico accesso?

efficacia delle terapie. Quasi il 70% dei tumori potrebbe, infatti, essere prevenuto o diagnosticato in tempo, se tutti adottassero stili di vita corretti e aderissero ai protocolli di screening e diagnosi precoce.Per molte altre patologie croniche, invece, una diagnosi precoce vuol dire evitare danni permanenti e poter modificare il decorso della malattia.Ben il 90% delle Associazioni, quindi quasi la totalità di esse, afferma, in-vece, di aver ricevuto nell’ultimo anno segnalazioni di ritardi diagnostici (figura 32).Proprio in relazione a quanto detto finora questo dato risulta veramente allarmante. Ci si chiede, quanti danni si sarebbero potuti evitare?

Figura 32. Sono giunte alla vostra Associazione segnalazioni di ritardi diagnostici relativi alla patologia di riferimento?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Cosa fare dunque? Dove agire per evitare che questo si ripeta? I maggiori ritardi diagnostici sono causati, secondo il 78,9% delle Associazioni interpel-late, dal Medico di Medicina Generale, che non comprende o sottovaluta i sintomi (tabella 16). Per un’Associazione su due il problema è la complessità della diagnosi o la difficoltà nel trovare lo specialista o il centro in grado di effettuare la diagnosi, soprattutto nel caso di malattie rare e, per forza di cose, meno conosciute.Ancora per il 36,8% vengono eseguiti esami diagnostici non adeguati per cui si perde tempo prezioso e si spendono inutilmente sia soldi pubblici, che soldi propri.

77capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Un altro problema, non di poco conto, sono le liste d’attesa (15,8%) lun-ghissime anche quando il sospetto diagnostico è di non poca gravità. Se-condo i dati dell’ultimo rapporto PIT Salute 20149 si può aspettare fino a 14 mesi per una mammografia, 12 mesi per una TAC, 9 mesi per una risonanza magnetica.

Tabella 16. Nei casi in cui si è riscontrato un maggiore ritardo diagnostico, in base alla vostra esperienza, il ritardo a cosa è maggiormente imputabile?

Il Medico di Medicina Generale sottovaluta o non comprende i sintomi 78,9%

Complessità della diagnosi (i sintomi sono attribuibili a un elevato numero di patologie) 50%

Difficoltà nel trovare il centro di riferimento 50%

Esami diagnostici non adeguati 36,8%

Il Pediatra di Libera Scelta sottovaluta o non comprende i sintomi 36,8%

Liste di attesa eccessivamente lunghe per visite specialistiche ed esami 15,8%

Altro 7,9%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Che sia quindi per la difficoltà dei medici di famiglia nell’individuare il so-spetto della diagnosi, o il giusto specialista in grado di confermarla, o ancora un problema di liste d’attesa o di esami non adeguati, si può arrivare ad at-tendere anche più di dieci anni per la diagnosi di una malattia rara come la Sindrome del Cri du Chat o ancora 9 anni per una diagnosi di endometriosi, 8 anni per la Sindrome di Sjögren. Anche per malattie più note, ma per cui la diagnosi tempestiva è vitale, si attende a lungo, si può attendere un anno per la diagnosi di tumore al seno, 6 mesi per un tumore al polmone o per un mesotelioma. Ancora dai 16 ai 20 mesi per una diagnosi di Alzheimer, molti mesi per l’insufficienza respiratoria.

9. 17° edizione Rapporto PIT Salute “(Sanità) in cerca di cura” - 2014 Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva http://www.cittadinanzattiva.it/primo-piano/salute/6622-pre-sentato-il-xvii-rapporto-pit-salute.html

78 servizio sanitario: pubblico accesso?

4.6 La gestione e il monitoraggio della patologia

Oggi si parla sempre più di modelli di gestione delle patologie croniche imperniati sulla medicina d’iniziativa basata sul self management (ovvero il coinvolgimento del paziente in percorsi di auto-cura), o ancora sul disease management10 o sul case management11. Si cerca, quindi, di trovare risposte innovative alla complessità di bisogni assistenziali di un numero sempre maggiore di soggetti con fragilità o non autosufficienti.Nella gestione e nel monitoraggio della patologia, in una parola nella presa in carico delle persone affette da patologie croniche e rare, le cose cambiano radicalmente da una regione all’altra.Il 55% delle Associazioni, infatti, ritiene la gestione e il monitoraggio della patologia, sufficiente, ma solo in alcune Regioni (tabella 17).Il 22% indica addirittura una diversità da caso a caso, quindi anche per singola ASL, Distretto o tipologia di paziente.Un’Associazione su cinque considera la presa in carico carente per la propria patologia in tutte le Regioni.Nessuna Associazione considera la presa in carico dei pazienti soddisfa-cente in tutte le Regioni.

Tabella 17. l monitoraggio e la gestione della patologia è secondo la vostra esperienza

Soddisfacente in alcune Regioni 55%

Diverso da caso a caso 22%

Non soddisfacente in nessuna Regione 21%

Non so 2%

Soddisfacente in tutte le Regioni 0%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

10. Sistema di interventi sanitari coordinati e di comunicazioni con il paziente su condizio-ni che possono avere un impatto significativo dalla partecipazione attiva del paziente alla gestione del proprio stato di salute.11. Prevede l’individuazione di una figura che garantisca il raccordo tra i diversi professionisti e una reale continuità dell’assistenza.

79capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

La prima criticità riscontrata nella gestione e monitoraggio della patologia (figura 33) è la mancanza di integrazione professionale tra il Medico di Medicina Generale o Pediatra di Libera Scelta e gli altri professionisti coinvolti nel processo di cura (78,4%).Non si potrà mai parlare di modelli di gestione della cronicità, qualunque approccio si utilizzi, finché non si realizza, nei fatti, un’assistenza integrata dei pazienti che troppo spesso sono abbandonati a sé stessi e sono costretti a fare da ponte tra professionisti che non si parlano. Altra cosa è invece la medicina di iniziativa che sarebbe auspicabile avere.Il 54,1% lamenta la mancanza di corsi per gestire la propria patologia. Scoprire di avere una patologia cronica, che ti accompagnerà per tutta la vita, breve o lunga che sia, senza sapere cosa accadrà, cosa devi fare quan-do si presenta una complicanza, a chi rivolgerti in caso di necessità, rende spesso l’esperienza di una malattia, ancora peggiore di quella che è.La terza criticità segnalata (51,4%) è l’inadeguatezza nella quantità di beni e servizi erogati. Oltre alla frammentarietà degli interventi, con le varie figure assistenziali che ruotano attorno al paziente che non parlano fra loro, il grande problema è la scarsità di interventi: ore di assistenza domiciliare irrisorie, numero di ausili erogati insufficienti, inadeguatezza delle ore di riabilitazione.I tempi di attesa non sono adeguati al monitoraggio della patologia, non si aggrava e non rischia complicanze e ricoveri inutili solo chi può pagare di tasca propria, per il 43,2% delle Associazioni.Ancora il 37,8% lamenta la scarsa qualità di beni e servizi erogati: servizi scadenti, ausili e protesi di pessima qualità o non adatti perché obsoleti, ecc.

80 servizio sanitario: pubblico accesso?

Figura 33. Se non ritenete soddisfacente le gestione ed il monitoraggio della patologia quali sono secondo la vostra esperienza le principali criticità?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Il quadro che viene fuori da questi dati ha delle tinte piuttosto scure, con un Sistema Sanitario poco integrato e che non risponde adeguatamente ai bisogni dei pazienti e dei loro familiari, né in termini di formazione e infor-mazione, né rispetto alla quantità e qualità dei servizi erogati.È necessario ribadire che esistono anche esempi positivi. Di seguito ripor-tiamo alcuni esempi virtuosi di formazione ai pazienti e ai loro caregivers (tabella 18) suddivisi per patologia e regione di realizzazione.Quello che ci auguriamo è che, sempre più, si riproducano questi modelli positivi e apprezzati dai pazienti. Troppo spesso, invece, accade che la so-miglianza tra le regioni si applichi agli aspetti maggiormente negativi, con un abbassamento progressivo dell’offerta dell’assistenza socio-sanitaria.

81capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Tabella 18. Buone pratiche nella formazione di pazienti e caregivers per patologie e riferimento geografico 2013

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

4.7 L’assistenza domiciliare

Secondo i dati Istat12, le famiglie con almeno una persona con limitazioni funzionali sono l’11%; di queste, meno del 20% riceve assistenza domiciliare pubblica. Considerando anche quelle che suppliscono a tale carenze ricor-rendo a servizi privati a pagamento, rimane comunque più del 70% che non usufruisce di alcun tipo di assistenza domiciliare, né privata né pubblica.Secondo poi quanto testimoniano le Associazioni di pazienti, quando l’as-sistenza domiciliare viene attivata varia da un minimo di 1,2 ore ad un massimo di 4,2 ore al giorno, per massimo 4,3 giorni a settimana.Le Regioni in cui va peggio sono quelle del centro sud, ma anche le Isole.

12. Tutela della salute e accesso alle cure 2013 - ISTAT.

82 servizio sanitario: pubblico accesso?

A essere insufficiente (figura 34) è non solo il numero di ore e di giorni, ma anche la presenza di alcune figure professionali, prima fra tutte lo psicologo per il 73,1%.Molto spesso si tende a considerare l’aspetto psicologico come secondario, vista anche la dimensione del vuoto socio assistenziale a domicilio, ma per i pazienti e per i loro familiari non si tratta affatto di una componente trascu-rabile. La richiesta di sostegno psicologico tuttavia, viene continuamente e diffusamente ignorata dal servizio pubblico, quasi che la componente psichica non sia altrettanto prioritaria nel concetto di salute.Al secondo posto della classifica dei professionisti più assenti nell’assistenza domiciliare, troviamo il fisioterapista (57,7%), subito seguito dall’infermiere (34,6%) e dai diversi specialisti (30,8%), come il cardiologo, il neurologo, l’oncologo, il palliativista, ecc.Mancano anche figure quali il logopedista, il fisiatra, il foniatra, il terapista occupazionale.Agli ultimi posti della classifica (11,5%), troviamo il Medico di Medicina Generale e il Pediatra di libera scelta.

Figura 34. In base alla vostra esperienza quali sono le figure che sono più necessarie, ma anche meno presenti nell’ADI?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

83capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Il già esiguo numero di ore di assistenza domiciliare è stato ridotto ulte-riormente nel 2013 (tabella 19) secondo il 32% delle Associazioni e secondo il 24% in alcune regioni. Solamente il 4% non ha verificato cambiamenti.Il restante 40% non sa rispondere a questa domanda.

Tabella 19. Avete riscontrato nell’ultimo anno (2013) una riduzione di ore dedicata all’ADI relativa alla patologia di riferimento della vostra organizzazione è più carente?

Non so 40%

In tutte le regioni 32%

In alcune regioni 24%

In nessuna regione 4%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

4.8 L’assistenza protesica e integrativa

Secondo il CENSIS si stima che in Italia il 6,7% della popolazione abbia una disabilità, si parla complessivamente di 4,1 milioni di persone13. La condizio-ne economica di queste famiglie peggiora di anno in anno e la persistenza della crisi economica, insieme al progressivo indebolimento dell’efficacia dei sistemi di protezione sociale, hanno allargato l’area della povertà. La spesa nazionale per protesi e ausili è, invece, in costante diminuzione; solo per fare un esempio, la spesa per dispositivi e ausili per l’incontinenza è diminuita nel primo semestre del 2013, rispetto al primo semestre del 2014, del 4,3%14.Gli ostacoli che incontra chi ha necessità di una protesi o di un ausilio, come una carrozzina o una calzatura ortopedica o un sacchetto per la stomia, non sono solo di natura economica.La prima criticità evidenziata dalle Associazioni di pazienti in questo ambito (figura 35) è rappresentata dall’eccessiva burocrazia (72%). Richiedere una protesi o un ausilio, che non è certamente un vezzo del paziente, è estremamente complicato, dal collegamento al riconoscimento del grado di

13. 3° numero del «Diario della transizione» 2014 - Censis.14. Rapporto sulla spesa rilevata dalle strutture sanitarie pubbliche del SSN, per l’acquisto di dispositivi medici, I Semestre 2013- Ministero della salute.

84 servizio sanitario: pubblico accesso?

invalidità, alla visita fisiatrica, alla obsolescenza del nomenclatore tariffario di protesi e ausili, alle recenti disposizioni regionali che richiedono perfino il riconoscimento di un determinato ISEE (indicatore della situazione eco-nomica equivalente).L’inutile burocrazia che ruota attorno alla richiesta di un determinato ausilio o protesi comporta a sua volta l’allungamento dei tempi di attesa (68%), incompatibili molto spesso con le condizioni fisiche del paziente. Non è possibile attendere mesi per ricevere, ad esempio, un ventilatore polmonare o un deambulatore.Tempi che, come si può vedere in tabella 20, superano i sei mesi per il 23,8% delle Associazioni.Chi può, quindi, acquista l’ausilio o la protesi di cui ha bisogno a proprie spese. La terza criticità segnalata, infatti, è rappresentata dai costi per l’ac-quisto (56%). Si spende in media l’anno 838 euro per protesi e ausili e 750 euro per dispositivi monouso.Non tutti hanno disponibilità economiche tali, o la possibilità di richiedere in prestito l’ausilio necessario, così accade che si trovino persone anziane che vivono recluse in casa in attesa della carrozzina o in condizioni di estremo disagio.Sempre per il 56% delle Associazioni la qualità non è adeguata, vengono forniti prodotti vecchi e di dubbia provenienza, non adatti ad esempio all’età pediatrica, senza alcuna attenzione al fattore estetico o all’usabilità.Le protesi e gli ausili non sono personalizzati per un’Associazione su due e questo dipende anche dalle gare d’appalto (40%) che, per portare a ri-basso i costi, acquistano prodotti di pessima qualità e, in alcuni casi, anche pericolosi per la salute.

85capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Figura 35. Quali sono le criticità rispetto alle quali riscontrate maggiori difformità

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Tabella 20. Qual è il tempo massimo che avete riscontrato per l’erogazione di presidi, protesi e ausili?

Più di sei mesi 23,8%

Dai tre ai sei mesi 19%

Più di un mese 19%

Un mese 19%

Più di due settimane 14,3%

Un anno 9,5%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Le ASL quindi risparmiano sulla qualità delle carrozzine (35%), sui ven-tilatori polmonari e/o ausili per la respirazione (25%), così come per i sac-chetti per la stomia (20%), solo per citare alcune esempi, per cui si capisce la riduzione della spesa del 4,3 da cosa deriva (tabella 21). A essere oggetto della spending review delle ASL sono anche i letti e i presidi antidecubito (20 e 15%) o le scarpe ortopediche (15%).

86 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 21. Per quale tipo di presidi/protesi e ausili riscontrate maggiori problemi di qualità?

Carrozzine 35%

Ventilatori polmonari e/o ausili per la respirazione 25%

Sacchetti per stomia 20%

Letti antidecubito o articolati 20%

Presidi antidecubito 15%

Scarpe ortopediche 15%

Ausili per la comunicazione 15%

Deambulatori e/o strumenti per la deambulazione 15%

Strumenti compensativi 5%

Busti ortopedici 5%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Uno degli impegni previsti nel Patto per la salute 2014-2016 riguarda la revisione del nomenclatore tariffario di protesi e ausili. Ci auguriamo che l’impegno venga presto realizzato, migliorando l’accesso a un’assistenza protesica e integrativa di qualità, rispondente alle esigenza dei pazienti, personalizzata e anche con costi minori, visto che molte protesi oggi le ASL pagano il doppio o il triplo di quello che è il prezzo di mercato, proprio a causa di un aggiornamento che troppo a lungo è stato atteso.

4.9 L’assistenza farmaceutica

Uno dei settori su cui maggiormente si è concentrato il taglio di risorse in questi anni è sicuramente l’assistenza farmaceutica. Anche nel 2013 si registrano difficoltà di accesso ai farmaci necessari al trattamento della propria patologia (figura 36). Tali difficoltà si registrano sia su tutto il terri-torio nazionale (15,6%), che in alcune Regioni (28,1%).

87capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Figura 36. Nell’ultimo anno (2013) avete riscontrato difficoltà di accesso alle terapie farmacologiche necessarie per il trattamento della patalogia?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Uno dei principali ostacoli per le cure farmacologiche è rappresentato dai costi diretti che i cittadini devono sostenere, per l’acquisto di farmaci in fascia C (tabella 22), problema che viene avvertito indiscriminatamente in tutta Italia (48,1%). In alcuni casi i pazienti sono costretti, visti gli alti costi, a non intraprendere o sospendere le terapie con conseguente pericolo per il proprio stato di salute.

Tabella 22. Secondo i dati del precedente rapporto sulle politiche della cronicità il 44% delle Associazioni segnala problemi di accesso alle terapie dovuto ai costi. Secondo la vostra esperienza nell’ultimo anno (2013) si sono verificati problemi di costi?

In tutte le regioni 48,1%

In alcune regioni 25,9%

In nessuna regione 22,2%

Non so 3,7%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

88 servizio sanitario: pubblico accesso?

In altri casi sono gli Ospedali o le Asl stesse a sospendere terapie (36,7%). A un certo punto la fornitura inizia a scarseggiare e il paziente si vede co-stretto a interrompere la terapia, o provvedere in qualche altro modo, con gravi ripercussioni (tabella 23).

Tabella 23. Vi sono state segnalate interruzioni di terapie nel corso dell’ultimo anno (2013) da parte dell’Ospedale o della ASL?

Sì 36,7%

No 63,3%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Il motivo delle interruzioni, per le Associazioni che hanno difficoltà di acces-so all’assistenza farmaceutica, riguarda principalmente (71,4%) le limitazio-ni del budget (figura 37). Un’altra modalità per ridurre la spesa farmaceutica durante il corso dell’anno è quindi spingere il paziente a trovare un’altra struttura in cui curarsi, oppure quella di non rinnovare il piano terapeutico (50%). Nel 42,9% dei casi le strutture decidono di interrompere la terapia perché è troppo costosa.In altri casi (28,6%) l’interruzione è dovuta all’improvvisa e, quasi sempre non comunicata, chiusura del reparto dove si effettua il trattamento.Considerato che si tratta, nella maggioranza dei casi, di farmaci ospedalieri, quindi farmaci complessi e che hanno una forte ricaduta sulla salute dei pazienti, appare ancora più odioso il fatto che i pazienti vengano lasciati soli, nel dubbio se e dove potranno proseguire il trattamento farmacologico, andando magari alla disperata ricerca della Struttura che ha più a cuore la loro salute che il bilancio di fine anno.

89capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Figura 37. Motivazione della interruzione delle terapie

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

In altri casi sono i pazienti che decidono di non iniziare un trattamento o di sospenderlo. Ben il 50% di Associazioni ha ricevuto nell’ultimo anno segnalazioni da parte di pazienti «scoraggiati» (tabella 24).Il problema dell’aderenza terapeutica sta assumendo, soprattutto nelle pa-tologie croniche, dimensioni davvero preoccupanti. Secondo l’OMS solo il 50% dei soggetti con malattie croniche prende i farmaci come prescrit-to (WHO, 2003) e i costi sociali annui per la non-aderenza in Europa sono di quasi 200.000 decessi prematuri. I dati forniti dalle Associazioni combaciano drammaticamente.

Tabella 24. Vi sono state sospensioni/mancati inizi delle terapie da parte dei pazienti nel corso dell’ultimo anno (2013)?

Sì 50%

No 50%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Risulta, pertanto, quantomeno urgente intervenire sulle motivazioni che spingono i pazienti affetti da patologie croniche e rare a non aderire alle terapie (figura 38).

90 servizio sanitario: pubblico accesso?

Il primo motivo, indicato dal 60% delle Associazioni, è la difficoltà nel ricor-dare la posologia, la quantità di farmaco da assumere, modalità e tempi. La terapia risulta, per questi motivi, troppo impegnativa da seguire e quindi viene abbandonata o non intrapresa.Ritorna nuovamente l’accento sui costi, nella seconda criticità segnalata (44%). Troppo spesso si parla di tetti di spesa ospedaliera e di budget azien-dali, ma non viene preso in considerazione il budget delle famiglie che, strozzate da tasse, debiti e, spese di ogni genere, non riescono a far fronte a spese anche essenziali, come quelle per l’acquisto dei farmaci necessari.Sempre la stessa percentuale (44%) di Associazioni indica interruzioni do-vute a effetti avversi dei farmaci.Il 27,8% ha difficoltà a farsi prescrivere il farmaco perché c’è un continuo rimpallo tra specialista e Medico di Medicina Generale, per il 22,2% il pro-blema è invece l’interazione con altri farmaci.Un’altra fetta di Associazioni (16,7%) imputa la sospensione allo scetticismo dei pazienti che, non vedendo miglioramenti o i risultati sperati, decidono di non seguire più la terapia, o ancora alla difficoltà di somministrazione del farmaco, che richiede ad esempio un frequente ricorso all’ospedale o anche la mancanza di indicazioni precise al momento di iniziare una terapia.

Figura 38. Quale è stata la motivazione della sospensione/mancato inizio della terapia da parte del paziente?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

91capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

4.10 Ticket ed esenzione

La spesa per ticket sanitari cresce esponenzialmente. Secondo i rapporti della finanza pubblica della Corte dei conti degli anni 2012 e 2014, gli ita-liani nel 2013 hanno speso oltre 2,9 miliardi in ticket sanitari (per farmaci, diagnostica, specialistica, pronto soccorso). Il 25% in più (circa 700 milioni di euro) rispetto al 2010, quando avevano speso 2,2 miliardi.Non si riesce più ad accedere ai servizi sanitari per l’eccessivo peso dei ticket (figura 39), come sottolinea il 37,8%, con evidenti ricadute nel monitoraggio della patologia e nella prevenzione. L’avvento del superticket di 10 euro ha inciso non poco sulla salute dei pazienti e sulle tasche delle famiglie italiane.

Figura 39. Avete riscontrato nell’ultimo anno una difficoltà ad effettuare esami diagnostici a causa del ticket?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Una forma di garanzia ancora prevista per legge per poter accedere alle prestazioni necessarie per la cura della propria patologia cronica o rara è il codice di esenzione, che non comprende però tutte le patologie. Anche nel campione di patologie rappresentate dalle Associazioni che hanno col-laborato alla stesura del presente rapporto vi è un 5% a cui non è stato attribuito nessun codice di esenzione (tabella 25).

92 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 25. La patologia di riferimento della vostra Associazione è associata a un codice di esenzione?

Sì 80%

No 12,5%

Solo in alcune regioni 13,5%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Non tutte le prestazioni in esenzione risultano utili al monitoraggio della patologia. Secondo il 12,9% delle Associazioni, infatti, vi sono esami non più effettuati perché superati (tabella 26). Di contro è molto più alto il numero di Associazioni (34,5%) che ritengono che l’esenzione non copra, invece, esami necessari al controllo della patologia (figura 40).È sicuramente, quindi, auspicabile un riordino della materia, eliminando dall’e-senzione prestazioni inutili e inserendo, invece, quelle più recenti e più utili.

Tabella 26. Fra gli esami in esenzione, ci sono alcuni che non vengono più effettuati perché superati?

No 80,1%

Sì 12,9%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Figura 40. Ci sono, invece, esami che sono necessari per il controllo della patologia, ma che non rientrano fra quelli per cui è prevista l’esenzione?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

93capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

4.11 Sprechi e disservizi

Gli aspetti su cui intervenire per migliorare l’assistenza socio-sanitaria per le persone con patologia cronica o rara sono davvero moltissimi. Prima di tagliare, tassare, chiudere, ci sarebbe davvero tanto da riorganizzare, tanta corruzione su cui intervenire, e sprechi da eliminare.I pazienti pagano un costo davvero molto alto per l’assistenza che ricevono, sia in termini economici, facendosi carico di moltissime spese così dette «out of pocket», che in termini umani, ma ciò che ricevono in molti casi non è per nulla adeguato al prezzo pagato.Il 61,1% delle Associazioni dichiara di aver verificato disservizi relativi alla cura e alla presa in carico dei pazienti (figura 41).

Figura 41. Avete riscontrato nell’ultimo anno (2013) dei disservizi relativi alla cura e presa in carico della patologia di riferimento della vostra Associazione?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

La forma di disservizio maggiormente riscontrata è la difficoltà a indi-viduare il centro di cura (64,5%) (tabella 27). I pazienti e i loro familiari si trovano persi in un mare di burocrazia, dove i servizi non interagiscono e i medici non parlano tra loro. Il 51,6% invece si è scontrato con la riduzione delle ore di attività ambulatoriale.Ancora il 29% segnala la chiusura del reparto e il 25,8% la riduzione delle ore di servizio a domicilio.

94 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 27. Tipologia di disservizi maggiormente riscontrati

Difficoltà a individuare il centro di cura 64,5%

Riduzione delle ore di attività ambulatoriale 51,6%

Chiusura del reparto dove venivano effettuate le terapie 29%

Riduzione delle ore del servizio a domicilio 25,8%

Chiusura dell’Ospedale locale 22,6%

Chiusura di un servizio a domicilio 12,9%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

È vero, c’è la crisi, è vero, il numero di pazienti cronici aumenta di anno in anno e la popolazione invecchia, ma quanti sprechi ci sono in sanità?Il 77,1% delle Associazioni ha riscontrato sprechi di ogni genere nel 2013 (tabella 28).

Tabella 28. Avete riscontrato nell’ultimo anno (2013) degli sprechi (sperpero di denaro pubblico, burocrazia inutile, ecc.)?

Sì 77,1%

No 17,1%

In alcune regioni 5,7%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

La prima e più odiosa forma di spreco è la burocrazia inutile (80%) che non solo farebbe risparmiare, e non poco, le casse dello Stato, ma che rappre-senta anche un vero ostacolo all’accesso alle diverse forme di assistenza e fonte di frustrazione, ansia e stress per chi deve già combattere con una patologia progressiva e spesso invalidante (figura 42).La seconda voce nella quale si ravvisano sprechi è costituita dalla gestione e organizzazione poco razionale delle risorse umane (66,7%), ad esempio primariati inutili, personale amministrativo negli ospedali che non serve a nulla o in esubero, o ancora personale non formato e non adeguatamente specializzato, commissioni poco produttive e ridondanti.La terza forma di spreco è l’organizzazione inefficiente dei servizi (50%). La disorganizzazione, le duplicazioni inutili delle prestazioni, la mancanza

95capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

di collegamento e di comunicazione tra professionisti e servizi, hanno un costo esorbitante per le casse dello Stato.Esiste poi una dispersione di soldi pubblici dovuta alle strutture inutilizzate (36,7%), macchinari comprati e inutilizzati o utilizzati al minimo delle loro potenzialità. In generale, quello che manca è un corretto uso delle risorse e una reale valutazione che coinvolga chi usufruisce dei servizi (33,3%). Molti sprechi si potrebbero evitare, se si promuovesse una reale «accountability delle decisioni», ad esempio, nelle gare d’appalto.

Figura 42. Ambiti in cui si rilevano i maggiori sprechi:

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

4.12 L’invalidità civile

Il riconoscimento dell’invalidità civile e dell’handicap rimangono due capi-saldi per i cittadini italiani, sia perché sono l’unico trasferimento economico da parte dello Stato nei confronti di chi ha una patologia grave, tale da avere una ridotta o nulla capacità lavorativa, ma anche perché al riconoscimento di determinate percentuali di invalidità è legata la possibilità di ottene-re protesi e ausili, usufruire del congedo per cure straordinarie, usufruire dell’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria o del collocamento

96 servizio sanitario: pubblico accesso?

mirato. Per quanto riguarda il riconoscimento dell’handicap, non parliamo di trasferimenti economici ma di agevolazione fiscali, congedi e permessi lavorativi.Si tratta quindi di una forma di tutela sociale e assistenziale insostituibile. Quando pensiamo a un pensionato che vive con una pensione ben al di sotto dei mille euro e con una o più patologie croniche, un assegno, che siano i circa 280 euro per l’invalidità o i circa 505 euro per l’indennità di accompagnamento, fa la differenza nella sopravvivenza quotidiana.Se nel 2011 il confine si era ridotto per le indennità di accompagnamento e nel 2012 si era preso di mira il riconoscimento dell’handicap (legge 104/92), nel 2013 si attaccano i riconoscimenti dell’invalidità civile e di conseguenza il diritto a percepire l’assegno di invalidità e tutti i benefici connessi.Si registra quindi un +12% di difficoltà nel riconoscimento dell’invalidità civile nel 2013 rispetto al 2012 (figura 43).Scende invece la percentuale di chi ha difficoltà ad accedere all’indennità di accompagnamento di quasi il 20% e del 9% la difficoltà di riconoscimento dell’handicap.Per quanto riguarda il contrassegno di circolazione i valori rimangono pres-soché costanti (35% e 33%).

Figura 43. Benefici per i quali è stata riscontrata maggiore difficoltà di accesso confronto 2011/2012

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

97capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

La principale criticità segnalata riguardo la domanda di invalidità civile ed handicap è la variabilità della valutazione (72,2%) che crea un discrimine assurdo e ingiustificato tra pazienti e patologie (figura 44).Nonostante siano passati ben quattro anni dalla «nuova procedura di sem-plificazione» nell’iter di accertamento i tempi per l’accertamento conti-nuano ad essere eccessivamente lunghi per il 58,3% delle Associazioni. La stessa percentuale, inoltre, ritiene che la presentazione della domanda sia ancora troppo complicata. A questo si aggiunge, per un’Associazione su due, la difficoltà nel presentare ricorso avverso il verbale.

Figura 44. Principali difficoltà nella presentazione per via telematica delle domande riconoscimento dello stato di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Continuano a verificarsi casi di convocazione a visita non secondo le mo-dalità di legge, ovvero con raccomandata A/R (tabella 29). La percentuale di convocazioni anomale è diminuita rispetto al 2012 del 16,8% (dal 41% del 2012, al 24,2% del 2013), quindi registriamo con piacere un’attenzione da parte dell’INPS su questa criticità, ma confidiamo che il valore venga portato nel più breve tempo possibile a zero.

98 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 29. I vostri associati sono stati convocati a visita di verifica con modalità non previste dalla legge, ovvero non con raccomandata A/R?

No 75,8%

Sì 24,2%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Le convocazioni inappropriate (tabella 30) avvengono nella maggioranza dei casi (77,8%) attraverso lettera semplice, il 44,4% via sms, quindi il 22,2% per telefonata o email ed infine l’11,1% tramite messaggio in segreteria.

Tabella 30. Se sì, quali mezzi sono stati utilizzati per effettuare la convocazione?

Lettera semplice 77,8%

SMS 44,4%

E-mail 22,2%

Telefonata 22,2%

Messaggio in segreteria 11,1%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Un altro aspetto nel quale vorremmo che si intervenisse per ripristinare l’equità del diritto è la modalità di esecuzione delle visite. Nella stragrande maggioranza dei casi (81,6%), le indennità di accompagnamento vengono revocate o non riconosciute per la superficialità della visita o la sottova-lutazione della patologia (figura 45). In molti casi chi valuta non conosce bene la patologia, in special modo se è una patologia rara, minimizzando alcune volte le reali condizioni di salute della persona.Inutile dire che anche le tabelle di invalidità, come il nomenclatore tariffario di protesi e ausili o gli stessi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), richiedono un aggiornamento perché inadeguate (60,5%).Come testimoniamo le ultime due criticità, (l’accompagnamento non viene riconosciuto perché parzialmente deambulante 55,3%, l’accompagna-mento non viene riconosciuto perché parzialmente lucida 21,1%), l’INPS ha, nei fatti, ridefinito la platea degli aventi diritto all’indennità di accom-pagnamento con una propria circolare interna15.

15. Comunicazione interna del Direttore Generale INPS del 20 settembre 2010.

99capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Figura 45. Quali sono gli ostacoli che si presentano più frequentemente nella concessione dell’indennità di accom-pagnamento?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Anche il riconoscimento dell’handicap in situazione di gravità continua ad essere complicato.Il 53,1% delle Associazioni dichiara di aver avuto difficoltà nella conces-sione dei tre giorni di permesso retribuito (tabella 31).

Tabella 31. Avete riscontrato difficoltà nella concessione dei permessi retribuiti (3 giorni) previsti dalla L. 104/92 art.3 comma 3?

Sì 53,1%

In parte 25%

No 21,9%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

L’accezione di gravità nell’handicap viene riconosciuta solo nel caso in cui «la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di

100 servizio sanitario: pubblico accesso?

relazione». Parliamo di genitori anziani non autosufficienti, malati terminali o minori che devono essere assistiti permanentemente, ma neanche questo è sufficiente per ottenere un diritto riconosciuto dalla legge e sacrosanto, perché nel 65% dei casi è il datore di lavoro che si oppone (figura 46).Nel 45% dei casi dipende invece dalla tipologia di contratto, ne hanno diritto solo i lavoratori dipendenti, creando un discrimine proprio per chi si trova in una situazione lavorativa meno stabile o atipica.Per il 35% delle Associazioni dipende dalle difficoltà burocratiche e chi già si trova ad assistere una persona cara non autosufficiente non ha tempo e denaro da spendere.

Figura 46. Le motivazioni della difficoltà nella concessione dei permessi retribuiti (3 giorni) previsti dalla L. 104/92 art. 3 comma 3

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Se risulta difficile ottenere tre giorni di permesso al mese, lo è altrettanto ottenere il congedo retribuito di due anni. In questo caso la percentuale di Associazioni che dichiarano di avere avuto segnalazioni di difficoltà è pari al 35,5% (figura 47).In questo caso, inoltre, pesa maggiormente la tipologia di contratto (52,9%) al pari del rifiuto da parte del datore di lavoro.

101capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Figura 47. Avete riscontrato difficoltà nella concessione del congedo retribuito di due anni previsti dalla L. 104/92 art. 3 comma 3?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Tabella 32. Se sì, quale è stata la motivazione della difficoltà?

Il datore di lavoro non vuole 52,9%

La tipologia di contratto non consente di ottenere il congedo (contratto non da dipendente) 52,9%

Difficoltà burocratiche 23,5%

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Nonostante i lavoratori con disabilità siano costretti a non usufruire di per-messi o a congedi per cure, nonostante, come abbiamo visto in figura 21 nascondano la propria patologia o si accontentino di un lavoro non adat-to alle proprie condizioni psicofisiche, un’altissima percentuale si trova ad allungare le fila dell’oltre milione di licenziati in Italia (fra il 2008 e il primo trimestre del 2013).In un Paese in cui il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 12,2%, ricollocarsi per chi ha un’invalidità, diventa una missione quasi impossibile.Proprio per questo motivo è riconosciuto il diritto per chi ha una percen-tuale di invalidità pari almeno al 45% di inserimento nelle liste speciali

102 servizio sanitario: pubblico accesso?

del numero complessivo dei dipendenti, a persone con disabilità iscritti nelle liste.Il collocamento mirato però non funziona per il 43,3% delle Associazioni (figura 48) o funziona solo in parte (40%).

Figura 48. In base alla vostra esperienza le liste speciali di collocamento danno la possibilità di accedere ad un impiego?

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

4.13 Quadro di sintesi dei costi sostenuti nell’ultimo anno

Spesa media annuale per le attività di prevenzione primaria e secondaria (screening, visite, ecc., che evitano l’insorgenza o servono per una diagnosi precoce)

1553,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per le attività di prevenzione terziaria (diete particolari, attività fisica, dispositivi e tutto quanto serva per evitare le complicanze)

2000,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per il supporto assistenziale integrativo alla persona 9704,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

103capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

Spesa media annuale per il supporto psicologico 1792,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per l’adattamento dell’abilitazione alle esigenze di cura 9440,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per le visite specialistiche o attività riabilitative da effettuare al domicilio del paziente

2318,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per l’acquisto di protesi ed ausili non riconosciuti 838,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per l’acquisto di dispositivi medici monouso: presidi, assorbenti per incontinenza, cateteri, materiali per stomizzati, ecc.

750,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per la retta delle strutture residenziali e/o semiresidenziali 17435,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per esami diagnostici effettuati in regime privato o intramurario 531,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per esami diagnostici effettuati in regime privato o intramurario 580,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per l’acquisto di farmaci necessari e non rimborsati dal SSN 737,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

104 servizio sanitario: pubblico accesso?

Spesa media annuale per l’acquisto di parafarmaci (es. integratori alimentari, dermocosmetici - creme, pomate -, lacrime artificiali, ecc.)

1045,00 euro

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per gli spostamenti dovuti per motivi di cura (es. spese di viaggio per spostamenti in auto/treno /aereo per diagnosi, monitoraggio e cura ecc.)

1233,00

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Spesa media annuale per alloggio per motivi di cura (es., spese di alloggio per diagnosi, monitoraggio e cura, proprio e di familiari ecc.)

1029,00

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

4.14 La Sanità che vorrei

A conclusione della lunga disamina delle difficoltà che incontrano sui va-ri aspetti dell’assistenza le persone con patologia cronica e rara abbiamo voluto lasciare spazio alle Associazioni all’immaginazione di un Sistema sanitario diverso.Abbiamo, chiesto, quindi, a ciascuna Associazione di esprimere un voto da 1 a 10 su una serie di idee su ciò che vorrebbero vedere e trovare nel no-stro Servizio Sanitario, dove 1 corrisponde al valore minimo e 10 al valore massimo, quindi vuol dire avere il massimo accordo con quella idea.Le affermazioni che hanno ottenuto la media del 10, su cui tutte o quasi le Associazioni si trovano, perciò, d’accordo sono le seguenti:

«Vorrei che i dirigenti sanitari e i primari venissero scelti per merito e non solo per decisioni politiche»

«Vorrei avere la possibilità di eseguire un esame o una visita urgente in tempi adeguati senza dover ricorrere al privato o all’intramoenia»

«Vorrei non essere costretto a fare il giro di dieci uffici per avere un servizio che mi serve subito»

105capitolo 4 - il punto di vista delle associazioni

«Vorrei una modalità semplice e standardizzata per prenotare visite ed esami (tutti gli Ospedali e le ASL collegate ad un CUP regionale)»

È significativo che i principali desideri dei pazienti riguardino l’organizza-zione dei servizi e la corruzione, motivi per i quali in Italia si disperdono una cifra enorme di risorse pubbliche.

Le affermazioni identificate in Tabella 33 in giallo sono, invece, quelle che hanno ottenuto la media del 9, quindi sono anch’esse prioritarie per i pa-zienti e riguardano sia aspetti organizzativi come:

«Vorrei che il mio medico di medicina generale e il mio specialista si parlassero»

«Vorrei un servizio che mi aiutasse a trovare del personale qualificato che possa assistere a domicilio la persona con patologia cronica»

«Vorrei che non esistessero liste d’attesa superiori ai 12 mesi o liste bloccate e chi le applica venga sanzionato»

quanto aspetti di carattere umano e relazionale, come:

«Vorrei non essere considerato un numero, un peso o un costo da chi governa il servizio sanitario»

«Vorrei più umanità negli Ospedali»

«Vorrei avere un sistema sanitario a misura di bambino, con personale infer-mieristico a scuola, con reparti adatti, con terapie adatte e ausili adatti!»

«Vorrei essere ascoltato per sceglier insieme al medico consapevolmente i trat-tamenti a cui sottopormi»

106 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 33. I desideri delle Associazioni di pazienti

Fonte: XIII Rapporto CnAMC - Cittadinanzattiva

Parte terza

Capitolo 5. La spesa sanitaria italiana e il finanziamento del SSN

La spesa sanitaria italiana si attesta nel 2013 a 109 miliardi e 254 milioni di euro, ma la percentuale sul PIL rimane invariata dal 2011 (figura 49). La percentuale sale al 9,2% circa se si aggiunge anche la spesa per la sanità privata. Per il 2014 la previsione è di una spesa di 111,474 miliardi.

Figura 49. La spesa sanitaria variazione 2010-2013

Fonte: Documento di Economia e Finanza 2014 - MEF

L’Italia spende meno della media europea a 15 (10%) e la spesa sanitaria «out of pocket» ovvero di tasca propria è superiore a Francia, Germania, Gran Bretagna e Svezia (tabella 34).

110 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 34. Confronto spesa sanitaria complessiva dell’Italia in rapporto al PIL, con i principali paesi europei

Fonte: Indagine conoscitiva della Camera sulla sostenibilità finanziaria del Ssn

Il fondo sanitario nazionale per il 2014 ammonta a 109, 928 miliardi di euro. Mentre la spesa sanitaria crescerà secondo le proiezione del MEF (Mi-nistero delle Economie e Finanze) nel periodo 2015-2018 a un tasso medio annuo pari al 2,1 per cento, come sottolinea l’indagine conoscitiva della Camera sulla sostenibilità finanziaria del SSN nuovi tagli comporterebbero «l’impossibilità di garantire i livelli di assistenza e quindi l’equità nell’accesso alle prestazioni socio-sanitarie. Pertanto eventuali risorse recuperate attraverso misure di razionalizzazione della spesa dovranno essere destinate al migliora-mento dei servizi sanitari»1.

1. Documento approvato dalle Commissioni riunite V (Bilancio, Tesoro e Programmazione) e XII (Affari Sociali) a conclusione dell’indagine conoscitiva “la sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica”.

111capitolo 5 - la spesa sanitaria italiana e il finanziamento del ssn

Le proiezioni per il futuro non appaiono per nulla rosee. L’Italia, nelle pro-iezioni del Fondo Monetario Internazionale, dal 2013 al 2030 si ritrova agli ultimi posti nella crescita della Spesa Sanitaria Pubblica (figura 50) al di sopra solamente di Cecoslovacchia, Irlanda, Estonia, Israele e Svizzera.

Figura 50. Proiezione Spesa Pubblica Sanitaria al 2030

Fonte: Fondo Monetario Internazionale

La politica dei tagli lineari che è stata perpetrata negli ultimi anni ha finito per «penalizzare le realtà più virtuose», cioè quelle che già spendevano bene e a non migliorare quelle in Piano di Rientro rispetto ai servizi erogati ai cittadini.Il blocco del turn over ha causato un progressivo invecchiamento del per-sonale sanitario. Inoltre siamo abbastanza in media con i Paesi OCSE circa il numero di medici per 1.000 abitanti (nel 2012 3,9 dell’Italia contro 3,2 della media OCSE), ma abbiamo un numero molto più basso di infermieri: 6,4 per 1.000 abitanti, contro 8,8 della media OCSE. Anche rispetto ai posti letto in Ospedale abbiamo un valore già molto basso: 3,4 rispetto al 4,8 della media OCSE (tabella 35).

112 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 35. Spesa e risorse sanitarie 2000-2012

Fonte: OECD Health Statistics 2014

Nel 2013, la pressione fiscale è stata pari al 43,8% del Pil, quasi 3 punti in più rispetto al 2000 e 4 rispetto alla media UE1.A partire dalla seconda metà del 2009, il riequilibrio dei conti pubblici è diventato obiettivo prioritario dei paesi Ue e la Commissione ha attivato la procedura di infrazione per deficit eccessivo nei confronti di 17 Stati mem-bri, tra cui l’Italia. Il nostro indebitamento è diminuito del 4,5% nel 2010 e del 3% sia nel 2012 che nel 2013, per effetto del contenimento della spesa e del prelievo fiscale.L’Italia è settima tra i 28 Paesi UE per la spesa per la protezione sociale, come si evince dal confronto con gli altri Paesi europei nel 2011 (tabella 36) anno nel quale la spesa destinata alla protezione sociale assorbe, nei Paesi dell’UE28, il 29% del prodotto interno lordo (Pil), registrando un incremento di oltre due punti percentuali rispetto al 2008 (26,7%).

1. Rapporto 2014 sulla finanza pubblica - Corte dei Conti.

Capitolo 6. La spesa pubblica e la corruzione in Sanità

114 servizio sanitario: pubblico accesso?

Tabella 36. Spesa per la protezione sociale paesi UE 2008-2011

Fonte: Rapporto annuale 2014 - La situazione del Paese - ISTAT

La voce di spesa più alta per la protezione sociale è quella legata alla previdenza (tabella 37). Nel 2011, oltre il 52% delle risorse è destinato al-la voce di spesa che si riferisce sia ai trasferimenti monetari (pensioni o assegni di cura) a favore di persone anziane che manifestano necessità di assistenza continua di tipo non sanitario, sia alle prestazioni in natura (spese per strutture residenziali, per i servizi di assistenza familiare o per servizi di supporto per favorire le attività sociali delle persone anziane).I gradini più bassi della classifica l’Italia li occupa per le risorse dedicate alle famiglie 4,8%, penultima posizione tra i Paesi europei. Il Paese che spende di più per benefici finalizzati al sostegno del reddito a tutela della maternità e paternità, assegni familiari e altri trasferimenti erogati a supporto di alcune tipologie familiari, asili nido, strutture residenziali per le famiglie con minori e assistenza domiciliare per famiglie numerose, è il Lussemburgo (16,5%), mentre nei Paesi Bassi si registra la percentuale più bassa (4%).

115capitolo 6 - la spesa pubblica e la corruzione in sanità

La spesa destinata nel nostro Paese alle persone con disabilità è pari al 5,8% della spesa per la protezione sociale; si tratta di pensioni di invalidità, con-tributi per favorire l’inserimento lavorativo, servizi finalizzati all’assistenza e all’integrazione sociale e strutture residenziali.Anche su questo aspetto la performance italiana non brilla, ci collochiamo, infatti, sotto la media europea di quasi due punti percentuali, e lontanis-simi dalla prima in classifica, la Croazia (17,2%).

Tabella 37. Spesa sociale per funzione Paesi UE 2011

Fonte: Rapporto annuale 2014 - La situazione del Paese - ISTAT

Abbiamo visto che, quindi, l’Italia spende meno rispetto ad altri Paesi per la salute, la disabilità e le famiglie.Molte risorse potrebbero essere recuperate e reinvestite in sanità con una seria lotta agli sprechi e alla corruzione.La Corte dei Conti ha più volte sottolineato come in sanità «si intrecciano con sorprendente facilità veri e propri episodi di malaffare con aspetti di cattiva gestione, talvolta favoriti dalla carenza dei sistemi di controllo».

116 servizio sanitario: pubblico accesso?

Anche nella percezione dei cittadini italiani la corruzione è particolarmente diffusa in sanità (54%) molto più che in altri Paesi europei (il valore più basso si trova in Spagna 14%).Siamo i più convinti anche che siano state pagate tangenti nell’ultimo anno per l’espletamento dei servizi sanitari (4%). Più di un cittadino italiano su due, di quelli intervistati, ritiene, inoltre, che la gente comune possa fare la differenza nella lotta alla corruzione (figura 51).

Figura 51. Dati comparativi sulla corruzione 2013

Fonte: Libro bianco sulla corruption in sanità ISPE-Sanità

La corruzione è un fenomeno trasversale a quasi tutte le regioni italiane (figura 52) con una forte accentuazione al Sud.Dall’analisi condotta da Transparency International Italia sui dati di Avviso Pubblico, l’Associazione di enti locali contro le mafie e la corruzione, il mag-gior numero di casi di corruzione in Sanità si è verificato in Campania (con un valore superiore a 10 nel 2012), subito seguita da Calabria, Puglia e Sicilia (fra gli 8 ed i 10 casi nel 2012).Le uniche regioni dove si verificano meno casi di corruzione (da 0 a 2 casi) sono: Basilicata, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.

117capitolo 6 - la spesa pubblica e la corruzione in sanità

Figura 52. I casi di corruzione in sanità in Italia -2012

Fonte: La corruzione in Sanità Unhealty Health System - Transparency International Italia

La corruzione in Sanità si attesta su un tasso del 5,9% (tra corruzione e frode) che si traduce in sei miliardi l’anno2.

2. Libro bianco sulla corruption in sanità ISPE-Sanità.

Capitolo 7. La spesa farmaceutica in Italia1

Nel periodo 2009-2011, la contrazione della spesa sanitaria si è concentra-ta maggiormente su alcune specifiche aree di assistenza (figura 53). Il tasso medio di crescita annuale della spesa per prevenzione e salute pubblica nel 2010 è -1,5% e nel 2011 è pari a -1,7%. Anche per quanto riguarda l’assistenza farmaceutica nel 2010-2011 assistiamo a una contrazione del tasso medio annuo di crescita pari a -1,7%. Negli stessi anni il fenomeno è meno marcato per quanto riguarda la spesa per l’amministrazione. Possiamo quindi afferma-re che prevenzione e farmaceutica hanno subito la contrazione maggiore.

Figura 53. Media tasso crescita annuale spesa sanitaria per funzioni, in termini reali, media OCSE, 2008-2011

Fonte: Health at a Glance 2013 - OECD Indicators

1. Bibliografia di riferimento Osservatorio civico sul federalismo in Sanità - Rapporto 2013 - Cittadinanzattiva.

120 servizio sanitario: pubblico accesso?

Con particolare riguardo all’assistenza farmaceutica, nel periodo 2000-2009, la relativa spesa pro capite annuale è cresciuta in media nei Paesi OCSE del 3,5%, mentre nel 2009-2011 vi è una contrazione negativa pari a -0,9%. L’Italia nel periodo 2009-2011 vede la propria spesa farmaceutica pro capite caratterizzata da una contrazione media annua del -4,1% (figura 54).

Figura 54. Crescita media annuale della spesa farmaceutica pro capite, in termini reali, 2000-2011

Fonte: Health at a Glance 2013 - OECD Indicators

A dimostrazione di quanto appena richiamato, in Italia in soli pochi anni si passa da un tetto di spesa complessivo per l’assistenza farmaceutica pubblica del 16,4% relativo al 2008, al 15,7% del 2011, al 15,5% del 2012, per giungere al 14,85% del 2013. La contrazione del tetto di spesa si accom-pagna a un costante sforamento dello stesso, e ciò dovrebbe sollecitare le Istituzioni a una seria riflessione sullo strumento. A tal proposito, stando ai dati AIFA di spesa 2013 (figura 55 e figura 56), possiamo notare come il tetto di spesa farmaceutica territoriale sia stato superato di 544 milioni di euro, mentre quello dell’ospedaliera di circa 765 milioni di euro.

121capitolo 7 - la spesa farmaceutica in italia

Figura 55. Verifica rispetto tetto spesa programmato (11,35%), periodo Gen. - Dic. 2013

Fonte: AIFA - Monitoraggio spesa farmaceutica regionale, Gen. - Dic. 2013

Figura 56. Verifica rispetto tetto spesa programmato farmaceutica ospedaliera (3,5%), periodo Gen. - Dic. 2013

Fonte: AIFA - Monitoraggio spesa farmaceutica regionale, Gen. - Dic. 2013

Capitolo 8. Il Patto per la salute

Il Patto per la Salute 2014-2016 sottoscritto il 10 luglio 2014 è composto da 29 articoli, oltre la premessa istituzionale.I temi affrontati sono:costi standard, LEA; mobilità transfrontaliera; assistenza ospedaliera; uma-nizzazione; assistenza territoriale; ass.za socio-sanitaria; ass.za istituti peni-tenziari; partecipazione alla spesa sanitaria ed esenzioni; remunerazione prestazioni sanitarie; comitato verifica LEA; tavolo verifica adempimenti; piani di riorganizzazione, riqualificazione e rafforzamento SSR; controlli; edilizia sanitaria, investimenti e ammodernamento tecnologico; sanità digi-tale e flussi informativi NSIS; piano nazionale prevenzione; ricerca sanitaria; intramoenia; gestione e sviluppo RU; assistenza farmaceutica; dispositivi medici; aggiornamento nomenclatore tariffario protesi e ausili; creazione modello HTA per dispositivi medici; valutazione medicinali secondo HTA; Cabina di Regia monitoraggio del patto.Vediamo di seguito alcune delle novità più importanti per le persone affette da patologie croniche e rare, previste nel Patto per la Salute.

Articolo 1 - Finanziamento SSN, Riparto e Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)FONDO SANITARIO NAZIONALE Per il 2014 lo stanziamento previsto è 109,928 miliardi, salirà a 112,062 nel 2015 e a 115,444 nel 2016 «salvo - precisa il testo - eventuali modifiche che non si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazione del quadro macroeconomico».I RISPARMI RESTANO ALLA SANITÀ La conferma nel comma 4 dell’articolo 1 del Patto. I Risparmi della «spending review» restano nelle disponibilità delle singole Regioni per finalità sanitaria. Anche in quelle con Piano di Rientro.

124 servizio sanitario: pubblico accesso?

AGGIORNAMENTO DEI LEA Con Intesa Stato Regioni e DPCM, entro il 31 dicembre 2014 è stato previsto il tanto richiesto (da più di dieci anni) ag-giornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), nei limiti del finan-ziamento fissato.RIPARTO QUOTE VINCOLATE A decorrere dal 2014, per le quote vincolate (hanseniani, Aids, fibrosi cistica, emersione lavoro stranieri) valgono i cri-teri di riparto della quota indistinta del FSN. Stesso discorso nel 2014 per i criteri di Riparto del finanziamento per sanità penitenziaria e Opg. Nel 2015 invece ci saranno possibili modifiche con Intesa in sede di Tavolo per sanità penitenziaria.

Articolo 2 - Mobilità Transfrontaliera(assistenza italiani all’estero e stranieri in Italia)Per garantire l’omogenea applicazione in tutte le Regioni delle norme vi-genti, si conviene sulla necessità di adottare tempestivamente delle linee guida, da emanare entro il 31 ottobre 2014.Entro il 31 dicembre 2014 verranno apportate le opportune modifiche per assicurare il diritto all’assistenza transfrontaliera, attraverso un gruppo di lavoro composto da Ministero della Salute, Agenas e Regioni.

Articolo 3 - Assistenza OspedalieraVa adottato, senza ulteriori rinvii, il regolamento sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi.Entro 31 ottobre 2014 con Intesa Stato Regioni dovrà essere stipulata un’in-tesa sugli indirizzi per garantire la continuità assistenziale Ospedale-terri-torio.Entro 6 mesi dalla stipula del Patto sarà inoltre definito un documento di indirizzo sull’appropriatezza riabilitativa, «per garantire alla persona con di-sabilità un percorso riabilitativo integrato all’interno della rete riabilitativa».

Articolo 4 - Umanizzazione delle cureViene previsto nel Patto un impegno preciso per la predisposizione di un Programma annuale per l’umanizzazione delle cure, con formazione del personale e cambiamenti organizzativi (priorità: Area critica, Pediatria, Co-municazione, Oncologia, Ass.za Domiciliare).Il grado di soddisfazione dei cittadini sarà monitorato in maniera continuati-va e omogenea tra le Regioni, così da consentire l’avvio di azioni correttive.

125capitolo 8 - il patto per la salute

Articolo 5 - Assistenza TerritorialeCURE PRIMARIE Cambierà completamente la medicina di base, con la co-stituzione obbligatoria delle UCCP e delle AFT.Le UCCP (Unità di Cure Primarie Continuative) avranno una sede individuata dalla Regione (come ad esempio, oggi accade per le Case delle Salute) e saranno caratterizzate dal lavoro multi professionale, garantito dal coordi-namento tra le varie professionalità con particolare riguardo all’integrazione tra medicina generale e medicina specialistica.Le AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali) sono un raggruppamento funzionale, mono-professionale di Medici di Medicina Generale (MMG) e dei Pediatri di Libera Scelta (PLS), ogni 30mila abitanti. Sono funzionalmente collegate all’UCCP.Entro sei mesi dalla firma della nuove Convenzioni (ACN) e comunque entro la vigenza del Patto (2016) le UCCP e AFT sostituiranno tutte le altre forme di aggregazione di medicina generale e saranno obbligatorie.Resteranno quindi gli studi medici individuali dei MMG o PLS, ma dovranno aggregarsi nelle AFT o nelle UCCP.DISTRETTI Saranno definiti nuovi standard organizzativi dei Distretti, che prevedranno ad esempio la presenza in ciascuno di essi di un medico per la terapia del dolore.Diventeranno, inoltre, il baricentro dell’assistenza territoriale, come luogo del coordinamento, della gestione, della definizione delle cure primarie e delle attività territoriali (con l’Azienda).EMERGENZA-URGENZA Sarà introdotto il numero unico europeo di emergen-za 112, che sarà recepito dalle centrali operative del 118. Le Regioni organiz-zeranno percorsi differenziati per emergenza e per codici di minore gravità.MEDICINA DI INIZIATIVA Le Regioni promuovono medicina d’iniziativa e farmacia dei servizi, quale modello assistenziale orientato alla promozione attiva della salute, anche tramite l’educazione delle popolazione ai corretti stili di vita.PRESIDI TERRITORIALI/OSPEDALI DI COMUNITÀ Entro il 31 ottobre 2014 è prevista un’intesa Stato Regioni per definire i Requisiti minimi dell’Ospedale di Comunità: con assistenza dei Medici di Medicina Generale, per ricoveri brevi non complessi, a persone assistibili a domicilio ma senza supporto familiare, o per assistenza infermieristica notturna non erogabile a domicilio.SPECIALISTICA AMBULATORIALE Verrà aggiornato il nomenclatore della specialistica ambulatoriale, in regime ambulatoriale. Sarà, quindi, istitu-

126 servizio sanitario: pubblico accesso?

to un tavolo di lavoro Salute-Economia e Regioni per rendere omogenea la codifica delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e per aggiornare e ottimizzare il sistema di rilevazione e di trasmissione delle informazioni sulle prestazioni erogate.PIANO NAZIONALE CRONICITÀ Di questo obiettivo siamo particolarmente or-gogliosi, perché per anni ne abbiamo richiesto la realizzazione e non solo si farà, ma sta vedendo il pieno coinvolgimento del Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici. Entro il 31 dicembre 2014 il Ministero della Salute presenterà la proposta di Piano Nazionale Cronicità per Accordo Stato Regioni.STATI VEGETATIVI Le Regioni dovranno provvedere a definire per i pazienti soluzioni sia di assistenza domiciliare integrata che di assistenza residenziale in speciali Unità di accoglienza permanente.

Articolo 6 - Assistenza Socio SanitariaLe Regioni si impegnano:• a disciplinare in modo integrato servizi e attività soprattutto per non au-

tosufficienza, disabilità, salute mentale, assistenza minori, dipendenze;• ad attivare il Punto Unico di Accesso per assistenza socio sanitaria e

socio assistenziale;• a utilizzare la Valutazione Multidimensionale;• a organizzare il Piano di prestazioni personalizzato integrato (sanitario,

socio-sanitario, socio- assistenziale), formulato dall’équipe responsabile della presa in carico;

• ad adottare o aggiornare i Programmi Non autosufficienza, Disabilità, Psichiatria, Dipendenze;

• a definire standard minimi qualificanti, per i servizi socio sanitari.

Articolo 7 - Istituti penitenziariLa Conferenza Unificata si impegna ad approvare entro il 30 settembre 2014 le Linee guida sull’assistenza sanitaria negli istituti penitenziari.

Articolo 8 - TicketEntro il 30 novembre 2014 si dovrà realizzare una revisione del sistema «ticket». Il sistema di partecipazione alla spesa dovrà considerare reddito e composizione del nucleo familiare. Successivamente, compatibilmente con le informazioni disponibili, potrà essere presa in considerazione la condi-zione economica del «nucleo familiare».

127capitolo 8 - il patto per la salute

Articolo 9 - Sistema di remunerazione delle prestazioni sanitarieSarà istituita una Commissione permanente per: aggiornamento delle ta-riffe, individuare funzioni assistenziali e relativi criteri di remunerazione, definire criteri e parametri per classi tariffarie, sperimentare tariffe per per-corsi assistenziali.Verranno quindi aggiornate le tariffe massime per l’assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale, nonché per l’assistenza protesica.Per quanto riguarda la mobilità interregionale le Regioni convengono di realizzare accordi da approvarsi in sede «Stato Regioni», che prevedano che si paghi la tariffa in vigore nella regione in cui si eroga la prestazione (entro i limiti del tariffario nazionale) e di regolamentare casi specifici con tariffe aggiuntive.

Articolo 10 - LEAViene previsto l’aggiornamento dei LEA entro il 31 dicembre 2014. Per quan-to riguarda la loro verifica il Patto prevede che il mancato conseguimento degli obiettivi di salute e assistenziali previsti dai Lea, stabiliti per i direttori generali, costituisce un «grave inadempimento contrattuale» per il quale si prevede la decadenza automatica dei direttori generali.

Articolo 11 - Tavolo verifica adempimentiSono confermati i compiti del Tavolo. Inoltre, annualmente, il Tavolo può disporre l’aggiornamento degli adempimenti che consentono alle Regioni l’accesso al finanziamento integrativo.

Articolo 12 - Riorganizzazione, Riqualificazione e Rafforzamento SSR (Piani di Rientro)Cambieranno con modifiche di legge i Piani di Rientro: interventi per garan-tire i LEA congiunti a quelli per equilibrio bilancio. La figura del Commissario ad acta sarà incompatibile con incarico istituzionale (es. Presidente Regione) e avrà curriculum adatto (idem sub Commissari).Il Commissario, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi ASL/AO, dispone con provvedimento motivato di decadenza dei Direttori generali.Il Ministero Salute utilizzerà Agenas per affiancare le Regioni in Piano di Rientro.Un nucleo ad hoc di Agenas organizzerà un sistema di monitoraggio («al-larme») a disposizione delle Regioni per prevenire cause Piano di Rientro.

128 servizio sanitario: pubblico accesso?

Si promuoverà un nuovo e più semplice sistema per la verifica e il rispetto LEA nelle Regioni in Piano di Rientro.Entro 31 marzo 2015 sarà redatto un Testo Unico delle disposizioni vigenti sui Piani di Rientro.I Piani di Rientro in corso saranno aggiornati.

Articolo 13 - Collegi sindacaliNe verrà rafforzato il ruolo rivedendone la composizione.

Articolo 14 - Edilizia SanitariaIl Governo si impegna ad assicurare alle Regioni «adeguate risorse finanzia-rie» per garantire la sicurezza e il funzionamento delle strutture sanitarie, l’adeguamento strutturale e l’ammodernamento tecnologico e organizza-tivo del SSN (sempre compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica e con il quadro economico).Governo e Regioni si impegnano poi a una revisione dell’attuale normativa tecnica in materia di sicurezza, igiene e utilizzazioni degli ambienti attraver-so un programma triennale da adottarsi, previa intesa Stato Regioni, entro il 31 dicembre2014.

Articolo 15 - Sanità Digitale e NSISEntro 30 giorni dalla firma del Patto Salute, Governo e Regioni faranno un Patto per la Sanità Digitale (nell’ambito dell’Agenda Digitale). Ogni tre anni si approverà il Piano di Evoluzione dei Flussi, predisposto dalla Cabina di Regia del NSIS.

Articolo 16 - Cabina di RegiaIl Patto cita poi il Piano di Evoluzione dei Flussi, che si sviluppa su un oriz-zonte temporale triennale ed è predisposto dalla Cabina di Regia del NSIS, i cui compiti, composizione e modalità di funzionamento saranno rivisti entro 90 giorni dalla stipula del Patto.

Articolo 17 - Piano Nazionale della Prevenzione (PNP)Confermati per il PNP 2014/2016 i 200 milioni annui aggiuntivi alle risorse già previste nel Piano Sanitario Nazionale (PSN). Viene inoltre stabilito che il 5 per mille sulla quota vincolata per il Piano Nazionale Prevenzione sia destinato ad attività di supporto al Piano da parte dei network regionali,

129capitolo 8 - il patto per la salute

dell’Osservatorio nazionale screening, Evidence-based, Prevenzione e As-sociazione italiana registri tumori.

Articolo 18 - Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS)Entro sei mesi dal Patto della Salute, le Regioni adottano le disposizioni applicative delle norme di riordino degli IZS, pena il commissariamento dell’IZS.

Articolo 19 - Sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentareImpegni delle Regioni per rendere i sistemi regionali del settore «sempre più efficaci ed efficienti nelle attività di prevenzione, vigilanza e controllo». Le Unità operative delle ASL deputate a queste funzioni specifiche dovranno essere possibilmente configurate come unità operative complesse e dotate di personale adeguato.

Articolo 20 - Ricerca Sanitaria«È fondamentale il reperimento delle fonti di finanziamento, l’individuazione delle possibili sinergie tra ricerca pubblica, privata, nazionale, europea ed extraeuropea e la ovalizzazione delle risorse già presenti nel SSN». Quindi, il Patto sollecita ad «evitare rischi di duplicazioni e sovrapposizioni integran-do le risorse e individuando tematiche condivise dai soggetti finanziatori». Inoltre «deve essere mantenuto e implementato un percorso rigoroso e trasparente che si occupi non solo di selezionare le migliori proposte di ricerca, ma che aiuti anche concretamente a definire le priorità più utili alla gestione delle aree di incertezza negli interventi sanitari».

Articolo 21 - Attività intramoeniaSi ribadisce la volontà di attuare le norme in materia, senza scadenze né impegni vincolanti.In sintesi, si sollecita da parte delle Asl, una ricognizione degli spazi in-terni disponibili per le attività libero professionali o l’acquisizione di ul-teriori spazi, se necessario, presso altre strutture sanitarie autorizzate intramoenia.

Articolo 22 - Gestione e sviluppo delle risorse umaneIl presente articolo parla, in generale, della necessità di valorizzare le risorse umane del SSN, al fine di garantire una nuova organizzazione del SSR, con

130 servizio sanitario: pubblico accesso?

particolare riferimento alla riorganizzazione della rete ospedaliera, servizi territoriali e presa in carico delle cronicità e delle non autosufficienze.Prevede che il blocco del turn over per le Regioni in Piano di Rientro valga solo fino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello della verifica positiva.Istituisce un Tavolo politico, che deve concludere i suoi lavori entro il 31 ottobre 2014 per la definizione di una Legge Delega che dovrà dettare principi e criteri direttivi in ordine a:a. valorizzazione delle risorse umane del SSN per favorire un’integrazione

multidisciplinare delle professioni sanitarie ed i processi di riorganizza-zione dei servizi;

b. accesso delle professioni sanitarie al SSN nel rispetto dei vincoli di spesa di personale e, per le Regioni in Piano di Rientro, dei vincoli fissati dai Piani stessi;

c. disciplina della formazione di base e specialistica per il personale di-pendente e convenzionato;

d. disciplina dello sviluppo professionale di carriera con l’introduzione di misure volte ad assicurare una maggiore flessibilità nei processi di ge-stione delle attività professionali e nell’utilizzo del personale nell’ambito dell’organizzazione aziendale;

e. introduzione di standards di personale per livello di assistenza ai fini di determinare il fabbisogno di professionisti sanitari a livello nazionale;

f. applicazione del Dpcm sul precariato per assicurare l’erogazione dei Lea e la sicurezza nelle cure.

Articolo 23 - Assistenza farmaceuticaPer governare in modo appropriato l’assistenza e la spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera, nei limiti delle risorse stabilite, Governo e Regioni si impegnano:• affinché Aifa aggiorni il Prontuario farmaceutico nazionale dei farmaci

rimborsabili sulla base del criterio costo/beneficio ed efficacia terapeutica, e anche con prezzi di riferimento per categorie terapeutiche omogenee;

• a rivedere la normativa nazionale per rendere contestuale l’Autoriz-zazione all’Immissione in Commercio con il riconoscimento della rim-borsabilità;

• ad una revisione degli accordi negoziali sui farmaci sottoposti ai Regimi di monitoraggio Aifa, dopo un periodo massimo di 36 mesi, valutando se vengono confermati o meno i risultati clinici attesi;

131capitolo 8 - il patto per la salute

• definire un percorso per sostenere esclusivamente l’innovazione tera-peutica reale, importante e dimostrata rispetto alla terapia già in uso;

• rendere contestualmente valide e applicabili su tutto il territorio nazio-nale le determinazioni di Aifa relative all’equivalenza terapeutica (con centrale unica di acquisto per regione e network di coordinamento tra le regioni).

Articolo 24 - Dispositivi mediciVengono definite le modalità per l’applicazione di una rete di comunicazio-ne dedicata alla dispositivo-vigilanza che consenta lo scambio tempestivo delle informazioni riguardanti incidenti che coinvolgono dispositivi medici. Entro il 1 ottobre 2014, con Accordo Stato Regioni, saranno emanate Linee Guida per il corretto utilizzo dei dati e della documentazione presente nel Repertorio dei dispositivi medici. Saranno fornite indicazioni alle strutture pubbliche e private del SSN per la corretta trasmissione dei dati relativi ai consumi per dispositivi medici.Le Regioni si impegnano a chiedere budget preventivi alle ASL e AO e ad attivare un Osservatorio sui consumi e sui prezzi dei dispositivi medici in grado di fornire dati comparativi alle centrali uniche di acquisto su base regionale.

Articolo 25 - Aggiornamento Nomenclatore Tariffario (assistenza pro-tesica)Per l’aggiornamento del regolamento sulle norme per l’assistenza protesica erogabile dal SSN, si provvederà anche a valere sui risparmi di spesa deri-vanti dalle disposizioni del presente Patto per la Salute, ciò comporterà che il reale aggiornamento si realizzerà solo se si verificheranno i risparmi attesi.

Articolo 26 - Creazione di un modello istituzionale di HTA dei dispositivi medici e valutazione dei medicinaliPer dare attuazione alle norme europee sull’HTA, Health Tecnology Assest-ment, il Ministero della Salute tramite Aifa e Agenas, per assicurare un go-verno dei consumi di dispositivi medici e di farmaci, a tutela dell’unitarietà del sistema sanitario, della salute e della sicurezza dei cittadini, dovrà istituire una “Cabina di Regia”; fornire elementi utili per le indicazioni dei capitolati di gara per l’acquisizione dei dispositivi medici; fornire elementi per la clas-sificazione dei dispositivi medici in categorie omogenee e per individuare

132 servizio sanitario: pubblico accesso?

prezzi di riferimento; promuovere la creazione del Programma nazionale di HTA dei dispositivi medici.

Articolo 27 - Valutazione nazionale dei medicinali con l’HTAL’AIFA fornirà una valutazione HTA per l’accesso ai farmaci, soprattutto quelli innovativi e di eccezionale rilevanza terapeutica.

Articolo 28 - Cabina di Regia per il monitoraggio del Patto della SaluteViene costituito un tavolo politico permanente della Conferenza Stato-Re-gioni come Cabina di regia per monitorare l’attuazione del Patto. A supporto del Tavolo politico, presso Agenas è costituito un Tavolo Tecnico, che farà anche proposte per la spending review interna al settore sanitario.

Articolo 29 - Regioni a Statuto Speciale e PA di Trento e BolzanoSi applicano le disposizioni sui bilanci del Titolo II del D.lgs 118/2011 (fe-deralismo fiscale) dal 1 gennaio 2015 in Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, PA di Trento; dal 1 gennaio 2017 in PA di Bolzano.

Norme finaliGoverno e Regioni si impegnano ad attuare l’Intesa sul Patto della Salute anche con le necessarie modifiche normative.In caso di modifiche normative sostanziali o del finanziamento per il SSN stabilito (vedi articolo 1, comma 1) l’Intesa dovrà essere rivista.

Nota metodologica

La prima e la terza parte del presente Rapporto sono state realizzate attra-verso la seguente metodologia:• attività preliminare di ricognizione dei dati disponibili, prodotti (dal 2013

ad ottobre 2014) da soggetti istituzionali (Università, Enti di ricerca, ecc.);• selezione dei dati utili;• attività di analisi civica e commento dei dati.

La seconda parte del Rapporto è stata realizzata attraverso una ricognizione che ha interessato 42 Organizzazioni nazionali di persone affette da pato-logia cronica e rara (rappresentative di oltre 100.000 cittadini).La griglia di rilevazione utilizzata è stata messa a punto dal Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva, e inoltrata alle Organizzazioni che hanno partecipato al Rapporto.Ciascuna Organizzazione ha provveduto a compilare la griglia di rilevazione tenendo in considerazione le segnalazioni ricevute dai cittadini, sul territorio nazionale, nel corso del 2013.I risultati della ricognizione realizzata con il contributo delle Organizzazioni dei pazienti, integrati con i dati della prima e terza parte del Rapporto, com-pletano la fotografia delle cronicità in Italia. Il numero di Organizzazioni con-sultate non consente di disporre di un campione statistico sufficientemente rappresentativo e quindi i dati contenuti nella seconda parte del Rapporto non possono essere considerati come rappresentativi dell’intero contesto nazionale. Tuttavia, la limitatezza delle fonti d’informazione, non diminuisce il valore dei dati contenuti nel Rapporto, poiché devono essere considerati come indicatori delle questioni di maggior rilievo di cui tener conto.

Le Associazioni che hanno partecipato al Rapporto

A.B.C. - Associazione bambini cri du chat

ACMT - RETE Associazione per la malattia di Charcot Marie Tooth

A.FA.D.O.C. onlus - Associazione Famiglie di soggetti con deficit dell’ormone della crescita e altre patologie

AICH Roma Onlus - Associazione Italiana Corea di Huntington Roma

AICI - Associazione Italiana Cistite Interstiziale

A.I.D. - Associazione Italiana per la difesa degli interessi dei diabetici

AIE Onlus - Associazione Italiana Endometriosi Onlus

A.I.F.A. onlus - Associazione Italiana Famiglie ADHD (Attention Deficit/Hiperactivity Disorder)

A.I.G. - Associazione Italiana Gaucher

A.I.M.A. - Associazione Italiana Malattia di Alzheimer

A.I.P.A.S. - Onlus Associazione Italiana Pazienti con Apnee del Sonno

A.I.S.L.A. Onlus - Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica

AISM - Associazione Italiana Sclerosi Multipla

AISMAC Onlus - Associazione Italiana Siringomielia e Arnold Chiari

Associazione Nazionale ALFA1-AT Onlus

ALIR - Associazione per la lotta contro l’insufficienza respiratoria

AMAMI - Associazione Malati Anemia Mediterranea Italiana

AMICI Onlus - Associazione Nazionale Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino

A.M.M.I. - Associazione Malati Meniére Insieme

A.M.O.R. - Associazione Milanese Ossigenoterapia Riabilitativa a Lungo Termine

A.M.R.I. onlus - Associazione per le Malattie Reumatiche Infantili

A.N.F. - Associazione Neuro Fibromatosi-Onlus

A.N.I.Ma.S.S. - Associazione Nazionale Italiana Malati Sindrome di Sjogren

ANMAR - Associazione Nazionale malati reumatici

136 servizio sanitario: pubblico accesso?

A.P.E. Onlus - Associazione Progetto Endometriosi

A.S.B.I. Onlus - Associazione Spina Bifida Italia

AS.MA.RA Onlus - Sclerodermia ed altre Malattie Rare “Elisabetta Giuffrè”

Associazione Italiana Pazienti BPCO Onlus

CIDO - Comitato Italiano per i diritti delle persone affette da obesità e disturbi alimentari

Europa Donna Italia

F.A.I.S.- Onlus Federazione Associazioni Incontinenti e Stomizzati

Famiglie SMA Onlus

Forum Trapiantati - Forum Nazionale delle Associazioni di Volontariato, Dializzati e Trapiantati Onlus

GAT Gruppo Aiuto Tiroide

GILS - Gruppo Italiano per la lotta alla Sclerodermia

Gruppo LES Italiano - Onlus (Gruppo Italiano per la lotta contro il Lupus Eritematoso Sistemico)

PARENT PROJECT Onlus - Genitori contro la distrofia muscolare Duchenne e Becker

Ryder Italia Onlus

Simba Onlus Associazione Italiana Sindrome e Malattia di Behcet

Associazione SOS Alzheimer Onlus

UILDM - Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare

WALCE Onlus - Women Against Lung Cancer in Europe

Conclusioni e proposte

Dal XIII Rapporto sulle politiche della cronicità emerge un Sistema sanitario nazionale in affanno, che si sta ripensando, ma che è ancora lontano dal garantire l’accesso a servizi appropriati ai pazienti che ne hanno bisogno in tutte le Regioni.Intanto i costi privati per l’assistenza aumentano, 9704 euro in media l’anno per la badante, 17435 euro per la retta di una struttura residenziale o se-miresidenziale, 1233 euro per le spese di viaggio per cura, quasi altrettanti (1029 euro) per l’alloggio, 737 euro per l’acquisto di farmaci e così via.I sacrifici richiesti attraverso la maggiore contribuzione non sono, in molti casi, ripagati dall’assistenza fornita; se pensiamo ad esempio all’assistenza domiciliare erogata in media da un minimo di 1,2 ore ad un massimo di 4,2 ore al giorno, per massimo 4,3 giorni a settimana.In questo senso possiamo affermare che la condizione economica di ciascu-na persona diventa requisito o discrimine nell’accesso o nel non-accesso alle prestazioni di cui si ha bisogno.E nella riorganizzazione dei servizi, che dovrebbe ottimizzare l’offerta e renderli più sicuri, chiudono ospedali, chiudono reparti, chiudono ambu-latori, ma non viene offerta una alternativa di servizi e di cura sul territorio.Siamo in presenza di un Servizio Sanitario Nazionale che, per garantire la tenuta dei conti e l’equilibrio di bilancio, sembra aver perso di vista il suo obiettivo principale cioè quello di garantire la salute dei cittadini, arrivando persino a privi-legiare l’appropriatezza economico-amministrativa a discapito di quella clinica.Premesso quanto detto Cittadinanzattiva - Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici raccomanda alle Istituzioni:

1. Partecipazione civica nelle scelte in sanità, accountability e trasparenza.Valorizzare, riconoscere e coinvolgere le Organizzazioni dei cittadini e dei pazienti nella definizione, implementazione e valutazione delle politiche

138 servizio sanitario: pubblico accesso?

sanitarie pubbliche, superando l’attuale autoreferenzialità delle scelte, come è accaduto, ad esempio, nella definizione del recente Patto per la Salute. Per uscire dal rischio di autoreferenzialità ed evitare che il controllore corrispon-da al controllato o sia ad esso gerarchicamente sottoposto, la valutazione dei servizi sanitari deve essere condivisa e deve prevedere il coinvolgimento di cittadini e pazienti, come previsto nel caso dell’Audit Civico. Rappresentanti delle organizzazioni di cittadini e pazienti devono inoltre essere presenti negli Organismi Indipendenti di Valutazione, nel Comitato per la verifica dei LEA, nelle politiche del farmaco e nelle decisioni che riguardano l’in-troduzione dell’innovazione, a partire dall’Health Technology Assessment.

2. Meno costi privati per i cittadini e maggiori garanzie di accessibilità.Le famiglie ed i pazienti cronici e rari hanno pagato un costo umano ed economico molto alto in questi anni.La risposta di cui c’è veramente bisogno è quella della accessibilità ed ef-fettività dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che vuol dire garantire un accesso tempestivo, equo e appropriato alle prestazioni sanitarie attraverso:• Forte rilancio dell’azione di governo delle liste di attesa. È necessario

aggiornare il Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa per il triennio 2010-2012 aumentando il numero delle prestazioni per le quali sono fissati tempi massimi; affiancando all’attuale sistema istituzionale di monitoraggio dei tempi di attesa un monitoraggio sostanziale-civico delle reali attese vissute dai cittadini; prevedendo un sistema di gestione e prenotazione trasparente e accessibile per i cittadini (nel rispetto delle norme sulla privacy) dei ricoveri programmati in modo da superare la gestione delle agende per reparto; mettendo in rete le disponibilità di tutte le strutture presenti sul territorio regionale pubbliche, private convenzionate e universitarie.

• Riduzione del peso dei ticket. Ridurre il peso dei ticket sui redditi fa-miliari destinando parte dei risparmi che deriveranno dal Patto per la Salute almeno alla copertura dei 10 euro introdotti dal super-Ticket. In altre parole passare da 3 miliardi (gettito derivante dai ticket) a poco più di due miliardi. Non sono accettabili forme che si configureranno come nuove tasse sulla salute, o peggio ancora, sulla malattia. Nessun passo indietro sui diritti acquisiti, come ad esempio esenzioni per malati cronici e/o rari. L’ISEE, così come calcolato oggi, è uno strumento iniquo per la modulazione della compartecipazione: il nuovo regolamento di

139conclusioni e proposte

calcolo, infatti, considera «fonti di reddito» le prestazioni assistenziali come ad esempio invalidità civile e indennità di accompagnamento.

• Aggiornamento e monitoraggio sostanziale dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). È necessario aggiornare gli attuali Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) così come peraltro previsto nel recente Patto per la Salute, all’art. 1, comma 3. In particolare, non è più rinviabile l’aggior-namento degli elenchi delle patologie croniche e rare, così come quello del Nomenclatore Tariffario delle protesi di cui al DM del Ministro della Sanità del 27 agosto 1999 n. 332.

• Revisione del sistema di valutazione delle performance delle Regioni, in particolare rispetto alla capacità di garantire l’effettività dei LEA af-fiancando agli attuali indicatori economici e quantitativi, indicatori più sostanziali in grado di registrare le effettive dinamiche tra cittadini e Servizi sanitari regionali. Per far questo è necessario che siano coinvolti rappresentanti di Organizzazioni di cittadini e pazienti nel Comitato di Verifica dei LEA.

• Personalizzazione e integrazione dei percorsi assistenziali. Garantire maggiore tempestività, personalizzazione e integrazione dei percorsi assistenziali per superare l’attuale parcellizzazione degli interventi e delle prestazioni, a vantaggio della creazione di una rete di protezione sociale per una reale presa in carico della persona. A questo fine rac-comandiamo la definizione, l’implementazione omogenea e diffusa e la valutazione di Percorsi diagnostici-terapeutici assistenziali; la garanzia della continuità assistenziale territorio-ospedale-territorio; l’integrazione degli interventi sanitari con quelli sociali; la diffusione dei Piani di assistenza individuali e un’attenzione specifica per le fasce di popolazione più fragili come anziani, non autosufficienti, persone con sofferenza mentale e propri familiari, migranti.

• Contemporaneità della riorganizzazione della rete ospedaliera con quella dell’assistenza territoriale. È necessario garantire la contempo-raneità della riorganizzazione della rete ospedaliera con quella dell’assi-stenza territoriale, affiancando agli standard nazionali ospedalieri, quelli per «l’assistenza territoriale».

3. Promuovere e investire in prevenzione.La prevenzione, come ribadisce in più riprese l’Organizzazione Mondiale della Sanità e come riconosciuto anche dall’Europa deve rappresentare

140 servizio sanitario: pubblico accesso?

una priorità del Servizio Sanitario Nazionale, come strumento di contrasto, ad esempio, ai preoccupanti dati su obesità e sedentarietà soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione. Occorre pertanto garantire che il 5% del fondo sanitario sia effettivamente dedicato a questo sco-po, incentivando i programmi vaccinali e di screening, di promozione dei corretti stili di vita, e di formazione di pazienti, familiari e caregivers sulla prevenzione delle complicanze. Questi interventi non devono es-sere sporadici e demandati alla buona volontà, ma devono essere parte della programmazione dei servizi, coinvolgendo in prima linea i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta e rispondere al principio «Health in all policies».

4. Dare concretezza al Piano nazionale delle cronicità.La realizzazione del Piano nazionale delle cronicità previsto dall’art. 5 del Patto per la Salute 2014-2016 è un passo importante per la programmazione delle risposte integrate a un bisogno di salute e di assistenza complesso.Proprio per la sua significatività, è necessario che una volta approvato con Accordo Stato-Regioni, si mettano in campo tutte le forze necessarie per «dare gambe» ai contenuti del Piano. In particolare:• che gli obiettivi di Piano siano utilizzati per finanziare l’avvio dei lavori

e rendere effettiva la programmazione;• che abbiamo implementazione in tutte le Regioni e laddove ciò non

accada, ci siano forme «penalizzanti»;• associazioni di cittadini e pazienti e professionisti siano attori anche

della fase di monitoraggio del Piano.

5. Garantire accessibilità alle terapie appropriate ed efficaci, governare l’innovazione, investire nell’empowerment per migliorare l’aderenza.Le politiche di governo dell’assistenza farmaceutica richiedono, in particola-re in questo momento storico, cambiamenti nel processo e nelle dinamiche che finora le hanno caratterizzate. Per questo proponiamo di:• Investire nell’educazione dei pazienti e caregivers, quale contributo

concreto nell’empowerment del paziente, al fine di favorire l’aderenza terapeutica, intesa come definita dall’OMS «La misura in cui il compor-tamento di una persona, che assume farmaci, che segue una dieta e/o che cambia stile di vita, corrisponde alle raccomandazioni stabilite con il medico».

141conclusioni e proposte

• Prevedere forme di partecipazione alla governance delle organizzazioni di cittadini e pazienti, così come previsto dall’art. 10 del Decreto Balduzzi e in analogia con quanto accade al livello internazionale (es. EMA).

• Definire cos’è «innovazione» attraverso un percorso partecipato da tutti gli stakeholder, comprese le organizzazioni di cittadini e pazienti (es. criteri su qualità della vita, produttività, autonomia, mantenimento abilità, etc.).

• Adottare una metodologia di HTA, ispirata ai modelli più avanzati di coinvolgimento e partecipazione di cittadini e pazienti (oltre che orga-nizzazioni che li rappresentino), con Regia unica nazionale che contrasti duplicazioni inutili o iniquità.

• Abolire duplicazioni di centri decisionali e funzionali (es. CTR, PTOR).• Introdurre nel Monitoraggio LEA indicatori relativi all’accesso effetti-

vo alle terapie farmacologiche (verifica restrizioni, tempi PTOR/PDT e individuazione centri), prevedendo meccanismi di intervento a livello centrale in caso di inadempienza delle Regioni.

• Revisione del ruolo dell’AIFA in un’ottica di maggiore efficientamento delle politiche farmaceutiche.

• Programmazione integrata della spesa pubblica, passando dall’approc-cio a silos, a quello dei vasi comunicanti.

6. Rendere i benefici sociali derivanti da condizioni invalidanti e di han-dicap benefici e non percorsi a ostacoli.• Semplificare in modo condiviso con Associazioni di cittadini, persone

con disabilità e pazienti, l’attuale iter amministrativo di riconoscimento dell’invalidità civile, caratterizzato da troppi momenti accertativi e di validazione (CMS), che incidono negativamente sui tempi di attesa per i cittadini e sulle casse dello Stato in termini di interessi passivi.Per questo bisogna garantire da subito il tasso del 100% di presenza dei medici INPS all’interno delle Commissioni ASL riducendo al massimo la necessità di successive visite, nonché velocizzare il processo d’informa-tizzazione da parte delle ASL anche al fine di facilitare l’attività dell’INPS.

• Rivedere il «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’indicatore della situa-zione economica equivalente», il cosiddetto ISEE, che computa ai fini del calcolo del reddito anche trattamenti assistenziali, previdenziali, indennitari, incluse le carte di debito, a qualsiasi titolo percepiti da am-

142 servizio sanitario: pubblico accesso?

ministrazioni pubbliche. Queste misure, infatti, rischiano di penalizzare ulteriormente le fasce più deboli e soprattutto di aggiungere difficoltà e oneri (economici e assistenziali) per le famiglie che già sono costrette a integrare di tasca propria o di persona i buchi assistenziali.

6. Dalla programmazione all’implementazione e all’effettività delle decisioni.È necessario garantire la tempestiva ed effettiva implementazione del Patto per la Salute 2014-2016 in particolar modo per quanto riguarda i seguenti impegni:• aggiornamento dei LEA;• aggiornamento del Nomenclatore tariffario delle Protesi e degli Ausili;• implementazione di un sistema adeguato di valutazione della qualità

delle cure e dell’uniformità dell’assistenza sul territorio nazionale ai fini del monitoraggio costante dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi;

• definizione dei nuovi indicatori per il monitoraggio dei LEA;• messa a punto del sistema di monitoraggio «allarme» per rilevare, in via

preventiva, eventuali e significativi scostamenti delle performance delle Aziende sanitarie e dei Sistemi sanitari regionali, in termini di qualità, quantità, sicurezza, efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità dei servizi erogati;

• realizzazione della continuità assistenziale dall’Ospedale al domicilio del cittadino-paziente;

• definizione dei requisiti minimi dell’Ospedale di Comunità;• messa a punto e approvazione del Piano Nazionale della Cronicità;• edilizia sanitaria, investimenti e ammodernamento tecnologico.

Ringraziamenti

La realizzazione del Rapporto è stata possibile grazie ai preziosi contributi forniti dalle quarantadue Associazioni di pazienti coinvolte.Un grazie particolare a tutte le novantanove organizzazioni che compongono il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva, sia per l’impegno con il quale portano avanti le attività del Coordinamento, sia per il bagaglio tecnico e politico che hanno fornito nella fase di realizzazione del Rapporto.Un ringraziamento particolare a: Sabrina Nardi, vice coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, per aver fornito la preziosa attività di consulenza nella fase di strutturazione del Rapporto e definizione/validazione della griglia di rilevazione inviata alle associazioni e per aver sup-portato la definizione delle proposte; a Giulia Mannella e Carla Berliri (Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva); a Fabrizio Pedrelli per aver curato l’elaborazione dei dati forniti dalle Associazioni.Ringraziamo inoltre, per il supporto fornito: Salvatore Zuccarello del Servizio PiT Salute di Cittadinanzattiva e Valeria Fava del back office di Cittadinanzattiva.Ringraziamo Cinzia Dottori per l’attività di Networking di Cittadinanzattiva.Ringraziamo per la supervisione Antonio Gaudioso, Segretario Generale di Cit-tadinanzattiva; Anna Lisa Mandorino, Vice Segretario Generale di Cittadinan-zattiva; Francesca Moccia, Vice Segretario Generale di Cittadinanzattiva; Marco Frey, Presidente di Cittadinanzattiva.Il lavoro di editing è stato assicurato da Alessandro Cossu, Aurora Avenoso, dell’ufficio stampa e comunicazione.Grazie inoltre agli staff degli uffici di Cittadinanzattiva, che hanno reso possi-bile la realizzazione e diffusione del presente lavoro: Comunicazione e stampa (Alessandro Cossu, Aurora Avenoso, Giacomo D’Orazio), Organizzazione (Linda Cocciolo, Alessandro Capudi, Giuliana Gubbiotti), Raccolta fondi (Roberta Ro-mano, Andrea Antognozzi, Cristiana Montani Natalucci, Bianca Ferraiuolo, Luca Bazzoli), Relazioni istituzionali (Valentina Condò, Tiziana Musicco).

stampato in italia

nel mese di novembre 2014da Rubbettino print per conto di Rubbettino Editore srl88049 Soveria Mannelli (Catanzaro)www.rubbettinoprint.it