1-rossini

Upload: lucaspunky

Post on 04-Nov-2015

5 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

D

TRANSCRIPT

INTRODUZIONE AL CORSO

16

INTRODUZIONE AL CORSO

Il corso si articoler in sei coppie di lezioni, ciascuna costituita da un modulo online e una lezione in persona.Ogni coppia di lezioni verter su un autore (o un periodo) e su un aspetto generale del fenomeno opera italiana dell'Ottocento a cui quell'autore (o quel periodo) ha fornito un contributo fondamentale:

1) Rossini / Le forme2) Bellini / La melodia3) Donizetti / I soggetti4) Verdi / Il caratteristico (ovvero la dialettica sociale)5) Gli anni 1870-1900 / Il libretto6) Puccini / La tecnica narrativa

I moduli online conterranno le nozioni di base relative ai singoli argomenti; un certo numero di documenti senza commento (letture, pagine musicali, file audio o video, immagini) destinati ad essere discussi in varie sedi: dalle attivit al forum alla lezioni in persona; o anche ad essere semplicemente occasione per una riflessione personale.

Le lezioni in persona serviranno principalmente ad approfondire le questioni poste nei moduli online; a mettere a fuoco alcuni punti cruciali, verificandone i possibili utilizzi in sede didattica.

Le domande relative ai moduli online verteranno tanto sulla parte nozionistica quanto su quella documentaria.In quest'ultimo caso, trattandosi come si ricordato di documenti non ancora commentati, il quesito potr essere talvolta di natura critica, ossia potr contenere la richiesta di un'opinione o un'analisi personale, il cui scopo non comunque quello di mettere in difficolt lo studente, bens di renderlo attivo verso la materia.

I dubbi che nasceranno sicuramente alla lettura, alla visione o all'ascolto dei documenti, oltre che alla lettura del file di testo, potranno essere sollevati anche nel Forum. Anzi, l'iniziativa di porre le questioni in questa sede sar particolarmente apprezzata.

LESSICO ESSENZIALE

AriaQuesto termine acquista nell'Ottocento un significato diverso rispetto a quello originale. Fino a tutto il Settecento l'aria semplicemente un episodio vocale solistico di forma strofica nel corso del quale l'azione e il dialogo lasciano il posto all'enunciazione dell'affetto o del pensiero di un personaggio (in origine anche pi di uno).Nell'Ottocento invece una struttura molto pi complessa, articolata in pi episodi distinti sul piano tonale e drammaturgico (alternativamente statici e dinamici), il cui canone formale sar descritto pi avanti, nel capitoletto dedicato alle forme.L'origine di questa forma si pu rintracciare nell'aria bipartita del tardo Settecento, articolata in due tempi, il secondo dei quali pi mosso. sufficiente inserire un terzo episodio, drammaturgicamente dinamico, tra le due sezioni dell'aria bipartita e abbiamo gi l'aria ottocentesca.Due esempi di aria bipartita:Mozart, Le nozze di Figaro, atto terzo, numero 19, Contessa: Dove sono i bei momenti (Andante Dove sono i bei momenti / Allegro Ah, se almen la mia costanza).Rossini, Il barbiere di Siviglia, atto primo, numero 5, Rosina: Una voce poco fa (Andante Una voce poco fa / Moderato Io sono docile).L'accezione originale del termine si mantenuta nel linguaggio corrente, mentre quella adottata nel corso dell'Ottocento, legata agli specifici canoni formali di quella stagione, si conservata solo in ambito storiografico.

RecitativoContrapposto ad aria. Episodio vocale non strofico in versi sciolti (endecasillabi, talvolta mischiati a settenari) nel quale la linea di canto modellata sulla parola.Nei recitativi l'accompagnamento strumentale semplice e frammentario, per lo pi collocato nello spazio tra una frase e l'altra.Il recitativo semplice o secco, di tradizione pi antica, accompagnato da clavicembalo e basso. Al recitativo accompagnato partecipa invece tutta l'orchestra. All'inizio dell'Ottocento sono ancora presenti entrambi i tipi, anche se la fortuna del recitativo secco va rapidamente declinando, soprattutto nel campo dell'opera seria.

ConcertatoEpisodio musicale per voci soliste (in genere tutti o quasi i personaggi dell'opera) e coro. Si colloca quasi sempre alla fine dell'atto, nel cosiddetto Finale. spesso avviato da una sezione a una o due voci, cui segue l'ensemble, in genere basato su una nuova idea musicale.

CavatinaL'aria con cui il personaggio si presenta la prima volta al pubblico, nota anche come aria di sortita. Non implica una forma diversa rispetto a quella canonica (vedi oltre).

RomanzaAria (nell'accezione corrente del termine) d'intonazione patetica e di movimento moderato.In ambito operistico la romanza pu apparire come il movimento iniziale (Andante o Largo) dell'aria bipartita settecentesca, privato del successivo Allegro.Storicamente per il genere della romanza non nasce nei teatri ma nei salotti, dove questo particolare tipo d'aria non eseguito da vituosi di canto bens da dilettanti. Di conseguenza il suo stile vocale, anche in teatro, non mai di tipo virtuosistico.In Italia la forma della romanza tocca l'apice della fortuna alla fine dell'Ottocento, sia nel campo della musica da salotto che in quello dell'opera. Se ne parler a suo tempo.

Aria con PertichinoAria che contiene interventi di un personaggio secondario (denominato appunto pertichino).

ParlanteMelodia vocale modellata sulla parola: simile quindi a un recitativo, ma pi rigida e incalzante in quanto ingabbiata entro la scansione ritmica di una trama orchestrale continua. Il parlante impiegato tra l'altro nelle arie dei bassi buffi.

AriosoParentesi melodica posta all'interno di una sezione in recitativo o in parlante.

CadenzaNel linguaggio operistico questo termine impiegato per indicare non un procedimento armonico, bens una fioritura vocale, priva di accompagnamento o sostenuta da accordi tenuti, posta alla fine di un episodio lirico. Ovviamente essa coincide anche con una cadenza armonica ma indica propriamente il disegno vocale, esattamente come nel caso del concerto per strumento solista.Nel corso del Settecento le cadenze vocali erano composte dagli stessi interpreti.

Preludio e SinfoniaSi tratta di due forme distinte.Nell'Ottocento italiano la sinfonia d'opera, nella sua forma canonica, un esteso brano orchestrale che d inizio allo spettacolo, articolato (come l'aria bipartita settecentesca) in una sezione pi breve in tempo moderato e una pi lunga in tempo mosso. Quest'ultima si sviluppa a sua volta attraverso l'alternanza (non si pu parlare di dialettica nel senso sonatistico) di due temi.Il preludio un brano molto pi breve, formalmente libero.Nel corso dell'Ottocento italiano la sinfonia decade a favore del preludio, che in genere utilizzato dai compositori per introdurre gli spettatori nel clima dell'opera gi prima dell'apertura del sipario.La sinfonia all'italiana non va confusa con l'ouverture alla francese, che nell'Ottocento una sorta di pot-pourri sinfonico. Le cosiddette sinfonie di Guillaume Tell (Rossini), Les Vspres siciliennes e La forza del destino (Verdi), che in Italia hanno avuto notevole fortuna anche in campo concertistico, sono di fatto altrettante ouverture alla francese.

Intermezzo sinfonicoPreludio collocato all'inizio di un atto anzich dell'opera. Pu essere chiamato anche semplicemente preludio. Deriva dalla forma francese dell'Entr'acte.

A parteEpisodio vocale in cui un personaggio parla tra s, cio si fa sentire dal pubblico ma non dagli altri personaggi.

En travestiSi dice di una cantante che interpreti un personaggio maschile: soprano, mezzosoprano, contralto en travesti.All'inizio dell'Ottocento questa prassi antica ancora in voga, ma non applicata indiscriminatamente a tutti i personaggi maschili, bens esclusivamente a quelli pi giovani, siano essi brillanti (Rossini, La gazza ladra: Pippo) amorosi (Bellini, I Capuleti e i Montecchi: Romeo) o eroici (Rossini: Tancredi).

GIOACCHINO ROSSINI

1) Il primo trentennio dell'Ottocento. L'et rossiniana.

Non mi propongo con questo breve corso di darvi l'idea esatta dei processi storici che determinarono l'evoluzione dell'opera italiana nel corso del XIX secolo, in tutte le loro articolazioni e sfumature, sempre sottili e complesse, nonch spesso opinabili, in quanto indagate in modo ancora insufficiente.Un approccio di questo tipo richiederebbe tra l'altro molte pi ore e non darebbe risultati apprezzabili sul piano delle applicazioni didattiche.Non mi soffermer quindi, se non brevissimamente, in questo modulo come nei successivi, sul ruolo delle personalit di secondo piano: i cosidetti minori.Con tutto questo, non si pu dimenticare che il primo trentennio dell'Ottocento, in Italia, non solo Rossini. Chi voglia quindi approfondire il contesto nel quale egli opera e le premesse artistiche da cui egli muove, pu consultare il nono volume della Storia della Musica della EDT, Italia e Francia nell'Ottocento, scritto da Fabrizio Della Seta, che contiene un eccellente capitolo dedicato appunto alla storia musicale di questi primi trent'anni del secolo, che lo studioso riunisce nella definizione di et rossiniana (pagg. 59-68):

Si pu perci guardare al periodo 1800-30, nel suo insieme, come a unet rossiniana, il cui primo terzo costituisce una fase di graduale rinnovamento e maturazione linguistica che nel pesarese trova il suo momento di sintesi. Pi che come un rivoluzionario, Rossini ci appare come colui che, con la sua superiore musicalit, codific e impose allEuropa le conquiste di un decennio []

Mi basta per ora estrarre e mettere a fuoco tre concetti. I principali compositori teatrali che operano in questi anni compreso Rossini cessano o riducono ai minimi termini la loro attivit intorno al 1830, che si pu quindi considerare una data spartiacque. Esiste in questo periodo una netta distinzione, di stampo classicista, tra genere serio e genere buffo, tragedia e commedia; non tanto in relazione alla musica, quanto alla diversa qualit dei personaggi. L'opera seria porta sulla scena solo personaggi sublimi, aristocratici d'estrazione o d'elezione, tutti accomunati da un linguaggio aulico e un portamento eroico. L'opera comica popolata invece da personaggi appartenenti alla quotidianit, di estrazione per lo pi borghese, ed soggetta a diverse inflessioni: dal buffo puro, al sentimentale, al moraleggiante. Un fenomeno circoscritto ma importante quello della Farsa: un genere di teatro povero, in voga soprattutto a Venezia tra il 1794 e il 1818, nel quale cadono le rigide distinzioni di genere appena descritte. La farsa infatti non necessariamente un'opera farsesca, nella moderna accezione del termine, e neppure necessariamente comica; semplicemente un'opera breve, quasi sempre in un atto unico, i cui svariati argomenti sono quasi sempre ricavati dal teatro francese contemporaneo. Ma su questo torneremo tra alcune settimane.

2) Le opereGioacchino Rossini nasce nel 1792 e muore nel 1868.La sua attivit di operista abbraccia per solo gli anni 1810-1829.Prima, da bambino, studia corno, composizione e soprattutto canto. I suoi studi non sono n lunghi n regolari, in quanto il talento e la voglia di affermarsi sono tali che a meno di vent'anni gi interamente assorbito dal teatro, per il quale compone a ritmi vertiginosi.Tanto breve il preludio, tanto lungo il postludio: dall'ultima opera alla morte trascorrono quasi quarant'anni. il compositore pi celebre del mondo ma fisicamente e psicologicamente fragile. Lavora poco e con grande fatica. Nel 1831 inizia uno Stabat Mater che porta a termine solo nel 1841. Tra il 1830 e il 1835 compone una raccolta di dodici composizioni vocali da camera: le Soires musicales.Nel 1855 si stabilisce definitivamente a Parigi, dove si rianima in modo quasi miracoloso (circostanza che rende evidente la componente nervosa dei precedenti disturbi): guarisce dalla malattia e sembra ritrovare il buon umore. Immediatamente si rimette al lavoro, dando alla luce i tredici libri dei Peccati di vecchiaia (Pchs de vieillesse): una miriade di composizioni da camera dai titoli spesso folli (Mon prlude hyginique du matin, Prlude inoffensif, Valse anti-dansante, Prlude prtentieux ecc) che anticipano per molti versi la poetica di Eric Satie e che Rossini non volle n pubblicare n far eseguire al di fuori della cerchia di amici che frequentavano la sua casa. Scrive infine la Petite messe solemnelle, una messa da camera (!) per dodici voci, due pianoforti e armonium (1863).

La produzione operistica di Rossini si pu grosso modo dividere in tre periodi, a seconda delle diverse citt che di volta in volta ospitano il maggior numero di lavori: veneziano (1810-14), napoletano (1815-23) e parigino (fino al 1829).Il periodo veneziano dominato dal genere comico e dalle farse. Il legame col tardo Settecento ancora evidente, ma il pubblico trova nella sua musica qualcosa di nuovo, elettrizzante e liberatorio. Rossini affronta i libretti con notevole disinvoltura: trasferisce senza scrupoli episodi musicali da un'opera all'altra, si interessa poco all'aspetto della satira di costume, tradizionalmente presente nell'opera buffa di derivazione goldoniana, ed esalta invece una comicit assoluta, surreale e folle; insomma una comicit che nasce dalla musica prima che dall'azione. Il ritmo trascinante, la vocalit brillante e fiorita (ricca cio di vocalizzi) e i famosi crescendo passati alla storia appunto come rossiniani rappresentano il marchio pi evidente di questo nuovo linguaggio.A Napoli Rossini si dedica invece quasi esclusivamente all'opera seria, sfruttando le risorse, all'epoca straordinarie, che il teatro San Carlo poteva offrire quanto a disponibilit orchestrali e qualit degli allestimenti. In questi anni non cessa di scrivere per altre citt, dove mette in scena ancora qualche lavoro comico, tra cui Il barbiere di Siviglia; ma le sue opere pi ambiziose sono tutte destinate al San Carlo, con l'eccezione dell'ultima, Semiramide composta per la Fenice che rappresenta idealmente il compimento di quell'esperienza artistica. Sono anni di sperimentazione: Rossini sta ampliando il proprio linguaggio, drammatico e musicale. Non rinuncia agli elementi stilistici della sua prima maniera, ma li fa entrare in rapporto dialettico, se non talvolta in rotta di collisione, con una cantabilit pi tesa, un nuovo interesse per la declamazione, un uso dell'armonia e del timbro a scopo drammatico ed un'aspirazione a creare unit drammaticomusicali di ampio respiro. Il recitativo secco, che costituiva l'ostacolo maggiore alla costruzione di tali unit, scompare completamente dalle opere serie.Parigi segna una svolta importantissima nella carriera di Rossini, il quale, prima di affrontare il teatro dell'Opra con un lavoro originale, saggia il terreno presentando due rifacimenti di altrettante opere napoletane. La qualit dell'orchestra, degli allestimenti e delle compagnie di canto dell'Opra gli consente di procedere lungo la via intrapresa a Napoli, ampliando i confini del suo linguaggio musicale, perfezionando la tecnica orchestrale e liberandosi ulteriormente dei vincoli delle forme convenzionali dell'opera italiana che lui stesso aveva codificato nella prassi. Finalmente, dopo cinque anni di attesa (Il viaggio a Reims non che una cantata scenica in italiano, rappresentata per tre sole sere al Thtre Italien in occasione dei festeggiamenti per l'incoronazione di Carlo X), nell'agosto del 1828 va in scena Le Comte Ory e un anno pi tardi tocca a Guillaume Tell. Due capolavori, ma entrambi per molti versi gi lontani dalla forma e dallo spirito dell'opera italiana. Il primo, legato all'atmosfera sensuale e licenziosa dei Vaudeville francesi, non entrer mai nei favori del pubblico italiano, abituato ad un teatro comico di tutt'altro genere, basato su clich psicologici di derivazione settecentesca (il vecchio pedante, l'amoroso, il sultano vanaglorioso, la serva intrigante, l'innamorata virtuosa ma furba). Il secondo una colossale opera in quattro atti, pi lunga di un dramma musicale wagneriano, che in Francia contribu all'affermarsi del genere del Grand-opra (se ne riparler tra qualche mese), ma che in Italia sar sempre pi ammirata che amata ed eseguita. Con Guillaume Tell Rossini sembra comunque affacciarsi sulla scena del romanticismo europeo, a partire dalla scelta del soggetto, tratto dal dramma omonimo di Schiller. Il progetto seguente niente meno che un Faust, ma qui l'avventura s'interrompe nel modo che si detto.Rimane il dubbio se davvero fu soltanto la malattia nervosa a spingere Rossini a ritirarsi a vita privata o se si tratt anche di un'oggettiva difficolt a procedere oltre, ossia ad adattarsi ad un clima culturale troppo lontano dalla sua sensibilit e della sua formazione.

Prospetto delle opere di Rossini (data, titolo, luogo della prima, genere)

ante 1909Demetrio e PolibioRoma (1812)seria3/11/1810La cambiale di matrimonioVeneziafarsa comica26/10/1811L'equivoco stravaganteBolognacomica8/1/1912L'inganno feliceVeneziafarsa comica14/3/1812Ciro in BabiloniaFerraraseria9/5/1812La scala di setaVeneziafarsa comica26/9/1812La pietra di paragoneMilanocomica24/11/1812L'occasione fa il ladroVeneziafarsa comica27/1/1813Il signor BruschinoVeneziafarsa comica6/2/1813TancrediVeneziaseria22/5/1813L'Italiana in AlgeriVeneziacomica26/12/1813Aureliano in PalmiraMilanoseria14/8/1814Il Turco in ItaliaMilanocomica26/12/1814SigismondoVeneziaseria4/10/1815Elisabetta regina d'InghilterraNapoliseria26/12/1815Torvaldo e DorliskaRomasemiseria20/2/1816Il barbiere di SivigliaRomacomica26/9/1816La gazzettaNapolicomica4/12/1816OtelloNapoliseria25/1/1817La CenerentolaRomacomica31/5/1817La gazza ladraMilanosemiseria11/11/1817ArmidaNapoliseria27/12/1817Adelaide di BorgognaRomaseria5/3/1818Mos in EgittoNapoliseria1818AdinaLisbona (1826)farsa semiseria3/12/1818Ricciardo e ZoraideNapoliseria27/3/1819ErmioneNapoliseria24/4/1819Eduardo e CristinaVeneziaseria24/10/1819La donna del lagoNapoliseria26/12/1819Bianca e FallieroMilanoseria3/12/1820Maometto IINapoliseria24/2/1821Matilde di ShabranRomasemiseria16/2/1822ZelmiraNapoliseria3/2/1823SemiramideVeneziaseria19/6/1825Il viaggio a ReimsParigicomica9/10/1826Le Sige de CorintheParigiseria (rifacimento di Maometto II)26/3/1827Mose et PharaonParigiseria (rifacimento di Mos in Egitto)20/8/1828Le Comte OryParigicomica3/8/1829Guillaume TellParigiseria

3) La personalit

La maggior parte delle testimonianze sulla personalit di Rossini proviene dagli anni della maturit e della vecchiaia. Fu allora che si diffuse la nota immagine dello scettico epicureo, dedito alla buona tavola e alle facezie; un'immagine che probabilmente egli stesso contribu ad alimentare, servendosene come di una maschera dietro cui nascondeva una nevrosi vissuta in tragica solitudine. (Fabrizio Della Seta)

Probabilmente l'approccio didattico pi facile al teatro di Rossini proprio quello di giustificarne le caratteristiche musicali e drammaturgiche partendo da questa simpatica caricatura. Evocando cio una relazione tra il carattere divertente della persona e il divertimento che si prova assistendo a opere come Il barbiere di Siviglia o L'Italiana in Algeri. da questa prospettiva che il pubblico e i musicisti, a partire almeno dalla met dell'Ottocento, hanno a lungo guardato a Rossini essenzialmente come all'autore di opere comiche.In realt basta dare un'occhiata all'elenco dei lavori teatrali per capire che, al contrario, egli si dedic soprattutto al genere serio: non solo i titoli tragici sono molti di pi, ma si tratta dei lavori destinati alle piazze pi importanti. Le opere comiche invece sono quasi tutte composte tra i 18 e i 24 anni e in molti casi sono brevi farse in un atto.Per capire l'atteggiamento del mondo musicale italiano di fine Ottocento nei confronti del Rossini serio, bisogna pensare che nel frattempo il genere si era evoluto in tutt'altra direzione attraverso le opere di Bellini, Donizetti, Mercadante e Verdi, dando l'impressione a molti che le opere di Rossini fossero ormai qualcosa di superato. Il genere comico invece si era andato rapidamente esauriendo, per cui il modello del Barbiere non fu rimpiazzato da altri modelli e sembr mantenere inalterata la propria freschezza.

Per accostarsi alla musica e al teatro di Rossini insomma meglio sospendere, almeno per un po', il giudizio sull'uomo e semmai volendo compiere il percorso inverso: dalla produzione artistica alla personalit umana.Per fare questo per necessario ascoltare un po' di musica, per cui se ne riparler in aula il 5 marzo.

4) La Rossini-Renaissance

Alla fine dell'Ottocento le opere di Rossini non si rappresentano quasi pi. Nei repertori dei teatri italiani rimane solo Il barbiere di Siviglia. Altre opere, come Semiramide, Cenerentola e L'Italiana in Algeri, si allestiscono sporadicamente. Non esistono pi neppure i cantanti in grado di affrontare correttamente la vocalit rossiniana. Il gusto del pubblico cambiato e questo genere di teatro tollerato solo a patto di alterarne la drammaturgia e la forma mediante drastici tagli, alterazioni delle linee vocali e un generale irrobustimento dell'orchestra.La riscoperta del teatro e della musica di Rossini, nota come Rossini-Renaissance, ha inizio nella seconda met del Novecento. La sua citt natale, Pesaro, ospita la Fondazione Rossini, che a partire dal 1955 pubblica i Quaderni rossiniani e negli anni Settanta avvia l'edizione critica di tutte le sue opere. In questa forma filologicamente corretta le partiture sono ripresentate al pubblico di tutti i maggiori teatri italiani e, in particolare, a quello del teatro Rossini di Pesaro, nell'appuntamento annuale del Rossini Opera Festival (inaugurato nel 1980). I pi grandi direttori e registi si cimentano col teatro rossiniano. Le scuole di canto di tutto il mondo recuperano la tecnica vocale necessaria ad affrontare questo tipo di repertorio, sfornando ottimi interpreti.Il secondo Novecento insomma sembra aver restituito a Rossini ci che il secondo Ottocento gli aveva tolto.

LE FORME

Come si detto, Rossini non ha inventato ex novo le forme del melodramma italiano dell'Ottocento, bens le ha codificate e trasmesse.Si tratta di forme molto diverse rispetto a quelle dell'opera settecentesca, dominata dall'aria con da capo, la cui struttura canonica AABAAdove il da capo costituito dalle due sezioni conclusive, che riprendono la musica e i versi delle prime due.

Negli ultimi decenni del Settecento assistiamo ad una novit importantissima per gli sviluppi dell'opera italiana: s'impongono i grandi Finali d'atto, articolati liberamente in numerose sezioni (una forma nata e sviluppatasi nel campo dell'opera buffa).La nuova complessit strutturale di questi Finali attraversa la soglia del secolo e giunge fino all'opera rossiniana, dove per vedremo fra poco viene ingabbiata entro uno schema formale ben preciso.

1) Il canone formale del Numero, ovvero quella che uno studioso di met Ottocento, Abramo Basevi, defin la solita forma: termine in seguito adottato dalla musicologia moderna.

L'opera italiana dell'Ottocento suddivisa innanzitutto in atti (di regola due), a loro volta divisi in una serie di Numeri. Il Numero un'unit drammatica, cui corrisponde in genere una struttura tonale coerente. La Sinfonia ad esempio non considerata un numero e in quanto tale non le viene abbinato un numero negli indici degli spartiti, mentre numeri sono l'Introduzione (la scena con la quale l'opera o l'atto iniziano, di struttura piuttosto libera e alla quale partecipa normalmente il coro), la Scena ed aria, la Scena e duetto, la Scena e terzetto, la Scena e romanza, il Finale (da intendersi come Finale d'atto e, in particolare, come Finale del primo atto).

Consideriamo tre casi particolari e i relativi schemi formali:

Scena ed aria:0) Scena1) Cantabile2) Tempo di mezzo3) Cabaletta

Scena e duetto0) Scena1) Tempo d'attacco2) Cantabile3) Tempo di mezzo4) Cabaletta

Finale0) Scena1) Tempo d'attacco2) Largo concertato3) Tempo di mezzo4) Stretta concertata

Semplificando potremmo cos descrivere la scansione formale che accomuna questi tre casi:

una sezione iniziale destinata allo sviluppo dell'azione, denominata appunto Scena e svolta in stile recitativo, seguita da due sezioni liriche la prima in tempo moderato (Cantabile o Largo), la seconda in tempo mosso (Cabaletta o Stretta) tra le quali si colloca un episodio di transizione denominato Tempo di mezzo.

Il senso e l'efficacia di questa successione li vedremo la settimana prossima in aula. Per ora mi basta che abbiate chiaro lo schemabase e che siate al tempo stesso consapevoli che, per chiarezza, ho operato lo ripeto una semplificazione.La conoscenza puntuale delle molte varianti che lo schema consente interessa pi il musicologo che il didatta: sapere che queste varianti esistono tuttavia utile per non rimanere disorientati alla prima occasione.Una di esse balza all'occhio gi nello schema precedente, dal quale risulta che la Scena e duetto e il Finale hanno in pi un Tempo d'attacco, che normalmente un episodio di forma strofica in tempo mosso.Ne elenco qualcun'altra:la Scena nei Finali non consiste in un semplice recitativo;il tempo di mezzo pu mancare;la Cabaletta pu anche essere in tempo moderato (se ne trovano parecchie in Lucia di Lammermoor di Donizetti);tra il tempo d'attacco e il cantabile pu trovarsi un Tempo di mezzo o un'ulteriore Recitativo;il pi delle volte il Tempo d'attacco manca .......

2) La forma dell'episodio lirico (Lyric-form)Anche la singola strofa lirica (si tratti di cantabile, cabaletta, coro, largo di concertato ecc) ha una sua forma canonica e convenzionale: suddivisa in quattro coppie di versi (o quattro versi) cui corrispondono musicalmente altrettante frasi, secondo lo schemaA-A'-B-A''oppureA-A'-B-C,dove l'episodio contrastante B contiene anche un temporaneo slittamento armonico, in genere verso i gradi V, VI, IV, II.Luigi Dallapiccola, il compositore del Novecento, ha chiamato questo procedimento regola del terzo verso per sottolineare l'importanza di questo snodo melodico/tonale a tre quarti del percorso.Oggi questa forma correntemente indicata come Lyric-form.

Le deroghe alla Lyric-form e alla Solita forma sono frequentissime e necessarie ad evitare la ripetitivit del procedimento (uno dei casi di maggiore passivit nei confronti dello schema costituito dal primo atto de I Capuleti e i Montecchi di Vincenzo Bellini, ascoltando il quale ci si pu fare un'idea piuttosto chiara e precisa del canone formale).L'una e l'altra d'altronde si affermarono nella prassi e non furono codificate. Si tratta in realt, come vedremo, di forme concepite in funzione della psicologia: non di quella dei personaggi ma di quella degli spettatori; e in quanto tali suscettibili di essere sostituite da altre forme in grado di conseguire il medesimo scopo.

LETTURE

1) Il barbiere di Siviglia secondo Alberto Savinio

Che importa ci che dice Wagner del fabbricatore estremamente abile di fiori artificiali? Pensando all'autore della definizione si parteggia per il fabbricante di fiori artificiali. Io non amo i fiori. Tuttavia ai fiori veri preferisco i fiori artificiali. E quanto maggiore, oltre a tutto, sia la durata dei fiori artificiali, attesta il Barbiere di Siviglia: questo capolavoro freddo, nel quale i gambi dei fiori sono sostituiti da steli di filo di ferro, avvolti nella carta d'argento.

2) Antonio Zanolini, Una passeggiata in compagnia di Rossini, estratti (in Luigi Rognoni, Gioacchino Rossini, pagg. 376-381)

[] finch il discorso cadde per caso sulla musica. Io gli diceva, colla sincerit dell'amicizia e com'uomo che sente ma non sa di musica, che nelle opere di Mozart e nelle sue segnatamente trovavo un gran potere d'imitazione.Rossini ripet, come fa l'eco, quest'ultima parola; ma con un'appoggiatura, con un sogghigno molto espressivo. Ond'io: L'ho detta grossa.Croll la testa e mi disse: un errore comune anche al maggior numero di quelli che fanno professione di musica e dottrinalmente ne ragionano. La musica non un'arte imitatrice, ma tutta ideale quanto al suo principio; e, quanto allo scopo, incitativa ed espressiva. La pittura e la scultura sono arti essenzialmente imtatrici, perciocch imitano il vero; e l'ideale di quelle arti consiste nel formare di varie parti prescelte un tutto perfetto. Esse, imitando, rappresentano ci che l'uom vede, e parlano agli occhi ed all'animo col muto linguaggio degli atteggiamenti. La musica non intende e non pu far pervenire agli orecchi una sembianza di tutto ci che l'uom ode; ma lo risveglia, lo anima in mezzo ai pericoli delle battaglie, lo conforta e lo fa lieto nella solitudine dei campi, e con nuovo linguaggio, tutto suo proprio, parla al cuore, ridesta le affezioni pi vive, rallegra, rattrisce, atterrisce, commuove.[]La musica pu imitare imperfettamente solo quel vero che produce suono: la pioggia, il tuono, la tempesta, un piagnisteo lamentevole, uno strepito festoso. Il canto s, il canto, di sua natura espressivo, in certo modo imita la declamazione. Ma una facolt s limitata non si pu prendere per l'attributo essenziale dell'imitazione. La musica una sublime arte appunto perch, non avendo mezzi per imitare il vero, s'innalza al di l della natura comune in un mondo ideale, e colla celeste armonia commuove le passioni terrene. La musica, vi ripeto, tutta ideale, non un'arte imitatrice.[]Ponete ben mente che l'espressione della musica non quella della pittura, e che non consiste nel rappresentare al vivo gli effetti esteriori delle affezioni dell'animo, ma nell'eccitarle in chi ascolta.[nota di Luigi Rognoni: sorprendente come Rossini affermi qui un concetto che verr, quasi vent'anni dopo, precisato da Eduard Hanslick, e che costituir la base dell'estetica formalista della musica, con l'enunciazione che "la musica non ha la facolt di esprimere il contenuto dei sentimenti" ma di rappresentarne soltanto la "dinamica" (cfr. E. Hanslick, Vom Musikalish-Schnen [1854], trad. it. Milano 1945, pag. 49). E Rossini, pi avanti, affermer infatti che l'espressione della musica e il suo potere consistono essenzialmente nel "ritmo".]E questa la possanza del linguaggio, il quale esprime e non imita. Se non che la possanza del linguaggio pi estesa, quella della musica pi intensa. Le parole hanno virt di rappresentare gli effetti alla mente e di concitarli nel cuore; la musica solo di concitarli, ma assai fortemente. La musica si pu dire essere una specie di linguaggio armonioso. L'espressione della musica non cos chiara ed esplicita come la significazione delle parole, non cos apparente e viva come le immagini e gli atteggiamenti della pittura, ma pi attraente e d'ogni poesia pi poetica. La parola sarebbe un suono vano senza il significato attribuitole per convenzione. Non cos della musica, linguaggio espressivo per s medesimo che, senza l'opera della mente di colui che ascolta, gli penetra immediatamente all'animo e fortemente lo commuove. Il linguaggio della musica comune ad ogni generazione di popoli, e da tutti s'intende, perch s'intende col cuore. Aggiungete che variatissimo per la variet infinita delle modulazioni, ed acquista forza ed avvenenza dal concorso di pi voci e di pi suoni; dove le parole si succedono le une alle altre e, se molte ne uscissero ad un tempo, produrrebbero un mormoro confuso e perderebbero tutta la loro efficacia. La musica produce effetti maravigliosi quando si accompagna all'arte drammatica, quando l'epressione ideale della musica si congiunge alla espressione vera e propria, ed alla imitativa della pittura. Allora, mentre le parole e gli atti esprimono le pi minute e le pi concrete particolarit degli affetti, la musica si propone un fine pi elevato, pi ampio, pi astratto. La musica allora , direi quasi, l'atmosfera morale che riempie il luogo, in cui i personaggi del dramma rappresentano l'azione. Essa esprime il destino che li persegue, la speranza che li anima, l'allegrezza che li circonda, la felicit che li attende, l'abisso in cui sono per cadere; e tutto ci in un modo indefinito, ma cos attraente e penetrante, che non possono rendere n gli atti, n le parole. Vi sono pur tante cose intorno a noi, le quali non per forza d'imitazione, non per un significato di convenzione, ma per virt propria esprimono ed eccitano i nostri affetti. Un cielo sereno non imita il riso, e pure, perch rallegra, lo chiamiamo ridente; chiamiamo triste la notte che ci risveglia melanconici pensieri. La musica drammatica spesso tiene luogo di quelle cose (notate bene tien luogo, non le imita) che senza essere la causa vera movente un affetto, pure lo eccitano in noi per loro stesse, perch o sogliono precedere quella causa, o accompagnarla, o sono ad essa correlative. All'entrare in una foresta selvaggia ricettacolo di malandrini, l'oscurit del sito, il soffiare dei venti, il muoversi delle fronde, un incerto mormoro, un calpesto, un fischio vi fa sgomentare, come se i masnadieri vi fossero sopra. Cos, ad esempio, nell'ultim'atto dell'Otello, prima del comparire di costui e prima ch'egli sfoghi la sua gelosa rabbia sull'infelice donna, la musica, se ottiene il fine a cui mirai, per s medesima, indipendentemente dalle parole, disporr gli animi a quella orribile scena. Questa forza d'espressione si dee sentire da chi compone, non s'impara alle scuole, non vi sono regole per insegnarla e tutta consiste nel ritmo.[]Se il maestro si far seguire di pari passo il senso delle parole, comporr una musica non espressiva per s medesima, povera, volgare, fatta, dir cos, a mosaico, ed incongruente o ridicola.

3) Un aneddoto sull'indolenza di Rossini (Stendhal, Vita di Rossini, pag. 250)

Se fossi sicuro che i miei lettori vorranno ricordare che questo lavoro una semplice biografia, e che questo genere consente di scendere nei particolari pi minuti, racconterei un episodio sull'indolenza di Rossini. In un giorno particolarmente freddo dell'inverno 1813, Rossini era per cos dire accampato in una misera camera d'albergo, a Venezia, e stava componendo ancora a letto per non dover accendere il fuoco. Finito il duetto (scriveva allora la partitura del Figlio per azzardo [= Il signor Bruschino]), gli sfugge di mano il foglio di carta e cade, svolazzando, sul pavimento. Rossini guarda per terra e non lo vede, perch il foglio caduto sotto il letto. Protende il braccio fuori dal letto, si china per cercare di prenderlo; infine, sentendo freddo, si riavvolge nella sua coperta e dice a se stesso: Riscriver quel duetto, nulla di pi facile; me lo ricordo benissimo. Ma le idee non gli tornano in mente; dopo un quarto d'ora, perde la pazienza; non riesce a ricordare una sola nota. Finalmente esclama ridendo: Sono uno sciocco; far un altro duetto. I compositori ricchi avranno il fuoco acceso nelle loro camere, io non mi affanno a raccattare i duetti che cadono: inoltre di cattivo augurio.Mentre stava finendo un secondo duetto, arriva un suo amico al quale dice: potresti trovarmi un duetto che dev'essere caduto sotto il letto?. L'amico tira a s il duetto con il bastone e lo porge a Rossini. Ora - dice Rossini - vi canter i due duetti, ditemi quello che preferite. L'amico del giovane compositore diede la preferenza al primo; il secondo era troppo rapido e troppo vivace per la situazione. Rossini lo trasform, senza indugio, in un terzetto per la stessa opera. La persona che mi ha raccontato questa storiella mi ha assicurato che non c'era la minima rassomiglianza tra i due duetti. Finito il terzetto, Rossini si veste in fretta, imprecando contro il freddo, esce con l'amico per andarsi a scaldare al Casino e prende un caff; poi manda il cameriere del Casino a portare il duetto e il terzetto al copista del teatro San Mos, per il quale allora lavorava.

4) Nota autografa posta alla fine dell'autografo della Petite Messe Solemnelle (1863)

Bon Dieu, la voil termine cette pauvre petite Messe. Est-ce bien de la musique sacre que je viens de faire ou bien de la sacre musique? J'tais n pour l'opera buffa, tu le sais bien! Peu de science, un peu de cur, tout est l. Sois donc bni et accord-moi le Paradis.

5) La scena ed aria di Tancredi. (Stendhal, Vita di Rossini, pag. 36-39)

A Venezia Rossini aveva composto per l'arrivo di Tancredi una grande aria che la Malanotte si rifiut di cantare; e siccome questa cantante era allora nel fiore della bellezza, del talento e dei capricci, gli dichiar la sua antipatia per quest'aria soltanto l'antivigilia della prima rappresentazione.Immaginate la disperazione del maestro! Sono cose che fanno impazzire a quell'et e in quella posizione: et felice quella in cui si impazzisce! Se dopo l'avventura della mia ultima opera - si diceva Rossini - si fischia l'entrata di Tancredi, tutta l'opera va a terra. L'infelice giovane ritorna pensoso al suo alberghetto. Gli viene un'idea; scrive qualche riga. il famoso

Tu che accendi,

l'aria che forse stata pi cantata nel mondo e nei luoghi pi diversi. Si dice a Venezia che la prima idea di questa deliziosa melodia, che esprime cos bene la felicit del rivedersi dopo una lunga assenza, gli sia stata suggerita da una litania greca; Rossini l'aveva sentita cantare qualche giorno prima durante i vespri, nella chiesa di uno degli isolotti della laguna veneta. I Greci hanno portato l'atmosfera di felicit della mitologia perfino nella terribile religione dei cristiani.A Venezia quest'aria si chiama aria dei risi. Riconosco che un nome assai volgare e sono molto imbarazzato a raccontare il piccolo aneddoto pi gastronomico che poetico che le valse questo nome. Aria dei risi, bisogna confessarlo, significa aria del risotto. In Lombardia tutti i pranzi, quello del pi gran signore come quello del pi modesto maestro, iniziano inevitabilmente con un piatto di riso; e siccome il riso piace al dente, quattro minuti prima di servirlo in tavola il cuoco fa sempre fare questa importante domanda: bisogna mettere in risi?. Mentre Rossini rientrava disperato, il cameriere gli fece la solita domanda; si butt gi il riso, e prima che fosse cotto Rossini aveva finito l'aria:

Di tanti palpiti.

Il nome di aria dei risi ricorda che stata composta in un attimo.Che cosa dire di questa stupenda melodia? Mi pare che sarebbe ugualmente ridicolo parlarne sia a chi la conosce, sia a chi non l'ha mai udita; d'altronde chi non l'ha udita in Europa?Soltanto quelli che hanno ascoltato la signora Pasta nella parte di Tancredi sanno che il recitativo

O patria, ingrata patria!

pu essere pi sublime e trascinante dell'aria stessa. La signora Fodor aveva gi fatto di quest'aria una contraddanza che introduceva nella lezione di canto del Barbiere di Siviglia. Si pu, con una bella voce, cantare un'aria qualunque in modo magistrale, si pu sempre essere un sublime organetto ma, per i recitativi, ci vuole anima. Nell'aria stessa, il passaggio sulle parole alma gloria non potr mai essere cantato da una persona nata al di qua delle Alpi.Le parole mi rivedrai, ti rivedr richiedono il sentimento o il ricordo del folle amore delle felici regioni del Mezzogiorno. La gente del Nord dovrebbe digerire venti poetiche come quella di La Harpe prima di capire perch mi rivedrai precede ti rivedr. Se le nostre persone di gusto capissero l'italiano, troverebbero che c' una mancanza di cortesia da parte di Tancredi nei riguardi di Amenaide, e forse un totale oblio della buona creanza.All'arrivo di Tancredi si pu notare nell'orchestra il sublime dell'armonia drammatica.Non si tratta, come si pensa in Germania, dell'arte di fare esprimere i sentimenti del personaggio in scena dai clarinetti, dai violoncelli, dagli oboi; si tratta dell'arte assai pi rara di far dire dagli strumenti quella parte di sentimento che il personaggio stesso non potrebbe confidarci. Tancredi, arrivando sulla spiaggia deserta, dice con una sola parola quel che egli sente in cuore; giova poi all'espressione del gesto e della voce che resti per qualche istante in silenzio a contemplare questa ingrata patria che rivede con un'emozione mista di gioia e di dolore. Se Tancredi parlasse in un simile momento, offenderebbe l'interesse che proviamo per lui e l'idea che amiamo formarci della profonda emozione che prova nel rivedere i luoghi ove abita Amenaide. Tancredi deve tacere; ma mentre osserva, con un silenzio che si addice cos bene alle passioni che lo agitano, i sospiri dei corni ci diranno un altro aspetto della sua anima e forse quei sentimenti che non osa confessare a se stesso, e che non esprimerebbe mai con la voce.Ecco quello che la musica non sapeva fare all'epoca dei Pergolesi e dei Sacchini, ed ecco quello che neppure i tedeschi sanno fare. Si limitano a far dire agli strumenti non solo quello che dovrebbero farci sapere, ma anche quello che il personaggio stesso dovrebbe dirci con il suo canto. Di solito questo canto, che non ha espressione oppure la esagera, come la miniatura esagera i colori di un quadro di Raffaello, si fa udire solo per riposarci degli effetti orchestrali. L'eroe come quei principi animati dalle migliori intenzioni di questo mondo, i quali per, sapendo dire di loro iniziativa soltanto cose assai banali, vi rimandano ai loro ministri non appena avete bisogno di qualche risposta importante.Gli strumenti hanno, come le voci umane, un loro carattere peculiare: ad esempio, nell'aria e nel recitativo di Tancredi, Rossini ricorso al flauto; questo strumento particolarmente indicato per esprimere gioia mista a tristezza, ed proprio il sentimento che prova Tancredi nel rivedere la sua ingrata patria dove non pu far ritorno se non sotto mentite spoglie.Se vogliamo giungere per altra via all'idea dell'armonia nei suoi rapporti con il canto, posso dire che Rossini si servito con successo del grande artificio di Walter Scott, il mezzo artistico che forse valse all'immortale autore di Old Mortality i successi pi clamorosi. Come Rossini prepara e sostiene le sue arie con l'armonia, cos Walter Scott prepara e sostiene i suoi dialoghi e i suoi racconti con le descrizioni. Guardate, fin dalla prima pagina di Ivanohe, quella splendida descrizione del sole che tramonta e dardeggia i suoi raggi gi indeboliti e quasi orizzontali attraverso i rami pi bassi e pi folti degli alberi che celano la dimora di Credric il Sassone. I raggio, che gi impallidiscono cadono in una radura della foresta sugli abiti singolari indossati da Wamba il buffone e da Gurth il porcaro. Il geniale scozzese non ha ancora ultimato la descrizione di questa foresta rischiarata dagli ultimi raggio del sole radente, n degli abiti singolari dei due personaggi, invero assai poco nobili, che ci presenta contro tutte le regole della dignit, che gi noi ci sentiamo in qualche modo commossi da quello che i due personaggi si diranno. Quando finalmente parlano, i loro minimi gesti acquistano un valore infinito. Cercate, col pensiero, di iniziare il capitolo e il romanzo con questo dialogo non preparato dalla descrizione: avr perduto quasi interamente il suo effetto.Ecco come le persone di genio si servono dell'armonia in musica, esattamente come Walter Scott si serve della descrizione in Ivanohe; gli altri, per esempio il dotto Cherubini, respingono l'armonia come l'abate Delille accatasta le descrizione l'una sull'altra nel suo poema della Piti. Ricordate ancora quanto siano pallidi e sbiaditi i personaggi episodici dell'abate Delille? Ricordate ancora quanto ci fosse ammirato a Parigi nel 1804? Quali immensi progressi abbia fatto da allora! Speriamo di farne presto altri simili nel campo della musica e che l'armonia tedesca segua la poesia alla Luigi XV. I nostri vecchi autori, La Bruyre, Pascal, Duclos, Voltaire non hanno mai pensato a descrivere la natura, come, dal canto loro, n Pergolesi, n Buranello hanno mai pensato all'armonia. Ci siamo liberati di questo difetto per ricadere nell'eccesso contrario; proprio come la musica, che annega nell'armonia. Speriamo di liberarci della prosa sentimentale di Madame de Stal come delle descrizioni del cantore dei Jardins e di arrivare a parlare degli aspetti commoventi della natura solo quando il nostro cuore ci lascer tanto sangue freddo da notarli e goderli.Ad ogni istante Walter Scott interrompe e aiuta il dialogo con la descrizione, talora in modo anche irritante, come quando Fenella, la leggiadra giovane muta di Peveril du Pic, vuole impedire a Julian di uscire dal castello di Holm-Peel nell'isola di Man. A questo punto la descrizione fa perdere la pazienza, press'a poco come l'armonia tedesca urta i cuori italiani; ma quando al suo posto, lascia l'anima tanto emozionata da predisporla meravigliosamente a lasciarsi commuovere anche dal dialogo pi semplice; ed con l'aiuto di queste mirabili descrizioni che Walter Scott ha potuto avere l'audacia di essere semplice, di abbandonare il tono retorico che Jean-Jacques e molti altri avevano reso di moda nel romanzo, e di affrontare finalmente il rischio di dialoghi veri come la natura stessa.Forse sar riuscito in questa lunga digressione a dare un'idea chiara delle diverse posizioni occupate sul parnaso musicale da Pergolesi, Mayer, Mozart e Rossini. All'epoca di Pergolesi nessuno aveva ancora pensato ad introdurre nel romanzo la descrizione degli aspetti sublimi o gai della natura; Mozart fu il Walter Scott della musica. Si servito della descrizione in un modo incantevole; qualche volta, ma molto raramente, in un modo un tantino esagerato. Mayer, Winter, Weigl, come l'abate Delille, spargono a piene mani descrizioni poco interessanti e assai dotte (dottissime sotto il profilo della grammatica e dei meccanismi linguistici). Rossini se ne valso in un modo gradito al pubblico; il colore vivo, la luce singolarmente pittoresca; attira sempre gli occhi di tutti, ma talora li stanca.Nella Gazza ladra per esempio, ad ogni passo si vorrebbe far tacere l'orchestra per avere un po' pi di canto. L'effetto duro e forte, si addice alle persone sensibili; i dilettanti vorrebbero maggior grazia, maggior soavit, pi canto semplice e dolce affidato alle voci umane.Rossini era assai lunge dall'incorrere in questo difetto quando scrisse la divina partitura del Tancredi; trov quella giusta misura di ricchezza e di lusso che adorna la bellezza senza offuscarla, senza nuocerle, senza sovraccaricarla di inutili fronzoli. Dovremo far ritorno allo stile incantevole del Tancredi ogni volta che ci sentiremo stanchi del troppo rumore o annoiati dall'eccessiva semplicit.