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© 2017 [email protected] Universit` a degli Studi di Cagliari Facolt` a di Ingegneria-Architettura Laurea in Ingegneria Elettrica, Elettronica e Informatica – anno accademico 2017/2018 Modulo 2 ELEMENTI di MECCANICA QUANTISTICA Luciano Colombo Dipartimento di Fisica - Universit`a degli Studi di Cagliari Cittadella Universitaria, 09042 Monserrato (Ca) E-mail: [email protected] Website: people.unica.it/lucianocolombo NOTE In linea generale, ho riportato in questo testo la dimostrazione di ogni affermazione fatta. A volte la dimostrazione ` e proposta in modo formale, altre volte si utilizzano evidenze sperimentali, altre volte ancora si usano argomenti di analogia con risultati precedentemente acquisiti. In poche occasioni ho fatto ricorso a risultati che considero gi` a acquisiti dai corsi di fisica elementare. In ogni caso, rimando alla “Sinossi di fisica del continuo” dove ho riportato una collezione di risultati importanti della meccanica, termodinamica ed elettromagnetismo classici. Questo modulo didattico non ha la pretesa di essere una presentazione completa della meccanica quanti- stica. Per lo Studente desideroso di approfondire questi argomenti per interesse personale ho indicato in Bibliografia alcuni testi che pu` o utilmente consultare. In particolare, segnalo che i testi di Solymar-Walsh e di Miller sono stati scritti esplicitamente per Studenti di Ingegneria. Il livello di trattazione della fisica quantistica sviluppato in questi manuali ` e per` o pi` u approfondito (e quindi pi` u impegnativo) di quanto non presentato in questa Dispensa. In ogni caso, sottolineo che per la preparazione dell’esame di “Fisica dei Semiconduttori” ` e sufficiente acquisire conoscenza di base della meccanica quantistica al livello cui ` e presentata in questo modulo didattico. Al fine di aumentare la leggibilit` a della Dispensa ho adottato alcuni artifizi grafici: (i) ogni capitolo si apre con un syllabus ; (ii) le parole-chiave sono evidenziati in colore blu; (iii) i risultati pi` u significativi sono evidenziati con uno sfondo in colore grigio. Per quanta cura e attenzione io possa aver messo nel redigere questa Dispensa ` e inevitabile che abbia commesso errori. Invito il Lettore a mandarmi un messaggio di posta elettronica segnalandomi i problemi che ha riscontrato, senza alcun timore di risultare n´ e inopportuno n´ e sgradito. Al contrario, apprezzer` o ogni segnalazione intesa a migliorare questa Dispensa e sar` o riconoscente per avermela inviata. © 2017 Luciano Colombo – AVVERTENZA La riproduzione, anche parziale, di questa Dispensa in qualsivoglia formato cartaceo, elettronico o multimediale ` e severamente vietata . Eventuali richieste di autorizzazione all’uso di questa Dispensa vanno indirizzate tramite messaggi di posta elettronica direttamente all’Autore.

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Universita degli Studi di CagliariFacolta di Ingegneria-ArchitetturaLaurea in Ingegneria Elettrica, Elettronica e Informatica – anno accademico 2017/2018

Modulo 2ELEMENTI di MECCANICA QUANTISTICA

Luciano ColomboDipartimento di Fisica - Universita degli Studi di CagliariCittadella Universitaria, 09042 Monserrato (Ca)E-mail: [email protected]: people.unica.it/lucianocolombo

NOTE

• In linea generale, ho riportato in questo testo la dimostrazione di ogni affermazione fatta. A volte ladimostrazione e proposta in modo formale, altre volte si utilizzano evidenze sperimentali, altre volte ancorasi usano argomenti di analogia con risultati precedentemente acquisiti. In poche occasioni ho fatto ricorsoa risultati che considero gia acquisiti dai corsi di fisica elementare. In ogni caso, rimando alla “Sinossi difisica del continuo” dove ho riportato una collezione di risultati importanti della meccanica, termodinamicaed elettromagnetismo classici.

• Questo modulo didattico non ha la pretesa di essere una presentazione completa della meccanica quanti-stica. Per lo Studente desideroso di approfondire questi argomenti per interesse personale ho indicato inBibliografia alcuni testi che puo utilmente consultare. In particolare, segnalo che i testi di Solymar-Walshe di Miller sono stati scritti esplicitamente per Studenti di Ingegneria. Il livello di trattazione della fisicaquantistica sviluppato in questi manuali e pero piu approfondito (e quindi piu impegnativo) di quantonon presentato in questa Dispensa. In ogni caso, sottolineo che per la preparazione dell’esame di “Fisicadei Semiconduttori” e sufficiente acquisire conoscenza di base della meccanica quantistica al livello cui epresentata in questo modulo didattico.

• Al fine di aumentare la leggibilita della Dispensa ho adottato alcuni artifizi grafici: (i) ogni capitolo si aprecon un syllabus; (ii) le parole-chiave sono evidenziati in colore blu; (iii) i risultati piu significativi sonoevidenziati con uno sfondo in colore grigio.

• Per quanta cura e attenzione io possa aver messo nel redigere questa Dispensa e inevitabile che abbiacommesso errori. Invito il Lettore a mandarmi un messaggio di posta elettronica segnalandomi i problemiche ha riscontrato, senza alcun timore di risultare ne inopportuno ne sgradito. Al contrario, apprezzeroogni segnalazione intesa a migliorare questa Dispensa e saro riconoscente per avermela inviata.

© 2017 Luciano Colombo – AVVERTENZA

La riproduzione, anche parziale, di questa Dispensa in qualsivoglia formato cartaceo, elettronicoo multimediale e severamente vietata.Eventuali richieste di autorizzazione all’uso di questa Dispensa vanno indirizzate tramite messaggidi posta elettronica direttamente all’Autore.

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Indice

1 Costanti Fisiche 3

2 Elementi di meccanica quantistica 42.1 Struttura dell’atomo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42.2 Onde e particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

2.2.1 Gli elettroni: onde materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62.2.2 La radiazione elettromagnetica: un flusso di pseudo-particelle . . . . . . . . . . . . 72.2.3 Dualismo onda-corpuscolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

2.3 La meccanica delle onde materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.3.1 L’equazione di Schrodinger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.3.2 La funzione d’onda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2.4 Casi di interesse paradigmatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.4.1 Elettrone libero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.4.2 Elettrone confinato in una buca di potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.4.3 Gradino di potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152.4.4 Barriera di potenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.5 Il gas di elettroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192.6 Lo spin elettronico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 202.7 La statistica di Fermi-Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

2.7.1 Il gas di elettroni a temperatura nulla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232.7.2 Il gas di elettroni a temperatura finita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

3 Figure 26

4 Bibliografia 31

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Capitolo 1

Costanti Fisiche

Simbolo Grandezza Valore

R costante universale dei gas 8.314 J K−1

NA numero di Avogadro 6.022×1023

KB costante di Boltzmann 1.3807×10−23 J K−1

KBT a temperatura T=293K 4.05×10−21 Jme massa elettrone 9.11×10−31 Kgmp massa protone 1.67×10−27 Kge carica elettrone 1.60×10−19 Ce/m rapporto carica/massa elettrone 1.76×1011 C Kg−1

h costante di Planck 6.62×10−34 J s~ h/2π 1.05×10−34 J sc velocita della luce nel vuoto 3.00×108 m s−1

σ costante di Stefan 5.67×10−8 W m−2 K−4

R costante di Rydberg 109677 cm−1

µB magnetone di Bohr 9.27×10−24 J T−1

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Capitolo 2

Elementi di meccanica quantistica

Syllabus - Si descrive la struttura dell’atomo nucleare e si introduce l’approssimazione “frozen core”.Si discutono due esperimenti che dimostrano il dualismo onda-corpuscolo e si introduce il concettodi “onde di materia”. Si ricava in modo euristico l’equazione costitutiva della meccanica quantistica,fornendo l’interpretazione fisica della funzione d’onda e discutendo il concetto di quantizzazione delleenergie in alcuni casi di paradigmatica importanza concettuale. Dopo aver introdotto lo spin ed il prin-cipio di Pauli, si studia la meccanica quantistica del gas di elettroni, ricavando la legge di distribuzionedi Fermi-Dirac e il concetto di densita di stati.

2.1 Struttura dell’atomo

In condizioni ordinarie la materia e elettricamente neutra, ma tuttavia sotto opportune condizioni puocondurre corrente elettrica. Tramite lo studio dell’effetto Hall si dimostra sperimentalmente che i portatorimicroscopici di elettricita possiedono una carica elementare di segno negativo1, il cui modulo indicheremocol simbolo e. Inoltre, l’esperimento di Millikan dimostra che questi portatori hanno anche una massa me determina con accuratezza il rapporto e/m. Chiameremo elettroni queste cariche elettriche elementaridotate di massa.

Per garantire che sia soddisfatta la condizione di neutralita di carica della materia e necessario am-mettere, una volta capito che essa contiene elettroni, che esistano sue porzioni a carica elettrica positiva.Poiche sappiamo che la materia e una distribuzione discreta di atomi, dobbiamo necessariamente ipotiz-zare che

ogni atomo sia costituito da un insieme di cariche elettriche negative e positi-ve, combinate in modo tale che in condizioni ordinarie si compensino formando un sistemaelettricamente neutro.

Questa ipotesi e certamente consistente con un’ampia varieta di risultanze sperimentali della chimicache, per esempio, ci insegna come sia possibile ottenere ioni carichi positivamente da atomi neutri perrimozione di uno o piu elettroni (questo processo processo e detto ionizzazione): la carica positiva delloione e conferma precisa dell’ipotesi avanzata. Che struttura ha, dunque, un atomo?

Dopo un certo numero di tentativi risultati fallimentari, a questa domanda fu data risposta soddisfa-cente grazie all’esperimento di Rutherford condotto nel 1909 (vedi Fig.3.1). Un fascio di particelle α (dicarica +2e e massa molto maggiore di quella elettronica) emesse da una sorgente radioattiva venne fattoincidere contro una sottile lamina metallica. Sebbene all’epoca in cui fu condotto per la prima volta l’e-sperimento non vi fosse chiarezza sulla natura fisica delle particelle α, noi ora sappiamo che esse sono ioniHe2+ (ovvero sono nuclei di atomi di He, consistenti in un sistema legato di due protoni e due neutroni).Si studio con molta accuratezza come venissero deviate dalla direzione incidente le loro traiettorie a causadell’impatto con la lamina stessa. In sostanza, si osservarono tre tipi di eventi: (i) la maggior parte delleparticelle non veniva deviata o subiva deviazioni di soli pochi gradi; (ii) alcune particelle subivano invecedelle forti deviazioni; infine (iii) un piccolo numero di particelle (circa una su diecimila) veniva deflessoad angoli decisamente maggiori di π/2. Quest’ultimo tipo di eventi di diffusione era del tutto inaspettatoperche di fatto corrispondeva ad una sorta di “riflessione all’indietro” delle particelle incidenti. L’analisi

1Definiamo la seguente convenzione: e = 1.602×10−19 C e il valore assoluto della carica elementare. Un singolo elettrone,dunque, portera una carica elettrica pari a −e mentre, ad esempio, lo ione idrogeno H+ portera una carica pari a +e.

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 5

accurata delle traiettorie e della loro distribuzione statistica ha permesso di elaborare il modello di

atomo nucleare (o planetario), ovvero: un atomo e costituito da un nucleo puntiforme a caricaelettrica positiva, circondato da elettroni in numero tale da assicurare la neutralita elettrica.

L’evidenza chimica insegna empiricamente che i diversi elettroni di uno stesso atomo hanno energiedi legame col proprio nucleo molto diverse: la maggior parte di essi e molto fortemente legato al nucleo;un numero minore e invece legato molto piu debolmente. Questi ultimi risultano, in media, piu distantidal nucleo di appartenenza e sono gli unici a partecipare alla formazione di legami chimici. L’insieme diqueste risultanze ci permette di distinguere tra elettroni di core (quelli fortemente legati al nucleo) edelettroni di valenza (gli unici che giocano un ruolo importante nei processi di ionizzazione e di formazionedel legame chimico).

Sulla base di queste argomentazioni, noi svilupperemo una teoria della struttura elettronica dei semi-conduttori sotto la

approssimazione “frozen core” che consiste nel seguente schema concettuale:

atomo = nucleo + elettroni= [nucleo + elettroni di core] + [elettroni di valenza]= ione + [elettroni di valenza]

L’essenza di questa approssimazione e quella di ridurre un sistema atomico reale, complicato percheconsistente in molte particelle (nel caso dell’atomo di Si: un nucleo atomico di carica +14e e ben 14elettroni), ad un modello molto piu semplice, perche consistente in un solo ione circondato da pochielettroni di valenza (per l’atomo di Si essi sono 4). Questa approssimazione viene detta “frozen core”2

alludendo al fatto che essa equivale ad assumere che tutti gli elettrone di core siano “congelati” sulnucleo: e dunque sufficiente descrivere l’insieme [nucleo+elettroni di core] come unica entita indivisapuntiforme, lo ione, di carica positiva +Ze se Z e il numero di elettroni di valenza dell’atomo. Abbiamogia implicitamente fatto uso di questa nozione nel Paragrafo 1.6 quando abbiamo discusso il concetto dilegame covalente.

L’approssimazione frozen core e ampiamente giustificata per tutti gli argomenti di fisica dei semicon-duttori che tratteremo nei capitoli seguenti, ovvero: proprieta termiche e vibrazionali, struttura elettroni-ca, teoria del trasporto elettrico e proprieta ottiche. E tuttavia doveroso ricordare che esistono fenomeniper la corretta descrizione dei quali questa approssimazione non e adeguata: sono tutti quelli in cui glielettroni di core giocano un ruolo importante (a differenza del ruolo marginale da essi giocato nella fisicadell’interazione tra atomi). Si tratta, ad esempio, della fisica dell’interazione della materia con i raggi X,oppure della fisica delle altissime pressioni in corrispondenza delle quali le distanze interatomiche in unsolido diventano molto piccole e subentrano effetti importanti dovuti alla compenetrazione delle nuvoleelettroniche che circondano i nuclei.

Chiarito il quadro concettuale, per brevita nel seguito indicheremo gli “elettroni di valenza” sempli-cemente come “elettroni”: cio non comporta ambiguita perche, in base all’approssimazione assunta, nontratteremo mai la fisica degli “elettroni di core”. Possiamo riassumere le considerazioni sviluppate inquesto paragrafo in modo molto compatto:

la fisica di un solido e una fisica di insieme di ioni ed elettroni che interagiscono tramite forzedi tipo coulombiano

i primi aventi masse piccole (m = 9.109×10−34 kg) e carica elementare negativa, i secondi essendo moltopiu massivi e con carica positiva +Ze, dove Z e la valenza atomica della specie chimica considerata. Ilfatto che gli ioni abbiano massa grande giustifica che possano essere trattati come particelle classichela cui dinamica, come vedremo nel Capitolo 3, e di tipo newtoniano. Al contrario, dobbiamo chiarire aquale fisica obbediscano gli elettroni.

2La traduzione letterale dall’inglese e: “nocciolo congelato”.

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 6

2.2 Onde e particelle

2.2.1 Gli elettroni: onde materiali

L’esperimento cruciale per determinare l’equazione costitutiva della fisica degli elettroni e dovuto a Da-visson e Germer che negli anni ’20 dello scorso secolo studiarono la diffrazione di elettroni da parte di unreticolo cristallino (vedi Fig.3.2).

Un fascio di elettroni emesso da un filamento metallico portato all’incandescenza venne accelerato dauna differenza di potenziale elettrostatico e quindi collimato ad incidenza normale su un cristallo di nickel.Tramite un rilevatore mobile posto ad opportuna distanza, venne rilevata l’intensita del fascio elettronicodiffratto (cioe diffuso elasticamente) al variare dell’angolo di diffrazione θ. Il massimo fu osservato perun angolo di θm = 50◦ quando gli elettroni erano accelerati da a una differenza di potenziale di 54V. Dunque, essi finivano con l’incidere sul cristallo con una energia cinetica di 54 eV (ricordiamo chesi definisce elettronvolt -simbolo eV- l’energia acquisita da una carica e accelerata da una differenza dipotenziale di 1 volt).

L’esistenza di un massimo di intensita ben risolto ricorda la situazione gia incontrata nella diffrazionedei raggi X e, dunque, possiamo pensare all’esperimento di Davisson e Germer come ad una forte indi-cazione che gli elettroni manifestano fenomeni di interferenza costruttiva come fossero delle onde. Perquanto sorprendente, questo e un solidissimo risultato sperimentale che non possiamo dunque scartare inquanto non conforme alla nostro senso comune.

Acquisita questa nuova nozione, al fine di interpretare i risultati dell’esperimento e necessario ricordareun risultato importante dell’ottica: affinche si osservi l’interferenza costruttiva tra due onde di lunghezzad’onda λ che si sovrappongono in un certo punto dello spazio, e necessario che venga soddisfatta la

condizione di Bragg∆ = nλ n = 1, 2, 3, · · · (2.1)

dove ∆ e la differenza di cammino ottico, ovvero la differenza di lunghezza del percorso compiuto dalle dueonde tra le sorgenti emettitrici ed il punto dove si osserva il fenomeno della loro interferenza costruttiva.

Ammettiamo, dunque, che agli elettroni -ora considerati come onde- sia associata una lunghezzad’onda λ: naturalmente associamo la stessa lunghezza d’onda a tutti gli elettroni del fascio percheassumiamo che siano stati tutti accelerati allo stesso valore di energia cinetica. Inoltre, la geometriadel problema di questo particolarissimo problema di ottica e illustrata nella parte inferiore di Fig.3.2 dacui risulta in modo chiaro che la differenza di cammino ottico e legata alla spaziatura d = 0.91A tra ipiani cristallini del campione di nickel. Semplici considerazioni di geometria portano a concludere che∆ = 2d sinϕ.

Se consideriamo il caso n = 1 (che corrisponde proprio al massimo di diffrazione che stiamo studiando)e combiniamo questi risultati, possiamo concludere che l’esistenza del picco di massima intensita per ilfascio diffratto all’angolo θm = 50◦ puo essere spiegata unicamente ammettendo che

gli elettroni posseggano una lunghezza d’onda λ data da

λ = 2d sinϕ = 1.65 A (2.2)

che soddisfa la condizione di Bragg per interferenza costruttiva, dove da Fig.3.2 abbiamo ricavato che:2ϕ = 180◦ − θm = 130◦.

In conclusione, l’esperimento di Davisson e Germer indica chiaramente che un elettrone e descrivibilecome un fenomeno ondulatorio, con lunghezza d’onda determinabile empiricamente. Poiche un elettronepossiede una massa, a questo particolarissimo tipo di onde e stato dato il nome di onde di materia.L’esperimento dimostra altresı che variando la differenza di potenziale accelerante, si altera il valore dilunghezza d’onda in corrispondenza del quale e osservata la condizione di Bragg di eq.(2.2). Notiamoa tal proposito che variare la differenza di potenziale equivale a variare l’energia cinetica Ecin deglielettroni. In definitiva, ricordando che la meccanica elementare insegna che energia cinetica e quantitadi moto ~p sono legati dalla relazione Ecin = p2/2m, possiamo trarre una seconda importante conclusione

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 7

dall’esperimento, ovvero che la lunghezza d’onda λ delle onde di materia associate agli elettroni devedipendere dalla loro quantita di moto.

La forma concreta di questa dipendenza e stata postulata per la prima volta da de Broglie nel 1924ed ha preso la forma universale della

ipotesi di de Broglie: ad ogni particella massiva con quantita di moto p si associa unalunghezza d’onda λ data dalla relazione

λ =h

p(2.3)

dove h e detta costante di Planck e deve essere determinata sperimentalmente. Nel caso concreto discussoabbiamo che Ecin = p2/2m = 54 eV e, come gia calcolato, λ = 1.65 A. Pertanto ricaviamo immediata-mente il valore della

costante di Planck: h = 6.62× 10−34 J s.

Ovviamente h assume lo stesso valore se calcolata per tutti i diversi picchi di interferenza, ottenuti alvariare dell’angolo di diffrazione e dell’energia del fascio elettronico incidente. Inoltre, lo stesso valore dih e confermato da molti altri esperimenti diversi da quello qui discusso. Insomma, la costante di Plancke una delle costanti fondamentali della fisica.

Esistono moltissime evidenze sperimentali che mettono in luce in maniera molto convincente il com-portamento ondulatorio delle particelle materiali : esse sono tutte coerenti nel dimostrare che tale mani-festazione avviene sempre nel mondo microscopico, come nell’unico caso concreto qui descritto relativoall’esperimento di Davisson e Germer. In altre parole, nella realta a noi accessibile tramite i nostri sensinon e mai riscontrato alcun effetto pratico di tale comportamento ondulatorio3.

In conclusione: nel mondo macroscopico, gli oggetti massivi sono descritti benissimo dalla meccanicanewtoniana. Al contrario, nel mondo microscopico le particelle dotate di massa sono in certe circostanzemeglio descritte come fenomeni ondulatori, piuttosto che dall’equazione di Newton.

2.2.2 La radiazione elettromagnetica: un flusso di pseudo-particelle

E naturale chiedersi se esista per i fenomeni ondulatori una controparte a quando dimostrato dall’espe-rimento di Davisson e Germer. In altre parole: possiamo immaginare situazioni in cui la radiazioneelettromagnetica mette in risalto sue proprie manifestazioni corpuscolari?

Si consideri l’apparato sperimentale di Fig.3.3 (sinistra, in alto) dove due armature metalliche, chefunzionano rispettivamente da anodo e catodo, sono inserite in un tubo a vuoto. Le due armature so-no collegate ad un generatore di differenza di potenziale e il circuito e completato da un misuratoredi intensita di corrente elettrica G. In condizioni normali, ovviamente, il misuratore G non registra ilpassaggio di alcuna corrente. Tuttavia, qualora il catodo venga illuminato da una radiazione elettroma-gnetica opportuna, si osserva passaggio di corrente nel circuito. Questo fenomeno fu chiamato effettofotoelelettrico.

In particolare, fu osservato che se le due armature sono di tipo metallico, si ha effetto fotoelettricosolo se la frequenza della radiazione illuminante e maggiore o uguale a quella della luce ultravioletta esi osserva tra anodo e catodo una corrente elettrica di intensita I il cui andamento in funzione delladifferenza di potenziale V tra catodo e anodo e illustrato in Fig.3.3 (destra, in alto). Questa curvasperimentale ha alcune caratteristiche importanti, ovvero: (i) I e diversa da zero anche quando V = 0(corrispondente alla condizione di circuito aperto); (ii) I satura a un valore massimo, oltre il quale non siriesce a andare, neanche aumentando arbitrariamente la differenza di potenziale; (iii) esiste un valore didifferenza di potenziale negativo in corrispondenza del quale I si annulla; (iv) mantenendo la frequenzadella luce costante a un valore opportuno, ma aumentando l’intensita della stessa, la corrente satura aun valore di intensita maggiore.

Al fine di spiegare i risultati sperimentali, va osservato che affinche circoli corrente e necessario am-mettere che dei portatori di carica (elettroni, in questo caso) siano emessi da catodo. Essi, accelerati

3Per rendersene conto basta calcolare la lunghezza d’onda di de Broglie associata per esempio ad un’automobile che simuove lungo un tratto rettilineo di una strada statale alla velocita di 80 km/h: ne risulta un valore talmente piccolo daessere assolutamente irrilevante sotto ogni aspetto pratico

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 8

dalla differenza di potenziale, verranno raccolti sull’anodo e, quindi, rivelati da G in forma di correntecircolante. Bisogna quindi ammettere che la radiazione elettromagnetica abbia, in opportune condizioni,la capacita di estrarre elettroni dalla superficie metallica del catodo.

L’interpretazione teorica coerente di questi fatti sperimentali si ottiene grazie alla

ipotesi di Einstein (1905): una radiazione di frequenza ν e rappresentabile come un flussodi “pacchetti di luce”, ciascuno avente energia pari a hν.

Questi pacchetti furono chiamati fotoni e, coerentemente col fatto che la luce non ha un peso, fu loroattribuita una massa nulla: per questo i fotoni vengono anche indicati come pseudo-particelle. Questaipotesi sostituisce la descrizione tradizionale della radiazione elettromagnetica come fenomeno ondulatoriocon una descrizione di tipo corpuscolare: un raggio luminoso di frequenza ν e un flusso di fotoni di energiahν.

I fotoni incidenti sul catodo trasferiscono la loro energia agli elettroni di conduzione di quel metallo:il meccanismo di assorbimento della radiazione e ora descritto come una serie di interazioni tra corpuscoli(elettroni e fotoni) che scambiano energia. Un elettrone che acquista energia hν da un fotone fuoriescedalla superficie metallica solo se la sua energia cinetica Ecin e maggiore o al piu uguale al lavoro diestrazione W del metallo4. Tipicamente W ha il valore di alcuni eV per i metalli piu noti. Quindi, poichesi ha come minimo5 che

Ecin = hν −W (2.4)

la condizione sotto la quale si osserva estrazione di elettroni, ovvero si misura corrente nel circuito, risultaessere

hν > W (2.5)

Quindi, l’ipotesi di esistenza del fotone spiega in modo naturale perche la manifestazione dell’effetto fotoe-lettrico dipenda dalla frequenza della radiazione usata. Possiamo, poi, aggiungere una stima quantitativaper la cosidetta frequenza di soglia ν0 al di sotto della quale non si osservera mai fotoemissione di elettroni:risulta infatti evidente in questo modello che

ν0 =W

h(2.6)

corrispondente, per i metalli, a una frequenza ultravioletta in perfetto accordo con i dati sperimentali.L’ipotesi di Einstein consente anche di spiegare l’andamento della corrente in funzione della tensione

applicata. Il generico elettrone fotoemesso fuoriesce dalla superficie del catodo con una vettore velocitaorientato a caso. Poiche tra le due armature esiste un campo elettrico costante uniforme e direttonormalmente alle armature, l’elettrone subisce l’azione di una forza costante diretta come il campo.Come dimostrabile con considerazioni elettrostatiche elementari, il moto risultante e descritto da un arcodi parabola, la cui curvatura dipende dal modulo e dalla direzione della velocita iniziale dell’elettronefotoemesso, cosı come dal valore della differenza di potenziale elettrostatico applicata tra catodo ed anodo.In generale, non tutte le traiettorie hanno una curvatura tale per cui l’elettrone possa venire raccoltosull’anodo; quando invece cio accade essi sono immessi nel circuito e danno un contributo alla correntemisurata da G. Tuttavia, se aumentiamo la differenza di potenziale, riusciremo a curvare sempre piu letraiettorie, fino a raggiungere il valore in corrispondenza del quale tutti gli elettroni fotoemessi dal catodovengono raccolti sull’anodo: questa condizione corrisponde alla condizione di corrente di saturazione. Alcontrario, se invertiamo la polarita del generatore di differenza di potenziale, otteniamo l’effetto di curvarele traiettore degli elettroni emessi in direzione opposta, cioe faremo deflettere gli elettroni uscenti versoil catodo. Quando la differenza di potenziale negativa raggiunge un certo valore, allora tutti gli elettroniemessi tornano sul catodo e la corrente si annulla: questo valore di differenza di potenziale negativa sichiama potenziale di arresto Varresto.

Infine, i diversi valori di corrente di saturazione che si osservano al variare della intensita della radia-zione, sono anch’essi spiegabili in base a questa ipotesi corpuscolare: aumentare l’intensita di un fascioluminoso, infatti, significa aumentare il numero di fotoni contenuti nel fascio: dunque, un fascio piu

4Ricordiamo che il lavoro di estrazione rappresenta la minima quantita di energia che e necessario trasmettere a unelettrone di conduzione affinche venga portato al di fuori del metallo. W assume un valore caratteristico tipico per ognidiverso materiale.

5Questa rappresenta la condizione minina perche corrisponde al caso di un elettrone che, prima di assorbire un fotonedi energia hν, ha energia nulla.

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 9

intenso depositera un maggior numero di fotoni sulla superficie del catodo e conseguentemente fara emet-tere un maggior numero di elettroni (se di opportuna frequenza). Cio equivale a raggiungere correnti dimaggior intensita.

L’effetto fotoelettrico costituisce la base fenomenologica per comprendere che a livello microscopicola radiazione elettromagnetica puo manifestarsi in forma corpuscolare. In definitiva, possiamo

estendere per analogia l’ipotesi di de Broglie data in eq.(2.3) anche alla radiazioneelettromagnetica

passando da una descrizione basata sulle sue proprieta ondulatorie ad una basata su fotoni, ovvero supseudo-particell dotate di quantita di moto p = h/λ, ma prive di massa.

2.2.3 Dualismo onda-corpuscolo

Il complesso di risultati ottenuti in questi due ultimi Paragrafi si riassume nel

dualismo onda-corpuscolo: sia la materia sia la radiazione elettromagnetica hanno duplicenatura corpuscolare e ondulatoria, messa di volta in volta in evidenza dalla specifica circostanzache si sta indagando sperimentalmente.

Si completa questo concetto enunciando il principio di complementarieta dovuto a Bohr: ogni singoloesperimento rivela solo uno dei due comportamenti. Quindi non sara mai possibile eseguire un’esperimentoche contemporaneamente consenta di vedere la manifestazione corpuscolare e ondulatoria di un elettroneoppure di un fotone. Questa e una affermazione suffragata da moltissime evidenze di laboratorio.

Il dualismo onda-corpuscolo appare strano perche la nostra esperienza sensibile e limitata al mondomacroscopico e, dunque, ci insegna a separare nettamente i due comportamenti attribuendo quello corpu-scolare alla materia e quello ondulatorio alla radiazione. Al contrario, una robusta evidenza sperimentaleindica che nel mondo microscopico succede esattamente il contrario. Tali evidenze, sebbene mediatedall’uso di strumentazione esterna alla nostra persona, non sono meno vere e vincolanti di cio che perce-piamo. Gli esperimenti descritti nei precedenti Paragrafi sono solo due tra i moltissimi che confermano ildualismo onda-corpuscolo: non c’e davvero modo di dubitare che le cose stiano proprio cosı come messoin luce dalla diffrazione di elettroni e dall’effetto fotoelettrico. Possiamo proporre una sintesi schematica

mondo MACROscopico : materia=corpuscoli e radiazione=onde

mondo MICROscopico : materia=onde e radiazione=corpuscoli

Per riconciliarci con questa apparente bizzarria, possiamo riflettere che la Natura non e “tenuta” amanifestarsi solo in modi che a noi sembrano “normali”. I nostri sensi sono, insomma, strumenti diindagine incompleti e limitati e quindi danno accesso solo a certi tipi di manifestazioni. In conclusione:l’apparente “stranezza” del dualismo e solo dovuta ad una nostra parziale esperienza della realta fisica.

2.3 La meccanica delle onde materiali

2.3.1 L’equazione di Schrodinger

Pur acquisita la nozione che a livello microscopico gli elettroni debbano essere trattati come fenomenoondulatorio, ancora non disponiamo di una equazione costitutiva che ne descriva il comportamento.

Per ricavarla, partiremo dall’assunto che tutti i fenomeni ondulatori, di qualsivoglia natura, sonodescritti da un’equazione di d’Alembert. Per semplicita di dimostrazione considereremo il caso di unelettrone di massa m in moto unidimensionale lungo la direzione x con velocita v e lunghezza d’ondadi de Broglie λ = h/mv. Conveniamo quindi di chiamare Ψ(x, t) l’ampiezza dell’onda di materia che lodescrive nel punto x al tempo t. Sotto queste ipotesi possiamo scrivere

∂2Ψ(x, t)

∂x2− 1

v2

∂2Ψ(x, t)

∂t2= 0 (2.7)

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 10

Assumendo una dipendenza dal tempo di tipo armonico Ψ(x, t) = ψ(x) exp(iωt) si ottiene per sostituzione

d2ψ(x)

dx2+(ωv

)2

ψ(x) = 0 (2.8)

dove ω = vk = v 2π/λ avendo indicato con k = 2π/λ il vettor d’onda associato all’onda materiale chedescrive l’elettrone. Usando la relazione di de Broglie si ottiene v = ~ω/mv dove abbiamo introdotto ilnuovo simbolo ~ = h/2π. Sostituendo questo valore di v in eq.(2.8) otteniamo

d2ψ(x)

dx2+(mv

~

)2

ψ(x) = 0 (2.9)

Se ora immaginiamo che l’elettrone sia soggetto ad un potenziale V (x), la sua energia totale E si scrivecome E = mv2/2 + V (x) e quindi l’eq.(2.9) puo essere riscritta come

d2ψ(x)

dx2+

2m

~2[E − V (x)]ψ(x) = 0 (2.10)

che riorganizzata opportunamente assume l’aspetto della

equazione di Schrodinger (in una dimensione)

− ~2

2m

d2ψ(x)

dx2+ V (x)ψ(x) = Eψ(x) (2.11)

Questa e l’equazione costitutiva della meccanica dell’onda materiale che descrive l’elettrone6: una voltanoto il potenziale V (x) che agisce sull’elettrone stesso, l’equazione di Schrodinger consente di calcolare

- la funzione d’onda ψ(x) descrivente lo stato fisico dell’elettrone

- l’energia E che possiede l’elettrone in quello stato

La distinzione che abbiamo appena introdotto tra “stato fisico” ed “energia” e importante: un elettroneoccupa uno stato descritto dalla funzione d’onda ψ(x) nel senso che tale funzione d’onda consente dicalcolare il valore delle osservabili fisiche che competono all’elettrone quando e accomodato proprio suquello stato. L’energia e, per quanto particolarmente importante, solo una di tali osservabili. Distingueretra “stato” ed “energia” ci permettera di capire che in meccanica quantistica si danno dei casi in cui statifisici diversi corrispondono alla stessa energia. Detto in altre parole: e possibile che onde materiali didiverso tipo (quindi: stati fisici diversi) corrispondano ad un medesimo valore di energia. La situazionesara discussa nel dettaglio nei prossimi paragrafi.

Possiamo facilmente estendere l’eq.(2.11) al caso tridimensionale, generalizzandola per analogia

− ~2

2m

[∂2

∂x2+

∂2

∂y2+

∂2

∂z2

]ψ(~r) + V (~r)ψ(~r) = Eψ(~r) (2.12)

dove ~r e il vettore posizione dell’elettrone. L’operatore tra parentesi quadre implica il calcolo delle trederivate seconde parziali della funzione d’onda ψ(~r) rispetto alle tre coordinate cartesiane (x, y, z).

2.3.2 La funzione d’onda

Prima di poter applicare l’equazione di Schrodinger ai casi di nostro interesse dobbiamo chiarire il signi-ficato fisico alla funzione d’onda ψ(~r). La cosa non e immediata perche in realta la soluzione generaledell’equazione di Schrodinger e una funzione a valori complessi (ovvero: ψ(~r) ∈ C) e, quindi, non puoessere associata direttamente ad alcuna grandezza fisica misurabile in laboratorio. Pertanto, al fine di

6A rigore osserviamo che la dimostrazione qui fornita ha valore solo euristico. Nelle trattazioni piu formali e completematematicamente si dimostra che l’equazione di Schrodinger assume la forma data in eq.(2.11) solo sotto certe ipotesiaggiuntive. Tuttavia, in tutti i casi trattati nel seguito queste condizioni sono sempre verificate: questo ci consente, persemplicita, di omettere questo dettaglio, pur importante, di tipo matematico.

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attribuire in un qualche modo un significato al formalismo quantistico, ci faremo guidare dall’equivalenzatra la descrizione ondulatoria e la descrizione corpuscolare della luce.

Secondo la descrizione ondulatoria, una radiazione elettromagnetica e caratterizzata in ogni puntodello spazio da una intensita proporzionale al quadrato della sua ampiezza. Adottando la descrizionecorpuscolare alla Einstein ed utilizzando l’effetto fotoelettrico come base fenomenologica (in particolare:la dipendenza della corrente di saturazione dall’intensita della radiazione), possiamo invece stabilire unaproporzionalita tra questa stessa intensita e la probabilita di trovare fotoni in un volume infinitesimocentrato sul punto dello spazio selezionato. Poiche entrambe le descrizioni sono vere (dualismo onda-corpuscolo), concludiamo che il quadrato dell’ampiezza dell’onda elettromagnetica calcolata in ogni puntodello spazio sia legato alla probabilita di trovare fotoni in quello stesso punto.

Estendiamo per analogia questo risultato al caso di un’onda materiale ψ(~r) associata ad un elettroneed attribuiamo il seguente

significato fisico della funzione d’onda

|ψ(~r)|2 d~r = probabilita di trovare l′elettrone nel volumeinfinitesimo d~r centrato sulla posizione ~r.

(2.13)

E importante notare che in entrambi i casi non si fornisce una informazione specifica sulla esatta posizionedel fotone o dell’elettrone, ma solo informazione relativa alla probabilita di presenza in un certo puntodello spazio. In particolare, si dice piu rigorosamente che la funzione d’onda ψ(~r) rappresenta la densitadi probabilita di presenza dell’elettrone nella posizione ~r. Quindi, se consideriamo un volume finitodi spazio V possiamo esprime il seguente concetto

∫V|ψ(~r)|2 d~r = probabilita che l’elettrone sia contenuto nel volume V

Questa interpretazione probabilistica e dovuta a Bohr e sancisce una prima grandissima differenza con-cettuale tra la fisica classica e la nuova fisica basata sull’equazione di Schrodinger, ovvero: quando sidescrive un elettrone tramite la sua onda di materia, non e piu possibile dire con certezza che posizioneesattamente occupi; al piu si puo assegnare una probabilita di sua presenza a ciascun punto dello spa-zio. In pratica questo significa che, pur ammettendo che l’elettrone sia confinato nel volume V , misureripetute della sua posizione forniranno risultati differenti: in particolare, una generica misura dira chel’elettrone e in posizione ~r solo con probabilita |ψ(~r)|2 d~r. Secondo l’interpretazione probabilistica allaBorn, descrivere un elettrone tramite un’onda di materia impedisce che esso venga rappresentato come unpunto materiale in una determinata posizione dello spazio; piuttosto, all’elettrone deve essere associatauna nuvola di probabilita di presenza, la cui maggiore o minore densita indichera graficamente quanto siapiu o meno presumibile trovarlo in quella regione. Questo concetto e illustrato in Fig.3.4.

Un’altra conseguenza dell’interpretazione probabilistica e che si perde il concetto di traiettoria. In altreparole, a livello di descrizione microscopica, ovvero ondulatoria, gli elettroni non seguono piu traiettorienello spazio, come previsto dalla meccanica classica nel modo macroscopico7.

Infine, l’interpretazione di Born ha anche importanti conseguenze matematiche, che guideranno lasoluzione di problemi applicativi. Ricordando che la funzione d’onda ψ(~r) rappresenta un’ampiezza diprobabilita possiamo certamente affermare che: (i) deve essere una funzione continua della variabile ~r e(ii) deve essere normalizzata. Questa seconda proprieta va meglio specificata: se noi abbiamo la certezzache l’elettrone sia confinato nel volume V , allora possiamo dire che ha probabilita pari al 100% di trovarsilı. Matematicamente questo si traduce nella

7La interpretazione probabilistica della fisica che scaturisce dall’equazione di Schrodinger e stata e continua ad essereoggetto di profonda riflessione epistemologica. Essa, infatti, altera in maniera veramente molto significativa il modo in cuinoi possiamo interpretare la realta fisica e la sua misura sperimentale, rispetto a quanto proposto dalla fisica classica. Inquesta presentazione elementare noi ci concentreremo unicamente sulle conseguenze operative, ovvero su quelle che hannoriflesso pratico diretto sulla fisica dei semiconduttori.

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condizione di normalizzazione della funzione d’onda∫

V

|ψ(~r)|2 d~r = 1 (2.14)

dove, per le condizioni assegnate, V rappresenta tutto lo spazio accessibile all’elettrone.Infine, precisiamo che possiamo attribuire il significato fisico al caso particolare in cui ψ(x) = 0: una

funzione d’onda identicamente nulla corrisponde alla impossibilita di realizzare quello stato fisico. Vuoldire, in altre parole, che se ψ(x) = 0 allora non sara possibile accomodare l’elettrone su quello stato fisico.

La forma particolarissima che prende la fisica delle onde materiali governate dall’equazione di Schrodin-ger viene chiamata meccanica quantistica (o, utilizzando una dicitura piu antica adesso caduta indisuso, “meccanica ondulatoria”). Il motivo che sta alla base dell’uso dell’aggettivo “quantistico” (chesignifica: discretizzato) e spiegato ampiamente nel prossimo Paragrafro.

2.4 Casi di interesse paradigmatico

Applicheremo l’equazione di Schrodinger ad un certo numero di casi fisici concreti, per semplicita tutticorrispondenti a situazioni undimensionali. Questa scelta ci permettera di ottenere notevoli risultati,utilizzando una matematica non particolarmente complicata. La loro validita, tuttavia, e del tutto egenerale e, quindi, li estenderemo ai casi tridimensionali di interesse per semplice analogia. Ad ognimodo, ciascun caso qui discusso (tranne quello di elettrone libero) sara associato ad una applicazioneingegneristica di particolare rilevanza.

2.4.1 Elettrone libero

Si consideri un elettrone non soggetto all’azione di alcun potenziale: in fisica si dice che questo e unelettrone libero. Poiche V (x) = 0, l’eq.(2.11) diventa

− ~2

2m

d2ψ(x)

dx2= Eψ(x) (2.15)

la cui soluzione e immediata

ψ(x) = exp(ikx)

E(k) =~2k2

2m(2.16)

dove k e il vettor d’onda associato all’onda di materia che rappresenta l’elettrone. La caratteristicainteressante della soluzione trovata e che |ψ(x)|2 assume lo stesso valore in tutti i punti : quindi, la proba-bilita di presenza dell’elettrone e costante. Detto in altre parole: una misura della posizione dell’elettronefornira con uguale probabilita una posizione qualunque. Si dice che l’elettrone e delocalizzato.

E anche interessante notare che l’energia di un elettrone libero ha un semplice andamento parabolicorispetto al suo vettor d’onda. Cio significa che, una volta assegnato k, l’energia dell’elettrone e la stessaindipendentemente che la sua onda materiale sia progressiva (vettor d’onda positivo) oppure regressiva(vettor d’onda negativo). Questa e la controparte del noto risultato classico secondo il quale l’energiacinetica di una particella libera non dipende dal verso del suo vettore velocita. Consideriamo questastessa analogia per ricavare un altro risultato: classicamente l’energia di un elettrone libero si scriverebbecome E = p2/2m il che, se si confronta con eq.(2.16), permettere di scrivere

p = ~k (2.17)

che rappresenta la definizione della quantita di moto dell’onda materiale e ha validita del tutto generale:la useremo, infatti, anche nel caso degli elettroni di valenza in un semiconduttore (dove, come e facileintuire, il potenziale agente sugli elettroni non e certo nullo).

I risultati sin qui discussi si estendono facilmente in tre dimensioni

ψ(~r) = exp(i~k · ~r

)

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E(k) =~2k2

2m(2.18)

con l’ovvia differenza che il vettore d’onda e una grandezza vettoriale ~k = (kx, ky, kz) il cui modulo quadrovale k2 = (k2

x + k2y + k2

z).

2.4.2 Elettrone confinato in una buca di potenziale

In questo caso consideriamo un elettrone che, pur non soggetto ad alcun potenziale, e nondimeno confinatoentro un volume (unidimensionale) L. Cio che lo confina e la presenza di una coppia di barriere dipotenziale infinitamente alte, poste rispettivamente in posizione x = 0 e x = L secondo lo schema diFig.3.5. Matematicamente riassumiamo la situazione dicendo che il potenziale V (x) di eq.(2.11) e cosıdefinito

V (x) =

+∞ x ≤ 00 0 < x < L+∞ x ≥ L

(2.19)

Si usa riferirsi a questa situazione fisica come al caso di un elettrone confinato in una buca di potenzialea pareti infinitamente alte.

E intuitivo capire che l’elettrone non possa stare nelle regioni dove il potenziale assume valore infinito.Quindi, certamente vale che: ψ(x) = 0 per x ≤ 0 e x ≥ L. D’altra parte, nella regione 0 < x < Ll’elettrone non e soggetto ad alcun potenziale e si ricade nel caso trattato nel precedente Paragrafo. Nonabbiamo informazioni fisiche tali da consentirci di dire se l’onda materiale e di tipo progressivo exp(+ikx)oppure di tipo regressivo exp(−ikx) e, pertanto, la soluzione generale sara una combinazione lineare diqueste due soluzioni particolari

ψ(x) = A exp(+ikx) +B exp(−ikx) per 0 < x < L (2.20)

con A e B da determinare imponendo opportune condizioni al contorno. Con riferimento alla specificasituazione fisica che stiamo studiando, e evidente che

{ψ(x = 0) = 0 → A+B = 0 → A = −Bψ(x = L) = 0 → A exp(+ikL) +B exp(−ikL) = 0 → sin(kL) = 0

(2.21)

dove, per sviluppare la seconda riga, abbiamo fatto uso del fatto che A = −B come imposto dallaprima condizione e che [exp(+iα) + exp(−iα)] = 2i sinα come noto dalla trigonometria elementare. Lacostante A si ottiene imponendo la condizione di normalizzazione relativa al volume unidimensionale L.Procediamo innanzitutto riscrivendo eq.(2.20) in una forma che tenga esplicitamente in considerazione leeq.(2.19)

ψ(x) = A exp(+ikx) +B exp(−ikx) = 2Ai sin(kx) = C sin(kx) (2.22)

dove C e la nuova costante di normalizzazione da determinare; inseriamo ora questa espressione nellacondizione di normalizzazione8

1 =

∫ L

0

|ψ(x)|2dx =

∫ L

0

[C sin(kx)]2dx → C2L

2= 1 → C =

√2

L(2.23)

Se ora consideriamo la condizione al contorno data nella seconda riga di eq.(2.21), possiamo imme-diatamente realizzare che essa matematicamente impone

sin(kL) = 0 → k =π

Ln con n = 1, 2, 3, · · · (2.24)

cui corrisponde un risultato fisico del tutto nuovo, senza analogo classico: il vettor d’onda dell’onda ma-teriale che descrive l’elettrone confinato nella buca di potenziale puo assumere solo valori discreti. Questorisultato si riflette anche sui valori di energia possibili

En =~2π2

2mL2n2 con n = 1, 2, 3, · · · (2.25)

8Si ricorda che:∫

sin2 xdx = −(sinx cosx− x)/2.

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come si ottiene facilmente inserendo il valore di vettor d’onda predetto da eq.(2.24) in eq.(2.16). Abbiamoreso il formalismo piu preciso, indicando i diversi valori di energia accessibili all’elettrone confinato colsimbolo En, dove il pedice sta ad indicare che questa grandezza assume solo i valori discreti riportati inFig.3.6. Il numero n viene chiamato numero quantico. Abbiamo, insomma, dimostrato che

l’energia di un elettrone libero, ma confinato in una buca di potenziale, equantizzata ovvero puo assumere solo valori discreti

o, equivalentemente, non sono ammessi livelli energetici con energie intermedie a quelle fornite daeq.(2.25).

E difficile sovrastimare l’importanza concettuale di questo risultato che, come nel precedente casorelativo alla quantizzazione del vettore d’onda, non ha assolutamente analogo in fisica classica. In al-tre parole: la quantizzazione dell’energia e una inevitabile conseguenza matematica dell’equazione diSchrodinger e dominera totalmente tutta la fisica degli elettroni nei semiconduttori. In realta, formule diquantizzazione (per l’energia cosı come per altre grandezze fisiche) discendono ogni qual volta si applical’equazione di Schrodinger: e per questo motivo che, come gia anticipato, questo tipo di fisica e chiamatameccanica quantistica.

Venendo a considerare la funzione d’onda per i diversi livelli energetici ammessi, possiamo condensaretutti i risultati dati in eq.(2.21-24) scrivendo

ψn(x) =

√2

Lsin(nπ

Lx)

con n = 1, 2, 3, · · · (2.26)

la cui forma e rappresentata a sinistra in Fig.3.6 per i primi tre stati confinati. Al centro, invece, eriportata la corrispondente |ψn(x)|2 da cui si evince che l’elettrone confinato viene trovato con diverseprobabilita nei diversi punti della buca. A seconda dello specifico stato considerato, esisteranno localiz-zazioni assolutamente proibite ed altre per cui e invece massima la probabilita di presenza. La cosa eresa pittoricamente nella parte di destra della stessa figura, usando il concetto di nuvola di probabilitadi presenza definito in precedenza.

E interessante notare che il minimo valore di energia per l’elettrone confinato si ottiene per n = 1 enon e nullo9. A questo valore E1 = ~2π2/2mL2 viene dato il nome di energia di confinamento: tantominore e il volume entro il quale si confina l’elettrone, tanto maggiore sara la sua energia di confinamento.

L’estensione di questi risultati al caso di una buca di potenziale tridimensionale a pareti infinitamentealte e immediata se consideriamo, per semplicita, una buca di forma cubica con la stessa larghezza Lnelle tre direzioni cartesiane. L’eq.(2.24) per le energie dei livelli permessi si scrive

En1,n2,n3 =~2π2

2mL2

(n2

1 + n22 + n2

3

)con n1,2,3 = 1, 2, 3, · · · (2.27)

dove i tre numeri interi (n1, n2, n3) formano un insieme di numeri quantici che caratterizzano gli statifisici dell’elettrone confinato. Essi, in particolare, determinano le corrispondenti funzioni d’onda che, pergeneralizzazione dell’eq.(2.22) scriveremo come

ψn1,n2,n3(~r) = C sin(kxx) sin(kyy) sin(kzz) (2.28)

dove ~r = (x, y, z) e il vettore che individua la posizione dell’elettrone dentro la buca, ~k = (kx, ky, kz) ilvettor d’onda della sua onda materiale e C la solita costante da determinare imponendo la condizione dinormalizzazione.

Per l’elettrone confinato esistono, in questo caso tridimensionale, molti piu livelli quantistici accessi-bili10, alcuni dei quali godono di una caratteristica nuova. Si considerino, ad esempio, le due terne dinumeri quantici (n1 = 1, n2 = 1, n3 = 2) e (n1 = 2, n2 = 1, n3 = 1): esse corrispondono alla stessaenergia, come si constata per sostituzione diretta nella eq.(2.25). Tuttavia, essi sono a tutti gli effettistati fisici diversi : cio che li differenzia e la forma della funzione d’onda e, quindi, la densita di proba-bilita di presenza dell’elettrone nel volume definito dalla buca. Esistono, dunque, stati quantistici chesono fisicamente diversi, ma che hanno la stessa energia. Questa situazione e molto comune in meccanica

9Val la pena di sottolineare che in eq.(2.24) il caso n = 0 e stato escluso perche implicherebbe un vettor d’onda nullo:situazione che ovviamente non ha senso fisico perche corrisponderebbe ad un’onda con lunghezza d’onda infinita.

10Semplicemente perche esistono molte piu combinazioni possibili per la terna (n1, n2, n3).

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quantistica e si conviene di chiamare

stati degeneriquegli stati quantistici che, se pur diversi, hanno la stessa energia.

Il grado di degenerazione di un certo livello energetico e il numero di stati fisici diversi con quella energia.Ad esempio, come e facile rendersi conto, il livello ad energia E = 3E1 non e degenere cosı come non loe il livello ad energia E = 12E1; invece i livelli E = 6E1 ed E = 9E1 sono entrambi tre volte degeneri.

Applicazione ingegneristica: lo schema concettuale del laser a pozzo quantico - Consideriamouna eterostruttura a semiconduttore formata da un sottile strato di GaAs, confinato a destra e a sinistrada due spessori di barriera molto piu larghi di lega AlxGa1−xAs. La situazione e riportata in Fig.3.7(sinistra) e corrisponde a situazioni reali in cui la larghezza della parte centrale puo variare dal nm al µm.I materiali che formano l’eterostruttura hanno la stessa costante reticolare e, dunque, le interfacce sonostrutturalmente prive di difetti; tuttavia, la differente composizione chimica determina una discontinuitatra la struttura elettronica dei due spessori confinanti e dello strato centrale, risultante nella formazionedi un profilo di energia potenziale tipo quello rappresento in figura. Il punto chiave e che, fissando inmaniera opportuna la profondita di buca (questo si puo fare ad esempio selezionando la composizionestechiometrica della lega) e la sua larghezza (semplicemente regolandone lo spessore durante la fase dicrescita dei diversi strati), e possibile ingegnerizzare la struttura dei livelli confinati : possiamo determi-narne il numero (legato alla profondita della buca) e la posizione energetica (legata allo spessore di buca).Assumiamo di aver congegnato le cose in modo che nello strato di GaAs ci siano solo due stati confinati,corrispondenti ai numeri quantici n = 1 ed n = 2 come illustrato in Fig.3.7 (a destra).

Ammettiamo ora che sia possibile iniettare elettroni dagli spessori di barriera AlxGa1−xAs nellostrato confinato di GaAs: inizialmente essi occuperanno lo stato a piu alta energia con n = 2. Tuttavia,tramite un processo di decadimento spontaneo verso lo stato a minore energia (quello con n = 1), essiperderanno un’energia pari alla differenza E2−E1. Come vedremo nel Capitolo 6, una simile transizionetra stati elettronici comporta l’emissione di un fotone di energia esattamente pari a questa differenza.Poiche ogni elettrone che compie la transizione perde esattamente la stessa quantita di energia, ne risultache questo dispositivo emette una radiazione elettromagnetica monocromatica, cioe consistente di fotonitutti della stessa energia: si dice, pertanto, che il dispositivo emette luce laser. Questa situazione,seppur qui descritta in forma idealizzata e tralasciando alcuni importanti dettagli, rappresenta abbastanzafedelmente il concetto di laser a pozzo quantico, dove la locuzione “pozzo quantico” indica sinteticamentel’eterostruttura a buca di potenziale. Il laser a pozzo quantico e un esempio importante di nanodispositivooptoelettronico a funzionamento totalmente quantistico.

2.4.3 Gradino di potenziale

Consideriamo un elettrone che si muove in una regione dello spazio in cui e presente un profilo di po-tenziale come quello raffigurato in Fig.3.8 (a destra), caratterizzato da una regione a potenziale nullo(in figura: V (x) = 0 per x < 0) affacciata ad una regione a potenziale costante (in figura: V (x) = V0

per x ≥ 0). Supponiamo altresı che l’elettrone si stia inizialmente muovendo da sinistra verso destra,partendo da un punto qualunque della regione a potenziale nullo: qui sara descritto come una particellalibera di assegnata energia cinetica E. A questa situazione ci si riferisce parlando di elettrone contro ungradino di potenziale. Se supponiamo che E < V0, troviamo una situazione fisica di particolare interesseapplicativo: l’elettrone possiede un’energia cinetica inferiore all’altezza del gradino contro il quale vaad urtare. Se fosse una particella classica, l’elettrone non potrebbe andare oltre il punto x = 0 dovee posizionato il gradino.Vogliamo studiare il problema secondo la meccanica quantistica e per farlo lorappresentiamo pittoricamente come in Fig.3.8 (al centro). Questo risultato specificatamente quantisticoe intrinsecamente legato alla descrizione dell’elettrone come onda di materia. Come vedremo, esso haconseguenze importantissime nella fisica dei semiconduttori.

A sinistra del gradino conosciamo la risposta: stante le condizioni assegnate, la funzione d’onda einizialmente descritta dall’onda piana data in eq.(2.16), di tipo progressivo. Tuttavia, nel propagareverso destra l’onda finira inevitabilmente con l’incidere sul gradino e, dunque, subira un fenomeno diriflessione. Ne segue che nella regione a sinistra del gradino la funzione d’onda risultante ψ1(x) e datadalla sovrapposizione di un’onda piana progressiva e di un’onda piana regressiva, ovvero

ψ1(x) = A exp(+ikx) +B exp(−ikx) per x < 0 (2.29)

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Invece nella regione di gradino la funzione d’onda ψ2(x) e data dalla soluzione dell’equazione di Schrodin-ger nella forma

− ~2

2m

d2ψ2(x)

dx2+ V0ψ2(x) = Eψ2(x) (2.30)

Poiche E < V0 la quantita 2m(E − V0)~2 e certamente negativa e, quindi, prendendo α ∈ R possiamoporre 2m(E − V0)~2 = −α2 e finalmente trasformare la precedente equazione come segue

d2ψ2(x)

dx2− α2ψ2(x) = 0 con α =

√2m

~2(V0 − E) (2.31)

Esistono due diverse soluzioni per questa equazione, ovvero: ψ2(x) ∼ exp(±αx). La soluzione ψ2(x) ∼exp(+αx) si scarta perche fisicamente inaccettabile: assurdamente comporterebbe un’ampiezza di pro-babilita di presenza dell’elettrone crescente in maniera illimitata a sinistra del gradino: piu distanti siandrebbe (verso destra) dal gradino, maggiore sarebbe la probabilita di trovare l’elettrone. Quindi, l’unicasoluzione fisicamente accettabile assume la forma di un’onda evanescente

ψ2(x) = C exp(−αx) per x ≥ 0 (2.32)

con C costante da determinare. Prima di farlo notiamo un risultato notevole:

l’elettrone puo “penetrare” nella regione di gradino classicamente inaccessibile,avendo una probabilita non nulla (seppur esponenzialmente decrescente) di trovarsi in posizionex > 0.

Al fine di determinare le costanti A, B e C e cosı completare la soluzione del nostro problema,dobbiamo imporre che le due soluzioni ψ1(x) e ψ2(x) si raccordino in modo corretto nel punto di interfacciax = 0 dove e posizionato il gradino. Possiamo intuitivamente richiedere che, per motivi fisici, a questainterfaccia l’onda di materia sia continua e non vari bruscamente, ovvero: che la funzione d’onda siacontinua con derivata prima continua11 e pertanto imporre che

ψ1(x = 0) = ψ2(x = 0) edψ1(x)

dx

∣∣∣∣x=0

=dψ2(x)

dx

∣∣∣∣x=0

(2.33)

da cui utilizzando le eq.(2.29) e (2.32) otteniamo facilmente che

A+B = C e ikA− ikB = −αC (2.34)

Questo e un sistema di sole due equazioni in tre incognite e, pertanto, al fine di essere risolto richiedeuna conoscenza aggiuntiva. Usualmente si assume di conoscere la costante A, ovvero l’ampiezza inizialedell’onda materiale, perche e possibile immaginare di generare la situazione fisica oggetto di questoragionamento imponendo le condizioni iniziali sotto le quali l’elettrone si muove contro il gradino. Conquesta ipotesi aggiuntiva calcoliamo finalmente i valori di B e C

B =(ik + α)A

1k − α e C =2ikA

ik − α (2.35)

In definitiva, la funzione d’onda completa per un elettrone contro un gradino di potenziale e

ψ(x) =

{x < 0 ψ1(x) = A

[exp(ikx) + ik+α

ik−α exp(−ikx)]

x ≥ 0 ψ2(x) = 2ikik−αA exp(αx)

(2.36)

dove α e stato definito in eq.(2.31) e le soluzioni di eq.(2.36) sono rappresentate in Fig.3.8 (al centro).Concludiamo sottolineando il fatto che il decadimento esponenziale della ψ2(x) dentro alla regione di

gradino e regolato dal valore di α, ovvero dalla differenza tra l’altezza del gradino e l’energia dell’elettroneincidente. In particolare, osserviamo che se V0 → +∞ allora non c’e alcuna penetrazione e si recupera unasituazione simile a quella gia incontrata nel caso di un elettrone confinato in una buca: ove il potenziale

11Che la funzione d’onda sia continua discende dal suo significato fisico di densita di probabilita: una proprieta che noncambia in modo discontinuo. Che, invece, la funzione d’onda non vari bruscamente, discende direttamente dall’eq.(2.30):lı c’e scritto che la “funzione derivata seconda” sia finita il che implica che la “funzione derivata prima” sia derivabile e,quindi, continua.

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 17

e infinito, lı la probabilita di presenza dell’elettrone e nulla.

Applicazione ingegneristica: le interfacce - Un nanodispositivo e tutt’altro che un blocco monoliticodi semiconduttore. Al contrario esso e costituito da moltissime componenti (fatte di materiali isolanti,semiconduttori e metallici) che formano interfacce. Pertanto, il trasporto di carica in un dispositivonon e quasi mai riconducibile al caso di un elettrone in moto dentro ad un materiale omogeneo, mapiuttosto corrisponde ad una condizione di moto attraverso un susseguirsi di interfacce tra materialidiversi: ciascuna di esse corrisponde proprio ad uno specifico caso di gradino di potenziale.

In pratica, tuttavia, i gradini che un elettrone sente sono raramente di spessore infinito, come nel casosin qui discusso. Al contrario, le interfacce materiale-materiale formano delle barriere di spessore finito,la cui fisica e certamente legata a quella del singolo gradino infinitamente spesso, ma sottilmente diversacome si vedra nel prossimo Paragrafo.

2.4.4 Barriera di potenziale

Un insieme di due gradini di potenziale posti in vicinanza forma una barriera di potenziale che, comeillustrato in Fig.3.9, ha uno spessore proprio che indicheremo con L. Immaginiamo come nel caso prece-dente che un elettrone si muova da sinistra verso destra, con energia iniziale E mentre l’altezza di barrierae V0. Sempre in analogia al caso precedente assumeremo che il potenziale sia nullo lontano dalla zonadi barriera. A questa situazione ci si riferisce parlando di elettrone contro una barriera di potenziale.Se supponiamo che E < V0, possiamo trarre le stesse conclusioni valide per il gradino: l’elettrone urtacontro la barriera con un’energia che per la fisica classica e insufficiente a fargliela superare. La meccanicaquantistica, invece prevede un comportamento molto diverso.

Con riferimento alla Fig.3.9, conveniamo di suddividere lo spazio in tre regioni, rispettivamente as-sociate alla regione di sinistra (regione 1), alla barriera (regione 2) e alla regione di destra (regione 3).Utilizzando i risultati del Paragrafo 2.4.3 e tenendo in considerazione opportuna le differenze tra questocaso ed il precedente, possiamo dire che:

• la funzione d’onda ψ1(x) nella regione 1 e la sovrapposizione di un’onda incidente e di un’ondariflessa, rispettivamente descritte da un’onda piana progressiva e da un’onda piana regressiva;

• nella regione 2 entrambe le soluzioni dell’eq.(2.31) sono ora fisicamente ammissibili perche la bar-riera ha uno spessore finito e non abbiamo piu motivo di escludere la soluzione corrispondente adun esponenziale crescente (che non potra farlo illimitatamente): quindi in questa regione la fun-zione d’onda ψ2(x) sara una sovrapposizione di due funzioni esponenziali, una crescente ed unadecrescente;

• nella regione 3 la funzione d’onda ψ3(x) descrive la propagazione dell’elettrone in una zona apotenziale nullo e, quindi, sara ovviamente un’onda piana progressiva.

Riassumiamo quanto detto scrivendo

ψ(x) =

x < 0 ψ1(x) = A [exp(ikx) +B exp(−ikx)]0 ≤ x ≤ L ψ2(x) = C exp(αx) +D exp(−αx)x > L ψ3(x) = A′ exp(ikx)

(2.37)

dove il valore di α e quello dato in eq.(2.31), mentre le costanti A,B,C,D e A′ sono da determinareimponendo opportune condizioni al contorno. Anche in questo caso assumeremo nota l’ampiezza dell’on-da materiale incidente, cioe la costante A: dunque, necessitiamo di quattro condizioni per risolvere ilproblema. Con gli stessi argomenti gia usati nel caso del gradino, si impone la continuita della funzioned’onda e della sua derivata prima in x = 0 ed in x = L e si ricavano le suddette costanti. I calcoli nonsono difficili: li lasciamo al Lettore interessato, assumendo d’ora innanzi che le quattro costanti sianofinalmente note, vuoi perche assegnate (e il caso di A) vuoi perche calcolate esplicitamente (e il caso diB,C,D e A′).

Ragioniamo ora sull’andamento complessivo della ψ(x) come raffigurato in Fig.3.9. E evidente chesebbene l’elettrone abbia urtato contro la barriera con un’energia cinetica inferiore all’altezza della bar-riera stessa, esiste una probabilita non nulla di trovarlo nella regione x > L, ovvero oltre la barriera,stante il fatto che nella regione 3 la sua funzione d’onda non e nulla. Questa situazione, che non ha alcun

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analogo classico, prende il nome di

effetto tunnel (o tunneling quantistico): esiste una probabilita non nulla che l’elettrone“penetri” attraverso la barriera, finendo col trovarsi dalla parte opposta di dove si trovavainizialmente.

Come si evince guardando la forma analitica della funzione d’onda nella regione di barriera, la probabilitadi tuneling dipende: (i) dalla larghezza di barriera L, nel senso che barriere sottili saranno penetrate conmaggior probabilita di barriere spesse, a parita di ogni altro parametro del problema; (ii) dalla altezza dibarriera V0, nel senso che barriere alte saranno penetrate con minor probabilita di barriere basse, a paritadi ogni altro parametro del problema. Questa situazione viene riassunta definendo il parametro forza dellabarriera Fb = (V0L) e dicendo che la probabilita di tuneling quantistico e inversamente proporzionale aFb.

La fisica di una barriera di potenziale puo essere meglio compresa utilizzando il linguaggio dell’ottica,come concesso dal fatto che l’elettrone e descritto in meccanica quantistica tramite un’onda (di materia).Ricordiamo che per un’onda di materia l’intensita corrisponde alla densita di probabilita di presenzadell’elettrone da essa descritto. Introduciamo quindi il concetto di flusso di elettroni come il numero dielettroni che attraversano l’unita di superficie nell’unita di tempo. Con questa definizione il flusso risultaovviamente proporzionale (i) alla velocita di propagazione degli elettroni e (ii) all’intensita dell’ondamateriale ad essi associata. Combinando queste definizioni possiamo scrivere che nella situazione descrittadall’eq.(2.37) e rappresentata in Fig.3.9

il flusso incidente sulla barriera ∼ v|A|2

il flusso riflesso dalla barriera ∼ v|B|2

il flusso trasmesso oltre la barriera ∼ v′|A′|2

dove abbiamo indicato con v e v′ le velocita dell’elettrone rispettivamente nella regione 1 (x < 0) e nellaregione 2 (x > L), corrispondenti a valori non necessariamente uguali. In analogia all’ottica si possonoanche calcolare i seguenti

coefficiente di riflessione: R = flusso riflessoflusso incidente = v|B|2

v|A|2

coefficiente di trasmissione: T = flusso trasmessoflusso incidente = v′|A′|2

v|A|2

per la barriera: essi devono ovviamente rispettare la condizione R + T = 1.Se consideriamo in particolare il coefficiente di trasmissione T ci rendiamo facilmente conto che esso e

funzione dell’energia E dell’elettrone incidente attraverso i coefficienti A ed A′ e la velocita v. Calcolan-doli esplicitamente12 e possibile dimostrare che la funzione T = T(E) ha il tipico andamento riportato inFig.3.10. Le informazioni contenute in questo grafico sono davvero importanti, alcune addirittura assolu-tamente inaspettate. Innanzitutto osserviamo che la probabilita di trasmissione e significativamente altasolo se il valore dell’energia dell’elettrone incidente e maggiore dell’altezza di barriera. Tuttavia, anchein questo caso la trasmissione e nella maggior parte dei casi inferiore al 100%: una parte dell’onda saracomunque riflessa. Tuttavia, esistono valori particolari di E in corrispondenza dei quali T = 1, ovvero:per certi valori di energia dell’elettrone incidente la barriera e perfettamente trasparente. Inoltre, con-trariamente a quanto previsto dalla fisica classica, l’elettrone ha una piccola, ma non nulla, probabilitadi passare oltre la barriera anche quando la sua energia e inferiore all’altezza di quest’ultima.

L’interpretazione probabilistica della meccanica quantistica ci e di aiuto per comprendere il significatodi un coefficiente T 6= 0 (perfetta riflessione) o T 6= 1 (completa trasmissione), i soli due casi previsti dallafisica classica. Dire, ad esempio, che T = 0.85 equivale ad affermare che in un ipotetico esperimento in cui100 elettroni con identica energia vengono accelerati contro la stessa barriera, in media solo 85 passanoper tunneling quantistico, mentre 15 sono riflessi. Non si puo prevedere quale elettroni passi o qualevenga riflesso, ma in media i numeri di particelle che corrispondono ai due casi stanno in rapporto 15/85.

Applicazione ingegneristica: il transistore ed il microscopio elettronico ad effetto tunnel- L’effetto tunneling quantistico e utilizzato in diversi tipo di dispositivi, quali il transistore ad effetto

12Questo calcolo procede in modo analogo a quello seguito nel caso del gradino di potenziale, ma e algebricamente un popiu complicato.

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tunnel (Tunneling Field Effect Transistor, TFET) e il microscopio elettronico ad effetto tunnel (TunnelingElectron Microscope, TEM).

Nel primo caso si utilizza una architettura simile a quella di un transistore ordinario salvo per ilfatto che la corrente tra l’emettitore (source) e il collettore (drain) di elettroni e generata da fenomenidi tunneling elettronico source→drain. Questa corrente di tunneling e modulata dalla tensione applicataalla base (gate) secondo modalita ordinarie. Il TFET richiede tensioni di funzionamento molto inferioria quelle del transitore ordinario, il che si traduce in un notevole vantaggio tecnologico per applicazionimicroelettroniche che richiedano basse potenze di esercizio.

Nel caso del microscopio TEM si sfrutta una geometria come quella illustrata schematicamente inFig.3.11: una punta molto acuminata di materiale conduttore viene posta molto vicina alla superficiedel campione da studiare. Il dispositivo e completato in modo tale che si possa misurare la corrente dielettroni che passa dal campione alla punta TEM, mantenendo il tutto in condizioni di vuoto spintissimo.In condizioni ordinarie ovviamente non si osserva alcuna corrente: non essendoci contatto fisico tra puntae superficie, lo strato di vuoto che le separa funziona da barriera di potenziale per gli elettroni. Applicandouna opportuna differenza di potenziale tra punta e campione e invece rivelato il passaggio di elettroniche riescono a penetrare la suddetta barriera per effetto tunnel. L’intensita della corrente di tunnelingdipendera ovviamente dalla tensione applicata (che ha il compito di accelerare gli elettroni contro labarriera), da quanti stati quantistici sono localmente disponibili nel campione per fornire gli elettroni chepossono passare per effetto tunnel e dalla distanza punta-superficie. Se si immagina di poter scansionaretale superficie modificando in contemporanea la tensione applicata in modo che risulti costante la correntedi tunneling, ne risulta che la distanza punta-superficie varia in funzione della posizione: questa procedurafornisce una immagine topografica alla scala atomica della superficie stessa. La risoluzione spaziale diun microscopio TEM e davvero elevatissima, scendendo alla scala delle tipiche distanze atomo-atomo deimateriali a stato solido.

2.5 Il gas di elettroni

Consideriamo il caso ideale di un insieme di elettroni liberi che siano confinati entro un volume cubico dispigolo L. Sebbene questa idealizzazione trascuri del tutto le interazioni elettrone-elettrone ed elettrone-ione si applica abbastanza bene a descrivere l’insieme degli elettroni di conduzione in un metallo (per unsemiconduttore avremo, invece, bisogno di apportare modifiche importanti, come discusso nel prossimoCapitolo). In ogni caso, ci riferiremo a questa situazione fisica come a quella di un gas di elettroni liberi,ma confinati la cui meccanica quantistica e riassunta nelle eq.(2.27) e (2.28).

La prima osservazione importante consiste nel notare che se il volume che confina il gas ha le dimensionimacroscopiche di un oggetto macroscopico (quindi: L assume valori molto grandi rispetto alle tipichedistanze cui si manifesta la struttura atomistica della materia), allora i livelli energetici accessibili aisingoli elettroni sono molto ravvicinati e si infittiscono all’aumentare del volume di confinamento. In altreparole: se L e grande, allora la quantita E1, che determina la spaziatura tra livelli adiacenti e definitanel Paragrafo 2.3.2, e molto piccola. Stante questa altissima densita di livelli non ha piu senso riferircial singolo stato, ma e piuttosto meglio indicato chiederci: quanti livelli energetici cadono nell’intervallodi energie [E,E + dE]. Precisiamo che la locuzione “livello energetico di energia E” equivale a: statoquantistico (o stato fisico) di energia E.

Per rispondere a questa domanda lavoreremo in uno spazio astratto in cui le coordinate corrispondonoai tre numeri quantici (n1, n2, n3), ricordando che il problema fisico impone che tali coordinate sianosolo numeri interi positivi. In questo spazio il numero di livelli energetici N(E) con energia compresanell’intervallo [0, E] e quello del numero di terne (n1, n2, n3) (corrispondenti a punti dello spazio astrattoin cui stiamo operando) contenuti nell’ottante sferico di raggio ξ =

√n2

1 + n22 + n2

3, dove abbiamo definitotale raggio in modo che E = ~2π2ξ2/2mL2. Possiamo adesso sviluppare il calcolo esplicito del numeroN(E)

N(E) =1

8

(4

3πξ3

)=

8πV

3h3(2m3)

12 E

32 (2.38)

dove abbiamo chiamato V = L3 il volume di confinamento. Da questo risultato ricaviamo immediata-mente il

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 20

numero di stati (o livelli) con energia nell’intervallo [E,E + dE]

dN(E) =4πV

h3(2m3)

12 E

12 dE (2.39)

Se adesso introduciamo la funzione g(E) tale che dN(E) = g(E)dE otteniamo la definizione della

densita di stati (o livelli) del gas di elettroni liberi ma confinati in tre dimensioni

g(E) =4πV

h3(2m3)

12 E

12 (2.40)

che rappresenta il numero di livelli (o stati) in un intorno infinitesimo dell’energia E. A volte risulteracomodo usare la

densita di stati (o livelli) per unita di volume del gas di elettroni liberi ma confinatiin tre dimensioni

D(E) =g(E)

V=

h3(2m3)

12 E

12 (2.41)

che ha la caratteristica di non dipendere dal volume del sistema considerato. La densita di stati e perunita di volume e rappresentata in Fig.3.12 col suo tipico andamento D(E) ∼ E 1

2 da cui si evince che piusi sale in energia, maggiore e il numero di stati disponibili. Questo fatto e ovviamente legato al numerocrescente di combinazioni di numeri quantici n1, n2 e n3 che si possono generare per ottenere lo stessovalore di energia, se tale valore e via via sempre maggiore.

2.6 Lo spin elettronico

Gia sappiamo che ogni elettrone possiede massa e carica elettrica. Evidenze sperimentali molto convin-centi (esperimento di Stern-Gerlach) dimostrano che (i) essi possiedono anche un momento magnetico eche (ii) il momento magnetico elettronico e quantizzato, ovvero puo assumere solo valori discreti. Sullabase di queste evidenze sperimentali si attribuisce dunque ad ogni elettrone un momento magnetico cherispetto ad una direzione spaziale qualsiasi puo assumere solo due valori possibili dati da

momento magnetico elettrone =

+ e~2m = e

m

(+ 1

2~)

− e~2m = e

m

(− 1

2~) (2.42)

Il termine tra parentesi rotonde ha le dimensioni di un momento angolare e viene chiamato

spin dell′elettrone s =

+ 12~ → spin up

− 12~ → spin down

(2.43)

Lo spin puo assumere solo due valori uguali in valore assoluto, ma opposti in segno: questa e la veraproprieta intrinseca dell’elettrone che, dunque, d’ora in avanti dovra essere considerata come una particelladotata di massa, carica e spin. Secondo l’eq.(2.42) ad ogni valore di spin e associato un preciso valore dimomento magnetico, tramite il quale un elettrone puo interagire con eventuali campi magnetici esterni.Inoltre, l’esistenza dello spin ci forza anche ad ammettere che, oltre alle interazioni coulombiane cheabbiamo gia considerato, esistano anche interazioni magnetiche tra elettroni. Esse possono assumere laforma (i) di interazioni tra dipoli magnetici elettronici (dette anche interazioni spin-spin) oppure (ii) diinterazioni tra dipoli magnetici elettronici e correnti atomiche13. E tuttavia dimostrato che le interazioni

13Ricordiamo che ogni corrente elettrica genera un campo magnetico. Questo accade anche per le correnti atomichedovute ai moti orbitali degli elettroni attorno ai nuclei di appartenenza.

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di tipo magnetico sono molto piu deboli di quelle coulombiane (di circa un fattore 103-104) e, dunque, inottima approssimazione noi assumeremo sempre che possano essere trascurate.

Pur trascurando le interazioni ad esso associate, lo spin gioca tuttavia un ruolo fondamentale nelladescrizione di un sistema di elettroni. Per dimostrare questo concetto, si consideri un semplice sistemadi due elettroni: per la meccanica quantistica esse sono due particelle identiche ed indistinguibili.Il fatto che siano indentici e semplicemente legato al fatto che essi sono due particelle con identicheproprieta intrinseche, ovvero: hanno stessa massa, carica e spin (in modulo). Questa e una caratteristicache si riscontra anche in fisica classica: si pensi a due palline sferiche di uguale raggio, massa e caricaelettrica. Le palline sono, tuttavia, classicamente distinguibili perche e possibile attribuire loro una precisaposizione nello spazio ad ogni istante di tempo fissato. Al contrario, agli elettroni descritti dalla meccanicaquantistica non e possibile attribuire una traiettoria e, dunque, non e possibile distinguerli sulla base dellaloro posizione spaziale. Si considerino anche due diversi stati quantistici di singola particella ψα e ψβ ,distinti tramite un opportuno insieme di numeri quantici chiamati collettivamente α o β. Per esempio,nel caso di elettroni liberi ma confinati in un volume tridimensionale, gli insiemi di numeri quantici αe β corrispondono a due diverse terne di numeri (n1, n2, n3). La funzione d’onda totale Φ che descrivel’insieme dei due elettroni dipendera, ovviamente, sia dalle loro coordinate sia da come ciascun elettronesi accomoda su uno stato di singola particella. Possiamo pensare di scriverla in due modi diversi, ovvero

Φ(~r1, ~r2) =

Cφα(~r1)φβ(~r2)

oppure

Cφα(~r2)φβ(~r1)

(2.44)

avendo indicato con ~r1 e ~r2 la posizione dei due elettroni e con C la generica costante da determina-re imponendo la condizione di normalizzazione. Questo risultato e insoddisfacente perche risulta che|φα(~r1)φβ(~r2)|2 6= |φα(~r2)φβ(~r1)|2 in contrasto col fatto che i due elettroni sono indistinguibili. In altreparole: entrambe le soluzioni proposte in eq.(2.44) sono inaccettabili perche descrivono una situazioneassurda in cui l’ampiezza di probabilita del sistema di due particelle indistinguibili cambia se si scambianole loro coordinate. Dobbiamo essere piu raffinati.

Come successivo tentativo possiamo immaginare di costruire la Φ come una combinazione lineare delledue funzioni date in eq.(2.44). Anche in questo abbiamo due possibilita

Φ(~r1, ~r2) =

C [φα(~r1)φβ(~r2) + φα(~r2)φβ(~r1)]

oppure

C [φα(~r1)φβ(~r2)− φα(~r2)φβ(~r1)]

(2.45)

dove C e il solito fattore da determinare imponendo la condizione di normalizzazione. Questa voltaentrambe le soluzioni godono della proprieta che le rispettive ampiezze di probabilita sono invariantiper scambio di coordinate ~r1 ↔ ~r2 e, quindi, rispettano il principio di indistinguibilita. Tuttavia, essedifferiscono per una caratteristica importante e precisamente

C [φα(~r1)φβ(~r2) + φα(~r2)φβ(~r1)] simmetrica per scambio ~r1 ↔ ~r2

C [φα(~r1)φβ(~r2)− φα(~r2)φβ(~r1)] anti− simmetrica per scambio ~r1 ↔ ~r2

dove “simmetrica” significa che non cambia segno per lo scambio di coordinate ~r1 ↔ ~r2, mentre “anti-simmetrica” significa che cambia segno per lo scambio di coordinate ~r1 ↔ ~r2 dei due elettroni. Ladistinzione tra carattere simmetrico o anti-simmetrico della funzione d’onda e un risultato generale dellameccanica quantistica che, sebbene qui ricavato nel caso specifico di due elettroni, vale per qualunquesistema di particelle identiche ed indistinguibili.

Sperimentalmente si verifica che (i) particelle con spin nullo o intero (s = 0 o ~) sono descritte dafunzioni simmetriche mentre (ii) particelle con spin semi-dispari (s = ~/2) sono descritte da funzionianti-simmetriche. Poiche noi siamo interessati al solo caso degli elettroni, concludiamo sulla base di tuttiquesti argomenti affermando il

principio di Pauli (prima forma): la funzione d’onda totale di un sistema di elettroni deveessere anti-simmetrica.

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Torniamo a considerare il caso del gas di N elettroni liberi, ma confinati, proponendoci l’obiettivo dicostruire la loro funzione d’onda totale in modo che correttamente rispetti il principio di Pauli. Classifi-cheremo i diversi stati di singola particella con i numeri quantici α, β, γ, · · · , ν corrispondenti ai diversipossibili valori della terna di numeri interi (n1, n2, n3) gia usati nel Paragrafo 2.5. La forma matematicadella una funzione d’onda totale Φ e data dal

determinante di Slater

Φ(~r1, ~r2, ~r3, · · · ) =1√N !

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣

φα(~r1) φα(~r2) φα(~r3) · · · φα(~rN )φβ(~r1) φβ(~r2) φβ(~r3) · · · φβ(~rN )φγ(~r1) φγ(~r2) φγ(~r3) · · · φγ(~rN )

......

.... . .

...φν(~r1) φν(~r2) φν(~r3) · · · φν(~rN )

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣

(2.46)

che gode di tutte le caratteristiche necessarie alla soluzione completa e rigorosa del nostro problema, ovve-ro: (i) descrive tutte le possibili permutazioni a coppie tra le N coordinate elettroniche {~r1, ~r2, ~r3, · · · , ~rN}e (ii) risulta globalmente anti-simmetrica. Mentre la prima caratteristica e data dalla definizione stessadi determinante, la seconda discende dalla sua proprieta matematica di cambiare di segno per scambio didue colonne che, come e facile convincersi, corrisponde proprio allo scambio fisico ~ri ↔ ~rj con i, j ∈ (1, N).

L’uso della forma determinantale di Slater per la funzione d’onda totale di un insieme di elettroni ciinsegna un’altra caratteristica fisica importante di queste particelle, ovvero

due elettroni non possono occupare lo stesso statoo equivalentementedue elettroni non possono avere tutti i numeri quantici identici.

Se cosı fosse, infatti, due righe del determinante risulterebbero identiche e, quindi, il determinante sarebbenullo: poiche come sappiamo non esiste alcuno stato fisico associato alla funzione d’onda identicamentenulla, concludiamo correttamente che e impossibile realizzare uno stato quantistico per questo insieme diN elettroni in corrispondenza del quale due elettroni hatto tutti i numeri quantici uguali. Se tuttavia oraricordiamo che per specificare completamente lo stato quantistico di ogni elettrone bisogna definire ancheil suo spin (cioe specificare se e tipo up oppure down), possiamo elaborare una formulazione alternativadel principio gia enunciato e proporre il seguente

principio di Pauli (seconda forma):su ogni livello discreto descritto dalla terna di numeri quantici (n1, n2, n3) possono al piuaccomodarsi due elettroni con spin opposto

come schematicamente illustrato in Fig.3.1314.E difficile sottostimare l’importanza di questo risultato: moltissime proprieta fondamentali dei se-

miconduttori relative alla loro struttura elettronica sono conseguenza del principio di Pauli, come verraampiamente discusso nel seguito. Sottolineiamo ancora una volta che tutte le proprieta discusse a pro-posito dello spin e della anti-simmetria della funzione d’onda di un sistema di elettroni non hanno alcunanalogo in fisica classica: possiamo quindi sin da ora anticipare che la struttura elettronica dei semicon-duttori (e, di riflesso, l’intero funzionamento dei dispositivi elettronici con essi realizzati) e determinatadalla meccanica quantistica.

2.7 La statistica di Fermi-Dirac

Per concludere questa breve presentazione della meccanica quantistica, dobbiamo affrontare ancora unultimo problema: come si distribuiscono gli elettroni sui diversi livelli energetici ad essi accessibili?.Riferiamoci ancora una volta al caso del gas di elettroni liberi, ma confinati: potremmo immaginare chegli elettroni si possano distribuire in modo casuale sui diversi livelli discreti, purche rispettino il principio

14E importante sottolineare che, coerentemente con quanto scritto sopra, abbiamo trascurato le interazioni magnetichetra spin.

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di Pauli. In realta la situazione e molto piu complessa e la risposta alla domanda posta dipende dallatemperatura a cui si trova il sistema.

2.7.1 Il gas di elettroni a temperatura nulla

Consideriamo un gas di elettroni liberi ma confinati in un volume tridimensionale, in equilibrio termicoalla temperatura T = 0 K. Dall’eq.(2.88) possiamo ricavare il numero dn di elettroni (dotati di spin) perunita di volume con energia nell’intervallo [E,E + dE]

dn = 2dN

V= 2

h3(2m3)

12 E

12 dE (2.47)

dove il prefattore 2 tiene conto del fatto che ogni terna di numeri quantici (n1, n2, n3) puo essere associataa due elettroni purche con spin opposto. Se chiamiamo con ntot il numero totale di elettroni per unita divolume, allora e ovvio che

ntot =

∫ EF

0

dn =8π

h3(2m3)

12

∫ EF

0

E12 dE =

16π

3h3(2m3)

12 E

32

F (2.48)

dove abbiamo indicato con EF l’energia del piu alto livello occupato da un elettrone quanto il sistema eT = 0 K; questa energia si chiama

energia di Fermi

EF =h2

8m

(3 ntotπ

) 23

(2.49)

ed e una proprieta fisica tipica di ogni materiale perche, come si evince dalla formula che la definisce, elegata alla sola densita volumetrica di elettroni ntot. Questa e una grandezza direttamente accessibile aduna misura sperimentale, per esempio di tipo elettrico.

Possiamo riassumere quanto ricavato sinora introducendo la funzione di distribuzione di Fermi-DiracfFD(E) che descrive la probabilita che uno stato ad energia E risulti occupato. Se il sistema elettronicoe a temperatura nulla allora vale la seguente

legge di distribuzione di Fermi-Dirac a T = 0 K

fFD(E) =

1 per E ≤ EF

0 per E > EF

(2.50)

In conclusione: a temperatura nulla tutti i livelli energetici con energia inferiore all’energia di Fermi sonooccupati da due elettroni con spin opposto, mentre tutti i livelli ad energia maggiore di quella di Fermisono assolutamente vuoti.

2.7.2 Il gas di elettroni a temperatura finita

Le modalita di riempimento dei livelli cambiano drasticamente portando il gas di elettroni alla tempera-tura T > 0 K. Consideriamo comunque solo situazioni di equilibrio termico alla temperatura assegnata.

Supponiamo che due generici livelli di energia E1 e E2 siano occupati con probabilita rispettivamentedate da fFD(E1, T ) e fFD(E2, T ). Poiche il sistema e all’equilibrio per le ipotesi assegnate, vale il principiodel bilancio dettagliato15 secondo il quale il numero di elettroni che in media compie la transizioneE1 → E2 nell’unita di tempo deve risultare uguale a quello che compie la transizione inversa E2 → E1.Queste transizioni possono ad esempio essere causate da collisioni elettrone-elettrone. Se consideriamola prima transizione, possiamo dire che il numero di particelle che compie una transizione nell’unita ditempo e dato dal prodotto tra il numero n1 di particelle che inizialmente occupano lo stato di partenza edil rateo di transizione R1→2 tra stato di partenza e stato di arrivo16. A sua volta, n1 e fornito dal prodotto

15Notiamo che questo principio altro non e che la versione microscopica della definizione di equilibrio termico.16La locuzione “rateo di transizione” vuol dire: probabilita di osservare quella transizione nell’unita di tempo.

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 24

tra il numero totale N di particelle del sistema e la probabilita fFD(E1, T ) di occupazione dello stato dipartenza quando il sistema e alla temperatura T . Le stesse definizioni (con le opportune modifiche neipedici che definiscono le suddette quantita) valgono anche nel caso della transizione inversa.

Conviene applicare inizialmente questi concetti al caso di un gas di particelle classiche: la formamatematica del concetto di equilibrio prende allora la forma di un bilancio dettagliato classico

fB(E1, T )RC1→2 = fB(E2, T )RC2→1 (2.51)

dove l’apice “C” sta ad indicare che per il momento stiamo calcolando i ratei in accordo alla fisicaclassica: per essi non esiste alcuna restrizione poiche su ogni determinato livello di energia si possonoaccumulare un numero arbitrariamente alto di particelle. Inoltre, la legge di distribuzione da usare equella classica di Boltzmann fB(E, T ) ∼ exp(−E/kBT ) che abbiamo introdotto nel Paragrafo 1.2.2. Daeq.(2.52) ricaviamo immediatamente che

RC1→2

RC2→1

=fB(E2, T )

fB(E1, T )=

exp(−E2/kBT )

exp(−E1/kBT )(2.52)

di cui faremo subito uso.Torniamo al caso del gas di elettroni: rispetto al caso classico appena discusso, dobbiamo introdurre

la nozione che quantisticamente una transizione puo effettivamente avvenire solo se lo stato di arrivonon e gia occupato, al fine di non violare il principio di Pauli. Quindi, esistono dei vincoli che devonoriflettersi nei ratei di transizione quantistici RQ1→2 e RQ2→1 che infatti risulta corretto definire come segue

RQ1→2 = RC1→2 [1− fFD(E2, T )] e RQ2→1 = RC2→1 [1− fFD(E1, T )] (2.53)

dove i termini tra parentesi quadre [· · · ] definiscono la probabilita che non siano occupati gli stati diarrivo nei casi delle due diverse transizioni. Se ora passiamo al

bilancio dettagliato quantistico

fFD(E1, T )RQ1→2 = fFD(E2, T )RQ2→1 (2.54)

ed introduciamo i ratei classici dati in eq.(2.53) otteniamo

RC1→2

RC2→1

=exp(−E2/kBT )

exp(−E1/kBT )=

fFD(E2, T )

fFD(E1, T )

1− fFD(E1, T )

1− fFD(E2, T )(2.55)

da cui ricaviamo

1− fFD(E1, T )

fFD(E1, T )exp(−E1/kBT ) =

1− fFD(E2, T )

fFD(E2, T )exp(−E2/kBT ) (2.56)

che sancisce l’uguaglianza tra due espressioni che dipendono unicamente dalla temperatura. Possiamopertanto porre ciascuna di esse uguale ad una identica espressione che anch’essa puo unicamente di-pendere dalla temperatura e che per convenzione si sceglie della forma exp(−µc/kBT ) dove µc e unacostante chiamata potenziale chimico, il cui significato fisico e definito nel seguito. Imponendo questauguaglianza ad entrambi i termini di eq.(2.57) si ottiene che per ogni valore di energia E

1− fFD(E, T )

fFD(E, T )exp(−E/kBT ) = exp(−µc/kBT ) (2.57)

da cui si ricava facilmente la legge di distribuzione valida per T > 0K, scritta in termini del potenzialechimico

fFD(E, T ) =1

1 + exp[(E − µc)/kBT ](2.58)

Questa legge non ha piu l’andamento a gradino in precedenza calcolato per T = 0K. In particolare,osserviamo che all’aumentare della temperatura l’intervallo di energie in corrispondenza del quale si os-serva lo “smussamento” della funzione a gradino diventa sempre piu ampio. Tuttavia, e facile dimostrareche il limite dell’espressione data in eq.(2.59) per T → 0K recupera esattamente la situazione descritta

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CAPITOLO 2. ELEMENTI DI MECCANICA QUANTISTICA 25

dall’eq.(2.51) purche si ponga

limT→0

µc = EF (2.59)

ovvero purche si identifichi l’energia di Fermi con il valore a temperatura nulla del potenziale chimico.Inoltre, µc adesso assume un preciso significato: lo stato ad energia µc e quello che ha sempre probabilitadi occupazione pari ad 1/2.

In generale, il potenziale chimico e una funzione della temperatura, come implicitamente assuntoscrivendo l’eq.(2.60). Tuttavia, nella maggior parte dei problemi di fisica dei semiconduttori cui saremointeressati tale dipendenza e molto debole e, pertanto, noi trascureremo la dipendenza µc = µc(T ) eassumeremo che il potenziale chimico sia una costante, identificata con il valore dell’energiadi Fermi EF . Sotto questa ipotesi possiamo riscrivere l’eq.(2.59) nella forma che utilizzeremo sempreper la

legge di distribuzione di Fermi-Dirac

fFD(E, T ) =1

1 + exp[(E − EF )/kBT ](2.60)

scritta in termini dell’energia di Fermi: il suo andamento grafico e riportato in Fig.3.14 per diversi valoridella temperatura.

Possiamo ora estendere il risultato di eq.(2.48) al caso del gas di elettroni a temperatura finita:bastera semplicemente definire il numero dn(T ) di elettroni (dotati di spin) per unita di volume conenergia nell’intervallo [E,E + dE] come

dn(E, T ) = fFD(E, T ) dn =8π

h3(2m3)

12

E12

1 + exp[(E − EF )/kBT ]dE (2.61)

e ricavare con una procedura simile a quella seguita nel Paragrafo 2.5 la

densita di stati (o livelli) per unita di volume del gas di elettroni a temperatura T

D(E, T ) =8π

h3(2m3)

12

E12

1 + exp[(E − EF )/kBT ](2.62)

il cui andamento e riportato in Fig.3.15.E interessante notare che a temperatura T > 0K alcuni elettroni si trovano ad occupare un certo nume-

ro di livelli con energie superiori a quella di Fermi. Naturalmente questo comporta che un corrispondentenumero di livelli ad energia inferiore a quella di Fermi si e spopolato: questo e ovvia conseguenza delfatto che non si possono ne creare ne distruggere elettroni semplicemente scaldando il sistema. Quindi,si dice che la temperatura ha promosso un certo numero di transizioni da stati elettronici posti al disotto dell’energia di Fermi a stati elettronici posti al di sopra di essa. Questo fenomeno riveste un’im-portanza fondamentale per il funzionamento di qualunque dispositivo microelettronico a semiconduttore,stante che essi operano sempre a temperatura maggiore dello zero assoluto. Il fenomeno viene chiamatoeccitazione termica degli elettroni.

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Capitolo 3

Figure

sorgente di

particelle α

αparticelle

incidenti

sottile lamina

metallica

traiettorie a piccola

deviazione

traiettoria ad alta

deviazione

traiettorie

retro-diffusa

Figura 3.1: Sinistra: schema concettuale dell’esperimento di Rutherford. Destra: il modello di “atomonucleare” (o planetario) che spiega i tre tipi di traiettorie osservati.

acceleratore

di elettroni

fascio

elettroni

incidenti

fascio elettroni

diffratti

rivelatore

mobile

θ

d.d.p. di

accelerazione

inte

nsità fascio

diffr

atto

54 V

massimo osservato

all'angolo di diffrazione

θm = 50◦

cristallo di

nickel

θ

cristallo di

nickelpiani cristallini

ϕ

fascio elettroni

diffratti

fascio

elettroni

incidenti

Figura 3.2: In alto a sinistra: schema concettuale dell’esperimento di Davisson e Germer. In alto a destra:tipica misura di intensita del fascio diffratto. In basso: interpretazione atomistica della condizione diBragg.

26

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CAPITOLO 3. FIGURE 27

cato

do a

nodo

generatore

d.d.p.

interruttore

Gtubo a vuoto

differenza di

potenziale V

intensità fotocorrente

radiazione ad alta intensità

radiazione a bassa intensità

potenziale

di arresto

correnti di

saturazioneradiazione

elettromagnetica

anodo

cato

do

fotone incidente velocità iniziale

elettrone

fotoemesso

traiettoria

elettrone

fotoemesso

campo

elettrico

anodo

cato

do

fotone incidente

velocità iniziale

elettrone

fotoemesso

traiettoria

elettrone

fotoemesso

campo

elettrico

apparato in condizioni di

polarizzazione diretta V>0

apparato in condizioni di

polarizzazione inversa V<0

Figura 3.3: In alto a sinistra: schema dell’apparato per la misura dell’effetto fotoelettrico. In alto adestra: tipica caratteristica tensione-corrente misurata per questo apparato in due diverse condizioni diirraggiamento ad alta e bassa intensita. In basso: illustrazione qualitativa delle traiettorie degli elettronifotoemessi in polarizzazione diretta (sinistra) e inversa (destra).

altissima probabilità

di presenza

media probabilità

di presenza

bassa probabilità di

presenza

Figura 3.4: Illustrazione pittorica del significato fisico di eq.(2.13): le diverse densita di colore corri-

spondono a valori diversi di |ψ(~r)|2 d~r e definiscono quanto sia localmente probabile trovare un elettronecontenuto nel volume rappresentato in figura.

xL0

+∞ +∞

n = 1

n = 2

n = 3

n = 4

n = 5

E2 = 4E1

E3 = 9E1

E4 = 16E1

E5 = 25E1

E1 = !2π/2mL2

ψ(x) ∼ sin(nπ

Lx)

ψ(x) = 0ψ(x) = 0

Figura 3.5: Sinistra: buca di potenziale a pareti infinite. Sinistra: livelli energetici per i primi 5 staticonfinati.

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CAPITOLO 3. FIGURE 28

funzione d'onda ampiezza di probabilità

di presenzaprobabilità di presenza

Figura 3.6: Rappresentazione della funzione d’onda ψn(x) (sinistra), dell’ampiezza di probabilita dipresenza |ψn(x)|2 (centro) e della nuvola di probabilita di presenza |ψn(x)|2dx (destra) per i primi trestati confinati (n = 1, 2, 3) di un elettrone in una buca di potenziale a pareti infinitamente alte. Si notiche le scale di rappresentazione di ψ(x) e di |ψ(x)|2 sono diverse per comodita di rappreentazione, mentrela stessa convenzione di Fig.3.4 vale per la rappresentazione della nuvola di probabilita di presenza.

AlGaAs AlGaAsGaAs

pozzo quantico

primo stato

confinato n=1

secondo stato

confinato n=2

iniezione elettroni

nel pozzo

decadimento

n=2 n=1

emissione di un fotone

di energia E2-E1

Figura 3.7: Struttura concettuale di un laser a pozzo quantico.

x0

V0

elettrone incidente

E < V0

x0

sovrapposizione di un'onda

progressiva e una regressivaonda evanescente

x0

probabilità costanteprobabilità

decrescente

Figura 3.8: Sinistra: un elettrone incide contro un gradino di potenziale. Centro: corrispondente funzioned’onda . Destra: corrispondente probabilita di presenza dell’elettrone.

0

sovrapposizione di un'onda

progressiva e una regressiva

onda

evanescente

L x

onda progressiva

regione 1 regione 2 regione 3

V0

Figura 3.9: Funzione d’onda di un elettrone che incide da sinistra contro una barriera di potenziale conenergia E < V0.

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CAPITOLO 3. FIGURE 29

V0 2V0 3V0 E

1

barriera perfettamente trasparente

classicamenteclassicamente

T = 0 T = 1

T(E)

Figura 3.10: Coefficiente di trasmissione di una barriera di potenziale V0 in funzione dell’energia E di unelettrone incidente. Le frecce individuano le energie di incidenza in corrispondenza delle quali la barrierae perfettamente trasparente (T=1). Per confronto sono riportati i soli due casi previsti dalla fisica classica.

+

_

campione

microscopio TEM

punta TEM

direzioni di scansionamento

scansionamento

punta TEM

superficie del

campione

+

_

corrente

di tunneling

posizione

punta

Figura 3.11: Schema di un microscopio ad effetto tunnel (sinistra) ed esempio di una immagine ditopografia superficiale di un campione cristallino (destra).

D(E)

E

dE

D(E)dE

E

area =

∼ E12

Figura 3.12: Densita di stati per un gas di elettroni liberi, ma confinati. L’area indicata descrive il numerodi stati che cadono in un intervallo infinitesimo di energie [E, E + dE].

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CAPITOLO 3. FIGURE 30

energia degenerazione

del livello

3E1

6E1

9E1

11E1

12E1

1

3

3

31

occupazione livelli

T=0K

Figura 3.13: Schema di occupazione alla Pauli dei livelli di energia per un gas tridimensionale di elettroniliberi, ma confinati. La configurazione di spin up e indicata con la freccia ↑, quella di spin down con lafreccia ↓. Ricordiamo che E1 = ~2π2/2mL2.

fFD(E, T )

EEF

T = 0 K

T = T1 > 0 K

T = T2 > T1

1

1

2

0

Figura 3.14: Legge di distribuzione di Fermi-Dirac a T = 0 K (linea tratteggiata sottile) e a T > 0 K(linea piena e tratteggiata spessa).

E

D(E, T )

EF

stati svuotati

stati popolati

T > 0 K

Figura 3.15: Numero di elettroni per unita di volume in funzione della loro energia E in un gas di elettronialla temperatura T > 0 K. Le aree delle due regioni indicate corrispondono al numero di stati svuotati epopolati per effetti dell’eccitazione termica. Esse sono uguali perche il numero di elettroni si conserva.

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Capitolo 4

Bibliografia

1. M. Alonso, E. J. Finn, Fundamental University Physics vol.III (Addison-Wesley Publishing Co.,1968)

2. R. Eisberg, R. Resnick, Quantum physics of atoms, molecules, solids, nuclei, and particles (JohnWiley & Sons, 1974)

3. L. Solymar, D. Walsh, Electrical properties of materials (Oxford Science Publishing, 1999)

4. D. A.B. Miller, Quantum mechanics for scientists and engineers (Cambridge University Press, 2008)

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