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Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46), Art. 1, comma 1, DCB-Modena 4,00

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Direzione, redazione, pubblicità, amministrazioneEnte Nazionale Circhi - Via Garbini 15, 37135 VeronaTel. 045-500682 - Fax 045-8233483Registrazione Tribunale di Livorno n. 344 del 25.5.1980Pubblicità Inferiore al 45%Progetto grafico La Cage aux Folles ModenaFotolito e Stampa Italiana Produzioni - Castelfranco EmiliaAbbonamento 2007Italia: 30 euro; estero: 40 euro.Versamento sul ccp di Verona 55814610 (specificando la causale)Intestato a: Ente Nazionale Circhi,Via di Villa Patrizi 10, 00161 Roma.Tutti i diritti di proprietà sono riservati.Fotografie e manoscritti non richiestinon saranno restituiti.

CircoWeb Site: www.circo.it - E-mail: [email protected] serie - Anno XL - N. 1 Gennaio 2008Direttore responsabile Egidio PalmiriRedazione Alessandro Serena, Claudio MontiCollaboratoriSerena Bassano, Roberta Battistin,Dario Duranti, Roberto Fazzini, Antonio Giarola,Luciano Giarola, Jordì Jané, Michele Laganà, Ruggero Leonardi, Massimo Malagoli,Flavio Michi, Francesco Mocellin, Alessandra Litta Modignani, Ettore Paladino.Con la collaborazione diCircus Zeitung (Germania)Circus Planet (Germania)

Editorialedi Egidio Palmiri p. 4

Commissioni ministerialidi Francesco Mocellin p. 6

Una tigre per amoredi Ruggero Leonardi p. 8

A Monte Carlodi Flavio Michi p. 12

Dimitri, clown poeticodi Massimo Locuratolo p. 16

La saga dei Fratellinidi Rocco Maggiore p. 20

Storie in pistadi Maria Vittoria Vittori p. 24

Pantomime animalidi Antonio Giarola p. 26

SOMMARIO

In copertina: Il Festival di Monte Carlo (pag. 12)

Perplessità animaliste di Palmiri. Il disagiodelle Commissioni ministeriali raccontatedall’interno. Una tigre per amore l’ultimaproduzione di Walter Nones e Moira Orfei. Lenumerose iniziative di Monte Carlo, reamedel circo. Dimitri, il clown poetico, raccontatoda Massimo Locuratolo. L’eternità finalmentecomincia un lunedì è il libro scelto da MariaVittoria Vittori. Continua l’analisi delle pan-tomime animali di Antonio Giarola, su docu-menti del CEDAC.

Perplessità animaliste di Palmiri. Il disagiodelle Commissioni ministeriali raccontatedall’interno. Una tigre per amore l’ultimaproduzione di Walter Nones e Moira Orfei. Lenumerose iniziative di Monte Carlo, reamedel circo. Dimitri, il clown poetico, raccontatoda Massimo Locuratolo. L’eternità finalmentecomincia un lunedì è il libro scelto da MariaVittoria Vittori. Continua l’analisi delle pan-tomime animali di Antonio Giarola, su docu-menti del CEDAC.

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Per non incorrere eccessivamente nel bailamme dellaposta natalizia, siamo costretti a stampare la Rivistaprima di conoscere l’esito delle feste natalizie per inostri circhi. Un periodo peraltro segnato da notiziepreoccupanti che non ci lasciano indifferenti.Sia i telegiornali che i quotidiani dedicano ampio spazioai rincari che avvengono settimanalmente, non solo perquanto riguarda le fonti energetiche, ma anche deigeneri alimentari, e questo è ciò che preoccupa mag-giormente. A rincarare non sono solo gli alimenti dilusso come pesce, caviale ed altro, ma quelli di basecome la pasta, il latte e persino il pane. Gl’industrialidella pasta giustificano l’aumento affermando che ilcosto del grano duro è aumentato enormemente, eanaloga spiegazione viene messa in campo daipanettieri per ciò che concerne lafarina. Le spese degli italianiper le feste pare sianoinferiori agli anniprecedenti e siritiene che lariduzione pos-sa interessarei viaggi e prin-cipalmente i re-gali. Pur non ri-nunciando ad unatradizione che forse risaleal secolo precedente, ci si limitaa doni semplici e per la maggior parteutili.Penso non sia difficile immaginare il motivo di questalunga premessa: nella situazione che ho appena de-scritto, è difficile pensare di eguagliare gli incassi natalizidi qualche decennio fa. Tolto il 26 e il 31 dicembre, ilprimo gennaio e l’Epifania, quasi sicuramente il “pieno”

non ci sarà.Non è mia abitudine vedere il “bicchiere mezzovuoto”, ma nemmeno illudermi sperando neicasi eccezionali. Questa mia convinzione nonmi colloca tra i pessimisti ma solamente tracoloro che constatano la situazione quale re-almente è, senza farsi illusioni. Con mezzo secolodi esperienza sulle spalle, si è maggiormenteallenati ad analizzare gli aspetti negativi e quelli

positivi, traen-do conclusioni

che possono es-sere anche sbagliate

(magari sbagliassi inquesto caso!) ma sicuramente

senza il rischio di confondere la realtàcon le illusioni, con le speranze infondate e i miracolia buon mercato, anche se – quelli veri – possono sempreaccadere.Queste mie argomentazioni hanno anche lo scopo dismentire quanto si afferma sul sito internet della sezioneromana dell’Enpa, secondo il quale i circhi con animalisarebbero tutti prossimi al fallimento, tenuti in vita solodai “lucrosi contributi elargiti dal Ministero per i Benie le Attività Culturali”. Basterebbe questa affermazioneper comprendere la fantasia dell’autore di questi pen-sieri, che non cito solo perché, così facendo, assecon-derei il suo scopo. Infatti chi ha scritto quelle paroleè un “Quisque de populo”, così lo definirebbero i latini,cioè una persona qualunque che forse cerca di emergeree richiamare l’attenzione con argomenti forti. Evidente-

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di Egidio Palmiri

Egidio Palmiri

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mente, oltre che disinformato, costui è anche scarsissimoin matematica. Infatti riferisce che l’ammontare delcontributo assegnato ai circhi è di duemilioni di euro.Poiché i circhi che sono assegnatari dei contributi sonooltre ottanta - tra i quali tre di prima categoria – comesi può parlare di “lucrosi contributi”? Una calcolatricedovrebbe essere alla portata di tutti e così anche undizionario della lingua italiana, che alla voce lucrarecosì recita (De Mauro): “Ricavare un utile, ottenere unguadagno, spec. illecitamente”. Per inciso, l’articolodell’Enpa l’abbiamo sottoposto ad un parere legale evaluteremo se tutelarci nelle sedi opportune.Sono molte altre le perle di informazione faziosa cheil sito internet cerca di divulgare, fra queste le numerosecondanne per maltrattamento degli animali che sisarebbero abbattute sui circensi. Ma forse non è uncaso che non ne venga citata nemmeno una, perché –com’è risaputo – tutte le denunce fatte dagli animalistisi sono risolte con assoluzioni perché il “fatto nonsussiste”.

Si sostiene, poi, che l’Accademia del Circo riceve uncontributo pur avendo “pochissimi allievi”. In realtà gliallievi dell’Accademia sono tanti, al punto che si èformata la lista d’attesa e purtroppo le strutture precarieattuali non ci consentono di ospitare più di 60 allievidi Verona.Infine, sostiene il solito “Quisque de populo”, staremmoassistendo ad una considerevole diminuzione di spet-tatori, conseguenza dello sbarco del “Cirque du Soleilnel nostro Paese”. Sarà davvero così, oppure c’entreràqualcosa il fatto che ben 16 circhi italiani (tra i qualidue dei principali) hanno agito per oltre otto mesiall’estero, diminuendo così la media degl’incassi? Maforse è troppo chiedere tanta logica applicata al“Quisque de populo” in questione. Mentre scrivo siamoprossimi al Natale, giorni che richiamano le buoneazioni, i sentimenti fraterni e gli alti e nobili pensieri.Non vale certo la pena infrangere la regola per abbassarsiai bassifondi in cui prospera certa disinformazione.

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Assemblea generale EncParticolarmente importante l’assemblea generale dell’EnteNazionale Circhi che si tiene il 21 febbraio 2008 pressola sede dell’Agis nazionale in Roma, via Di Villa Patrizi,10. E’ fissata per le ore 9 in prima convocazione e perle ore 10 in seconda e fra gli argomenti all’ordine delgiorno figurano temi di estrema attualità e rilevanza perl’Associazione:1) Relazione del Presidente2) Dibattito sulla relazione3) Modifica allo Statuto4) Approvazione bilancio consuntivo 20075) Approvazione bilancio preventivo 20086) Dimissioni del Presidente7) Elezioni alle cariche Sociali8) Varie ed eventuali.Le candidature alle cariche sociali dovranno pervenirealla segreteria dell’Ente Nazionale Circhi, via Garbini, 15(37135 Verona), entro il 14 febbraio 2008.“Vista l’importanza di questa Assemblea durante la qualesi delibereranno norme inerenti l’avvenire del Circoitaliano, la partecipazione dovrebbe essere totale. Il mio

personale invito è quello di far sì che l’assemblea del21 febbraio 2008 possa essere quella con il maggiornumero di partecipanti”. Con queste parole il presidenteEgidio Palmiri si è rivolto agli associati nella lettera diconvocazione, proprio per rimarcare la particolare sca-denza che tocca da vicino tutto il settore. Il livello dipartecipazione alle assemblee dell’Ente è sempre statoalto, ma questa volta Palmiri chiede di fare l’enplain.

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In Italia il sistemain vigore persostenere lospettacolo dalvivo – e, nel casodi specie il circo –è noto. E’ previstauna serie di assegna-zioni di somme a diversotitolo e secondo diversi criteri ma

che sostanzialmente non si discostadalla via maestra di sempre, tipicamente italiana,ovvero quella della contribuzione “a pioggia”.In sostanza, senza tediare nessuno con disquisizionipiù o meno tecniche, il sistema di finanziamentodel circo nel nostro paese prevede a tutt’oggil’accorpamento con i cosiddetti spettacoli viaggianti(ovvero il classico “Luna Park” itinerante) e l’ero-gazione da parte del Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali di contributi per la mera attività svolta inItalia, per quella all’estero in caso di tournée, peril rinnovo delle attrezzature, per il ristoro delle imprese

vittime di eventifortuiti e per leattività promo-zionali, assi-s tenz ia l i ed

educative.L’attribuzione delle

somme stanziate passaattraverso il vaglio della

Commissione Consultiva insediataa tal fine e costituita da esperti del settore

svincolati da interessi diretti e presieduta dal DirettoreGenerale dello Spettacolo dal Vivo. Al Comitato – compostoinvece da rappresentanti delle categorie professionali –spetta una sorta di facoltà di indirizzo relativamente airispettivi settori.Le insufficienze del sistema così com’è strutturato sononote e segnalate da gran tempo da più parti, nel nostrocaso soprattutto dal presidente Palmiri. Non va dimenticatoche la quota del Fondo Unico dello Spettacolo riservata alcirco e agli spettacoli viaggianti è pari a meno di un puntopercentuale. Ciò posto, gli importi stanziati – soprattutto per

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di Francesco Mocellin

Clown d’Oro per il Medrano a Montecarlo: successi all’estero, pratiche inevase in Italia

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quel che riguarda l’attività svolta in Italia, che resta la vocepreponderante - finiscono per essere una sorta di regaliache non serve né a risolvere i problemi di un’impresa né afarli emergere in modo ancor più distinto. Il peso del criterioqualitativo – sempre difficoltosa da calcolare ma determinantevisto che siamo in tema di performing art – risulta ancoranon sufficientemente rimarcato determinando alcune di-screpanze evidenti nell’assegnazione dei contributi in dannosoprattutto dei complessi di maggior prestigio e più attential livello del prodotto offerto agli spettatori.E’ ovvio che l’impostazione più corretta e funzionale all’effettivosostegno del “sistema circo” sarebbe la politica degli sgravifiscali della semplificazione burocratica e della facilitazioneregolamentare – in modo reale e generalizzato – volti acoprire l’intero arco dei bisogni di un’impresa, dalle aree alcarburante, dalle assicurazioni all’assunzione di personaleed artisti fino alla detenzione degli animali: solo in questomodo si permetterebbe davvero alla qualità di emergere eal mercato di fare una sana selezione. Se uno Stato modernodecide di sostenere le attività dello spettacolo – che sonopur sempre di natura imprenditoriale – ritenendole meritevolidi tutela, perché mai “regalare” del denaro – poco e maldi-stribuito – anziché rendere davvero più leggero il camminodelle imprese? Invece, quella che sembra essere la piùelementare delle prospettazioni e la più corretta e funzionale

delle svolte – più volte sollecitata da gran parte dei direttiinteressati e dal presidente dell’organizzazione di categoria– è rimasta sempre lettera morta: sono passati decine digoverni e altrettante riforme abbozzate ma il sistema dellacontribuzione a pioggia è sempre lì, apparentemente ina-movibile, forse proprio perché rappresenta uno dei tantispecchi della vera natura del nostro paese. Se a ciò siaggiungono alcune incongruenze nei settori delle tournéeall’estero o nella nebulosa galassia delle attività promozionali,il quadro sarà completo.Non possono essere dimenticati, poi, alcuni risvolti del sistemain atto. Ad ogni cambio di governo la sorte delle Commissioniresta sospesa a tempo indeterminato con conseguenzeimmaginabili sotto il profilo pratico: nel caso del circo l’ultimariunione dell’organo consultivo risale al mese di maggio delloscorso 2007. Da allora nessun segnale di vita.In questo panorama un po’ fosco mi piace rimarcare lostupore che si ingenera invariabilmente in qualche amicoo addetto ai lavori straniero – ancor più se proveniente dalNord Europa o da oltre oceano – quando cerchiamo dispiegargli che in Italia una compagnia teatrale che raggranellapoche centinaia di spettatori nell’arco di una tournée –oppure tre diverse produzioni della stessa opera lirica nellamedesima stagione – vengono tutte finanziate dallo Statoper il solo fatto di esistere.

Gli elefanti del Circo Americano

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di Ruggero Leonardi

Stefano Orfei, Brigitta Boccoli e Bianca

Il nuovo spettacolo di Moira Orfei

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Narrazione che sia spettacolo, spettacolo che sia narrazione.Questa la via tentacolare che si apre, ai giorni nostri, achi voglia fare un circo definibile come “contemporaneo”non per deificare una etichetta attraverso la quale farpassare – come spesso si vede - ogni forma di intruglioe di mistificazione, ma per combattere la propria eternabattaglia sulle piazze con armi culturali aggiornate. Ed èvia che può passare per la favola, come nel caso dellospettacolo del Circo di Moira Orfei Una tigre per amore,in cartellone a Milano, e poi a Roma, e poi Palermo, e poialtrove senza fermarsi mai.Pare l’ovvio, a chi pensa che favola e circo siano in fondola stessa cosa. Sempre di “roba per bambini” si tratta, ono? No, invece, e per due ragioni fondamentali. La primaè che né l’uno né l’altra sono soltanto “roba per bambini”,benché purtroppo ci sia chi lo crede anche nel mondo delcirco. La seconda è che non sono affatto la stessa cosaanche se – volendo esercitarsi in uno studio che vada allaricerca di radici lontane – si potrebbero recuperare“materiali” buoni per l’uso in entrambe le realtà creative.Chi pensa alla favoletta tutta fatta di vellutini è fuori strada.Nulla è più prosaico della fiaba se si guarda alle origini

popolari. I Sette Nani che ci fanno rimescolare di simpatiaumana nella storia di Biancaneve narrata da Disney, sonostati ispirati ai fratelli Grimm da antiche storie di minatoridi piccola statura, spesso bambini, adoperati per andarea scavare in miniera nei pertugi più stretti. E per Andersennon c’è utensile domestico, dall’ago di sacco al vasettosbrecciato, che non sia buon materiale per la sua favolistica.E certo si può dire che il cavallo di circo e il cavallo dellafiaba siano accomunati da quel prodigio di trasfigurazioneche è il fenomeno d’arte. Però il cavallo del Principe Azzurrola cacca non la fa mai, mentre quello del circo spessonon si fa riguardi neanche in pista.Un esempio prosaico, che però ci conduce in unlampo alla differenza fra il circo senza aggettivi eil Cirque du Soleil. Che nello sforzo, spesso lodevole,di realizzare un’idea di circo pur con materiali umaniautentici rinuncia però (per questa ragione, e nonper far piacere a Pecoraro Scanio!) al materialeanimale così da ottenere un quadro il più possibileperfetto, magari un Toulouse Lautrec in movimento.Il circo classico, invece, sa che deve venire a patticon la corporalità anche quando si cimenta con la

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Brigitta e il corpo di ballo del Moira

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favola e, di necessità, molto molto costruire sulle duesponde per ottenere un equilibrio accettabile.Walter e Moira la favola se la sono ritrovata in carovana,per la scintilla scaturita fra il figlio Stefano e la non circenseBrigitta Boccoli (un idillio, almeno quando nasce, è semprealimento per le favole...), e su questa hanno molto moltocostruito. Vero è che già in spettacoli precedenti, ispiratia una certa idea di musical, si erano avventurati allaricerca di un leitmotiv che funzionasse da cerniera nontradizionale fra un numero e l’altro. In questa occasione,però, il passaggio verso una rinnovata teatralizzazione del“tutto” si è avvalsa, a rimarcare la novità, di figure provenientida altre esperienze. E parlo di Francis Demarteau, producer-coreographer belga con alle spalle un bel mazzetto di

Holiday on Ice e altri show, e Cinzia Berni, che haintrodotto in pista un fervido mestiere appreso (fral’altro) da Garinei e Giovannini firmando lo spettacolocome autrice e regista.Ero in apprensione – qui lo confesso – pensandoal rischio che comportano certe commistioni teatro-circo su una pista prepotente quale è, e sempresarà a mio avviso, quella circense. Poi la musicaè iniziata, Stefano Nones a cavallo e Brigitta Boccolisul trapezino hanno incominciato a innamorarsi,e mi è apparso un ottimo segnale circense il fatto

che fin dal principio nascesse una promessa di nozze nonsolo fra un uomo e una donna ma anche fra due “attrezzi”classici come il cavallo e il trapezio. Infatti poi lui scompare(provvisoriamente) ma il circo resta egemone, e in ogniangolo di circo si intrufola la bella per cercare il suoprincipe: cominciando da quello in cui il clown Gyula èintento a scopare via il suo raggio di luna e perseverandoin tanti altri numeri che si avvicendano. Brigitta Boccoli– questo le va riconosciuto - mostra buon adattamento alnon facile ruolo di essere “esterna” e “interna” al tempostesso: ricordare al pubblico, in altre parole, che attraversodi lei si eterna la Love Story e simultaneamente inserirsicon buona accettazione nel gioco del circo evitando lostridore del corpo estraneo.Lo spettacolo corre spedito in un susseguirsi di numeri iquali, anche quando non definibili come originali, appaionosempre in concordanza – grazie all’apparato coreografico,alle musiche per l’orchestrina composte da OsvaldoCamahue, a tanti accorgimenti di regia sottolineati dallaconduzione di Giorgio Vidali. Si parte a buona andaturacon i Wulber al trampolino elastico (un buon triplo saltomortale che non guasta mai) e poi già si gradisce unaumento di ritmo prodotto dai sei cavalli arabi condotticon mosse danzanti da Gerd Kock. Quando entrano iKalachev, si ha l’impressione di un romantico rallentamentosp

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Il principe Stefano e la principessa Brigitta

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per dare vita a un passo a due sulla corda, ma l’improvvisoavventarsi sulla corda di un cagnolino sbucato dallabarriera ci fa ritrovare all’improvviso nel vortice di una diquelle pantomime con animali di cui i russi detengonofiera tradizione. Morbida parentesi orientale con i cammelliguidati da Freddy Perris e poi l’esibizione dei pappagallidi Alessio – un artista non per caso convocato a Montecarlo,di cui ci occuperemo in maniera più approfondita in unodei prossimi numeri – che offrono il raro spettacolo delvolo variopinto di are sulla testa degli spettatori. Lagiocoliera Sirley Dean è una donnina piccola, da chiedersicosa ci fa tutta sola in mezzo alla pista. Ma quando giocolacon mattoncini e cappelli evocando (in chi ha l’età perricordare) Bela e Kris Kremo, nessuno se lo chiede più.È figlia di Don Martinez, che a Montecarlo dopo un triploe mezzo al trapezio volante si accomiatò dal pubblicosulla pista con un doppio quasi da fermo, e ha in corpol’argento vivo paterno. Ha preso il suo posto per scadenzadi contratto, fin da Milano, Vladimir Malachikini, giovaneverticalista il quale appare in piena sintonia con la favolainseguendo i suoi esercizi con un corpo che par quasifluttuare entro una vasca. Il suo compasso di gambetraccia un segno che rimane un po’ sospeso nell’aria, agliocchi di chi sa ben guardare, anche a esercizio terminato.Stefano conclude la prima parte con i suoi elefanti (con

un africano e un indiano testa a testa a far da vedettesperchè si noti la differenza fra le due specie!) ma rientrasubito dopo l’intervallo perché deve andare a nozze conBrigitta. Ovviamente si celebra in gabbia, in un numeroadattato per l’occasione ma non propriamente sfalsatorispetto a quello che vinse l’argento a Monte Carlo perché–dicevamo- la Boccoli in gabbia non sta come un oggettomisterioso ma come una donna così ansiosa di condividerela vita dello sposo da prendere i felini anche per la coda.L’uscita di scena della nuova coppia in motocicletta contigre dentro il sidecar e testa languidamente adagiatasullo sposo, mentre l’orchestra esegue arrangiamenti dallemusiche di Walt Disney (il più grande favolista del secoloscorso!), sottolineate dalle movenze di un balletto venutoda Mosca, costituisce il momento alto della narrazione.Che poi si mantiene a livello adeguato verso il festeggia-mento finale attraverso un numero di clownerie con sorpresaa suon di xilofono, un numero d’alta scuola con lo sposoa cavallo (ma non senza la sposa), il numero al trapeziovolante dei Wulber (un buon triplo non fa mai male).Questo è l’ultimo prodotto di un circo che da 44 anni nonchiude mai. Fa qualche sosta, talvolta, ma solo per darsiuna nuova ricarica. Un fattore da non sottovalutare, apensarci: è anche dalla continuità che possono nascererisultati ambiziosi, come in questo caso.

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Jula Sali e Poppea

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Francesco

MonteCarlodi Flavio Michi

Capitale del Circo

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Monte Carlo conferma il proprio ruolo di reame del circo. Nonsolo per gli spettacoli di competizione della più importantemanifestazione circense del mondo, ma anche per i semprepiù numerosi appuntamenti paralleli dedicati al circo durantela prestigiosa kermesse. Eccone i dettagli.Gli ormai classici parata e spettacolo all’aperto avranno luogosabato 19 gennaio a partire dalle 14.30 al Port Hercule, coni clown Grandma, Donimo e i Martinis, la sfilata delle otarie,degli elefanti, dei cavalli e degli artisti Minasov, Duo Flash, iBikers e il Balletto Matelot. Tutto accompagnato dall’orchestradel Festival diretta da Reto Parolari.La celebrazione ecumenica sotto lo chapiteau in presenza dinumerosi artisti si terrà invece lunedì 21 gennaio alle 19.La sfida amichevole di calcio fra la squadra di SAS il PrincipeAlberto “ Les Barbagiuans2 ” e la squadra internazionale delfestival si terrà allo stadio di Cap d’Ail, lunedì 21 alle 20.30con entrata libera.Una mostra di foto di circo e di decorazioni sul tema arricchiràle vetrine dei commercianti della città nell’ambito del “Concorsodella Vetrina del 32° Festival”.Una mostra di manifesti di film ad ispirazione circense saràallestita per tutta la durata del Festival nel Foyer del TeatroPrincesse Grace. Un’altra mostra, questa volta fotografica,riguarda “L’epoca d’oro del Circo Americano” di Frederick W.Glasier, organizzata dal museo dell’arte di John and MableRingling, Sarasota, Florida, USA, esposta il 18 e 19 gennaioall’Auditorium Ranieri III.C’è anche una terza esposizione, ed è commerciale, relativaa merce da affittare o noleggiare per le imprese circensi,indirizzata prima di tutto ai professionisti del settore, maanche agli amici del circo e a tutti gli appassionati, che saràallestita il 18 e 19 gennaio all’Auditorium Ranieri III dalle 10alle 19. E’ inoltre prevista una retrospettiva con proiezione difilm dedicati al circo al Teatro Princesse Grace. Si tratta di tregrandi classici e capolavori del genere : venerdì 18, ore 14.30,“ Il Circo di Charlie Chaplin ”, introdotto dal figlio EugèneChaplin. Lunedì 21, ore 15, “ Trapezio ” di Carol Reed conGina Lollobrigida, Burt Lancaster e Tony Curtis. Martedì 22,ore 15, “ Il più grande spettacolo del mondo ” di Cecile B.Demille, con Charlton Heston. Gli ultimi due saranno introdotti dal giornalista e scrittore Henry-Jean Servat (costo del bigliettoper proiezione 7 euro).Molti di questi eventi sono ad entrata gratuita sino adesaurimento dei posti. Per maggiori informazioni si può visitareil sito www.montecarlofestival.mc

TournèeMa a Monte Carlo non si vive di solo Festival. Lo scorsonovembre ha fatto tappa nel Principato anche il Circo diMosca sul Ghiaccio. La compagnia diretta da Natalia Abramovasi è esibita nello stabile di Fontvieille. Una struttura leggera

composta da una trentina di persone, un pullman, un camioncon rimorchio che ha eseguito un tour in Germania e Franciaoltre a due rappresentazioni nel Principato. Con attrazioniclassiche degli spettacoli su ghiaccio (in realtà su di unamoderna superficie sintetica): giocolieri, pattinatori acrobatici,clowns, ciclisti, balletti, numeri aerei (corde e cerchio aereo),ma anche saltatori alla corda, sbarra russa, hula-hoops, “ruotatedesca”. Tutti presentati da artisti molto giovani. Niente ache vedere con il medesimo formato che Walter Nones portòin Italia nel 1991, ma comunque di buon livello, con diverti-mento assicurato per gli appassionati di Montecarlo e dintorni.

Giovani artistiE sempre a Monte Carlo si svolge da vent’annni anche il“festival dei piccoli” ovvero la ormai nota Premiere Rampe.Il 2007 è stato quasi un anno bisestile, ha cioè avuto dueedizioni, visto che se ne è tenuta una il 3 febbraio ed una loscorso 8 dicembre. Ci riferiamo in particolare a quest’ultimache ha celebrato il ventennale con uno spettacolo degno dinota, sottolineato sin dall'inizio dalle note di Happy Birthdaysuonate dalla Golden Jazz Band diretta dal Maestro Carminod’Angelo.La manifestazione monegasca dedicata ai giovani al di sottodei 18 anni è nata il 14 novembre 1987, il primo anno incui il Principato poteva disporre di una propria struttura aFontvieille. L’organizzazione è curata dal Kiwanis Clubdi Monaco e nel corso di questo ventennio ha lanciatomoltissimi artisti verso una brillante carriera: la con-torsionista aerea Aurelia, il filferrista Julien Posada,moltissimi artisti russi e cinesi provenienti da svariatescuole di quegli immensi paesi.E' stata proprio la Premiere Rampe, anche prima delfestival “grande”, a far conoscere in occidente e alpianeta circo la straordinaria scuola di Guandong, solo

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per citarne una. E del resto artisti cinesi hanno conquistatoil “K” d'oro in ben 17 edizioni su 20! Un successo straordinarioche dimostra quale importanza diano gli orientali alla mani-festazione del Principato. Ma gli italiani hanno sempre benfigurato e tra loro ricordiamo la contorsionista Sue Ellen Sforzi,il giocolere Willy Colombaioni, i fratelli Ronny e Devis Dell'Acqua,Diana Togni con il “senza sella” (in un numero con animaliraro per questo Festival), Eric Niemen al filo basso. Questiultimi tre premiati con un ottimo “K” d'argento. Un buonsuccesso quindi anche per l'Accademia d'Arte Circense, dacui proveniva la maggior parte degli italiani partecipanti.Ogni anno il Festival si svolge in due giornate. Nel corso dellaprima la giuria, sempre di buon livello, prende visione deinumeri e nella seconda, di solito il sabato, si svolge il Galacon la premiazione dei vincitori. La “Premiere Rampe” haavuto fin dal suo esordio il Patrocinio del Principe Ranieri IIIche assisteva quasi ogni anno allo spettacolo. Continuanoadesso i due Principi Alberto II, divenuto sovrano, el'onnipresente Stephanie, con la grande passione di sempre.Questa seconda edizione 2007 ha visto in pista dei veri talentiche hanno entusiasmato il pubblico. Notevole l'esibizionedelle antipodiste con tamburi provenienti da Shandong: glispettacolari passaggi con oggetti e poi “umani” con le ragazzelanciate da una “trinka” all'altra hanno dimostrato unaprecisione ed un tempismo straordinari: standing ovation edun meritato “K” d'oro.Ma non sono state le sole a conquistare il premio piùprestigioso dato che la Giuria ne ha assegnati ben tre! Ilsecondo è andato al forte equilibrista al “filo molle” RamZhou, un cinesino di 15 anni dalla grande tecnica. Terzo oroper il “mano a mano” degli ucraini Inna e Denis, 12 e 16anni. Argento per l'equilibrio su sedie dei giovanissimi artisticinesi della Troupe Acrobatica di Jining in grado di arrivare anove metri di altezza. Argento per il 17enne Alexander Kulakov,già premiato con lo stesso metallo all'ultimo Festival di Latinaper il suo bel numero di giocoleria. Quattro i bronzo : uno alle“Dolls” dall'Ucraina con acrobatica a terra e contorsioni. Unapresentazione molto dinamica e veloce, bei costumi, ragazzineveramente brave. Un secondo alla 14enne OndonchimegSumankhuu dalla Mongolia con un'interessante serie dicontorsioni. Una particolarità: la ragazza lavora appesa peri capelli! Molto brava e originale. Entusiamo per un tedeschinodi 11 anni, Thomas Janke, giocoliere anche lui. Preciso, veloce,

simpatico. Se continua così lo rivedremo presto inaltre importanti manifestazioni e spettacoli. Unastanding anche per lui. Alexey Goloborodko, il quartobronzo, ha meravigliato tutti. A dodici anni presentauna serie di contorsioni e dislocazioni veramenteincredibili, utilizzando come unico “accessorio” dueseggioline pieghevoli. E' veramente impressionantee soprattutto molto naturale. La regia è di AlexanderGrimailov. Dello spettacolo facevano parte anche due

numeri fuori concorso anche se non ce ne sarebbe statoproprio bisogno. Il “mano a mano” di Julien e Mathieupresentato dal Cirque Medrano che si trovava a Nizza. RaoulGibault, il direttore del complesso francese, faceva parte dellaGiuria. La Scuola del Circo di Bruxelles ha inviato invece unquadro aereo presentato da due ragazze: Linde e Pauline. Unnumero molto bello che ha aperto questa grande edizionepresentata dall'attore Christian Morin che aveva condottoanche le prime due edizioni.Con quello che si è visto quest'anno non resta che dire:appuntamento alla prossima Premiere Rampe, il 6 dicembre2008. E soprattutto ed in ogni caso appuntamento nelPrincipato di Monaco, una delle più importanti capitali delcirco di tutto il mondo.

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La troupe acrobatica di Jining

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DimitriLe anime del clown

di Massimo Locuratolo

Dimitri (tratto da: Dimitri Album, Bentelli, Berna 1973; archivio Cedac)

Il clown poetico

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Nato nella Svizzera italiana, Dimitri ha fondato nel 1971 aVerscio, uno scenografico villaggio sopra Locarno, quelloche non è improprio definire un centro irradiatore di energiecreative straordinario, in cui si respirano impegno e con-centrazione sugli obiettivi ad ogni angolo. Perno del TeatroDimitri, questo il nome dell’istituzione, è un nucleo architet-tonico comprendente, in un unico agglomerato di edifici,due sale teatrali, il museo comico, un ristorante e un bar;poco distante si trovano gli uffici dell’impresa e gli ambientidella scuola internazionale, inaugurata nel 1975, dedicataallo studio delle arti circensi.Definire colui che parallelamente alla direzione del suocentro teatrale porta avanti da decenni una carriera inter-nazionale come clown (definire l’uomo, l’artista e il maestro)significa metterne in relazione la formazione, avvenuta inun ambito famigliare di artisti (madre ceramista e antropo-sofa, padre pittore e scultore) e proseguita didatticamentepresso una scuola steineriana, con la scoperta, avvenutaquando era bambino, del clown (segnatamente Andreff, alcirco Knie) e con le riflessioni successivamente compiutesui confini drammaturgici del personaggio comico universale,scaturite dall’analisi della poetica di un illustre connazionale:Grock.La sua educazione artistica ha compreso lo studio dellarecitazione, della musica, del balletto e dell’acrobazia;inoltre, con Decroux prima, e Marcel Marceau poi, si èdedicato all’arte del mimo, trovando in questa disciplinal’ossatura portante della sua creazione teatrale.Ma sarebbe fuorviante riferire al semplice utilizzo degliinsegnamenti appresi l’impulso che ha sostenuto il suopercorso artistico. Sarei propenso, invece, ad ascoltare ciòche Dimitri stesso ha dichiarato in quel passo di “Dimitriclown” (a cura di Patrick Ferla, pubblicato nel 1979 daPierre-Marcel Favre) dove, una volta ammesso di concedereuna poetica fiducia all’esistenza reale delle fate che si eranoaffacciate nel suo vissuto infantile, affermava: “Ciò cheritengo drammatico è che l’uomo di questo secolo haperduto la facoltà di aprirsi al mondo, ed è sempre menodisponibile nei confronti dell’immaginario, della poesia, dellinguaggio, del Caso. Dico questo perché il Caso esiste: manon intendo qui caso nel puro significato linguistico deltermine, in quanto il Caso è sempre una specie di Destino.Non si incontra questa o quella persona a quell’ora e inquel luogo senza che ciò non rivesta un significato particolare.Per convincersene, basta imparare a leggere gli avvenimentidella propria vita. I gitani lo sapevano fare: se un corvoattraversava il cielo facendo “coa coa coa” tre volte, eranoconsapevoli che li volesse avvertire di qualche cosa”.Credo che con queste parole Dimitri ci riveli che educazione,conoscenze (artigianali e artistiche) ed esperienze (l’incontrocon Andreff e Marceau) non gli siano sopravvenute senzache lui non le richiedesse intimamente, e inconsciamente,

sin dalla nascita: o meglio, senza che lui non fosse disponibilea farle proprie per completare ciò che a un certo puntoaveva chiaramente realizzato dovesse essere il suo Destino:rendere felici le persone col suo sorriso clownesco, espri-mendo pienamente nel contempo la sua profonda naturadi essere umano.Di conseguenza, consenso professionale pieno e affettoincondizionato del pubblico internazionale, che daanni ormai non aspetta Dimitri nel teatro sotto casama si disloca invece volentieri verso un villaggioincastrato tra lago e montagne in un angolo verdedella Svizzera per vederlo in azione, non sono cer-tamente sopravvenuti per caso. Erano già scritti nello

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stupore consapevole provato da quel bambino al quale, uncerto pomeriggio, il clown Andreff, senza truccatura e conabiti normali, recitando nella pista di Knie aveva semplice-mente manifestato una natura che già esisteva, ed era soloin attesa di venir disvelata.Nei brani riportati, tradotti dal francese da Massimo Locu-ratolo dal libro sopra citato, Dimitri svela le ragioni profondedel suo Clown.

Il clown è un eterno ricercatore. Un ricercatore di felicità,di comicità, d’ingenuità – un personaggio che assomiglierebbea un erborista, se la semplicità fosse un fiore. E’ pure uneterno buffone del re, il quale, a modo suo (in quanto ogniclown ha un’identità a sé), desidera semplicemente farridere le persone, e divertirle donando loro qualcosa di sestesso.I clown sono persone che amano esprimersi e mostrare ciòche sanno fare. Come fanno i bambini, i quali appena hannoimparato una cosa nuova ti tirano il braccio, ti si attaccanoe dicono: “Guarda cosa so fare, come sono bravo”. Il clownnon si vergogna di vantarsi persino di ciò che non sa fare,in quanto è fiero dei suoi progressi; oppure piange, quandonon ci riesce.Egli è un essere sincero e puro nei suoi sentimenti, il qualeconsapevolmente recupera lo stadio infantile a cui aggiungequel dono della comicità che è la base naturale di tutti iclown. A ciò vanno associate altre qualità, altre discipline,dal funambolismo all’acrobazia passando per la musica ela danza, oppure… qualsiasi altra cosa. Questo in quantoil qualsiasi altra cosa appartiene al clown perché, in fondo,egli tutto si può permettere, a condizione che stia dentrolo stile clownesco e quindi risulti comica o toccante,emozionante o poetica, e gli consenta di essere se stessoe non la copia di qualcun altro.Se le persone amano i clown, e ci inventano sopra dellebelle storie, è semplicemente perché, io credo, ai loro occhiessi possiedono il dono di avvicinarsi alla purezza, al paradisoperduto.Senza dubbio le persone ci potrebbero definire i clown delparadiso, e non è un caso se il famoso film di Marcel Carnés’intitola “Les enfants du paradis”. In effetti i clown, gli attorie tutti coloro che fanno spettacolo sono un poco i bambinidel paradiso perché sono eternamente alla ricerca dellafelicità. Questa ricerca la ritroviamo fortissima nel clown ilquale, bisogna forse sottolinearlo qui, è l’autore di se stesso,il regista di se stesso, e il suo stesso interprete; è un individuo

estremamente coinvolto in ciò che fa – anzi, meglio:totalmente coinvolto.Inoltre ho osservato su me stesso, e su molti mieicolleghi, che siamo talmente noi stessi, sia nella vitache sul palcoscenico (e sulla pista), da non poterriscontrare praticamente mai nessuna differenza.

Per dirla in un altro modo, noi siamo clown. Questa cosaè talmente evidente da farci creare il nostro aspetto scenicoe il nostro trucco come se sentissimo il bisogno di fonderciin un personaggio che ci corrisponda in maniera particolare– e cioè noi stessi.Nel clown c’è qualcosa che si avvicina alla reincarnazione.

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Naturalmente, il clown nasce un bel giorno dentro unafamiglia, ed eredita questi o quei capelli, quella formadell’orecchio o quell’altra, quel naso oppure un altro; poi,dolcemente, ecco che a un certo punto si individualizza, sidistingue, e si arricchisce – chi lo sa? – di tutto ciò che haereditato dalle sue vite anteriori. Ovviamente conserveràuna certa rassomiglianza col nonno o con sua madre, mapoco a poco appariranno dei gesti che saranno solo suoi,un certo modo di parlare, un carattere personale: un qualcosache non è paragonabile a null’altro.Infine, il clown non è così distante dagli altri artisti - sianoessi scultori, pittori, compositori o poeti - perché sono tutticreatori in prima persona. Sono persone che si mostrano.E se dico mostrarsi pensando ai pittori, aggiungo che unpittore può realizzare capolavori senza mai farsi vedere inpubblico, e può esporre (ed esporsi) restando nascosto inun piccolo villaggio: l’importante non è conoscere i suoipensieri, ma che i suoi dipinti parlino.Il clown è come se dipingesse, o componesse musica, colsuo stesso corpo. D’altronde, egli si dipinge il volto ed è aquel punto che si esprime col corpo, e con l’anima.Ecco ciò che rende l’arte del clown una delle più pubbliche(nel senso di rivelate): sarebbe infatti assurdo immaginareun clown fare il clown da solo, in una foresta… L’ideasarebbe molto bella, è vero, e talvolta sono stato tentatodi fare il clown per il mondo, per gli alberi, per gli spiritio per il paradiso; ma non è quello, evidentemente, l’obiet-tivo. L’obiettivo consiste nel divertire le persone, nel farleridere e piangere; il nostro ruolo è quello di emozionareil pubblico e mostrargli, e dimostrargli, in modo poeticole debolezze umane. Al di là dell’attualità, al di là deltempo.Il tempo… Ecco di nuovo una differenza piuttosto singolare.Il clown non va paragonato all’interprete di canzoni, datoche non si riferisce mai all’attualità. Certo, la regola haqualche eccezione e so bene che ci sono clown che parlano,e clown che sono molto abili a trattare nei loro numeri temipolitici concreti con la buffoneria e l’umorismo. Ma, ingenerale, il clown fa ciò che fa in un modo che potrebbefunzionare in ogni epoca. Poi, sempre in rapporto alle altrespecializzazioni dello spettacolo, il clown è completamenteindipendente da un luogo preciso – anche quando è pro-babilmente nato in un circo, coi funamboli. Questa cosanon ha comunque conseguenze pratiche: se ci sentiamo anostro agio in una pista coperta di segatura – ed è lì chesono abituati a vederci – lo siamo allo stesso modo sia sulpalcoscenico che sullo schermo. Il clown è Il Clown, in gradodi esistere nell’immaginazione delle persone come in unlibro per bambini. Egli sta bene dappertutto.A questo proposito mi torna in mente un’idea che mitormenta da quando faccio il clown: mi domando spessoche immagine del clown si facciano le persone e pure che

idea si faccia il clown di se stesso. Sarebbe interessantefare un’indagine e porre domande alle persone che nellaloro vita non hanno mai visto un clown… Mi piacerebbedavvero sapere come gli sembriamo, ciò che pensano dinoi. Dico questo perché so che il clown è sempre esistito,che è un individuo quasi mitico di cui si trova traccia pressotutte le culture del mondo, anche se talvolta viene indicatocon nomi differenti. Ad esempio, nelle Indie, è presente neitratti dei danzatori comici. Presso gli Indiani d’America solopoco tempo fa c’era qualcuno dotato di comicità che avevail diritto assoluto di fare ogni cosa in maniera folle estravagante, che aveva il diritto di fare il matto, il buffone,di mettere in satira le persone e di far loro paura. E’ unaresponsabilità… schiacciante, ed è la nostra responsabilità:ci facciamo carico in qualche modo di migliaia di individui,e siamo in scena impersonando il loro doppio o li sostituiamo,permettendoci un sacco di cose folli e molto assurde perchétanto tempo fa ci è caduta una piccola scatola, o unpacchettino, sulla testa, quando eravamo nella culla… E lepersone ci aiutano (questo fa parte del gioco) perchédesiderano ardentemente (alcuni inconsciamente) vedereun clown eseguire al loro posto cose divertenti, o vietate,o impossibili.Ma il pubblico è pure molto critico, più che a teatro o alcinema, perché come vede un clown si aspetta da lui Diosa che cosa – degli effetti incredibili, ovviamente, ma anchesovrumani.Se lo deludiamo, e ciò può avvenire molto in fretta, è unevento terribile: un evento che assume proporzioni davveroinsospettabili. (…)Mi viene chiesto sovente: Come fai a lavorare da solo, senzaun regista? Come fai ad essere l’autore di te stesso, il tuointerprete e il critico di te stesso? La domanda, in fondo,è giustissima. Qui si tratta di osare a sbrogliarsela comple-tamente da soli. Quale vanità ci spinge a presentarci alpubblico? Ma è così: raramente un clown avrà l’idea discegliersi un regista, perché il suo regista è la sua coscienza.Il che implica che non solo dobbiamo sviluppare un fortesenso di autocritica, ma dobbiamo avere il potere di imma-ginarci. Io, ad esempio, posso chiudere gli occhi e immagi-narmi in movimento, mentre eseguo gesti e situazionidivertenti con un oggetto. Mi vedo come in un film. E’ acolori, quel film, ed è straordinario. E non è tutto: il nostrocritico è il pubblico, sono gli amici – forse innanzitutto loro,e poi, ovviamente, il ridere. Io dico: il ridere e non gli applausi,perché applaudire lo si può fare sempre, non fosse altroche per gentilezza, per educazione, per non offenderetroppo l’artista. Ma scommetto che, riguardo il ridere,non si è mai arrivati a suscitare artificialmente lerisate di un intero teatro. Il ridere non lo si suscitase non si costruiscono le cause per scatenarlo. Nonesiste la claque delle risate.

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La casa editrice svizzera Les Editions de la Gardine incollaborazione con Thierry Cômes ha in corso di pubblicazioneun libro sul Circo Americano della famiglia Togni.Il libro presenta dei documenti d’archivio inediti e di rilevanteimportanza e rende conto di tutti gli artisti che hanno lavoratoal Circo Americano dalla sua creazione. Ricordiamo che sitratta di alcune fra le più grandi stelle dei loro tempi, comeElvin Bale, i Nicolodi, i Rastelli, Pablo Noël, Don Martinez,Gunther Gebel Williams, i Quiros. Oltre, ovviamente, al fondatoreFerdinando Togni, i figli Adriana, Willy, Bruno ed Enis, e inumerosi nipoti fra i quali il famosissimo Flavio. Le loro storieed i loro ritratti sono contenuti in questa magnifica operache, per l’editore, è destinata a segnare una pagina importantenella storia del circo.L’autore, Thierry Cômes, appassionato di circo, da temporesponsabile di chapiteau per numerose imprese, fra le qualiil Cirque du Soleil, ha deciso di tesaurizzare la propria passionee il proprio entusiasmo verso la famiglia di Ferdinando Togniscrivendo l’opera dal titolo Circo Americano – American CircusTogni. Per la realizzazione ha usufruito della collaborazionee degli archivi di numerosi collezionisti. Prima di tutto ilricchissimo materiale degli stessi Togni, poi del Cedac e di

Antonio Giarola, di Christian Hamel, direttore della rivistafrancese Cirque dans l’Univers, di David Jamieson, redattorecapo della rivista inglese King Pole, del fotografo Michel LeGoulven, della stessa casa editrice Editions de la Gardine,oltre che dell’Accademia d’Arte Circense di Verona. Ma i duepilastri dell’opera sono stati Enis e Flavio Togni, padre e figlioche si sono impiegati senza riserve per sostenere le ricercheed il lavoro dell’autore.

A Genova ha avuto luogo la settima edizione del Festival diTeatro e Circo Circumnavigando, ideato da Boris Vecchio diSarabanda con il patrocinio di Regione, Provincia e Comunedi genova. Oltre a proporre per tutto il corso della manife-stazione (dal 10 al 16 dicembre) artisti di strada in unacolorata invasione della città, l’evento ha proposto dueconferenze dibattito. Una di Antonio Giarola, Circo dell’Artetra documenti e curiosità, nella quale il regista veneto haraccontato la genesi del circo e la sua evoluzione dallapiazza al palcoscenico, attraverso rare e curiose immaginigrafiche custodite presso il centro di documentazione diVerona. Una di Massimo Locuratolo, studioso dei generi del

LibriDocumenti ineditisul Circo Americanodei Togni

MostreLa Saga dei FratelliniPer la prima volta in Italia l’espo-sizione sull’opera dei celebri clown

Flavio Togni

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comico, saggista e traduttore, dal titolo La prospettiva clowndel mondo. È stato anche proiettato il bel film Les Enfantdu Paradis (Francia 1945) di Marcel Carnè con la sceneg-giatura di Jacques Prévert, con Jean Louis Barrault e PierreRenoir, che racconta l’atmosfera che allegiava attorno alBoulevard du Crime, il più importante luogo dello spettacolopopolare della Parigi fra Sette e Ottocento.Ma l’evento più significativo è stato quello curato incollaborazione con il Cedac, ovvero l’allestimento dellamostra La Saga des Fratellini dedicata ai prestigiosiclown italo francesi. Si tratta di un format espositivo cheha raggiunto un ottimo esito con frequenti allestimentiin tutta Europa e che è ora finalmente arrivato anche inItalia.La mostra, come riporta il materiale illustrativo dell’evento,racconta del celebre trio Fratellini e di come la loro arteabbia avuto influenza nel mondo del circo e sulla societàdi inizio Novecento, dall’Europa, agli Stati Uniti allaRussia. Più di un centinaio di pezzi, fra foto, costumi,accessori, locandine e oggetti di scena, esposti in unpercorso di grande effetto scenografico. Allestita in unochapiteau stilizzato, ricreato con l’uso di fili di luce,raccolti intorno ad una struttura centrale, come a volerrievocare i carri e i bagagli del circo, proietta il visitatorein una dimensione di fascino e mistero del mondocircense del secolo scorso. Le lettere scintillanti delcelebre trio Fratellini, accolgono il pubblico attraversodue strutture luminose, che indicano l’entrata di unapista ideale, teatro di risate e di immagini di clown frai più celebri del mondo. È noto che il trio Fratellini, diorigine italiana, si stabilì a Parigi nei primi del Novecentoe divenne, in breve tempo, una delle famiglie Clown piùfamose nel mondo, rappresentando per una trentina dianni la maggiore attrazione clownesca del circo europeo.Diventati delle vere vedette a Parigi, furono oggetto di cultoda parte degli spettatori, sino ad essere i protagonisti diuna produzione abbondante di libri, periodici illustrati,manifesti, oggetti pubblicitari. Ispirarono alcuni artisti edintellettuali parigini come Charles Dullin e Jacques Copeaue pittori come Picasso, Derain, Dufy. Furono protagonistidella scena, non solo al circo, ma anche al music-hall,alla Comédie-Francaise e al Teatro Desanti. Recitarononell’opera balletto “Il bue sul tetto” scritta da Jean Cocteaue Raymond Radiguet su musiche di Darius Milhaud, oltreche in innumerevoli apparizioni cinematografiche.La mostra è prodotta dall’Acaddemia nazionale contempo-ranea delle arti del circo Annie Fratellini. Il progetto el’allestimento originale sono a cura di Laurent Gachet.

Il camerino del Trio Fratellini

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Non è sempliceevasione dallarealtà, il circo.È, piuttosto,una decostru-zione della realtà:questo sembra dire,con la leggerezza el’ironia tipiche dei grandi libri,L’eternità finalmente comincia unlunedì, dello scrittore cubano Eliseo Alberto che,pubblicato qualche anno fa da Einaudi (pp. 328, euro15,50) è passato inspiegabilmente inosservato. Mentreinvece è un libro straordinario, e non solo per le vicenderaccontate – che sono quelle avventurose e stravagantidel circo Arena Cinque Stelle e dei suoi personaggi - maanche e soprattutto per il modo con cui scompone edecostruisce i lineamenti della realtà e quelli del romanzorealistico per ibridarli con il libero gioco dell’immagina-zione. Rendendoli fantasiosi e insieme verosimili; irrealie insieme credibili. Bisognerà poi fare i conti non solo

con l’eccentricanatura dei per-sonaggi, maanche con le

loro esistenzepassate o som-

merse, e magari conle loro doppie o multiple

identità. Indiscusso prota-gonista è Asdrúbal, il mago che per

i suoi illusionismi ha tratto ispirazione da unafonte prevedibile – il maestro Harry Houdini – e da un’altramolto meno prevedibile, ovvero la scrittrice Maria Zam-brano. Nel corso di una conferenza questa giovane eappassionata intellettuale aveva detto qualcosa di folgo-rante: che il cuore è grande “come uno spazio che siapre dentro la persona per accogliere certe realtà”. Cosìil mago riesce ad elaborare grazie alla passione d’amoreper la bella trapezista Anabelle Miaskouski da Silva, unmetodo per nasconderla nel suo cuore.A tale seduttiva creatura vengono attribuiti genitori

Big Apple Circus

di Maria Vittoria Vittori

Houdini, uno dei personaggia cui si ispira il libro

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decisamente eterogenei, quali un poco appariscentesarto polacco e una mulatta brasiliana suonatrice diliuto che ha condiviso la scena con Isadora Duncan eTina Modotti (e qui si capisce quanto piaccia all’autore– scoprire chi è sarà una vera sorpresa – compiereillusionismi su personaggi veri o inventati, instaurandotra loro le più imprevedibili relazioni).Altri personaggi ragguardevoli sono Pòstumo Bramante,addestratore di un cagnetto filologo e fine dicitore, nonchécommentatore di numerosi poeti castigliani e cubani tracui Eliseo Diego, l’autore della lirica che inizia con“L’eternità finalmente comincia un lunedì” e i gemelliServio e Tulio Capriles le cui ardite performance acroba-tiche hanno attirato l’attenzione di un certo Louis Lumière.Venendo poi alle identità sommerse o pericolanti troviamoBebè, che non è tanto la donna barbuta attrazione deibaracconi, quanto un moderno transgender; Blas Adánil lottatore dal passato avventuroso che di continuo sicancella e dal presente sempre sull’orlo della catastrofe;il finto buono e vero cattivo Caifás, servitore del cinico

impresario del circo,Brunno Uribe, che dalcanto suo convive conl’identità semistran-golata di un se stessofervente rivoluzionario:lo studente Gil Cáno-vas.all’appello: un certoPascual Armero, poetaa tempo perso che,per usare la suaespressione, ha sceltodi fare “il pubblico delcirco”. Segue Asdrúbalall’uscita del carceredove l’hanno rinchiuso dopo la sparizione di Anabelle- perché in un numero di “Da Cuore a Cuore” la trapezistaera sparita veramente, andandosene a fare un baudelai-riano viaggetto nei verdi prati della sua infanzia – e gliconfessa di aver sempre seguito gli spettacoli del CinqueStelle.Toccherà proprio a lui fare da testimone e narratore dellenuove avventure del circo, che prenderanno il via quandointorno ad Asdrúbal e alla ricomparsa Anabelle si riuni-ranno tutti gli altri personaggi con l’eccezione di due: ilnano Caifás e Brunno Uribe che, avendo strangolatodefinitivamente l’agonizzante rivoluzionario Gil Cánovas,ha fatto carriera politica diventando governatore delDipartimento del Nord. In mezzo agli orrori della guerracivile che insanguina il paese, più volte i percorsi delRodeo de Algazaras – così si fa chiamare il gruppo diAsdrúbal e Anabelle - e del sempre più disperato eferoce Brunno Uribe si sfiorano, fino allo scontro finale.Sarà Pascual ad assumersi il ruolo di imbonitore per il“Gran Spettacolo”: “Signore e Signori, la magia controi fucili, non ve lo perdete, la fantasia contro l’indifferenza,passino, senza vergogna, passino a leggere come il circodella vita affrontò quel lunedì il regno della morte”.E certo fu quel lunedì il fatidico giorno in cui finalmenteebbe inizio l’eternità. Vecchia retorica circense e letteraria?Suprema e postmoderna ironia dello scrittore, piuttosto.Che consiste proprio ad attribuire a Pascual,pubblico del circo, il ruolo d’autore.E nell’assegnare proprio all’arte del circo, la piùeffimera, la più ibrida, la più destabilizzante di ognialtra, i caratteri dell’eternità.

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Eliseo Alberto

“È un libro straordinario, e non solo per levicende raccontate, ma anche e soprattuttoper il modo con cui scompone e decostruiscei lineamenti della realtà e quelli del romanzorealistico per ibridarli con il libero giocodell’immaginazione”.

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Nello scorso numero abbiamo esaminato due documenticustoditi presso il CEDAC allo scopo di indagare sullastoria di una tipologia di esibizione ancora fortementepresente negli attuali repertori circensi. Eravamo partitidalla metà del 1700 per poi illustrare un manifesto del1857; ora restiamo attorno alla metà del 1800 percommentare un manifesto del fondo Alessandro Cervellatiche misura cm 31 x 42 e si intitola “Scimie e cani –Ammaestrati di nuovo genere”(pagina a fianco).Stampato a Modena nella Tipografia di Andrea Rossi,promuove uno spettacolo che quasi sicuramente si tenneproprio in questa “Regia Capitale” appena “fuori da PortaBologna” come appunto recita il manifesto. Se così è nonpuò essere datato oltre 1860, data in cui terminò il ducatoe Modena venne annessa al Piemonte.Dell’ammaestratore d’animali Luigi DellaFiore che dichiara d’essersiprodotto in Spagna, Por-togallo, Francia e Ger-mania non abbiamoaltri documenti nénotizie che lo ri-guardano. Nonè citato nem-meno nei testidi Cervellati, cosìc o m e i l

”professore” Carlo Fleischssman, artista francese checompie “grandiosi e mirabili giochi aerei – americani,giammai veduti”. Senza poter indagare ulteriormente suquesti due personaggi di cui il secondo probabilmenteaveva un nome d’arte, vari sono gli elementi che rendonointeressante questa locandina.Innanzitutto la descrizione dello spettacolo “eretto inanfiteatro” e dunque, come diremmo oggi all’interno diun’arena all’aperto con un’unica esibizione pomeridiana ecertamente non invernale, alle sei e mezzo. Il programmaricalca ampiamente quanto andava di moda in quel periodonel cosiddetto “Gran Circo Olimpico” come quello famosodei fratelli Luigi e Giovanni Guillaume, che mescolavaesibizioni equestri ai giochi aerei, acrobatici e con unapantomima finale di grande effetto. La differenza principale

rispetto agli spettacoli di ammaestramentosettecenteschi sta nella costru-

zione “moderna” del reper-torio che ricalca quello

del circo, vero mo-dello d’ispirazione.In questo caso lospettacolo è di-viso in quattroparti con unac o s t r u z i o n e

davvero curiosa incui si notano tutti i

numeri tipici del re-pertorio acrobatico di cani,

“scimie” e in questo caso anchedi una “Capra Montese”. Gli animali

vengono vestiti da personaggi e come veri e propriartisti circensi, si esibiscono con volteggi, acrobazie variee “recitano” in varie parti con un finale in cui viene realizzatauna “Pantomima seria-faceta-clamorosa” intitolata “Battaglia,assalto e presa di Costantina” nella quale “a corredodell’azione verrà eseguito un combattimento a fuoco vivoe ben concertata ritirata delle Scimie e Cani, protagonistidi essa Pantomima, con la difesa di una bandiera eseguitada due cani”. La ricostruzione di questa battaglia rimandaad un fatto storico avvenuto nel 1837 in Algeria, evidente-mente ben presente nell’immaginario collettivo poiché erail soggetto di varie rievocazioni drammatico-musicali nei piùimportanti teatri francesi e italiani e a cui anche il celebrecompositore Berlioz aveva dedicato una “Grande messedes morts” in omaggio ai soldati caduti.Al CEDAC sono custoditi altri manifesti su questo tema inparticolare della famiglia Spinetto che si esibiva nel Venetoverso la fine del 1800 con il suo “Palazzo delle Scimie” eil cui repertorio ricalca in molte parti il manifesto qui citato.Seconda e ultima parte.

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di Antonio Giarola

La Toilette della Scimmia (1872), Archivio CedacLa Toilette della Scimmia (1872), Archivio Cedac

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25Fondo Cervellati (archivio Cedac)

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Oggi tutti sannoche la simpaticamaschera del-l’Arlecchino èoriginaria dellacittà di Bergamo.In realtà in passatoci fu una diatriba percapire se il personaggioprovenisse da Bergamo o da Ve-nezia, poiché l’Arlecchino figurava spessonelle commedie come il buffo e furbo servo di un ricconobiluomo veneziano, il famoso Pantalone della Commediadell’Arte; ma mantenendo il servitore l’accento bergamasco,irrimediabilmente tradiva le sue origini.Pochi invece sapranno che vicino a Bergamo si trova “la casadi Arlecchino”, perfettamente conservata e visitabile. Secondo

la storia e la tradizione, infatti, Arlecchino sarebbestato un servitore della famosa famiglia dei Gratarolidi Ornate, un quartiere del paese di San GiovanniBianco.Da questo servo di umili origini e dotato di simpatia

e furbizia sarebbeoriginata la tantocelebre ma-schera dellaCommedia del-

l’Arte.Il paesino di Ornate

è interamente costruitoin pietra, adagiato in una

valle verde circondata dallemontagne.

La casa è una delle prime del villaggio, e spicca fra le altre,riconoscendosi come dimora di una delle famiglie più impor-tanti. Le pietre a vista sono ingentilite da allegri fiori rossi allefinestre. Una stretta scala permette l’accesso all’appartamento.Prima di varcare la soglia, frammenti di un affresco raffiguranteun uomo barbuto e selvaggio ci avvertono con una scritta indialetto bergamasco che solo i benvenuti potranno entrare,mentre gli ospiti poco graditi assaggeranno il bastone delpadrone. Quel che si ammira oggi sulla casa di Arlecchinoè solo una copia dell’affresco che altrimenti si sarebbe ancorapiù deteriorato a causa delle intemperie. Molti ritengono che

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di Vera Agosti

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questo gigante primitivo sia da correlarsi al carattere brutalee selvatico dell’Arlecchino, che anche nelle sue origini piùremote ha elementi feroci e animaleschi. Il nome dellamaschera, infatti, deriva dal francese Hellequin, diavolo comicodelle farse medievali, che guidava il carro dei morti a tuttavelocità nei freddi boschi del Nord Europa.L’animalità della maschera come quella del selvaggio traspareanche nella lotta per la sopravvivenza e nella capacità diprocurarsi il cibo per il sostentamento o un riparo dalleavversità atmosferiche anche nelle situazioni più difficili.L’affresco della casa di Arlecchino può essere collegatoall’immagine dell’homo selvadego, diffusa nelle tradizioniretico-alpine, di cui si trovano raffigurazioni a Sacco (CosioValtellino) e nel Trentino.L’interno della casa è suddiviso in alcune piccole cameredai soffitti alti da spesse pareti, dotate di vecchi caminidomestici che fungevano da focolare e scaldavivande. Imobili sono semplici, antichi e massicci. Alle pareti sonoappese antiche maschere della Commedia dell’Arte ecostumi variopinti e pezzati, proprio come quello di Arlec-chino, che, troppo povero per avere un abito, indossavaun vestito rattoppato con scampoli multicolori, simbolo

non solo della miseria ma anche della sua loquacità.Il vero gioiello della casa è la stanza degli affreschi, unacamera picta con opere della fine del Quattrocento. Oggivi sono conservate solo copie. Gli autori degli affreschisono ignoti, ma chiaro è l’obiettivo del ciclo pittorico,ovvero celebrare la famiglia dei Grataroli, impegnati in unipotetico torneo con le famiglie principali del posto, cheli vede ovviamente trionfanti. Il riferimento ai Grataroli èevidente, poiché nello stemma del casato è dipinta unagrataröla, ovvero una grattugia, da cui deriva il nome.Compaiono inoltre le rappresentazioni di personaggi emomenti religiosi che vanno ad impreziosire e rendere piùspirituale la vittoria laica. Per esempio è raffigurato Cristosul sepolcro tra Maria e Giovanni; San Sebastiano eSant'Antonio Abate.Gli originali sono ora conservati nella chiesa parrocchialee nella sagrestia della chiesa di San Giovanni Bianco, adeccezione del Martirio di San Simonino, che si trova pressoil Museo Diocesano di Bergamo. Fu il parroco di SanGiovanni Bianco, Don Davide Brigenti, che fece rimuoveregli affreschi intorno al 1939-40 per poi farli restaurare.La cantina della casa è diventata un bar e un’accoglienteosteria: la Taverna di Arlecchino, dove in un arredotutto in legno è possibile gustare le specialità dellacucina bergamasca, quei piatti gustosi e saziantiper cui Arlecchino avrebbe sicuramente fatto cartefalse.

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“Pochi invece sapranno che vicino a Bergamosi trova “la casa di Arlecchino”, perfettamenteconservata e visitabile. Secondo la storia e latradizione, infatti, Arlecchino sarebbe statoun servitore della famosa famiglia dei Gratarolidi Ornate, un quartiere del paese di SanGiovanni Bianco”.

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Gormiti acrobaticiI giochi amati dai bambini di-ventano circensiVanno in scena i Gormiti ed è subito successo. Non tanto peril risultato artistico ma sicuramente per il business: debuttosul palco del Palasharp di Milano il 13 dicembre, 40 euro ilbiglietto (stessa somma anche i bambini) e sette spettacolida gran pieno, qualcosa come 20 mila persone circa. Dueconti si fa presto a farli. Un ruolo importante ne “I Gormiti -Lo spettacolo”, per la regia di Maurizio Colombi (che haallestito anche “Peter Pan - Il Musical”), ce l’ha il circo. Danzae arte circense la fanno da padroni. “Io amo molto la conta-minazione. Qui, oltre alla drammaturgia, al canto, al ballo siaggiungono anche le acrobazie del circo”, ha dichiaratoColombi al Corriere della Sera. “Nel cast ci sono anche alcuniacrobati del Cirque du Soleil e degli Orfei. Esperti dei duecirchi hanno inoltre curato diverse scene”. In una di queste,tutti i 24 attori assaltano un vulcano in eruzione saltando datrampolini elastici. Tra gli acrobati Sefano Savio e SandyMedini.Il successo è legato alla fortuna del fenomeno dei Gormiti, ipersonaggi di un famoso gioco da tavolo distribuito in Italiadal Gruppo Preziosi, per l'esattezza dalla GIG e per l'edicoladalla Grani & Partners, società del Gruppo Preziosi. Questipupazzetti sono diventati oggetto di collezione: di plastica,alti circa 3-5 centimetri, “imbustati” singolarmente, accompa-gnati da una card che è una sorta di carta d’identità con ladescrizione delle caratteristiche del personaggio e un adesivocon uno dei sette "popoli" a cui i personaggi fanno capo. Ilgioco va a ruba fra i più piccoli, bambini dai 4 ai 7 anni, manon mancano parecchi adulti amanti del genere.

I Gormiti sono gli abitanti che popolano l'Isola diGorm, che un brutto giorno vengono sterminati dalsignore del Vulcano, Magor. Sopravvive alla furiadevastatrice solo "Il Vecchio Saggio" che crea ungioiello mistico con il quale dà vita alla prima ge-nerazione dei Signori della Natura: il popolo dellaTerra capitanato da Gheos, quello della Forestacomandato da Tasarau, quello dell'Aria guidato daNoctis e quello del Mare condotto da Poivrons. Lastoria è complessa, avvincente e fantastica e forseè questa la ragione della fortuna dei Gormiti, lecreature inventate da Leandro Consumi, anche intermini commerciali. Una saga che, con grande intuito,qualcuno ha pensato bene di trasporre in veste dispettacolo con risultati al botteghino davvero stra-bilianti. “Questa sorta di moderni soldatini, che

rappresentano per i bambini di oggi quello che indiani ecowboy rappresentavano per chi era bambino quarant'annifa, hanno scelto il teatro per presentarsi, per la prima volta,in carne, muscoli e ossa”, ha scritto Chiara Maffioletti sulCorriere della Sera dell’11 dicembre scorso. “Fino ad orainfatti, ad animarli era stata solo la fantasia dei bambini: nonè mai esistita nessuna serie televisiva, nessun libro, nessunfumetto. E nell'era dell'alta tecnologia, forse stupisce un po'che i più piccoli abbiano premiato così caldamente, facendolodiventare un fenomeno mondiale (un giro d'affari da 90milioni di euro), proprio un gioco che lascia liberal'immaginazione.” Dopo quattro giorni di spettacoli a Milano,con i bambini in lacrime quando si chiudeva il sipario e unpieno da grandi eventi, la carovana dei Gormiti ha iniziato aspostarsi in tutta Italia portando in scena l'Isola di Gorm aglialbori, una natura prepotente e rigogliosa che domina eaffascina in mezzo alla quale si muovono Il Trematerra,Magmion, Electricon e tanti altri. Nella lotta epica tra Benee Male un vincitore senz’altro c’è e alla fine non trionfanosolo i buoni ma anche gli incassi. E’ il “miracolo” del familyentertainment (che fa tesoro anche della capacità di attrazionedel circo, seppure in una nuova salsa), che sta conquistandofette di mercato sempre più ampie e non a caso il filone vedecimentarsi sempre nuovi imprenditori.

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