7 - capitolo 7 la moda informale

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VII LA MODA INFORMALE VII.1. LO SPORTSWEAR  Negli anni ottanta diverse attività sportive o comunque svolte all’aria aperta avevano “prestato” capi all’abbigliamento quotidiano: l’equitazione (Husky), la vela (henry Lloyd), la caccia (Barbour), il lavoro dei boscaioli (Timberland) ecc. capi che sono andati ad allargare il settore dell’abbigliamento casual, tipicamente riservato ad un utilizzo da tempo libero. Il casual si è trasformato ed è diventato sportswear , ovvero un insieme di capi pensati per un consumatore urbano che ama il comfort, la praticità e la flessibilità rispetto alle diverse occasioni d’uso; non è un caso, infatti, che lo sportswear sia entrato a far parte delle seconde e terze linee di molti stilisti. Ciò è avvenuto sotto l’effetto della spinta esercitata da diversi fattori, a cominciare da que ll’o nda ta di inf ormali int rod otta dai gio va ni a par tir e dag li an ni sessanta, alla gra nde espansione mondiale dei jeans ed il crescente successo sociale ottenuto dal mondo dello sport. Chi veste sportivo lo fa anche per incarnare, a prescindere dai limiti biologici ed anagrafici, valori legati alla giovinezza, diventata uno dei miti della società postmoderna. Questo tipo di abbigliamento sta riscuotendo grande successo anche per effetto del favore di cui gode la cultura americana nel mondo: una cultura libera ed orientata all’informalità. Non è un caso che la moda del cosiddetto  friday wear , ovvero la possibilità data ai dipendenti delle aziende statunitensi di vestire in modo informale e comodo il venerdì, si diffonda sempre più nel mondo e che l’abbigliamento informale tipicamente americano sia sempre più influente sulle tendenze della moda. Dagli Stati Uniti è venuta, negli ultimi anni, un’offerta caratterizzata da una grande attenzione per la portabilità dei capi firmati da grandi stilisti: Calvin Klein, Ralph Lauren, Donna Karan ecc. VII.2. LEVI’S E IL MITO DEI JEANS Dagli Stati Uniti vengono anche i pantaloni jeans, che rappresentano da oltre un secolo il capo base dell’abbigliamento informale. Sono arrivati a tale risultato attraverso la loro capacità di integrarsi con le principali dinamiche sociali. Convenzionalmente, la nascita dei jeans viene fatta risalire al 14 marzo del 1853, giorno in cui Levi Strauss, giovane ventiquattrenne di una famiglia ebrea bavarese emigrata negli Stati Uniti, arrivò a San Francisco dove era in pieno svolgimento la “corsa all’oro”. L’appartenenza ad una famiglia ebraica è stata importante nel caso di Levi Strauss anche  perché nei secoli il commercio degli stracci e delle stoffe è stato considerato molto umile e consentito soltanto agli ebrei, che hanno sviluppato pertanto una grande abilità in questo ambito

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VII LA MODA INFORMALE

VII.1. LO SPORTSWEAR

 Negli anni ottanta diverse attività sportive o comunque svolte all’aria aperta avevano“prestato” capi all’abbigliamento quotidiano: l’equitazione (Husky), la vela (henry Lloyd), la caccia

(Barbour), il lavoro dei boscaioli (Timberland) ecc. capi che sono andati ad allargare il settore

dell’abbigliamento casual, tipicamente riservato ad un utilizzo da tempo libero.

Il casual si è trasformato ed è diventato sportswear , ovvero un insieme di capi pensati per 

un consumatore urbano che ama il comfort, la praticità e la flessibilità rispetto alle diverse occasioni

d’uso; non è un caso, infatti, che lo sportswear sia entrato a far parte delle seconde e terze linee di

molti stilisti. Ciò è avvenuto sotto l’effetto della spinta esercitata da diversi fattori, a cominciare daquell’ondata di informalità introdotta dai giovani a partire dagli anni sessanta, alla grande

espansione mondiale dei jeans ed il crescente successo sociale ottenuto dal mondo dello sport.

Chi veste sportivo lo fa anche per incarnare, a prescindere dai limiti biologici ed anagrafici,

valori legati alla giovinezza, diventata uno dei miti della società postmoderna. Questo tipo di

abbigliamento sta riscuotendo grande successo anche per effetto del favore di cui gode la cultura

americana nel mondo: una cultura libera ed orientata all’informalità. Non è un caso che la moda del

cosiddetto friday wear , ovvero la possibilità data ai dipendenti delle aziende statunitensi di vestire

in modo informale e comodo il venerdì, si diffonda sempre più nel mondo e che l’abbigliamento

informale tipicamente americano sia sempre più influente sulle tendenze della moda. Dagli Stati

Uniti è venuta, negli ultimi anni, un’offerta caratterizzata da una grande attenzione per la portabilità

dei capi firmati da grandi stilisti: Calvin Klein, Ralph Lauren, Donna Karan ecc.

VII.2. LEVI’S E IL MITO DEI JEANS 

Dagli Stati Uniti vengono anche i pantaloni jeans, che rappresentano da oltre un secolo il

capo base dell’abbigliamento informale. Sono arrivati a tale risultato attraverso la loro capacità di

integrarsi con le principali dinamiche sociali. Convenzionalmente, la nascita dei jeans viene fatta

risalire al 14 marzo del 1853, giorno in cui Levi Strauss, giovane ventiquattrenne di una famiglia

ebrea bavarese emigrata negli Stati Uniti, arrivò a San Francisco dove era in pieno svolgimento la

“corsa all’oro”.

L’appartenenza ad una famiglia ebraica è stata importante nel caso di Levi Strauss anche

 perché nei secoli il commercio degli stracci e delle stoffe è stato considerato molto umile e

consentito soltanto agli ebrei, che hanno sviluppato pertanto una grande abilità in questo ambito

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commerciale. Levi Strauss ha avuto una grande intuizione quando ha pensato di produrre in serie su

misure fisse dei pantaloni. Possedendo solamente tela da tenda color cachi, è con questa che ha fatto

confezionare i primi pantaloni, all’epoca chiamati overall  per le grandi dimensioni (il termine

 jeans , probabilmente derivato da quello della città di Genova dove il tessuto impiegato veniva

commercializzato, è entrato nell’uso soltanto negli anni trenta del Novecento).

 Non si conosce quando sia nata effettivamente la forma attuale dei jeans poiché l’archivio

storico dell’azienda è stato distrutto da un incendio causato dal disastroso terremoto che colpì San

Francisco nel 1906. Probabilmente c’è stato un processo di miglioramento progressivo del modello

dei jeans, e nel corso degli anni sono stati inseriti elementi poco funzionali, ma estremamente

efficaci come segni di riconoscimento: i rivetti in rame che fissano le tasche agli angoli, la cucitura

a “M” sulle tasche che simboleggia l’aquila delle montagne californiane e il patch, l’etichetta con iltipo di modello, la taglia e due cavalli che tirano un paio di jeans introdotta nel1936.

La Levi’s, pur avendo cominciato nel 1882 a pubblicizzare il suo prodotto, ha

 progressivamente perso il monopolio della produzione dei jeans. È stata così affiancata dalla Lee

che ha introdotto nel 1926 la cerniera al posto dei bottoni, e dalla Wrangler, che ha lanciato nel

1906 la salopette e nel 1931 la “sanforizzazione”, procedimento mediante il quale si può limitare il

forte restringimento che subisce dopo il primo lavaggio il tessuto denim (utilizzato per produrre i

 jeans e il cui nome deriva probabilmente dalla città di Nimes in cui aveva avuto origine).

A partire dagli anni trenta del Novecento i jeans hanno conosciuto una nuova espansione:

nati come divisa da lavoro per i manovali del West, sono diventati la divisa per il tempo libero di

tutti gli americani. All’adorazione dei jeans da parte di tutti gli statunitensi hanno contribuito fattori

di tipo economico e sociale: l’elevata accessibilità dovuta al basso costo del prodotto, la nascita di

una nuova struttura residenziale suburbana basata su ville con giardino, la crescita delle attività

 praticate nel tempo libero, il formarsi del primo nucleo dei consumi di massa, la meccanizzazione

della produzione industriale e l’enorme crescita della classe media. La terza e più importante fase di

espansione dei jeans è incominciata dopo la Seconda guerra mondiale ed ha riguardato soprattutto

l’Europa, ma anche il resto del mondo.

Gli indumenti da riposo dei militari americani fabbricati dalla Levi’s in esclusiva, sono

diventati per gli europei il simbolo di quella ricchezza e di quella libertà che veniva espressa

all’epoca dagli Stati uniti, la nazione di coloro che avevano vinto la guerra e che avevano fatto

conoscere i jeans, ma anche la Coca-Cola, la gomma da masticare, le calze di nylon, i filmhollywoodiani ed il rock’n’roll . Un altro periodo particolarmente favorevole per i jeans sono stati

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gli anni sessanta e settanta, quando sono diventati la divisa dei movimenti giovanili e della

Woodstock generation. I jeans, esprimendo valori democratici e da abbigliamento puramente

maschile come erano all’origine, sono divenuti uno strumento in grado di favorire l’eguaglianza tra

i sessi.

Oggi i jeans hanno perso questi significati specifici e sono divenuti un indumento universale

e socialmente indifferenziato, un classico del vestire contemporaneo che si oppone, con la sua

stabilità, alle continue variazioni della moda, come del resto fa anche la T-shirt a partire dal 1942,

anno in cui la Marina degli Stati Uniti ne ha definito il modello di base, adottandola per i suoi

milioni di militari. I jeans hanno conquistato un posto importante e stabile nel sistema

dell’abbigliamento contemporaneo, al punto da poter essere considerato l’indumento più diffuso del

nostro pianeta.

VII.3. ADIDAS, NIKE, REEBOK: LO CHARME DELLO SPORT 

Le scarpe sportive hanno progressivamente dato origine ad un universo simbologico e merceologico

associato al fascino dello sport e particolarmente indicato per sintonizzarsi con le mode dei giovani.

Tale universo esercita un’influenza preponderante anche nell’abbigliamento quotidiano e rientra in

quella tendenza che rende informale il modo di vestire delle persone. È sorprendente pensare che

fino a un secolo fa le scarpe di tela erano considerate calzature povere e venivano associate a ladri ea malviventi.

 Nel 1895 William Foster, un atleta di buon livello, ha fondato a Bolton, in Inghilterra, per 

 produrre le scarpette sportive chiodate che aveva creato, un’azienda alla quale nel 1958 i suoi due

nipoti Joseph e Jeffrey hanno dato il nome Reebok (che deriva da quello di un’antilope africana).

 Nel 1908, invece, il marchese Converse ha creato nel Massachussetts l’omonima azienda,

che ha lanciato nel 1907 le prime All Star , le quali sino agli anni sessanta sono state impiegate da

tutti i giocatori di basket e sono diventate molto popolari per gli statunitensi.

 Nel 1926 la famiglia Dassler creava in Germania la Dassler Schufabrik le cui scarpe sono

state indossate da molti atleti delle olimpiadi del 1928, del 1932 e del 1936.

Dalla separazione nel 1948 dei due fratelli Adi e Rudi Dassler sono nate rispettivamente

Adidas e Puma. La prima è emersa come azienda leader del mercato mondiale negli anni settanta

grazie anche alla riconoscibilità dei suoi prodotti che portavano tre strisce parallele.

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 Nike è stata fondata negli anni settanta da Phil Knight, un contabile, e Bill Bowerman, che

lavorava come allenatore presso l’Università dell’Oregon, a Eugene. Nel 1972, a Beaverton, viene

fondata la Nike che porta il nome della divinità greca della vittoria perché il giovane designer 

dell’azienda Jeff Johnson aveva raccontato di essersi sognato la celebre dea alata e perché la parola

 Nike è facilmente pronunciabile in molte lingue.

 Negli anni ottanta e novanta è cresciuta enormemente la domanda di mercato delle scarpe e

dell’abbigliamento per lo sport. Le scarpe da ginnastica hanno assecondato queste richieste anche

mutando la loro natura, diventando cioè  sneakers, calzature sportive dall’immagine estremamente

tecnologica e molto espressive sul piano del design. Mentre Adidas continuava a preoccuparsi dei

corridori professionisti, Nike ha orientato le sue strategie verso i corridori dilettanti. In questo

modo, già alla fine degli anni settanta la metà delle calzature da corsa vendute erano Nike, i cui principali concorrenti erano Adidas e Reebok.

 Negli anni successivi, gli scarponcini alti e le canottiere da pallacanestro sono diventate

 parte integrante per la cultura hip hop dei giovani neri, così, gli afroamericani residenti nelle grandi

città adottando le  sneakers sono diventati un modello di riferimento in grado di stimolare il

consumo dei giovani residenti nelle aree bianche prettamente periferiche e rurali. Inoltre, grazie al

successo dell’aerobica nei primi anni ottanta, anche le donne hanno incominciato a praticare per la

 prima volta attività sportive andando a costruire un nuovo mercato: Reebok ha capito questo, ed ha

realizzato prodotti pensati appositamente per il pubblico femminile.

Figura 1