a casa mia la dimensione antropologica della cura: spunti di riflessione

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A CASA MIA La dimensione antropologica della cura: spunti di riflessione

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Page 1: A CASA MIA La dimensione antropologica della cura: spunti di riflessione

A CASA MIA

La dimensione antropologica della cura: spunti di riflessione

Page 2: A CASA MIA La dimensione antropologica della cura: spunti di riflessione

ANZIANI SI DIVENTA

Il nostro tempo appare delicato e ricco di contraddizioni: da un lato tutto sembra essere considerato con una attenzione quasi maniacale mentre, dall’altro, tutto appare essere lasciato alle possibilità del singolo e quindi l’attenzione all’altro appare come un’utopia.

Per capire cosa significa curare chi invecchia dobbiamo conoscere l’attuale contesto socio culturale che appare fortemente caratterizzato dal progresso tecnico e scientifico.

In esso quale posto ha la consapevolezza della fragilità umana e quindi dell’attenzione alle persone anziane?

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La paura d’invecchiare

La cultura attuale sogna LA PERFEZIONE una umanità perfetta un corpo perfetto eliminazione totale del dolore salute piena pretesa di vincere la morte, gestendola in

proprio, anticipandola (eutanasia), o procrastinandola (accanimento terapeutico).

rischio di nascondere a se stessi le proprie debolezze e la possibilità inevitabile d’invecchiare

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Vecchiaia come possibilità

L’anziano perde certezzeFisiologia in mutamentoPsicologia delicata: opportunità e rischi

L’anziano dentro una nuova stagione della vita

Una relazionalità feconda Una necessità nuova di cura

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DALLA COMUNITÀ servizioALLA COMUNITÀ sanante

Per curare veramente secondo la logica del dono e della crescita personale del soggetto è necessario passare da una comunità che eroga servizi ad una comunità che si prende cura di coloro che vivono un periodo particolare della loro storia

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UNA COMUNITÀ TERAPEUTICA

Curare (un’attenzione per una parte dell’altro)

Prendersi cura (un’attenzione all’altro come persona)

Avere a cuore (un’attenzione relazionale che accompagna l’altro)

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TRE ATTEGGIAMENTI PER INCONTRARE L’ALTRO

Creare uno spazio per l’altro (accogliere)

Regalare relazioni e atteggiamenti positivi (ascoltare)

Entrare nel mondo del malato (guardare)

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1. Creare uno spazio per l’altro (accogliere)

Le relazioni significative con anziani e famigliari si creano solo con il presupposto di una reale ospitalitas capace di dare uno spazio dove il malato e-o l’anziano stesso possa sostare

Persona con diritti Uomo con dignità Vicenda umana con le sue problematiche

personali a volte aggravate dalla malattia Atteggiamenti esteriori ed espliciti che dicano

accoglienza e rispetto (verbali e non verbali)

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2. Regalare relazioni e atteggiamenti positivi (ascoltare)

L’ascolto è positivo per tutti.

L’ascolto è una potentissima terapia: la parola dell’altro mi conduce e mi guida.

Al centro il dialogo attivo: i due interlocutori non si escludono a vicenda ma si integrano.

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3. Entrare nel mondo del malato (guardare)

Necessità di una comprensione empatica:

Una comprensione empatica – differente da quella sim-patica – chiede di entrare nella storia dell’altro e di considerarla come se fosse la propria (entrare nei panni dell’altro) assumendo tuttavia una posizione neutrale nei confronti dei problemi dell’altro onde evitare di venire travolti dalla situazione stessa.

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Per il cammino di tutti …

Una vera comunità che impara a prendersi cura degli anziani è innanzitutto luogo di ascolto, di fraternità e di relazioni significative, buone e forti, semplici e gratuite.

Una comunità aperta al debole accoglie il mandato che rende coloro che vivono in quella stessa comunità dei donati a… e donanti a…, la Communitas è dunque l’insieme di persone unite non da una proprietà, da un possesso, da un di più ma da una mancanza, una povertà, un di meno: solo così scaturisce l’aiuto e la consolazione verso chi soffre ed è nel bisogno.

In sintesi comprendiamo come solamente una comunità sana possa essere comunità che cura ma questo è possibile solo se una comunità è innanzitutto sanata, cioè una comunità che riconosce le proprie ferite e le ammette: in questa apertura trova spazio la cura all’altro che è sì altro da me ma è pure altro come me.