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UNIVERSITÀFOCUS LUNEDÌ 02 GENNAIO 2017
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Le classifiche del Sole 24 Ore. Nel nuovo ranking sulla qualità di didattica e ricerca migliorano università meridionali come Salerno e Foggia, ma nel complesso il Sud resta in difficoltà
Verona e Trento al vertice degli ateneiTra le statali sul podio anche il Politecnico di Milano - Tra le non statali bene la Luiss e la Bocconi
Gianni Trovati
pLa qualità universitaria italiana continua ad abitare alNord, da Verona a Trento, dalPolitecnico di Milano a Bologna, e fra i poli non statali ripropone il solito terzetto ditesta: la Luiss, però, supera diun’incollatura la Bocconi, chesi piazza al secondo posto precedendo il San Raffaele.
Il Mezzogiorno continuainvece a soffrire e occupa stabilmente gli ultimi scalini delle graduatorie, chiuse anchequest’anno dalla Parthenopedi Napoli fra gli atenei statali edalla Kore di Enna fra quellinon statali: anche a Sud, però,qualcosa si muove: Salernoconsolida il proprio status di“eccezione territoriale”, e scala dieci posizioni passando dalla 26esima posizionedel 2015 alla casella 16 e centrando il miglioramento piùnetto a livello nazionale, macrescono anche le quotazionidi Foggia, che sale di cinqueposizioni, di Messina, Campobasso e Lecce, tutte con unguadagno di quattro posti inclassifica rispetto all’annoscorso, e del Politecnico diBari, che di scalini ne guadagna tre. Al contrario viaggiano le università calabresi, con
la Mediterranea che perde 7posizioni (peggioramento più significativo a livello nazionale) e quella di Cosenzache ne lascia sul campo sei.
La nuova edizione deiranking universitari del Sole 24 Ore, articolata sui 12 indicatori tradizionali che puntano a misurare i risultati di didattica e ricerca, mostra insomma una geografia della qualitàaccademica sempre più consolidata, soprattutto per igrandi atenei. Da segnalare ibalzi di Modena e Reggio (seiposizioni in più dell’annoscorso, come Chieti) e del Politecnico di Torino (+5), mentre tra i grandi poli in arretramento si incontrano Genova(5) e Firenze (4). Questa architettura conferma che gliindicatori utilizzati per costruire il ranking riescono amisurare le dinamiche consolidate dell’accademia italiana,e che le performance delle diverse strutture sono figlie di fattori di lungo periodo chehanno bisogno di tempo permostrare significativi cambi di ritmo.
Fin qui le classifiche generali, che servono a dare un’indicazione di massima (e perquesto sono utilizzate anchedalle istituzioni che misuranoin termini ufficiali la qualità universitaria spesso per distribuire una quota di fondipubblici) e una sintesi di fenomeni complessi, ma che da sole non bastano certo a dare indicazioni complete sulla nostra accademia. O a dire, sempre da sole, quale universitàsia da frequentare e quale siainvece da trascurare.
Una scelta di questo tipo, dacondurre con consapevolezza sempre maggiore soprattutto in tempi nei quali il mercato del lavoro non offre soluzioni facili, va basata sull’esame di una serie di dati moltopiù ampia, di cui gli indicatorie i punteggi pubblicati in queste pagine offrono solo la sintesi sommaria. Per questa ra
gione il Sole 24 Ore, con unascelta di trasparenza che conduce ormai da anni, offriràdalla prossima settimana sulproprio sito Internet(www.ilsole24ore.com) undossier di documentazione incui per ogni indicatore sono disponibili i dati di base, consultabili in fogli excel in formaaperta per soddisfare le esigenze informative dei diversipubblici che consultano ilranking. Studenti e famigliehanno la possibilità di consultare i dati di base che producono ogni singolo indicatore,suddivisi per aree di studioquando le fonti ufficiali permettono questa scomposizione. Docenti e strutture tecniche delle università, dal cantoloro, hanno la possibilità diutilizzare questi database perverificare gli effetti delle loropolitiche e condurre verifichee confronti con i risultati ottenuti dagli atenei “concorrenti”. Nascono da qui anche azioni di “autocorrezione”come quelle realizzate in questi anni da alcuni atenei su temi delicati come l’accreditamento degli stage o gli sforzi(talvolta affannosi) di allargare la platea degli studenti cheottengono davvero la borsa distudio dopo essersi visti riconoscere il diritto (si veda anche l’altro articolo in pagina).
Estrarre dal mare dei datidodici indicatori sintetici, eda lì trarne una classifica complessiva, è insomma un esercizio inevitabilmente arbitrario, che mette a confrontostrutture diverse per storia,dimensioni e contesto territoriale. I dati sul successo occupazionale o sulla trama deglistage certificati dal riconoscimento dei crediti formativisono evidentemente influenzati dalla presenza di un tessuto produttivo e dei servizi dinamico e interessato alle competenze accademiche, e quindi “favoriscono” le areepiù vivaci del Nord e le grandicittà. I Politecnici hanno caratteristiche proprie, e fannouna gara a sé sulla base dellecaratteristiche proprie deglistudenti di ingegneria e architettura, mediamente più puntuali e mobili dei loro colleghidelle facoltà umanistiche. Così fondato, però, l’esercizio offre indicazioni solide che trovano nei singoli indicatorispunti articolati a seconda degli ambiti di interesse dei diversi lettori.
Come sempre, gli indicatori sono divisi in due grandiambiti. I primi nove misurano il polso alle attività di didattica dei singoli atenei, dalla solidità della struttura deidocenti alla capacità di garantire puntualità negli studi, collegamenti internazionali ed esperienze lavorativedurante il corso di laurea. Gliultimi tre misurano invece irisultati della ricerca, in tremacroambiti esaminati dall’Agenzia nazionale di valutazione: la qualità della produzione scientifica, quelladei dottorati e la capacità deidipartimenti di ottenere finanziamenti esterni per i loro progetti. Su questi ultimiaspetti l’Anvur ha diffusonelle scorse settimane i primi dati generali del ciclo20112014 di valutazione dellaqualità della ricerca (Vqr),ma i ranking utilizzano i datidi dettaglio che saranno diffusi solo nei prossimi mesidall’agenzia. Per questa ragione, i tre indicatori si riferiscono inevitabilmente agliesiti della Vqr precedente,relativa al 20042010.
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L’ANALISI
StefanoPaleari
Quel migliomancanteper il verosalto di qualità
u Continua da pagina 1
D a sottolineare anche ilcompletamento dellaseconda «Vqr», la
“valutazione della qualità della ricerca”. Rispetto a quella iniziale, che si riferiva al periodo 20042010, la nuovasembra evidenziare una maggiore qualità diffusa nelle Università italiane. Restano le differenze tra gli Atenei ma possiamo dire che i vagoni lenti hanno accelerato senza rallentare quelli veloci.
Come terzo punto, va senzadubbio rilevato un sistema di finanziamento che ormai attribuisce su base competitiva più della metà dei fondi. Si tratta di un traguardo che vede l’Università italiana primeggiare a livello europeo.
Infine, una ritrovata unitàdel sistema universitario pur all’interno di un contesto di risorse decrescenti e nella valorizzazione delle differenze che pure esistono.
Nell’ultimo periodo, poi, pare essersi arrestata l’emorragia di studenti, anche in molte università del Sud, a testimonianza del lavoro svolto da dirigenti coraggiosi e accademici determinati. Ovviamente, il diritto allo studio, oggi insufficiente, resta fondamentale e questo Parlamento ha dimostrato una consapevolezza e una volontà ben oltre i confini della maggioranza governativa.
Fin qui le note positive che,per una volta, vale la pena menzionare prima delle dolenti. Sui fondi, inutile continuare a citare i tagli effettuati dal 2008; si sappia però, per evitare confronti davvero impropri, che le entrate correnti della sola Harvard o di Stanford valgono più di due terzi di tutto il finanziamento italiano. E che questo è un terzo di quello tedesco.
In realtà, la questione più urgente è quella giovanile. Due numeri: diecimila dottori di ricerca all’anno che si battono per meno di mille posizioni di ricercatore. E poi, pochissimi professori con meno di 40 e 50 anni e con dinamiche salariali tali per cuiil loro stipendio è inferiore alla pensione dei colleghi più anziani. Se non si interviene, anche ciò che di buono è stato fatto negli ultimi anni rischia di essere messo in discussione.
Oggi il Governo ha davantia sé un’agenda chiara e, aldilà delle modalità scelte per alcune iniziative (le cosiddette cattedre Natta), che a mio avviso vanno corrette (per esempio trasformandole in un piano “giovani ricercatori eccellenti” selezionati secondo standard internazionali), c’è spazio politico anche in questo
ultimo scorcio di legislatura. Mi permetto di suggerire pochi punti, rivolti in prevalenza ai giovani:
1) rivedere le modalità di ingresso in università, oggi estenuanti fino alla patologia, e consentire ai bravi di entrare presto e agli altri di dirigersi verso altre strade;
2) ridurre il gap tra dottoridi ricerca e nuovi ricercatori per evitare frustrazioni e brain drain;
3) aumentare la libera circolazione dei ricercatori, favorendo la mobilità tra gli atenei italiani;
4) promuovere in sede europea più libertà, che equivale a più opportunità: più libertà di movimento, attraverso il riconoscimento di un unico piano previdenziale; più libertà di ricerca e di didattica attraverso la promozione di progetti e carriere multidisciplinari sui grandi temi della società; più libertà di gestione, cioè maggiore flessibilità amministrativa in cambio della certificazione esterna dei bilanci; più flessibilità nel valutare le
risorse umane con percorsi di carriera accelerati e premi al risultato.
A fronte di queste richieste,spesso prive di impatto economico, alle università è chiesto di fare ogni sforzo affinché la loro attività sia il più possibile di impatto per la società.
C’è da far ripartire il Paese,si devono accendere i motori, quelli della conoscenza e quelli di una nuova industria. Non perdiamo questa occasione.
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LE NOTE POSITIVEBene l’affermazionedei costi standarde l’attribuzionesu base competitivadi oltre la metà dei fondi
I PUNTI CRITICIIl nodo centrale restala questione giovanile:anche i ricercatori più bravi fanno faticaa entrare nel sistema
ANNA GODEASSI
Diritto allo studio. Solo il 56% degli «idonei» riceve davvero il sostegno nel corso dell’anno accademico
Borsa negata a uno studente su duepPoco più di un’università su due riesce a garantire con la dovuta tempestività la borsa di studio a tutti gli studenti che ne hanno diritto. Rispetto agli anni scorsi, il dato è in leggero miglioramento, anche grazie al fatto che l’indagine condotta oggi èandata oltre i dati ufficiali del ministero per abbracciare anche le borse erogate più o meno affannosamente con risorse alternative come il fondo sociale europeo,ma il problema rimane grave.
A indicare il diritto alla borsadi studio sono dati fissati dalla legge, cioè l’Isee (indicatore della situazione economicaequivalente) e l’Ispe (indicatore della situazione patrimonialeequivalente), ma tanta “scientifica” oggettività si perde quando si passa all’atto pratico. Il ri
conoscimento dell’«idoneità»,cioè del diritto dello studente aottenere la borsa, spesso si perde nell’assenza di risorse pertradurlo in realtà.
La responsabilità è prima ditutto delle regioni, che hanno la competenza diretta sul tema e spesso hanno deciso di tagliare questa voce di bilancio ritenendola secondaria anche sul piano politico, ignorando l’ovvia considerazione che ridurre questerisorse significa mettere un’altra
piccola ipoteca sul futuro. Gli atenei nelle regioni più problematiche, quindi, non possono che limitarsi a prendere atto della situazione, e in qualche caso adavviare appunto la ricerca alternativa da questo o quel fondo: con il risultato, paradossale, che a volte la borsa arriva anche molto tempo dopo la fine dell’anno accademico a cui si riferisce(ma queste borse ritardatarie, attribuite dopo il 31 ottobre e quindinei fatti un rimborso ex post che abbandona il ruolo vero di finanziare gli studi di chi non ha i mezzi, non sono calcolate negli indicatori del ranking).
Dal punto di vista dello studente, però, quello che conta è il risultato finale, perché se la borsadi studio non c’è poco importa che a farla mancare sia la regione
o l’ateneo. Ad aggravare il problema c’è il fatto che ancora una volta sono le regioni del Sud a mostrare i dati più sconfortanti.All’Orientale di Napoli solo il 15,6% degli studenti hanno visto realizzato il loro diritto alla borsadi studio, a Benevento i “fortunati” sono il 22,3% mentre a Catanzaro si arriva al 25,4% e a Palermoal 35,4 per cento. Sono numeriche parlano da soli, e che sanciscono il fatto che il diritto è negato proprio dove le condizioni economiche delle famiglie lo rendono più indispensabile. Anche questo aiuta a spiegare i più bassi tassi di iscrizione all’università, e gli alti abbandoni, checaratterizzano il Mezzogiorno: chi ha i mezzi spesso sceglie di trasferirsi in atenei delle regioni che offrono più chance professionali, e chi non li ha rinuncia deltutto all’università.
G.Tr.© RIPRODUZIONE RISERVATA
I MOVIMENTIBalzi in avanti per Modena, Chieti e il Politecnico di Torino mentre tra i poli maggiori arretranoGenova e Firenze
LE CAUSESul banco degli imputatic’è il taglio delle risorsedeciso da molte Regioniche hanno ritenuto questa spesa «secondaria»
La didattica. Bologna primeggia nella specialegraduatoria calcolata su nove indicatoriupagine 8 e 9
La ricerca. Dopo le prime della classe ottimo risultato per Padova e Milano Bicocca upagine 8 e 9
Gli stage. Brescia, Insubria e Piemonte Orientalesi confermano nelle posizioni più elevateupagine 8 e 9
Rank 2016 e differenza sul 2015
Chi sale e chi scende
Rank Ateneo Diff.
1 Verona 0
2 Trento 0
3 Bologna 0
4 Politecnico di Milano 0
5 Milano Bicocca 1
6 Padova -1
7 Politecnico di Torino 5
8 Siena -1
9 "Ca' Foscari" di Venezia 0
10 Piemonte Orientale 3
11 Pavia -1
12 Politecnica delle Marche -4
13 Macerata -2
14 Ferrara 0
15 Modena e Reggio Emilia 6
16 Salerno 10
17 Milano -2
18 Tuscia -1
19 Udine -1
20 Firenze -4
21 Iuav di Venezia -2
22 Stranieri di Siena -2
23 Torino 1
24 Roma "Foro Italico" -1
25 Brescia -3
26 Pisa -1
27 ChietiPescara 6
Rank Ateneo Diff.
28 Roma "La Sapienza" 0
29 Trieste 1
30 Perugia 5
31 Foggia 5
32 Insubria -5
33 "L'Orientale" di Napoli 1
34 Genova -5
35 Messina 4
36 Roma "Tor Vergata" 4
37 Teramo -6
38 Bergamo -6
39 Parma -2
40 Catanzaro 1
41 Roma Tre -3
42 Camerino 1
43 Sannio di Benevento -1
44 Basilicata 0
45 Molise 4
46 Salento 4
47 Cassino e del Lazio Merid. 0
48 L’Aquila 5
49 Politecnico di Bari 3
50 Sassari -2
51 Stranieri di Perugia -5
52 Mediterranea di Reggio C. -7
53 Urbino "Carlo Bo" -2
54 Catania 2
Rank Ateneo Diff.
55 Palermo 0
56 Seconda Univ. Napoli 1
57 Napoli "Federico II" 1
58 Bari 2
59 Cagliari 0
60 Della Calabria -6
61 "Parthenope" di Napoli 0
Fonte: elaborazioni del Sole 24 Ore
Rank 2016 e differenza sul 2015
Ateneo Rank Diff.
Luiss "Guido Carli" Roma 1 1
Bocconi Milano 2 -1
S. Raffaele Milano 3 0
Libera Università di Bolzano 4 0
Univ. "Campus BioMedico" Roma 5 2
Liuc 6 -1
Cattolica del Sacro Cuore 7 -1
Valle d'Aosta 8 0
Iulm Milano 9 0
Suor Orsola Benincasa 10 1
Libera Univ. "Maria Ss.Assunta" Roma 11 -1
UNINT (ex Luspio) 12 0
Lum Casamassima (Ba) 13 0
"Kore" Enna 14 1
Europea Roma N.c. N.d.
La classifica delle statali
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