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■ 48

la Repubblica

DI REPUBBLICA

■ 48

GIOVEDI 13 FEBBRAIO 2014

la Repubblica

DIARIODI REPUBBLICA

ternazionale. Specialmente eu-ropea. Perché questo piccologrande paese incastonato nelcuore dell’Unione Europea, cuirifiuta orgogliosamente di ade-rire, ha di fatto ancorato la suamoneta all’euro e sviluppa oltredue terzi del suo commercio coni paesi comunitari. Sicché limi-tare la libertà di circolazione del-le persone significa rimettere indiscussione l’insieme degli ac-cordi e delle prassi che connet-tono in materie diverse e in va-

riabile misura la Svizzera all’U-nione Europea e ai suoi Statimembri.

Il voto del 9 febbraio non èdunque solo politica interna el-vetica, è soprattutto politica eu-ropea. Tocca infatti alle diplo-mazie comunitarie e a quellasvizzera sciogliere i nodi del pa-radosso prodotto da un voto cherisponde alla paura dell’invasio-ne straniera – riflesso profondoche di tanto in tanto riemerge insuperficie – colpendo di fatto gli

Gli Stati, come i pugi-li, sono classificatiper categorie di pe-so. Sul ring della po-litica internaziona-

le, la Svizzera è fuori quota. Piùprecisamente, come stabilì l’al-lora segretario generale delleNazioni Unite, Kofi Annan, è unpaese che “combatte in una ca-tegoria superiore” rispetto aquanto indicato dalla bilancia,spesso truccata, che determinail rango di un pugile o di uno Sta-to.

La Confederazione cambiainfatti di valore a seconda dell’u-nità di misura adottata: con ap-pena 8 milioni di abitanti (di cuiquasi un quarto stranieri) in 41mila chilometri quadrati, è il no-vantaduesimo Stato per popo-lazione e il centotrentaduesimoper superficie. Ma è nel club del-le venti massime economie pla-netarie ed è soprattutto la setti-ma piazza finanziaria, con laquinta moneta al mondo quan-to a volume di transazioni – ilfranco svizzero, simbolo di sta-bilità per antonomasia. È la cas-saforte riservata di mezzo mon-do (almeno di quello ricco),sto-ricamente fondata sul segretodel cliente, ma che con l’esplo-sione della crisi finanziaria glo-bale e la necessità per gli Stati direcuperare quote di evasione fi-scale si trova sotto schiaffo, bol-lata con lo stigma della “lista ne-ra” da paesi che spesso coltivanoserenamente i propri capitalianonimi. Di qui il braccio di fer-ro negoziale con l’Italia, che ver-te sul destino di quei 160 miliar-di di euro di provenienza nostra-na che secondo Roma sono im-propriamente custoditi da ban-che elvetiche.

Non solo banche, però. LaSvizzera schiera grandi aziendeglobali, coltiva la fama di pro-duttore di qualità (al di là dellacioccolata e degli orologi), esibi-sce tecnologie avanzate e uni-versità di punta, come i politec-nici di Losanna e Zurigo. Sotto ilprofilo geopolitico, giocando lacarta della neutralità e del prag-matismo, Berna è spesso al cen-tro delle grandi partite interna-zionali senza troppo apparire,così evitando di esporsi alle con-seguenze della sovraesposizio-ne di potenza di cui soffronoquei pesi massimi che non rie-scono a trattenersi dall’esibire imuscoli.

Insomma, la Svizzera conta.Per questo l’effetto del referen-dum con cui il 9 febbraio il 50,3%dei suoi elettori ha approvato lavolutamente vaga proposta dicontingentare l’immigrazioneha suscitato un’onda d’urto in-

timorosi dell’“inforestierimen-to” e del dumping sociale ali-mentato dalla manodopera po-co qualificata proveniente dasud.

Dopo le prime reazioni a cal-do con relative contromosse deiVentotto sui dossier negozialieuro-svizzeri e le minacce nem-meno troppo velate di ben piùaspre rappresaglie, anche lecancellerie europee dovrannoscegliere un percorso, che pre-sumiamo come sempre cacofo-

interessi materiali di chi si èschierato a favore dell’iniziativapromossa dalla destra anti-eu-ropea di Christoph Blocher,blandamente osteggiata dai“poteri forti” e dallo stesso go-verno di Berna.

L’ex presidente della Bancanazionale svizzera e attuale nu-mero due di BlackRock, PhilippHildebrand, ha colto perfetta-mente sul Financial Times i ter-mini del dilemma: «Un paese si-tuato nel cuore dell’Europa oraaffronta una dura scelta. Vuolecontinuare a godere della pro-sperità che deriva da un’econo-mia profondamente integrata inEuropa e accettare la parzialeperdita di sovranità politica chene scaturisce? O preferisce ridi-ventare padrone assoluto di sestesso, scontando l’abbassa-mento della qualità della vitaconseguente al progressivo di-stacco dai mercati europei?». Inparole povere: la Svizzera puòtornare isola o restare giocatoreglobale. Non le due cose insie-me.

La scelta investe la stessaunità nazionale, in un paesemulticulturale che almeno apartire dalla prima guerra mon-diale entra in tensione lungo lelinee di faglia linguistiche – fran-cofonia versus germanofonia,con gli italofoni vicini alla secon-da famiglia – ogni qualvolta leacque europee si agitano. Il 9febbraio abbiamo ritrovato laRomandia più aperta e tolleran-te versus i tedescofoni dei canto-ni “forestali” e i ticinesi italofobi,

MAX FRISCHGuglielmoTell per lascuolaSkira2013

StillerMondadori2002

Fogli daltascapaneCasagrande2000

Libretto di servizioEinaudi1977

FRIEDRICHDÜRRENMATTLa valle del caosFeltrinelli2009

Il sospettoFeltrinelli2001

JACOPO FOR. GUERRAPerché gli svizzerisono piùintelligentiBarbera2014

P.FERRAGUTTIO.MAZZOLENIM. STANGAL'Europa vista dal TicinoCantone TicinoUff. Statistica2007

J.-JACQUESLANGENDORF Neutrale contro tuttiSettecolori2007

HERMANNHESSEL’ultima estate di KlingsorGarzanti1999

PeterCamenzindMondadori1998

LIBRI

La Svizzera era un’isola, bagnata su un lato dairimbombi di tuono intorno a Gorizia e sull’altrolato dalle cateratte lungo la Somme e l’Aisne. Per

una volta sembrava che nei cantoni ci fossero più stra-nieri degni di nota che ammalati, ma per scoprirlo civoleva intuito: gli uomini che sussurravano nei di-messi caffè di Berna e di Ginevra potevano anche es-sere venditori di diamanti o commercianti in viaggiod’affari. Comunque non erano passati inosservati ilunghi convogli di uomini ciechi o con una gamba, oaddirittura ridotti moribondi. Nelle birrerie e nelle ve-trine spiccavano i vivaci manifesti che mostravano glisvizzeri in difesa delle loro frontiere nel 1914: concoinvolgente ferocia, giovani e vecchi scrutavano dal-le cime dei monti i fantasmi dei francesi e dei tedeschi;lo scopo era rassicurare i cuori svizzeri di aver presoparte alla contagiosa gloria di quei tempi.

SILLABARIOSVIZZERA

FRANCIS SCOTT FITZGERALD

Il referendum contro l’immigrazione riporta l’attenzionesulla Repubblica elvetica, con la sua forza economicae il tradizionale orgoglio per lo splendido isolamento

Non solo banche cheproteggono la riservatezzama anche industrie globalitecnologie avanzatee università d’eccellenza

Eccellenza

Un voto che rispondealla paura dello stranieroe colpisce di fattogli interessi dei poteriforti, che erano contrari

Paura

LUCIO CARACCIOLO

SIMBOLOIn alto,La bandierasvizzera(anonimo,litografia,1880 circa)In basso,il territoriosvizzeroin unacartolinapostale delXIX secolo

SFIDAGuglielmo Tell prova a infilzare la mela sul capo di suo figlio (incisione del XVIII secolo)

Quella piccola grande potenzaspina nel fianco dell’Europa

SVIZZERA

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LA CONFEDERAZIONELa confederazioneelvetica moderna nascecon la Costituzione del 1848, da alloraemendata poche volte

In Svizzera, con 500 anni didemocrazia e pace, cos’hannoprodotto? L’orologio a cucùIl terzo uomo, 1949

Orson Welles

Adesso tutto il paese vivevadi stranieri, o andava in rovinaquando gli stranieri non c’eranoLa valle del caos, 1989

Friedrich Dürrenmatt

Credo nell’esistenzadell’Universo con l’eccezionedi qualche cantone svizzeroIl dormiglione, 1973

Woody Allen

Le tappe

Gli autori

IL SILLABARIO di Francis Scott Fitz-gerald è tratto da Tenera è la notte(Bur). Lucio Caracciolo è direttore diLimes. Orazio Martinetti è un giorna-lista e saggista nato nel Canton Ticinoed è esperto di identità svizzera. Il suoultimo libro è La matrigna e il monello(Dadò editore).

I Diari online

TUTTI i numeri del “Diario” di Repub-blica, comprensivi delle fotografie e deitesti completi, sono consultabili su In-ternet in formato pdf all´indirizzo webwww.repubblica.it. I lettori potrannoaccedervi direttamente dalla homepa-ge del sito, cliccando sul menu “Sup-plementi”.

OGGIUn referendum popolareimpone la negoziazionecon l’Europa di quoteagli stranieri in SvizzeraL’Ue minaccia ritorsioni

IL “NO” ALL’ONUIn un referendum del 1986 gli svizzerihanno rifiutato l’ingressonell’Onu, alla fineapprovato nel 2002

IL REFERENDUML’istituzione delreferendum in Svizzeraavviene nel 1874;le cosiddette “iniziativepopolari” nel 1891

THOMASMANNLa montagnamagicaMondadori2010

NICCOLÒMACHIAVELLI Il principeDonzelli2013

FRANCIS S.FITZGERALDTenera è la notteEinaudi2014

ANDREAFAZIOLICome rapinare una bancasvizzeraTea2012

L’uomo senza casaGuanda2008

FRIEDRICHSCHILLERGuglielmo TellEinaudi1989

REMIGIORATTILeggere la SvizzeraCasagrande2005

R. GOSCINNYA. UDERZO Asterix e gli elveziMondadori1985

GEORGE B.SHAWGinevraMondadori1949

EMILIO R.PAPAStoria della SvizzeraBompiani2004

LIBRI

La problematica convivenza tra diverse componenti linguistiche

Parlare di “identità”, per il casosvizzero, è facile e difficile ad untempo. Facile se risaliamo al-l’età medievale, al mito di Gu-

glielmo Tell, il Robin Hood alpino che siribella al balivo inviato dagli Asburgo,uccidendolo con un dardo; difficile seconsideriamo lo sviluppo storico dellaLega confederata o Corpus Helveticum,sia in età moderna, sia negli ultimi duesecoli, in particolare dopo il varo dellaCostituzione del 1848, la carta fondantedella Svizzera moderna, liberale e re-pubblicana.

Dall’esterno parve più agevole iden-tificare i tratti specifici degli svizzeri. Giànel ’500 Machiavelli e Guicciardini in-tuirono che nel cuore delle Alpi si era an-data formando una comunità di mon-tanari diversa da tutte le altre, non tan-to nei costumi quanto nel modo di go-vernarsi: gestione oculata delle (scarse)risorse naturali, forme di democraziadiretta, difesa armata. Rousseau, “ci-toyen de Genève”, rimase colpito dallasemplicità e frugalità di quei rustici che,

per fortuna loro, erano rimasti immunidai vizi della vita urbana. Diderot e d’A-lembert, addirittura, ne esaltarono l’in-dole scrivendo della “felicità di esseresvizzeri” (espressione poi ripresa da va-ri autori in tempi recenti). Le corti euro-pee, invece, ostentarono sufficienza, senon disprezzo. Gli svizzeri erano in fon-do dei semplici vaccari (“Kuhschwei-zer”), gente rozza e avvezza unicamen-te all’uso delle armi.

Caduto l’antico regime, e con esso lemonarchie assolute, l’immagine dellaConfederazione, nel frattempo diven-tata Stato federale, subì una drastica re-visione, almeno tra le classi colte. Pianpiano si scopriva che il paese s’era datoun insieme di istituzioni e regole di con-dotta che potevano fungere da modello:democrazia semi-diretta, impianto go-vernativo di tipo federale, ovvero pre-minenza del potere decentrato, neutra-lità in politica estera, esercito di milizia(ogni cittadino maschio è anche solda-to). Si diffuse così l’idea che la Svizzeranon fosse uno stato come gli altri, bensìun “Sonderfall”, un’eccezione, un casoparticolare nel panorama europeo. Lasua neutralità integrale l’ha salvata dal-le dittature e dalle catastrofi belliche chehanno insanguinato la prima metà delNovecento; e successivamente le haconcesso di seguire con distacco, nel se-condo dopoguerra, la costituzione delMercato comune europeo. Nel frattem-po, tuttavia, la fisionomia della Svizzeramutava, non più un’arcadia incontami-nata ma un arcipelago di centri urbani

ORAZIO MARTINETTI

in rapida espansione, trainati da un’e-conomia che faceva dell’alta tecnologiae dell’intermediazione bancaria i suoipunti di forza. Fabbriche e imponentiopere del genio civile (gallerie, dighe, li-nee ferroviarie, autostrade) attiravanosul suolo elvetico migliaia di “Gastar-beiter”, provenienti soprattutto dalleregioni povere dell’area mediterranea.

Vista dall’interno, invece, l’identitànon è mai apparsa nettamente definita.Le vicende endogene, soprattutto inepoca contemporanea, offrono un pae-saggio costellato d’incomprensioni efratture, di attriti tra la maggioranza te-descofona (che oggi compone il 66%della popolazione) e le altre minoranzelinguistiche: più consistente e combat-tiva quella romanda, più ridotta ma nonmeno orgogliosa quella svizzero-italia-na (Ticino e valli italofone dei Grigioni).

All’Esposizione universale di Sivigliadel 1992 fece scalpore il motto “Sviza noexiste” utilizzato per pubblicizzare ilPadiglione rossocrociato. Anche il sag-gista Alain Pichard giunse alla conclu-

sione che «la Romandie n’existepas», laRomandia non esiste. Ma gli esempi sipotrebbero moltiplicare. La crisi più se-ria, che condusse il paese sull’orlo delladissoluzione, si verificò alla vigilia dellaprima guerra mondiale, con gli svizzerifrancesi schierati, idealmente, accantoalla Francia e ai suoi alleati, e i cantonigermanofoni sedotti dalla potenza mi-litare degli imperi centrali. La successi-va ascesa, negli anni Venti e Trenta, deiregimi totalitari provvide a colmare ilfossato e a cementare la coesione na-zionale.

Un altro banco di prova lacerante fu-rono le iniziative xenofobe promossedall’Azione nazionale alla fine degli an-ni ’60: anche qui le spaccature furonoprofonde, perché le campagne prende-vano di mira non soltanto gli immigrati(perlopiù italiani), ma i valori a cui si ri-facevano le singole stirpi minoritarie,quella italofona e quella romancia inparticolare.

Siamo dunque di fronte a un para-dosso, ad un’identità che si afferma at-traverso la sua negazione? Nella realtàelvetica è proprio questo che avviene,un’identità come costruzione socialesempre in fieri, sempre in cantiere, frut-to d’innumerevoli mediazioni tra mag-gioranze e minoranze, tra autoctoni estranieri, tra città e campagna, tra il glo-bale e il locale; un «composto chimicoinstabile» che a volte produce reazioniesplosive, com’è successo lo scorso 9febbraio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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nico (ognuno per sé nessuno pertutti), con Bruxelles impegnatain un pallido quanto futile eser-cizio di regia. Il rapporto conBerna in questa partita apertis-sima – il governo svizzero ha treanni di tempo per fissare le quo-te migratorie – sarà un interes-sante rivelatore di come i mem-bri dell’Unione ne immaginanoil futuro. Sotto la pressione dielettorati sempre più scetticiquando non fobici nei confrontidi “Bruxelles” e insofferenti per

“gli stranieri che vengono a ru-barci il lavoro”, vedremo proba-bilmente il fronte nordico, im-perniato su Londra, impegnarsinello smantellamento dei vin-coli comunitari. Obiettivo: tra-sformare l’Ue in un’area di libe-ro scambio. Dove l’aggettivo “li-bero” non ha valenza universa-le, visto che non si applichereb-be pienamente ai movimentidelle persone. Resta da stabilirecome Germania, Francia, Italia,Spagna e Polonia, pesi massimi

e mediomassimi dell’Unione,vorranno o meno contrastare ilriduzionismo britannico-scan-dinavo.

Non ci stupiremmo se ungiorno gli storici stabilirannoche il referendum svizzero ha se-gnato l’avvio del percorso versoun’altra Europa – o non-Europa– che avrà poco in comune conl’Unione Europea come la cono-sciamo oggi e nulla con quellasognata dai padri fondatori.

La crisi più seria, che condusse la confederazione sull’orlodella dissoluzione, avvenne all’epoca della Prima guerramondiale, con i francofoni schierati idealmente accantoall’Intesa e i germanofoni sedotti dagli Imperi centrali

Dissoluzione

L’IDENTITÀ DIFFICILEDI UN PAESE UNICO

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