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https://www.youtube.com/watch?v=9nUNqOXLomc

Attività: Il concetto di identità secondo Kateb Yacine. Riflessioni

In una società come quella algerina soggetta a invasione, colonizzazione e decolonizzazione e che sperimenta a pieno la migrazione, lo scrittore, per Kateb, ha una funzione fondamentale

è colui che dapprima studia, analizza la lingua dell’altro, del colonizzatore francese, per poi impadronirsene esprimendosi attraverso tutte le forme di scrittura possibili: la poesia, il romanzo, il teatro, e anche il giornalismo. (Cfr. MARIA GIOVANNA PETRILLO, Riverberi narrativi di un’identità frammentata, Fasano, Schena, 2007).

Lo scrittore per Kateb ha innanzitutto una funzione sociale, deve uscire dal ghetto intellectuel volontaire, dove per ghetto intende l’Algeria così come la Francia, la lingua e la cultura araba così come la lingua e la cultura francese; (KATEB YACINE, De « si jolis moutons » dans la gueule du loup, propos recueillis par Nadia Tazi in « L’Autre journal », Paris, juillet- août 1985, n°7).

in Kateb, dunque, l’impegno politico coincide con quello letterario e la lingua in cui sceglie, di volta in volta, di comunicare il suo messaggio è universale: un verbe unique capace di oltrepassare ogni sorta di barriera culturale ed identitaria,

un verbo che permetta allo scrittore di scuotere gli animi e le coscienze dei lettori algerini come di quelli francesi, un verbo che gli permette di multiplier la parole et de toucher des gens que je n’avais pas touchés auparavant

E moltiplicare la parola significa comunicare attraverso il linguaggio universale della poesia: La poésie est ce qu’au départ on appelle le «verbe», ce qui constitue la langue même de l’homme ; le langage littéraire s’appuie indubitablement avant tout sur la poésie.

(KATEB YACINE, Le monde entier pour objet, in « France-Observateur », Paris, 31 décembre 1958).

Kateb emblematizza la sua vita e la sua produzione in frammenti, a dimostrazione di come l’incontro, ma anche lo scontro, di diverse culture, inevitabilmente, produca una nuova identità, multipla, anche se contraddittoria: c’étais une contradiction grave si vous voulez mais c’étais ça. (Cfr. KATEB YACINE, De « si jolis moutons » dans la gueule du loup, cit.)

Se Kateb paragona il poeta ad un boxeur e a un militant è chiaro che per lui impegno letterario e rivoluzione politica coesistano in una condizione di continua rivoluzione di significati e significanti: le poète, c’est la révolution à l’état nu, le mouvement même de la vie dans une incessante explosion.

(KATEB YACINE, Renaissance de la tragédie. Dialogue avec Jean-Marie Serreau, in « L’Action », Tunis, 11 août 1958).

La storia di Kateb Yacine, quella della sua vita come quella della sua produzione letteraria, si intrecciano con la storia dell’Algeria contemporanea: Kateb Yacine, discendente dalla stirpe berbera dei Keblout, viene educato, in un primo momento, alla scuola coranica

La scuola coranica era, a quel tempo, il mezzo attraverso il quale i bambini potevano accedere alla conoscenza della lingua e della grammatica araba, poiché si partiva dal Corano per comprendere le forme grammaticali della lingua araba e della lingua coranica. I suoi genitori si chiamavano Mohamed e Yasmina Kateb.

Proveniva da una famiglia berbera dell'est dell'Algeria (la famiglia Keblout), con una lunga tradizione di studi (Kateb vuole appunto dire "scrittore"). Dopo avere cominciato i suoi studi in una scuola coranica, passò nel 1936 alla scuola francese di Algeri. Proseguì poi al "Collège de Sétif" dove la sua carriera scolastica si concluse, come

L´insegnamento si incentrava sulla memorizzazione del testo coranico, sulla ritmica coranica e sullo studio dei riti e dei dogmi dell´Islam, ripetendone le sure quasi all´infinito. Nel mondo arabo e, più in generale, nell´Islam, questa insistenza sulla memorizzazione linguistica era il mezzo attraverso il quale l´Islam si definiva, come affermerà in seguito Kateb, nel senso che in esso la coscienza linguistica serviva a costruire la sua peculiare psicologia religiosa.

Ça a commencé par l’école coranique, quand j’avais cinq ans peut-être. Et ça ne m’a pas laissé un bon souvenir, on vous applique la bastonnade sur la plante des pieds. J’ai appris le Coran comme chacun de nous, mais enfin je n’en ai rien retenu. A l’époque, c’étais la seule forme d’enseignement possible vu que l’arabe était réprimé ; on ne pouvait garder la langue et la religion qu’en se rabattant sur le Coran

Quando, nel 1936, i genitori iscrivono Kateb alla scuola francese, alla scuola altra, il bambino resta soggiogato dalla lingua, dalla cultura, dalla storia dell’altro, soprattutto dal concetto di rivoluzione, di fierezza del popolo francese e dal concetto di libertà che traspare nei libri di storia da lui letteralmente divorati in pochissimo tempo: la Francia rappresenta per Kateb, in quegli anni di ricerca, il paese dove migrare, la terra promessa, l’ideale cui ispirarsi.

Nonostante il fascino subito dalla cultura altra, Kateb, ad un certo momento inizia ad avere percezione della frattura identitaria incolmabile che esiste tra l’Algeria e la Francia.

On sentais la coupure. Leur racisme était flagrant.

Il fascino subito dalla cultura francese si scontra così, ben presto, con la brutalità della realtà della dominazione francese: all’epoca della sanguinosa repressione della manifestazione di Sétif, Kateb ha sedici anni ed è arrestato, imprigionato e, in seguito, costretto all’esilio.

Nel periodo forzato dell’esilio Kateb decide di migrare proprio in quell’altrove che comunque, nonostante tutto, lo intriga, la Francia, ed è proprio dans la gueule du loup - così come chiama la Francia - che avverte la necessità di esprimersi nella lingua dell’altro che sente universale per affermare, paradossalmente, la propria identità altra.

A cette époque là c’était par réaction qu’on se sentait algérien.

In Francia, rifiuta di proseguire gli studi perché crede fermamente più in un percorso personale che nell’istituzione scolastica ed inizia a scrivere. Non a caso, la sua prima opera è una raccolta di poesie scritte in lingua francese. (Cfr.

Kateb Yacine, Soliloques, Bône, Ancienne Imprimerie Thomas, 1946 ; testo riedito dalle edizioni Bouchène di Algeri nel 1989 e poi dalle Edizioni la

Découverte di Parigi nel 1992).

A diciassette anni Kateb sceglie di esprimersi in francese e sceglie per comunicare il linguaggio universale della poesia, questo verbe unique, unifiant, ma questo è solo l’inizio, come vedremo, di un lungo percorso migratorio che porterà, a volte, Kateb a ritornare sulle proprie posizioni intellettuali, politiche ed identitarie in un vorticoso meccanismo circolare di andirivieni.

Au départ, je parle en français et, ensemble, on traduit en arabe. Souvent j’écris l’arabe en caractères latins. C’est ça l’Algérie : tous les moyens du bord. Mais on livre là une grande bataille qui me passionne, celle de la langue.

(CFR. KATEB YACINE, De «si jolis moutons » dans la gueule du loup, cit.)

Durante il lungo periodo che trascorre in Francia Kateb studia, ricerca, concede interviste perseguendo l’obiettivo di dare voce al suo popolo: un peuple qui parle la langue d’un conflit.

KATEB YACINE, Arracher le fusil des mains du parachutiste. Entretien avec Lia Lacombe in « Les lettres françaises », Paris, 7-13 février 1963.

In seguito, nel 1956, la fama internazionale che gli deriva dalla pubblicazione del romanzo Nedjima e delle tre pièce teatrali in Cercle des répresailles nel 1958, rafforza in lui la volontà di essere algerino, poeta e rivoluzionario.

KATEB YACINE, Nedjma, Paris, Seuil, 1956.

En moi, le poète combat le militant et le militant combat le poète. Il suo atteggiamento militante si acuisce con l’indipendenza dell’Algeria, nel 1962, quando Kateb rientra in patria ed inizia a lavorare come giornalista e attraverso i suoi billets pubblicati sul quotidiano «Alger républicain» attacca senza mezzi termini il nuovo potere in cui non si riconosce affatto; questo suo atteggiamento gli costa un nuovo esilio, questa volta di dieci anni.

Questo periodo, durante il quale Kateb ritorna a Parigi, vede la luce di altri due capolavori in lingua francese: il romanzo Le Polygone étoilé, prosieguo ideale di Nedjima, pubblicato nel 1966 e l’opera teatrale L’homme aux sandals de caoutchouc del 1970, in cui Kateb si scaglia apertamente contro il regime algerino contestando l’arabo-islamismo in favore del rispetto del concetto di multietnia musulmana, araba e amazigh e difendendo le proprie origini berbere.

Il termine amaziɣ è quello che attualmente viene preferito per designare se stessi da parte dei Berberi del Nordafrica. Amazigh è il singolare, "Berbero", mentre il plurale è imazighen, "Berberi". Il femminile, tamazight viene usato per designare la lingua berbera.

Kateb, con il suo vissuto di opposizione ai due contesti, l’Algeria, di cui, talvolta, come abbiamo visto, non riconosce l’operato degli antenati, e la Francia, di cui rigetta la politica colonizzatrice, porta alla luce una condizione completamente diversa che va oltre il concetto stesso di alterità poiché supera sia l'immobilismo intellettuale originario dell’intellighenzia algerina,

ossia l'attaccamento ostinato al vecchio mondo, sia l'assimilazione totale e acritica della nuova realtà, dando così origine ad una posizione intellettuale che è, ossimoricamente, partecipe e distaccata, come leggiamo nel suo capolavoro Nedjma

De fait à bien des égards, et peut-être plus encore avec le recul du temps, Nedjma apparaît comme la réponse de… l’Etrangère à l’Etranger

https://www.youtube.com/watch?v=Alpd79dFxvk

Attività: Nejma simbolo dell’Algeria. Riflessioni

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