analisi del testo - trevisini.it autore/analisi... · suoi pulcini. l’aspetto grafico-visivo...

39
1 M odulo 1 Le caratteristiche del testo poetico Unità 1 Verifica su “Il testo poetico” Nazim Hikmet, La bambina di Hiroshima 2 P. Jahier, Dichiarazione 3 G. Pascoli, Il gelsomino notturno 5 Unità 2 Verifica su “Il verso e il ritmo” Sandro Penna, La vita… è ricordarsi di un risveglio 8 D. Campana, Tre giovani fiorentine camminano 9 G. Carducci, Nevicata 10 A. Merini, La morte mi è nemica 12 Unità 3 Verifica su “La rima” Eugenio Montale, Le rime 13 G. Carducci, Maggiolata 14 G. Carducci, Traversando la Maremma toscana 15 C. Govoni, Ne la corte – Tre stracci ad asciugare 17 Unità 4 Verifica su “Il sonetto” U. Saba, Ed amai nuovamente 19 G. Carducci, Visione 20 U. Foscolo, Alla sera 21 Verifica su “Il madrigale” Torquato Tasso, Qual rugiada 22 G. D’Annunzio, Nella belletta 23 Verifica su “La canzone” Giorgio Caproni, La gente se l’additava 24 G. Leopardi, A Silvia 25 Verifica su “La ballata” Federico García Lorca, Ballata di Cordova 27 G. Pascoli, Patria 28 Verifica su “La metrica libera” Umberto Saba, Sera di febbraio 29 F. Fortini, Traducendo Brecht 30 Unità 5 Verifica su “Le parole della poesia” Eugenio Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato 31 Unità 6 Verifica su “Le figure retoriche di significato” Giovan Battista Marino, Donna che si pettina 32 G. Ungaretti, San Martino del Carso 33 Verifica su “Le figure retoriche di suono” Aldo Palazzeschi, E lasciatemi divertire! 34 G. D’Annunzio, L’onda 36 Verifica su “Le figure retoriche di sintassi” Giorgio Caproni, Stornello 37 M. Luzi, Terrazza 38 Unità 7 Verifica su “Le varianti” Giuseppe Ungaretti, Dormire 39 In questo file vengono messe a disposizione dell’Insegnante le “Analisi del testo” dei brani delle Verifiche, siano essi in carta o online. A nalisi del testo

Upload: lytu

Post on 18-Aug-2018

227 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

1

Modulo 1Le caratteristiche del testo poetico

Unità 1Verifica su “Il testo poetico”Nazim Hikmet, La bambina di Hiroshima 2P. Jahier, Dichiarazione 3G. Pascoli, Il gelsomino notturno 5

Unità 2Verifica su “Il verso e il ritmo”Sandro Penna, La vita… è ricordarsi di un risveglio 8D. Campana, Tre giovani fiorentine camminano 9G. Carducci, Nevicata 10A. Merini, La morte mi è nemica 12

Unità 3Verifica su “La rima”Eugenio Montale, Le rime 13G. Carducci, Maggiolata 14G. Carducci, Traversando la Maremma toscana 15C. Govoni, Ne la corte – Tre stracci ad asciugare 17

Unità 4Verifica su “Il sonetto”U. Saba, Ed amai nuovamente 19G. Carducci, Visione 20U. Foscolo, Alla sera 21

Verifica su “Il madrigale”Torquato Tasso, Qual rugiada 22G. D’Annunzio, Nella belletta 23

Verifica su “La canzone”Giorgio Caproni, La gente se l’additava 24G. Leopardi, A Silvia 25

Verifica su “La ballata”Federico García Lorca, Ballata di Cordova 27G. Pascoli, Patria 28

Verifica su “La metrica libera”Umberto Saba, Sera di febbraio 29F. Fortini, Traducendo Brecht 30

Unità 5Verifica su “Le parole della poesia”Eugenio Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato 31

Unità 6Verifica su “Le figure retoriche di significato”Giovan Battista Marino, Donna che si pettina 32G. Ungaretti, San Martino del Carso 33

Verifica su “Le figure retoriche di suono”Aldo Palazzeschi, E lasciatemi divertire! 34G. D’Annunzio, L’onda 36

Verifica su “Le figure retoriche di sintassi”Giorgio Caproni, Stornello 37M. Luzi, Terrazza 38

Unità 7Verifica su “Le varianti”Giuseppe Ungaretti, Dormire 39

In questo file vengono messe a disposizione dell’Insegnante le “Analisi del testo” dei brani delle Verifiche, siano essi in carta o online.

Analisi del testo

La bambina e lo zucchero …Non è facile accettare che ancora oggi accadano guerre, prevaricazioni e genocidi: il poeta, di fronte a tutto ciò, ritiene che sia meglio far sentire la sua voce senza urlare, anzi, al contrario, cercando di sussurrare parole di condan-na della violenza e di speranza di un mondo migliore.È questo il motivo per cui il turco Nazim Hikmet, per appoggiare una campagna di raccolta di firme per il di-sarmo nucleare, sceglie di affidare queste parole non a uno dei potenti della terra, ma a una bambina morta per le conseguenze del bombardamento della sua casa,

a Hiroshima: la sua esile voce e le sue semplici parole (fatte di concetti elementari, che rispecchiano i suoi sette anni) condannano implacabilmente coloro che le hanno strappato la vita incenerendola come una foglia secca. Il suo messaggio è pertanto universale e guarda al futu-ro: mai più altri bambini dovranno essere bruciati come lei, perché essi hanno il diritto di vivere in un mondo fi-nalmente privo di odio, in cui potranno mangiare in pace il loro zucchero (cioè, con una lettura connotativa, godere a pieno di tutte le cose belle che offre la vita)...

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 1

Verifica su “Il testo poetico”

La bambina di HirosHima nazim Hikmet

2

3

… e quella connotativa

La lettura denotativa…La lettura denotativa del testo fa comprendere al lettore il suo significato generale. Un ufficiale sta parlando ai suoi uomini prima di un’importante battaglia, per esortarli a seguire il suo esempio: egli è pronto a sacrificare la propria vita non per ideali astratti, per medaglie e ova-zioni o per dare un senso alla propria esistenza, ma per

amore loro, perché essi sono uomini che hanno un animo puro, sincero, educato dalle sofferenze e dalle esperienze della vita. Egli combatterà coraggiosamen-te al loro fianco fino alla morte: forse, però, il destino li aiuterà a salvarsi, regalando loro un periodo di riposo, conquistato con le ferite riportate in battaglia.

Una lettura più attenta può però aggiungere molto a

queste semplici e intense parole.

■ Un aspetto interessante del testo è costituito, per

esempio, dal modo in cui sono presentate le consi-

derazioni del poeta: egli, infatti, non spiega le ragioni

per cui ha scelto di combattere in modo diretto, ma le contrappone alle motivazioni degli altri uomini, secon-do lo schema Altri morirà… ma io… . Questo schema gli consente di far emergere con chiarezza la reale mo-tivazione della sua partecipazione alla guerra, come si può chiaramente notare da questo prospetto:

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 1

Verifica su “Il testo poetico”

DicHiarazione Pietro JaHier

MOTIVAZIONI ADDOTTE DAGLI ALTRI MOTIVAZIONI ADDOTTE DAL POETA

… per la Storia d’Italia (cioè per ideali patriottici in grado di rendere immortali)

… per risolvere la vita

… per le medaglie e le ovazioni

… per difendere la propria vita

= per puro interesse personale, seppur variamentemotivato e giustificato

… per far compagnia al popolo digiuno che muore per-ché gli vuol bene

… per un popolo illetterato

… per un popolo che ha come unica ricchezza l’amore, che vive nella miseria e che impara alla scuola dell’o-steria perché non ha guide

= per amore del popolo, depositario di valori e virtù

L’aspetto grafico-visivoIl messaggio che emerge da questa lettura viene sotto-lineato anche dall’aspetto grafico-visivo: il testo, infatti, risulta diviso in quattro parti, a cui se ne aggiunge una quinta, scritta con caratteri diversi.Questa differenziazione è stata pensata per illustrare meglio le voci del componimento: i primi quattro rag-gruppamenti di versi, infatti, sono pronunciati dalla voce del poeta, che spiega ai suoi uomini le motivazioni del suo agire; l’ultimo, invece, quello scritto in corsivo, sugge-risce l’intervento di un interlocutore corale, i soldati, che si uniscono alle parole del loro comandante, accettando

il rischio della morte ma aprendosi anche alla speranza di sopravvivere.Non solo. La disposizione di questi raggruppamenti nella pagina richiama la figura grafica con cui di solito sono presentate le iscrizioni sulle lapidi celebrative e sui monumenti: in questo modo il poeta ci fa comprendere di voler polemicamente contrapporre alla celebrazione della guerra quella dell’umile obbedienza degli uomini del popolo, gli unici veri eroi di questa bruttura, perché trasformati prima in soldati che in cittadini.

■ L’autore dice dunque di più di quanto ha rivelato la prima lettura del testo: il componimento, infatti, non è solo una dichiarazione sulle motivazioni della propria partecipazione alla guerra, ma anche un’e-saltazione del popolo, inteso come il depositario dei valori più veri, spontanei e sinceri. L’autore, per-tanto, parte da un fatto contingente, la necessità di

preparare i suoi uomini alla battaglia, per esaltare il popolo soldato, di cui condivide stenti e fatiche, le uniche cose che esso possa donare alla patria. Per questo egli si offre di guidarlo, perché il suo esempio di dedizione e di lealtà possa servire alle generazioni future, perché imparino da questi umili soldati valori universali ed eterni.

4

5

La lettura denotativa…Risulta piuttosto facile, per il lettore, farsi un’idea del si-gnificato generale di questo testo poetico. È sera: il poeta pensa ai propri cari mentre in giardino si schiudono i fiori del gelsomino e appaiono le farfalle not-turne. Tutto tace da un pezzo: solo da una casa lontana si sente ancora qualche bisbiglio. Gli uccellini dormono nei nidi, come gli occhi sotto le ciglia; dalle corolle dei fiori si diffonde un profumo di fragole mature. Intanto nella casa

splende una luce e nel cimitero l’erba cresce lentamente sopra le fosse. Un’ape ronza: è arrivata tardi e ha trovato le cellette occupate. Nel cielo le Pleiadi illuminano altre piccole stelle. Il vento continua a diffondere il profumo del gelsomino; nella casa il lume passa per le scale e si spegne. È l’alba: le corolle del gelsomino si chiudono, un po’ sciupate: nell’ovario si custodisce il germe di una nuova vita.

… e quella connotativaMa noi sappiamo che il testo poetico non comunica in-formazioni solo in questo modo e che anzi il livello di lettura letterale è solo il primo passo per la sua corretta interpretazione. Analizziamolo, dunque, con più attenzione.

■ La descrizione della pianta è molto curata: Pascoli si sofferma, infatti, sia sull’aspetto del fiore (la corolla, i petali, l’ovario) sia sul suo profumo che si spande per l’aria notturna e che assomiglia a quello delle fragole mature. Il lettore ha dunque a ragione l’impressione che la pianta del gelsomino sia la vera protagonista del testo.

■ Anche l’ambiente in cui si trova il gelsomino viene descritto con grande precisione: l’autore posa il suo sguardo su una casa lontana, sulle fosse del cimitero su cui cresce silenziosamente l’erba, sulle celle di un alveare… In alcuni momenti la descrizione si fa più

ardita: è il caso della costellazione delle Pleiadi, detta anche Chioccetta, assimilata, proprio per questo mo-tivo, a una chioccia che conduce per l’aia azzurra del cielo i suoi pulcini pigolanti (le altre stelle minori della costellazione).

■ C’è un particolare che accomuna la descrizione della pianta e quella dell’ambiente in cui essa si trova: in en-trambe, infatti, l’attenzione del poeta è rivolta ai suoni e alle sensazioni, che sono messi in risalto con ogni sorta di espediente linguistico per creare il clima di at-tesa che preannuncia, in genere, qualcosa di importan-te. Così, nel silenzio generale (da un pezzo si tacquero i gridi, cioè le voci degli uccelli e degli uomini), si avver-tono i sussurri di una casa che bisbiglia (ed è interes-sante notare sia l’uso dei verbi bisbigliare e sussurrare, che richiamano il suono che descrivono, sia la scelta di sostituire coloro che bisbigliano con il nome del luogo in cui essi si trovano, per creare un alone di mistero) e

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 1

Verifica su “Il testo poetico”

Il gelsomino notturno giovanni Pascoli

di un’ape tardiva che trova già prese le celle; nell’aria si diffonde l’odore delle fragole mature (espressione in cui si fondono una percezione olfattiva, visiva e cromatica).

■ Questi suoni e sensazioni spostano l’attenzione del lettore dalla pianta che dà il titolo al componimento

al luogo in cui essa si trova, in particolare alla casa che si staglia sullo sfondo: essa viene presentata come un luogo protetto e sicuro, come il nido in cui dormono gli uccellini o il cielo azzurro in cui la Chioccetta guida i suoi pulcini.

L’aspetto grafico-visivoAnche l’aspetto grafico-visivo conferma questa ipotesi di lettura del testo: all’interno di ogni raggruppamento maggiore, infatti, i versi sono uniti a due a due per distinguere due momenti diversi, il primo legato alla

descrizione della natura, il secondo volto a comunicare sensazioni, ideali e valori che il poeta propone senza un ordine logico secondo questo schema:

Solo l’ultimo gruppo fa eccezione, perché le due cop-pie di versi in esso contenute non sono separate da un punto fermo: questo accade perché qui si fondono i due temi principali del testo, per dimostrare la perfetta unità che esiste tra il tema della fecondazione notturna del gelsomino e quello del contesto in cui essa è inse-rita.A questo punto è chiaro che il gelsomino non è il vero protagonista, o meglio che esso rimanda ad altro. Una nota dello stesso Pascoli avverte il lettore che questa

poesia fu composta in pochi giorni, nel luglio 1901, per le nozze di un amico, Gabriele Briganti: questa semplice informazione è sufficiente per comprendere che la fe-condazione notturna del gelsomino è accostata, per analogia, al rapporto d’amore tra i due giovani sposi. Tutto il testo assume, così, un nuovo significato: i petali che si chiudono un poco gualciti rimandano alle len-zuola del letto matrimoniale; la corolla del fiore (l’urna molle e segreta) cova una felicità nuova proprio come il grembo della sposa, che genererà presto una nuova vita.

VERSI CONTENUTO

1-4 1-2: descrizione dell’apertura dei fiori al tramonto 3-4: rimando alla morte (le farfalle crepuscolari hanno vita breve)

5-8 5-6: descrizione del silenzio della notte 7-8: rimando alla tranquillità della famiglia, rappresentata dal nido in cui gli uccellini dormono tranquilli

9-12 9-10: descrizione del profumo dei fiori del gelsomino, assimilato a quello delle fragole mature 11-12: rimando alla vita della casa (il lume) e al silenzio della morte

13-16 13-14: descrizione dell’ape che trova le cellette occupate 15-16: rimando alla serenità della chioccia con i suoi pulcini

17-20 17-18: descrizione del profumo del gelsomino 19-20: rimando alla casa, dove accade qualcosa di misterioso (come lasciano intendere i puntini di so-

spensione)

Un ulteriore approfondimento personale…Ma c’è di più. Il poeta si riferisce alla casa come se essa fosse lontana da lui (là sola una casa bisbiglia; Splende un lume là nella sala) e si sofferma su un’ape che arriva

tardi e trova già occupate tutte le celle: queste espressio-ni sono chiari accenni alla sua condizione esistenziale, perché Pascoli, morbosamente legato alla sua famiglia

6

7

d’origine (i cari ormai morti a cui pensa nell’ora del tra-monto), non se ne formò mai una propria. Mentre la natura attende il ripetersi del miracolo della vita, il poeta, distratto all’improvviso dai suoi pensieri (è questo il senso della E con cui si apre il componimen-to), si sofferma, con insistenza, su immagini di morte, come il ricordo di coloro che non ci sono più, le farfalle

crepuscolari (che hanno un brevissimo ciclo di vita, dal crepuscolo all’alba) e l’erba che cresce silenziosamente sopra le fosse nei cimiteri. Egli dunque, come sottolinea amaramente l’ultimo verso (non so che felicità nuova), sa che non conoscerà mai la gioia che dà il sentimen-to d’amore e che continuerà a vivere solo del ricordo dei suoi cari.

… e il significato (universale) del testoIl gelsomino notturno è dunque una profonda e inten-sa riflessione sulla vita, sulla morte e sulla potenza dell’amore. La morte, infatti, che sconfigge la vita, è a sua volta sconfitta dalla natura e dall’uomo: come l’erba rinasce silenziosamente sopra le fosse, così l’amore tra due sposi genererà altre vite che permetteranno al gene-re umano di non estinguersi mai. Non è un caso, infatti,

che il testo abbia una struttura circolare: l’immagine ini-ziale della corolla che si apre e quella finale della corolla che si chiude esprimono proprio il continuo rinnovarsi della vita attraverso il ciclico rito della fecondazione, un processo universale che proprio per questo risulta an-cora più doloroso per il poeta, che se ne sente irrimedia-bilmente escluso.

Un risveglio che fa amare la vita

Il verso e il ritmo

Il vero protagonista di questa poesia non è il poeta, ma il senso di gioia e di benessere generato dalla contempla-zione del mare. ■ Nel primo gruppo di versi, infatti, il poeta racconta un

risveglio triste e malinconico in un treno: poiché il viag-gio allude spesso, in poesia, alla vita dell’uomo, è facile capire che questo primo gruppo di versi, con le sue im-magini negative (risveglio triste, luce incerta, corpo rot-to, malinconia… aspra), descrive, in realtà, l’amarezza e la sofferenza che caratterizzano la vita dell’uomo

■ la presenza, all’inizio del verso 6, della forte congiun-zione avversativa Ma fa però comprendere che la vita non è solo sofferenza: il secondo gruppo di versi

presenta, difatti, immagini luminose e positive (l’azzur-ro e il bianco della divisa, la freschezza del mare…), completamente diverse da quelle precedenti. Penna, dunque, vuole dare al lettore la sua stessa speranza: l’amarezza del vivere può essere dissipata da brevi e intensi momenti di gioia, sottolineati dalla presen-za del colore azzurro e bianco e da aggettivi positivi (come fresco), che trasmettono un senso di vitalità.

Vale la pena di evidenziare la scelta del poeta di proporre queste riflessioni utilizzando l’infinito: esso ha il compi-to di rendere le sue considerazioni universali, perché le sottrae a qualsiasi dimensione spazio-temporale definita.

Per esprimere questi concetti il poeta si è servito di versi endecasillabi: l’estrema varietà di posizione degli accen-ti ritmici di questo tipo di verso gli consente di creare un ritmo ora più rapido (nel primo gruppo di versi) ora più lento (nel secondo) per sottolineare nel primo gruppo la durezza della vita (enfatizzata anche dalla presenza di numerosi vocaboli caratterizzati da suoni duri come la r e la t) e nel secondo la sensazione di liberazione dalla malinconia (acuita dalla presenza di molte a e m).Anche le cesure hanno un compito importante: esse, infatti, che coincidono con un segno d’interpunzione for-te (i due punti), mettono in evidenza dei vocaboli su cui il poeta desidera attirare l’attenzione del lettore

(per esempio l’aggettivo incerta, che sottolinea la pre-carietà dell’esistenza umana, oppure l’aggettivo giovane, che lega la gioia della vita soprattutto alla stagione della giovinezza). Nel testo sono presenti, infine, numerosi enjambement, che, separando elementi solitamente uniti (sostantivi e ag-gettivi, verbi e complementi…), hanno lo scopo, nel primo gruppo di versi, di sottolineare ed enfatizzare, con la loro durezza, le difficoltà della vita dell’uomo, nel secondo di porre in una posizione di primo piano, all’inizio del verso, i vocaboli più significativi per la comprensione della po-esia (per esempio il fatto che la liberazione dal dolore e dalla malinconia arrivi del tutto improvvisa e inaspettata).

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 2

Verifica su “Il verso e il ritmo”

La vita… è ricordarsidi un risveglio sandro Penna

8

9

Una passeggiata musicaleQuesti endecasillabi descrivono tre giovani donne che stanno passeggiando in una tiepida giornata di sole primaverile: la freschezza della giovane età, la loro sicu-rezza e la baldanza, l’eleganza del loro passo (le ragazze danno, a chi le osserva, l’impressione di camminare con lo stesso perfetto movimento, definito una grazia sola) sono musicalmente riprodotte da questi versi, che rie-scono a restituire l’idea del ritmo del loro incedere per mezzo di■ una precisa disposizione degli accenti ritmici, che,

sfruttando le molteplici possibilità offerte dall’endeca-sillabo, si trovano sulla 3a, 6 a e 10 a sillaba (versi 1 e 2), sulla 4 a, 7 a e 10 a sillaba (verso 3) sulla 4 a, 8 a e 10 a sillaba (verso 4)... per cadenzare i cambiamenti del passo delle giovani

■ la posizione delle cesure, che spezzano il verso crean-do una pausa ritmica (nello splendore // del tiepido sole; eran tre vergini // e una grazia sola)

■ l’abbondanza della vocale a e delle consonanti l e r, che suggeriscono l’idea della musicalità: non è un caso che il verbo ondulava sia stato preferito al più comune ondeggiava, proprio per la presenza della l, che ha in sé una forte musicalità

■ la ripetizione di parole (ondulava, ondulava...) o ad-dirittura d’interi versi (il verso 1 e il verso 5)

■ l’assenza di enjambement e di punteggiatura per evitare di interrompere bruscamente il ritmo creato dai versi.

L’armonia dei versi e del ritmo rafforza l’idea di positività che comunica l’immagine di queste tre ragazze, lascian-do intendere che la stessa armonia dei loro movimenti regna nei loro cuori: il testo diventa dunque, con una lettura connotativa determinata proprio dalla sua mu-sicalità, anche una piacevole esaltazione del valore dell’amicizia.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 2

Verifica su “Il verso e il ritmo”

Tre giovani fiorentine camminano dino camPana

Il significato del testo

I versi…

Appare chiaro, fin dalla prima lettura letterale, che que-sto componimento di Carducci può essere diviso in tre sequenze: vv. 1-4; vv. 5-6; vv. 7-10.

■ I primi quattro versi presentano dei dati oggettivi che formano la descrizione di una città coperta dalla neve: i consueti suoni della vita quotidiana non si sen-tono più e ovunque prevale la sensazione dell’ovatta-to e dell’immobilità

■ i versi 5 e 6 descrivono, invece, gli unici rumori che si avvertono nel silenzio: i rintocchi della torre di Piazza Maggiore a Bologna, la città in cui abitava il poeta, che gemono nell’aria come i sospiri di un mondo lontano

■ i versi 7-10, infine, introducono un argomento esplicita-mente soggettivo e autobiografico: il poeta si sente chiamato dal mondo dei morti, di cui gli uccelli che battono sui vetri appannati sono ritenuti i messaggeri.

Proprio questa scansione in tre parti fornisce la chiave di lettura della poesia, perché consente di darne una corretta interpretazione. Il componimento prende spun-to, infatti, dal silenzio e dall’immobilità di una città co-perta dalla neve per una riflessione sulla morte: i versi 5 e 6, con la descrizione delle ore che gemono come sospir d’un mondo lungi dal dì, mettono in relazione il paesaggio silenzioso e privo di vita di una Bologna co-perta dalla neve con lo stato d’animo del poeta (a cui, non a caso, le ore sembrano dei sospiri) e creano un’at-mosfera di morte, di cui gli uccelli diventano messag-geri. Del resto tra il gennaio e il marzo 1881, i mesi in cui fu composta questa poesia, il poeta avvertiva molto intensamente il richiamo della morte, perché proprio in quell’epoca egli aveva perso la sua compagna, Caro-lina Cristofori Piva, che cantò in numerose poesie con il nome di Lidia.

Il poeta ha scelto per questa poesia, che dunque parla di morte, un metro usato nell’antichità proprio per componimenti tristi e malinconici, il distico elegia-co. Nella poesia latina e greca questo metro era forma-to dall’unione di un esametro e di un pentametro, due tipi di versi che si basavano, come tutta la metrica

latina e greca, sull’alternanza di sillabe lunghe e sillabe brevi (anziché, come la nostra metrica, sull’alternanza di sillabe atone e sillabe accentate): egli rende l’esa-metro (i versi dispari) con dei settenari (solo al verso 7 troviamo un ottonario) seguiti da novenari, men-tre il pentametro (i versi pari) è formato da settenari

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 2

Verifica su “Il verso e il ritmo”

Nevicata giosue carducci

10

11

… e gli altri espedienti metriciNon mancano altri interessanti espedienti volti a com-pletare e a sottolineare il messaggio di morte legato a questa poesia: segnaliamo l’uso della dieresi (al verso 1 per l’aggettivo cinereo e al verso 5 per il sostantivo aere), espediente che, rallentando il ritmo di lettura, induce il lettore a riflettere sul termine: l’aggettivo cine-reo, per esempio, viene enfatizzato perché indica al con-tempo un colore (il grigio tipico del cielo quando nevica) e uno stato d’animo (il grigio malinconico dell’uomo che pensa alla morte); ogni verso pari è diviso in due dalla cesura (sempre posta dopo la parola tronca), che crea una pausa di riflessione interna al verso e sottolinea

i vocaboli che le sono vicini; al verso 8 è interessante la posizione del pronome me, collocato alla fine del verso (tronco, e dunque con un forte accento ritmico) e raffor-zato da una preposizione inutile (a); ci sono anche due enjambement particolarmente significativi, ai versi 5 e 6 (per separare il soggetto, le ore, dal predicato verbale, gemon, che, posto all’inizio del verso, assume un rilievo particolare, visto che esso ha il compito di sottolineare il passaggio dal dato paesaggistico – oggettivo – a quello sentimentale e soggettivo del poeta) e ai versi 7 e 8 (per separare sostantivo ed attributo, per evidenziare che gli amici di cui parla sono ormai degli spiriti).

tronchi (solo una volta, al verso 8, si trova un ottona-rio tronco) seguiti da ottonari tronchi. Vediamo un esempio di scansione:

Len|ta | fiòc|ca | la | nè|ve (settenario) +pe’ l | ciè|lo | ci|nè|re|o |: grì|di (novenario)

suò|ni | di | vi|ta | più (settenario tronco), +nòn | sal|gon | dà | la | cit|tà (ottonario tronco)

Gli accenti ritmici hanno posizione regolare: solo ne-gli ottonari tronchi con cui il poeta rende una parte del pentametro viene usato uno schema metrico diverso da quello consueto (accento sulla 1a, 4a, 7a sillaba anziché sulla 1a, 3a, 5a, 7a sillaba) per far rivivere il ritmo del verso classico. L’impressione che il lettore ne ricava è quella di un ritmo lento, rallentato e sospeso proprio come la neve che ricopre ogni cosa e come l’atmosfera di morte evocata nell’ultima parte del testo.

Un rimedio alle sofferenze della vita

I versi e il ritmo

La poetessa si sente fragile come una foglia, in balia di una sofferenza che non è più in grado di sopportare: per questo vorrebbe che la morte la rapisse e la liberasse, finalmente, dalla sua amara vita. Ma è tutto inutile: la morte, che lei cerca di darsi con le sue stesse mani (e

pur con le mie dita), non la ascolta e non ne vuole sa-pere di esaudire il suo desiderio (questa tenera voglia) perché, vigliaccamente, si accanisce solo sulle perso-ne più deboli (rappresentate dall’insetto) o perbene (la gente gentile).

La struttura ritmica scandita ed energica aiuta la poetes-sa a esprimere con lucidità il suo doloroso stato d’a-nimo: i settenari che compongono la lirica sono infatti caratterizzati dalla presenza di enjambement (colpire / il mio cuore di foglia... tradire / questa tenera voglia) e ripetizioni (morte ai versi 1 e 8, morir al verso 10; ma non vuole colpire al verso 6, non mi viene a colpire al

verso13) che servono a sottolineare i termini più pre-gnanti del componimento. Proprio le ripetizioni, però, smorzano in parte la violenza di alcune espressioni del testo, determinando, a tratti, un ritmo quasi cantilenante che ha la funzione di dare l’idea di leggere una supplica o un’accorata preghiera.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 2

Verifica su “Il verso e il ritmo”

La mortemi è nemica alda merini

12

13

Modulo 1 • Unità 3

Verifica su “La rima”

Le rime eugenio montale

Una lezione di poesia…

… e la sua realizzazione

La poesia moderna, dice Montale, deve liberarsi dalle vecchie costrizioni della tradizione: è arrivato il mo-mento di chiudere la porta in faccia alle rime o di cacciar-le in malo modo, come si fa con i visitatori inopportuni, di cui sono un esempio le Dame di San Vincenzo, che raccolgono soldi per aiutare i poveri. Le rime, infatti, secondo il poeta, hanno fatto il loro tem-po: esse, noiose e prevedibili, risultano stucchevoli, scontate, superflue, perché, intromettendosi nel discor-

so, lo rendono cantilenante, poco serio, infantile. Meglio allora affidarsi ad altre strutture del verso (per esempio l’enjambement, che lo spezza e lo frammenta, renden-dolo più incisivo) e, se proprio necessario, fare ricorso alle rime meno appariscenti, come la rima al mezzo e la rima imperfetta (cioè l’assonanza e la consonanza), che possono ancora avere un senso ed essere introdotte di nascosto (di contrabbando), senza dare nell’occhio, giu-sto per enfatizzare i vocaboli più significativi della poesia.

La teoria diventa realtà: in questi versi, infatti, le rime non sono bandite ma ■ rese imperfette (c’è una rima tra porta e sopporta-no,

tra ardo-no e vecchiarde)

■ proposte in modo discreto (per evidenziare la circo-larità del componimento, il primo verso, che si chiude con delle, rima con l’ultimo, che termina con quelle).

Contribuiscono a rendere più esplicito il gioco letterario anche il linguaggio dimesso (con vocaboli come batto-no alla porta, vecchiarde...) e le parentesi, che creano una divertente ambiguità tra le rime e le noiose dame che battono alla porta.

Analisi del testo

È primavera… ma non per tutti

I versi e le rime

Questi versi dipingono un maggio con i suoi attributi più tradizionali (il sole, i fiori e l’amore) recuperati da una tra-dizione letteraria che passa, solo per citare alcuni nomi, dai latini Lucrezio e Orazio ai quattrocenteschi Angelo Po-liziano e Lorenzo il Magnifico... Il poeta si sofferma, infatti, in questi versi, sul risveglio della natura, che coinvolge uomini, animali e piante, distribuendo suoni allegri, luce, calore e colore e invitando all’amore.Questo allegro clima è però inficiato, fin dai primi versi, da due elementi poco primaverili, le ortiche, che si me-

scolano ai più tradizionali fiori e rose, e le serpi, che stri-dono in modo evidente con i primaverili usignoli. Que-sti elementi hanno il compito di anticipare la chiusa del componimento, in cui il poeta afferma di avere in cuore un bel boschetto di spine, nel petto tre vipere e un gufo entro il cervel: Carducci, cioè, pur partecipando al clima festoso del ritorno della primavera, non riesce ad allonta-nare dal suo animo e dalla sua mente i pensieri di do-lore e di sofferenza, perché sa che non basta un raggio di sole per fare della vita dell’uomo un’eterna primavera...

La scelta del settenario non è certamente casuale: que-sto verso, infatti, è particolarmente musicale e pertanto ben si presta sia alla descrizione del festoso ritorno della primavera sia alla presentazione, in modo delicato e non drammatico, del tema della sofferenza del poeta (che, accennandone in modo indiretto, fa sì che essa non gua-sti il positivo clima dei versi).I settenari sono stati riuniti in quattro gruppi che hanno una struttura particolare, che esalta e dona musicalità alle rime che li caratterizzano: il primo verso, infatti, è senza rima (cioè irrelato), il secondo e il terzo rimano tra loro con una rima baciata e il quarto, tronco (con accento,

cioè, sull’ultima sillaba), rima con il verso conclusivo del gruppo successivo. Le rime hanno sempre un chiaro valore semantico: i primi due gruppi di versi, che tratteggiano il ritorno della prima-vera, presentano degli abbinamenti decisamente prevedi-bili (gli scontati cuori: fiori, usignol: sol, augelli: capelli); gli altri due, invece, che personalizzano il tema, introducono abbinamenti più significativi, come per esempio trama e ama, che vena il sentimento d’amore non di una trama di fiori ma di una minacciosa insidia (la trama del dolore), e boschetto e petto, che allude al groviglio delle sensazioni e dei pensieri che albergano nel cuore del poeta.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 3

Verifica su “La rima”

Maggiolata giosue carducci

14

15

Il messaggio del testo

Il verso e il ritmo

Il viaggio attraverso la Maremma toscana è soprattutto l’occasione per un confronto tra i sogni del passato e la situazione del presente: il poeta, ricordando l’in-tensità dei suoi sogni giovanili e paragonandola alla sua condizione attuale (poche settimane prima della stesu-ra di questi versi Carducci aveva avuto seri disturbi al cuore), avverte l’inconsistenza della sua vita, che lo fa soffrire non tanto perché non ha realizzato i suoi sogni quanto perché ormai, come lascia incidentalmente in-tendere il poeta, non c’è più tempo per un riscatto.Nei versi che descrivono le sensazioni di Carducci com-pare, infatti, un’affermazione, e dimani cadrò, che fa capire al lettore che il poeta guarda la sua vita e il pae-saggio che lo circonda con la consapevolezza dell’avvi-cinarsi della morte. Del resto Carducci, inviando questo componimento a un amico, Giuseppe Chiarini, aveva scritto: “Ti scrivo qui dietro un sonetto fatto passando per la Maremma: non da essere pubblicato”. Forse egli

sentiva questo testo come una cosa sua, intima e priva-ta, proprio per quel verbo, cadrò, che appare sconsolato, ma anche estremamente sincero.Ma la sofferenza legata alla consapevolezza del fallimen-to dei sogni della giovinezza e dell’avvicinarsi della morte trova in questo testo una tenue consolazione nel pae-saggio della Maremma. Nel terzo gruppo di versi c’è, infatti, una cesura particolarmente importante, posta alla fine e coincidente con il punto fermo prima del Ma: essa determina una forte opposizione tra la dolorosa certez-za dell’avvicinarsi della morte e la consolazione offerta dalle colline circostanti, che ridanno al poeta un briciolo di serenità. Le nebbie sfumanti e il verde piano brillante di pioggia mattutina lanciano, infatti, un messaggio di pace che invita ad accettare il doloroso e inevitabile destino dell’uomo nell’unione con la natura e con la sua dolce, rasserenante bellezza, che diventa il simbolo dell’eternità della vita dell’universo.

Anche la struttura metrico-ritmica contribuisce ad esal-tare e a completare le tematiche del testo: esso, infatti, è composto da versi endecasillabi divisi in gruppi che contengono periodi ampi e conclusi, ognuno dei quali tratta un aspetto ben definito del tema in questione. Il primo e il secondo gruppo, infatti, descrivono lo stato d’animo del poeta determinato dal ritorno in Maremma

e sono caratterizzati da accenti ritmici che danno al testo un ritmo piano e regolare, perché pacato e velato di rimpianto; nel terzo gruppo i versi 9 e 10, quasi inte-ramente composti da monosillabi e bisillabi, provocano invece una vistosa frantumazione e velocizzazione del ritmo, che distingue i versi dedicati alla descrizione della Maremma e dei sogni giovanili da lei ispirati da quelli

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 3

Verifica su “La rima”

Traversando la maremmatoscana giosue carducci

L’importanza delle rime

Gli enjambement

Il messaggio del testo è sottolineato anche dagli sche-mi di rime scelti dall’autore: i primi due gruppi di versi sono caratterizzati dalla rima alternata (ABAB), gli al-tri due dalla rima invertita (CDC + DCD). Proviamo a osservare le parole messe in rima nei primi due grup-pi di versi: rima A conforme, s’addorme, forme, orme; rima B canto, in tanto, pianto, incanto. I vocaboli che costituiscono la rima A sottolineano che le forme della Maremma hanno lasciato orme visibili della loro natura nel poeta, che si sente ad esse conforme perché non s’addorme, perché prova, cioè, sentimenti forti, come forte e selvaggio è il paesaggio della Maremma, caratte-rizzato da colline e rilievi; i sostantivi della rima B, invece, legano la condizione attuale (in tanto) del poeta (uomo

del canto) al pianto che nasce dal fallimento dell’incanto della giovinezza. Lo stesso si può dire per le rime degli altri due gruppi di versi: rima C in vano, lontano, piano e rima D fine, colline, mattutine. Nel primo gruppo di rime, infatti, la visione del piano si propone come una parziale consolazione (perché esso resta lontano) del fallimento del poeta, che sente di aver vissuto in vano; nel secon-do, anche le colline nella luce del mattino (mattutine) consolano l’animo del poeta, triste perché sa di non aver raggiunto il suo fine. Le rime (insieme agli accenti rit-mici) mettono dunque in risalto proprio le parole più significative del testo, quelle, cioè, che il poeta ritiene determinanti per una sua corretta comprensione.

Per ottenere lo stesso scopo il poeta fa uso anche di al-cuni enjambement: meritano attenzione, in particolare, quello ai versi 7 e 8 tra l’orme erranti e quello ai versi 13 e 14 tra il verde piano ridente, che evidenziano il primo

l’errore-errare determinato dal desiderio di seguire i sogni giovanili e il secondo l’effetto positivo del pae-saggio (ridente) sull’animo malinconico del poeta.

che presentano la realtà che circonda il poeta, che è fatta di delusione e di attesa della morte (osserva, per esempio, i versi 10 e 11, dove la congiunzione e, ripe-tuta tre volte, crea un’accelerazione del ritmo che cerca

di rappresentare l’inutile affannarsi dell’uomo nella vita). Nell’ultimo gruppo di versi il ritmo torna pacato e regolare, per evocare il senso di tranquillità e di serenità che infondono i luoghi natii.

16

17

La lettura denotativa

La lettura connotativa e i suoi strumenti

È molto semplice comprendere il contenuto di questa poesia di Govoni: essa, infatti, descrive una serie di og-getti e di cose di uso quotidiano che si trovano in tre luoghi diversi (ne la corte, su le finestre e per l’aria).Il testo può dunque essere definito un lungo elenco di immagini di vita quotidiana, colta nella sua immediatez-

za e semplicità: proprio queste due caratteristiche fini-scono col rendere “speciali” gli oggetti che compongono l’elenco, che si propone di esaltare ciò che normalmen-te non viene degnato di alcuna attenzione e giace quindi abbandonato dall’uomo.

Per fare in modo che la descrizione dica “di più” (come accade sempre in poesia) di un semplice elenco, il poeta ha diviso i versi del suo componimento (tutti endeca-sillabi) in sei gruppi di quattro versi, caratterizzati dalla presenza di rime alternate. Proprio la rima ha una fun-zione assai rilevante in questa prospettiva di lettura del testo, perché essa ha il compito di mostrare i moltepli-ci aspetti del reale: siamo di fronte, infatti, a una poesia fatta quasi esclusivamente di oggetti (in tutto il compo-nimento i verbi sono ridotti al minimo e spesso si pre-sentano sotto forma di participio con valore aggettivale) che, grazie allo sguardo del poeta, acquistano quasi una nuova vita. Egli, infatti, non solo riferisce spesso a oggetti inanimati participi e aggettivi che di solito sono usati per gli esseri viventi (la scala è seduta, l’alveare vedovo, il fiale ha vomitato, il pettine è sdentato…) ma istituisce, tramite un attento uso delle rime, un’importante trama di relazioni tra le cose. Così, per esempio, gli aggettivi

sdentato e sventrato accomunano in un unico destino di usura il pettine e il guancialino degli spilli; il garofano appassito è avvicinato alla pagina stropicciata da chis-sà mai quale dito per sottolineare, invece, il cattivo uso degli oggetti (il fiore non viene annaffiato e la pagina è sfogliata senza riguardo). Molti aggettivi e participi, en-fatizzati dagli accenti ritmici o dalle rime, danno dunque l’idea della distruzione, dell’usura, dell’abbandono e del deterioramento per evidenziare la scarsa attenzio-ne degli uomini nei confronti degli oggetti e delle realtà quotidiane che li circondano.Solo negli ultimi due gruppi di versi (non a caso gli unici legati tra loro mediante un forte enjambement) gli oggetti sono connotati in senso positivo: la campa-na è docile, il soffio di vento leggero, le nubi bianche. Anche le rime sottolineano e confermano questa posi-tività mettendo in relazione le ventarole e il treno, che danno un’idea di libertà, con il profumo delle viole e del

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 3

Verifica su “La rima”

Ne la corte - tre stracciad asciugare corrado govoni

fieno, che il poeta respira a pieni polmoni, fin quasi a inebriarsi…L’uomo, dunque, sembra trovare degli stimoli positivi solo nella natura: essa, infatti, lo mette in condizione

di guardare la realtà che lo circonda con uno sguardo sereno, che gli permette di apprezzare anche i picco-li dettagli della vita quotidiana (le nuvole, una ninna nanna, il suono delle campane...).

18

19

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “Il sonetto”

Ed amai nuovamente umberto saba

Un amore grande e i suoi frutti

La scelta del sonetto e la sua struttura

La forma metrica del sonetto si presta alla trattazione di temi molto diversi: in questo caso il poeta la usa per par-lare dell’amore che prova per Lina, sua moglie.Lina è una donna semplice, sincera e onesta, qualità che hanno consentito al poeta di amare nuovamente, come egli afferma all’inizio del testo, perché è facile vo-ler bene a una donna con cui si possono condividere le proprie emozioni e i propri sentimenti, come l’affetto per Linuccia, la loro bambina, e per Trieste, la loro città. In realtà c’è un altro motivo che rende quest’amore più

profondo e più importante di tutti gli altri: Lina, infatti, possiede un dono speciale, un dolore profondo come quello del poeta, che per questo motivo ha trovato in lei una vera compagna di vita. Saba usa dunque il sonetto per celebrare Lina perché ciò che egli ha di più caro, la sua poesia, è il frutto del suo amore grande, incondizionato e sincero per tutto ciò che lo circonda, che egli ha imparato dalla moglie, e del loro comune disagio esistenziale (Lina, infatti, proprio come il poeta, tutto seppe amare e non se stessa).

L’autore ha recuperato in modo fedele questa forma metrica, utilizzandola, come molti altri poeti prima di lui (Dante Alighieri, Guido Cavalcanti, Francesco Petrarca…), per celebrare una figura femminile. I versi sono pertanto, come di consueto, degli endecasil-labi, rimati secondo lo schema ABAB. ABAB; CDE. CDE: va notato che il verso 7, un endecasillabo tronco (cioè di dieci sillabe), rima con il verso 5 solo unendo la parola tronca finale, fin’, alla a con cui comincia il verso 8.Il materiale è stato attentamente distribuito, come vuo-

le la tradizione, tra le parti che compongono il sonetto: nelle due quartine il poeta presenta l’argomento (l’a-more per Lina, il luogo in cui è ambientato e il suo esito felice, costituito dalla nascita di una bambina dagli occhi azzurri); nelle due terzine riflette su quanto affermato nelle due strofe precedenti (il motivo per cui questo amore è stato – ed è – così profondo). L’unione tra le parti del componimento, tutte separate da un punto fer-mo, è sottolineata dalla ripetizione, nelle prime tre strofe, del nome Lina.

Analisi del testo

La tradizione…La forma metrica scelta è quella del sonetto; il contenu-to, secondo la tradizione, è stato ripartito tra le strofe che lo compongono: le due quartine presentano, come di consueto, la situazione che dà vita al testo (un’alba invernale in cui un pigro e tiepido sole stimola l’anima pensosa del poeta a volare lontano), mentre le due ter-zine contengono la riflessione che viene determinata

dal materiale presentato nelle quartine (in questo caso la visione dell’infanzia come un’isola felice, di cui in età adulta si può conservare, al massimo, un pallido ricor-do). Anche lo schema delle rime è stato mantenuto uguale a quelli indicati dalla tradizione: le due quartine, infatti, hanno schema ABAB e le due terzine CDE.

Analisi del testo

… e le novitàIl dato originale è costituito dal tipo di verso scelto: il poeta ha utilizzato, infatti, al posto dei più consueti en-decasillabi, dei quinari doppi, tutti piani tranne l’ultimo delle due terzine, che è tronco. Nel secondo e nel terzo verso di tutte le strofe, inoltre, il primo emistichio è un quinario sdrucciolo, che ha la funzione di rallentare no-tevolmente il ritmo. Il poeta ha scelto di non usare il verso endecasillabo, caratterizzato da un ritmo vario e mosso, proprio per creare un clima rarefatto: egli, infatti, pur contestua-lizzando la sua visione dell’infanzia in un luogo ben preciso, ricostruibile grazie alle informazioni fornite nel-la seconda strofa (che fanno pensare alla confluenza

dei due fiumi, non lontano da Verona), fa in modo che essa risulti ugualmente vaga e indefinita. Di qui l’abbi-namento di due versi uguali (il quinario), i cui accenti determinano un ritmo lento e sospeso (che riproduce ora la fatica con cui il sole si fa strada tra la nebbia del mattino, ora la fatica di vivere del poeta), l’aggettivazio-ne sfumata (tardo, scialbo, tenere, mite, placida, lonta-na, pallida…), l’uso del tempo imperfetto (che colloca l’azione in un momento indeterminato) e il riferimen-to alle bianche ali del sogno e a un fenomeno della luce (la fata morgana) che permette di evocare gli anni dell’infanzia non come un ricordo, ma come un vero e proprio miraggio.

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “Il sonetto”

Visione giosue carducci

20

21

La struttura del testo…Il sonetto presenta i quattordici versi endecasillabi che lo compongono regolarmente divisi in due quartine e due terzine, tutte a rima alternata (ABAB. ABAB. CDC. DCD). La materia, come di consueto, è stata attentamente ripartita tra le strofe: le due quartine descrivono l’ar-gomento e le due terzine ci riflettono sopra. Le due quartine, infatti, descrivono il modo di presentarsi della sera a seconda delle stagioni e creano il paragone con la

morte, partendo dal presupposto che la sera è il tempo terminale della giornata così come la morte lo è della vita; le due terzine, invece, riflettono sulla predilezione del poeta per la sera proprio in quanto immagine della morte, che egli invoca come momento liberatorio, come pace estrema (quiete), come approdo a un nulla eterno di fronte e di contro a un tempo presente carico di sof-ferenze e di laceranti inquietudini.

Analisi del testo

… e la presentazione del suo contenutoLe sofferenze e le inquietudini che tormentano il poe-ta sono dunque disciplinate dalla rigida architettura del sonetto, ma presentate in tutta la loro intensità dagli espedienti metrico-ritmici di cui è costellato il testo, espedienti che sottolineano efficacemente i momenti di calma, in cui domina l’immagine rasserenante della sera, quasi tutti affidati alle quartine, e quelli di tensione, in cui ha la meglio lo spirto guerrier del poeta, che si trovano nelle terzine. Così, per esempio, nel verso 4 gli aggettivi aggiunti ai nomi (le nubi estive e i zeffiri sereni) hanno il compito di rendere il ritmo del verso lento e pacato, come pacato è l’animo del poeta di fronte alla bellezza delle sere pri-maverili ed estive; anche il parallelismo tra E quando… del verso 3 ed e quando del verso 5 serve a rendere più ampio e disteso il ritmo della descrizione della sera; allo stesso modo l’enjambement tra il penultimo e l’ultimo

verso del sonetto ha lo scopo di rallentare il ritmo dell’ul-timo verso, per avvicinarlo a quello dei versi iniziali, in modo da sottolineare la momentanea tranquillità raggiunta dal poeta nella contemplazione della sera. Al contrario, le cesure (per esempio quelle coincidenti con i segni di interpunzione dei versi 10 e 11) frantu-mano il ritmo del verso per enfatizzare il tormento del poeta; la dieresi presente al verso 5 sull’aggettivo inquïe-te sottolinea la durezza delle lunghe notti invernali, che sono, però, ugualmente care al poeta, perché immagine della morte; la predominanza di suoni aspri (soprattutto r e t) è dovuta alla volontà del poeta di mettere in risal-to il suo spirto guerrier. È interessante, infine, anche la disposizione delle parole nelle rime (quiete, liete, inquiete; fugge, strugge, rug-ge), che sottolinea il continuo alternarsi, nell’animo del poeta, di emozioni e sensazioni contrastanti.

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “Il sonetto”

Alla sera ugo foscolo

Uno struggente addio e le lacrime della natura

Tasso e il madrigale

La donna amata dal poeta è partita: egli si ritrova solo, in balia di domande senza risposta, in una notte che pare condividere il suo dolore. In realtà l’amore per questa donna sembra solo un semplice pretesto per scrivere dei bei versi, visto che di lei si parla ben poco: il poeta si limita a dire, al verso 11, che è partita, senza spiegare, però, né il motivo né la durata del suo viaggio.La sua attenzione è rivolta, piuttosto, alla natura, che può essere considerata la vera protagonista del testo: essa, infatti, incarnata da un cielo notturno stellato, è de-scritta attraverso le sensazioni tattili (la freschezza dell’er-ba) e visive (il chiaro della luna contrapposto al buio della notte) provate dal poeta. Queste ultime sono particolar-mente significative, perché fanno capire che egli è come sospeso tra due dimensioni, il dolore per la separazione

dalla donna (rappresentato dallo scuro della notte) e la dolcezza legata al suo ricordo (rappresentata dal bianco della luna e dal cristallino delle stelle).Il quadretto che ne deriva presenta un’altra caratteristica tipica del genere del madrigale, la sensazione di ma-linconia, suggerita non solo dal contenuto del testo, ma anche da alcune immagini, come il sussurro del vento, che assomiglia a un gemito, e le gocce di rugiada, che sono paragonate a lacrime piante dalle stelle e dalla luna, che, in questo modo, quasi umanizzate, sembrano parte-cipare al dolore del poeta. La natura diventa, così, una misteriosa creatura femminile dal volto pallido e dal manto scuro che versa sulla terra delle lacrime, raffina-te e preziose come i versi che le celebrano.

Questo madrigale non rispetta la struttura canonica del componimento, dal momento che può essere diviso in tre quartine di versi endecasillabi e settenari che hanno diversi schemi di rime (la prima quartina rima al-ternata -abAB-, la seconda rima incrociata -CDdc-, l’ultima rima baciata -EeFf-). Questa scelta è determinata dal fatto che Tasso si pone, nei confronti di questo tipo di componimento poetico, come uno sperimentatore, che rinnova la struttura a lui consegnata dalla tradizione per ottenere effetti musicali sempre più originali e piacevoli. Tutto il componimento è infatti caratterizzato da una forte

musicalità ottenuta con diversi espedienti:

■ l’alternanza di versi brevi e lunghi

■ la presenza di assonanze (per esempio pianto, manto)

■ rime interne (intorno / giorno, partita / vita)

■ enjambement (tra i versi 5 e 6, 8 e 9, 9 e 10)

■ la ripetizione di suoni (per esempio qual, quai, quel-le), parole (qual… qual; intorno intorno; vita della mia vita) e, soprattutto, interrogative retoriche, che creano, con il loro tono ascendente, il clima sospeso che de-termina in gran parte il fascino del testo.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “Il madrigale”

Qual rugiada torquato tasso

22

23

Il verso e le rimeIl madrigale è composto, secondo la tradizione, da due terzine e da un distico di versi endecasillabi: il com-ponimento non rispetta, però, lo schema delle rime, visto che le due terzine sono legate tra loro solo dall’i-dentità delle rime iniziali e finali (lo schema è, infatti,

ABC. ADC) e il distico non è in rima (EF). Il testo rientra dunque solo in parte nella tradizione letteraria a cui fa ri-ferimento, perché il poeta ha scelto di dare poco spazio alle rime, che mal si adattavano al contenuto.

Il contenutoIl componimento propone, infatti, un quadro naturale decisamente poco incline alla musicalità: la natura ap-pare immersa in un’atmosfera di morte, comunicata e sottolineata dalla consunzione fisica delle cose e dall’o-dore dolciastro e nauseante che le avvolge. Di fronte a questo spettacolo il poeta prova un misto di attrazione

e di ripugnanza, felicemente sintetizzate nell’immagine del fiore lutulento.La forma metrica del madrigale non è dunque stata scel-ta né per la sua musicalità né per i suoi contenuti tipici, ma per proporre un breve quadro naturale al contem-po inquietante e affascinante.

Gli espedienti metrico-ritmiciIl fascino e il ribrezzo della morte sono enfatizzati anche da alcuni espedienti metrico-ritmici: il distico, per esem-pio, si apre e si chiude con vocaboli (Ammutisce… silenzio) che danno il senso della vita che finisce; gli enjambement separano con forza aggettivi particolar-mente significativi (passe, lutulento) dai sostantivi a cui si riferiscono (le rose e un fiore), in modo da esaltare

il fascino inquietante di fiori ben diversi da quelli rigo-gliosi che di solito presenta la poesia; il ritmo lento e inesorabile dei versi, che pare spegnersi nel distico fi-nale, contribuisce in misura determinante a comunicare il senso di morte e di dissoluzione che il poeta lega al finire dell’estate.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “Il madrigale”

Nella belletta gabriele d’annunzio

Un ricordo carico d’affetto

La canzone moderna

Anna Picchi, la madre del poeta, non fu solo una don-na buona e brava, ma anche una valente ricamatrice: proprio questa sua abilità costituisce l’argomento del componimento.Il poeta elogia, infatti, le eccellenti capacità della ma-dre, che era stimata e ricercata in tutta Livorno perché era la più brava nel bianco e nell’orlo a giorno: il suo carattere schivo le impediva, però, di inorgoglirsi troppo,

cosicché la gente aveva, nei suoi confronti, ancor più am-mirazione. Anna ricambiava orgogliosa i saluti e gli sguar-di, il cui ricordo rende ancora oggi felice – e al contempo triste – il figlio: egli, infatti, ne piange la scomparsa con immutato affetto (la leggerezza del componimento, dice il poeta, non deve ingannare, perché egli scrive piangen-do e con fuoco).

L’amore per la madre è stato celebrato in una canzone (al v. 19 il poeta si rivolge al suo testo chiamandolo can-zonetta) che ha ben poco, però, della canzone tradi-zionale. Le strofe, per esempio, sono ridotte a due, di lunghezza diversa e non più divisibili in fronte e sirma; i versi non sono più endecasillabi o settenari e le rime, non sempre presenti, sono disposte con molta libertà (perlopiù sono baciate). Esse garantiscono comunque un forte senso di musi-calità, caratteristica tipica di questa forma metrica; resta identica alla tradizione anche la natura del congedo, perché il poeta si rivolge, nella seconda strofa, diretta-mente alla sua canzone, come usavano fare gli autori

trecenteschi, epoca in cui questa forma poetica ebbe la sua massima diffusione. Caproni ha dunque scelto di recuperare la forma metrica che nella tradizione ha cantato più di frequente l’amore per una donna, ma l’ha modificata in modo da renderla più adatta alle sue esigenze espressive, alleggerendo-la e “svecchiandola” delle caratteristiche troppo rigide (ripartizione della materia in più strofe, continua ripetizio-ne dello schema delle rime della prima strofa, lessico alto e stile solenne…) che ne avrebbero guastato la sempli-cità e la spontaneità, qualità perfettamente in sintonia con il carattere della madre.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “La canzone”

La gente se l’additava giorgio caProni

24

25

Il messaggio del testoAll’origine della poesia vi è senza dubbio il ricordo di Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta diciottenne, nel 1818, di tubercolosi: nelle carte del poeta si trovano, infatti, numerosi appunti sulla sua vicenda («cenare allegramente del cocchiere intanto che la figlia stava male, storia di Teresa, da me poco cono-sciuta, e interesse ch’io ne prendevo come di tutti i mor-ti giovani in quello aspettar la morte per me»; e ancora: «canto mattutino di donna allo svegliarmi, canto delle figlie del cocchiere e in particolare di Teresa mentre ch’io leggeva il Cimitero della Maddalena»). In realtà la Silvia dietro a cui si cela l’immagine di questa sventurata ragazza diviene ben presto il simbolo della giovinezza di tutti e del poeta in particolare, così come la sua pre-matura morte allude alla caduta delle speranze che segna la fine della giovinezza.Che Silvia superi ben presto la dimensione della real-tà per assumere il ruolo di simbolo è evidente da due elementi che anticipano l’ultima strofa del testo, dove questa identità viene esplicitata dal poeta con un tu che è rivolto, contemporaneamente, alla speranza e alla ra-gazza, che diventano, dunque, una cosa sola. Il primo è sicuramente costituito dal nome che il poeta ha scelto per la sfortunata fanciulla: Silvia, infatti, non solo è una reminiscenza letteraria (perché allude, forse, alla prota-gonista di una delle opere di Torquato Tasso più amate da Leopardi, l’Aminta), ma è anche l’anagramma del verbo salivi, in cui è racchiuso tutto il senso del testo, perché la salita rappresenta il faticoso cammino della vita di ogni uomo, sempre irta di difficoltà. Un secondo elemento che dimostra che la ragazza viene ricordata

non tanto nella sua concreta figura storica quanto come simbolo dell’adolescenza delusa è la contestualizzazio-ne del suo ricordo: il poeta, infatti, situa il canto di Silvia nel mese di maggio, che simboleggia, da sempre, il ritorno della primavera, che allude, in poesia, all’ado-lescenza; Silvia e le sue speranze cadono, invece, in inverno, che ben rappresenta, con l’inaridimento dell’er-ba, l’ingresso nella giovinezza e nell’età adulta. Questo momento costituisce, per Leopardi, l’apparir del vero, cioè la scoperta del vero aspetto della vita, che si rivela costellata soltanto di dolori e di solitudine, a cui non c’è rimedio, se non la gelida morte e una squallida tomba. Il poeta ha già fatto questa scoperta: anch’egli, infatti, come Silvia, aveva sperato, da adolescente, di poter vi-vere una giovinezza serena, in grado di realizzare tutte le sue aspettative. Il destino, invece, gli ha negato questo dono, dandogli, al contrario, la chiara consapevolezza dell’infelicità a cui sono destinati tutti gli uomini. Per questo motivo al poeta, divenuto ormai adulto, non importa consegnare all’eternità, con i suoi versi, il ricor-do fedele di un’infelice fanciulla, ma usare la sua storia come monito per tutti gli uomini, perché non abbiano troppe speranze, che finiranno certamente con l’essere disattese.Questo crudele destino dell’uomo è voluto dalla Natura, che il poeta, nella quarta strofa, indica chiaramente come la principale responsabile dell’infelicità umana: essa, infatti, come una madre crudele, infonde nel cuore degli uomini un intenso desiderio di felicità, di amore, di appagamento dei propri ideali…, tutte speranze che poi non consentirà di realizzare, offrendo, al contrario, solo dolore e noia.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “La canzone”

A Silvia giacomo leoPardi

Il ritmoIl ritmo scelto dall’autore per ciascuna delle stanze pre-senta una caratteristica di grande interesse: in quasi tut-te le stanze, infatti, esso è caratterizzato da una certa musicalità, favorita dal frequente uso delle assonanze (per esempio odoroso/giorno, affetto/acerbo), delle ripetizioni (natura/natura, come/come, questi/questi/questa) e dell’enjambement (ad esempio intenta/se-

devi, quiete/stanze, preme/acerbo); solo nella quarta strofa, in cui il poeta si scaglia contro la Natura, il ritmo, a causa delle numerose frasi interrogative ed esclama-tive, diventa spezzato ed affannoso, per sottolineare il senso di angoscia che assale il poeta di fronte agli inganni della Natura, che non pensa alla felicità del singolo ma solo alla conservazione della specie.

Le scelte lessicaliAnche il lessico asseconda e sottolinea la diversità tra le strofe che abbiamo evidenziato parlando del ritmo: nei versi dedicati al ritratto di Silvia o all’adolescenza del poeta prevalgono, infatti, grazie all’uso di vocaboli rari e letterari e di aggettivi non tanto qualificativi quanto evocativi, espressioni sfumate dal ricordo, come splen-dea e molceva il cuore (in cui l’imperfetto di due verbi di uso letterario allontana ancora di più nel tempo il ri-cordo della ragazza), vago avvenir (dove l’aggettivo vale “bello”, ma anche “indistinto”), maggio odoroso (che crea una forte impressione olfattiva), vie dorate (cioè “illuminate dalla luce del sole”, ma anche colorate dalle speranze e dall’entusiasmo giovanile del poeta)… La vaghezza dei termini è spesso accentuata anche dall’uso, tipico di Leopardi, degli aggettivi a coppie (ridenti e fuggitivi, v. 4; lieta e pensosa, v. 5; gli studi

leggiadri… e le sudate carte, vv. 15-16; acerbo e scon-solato, v. 34; innamorati e schivi, v. 46…), in modo che i due termini si precisino e si sfumino a vicenda: gli oc-chi di Silvia sono sí ridenti, cioè esprimono allegria, ma anche fuggitivi, come se presentissero che la loro gioia sarà temporanea; per lo stesso motivo la fanciulla è lieta, ma anche pensosa, perché i suoi sogni si mescolano alla tristezza; gli studi sono leggiadri, ma anche faticosi, come rivelano l’espressione sudate carte e i versi imme-diatamente successivi, che lasciano trasparire un certo rimpianto per la giovinezza trascorsa sui libri… Solo nei versi in cui il poeta si oppone alla Natura, madre cattiva e ingannatrice, il lessico diventa più duro, caratterizzato, cioè, da vocaboli con molte con-sonati aspre (osserva, per esempio, nei versi 56-59, l’abbondanza delle t e delle r) e per nulla evocativi.

La canzone leopardianaQuesti contenuti, di grande intensità e spessore, hanno trovato la loro sede naturale nella canzone, che viene però profondamente rinnovata da Leopardi rispetto a quella petrarchesca: le forme e le strutture consegnate dalla tradizione gli parevano, infatti, ormai decisamente inadeguate per esprimere le nuove tensioni dello spirito. Di qui le profonde trasformazioni: le sei strofe hanno diversa lunghezza; i versi che le compongono, ende-casillabi e settenari, sono variamente disposti e rimati; le rime, saltuarie (baciate, alternate e distanti anche più di tre versi), sono usate, così come le assonanze,

le consonanze e le rime interne, solo quando risultano utili per sottolineare la pregnanza di qualche termine del testo (un esempio particolarmente significativo si trova nella quarta strofa, dove il sostantivo Natura rima con sventura, per rimarcare e sottolineare con forza il giudizio di Leopardi sulla natura). L’unico elemento co-stante è costituito dall’ultimo verso di ogni strofa, che è sempre un settenario e rima sempre con uno dei versi che compongono la strofa che chiude (salivi : fuggitivi; giorno : dintorno; seno : sereno; tuoi : poi; amore : core; lontano: mano).

26

27

Un viaggio che non finisce

La scelta della ballata

Questa ballata di Lorca descrive il viaggio di un cavalie-re solitario verso Cordova, che appare come una città fantasma, avvolta dalla solitudine e dal silenzio.Anche il viaggio, in verità, risulta piuttosto strano: il ca-valiere si muove verso la sua meta in un clima irreale e sospeso, accompagnato soltanto da una cavalla nera e da una strana luna, prima grande e poi rossa; nella bisac-cia ha solo un viatico d’olive. Egli afferma di conoscere tutte le strade, ma sa già che non arriverà alla sua meta, perché la morte lo aspetta prima d’entrare a Cordova.

A questo punto è chiaro che il viaggio del cavaliere allu-de a un altro viaggio, quello della vita: essa, infatti, è un lungo cammino verso una meta irraggiungibile (la fe-licità? La realizzazione dei propri desideri? Il successo?…) a causa delle difficoltà che si parano dinanzi all’uomo (rappresentate dal gran vento sulla pianura), e, soprat-tutto, della morte, che ci impedisce spesso di realizzare i propri sogni. Di qui il tono malinconico e sofferto del testo, enfatizzato dalla presenza di alcune proposizioni esclamative.

Per questa meditazione sulla vita e sulla morte il poeta ha utilizzato la forma metrica della ballata, adattandola alle sue esigenze espressive: egli, infatti, ha valorizzato al massimo il ruolo del ritornello (o ripresa), che non si trova all’inizio del componimento e alla fine di ogni strofa,

ma all’inizio e alla fine del componimento, per sottoline-are, anche dal punto di vista grafico, la solitudine e la lontananza della città, chiusa e isolata dal resto dai due ritornelli.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “La ballata”

La ballatadi cordova federico garcia lorca

Il contenuto…Giovanni Pascoli, nel periodo in cui scrisse Patria, viveva e insegnava a Livorno, lontano dalla sua terra natia, la Romagna, a cui era legato da un profondo affetto: egli sogna, quindi, un giorno d’estate nella sua terra, con le cicale, il rumore del vento e delle foglie, i raggi di sole, i colori del cielo, i melograni, le tamerici, il battito della trebbiatrice e l’Angelus che risuona da lontano… Ma all’improvviso il brusco risveglio: il poeta non sente

più il suono argentino delle campane di Romagna, ma quello di altre campane, che lo riportano lontano dalla sua terra. Davanti ai suoi occhi solo un forestiero (lo stesso poeta) a cui sono indirizzati i latrati di un cane, che sottolineano in modo efficace e al contempo dram-matico il suo senso di estraneità dal paesaggio che lo circonda.

Analisi del testo

… e la formaPer esprimere questi contenuti il poeta ha fatto ricorso alla forma metrica della ballata, che però non si pre-senta né nella forma originaria né nelle successive e più complesse rielaborazioni, ma viene quasi completamen-te “reinventata”. Essa infatti, interamente composta di versi settenari, è formata da due diversi ritornelli di un solo verso (che permettono di definirla “piccola”) e da quattro strofe; queste ultime richiamano nello schema metrico (x. ababx. cdcdx. y. efefy. ghghy), in cui pre-valgono le rime alternate, la struttura tradizionale della

ballata, perché si chiudono sempre con una rima identi-ca a quella del ritornello. La presenza di due soli ritornelli diversi (e non dello stesso, ripetuto al termine di ogni strofa) costituisce la novità più rilevante del testo: essa è riconducibile alla volontà pascoliana di rinnovare le forme metriche della tradizione rendendole più brevi e incisive, perché possano raccogliere e presentare le sue sensazioni ed emozioni in modo più intenso e immediato.

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “La ballata”

Patria giovanni Pascoli

28

29

La triste sera della vita

La metrica libera

Il poeta riflette tra sé e sé in una sera di febbraio illumi-nata dalla luna: i suoi pensieri non sono sereni, perché egli si sente estraneo a tutto ciò che lo circonda.Saba, infatti, ha voluto raffigurare, in questa poesia, la solitudine dell’uomo moderno, che si sente lontano sia dalla natura (che è rappresentata con pochi tratti essen-ziali, sotto forma di un giorno che se ne va per lasciare il posto alla sera, quasi un emblema del dolore che in-

combe sull’animo dell’uomo, come sul giorno incombe la notte) sia dagli uomini, in questo caso dei giovani che vagano (addirittura sbandando) senza una meta e senza punti di riferimento. È chiaro che così non si può vivere: e infatti egli afferma che la vita può diventare sopporta-bile solo se si pensa alla morte, che metterà fine alle sofferenze e alle fatiche della quotidianità.

Per esprimere questo messaggio il poeta ha usato in modo originale le strutture metriche della tradizio-ne: se si osserva con attenzione questo componimento, infatti, si potrà notare che esso è costituito da una sola strofa di versi endecasillabi sciolti da rima, dei quali il primo e il quarto sono stati tipograficamente divisi in due parti dallo stesso poeta per visualizzare meglio la pausa meditativa determinata dalla cesura. Non solo: nel secon-

do verso la parola giorno è separata dal resto da un’altra forte cesura e nel quinto in fine è posto tra due virgole; tra i versi 1 e 2, 4 e 5 sono presenti forti enjambement. La frantumazione dei versi e la separazione delle pa-role hanno un duplice scopo: enfatizzare al massimo i vocaboli che il poeta ritiene importanti per la compren-sione della poesia e accentuare il senso di profonda solitudine che egli avverte dentro di sé.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “La metrica libera”

Sera di febbraio umberto saba

Una riflessione sulla poesia

La metrica libera

Bertold Brecht, famoso drammaturgo tedesco di fede marxista, fu uno degli autori preferiti di Fortini, che ne amò non solo lo stile potente, ma anche il messaggio. Il temporale è dunque solo un pretesto per interrompe-re un lavoro di traduzione che lo fa sentire inadeguato, perché gli pare di non riuscire a protestare contro i potenti con la stessa forza e con la stessa efficacia del suo modello.È proprio questo il più grande cruccio del poeta, la sua incapacità di scagliarsi con forza, attraverso i suoi versi, contro chi opprime i più deboli: egli si sente ad-dirittura, per questa sua incapacità, colpevole come gli oppressori che vorrebbe condannare (fra quelli dei ne-mici scrivi anche il tuo nome dice, infatti, ai versi 17-18). Fortini sa che oggi è più difficile far sentire la propria

voce, perché il nuovo benessere e l’imborghesimento della società hanno fatto sì che l’oppressione si nascon-da dietro il paravento di una convivenza civile, in cui l’op-presso tollera e l’oppressore opprime dal chiuso delle sue stanze, in gran segreto; è consapevole di aver quasi perso le coordinate di riferimento (credo di non sapere più di chi è la colpa) proprio per la tranquillità in cui con-vivono oppressi e oppressori; sa anche che oggi la voce di chi protesta rischia di non essere capita (non per noi più). Ma tutto ciò non importa: egli è convinto del fatto che il poeta deve avere comunque il coraggio di fare il proprio dovere, cioè di denunciare con i suoi versi ciò che vede, anche se la poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi è, infatti, la drammatica conclusione a cui perviene.

Il testo è composto da due strofe disuguali di versi li-beri: essi, infatti, spesso molto più lunghi dei versi tra-dizionali, sono mescolati liberamente tra loro e non sono uniti da rime, ma solo da alcune consonanze e assonanze. La ricerca di un ritmo teso e serrato che

possa assecondare la durezza del contenuto si traduce nell’attenta disposizione degli accenti ritmici dei versi, nella presenza di alcuni forti enjambement, nella scelta di vocaboli caratterizzati da suoni duri e in una sintassi poco lineare.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 4

Verifica su “La metrica libera”

Traducendo brecHt franco fortini

30

31

Un’amara riflessione sulla vita Il poeta ha strutturato il suo testo in due quartine, la prima (che ha schema ABBA) di versi endecasillabi, la seconda (che ha schema CDDA) di tre endecasillabi e un doppio settenario. Ognuna delle due strofe affronta un tema: la prima il male di vivere, la seconda il possibile rimedio.

■ Nella prima strofa il poeta, per dimostrare l’universalità del dolore, che è connesso a qualsiasi forma di vita, concretizza il male di vivere in alcuni emblemi tratti da ogni regno della natura:

un rivo (regno minerale) che non può scorrere per-ché è interrotto da un ostacolo

una foglia (regno vegetale) che si è accartocciata a causa del calore del sole

un cavallo (regno animale) caduto per il dolore o per la stanchezza

■ anche l’unico rimedio che il poeta riesce a trovare con-tro il male di vivere, un’indifferenza che assomiglia a quella che gli dei mostrano per le faccende umane, è concretizzato in una chiara serie di emblemi:

una statua che non soffre per la calura del mezzo-giorno, paga della sua immobilità (al contrario del rivo, che soffre se non scorre)

una nuvola e un falco sospesi in alto nel cielo, ben lontani da ogni male del mondo e dalla terra (dove precipitano, invece, la foglia e il cavallo). Questa divina Indifferenza non è frutto di non-curanza o di superficialità, ma è un vero e proprio prodigio, che consente all’uomo saggio di allonta-narsi per un attimo dalle miserie umane e di com-prendere la grandezza del mistero della vita, che egli non può capire, ma solo accettare, riconoscen-do la propria limitatezza e finitezza.

Gli emblemi scelti dal poeta (che costituisce l’unico elemento di unione tra le due strofe) illustrano i temi affrontati con grande chiarezza e oggettività, in quanto immagini dai contorni molto netti: Montale, infatti, vuole che essi comunichino al lettore in modo semplice, di-retto e immediato il messaggio di cui il suo testo si fa portavoce.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 5

SPesso il mal di vivere Ho incontrato eugenio montale

Verifica su “Le parole della poesia”

Un naufragio d’amore Una banale scena di vita quotidiana (il poeta osserva la donna di cui è innamorato mentre si sta pettinando) for-nisce lo spunto per la creazione di un piccolo capolavoro di poesia barocca, un sonetto che si presenta come un vero e proprio trionfo di metafore: i lunghi capelli biondi e ondulati si trasformano, così, in un mare d’oro e il petti-ne d’avorio in una navicella che lo solca; il poeta non può che fare naufragio, dopo essersi infranto sullo scoglio (di diamante) del duro cuore della donna che non si cura delle sue pene d’amore (e infatti il mare passa da onde dorate a flutti tremolanti, per divenire, alla fine, in una

sorta di felice ossimoro, un procelloso tesoro)...Ovviamente quest’ultima immagine, pur essendo di morte, non provoca nel lettore alcun turbamento: è fin troppo palese, infatti, nel testo, l’atmosfera di gioco e di divertimento, frutto di grande perizia e abilità tecnica (la metafora dei capelli d’oro è di petrarchesca memoria, ma la sua esasperazione è totalmente dovuta alla tecnica di questo poeta!), che coinvolge persino l’aspetto fonico dei versi, in cui abbondano espressioni che rimandano alla metafora dell’oro (dorate, avorio, errori, amor, for-marne, tesoro, core, morte, moro).

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 6

Donna cHe si Pettina giovan battista marino

Verifica su “Le figure retoriche di significato”

32

33

La guerra distrugge tutto!I versi liberi di questa poesia ritraggono un desolato pae-saggio di guerra, in cui non c’è più alcuna traccia di vita: in realtà la desolazione peggiore è quella che alberga nel cuore del poeta, perché di molti di coloro che erano a lui legati da rapporti di amicizia e di affetto non è rimasto

nemmeno un brandello. Proprio per questo il cuore del poeta è presentato come un immenso cimitero, dove ogni croce è il ricordo di una persona che l’orrore della guerra ha privato della vita.

Le figure retoriche di significatoLa figura retorica più bella ed espressiva di questi ver-si è sicuramente costituita dalla metafora brandello di muro, che ha un fortissimo impatto emotivo, perché paragona la casa colpita dalle bombe a un corpo vivo, straziato dalla violenza della guerra, come se il muro con-servasse impressa, nelle sue ferite, un po’ di quella vita domestica che aveva custodito sino allora.

Sicuramente altrettanto efficace è la metafora su cui si regge l’intero componimento, che identifica il paese con il cuore del poeta: le croci appaiono così ancor più dolorose, proprio perché hanno indelebilmente sostitu-ito, nel cuore, la presenza viva di coloro che amavano (riamati) il poeta.

Le scelte metricheLa lirica è stata strutturata in modo da risultare molto sem-plice, con un andamento dimesso e quasi prosastico: essa è infatti composta da quattro strofe, due quartine e due distici, in cui c’è una perfetta coincidenza tra unità strofica e unità di significato, giacché ogni strofa corrisponde a un periodo (come evidenziano anche gli spazi bianchi, dopo i quali il verso comincia sempre con la maiuscola, come se essi fossero un punto fermo), al termine del quale vi è una breve pausa di riflessione.

I versi, elementari nella loro brevità, rimandano ai me-tri tradizionali (direttamente, come accade nella prima strofa, composta da versi regolari – due quinari piani, un trisillabo piano e un senario piano – o indirettamente, come accade in ma nel cuore / nessuna croce manca, che, scritto di seguito, diviene un regolare endecasillabo); le rime sono costituite da vocaboli ripetuti (il participio rimasto e il sostantivo cuore), per mantenere il profilo basso e meditativo della lirica.

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 6

San martinodel carso giusePPe ungaretti

Verifica su “Le figure retoriche di significato”

La lettura denotativa Il testo, composto da diciannove strofe di versi liberi, può essere suddiviso in tre parti. ■ Nella prima (versi 1-15) una voce esterna che incarna

il parere dei benpensanti descrive a un pubblico de-cisamente poco attento il nuovo modo di fare poesia del poeta, mettendone in luce le manchevolezze e i difetti (tanto che i suoi versi sono poco elegantemen-te definiti piccole corbellerie)

■ nella seconda parte (versi 16-69) il poeta dialoga con un lettore legato alla tradizione e a un’idea di po-esia seria e impegnata: i due si provocano a vicenda, facendo emergere le rispettive posizioni – radical-

mente opposte – fino ad arrivare all’insulto (il poeta, infatti, si prende del fesso...)

■ infine, nella terza parte (versi 70 – fine), i due illustra-no, per mezzo delle loro battute, la crisi della poesia (che ormai non si capisce più, al punto che sembra giapponese) e la “poetica del divertimento”, l’unica possibile per il poeta.

È dunque evidente che questi versi possono essere con-siderati un vero e proprio manifesto poetico, perché il poeta fissa in modo chiaro e palese le caratteristiche del suo modo di intendere e di fare poesia.

La sperimentazione fonicaCiò che colpisce di questo testo non è tanto il tipo di les-sico (decisamente inusuale per la poesia, dal momento che vi compaiono termini quotidiani come poveretto, in-decenze, fesso, somaro, grullerie, spazzatura...) quanto la costante voglia del poeta di giocare con i suoni, che si concretizza nella massiccia presenza di ■ assonanze (cucù: rurù) e consonanze (ihu uhi)

■ rime (particolarmente significativa risulta la rima im-perfetta che lega corbellerie, grullerie e poesie, per dimostrare che il nuovo modo di fare poesia non può prescindere, ormai, dalla mancanza di significati pro-fondi e dal divertimento)

■ suoni ridotti all’essenziale (per esempio le vocali, elencate in ordine alfabetico)

■ espressioni onomatopeiche (fru, fru, fru...) che però, a differenza di quelle usate dal più grande maestro del lin-guaggio fonosimbolico, Giovanni Pascoli, sono del tutto prive di significato (non riproducono cioè versi, rumori o sensazioni) e disposte nei versi in modo arbitrario e casuale

■ giochi di lettere (ottenuti, per esempio, con un sem-plice cambio di consonante – fara, tara, para, lara – oppure invertendo dei suoni – uhi diventa ihu)

■ ripetizioni (il vocabolo licenze viene ripetuto, per esempio, per ben tre volte in due versi).

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 6

E lasciatemi divertire aldo PalazzescHi

Verifica su “Le figure retoriche di suono”

34

35

Il senso di un’esperienza poeticaIl poeta moderno non può più riflettere sui valori e sulle complesse problematiche della vita umana: gli uomini, distratti dal denaro, dal benessere, dagli agi e dalle pro-messe della nuova società industriale, non vogliono e non sanno più pensare a queste cose e, pertanto, non dimandano più nulla dai poeti. La poesia, dunque, può solo suscitare il riso e divertire; al poeta, che non ha più verità da trasmettere, non resta che abbandonare il suo ruolo di vate e di veggente per trasformarsi in un

clown che si diverte e diverte con ciò che, con efficaci metafore, definisce gli avanzi e la spazzatura del passato. Questa sperimentazione poetica non deve essere sottova-lutata, ma, esattamente al contrario, deve essere conside-rata in modo estremamente positivo: fu proprio grazie al vuoto creato da Palazzeschi e, poco tempo dopo, da alcuni poeti futuristi che si mossero nella sua stessa direzione, che la lirica del Novecento ebbe la possibilità di ricominciare da zero e di creare il suo nuovo linguaggio poetico.

La musica della natura Pochi autori hanno saputo e sanno giocare con i suoni della poesia come D’Annunzio: questi versi (liberi e di va-ria lunghezza) che descrivono i movimenti di un’onda su una spiaggia della Versilia ne sono certamente un chiaro esempio. Essi sono caratterizzati da

■ un’estrema brevità (spesso contengono una sola pa-rola)

■ una scelta lessicale accuratissima: il poeta ha fatto ricorso a termini tecnici (ulva, berilli...), letterari (s’in-fiora, volute...), preziosi (cuora, crisopazzi...), scelti più per il loro suono che per il loro significato

■ una grande attenzione ai suoni, persino ai singoli fonemi (nei versi 65-66, per esempio, c’è una netta prevalenza della a)

■ una fitta rete di rimandi interni al testo, ottenuta per mezzo di rime (perlopiù baciate sonora: odora,

schianta: canta...) e assonanze (ulva, allunga)

■ una massiccia presenza di figure retoriche di suono, come allitterazioni (spruzzi, sprazzi) e onomatopee (per esempio le serie verbali – sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta... romba, ride... accorda, discorda... – spesso enfatizzate dalla disposizione in forma di climax ascendente e discendente).

D’Annunzio, insomma, ingaggia, in questi versi, una vera e propria gara di bravura con la natura, per dimostrare di essere un inarrivabile creatore di versi: l’onda che gio-ca davanti ai suoi occhi (addirittura personificata, grazie all’uso di verbi come ride e canta) sembra quasi più bella di quella vera, proprio grazie alla capacità del poeta di ritrarla con parole che “paiono rendere in immediatezza di suoni i fluttuanti giochi del mare accolto in una cala tranquilla” (sono parole dello stesso D’Annunzio).

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 6

L’onda gabriele d’annunzio

Verifica su “Le figure retoriche di suono”

36

37

Alla ricerca di un punto d’appoggioCaproni propone un ritratto della città di Genova par-ticolarmente denso di significato, nonostante la brevità e l’apparente semplicità.

■ Il primo aspetto che colpisce il lettore è la presenza, nel testo, di due aree semantiche opposte: da una parte c’è, infatti, l’area semantica della durezza, rappresentata dai termini ardesia, arenaria, così salde, di sasso, dall’altra, invece, quella della leggerezza e della luminosità, a cui appartengono i vocaboli e le espressioni colori a fresco, in piena aria, sospese nella brezza, iride e aria. In due punti del testo queste due aree semantiche si fondono: ciò ac-cade nella descrizione delle case, che sono, allo stesso tempo, solide (così salde) e leggere (perché sospese nella brezza), e nell’ultimo verso del componimento, dove Ge-nova è, contemporaneamente, di sasso e aria

■ questa fusione non è certamente casuale: il contrasto tra la robustezza e la leggerezza allude, infatti, alla vita del poeta, che, sentendosi fragile e precario, ricer-ca, nella città, delle certezze e dei punti d’appoggio che non è facile trovare. Il suo rapporto d’affetto con Genova, sottolineato dalla ripetizione dell’aggettivo mia, è la conferma di questa ricerca: appoggiandosi a Genova (definita mia difesa) il poeta avverte una forza nuova, che potrà aiutarlo nelle difficoltà dell’esistenza, solo adombrate nell’espressione vita precaria

■ il messaggio del testo, infatti, è lieve e non si colora mai di toni drammatici: per questo il poeta dà ai suoi versi, endecasillabi e settenari variamente combinati, una forte musicalità, ottenuta con la frequente ripeti-zione della rima in – aria.

L’importanza delle scelte sintatticheIl messaggio del testo è sapientemente enfatizzato an-che dalle scelte sintattiche:

■ la complessa struttura della seconda strofa, che pre-senta una disposizione fortemente innaturale delle pa-role, sottolinea il faticoso tentativo del poeta di dare fermezza alla sua vita precaria

■ al contrario, l’estrema semplificazione della prima e della terza strofa, caratterizzate da frasi nominali, ren-

de evidente il rapporto affettivo che si è instaurato tra il poeta e la città (si pensi, per esempio, al primo verso, in cui Mia Genova difesa e proprietaria equi-vale a “Genova, che sei mia difesa e proprietaria”: l’a-bolizione del verbo e il posizionamento dell’aggettivo possessivo in primo piano, come apertura di verso e di composizione, mettono in evidenza l’intenso coinvol-gimento sentimentale che il poeta prova nei confronti della città a cui il testo è dedicato).

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 6

Stornello giorgio caProni

Verifica su “Le figure retoriche di sintassi”

Un tramonto pieno di pensieri…

Le scelte sintattiche

In questi pochi versi liberi (alcuni dei quali regolari ende-casillabi) il poeta osserva pensieroso la fine di un giorno troppo povero d’amore: l’atmosfera del tramonto non è serena, tanto che il cielo appare colmo di pace ma anche di compianto. Non solo. Tutto, intorno, sembra in bilico e precario: la rosa, infatti, pencola sotto le silenziose balaustrate e il po-eta stesso si trova su una terrazza, come sospeso tra terra e cielo, a farsi domande che non hanno risposta mentre la nebbia inghiotte lentamente il paesaggio che lo circonda...

È evidente che questa descrizione suggerisce ed evoca qualcosa di più di un semplice tramonto: essa, infatti, letta in senso connotativo, appare pensata per illustra-re l’impossibilità, per l’uomo, di appropriarsi davvero della furtiva sostanza del suo tempo, della sua vita, delle sue speranze, che si schiantano miseramente a terra come la colomba che le simboleggia, lasciando il poeta confuso e disorientato, incapace di distinguere i contorni della sua realtà e di trovare il giusto sentiero da percorrere.

La durezza e l’asprezza del messaggio del testo sono sapientemente esaltate dalle scelte sintattiche compiute dal poeta:

■ la consistente presenza di anastrofi (per esempio e ora pencola... la rosa; al suolo cede l’ampia colomba...), che, invertendo le parole rispetto all’ordine consueto in cui sono presentate (negli esempi citati esse allontano il soggetto dal verbo a cui si riferisce), costringono a ri-flettere sui singoli vocaboli, che acquistano maggior pregnanza proprio dalla loro innaturale collocazione

■ l’uso di numerosi enjambement, che hanno il compi-to di frantumare i versi (rendendoli poco musicali e quindi più espressivi) e di completare il lavoro delle anastrofi, ponendo in primo piano i vocaboli su cui il poeta desidera richiamare l’attenzione del lettore (è il caso, tanto per citare un esempio, di tace / nello spazio, che, permettendo di creare la rima tace: giace e spo-stando l’attenzione del lettore sullo spazio che circonda il poeta, mette in luce l’inesorabilità del tempo che pas-sa e lo pone in relazione con la pace e il compianto che esso lascia inevitabilmente dietro di sé).

Analisi del testo

Modulo 1 • Unità 6

Terrazza mario luzi

Verifica su “Le figure retoriche di sintassi”

38

39

Modulo 1 • Unità 7

Verifica su “Le varianti”

Dormire giusePPe ungaretti

Un lavoro di ceselloL’immagine fiabesca del paese addormentato sotto una candida coperta di neve esprime un desiderio di pace e di tranquillità (evidenziato dalla metafora con cui la coltre di neve è associata all’immagine di una camicia da notte o, più probabilmente, a quella del camice dei

medici che operavano in questa città per prestare soc-corso ai soldati feriti): per sottolinearlo meglio il poeta ha disposto i versi (due quinari, due quadrisillabi e un trisillabo) con un ordine discendente e ha operato, negli anni, pochi ma efficaci cambiamenti.

Analisi del testo

SECONDA STESURA TERZA STESURA

Rispetto alla prima stesura notiamo la sostituzione del participio steso con adagiato: essa consente di raffor-zare l’idea della serenità donata dal paesaggio non solo con il senso (il corpo del poeta, infatti, si abbandona completamente, adagiandosi mollemente) ma anche con il suono, perché la ripetizione di un suono aperto, la a comunica sempre, in poesia, un senso di tranquillità.

Questa volta il poeta modifica il primo verso e, in particolare, sostituisce somigliare con imitare: il generico concetto della somiglianza viene meglio precisato da questo secondo verbo, che, avendo il senso di “essere come”, allude a una sorta di fusione di uomo e natura, che finalmente, nella pace della neve che li unisce, riconoscono la loro fratellanza.