angelini, g. (et al.), ascesi e figura cristiana dell'agire, milano, glossa, 2005

79
La collana, diretta da Claudi o Stercal, è promossa dal Centro Studi di Spiritualità della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale (Milano) CENTRO STUDI DI SPIRITUALITÀ ISBN 88-7105-194-7 Copyright © 20 05 Edizion i Glossa Srl 20 12 1 Milano Vi a dei C avalieri del S Sepolcro, 3 Tel 02/877.609- fax 02/72003162 E-mail: [email protected] www.glossaeditrice.it Giuseppe Angelini Antonio Montanari Cristina Sìmonelli Cesare Vaiani S C SI U C R STIA LL AG RE

Upload: piero-pertusati

Post on 11-Oct-2015

38 views

Category:

Documents


1 download

TRANSCRIPT

  • La collana, diretta da Claudio Stercal, promossa dal "Centro Studi di Spiritualit" della Facolt Teologica dell'Italia Settentrionale (Milano)

    CENTRO STUDI DI

    SPIRITUALIT

    ISBN 88-7105-194-7

    Copyright 2005 Edizioni Glossa Srl 20121 Milano Via dei Cavalieri del S. Sepolcro, 3 Tel. 02/877.609- fax 02/72003162 E-mail: [email protected] www.glossaeditrice.it

    Giuseppe Angelini -Antonio Montanari Cristina Smonelli Cesare Vaiani

    ASC SI E GU A

    CR STIA LL'AG RE

  • INTRODUZIONE Cesare Vaiani

    dice

    CHE COSA FATE PI DI NOI?. ASCESI CRISTIANA E NOVIT DELL'EVANGELO

    3

    Antonio Montanari 9

    INTRODUZIONE 9 l. RADICI COMUNI: FILOSOFIA E ASCESI CRISTIANA 17

    1.1. Dall'ascesi filosofica all'ascesi cristiana dei primi secoli 19

    1.2. Filosofia e ascesi cristiana: continuit o rottura? 24

    1.3. Lo sviluppo del monachesimo primitivo 28 2. UN MODELLO DI VITA ASCETICA CRISTIANA:

    LA VITAANTONII 32 2.1. Un monachesimo essenzialmente ascetico 34 2.2. "Fuga mundi" o carit fraterna? 38 2.3. Rinnegamento o trasfigurazione del corpo? 41

    CONCLUSIONI

    GLI "IDEALI ASCETICI". PERTINENZA E LIMITI DELLA LETTURA ASCETICA DEL CRISTIANESIMO

    48

    Giuseppe Angelini 53

    l. PRIMA ISTRUZIONE DELLA QUESTIONE 53 1.1. L'agire del cristiano come esercizio 57

    v

  • 1.2. Le questioni sottese 2. IL PUNTO DI VISTA DEI FILOSOFI

    2.1. Due figure alternative di ascesi 2.2. L'ascesi come "contro natura"

    3. L'ASCESI NELLA VICENDA DEL PENSIERO

    60 63 65 69

    TEOLOGICO 74 3.1. Il passaggio moderno della teologia 77 3.2. La tradizione antica 81

    4. BREVE RIPRESA TEORICA 85

    LA VITA PERFETTA ED IL SUO ESERCIZIO. LE OMELIE SULL'ECCLESIASTE DI GREGORIO DI NISSA COME ITINERARIO ASCETICO Cristina Simonelli

    l. LA VITA PERFETTA

    2. Le Omelie sull'Ecclesiaste 2.1. I prologhi: il ponos della theoria 2.2. Vanit delle vanit

    97

    98

    105 109 113

    2.3. Il momento opportuno 117

    3. LA FATICA DELL'ASCOLTO E DELLA PAROLA 121 3.1. La cavit nella roccia 122 3.2. La virt che mira alla precisione

    della parola 125 3.3. Momento per parlare, momento per tacere 127

    4. ANCHE L'ASCESI VANIT? 130

    BIBLIOGRAFIA SCELTA Antonio Montanari

    VI

    135

    Ascesi e figura cristiana

    dell'agire

  • Cesare Vaiani

    Introduzione

    L a riflessione su "Ascesi e figura cristiana dell'a-gire" propone un tema di notevole rilevanza per la spiritualit e, pi in generale, per la stessa vita cri-stiana. Assumendo il termine "ascesi" nel suo pi ampio e antico significato di "esercizio", si possono segnalare alcuni degli ambiti toccati dal riferimento a questo tema; la semplice elencazione, che qui proponiamo a modo di breve introduzione, potr documentare la vastit dei riferimenti possibili nella storia del cristia-nesimo. Alcuni riferimenti pi o meno impliciti ad un impe-gno che pi tardi sar qualificato come "ascetico" si trovano gi nel Nuovo Testamento, almeno in termini di esigenze radicali proposte da Ges a quanti vo-gliono seguirlo; anche l'et patristica segnata da si-gnificative prove di ascetismo, che rivelano stretti contatti con la morale insegnata e praticata da diverse scuole filosofiche e che si cristallizzano da p prima nella figura del martire, poi in quella degli asceti e infine soprattutto nell'ideale monastico. La vita monastica, e pi tardi la vita religiosa, diven-teranno cos un luogo classico dell'impegno ascetico, con il rischio di collegare in maniera anche troppo esclusiva ascesi e vita religiosa; anche se non possi-

    3

  • bile, in linea di principio, accettare una tale identifi-cazione tra ascesi ed esperienza resta vero che la declinazione storica dell'impegno ascetico ri-manda in maniera consistente al monachesimo e ai suoi ulteriori sviluppi. L'attenzione alla dimensione ascetica della vita cri-stiana continua e si sviluppa in et medievale, talvolta con l'assunzione di pratiche molto austere, come la disciplina o altri strumenti di penitenza, che spesso erano legate alla disciplina penitenziale. La direzione che l'impegno ascetico assume nel tardo medioevo sar soprattutto quella della conformit a Cristo, spe-cialmente nei suoi aspetti di passione e d sofferenza; la povert assume un significato importante in questa ascetica conformit a Cristo. Da segnalare anche l'incremento dell'importanza attri-buita alla relazione tra impegno ascetico e vita di pre-ghiera, che gi in epoche precedenti aveva avuto il suo ruolo: con lo sviluppo di metodi di orazione sempre pi articolati, la crescita spirituale viene sempre pi misurata con uno sviluppo della pratica dell'orazione. Nella storia della spiritualit, l'impegno ascetico co-nosce anche una serie di pugnac opposizioni: alcune tendenze paganizzanti dell'umanesimo colto, come pure certe prospettive dell'umanesimo cristiano, guardano con sospetto a tutto ci che sa di ascesi; e pi tardi si dovr registrare l'opposizione all'asceti-smo da parte dei libertini, degli illuministi, dei liberi pensatori o dei positivisti dell'Ottocento, fino alla po-sizione assolutamente singolare di Nietzsche. Accanto a tali opposizioni, che provengono pi chia-ramente dalla cultura ambiente, talvolta dichiarata-mente ostile al cristianesimo, si devono registrare ten-

    4

    sioni anche all'interno degli stessi movimenti spin-tuali cristiani: tutto l'episodio del quietismo e della sua condanna coinvolge precise prese di posizione nei confronti dell'ascetica, sminuita nel suo 1Valore o anche francamente eliminata, perch ritenuta alterna-tiva o nociva rispetto all'opera di Dio nell'uomo. An-che la diffusione del giansenismo si nutre di una pro-spettiva ascetica severa e rigorosa, nutrita di un certo pessimismo e di un timore reverenziale di fronte a Dio, che nella sua sostanza molto distante dal vero ascetismo cristiano, ma che assume l'austero paluda-mento di una reazione al rilassamento dei costumi cristiani. Un ulteriore elemento che si unisce all'ascetismo cri-stiano dell'Ottocento la prospettiva della ripara-zione: in molti autori l'impegno in pratiche ascetiche si unisce al dovere della riparazione delle offese fatte a Dio. Il culto del Sacro Cuore offrir molti agganci in questo senso, e in molti casi questa idea della ripara-zione sar assolutamente dominante nella pratica del-l'ascesi. In questa stessa direzione, a partire dal signi-ficato riparatore di alcune pratiche penitenziali, si svi-luppa la consapevolezza del significato apostolico delle opere di piet e di penitenza; l'Apostolato della Preghiera, ad esempio, sottolineer lo stretto collega-mento tra pratiche ascetiche, vita di piet ed efficacia apostolica. Con la crescita di importanza del ruolo del laicato nella Chiesa anche le prospettive ascetiche si muovono da un ambito che era sostanzialmente quello dei reli-giosi ad una prospettiva pi estesa e allargata, con f' estensione ai laici di pratiche che erano prima tradi-zionalmente riservate ai religiosi o ai chierici, quali le

    5

  • settimane di esercizi spirituali, la pratica della dire-zione spirituale o la coltivazione di devozioni varie. Il Novecento sar anche segnato dallo sviluppo delle diverse scuole di psicologia sperimentale, che spesso si mostrano molto critiche e diffidenti nei confronti dell'idea stessa di ascetismo, talvolta prospettato come forma patologica di disprezzo di s e di nega-zione della propria personalit. Certamente il nostro attuale approccio alla dimensione ascetica molto in-fluenzato da queste critiche, che mettono in guardia nei confronti di un accostamento ingenuo e si pon-gono in quella prospettiva di sospetto che contraddi-stingue tanta parte della nostra cultura. In ambito cristiano, il Novecento sar anche segnato da una certa messa in questione dell'individualismo tradizionalmente connesso all'impegno ascetico, con una generale sottolineatura della dimensione eccle-siale e comunitaria della vita cristiana e una forte cri-tica di un ascetismo individualista e troppo centrato su se stessi. Abbiamo sinteticamente elencato i principali ambiti toccati dal riferimento all'ascesi cristiana solo per ri-chiamare l'estensione di tale riferimento: possiamo davvero affermare che non si pu guardare alla storia della spiritualit o pi semplicemente alla storia del cristianesimo senza parlare di ascesi e del suo signi-ficato. Una tale constatazione riguarda ovviamente anche una serie di questioni pi propriamente teologiche, che rimandano soprattutto all'ambito dell' antropolo-

    teologica: ricordiamo il tema del rapporto tra gra-zia e libert, dove allo spazio della libert viene fatto risalire anche tutto ci che riguarda l'impegno asce-

    6

    tco e l'esercizio della volont, e che nella trattazione teologica rimandava spesso al rapporto tra ambito na-turale e soprannaturale; con dei rimandi che,;talvolta toccano anche l'opposizione fede-opere, con tutte le implicanze relative a questo dibattito all'interno della Riforma. Un'altra maniera in cui si talvolta declinato un aspetto del medesimo problema quello del rapporto tra ascetica e mistica, anche in questo caso intese ri-spettivamente come lo spazio dell'azione umana e dell'impegno virtuoso di fronte all'azione gratuita e imprevedibile della grazia. Su questo ampio sfondo s posta anche la Giornata di studio su "Ascesi e figura cristiana dell'agire", orga-nizzata dal Centro Studi d Spiritualit della Facolt Teologica dell'Italia Settentrionale di Milano il 20 gen-naio 2005, che ovviamente non ha voluto n potuto affrontare e risolvere ogni problema, ma semplice-mente aiutare la riflessione su qualche punto specifico. In questo volume sono raccolti, oltre ai due interventi proposti in quell'occasione da Antonio Montanari e Giuseppe Angelini, anche un ulteriore studio relativo all'et patristica, a cura di Cristina Simonelli, ed una bibliografia, curata da Antonio Montanari. I primi due studi, di carattere pi storico, approfondi-scono il tema in riferimento ai primi secoli cristiani: Antonio Montanari, con dichiarata consapevolezza delle diverse letture contemporanee del fenomeno dell'ascesi, studia i rapporti tra ascesi filosofica e ascesi cristiana dei primi secoli e l'assunzione della prospettiva ascetica nel monachesimo primitivo, de-dicandosi poi ad illustrare un testo eminente, quale la Vita Antonii, come modello di vita ascetica; Cristina

    7

  • Simonelli mette a fuoco le riflessioni di Gregorio di Nissa a proposito dell'itinerario ascetico, con partico-lare riferimento alle sue Omelie sull'Ecclesiaste. Mentre i primi due contributi illustrano il senso del-l'ascesi nell'ambito dell'et patristca, il saggio d Giuseppe Angelini mette a fuoco l'evoluzione del concetto di ascesi nell'et moderna e contemporanea, con riguardo al contesto filosofico (in particolare Kant e Nietzsche) e teologico, e ne prospetta una conside-razione in chiave sistematica. Il tema dell'ascesi, in-tesa soprattutto come esercizio, viene riletto in riferi-mento alla costitutiva mediazione pratica dell' origi-naria identit umana e al senso che in essa assume il desiderio. Il volume si chiude, infine, con una utile rassegna bibliografica, curata da Antonio Montanari, che ap-profondisce la nozione di ascesi negli articoli di dizio-nari, nei saggi monografici e negli studi relativi alle diverse epoche storiche, come pure in alcuni contri-buti che per varie ragioni rientrano nel tema. Come spesso capita, nella teologia e anche nella vita, l'approfondimento di un singolo elemento diviene oc-casione per uno sguardo pi ampio all'insieme cui quell'elemento appartiene: nel nostro caso l'indagine sull'ascesi cristiana ci riporta al pi ampio tema del-l'agire cristiano, che parte integrante di una conce-zione di fede non solo intellettuale, ma globalmente vitale. Alla fede, intesa come fondamentale vissuto cristiano, appartiene anche quell'esercizio che la tra-dizione chiama ascesi; approfondirne il senso appar-tiene al compito della riflessione teologica e giova perci alla vita del cristiano.

    8

    Antonio Montanari

    Che cosa fate i di i? Ascesi cristiana

    e novit de Evang lo

    INTRODUZIONE

    Si racconta che alcuni filosofi un giorno vollero mettere alla prova i monaci. Ne pass uno ben vestito, e gli dis-sero: "Tu, vieni qui!". Ma quello, indispettito, li ricopr d ingiurie. Ne pass un altro, un monaco libico, e gli dissero: "Tu monaco, vecchio malvagio, vieni qui!". E quello and di corsa. Cominciarono allora a prenderlo a schiaffi, ed egli rivolse loro l'altra guancia (cfr. Mt 5,39). Allora i filo-sofi subito si levarono e si prosternarono dicendo: "Ecco un vero monaco!"; e, fattolo sedere in mezzo a loro, lo interrogarono dicendo: "Che cosa fate voi pi di noi nel de-serto? Digiunate, ma anche noi digiuniamo; vegliate, ma anche noi vegliamo. Tutto quello che fate voi, lo facciamo anche noi. Che cosa dunque fate pir di noi nel deserto?". L'anziano rispose: "Speriamo nella grazia di Dio e custo-diamo il nostro cuore". Ed essi dissero: "Questo noi non possiamo farlo", e se ne andarono avendo ricevuto giova-mento 1

  • biano sentito il bisogno di chiarire in che cosa consiste la "differenza'' che caratterizza l'ascesi cristiana, ri-spetto a quella praticata dai filosofi coevi, come atte-sta in modo emblematico questo apoftegma. Effettivamente, l'ascesi si presentata fin dalle sue origini - e continua a manifestarsi - come un feno-meno complesso, e non facilmente riducibile a un unico modello, che ha caratterizzato il modo di vivere di uomini appartenenti a contesti sociali, culturali e religiosi molto diversi. Anche se ci si limita alla tra-dizione cristiana, si deve per constatare che, fin dagli inizi, tendenze diverse hanno percorso la storia della spiritualit. Bastano pochi esempi per rendersene conto. Ho scelto quattro apoftegmi: due sulla veglia e il sonno e due sul digiuno e il cibo, per mostrare come l'atteggiamento degli antichi non era univoco su questi temi.

    Il padre Daniele raccontava che il padre Arsenio passava tutta la notte vegliando. Quando, verso la mattina, lana-tura sentiva il bisogno di dormire, diceva al sonno: "Vieni, servo malvagio". Si un po' di sonno stando se-duto; ma subito si levava 2 Alcuni anziani si recarono da abba Poimen e gli chiesero: "Se vediamo dei fratelli che sono presi dal sonno durante la preghiera comune, vuoi che li scuotiamo perch riman-gano desti durante la veglia?" rispose: "Io, se vedo un fratello vinto dal sonno, metto la sua testa sulle mie ginoc-chia e lo lascio riposare" 3 Il padre Giovanni Nano ha detto: "Quando un re vuole conquistare una citt nemica, prima di tutto taglia l'acqua e i viveri; cos i nemici, estenuati dalla fame, gli si assog-gettano. Avviene la stessa cosa per le passioni della carne:

    2 Arse11io 14, in I PADRI DEL DESERTO, Detti, a cura di L. MoRTARI, Roma, Citt Nuova, 1972, 70-71.

    3 Aff. Poimetz 92, in I PADRI DEL DESERTO, Detti editi e inediti, cit., 74.

    10

    se l'uomo vive nel digiuno e nella fame, nemici sono resi impotenti contro l'anima"'. Un anziano disse: "Se il tuo corpo debole, fa' .. il tuo do-vere verso di lui, perch non finisca per ammalarsi e tu ti ritrovi a chiedere ad altri il tuo cibo, diventando cos un peso per chi ti serve" 5

    Che cos', dunque, l'ascesi cristiana? Ad alcuni uo-mini, l'ascesi parla di libert, di bellezza e di gioia. quanto accadeva, ad esempio, non solo ai monaci siri del V-VI secolo, ma anche, pi di recente, al pensatore ortodosso Pavel Florensky (1882-1943) o al filosofo russo Nicolai Berdyaev (1873-1948) 6 Dobbiamo tutta-via constatare che la maggior parte dei nostri contem-poranei ha una percezione radicalmente diversa del-l' ascesi e, in particolare, dell'ascesi cristiana. Basta poco, infatti, per percepire che, nel linguaggio cor-rente, ''ascesi" non significa tanto libert, quanto in-vece autocontrollo estremamente rigoroso; non signi-fica bellezza, ma severa astinenza; non significa gioia, ma austerit. Anche per il cristiano comune, "ascesi"

    4 Giovanni Nano 3, in I PADRI DEL DESERTO, Detti, cit., 75. 5 N 593/49, in I PADRI DEL DESERTO, Detti editi e inediti, cit., 71. s Agli occhi di Giacomo di (c. 449-521), l'ascesi di Simeone lo

    Stilta avrebbe favorito una della bellezza del santo (JACOB OF SERUG, Homly 011 Smeon t/te Stylite, in V.L. WIMBUSH [a cura di], Ascetic Behavior in Greca-Roman Antiquity; A Sourceboak [Studies in Ant-

    and Christianity], Minneapolis, Fortress Pr., 1990, 21-22); anche Florensky collegava l'ascesi con la bellezza, affermando che essa come effetto una personalit non solo buona, ma anche bella (P.

    Salt of t!ze Earlh: Or a Narrative on the E/der of Gethsemane Skete Heromonk Abba Isidore, Platina, Calif, 1987, 11.); infine Nicolas Berdyaev definiva l'ascesi una concentrazione di forze interiori orien-tate alla padronanza di s ed orientate alla liberazione della persona umana (cfr. D.A. LowRIE, Christian Existentalism: A Berdyaev Anthology, London, Allen & Unwin, 1965, 86-87). Cfr. K. WARE, The Way of the Ascetics: Negative or Affrmative?, in V. L. WIMBUSH- R. VALANTASIS (a cura d), Ascetcism, New York, Oxford Universty Press, 1995, 3-15.

    11

  • sinonimo di mortificazione, di abnegazione o di altri termini che connotano una privazione, come la soffe-renza o le pratiche penitenziali. Essa, inoltre, suggeri-sce un forte volontarismo, e il volontarismo spesso inteso come negazione del primato di Dio e della gra-zia. Oggi, dunque, l'ascesi sembra essere diventata inca-pace di mostrare il proprio volto evangelico. E se le cose stanno effettivamente cos, allora si comprende anche il disagio nei confronti d certe espressioni che l'ascesi cristiana andata assumendo. Il fatto stesso che oggi fra i cristiani si eviti di parlare di ascesi ne la conferma pi eloquente 7 per significativo che oggi si parli di ascesi in altri contesti, magari ripropo-nendo l'antico concetto filosofico di ascesi, come ha fatto in diverse occasioni Michel Foucault. Egli, ad esempio, nel 1982, dedicava il corso tenuto al Collge de France alla cura di s, un concetto che, pi del socratico "conosci te stesso", stato, nella cultura greca e latina, il perno intorno al quale venivano or-ganizzate le "pratiche" della filosofia, cio quell'in-sieme di tecniche, di esercizi e allenamenti che erano ritenuti necessari alla formazione dell'uomo maturo 8 In quel contesto, passando in rassegna le grandi scuole flosofiche dell'antichit, il flosofo francese

    7 Cfr. M. BELLET, "S tu veux etre parfait...", Christus 22 (1975) 14; J.C. GUY, Un discuter, Christus 22 (1975) 16-21.

    ' La cura di - in greco epimeleia heautau, in latino cura sui -, ha ampiamente caratterizzato l'atteggiamento filosofico nell'Antichit. Lo si riscontra infatti nel Pitagorismo, in Socrate e Platone, poi negli Stoici, in Epicuro e nei Cinici, come pi tardi ha determinato anche una certa prassi cristiana. Il corso di Miche! Foucault stato pubblicato nel2001 in un volume intitolato L'hermneutique du su jet (M. FouCAULT, L'hermneu-tique du sujet, Paris, Seuil-Gallimard, 2001; tr. it., L'ermeneutictl del sog-getto, Milano, Feltrinelli, 2003).

    12

    metteva in luce l'importanza che il pensiero greco/ prima, e poi quello latino avevano assegnato al prin-cipio di "a vere cura di se stessi", cio di occuparsi attivamente della propria crescita spirituale e di "al-lenarsi" per affrontare gli eventi futuri, senza la-sciarsi intimorire e senza lasciarsi trascinare dalle emozioni che tali eventi avrebbero potuto suscitare. Si trattava/ dunque, d un vero e proprio addestra-mento, volto al raggiungimento della piena padro-nanza d s, all'autoformazione dell'uomo libero. A questo riguardo, Michel Foucault distingueva tre pe-riodi: 1) il primo costituito dal momento socratico-plato-nico, nel quale la cura di insieme al precetto sacra-tic o del "conosci te stesso", veniva trasmessa dal fi-losofo al discepolo. L' Alcibiade il testo che rappre-senta la scoperta e la prima grande teoria della cura di s 9; 2) il secondo quello rappresentato dai primi due secoli della nostra era (cio il periodo che precede immediatamente la diffusione del cristianesimo e l'apparizione dei primi grandi pensatori cristiani, come Tertulliano e Clemente Alessandrino), in cui lo stoicismo romano - da Musonio Rufo fino a Marco Aurelio - diffonde il principio generale della "cura di s", non solo come nozione, ma anche come una pratica e un'istituzione. Si tratta cio di un impera-tivo, inteso come arte di vivere, che si impone ormai a tutti 10;

    9 M. FoUCA!ILT, L'ermeneutica del soggetto, ci t., 28-30. 10 Ib., 71-73.

    13

  • 3) il terzo periodo, infine, che comprende il III e IV secolo, quello in cui la filosofia passa dall'ascetismo pagano all'ascetismo cristiano. questo il tempo in cui al modello platonico della cura di s si va contrap-ponendo un nuovo modello, quello "ascetico-mona-stico" 11 Michel Foucault convinto che il III e IV secolo come del resto tutto il cristianesimo - non hanno pi come meta il rapporto pieno e compiuto del soggetto con se stesso, finalizzato alla sua maturazione umana, ma in-sistono sulla rinuncia a se stessi e la sottomissione alla legge. E se oggi il contenuto predominante del termine "ascesi" viene largamente percepito come negativo nel senso cio di mortificazione, abnegazione, soffe-renza o penitenza, come dicevamo -, secondo il filo-sofo francese ci sarebbe dovuto al fatto che la nostra nozione di ascesi risulta pi o meno modellata e im-pregnata dalla concezione cristiana 12 Mentre, l'an ti ca ascesi filosofica si proponeva l'obiettivo di
  • Basilio, per il quale l' apotaxis costituisce solo la prima fase di un itinerario articolato, che affonda le sue ra-dici nella rinuncia battesimale ed ha il suo scopo ul-timo nell'assimilazione a Cristo:

    [La rinuncia] il trasferimento del cuore umano alla vita della citt celeste [ ... ]. E, ci che pi conta, essa principio della nostra assimilazione al Cristo, che, essendo ricco, per noi si fece povero (cfr. 2Cor 8,9). Poich, se noi non realizzassimo tale assimilazione, ci sarebbe impossibile appropriarci quel genere di vita che secondo il vangelo del Cristo 19

    Ho voluto porre queste premesse ci possano aiutare ad acquisire la consapevolezza non solo delle diverse tendenze che si intersecano nella storia della spiritualit antica, riguardo al tema dell'ascesi, ma anche della complessit che caratterizza le sue rilet-ture odierne. evidente che, nelle pagine seguenti, non potremo trattare dell'ascesi in tutti i suoi aspetti e, pertanto, ci limiteremo a cogliere il nostro tema attraverso un breve segmento di storia della spiritualit. Il nostro percorso, che si soffermer essenzialmente sul mona-chesimo antico, si svolger in due tappe: anzitutto dovremo chiarire il contenuto del termine askesis, per poter precisare in che senso esso stato assunto dal cristianesimo primitivo; in un secondo tempo ci soffermeremo sulla prassi del monachesimo primi-tivo, che cercheremo di illustrare attraverso quel cele-bre modello di vita ascetica che la Vita Antonii.

    19 BASILIO DI CESAREA, Regulae fusius tractatae, 8, in BASILIO Dl CE-SAREA, Opere Asccticlle, a cura di U. NERI- M. B. ARnoLr, Torino, UTET, 1980, 251.

    16

    l. RADICI COMUNI: FILOSOFIA E ASCESI CRISTIANA

    Non facile offrire una definizione esplicita dell'a-scesi cristiana, perch il sostantivo askesis non viene mai utlizzato nel Nuovo Testamento e il verbo askein ricorre una sola volta, in At 24,16, sulla bocca di Paolo, nel suo discorso davanti al governatore romano, quando afferma: Per questo mi sforzo (ask8) di con-servare in ogni momento una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini>>. L'idea di "eser-cizio", inteso come autodisciplina, per ben pre-sente nel Nuovo Testamento; un testo emblematico quello di lCor

    Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Per ogni atleta temperante (egkrateue-tai) in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corrut-tibile, noi invece una incorruttibile. Jo dunque corro, ma non come chi senza meta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria, anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavit perch non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato (1 Cor 9,24-27).

    In questo testo, diverse espressioni alludono all' askein -esercizio o addestramento- degli atleti in vista della loro partecipazione ai giochi sportivi 20 Evidente-mente, l'addestramento degli atleti richiedeva vari generi di restrizioni e profonda abnegazione, allo scopo di competere per vincere. questo lo sfondo metaforico al quale Paolo rimanda e che la tradizione ha applicato al concetto cristiano di ascesi. Ci sembra

    2 Cfr. H. WINnrscH, Aslceo, in Grande Lessico del Nuovo Testamento, vol. 1, Brescia, Paideia, 1965, 1316-1317.

    17

  • dunque opportuno soffermarci - anche se brevemente su questo contesto culturale, non solo per questa

    ragione, ma anche perch un'ormai classica tesi sto-rio grafica ha voluto porre in rapporto di derivazione diretta l'ascesi cristiana con le correnti del pensiero ellenistico. Recentemente, questa teoria stata ripresa da Samuel Rubenson, secondo il quale l'ascetismo cristiano risa-lirebbe ad una tradizione molto pi antica del Nuovo Testamento, in quanto affonda le sue radici in un'ere-dit comune a tutto il mondo ellenistico, cristianizzata fin dal primo secolo 21 Ma anche Pierre Hadot, osser-vando il fenomeno da un altro punto di vista - quello della filosofia antica sostiene che il II secolo attesta una progressiva e sempre pi estesa trasformazione del cristianesimo in filosofia 22 Questo processo avrebbe poi subito una brusca accelerazione ad Ales-sandria d'Egitto tra la fine del 200 e gli inizi del 300. Ci poteva accadere perch la filosofia di quest'epoca veniva intesa essenzialmen.te come un discorso inse-parabile da una condotta di vita: un discorso che si articola e si affina entro una "scelta", un'opzione esi-stenziale23. Anzi, si trattava di un vero e proprio "esercizio spirituale", fondato su ascesi (askesis) e vi-sione di Dio (theoria theou). Inoltre, il filosofo veniva considerato, per definizione, atopos (inclassificabile), in quanto non rientrava nelle abituali categorie sociali

    21 S. RuBEXsON, Christian Asceticism aud the Emerge11ce of lite Molla-stic Tradtion, in V. L. WrMBUSH- R. VALANTASIS (a cura di), Asceticism, cit., 49.

    21 P. HADOT, Qu'est-ce que la philosoplrie antique?, Paris, Gallimard, 1995, 358.

    23 Cfr. ib., 18.

    18

    e politiche del tempo 24 Si spiegherebbe cos l' appro-priazione del termine philosophia da di alcuni movimenti ascetici, sino a farne un sinonimQ di vita monastica. Evidentemente, in questo contesfo, il ter-mine philosophia dev'essere inteso come "sapienza di vita" o "sapienza per la vita", una sapienza, cio, che si esprime attraverso una vita evangelica 25

    1.1. Dall'ascesi filosofica all'ascesi cristiana dei primi se-coli

    N eli' etimo greco, il termine askesis ha abitualmente un senso positivo e indica lo sviluppo di capacit, di doti umane in ambito morale, professionale, sportivo o mi-litare. Al tempo di Omero significava la pratica di un'arte o l'abilit, mentre pi tardi, in Grecia, avrebbe assunto il significato pi ampio di "esercizio" o "al-lenamento" 26 Sappiamo che, in generale, tutto ci che

    21 Cfr. B. McGINN, Asceticism and Mysticism in Late Anliquity aud tlte Early Middle Ages, in V.L. WrMBUSH K VALAXTAsrs (a cura di), Asceti-cism, cit., 63-64.

    '-' Cfr. G. BARDY, "Pitilosophie" et "Piri/osophe" dans le vocabulaire chrtien des premiers sicles, in Mlanges M. Vller, Revue d' Asctique et de Mystique 25 (1949) 97-108; R. HoLTE, Balitude et sagesse. Saint Augusti11 et le problme de la fin de l'homme dans la philosophie ancietme, Paris, Institut des tudes Augustiniennes, 1962, soprattutto il c. xxrx: La sagesse comme idal de vie chrtienne, 361-380; G. PENCO, La vita ascetica come "filosofia" nell'antica tradizione monastica, Studia mona-stica 2 (1960) 79-93; P. MARA VAL, Introduction, in GRGOIRE DE NYSSE, Vie de Saiute Macriue (SC 178), Paris, Cerf, 1971, 90-103.

    '6 Per la storia del termine si possono vedere gli studi di M. 0LPHE-GALUARD -M. VrLLE!l, Ascse, Asctisme, in Dictionnaire de Spiritunlit, t. I, Paris, Beauchesne, 1932, 916-981; L.T. LORi, Spritual Termilogie in tlre Latin trans/ations of the Vita Antouii, Njmegen, Dekker & van Vegt, 1955, 63-69; K.S. FRANK (a cura di), Askese rmd Mihrchtum in der allw Kirche (Wege der Forschung 409), Darmstad, Wissenschaftliche Buchgese!l-schaft, 1975; B. LoHSE, Askese uud Monc/rtum in der Antike rmd in der alten Kirche, Minchen - Wien, R. Oldenburg, 1969; A. MEREDITH, Asceticism

    19

  • serviva all'educazione politica dell'uomo, in quanto cittadino, serviva anche al suo addestramento morale e viceversa e, pertanto, l'ascesi, in quanto allena-mento, faceva parte della paideia dell'uomo libero 27 ed era orientata al ruolo che egli avrebbe dovuto svol-gere nella citt, come padre di famiglia e cittadino perfetto, capace d governare se stesso e gli altri 28 Queste convinzioni erano cos diffuse che era diven-tato un luogo comune affermare che, in un'arte o in una la sola mathesis - cio l'apprendimento,

    Cllristan and Greek, Journal of Theologcal Studi es 27 (1976) 313-332; J. GRIBOMONT, Askese. IV: Neues Testamwt rmd Alte Kirche, in Theologische Ren/enzyclopiidie, vol. 4, Berlin, Muller, 1979, 204-225; P. HADoT, Exercices sprituels et philosophie nntique, Paris, d. tudes 19872 . Per quanto riguarda le traduzione del termine bisogna rilevare che esso non aveva nell'Antichit un preciso corrispettivo latino. La difficolt eloquentemente attestata, non solo dalle traduzioni latine della Vita Antouii- dove il termine studium dev'essere continuamente precisato da altre determinazioni, come fa il traduttore Anonimo, op-pure viene omesso, come preferisce fare in diverse occasioni Evagrio -, ma anche da Girolamo che, in alcuni casi, preferisce mantenere il ter-mine greco (cfr. GIROLAMo, Com. i11 Eph. 3,6,12). Su questo problema si possono vedere le pagine di A. DE VoGU. Histoire littrare du mouvement monastique. Premire Pnrtie: Le monnchisme latin, t. I. De la mort d'Antoine In fin du de frme Rome (356-385), Paris, Cerf, 1991, 33-35.

    27 nel suo significato letterale e originario, significa "edu-

    cazione" come tecnica con cui l fanciullo viene preparato alla vita. Nel mondo ellenico, l termine and sempre pi arricchendosi di significato, fino ad esprimere l'ideale della formazione umana; non solo prepara-zione alla cultura, ma la cultura stessa in quanto "valore" della perso-nalit. Platone aveva definito la paideia come quella determinata for-mazione che, a partire dalla giovinezza, conduce l'uomo alla virt, in-

    l'amore e il desiderio per la condizione del perfetto cittadino, il quale capace di comandare e di obbedire come giusto farlo>> (PLATONE, Leggi I,643e, in PLATONE, Tutti gli scritti, a cura di G. REALE, Milano, Bompiani, 2000, 1476). Cfr. H.I. MARROU, Storia dell'edu-cazione nella antichit, Roma, Ed. Studium, 1971 3; C. HORN, L'arte della vita nell'antichit, cit., 42-56.

    " Cfr. M. FoucAULT, L'uso dei piaceri. Storia della sessualit 2, Milano, Feltrinelli, 20005 , 81-82.

    20

    la conoscenza - non poteva essere sufficiente senza askesis, cio senza un vero allenamento 29 Gli studiosi ritengono che il termine "ascesi" sia en-trato nel pensiero cristiano attraverso l'ebreo Filone, il quale aveva distribuito le tre funzioni della pedagogia sofistica - mathsis, physis e asksis - assegnandole ai tre patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe. Quest'ul-timo, in particolare, era diventato, per Filone, il tipo dell' askts, cio il lottatore spirituale, a motivo di quanto si legge in Gen Il patriarca rappresenta cos l'emblema di colui che si sforza di vincere le pas-sioni, al fine di ricevere il nome di Israele. E, siccome l'etimologia tradizionale di Israele "colui che vede Dio", Giacobbe viene anche a rappresentare colui che capace di dedicarsi alla vita contemplativa 30 In ambito cristiano, il primo a servirsi del termine ascesi, sembra essere stato Origene, il quale, nelle Omelie su Geremia, indicava cos coloro che vano la continenza e le austerit 31 Ci accadeva tra il II e il III secolo, un'epoca in cui il cristianesimo soprattutto nel contesto alessandrino - andava orga-nizzando il proprio discorso in modo analogo a quello delle scuole filosofiche coeve. Come, infatti, i plato-nici - almeno dai tempi di Plutarco proponevano una sequenza di letture dei Dialoghi di Platone corri-

    z Cfr. ib., 77. 30 Cfr. FILONE ALESSANDRINO, Leg. Al/. III,19-26. In questo testo si

    preannuncia ci che tardi sar il concetto ecclesiastico di ascesi. Difatti in questo del corpo e dello spirito l'accento post~ sul dominio delle passioni e sulla temperanza (H. WrNDISCH, Askeo, GLNT, vol. l, cit., 1315; cfr. E. BRHIER, Les ides philosoplliques et religieu-ses de Philou d' Alexandrie, Paris, Librairie Alphonse Picard & Fils, 1908, 265ss.; M. SHERIDAN, Il mondo spirituale e intellettuale dd primo mounche-simo egiziano, cit., 197-198).

    31 ORIGENE, In Jeremiam 20,7.

    21

  • spandente alle tappe del progresso spirituale, cos an-che i cristiani facevano leggere ai loro discepoli la Scrittura secondo un ordine ben preciso 32 La progres-sione scandita dai tre libri: Proverbi, Ecclesiaste, Can-tico dei Cantici corrispondeva, secondo Origene, alle tappe successive dell'etica, che dona una preventiva purificazione; della fisica, che insegna ad elevarsi ol-tre le cose sensibili; e infine dell' epoptica 33 o teologia, che conduce alla visione di Dio e alla contempla-zione 34 Questa trasposizione era stata facilitata dalle nuove connotazioni che le filosofie di quest'epoca in particolare il medio e neo-platonismo -andavano as-

    32 Cfr. L HADOT, Introduction Smplicius, Commentaire sur /es Cat-gories, Leiden, Brill, 1990, t. I, 36-44; Io., Les utraductions aux commentai-res exgetiques chez /es auteurs noplatoniciens et /es auleurs chrtiens, in M. TARDlEU, Les rgles de /'interprtation, Pars, Cerf, 1987; P. HADOT, Che cos' la filosofia antica?, Torino, Einaudi, 1998, 229-230.

    33 11 termine epoptica deriva dal greco ephornn (=vedere o guardare in alto). Questo verbo, come i suoi composti, appartiene al linguaggio dell'iniziazione (ta epoptika) ad esempio nei misteri di Eleusi (cfr. PLA-TONE, Convivio 210). Epopteuein (= contemplare) indicava la visione ri-

    servat~ agli epopt, cio a coloro che erano stati iniziati ai gradi supe-riori. E noto che gi Clemente Alessandrino, prima di Origene, aveva

    i termini dell'iniziazione pagana (Pratr. 1,10,3; Pedag. H,8,3; V,71,2).

    34 A partire dal commento origeniano sul Cantico, era in valsa l'a-bitudine di tracciare un cammino di progresso spirituale classificando i libri salomonki in relazione alle scienze profane: ai Proverbi corrispon-deva l'etica, all'Ecclesiastico la fisica e al Cantico la logica o la teologia. Oltre che in Origene, questa prassi si riscontra in Clemente Alessan-drino, Basilio, Didimo l Cieco e Gregorio di Nissa e, pi tardi, verr ripresa anche da Cassi~no. Evagrio traccia un analogo cammino nel commento a Pr 22,20 (EvAGRE LE PoNTIQUE, Scholies aux Proverl,es, a cura d P. GHIN [SC 340], Paris, Cerf, 1987, 29). Cfr. P. HADOT, La divi-sion des parties de la pltilosoplrie datJs l'Antiquit, Museum Helveticum 36 (1979) 213-221; H. DE LUBAC, Exgse Mdivale, t. I, Paris, Aubier,

    171-177; A. MHAT, Clemeut d'Alexandrie et les sens de l'crture Mla11ges patris{iques offerts au cardinal Jean Danilou, ~

    J. FOXTAINE C. KANXENG!ESSER, Paris, Beauchesne, 1972, 355-365.

    22

    sumendo: anzitutto un vivo interesse per le problema-tiche religiose e le speculazioni teologiche, e poi l' as-sunzione di una colorazione mistica e di forme asceti-che rilevanti. Sappiamo inoltre che, anche nel didaskaleion orige-niano, la vita comune del maestro con i suoi discepoli era da un'accurata ascesi, che presentava non poche analogie con quella praticata nelle scuole filo-sofiche coeve, come ci informa, ad esempio, l'Encomio di Origene, tradizionalmente attribuito a Gregorio Taumaturgo, indirizzato al maestro a conclusione del ciclo di studi presso il didaskaleion di Cesarea:

    Tra tutte, le cose pi importanti, quelle di cui pure si d pena l'intera dei filosofi come da una bella pian-

    raccogliendo da tutte le altre discipline e dalla pratica filosofica grandi frutti- sono costituite dalle

    divine virt riguardanti l'etica, da cui nasce la condizione di calma e di equilibrio delle passioni dell'anima. [ ... ] E non solo a ma anche con le azioni, in un certo modo, governava i nostri impulsi, grazie proprio alla con-siderazione e all'esame razionale degli impulsi e delle

    dell'anima; proprio in virt di tale esame, la no-stra anima naturalmente raddrizzarsi dalla sua disar-monia e da disordinata che mutarsi in una condizione di riflessione e di ordine 35

    Nel Contro Celso si trova poi la metafora dell'atleta, per descrivere il comportamento del cristiano; una meta-fora destinata pi tardi a diventare un luogo comune per parlare del monaco:

    Celso conseguente con se stesso, quando aggiunge che molto difficile cambiare una natura [ ... I Se

    Js GREGORIO TAUMATURGO, Encomio di contio di Origene, a cura d M. RIZZI, Milano,

    23

    9,115-118, in ID., EH-Paoline, 2002, 154-155.

  • per alcuni veramente arduo il cambiare, s deve per riconoscere che la causa di questo risiede nella loro vo-lont[ ... ]. Molto infatti pu la determinazione e l'esercizio dell'individuo per quelle cose che a prima vista paiono difficilissime e, per usare un'iperbole, quasi impossibili. La natura umana, se ha desiderio di camminare su una corda tesa, sospesa in mezzo al teatro, portando anche su di s dei ben grandi, ci riesce con l'esercizio e con l'impegno: non dovrebbe allora essere capace di vivere conforme alla virt, anche se in un tempo prece-dente era pessima?".

    In questa pagina si trovano associati i termini prosoch e asksis- impegno/ attenzione ed esercizio-, che pi tardi verranno a caratterizzare anche la vita monastica del deserto. Questa trasposizione graduale permette di comprendere come il termine "asceta" sia passato a designare i monaci, e l'ascesi sia stata intesa a lungo come quella prassi che deve caratterizzare la vita di coloro che si sono consacrati a Dio.

    1.2. Filosofia e ascesi cristiana: continuit o rottura? Tra filosofia e ascesi cristiana si riscontra, dunque, continuit o rottura? Formulata in questo modo, la domanda non cerca una risposta, ma si pone come una provocazione. Infatti, tra filosofia e ascesi cri-stiana non c' semplice continuit, ma neppure aperta e dichiarata rottura. Se, infatti, da una parte sembra possibile cogliere lo sviluppo graduale che ha con-dotto dall'ascesi filosofica a quella cristiana e poi mo-nastica, dall'altra non si pu ignorare che, sebbene l'ascesi abbia rivestito un ruolo considerevole nel mo-

    0RIGENE, Contra Celsmn 3,69, in lo., Contro Celso, Torino, UTET, 1971,281-281.

    24

    nachesimo primitivo, il monachesimo non pu essere identificato immediatamente con l'ascesi e neppure si deve dimenticare che il fenomeno monastico si pre-senta, fin dalle origini, come una realt complessa e variegata, frutto di una lunga gestazione. Nel corso degli ultimi cent'anni sono state offerte molte interpretazioni sul monachesimo e sono stati fatti molti tentativi per trovare un'unit sottesa alle forme e alle pratche apparentemente diverse del primo monachesimo 37 Forse, per, non sar mai pos-sibile spiegare fino in fondo perch, negli ultimi anni del III secolo, un certo numero di cristiani ha abban-donato le citt e le comunit cristiane per ritirarsi nel deserto. Anche per questo motivo, non avendo ancora trovato una risposta esauriente o perlomeno soddisfa-cente, la questione riguardante le origini del mona-chesimo si ripropone periodicamente 38 Negli ultimi trent'anni, il problema delle origini del monachesimo stato formulato in modo innovativo da uno specialista della Tarda Antichit, Peter Brown, il quale, in una serie di studi a partire dall'opera intitolata The Rise and Function of the Holy Man in Late Antiquity 39 e poi con il pi noto The Body an d Society. Men, Women, and Sexual Renunciation in Early Christianity 40 - ha aperto una nuova via, considerando

    " M. SHERIDAN, Il mondo spirituale e intellettuale del primo monache-simo egiziana, cit., 189-192.

    '" Per la presentazione che segue siamo debitori dello studio di A VEILLEux,. Les origines du monncltisme chrtien, Louvain 97 (1999) 20-23.

    " P. BROWN, The Rise ond Fuuction of t/te Haly Mart iu Late Antiquity, Journal of Roman Studies 61 (1971) 82-101.

    40 Io., Tl!e Body nnd Society: Meu, Womw, nnd Sexual Remwciation in Early Christanity, New York, Columbia University Pre~s, 1988;. tr. i t., Il Corpo e In societ: uamiui, donne e nstinwza Sl!SS!iale ttel pnmo cnstwnestmo, Torino, G. Einaudi, 1992.

    25

  • il fenomeno dell'ascesi cristiana all'interno di un pre-ciso contesto culturale molto pi ampio rispetto alla prassi precedente. Evidentemente, lo scopo che Peter Brown si proponeva con questi studi era di portata ben pi vasta che non le semplici origini del mona-chesimo, tuttavia, il suo modo di accostarsi ai princi-pali protagonisti del movimento monastico ha fatto scuola e ha inevitabilmente cambiato il nostro modo di accostarci alla storia del monachesimo 41 . Nella scia aperta dagli studi di Peter Brown, ormai arricchita dalle nuove conoscenze sul movimento ascetico in Persia, Mesopotamia e Siria 42, dalla sco-perta di una biblioteca copta a N ag Hammadi sul luogo del primo insediamento monastico paco-miano43, dagli apporti di Samuel Rubenson che hanno permesso di conoscere meglio l'ambiente culturale di Antonio e dei suoi compagni 44, si sviluppata una

    41 Questo approccio stato ripreso negli studi di diversi autori re-centi, tra i quali possiamo ricordare ad esempio quello di Susanna Elm sull'ascetismo femminile, un aspetto del monachesimo spesso trascu-rato dagli storici del passato (S. ELM, Virgins of God: T/w Making of Asce-ticism in Late Antiquity, Oxford, Oxford Classica! Monographs, 1994), o quello di David Brakke sui rapporti fra l'ascesi egiziana e la politica antiariana di Atanasio (D. BRAKKE, Athanasius and tlze Poli ti es of Asceti-cism, Oxford, Oxford Early Christian Studies, 1995).

    12 Cfr. le opere di A. V66Bus, History of Asceticism in the Syrian Orient. A contribution lo tlze History of Culture in t/w Near East, t. L The Oright of Asceticism. Early monasticism in Persia, t. II, Early monasticism in Mesopotamia a11d Syria (CSCO 184 e 197), Louvain, Peeters, 1958 e 1960, che hanno rivelato un mondo monastico fino ad allora quasi scono-sciuto. Si pu vedere a questo proposito l'articolo di J. GRIBOMONT, Le monacltisme au sein de I'glise el! Syrie et en Cappadoce, in Io., Saint Basile, Evangile et Eglise [Spritualit Orientale 36], t. I, Bgrolles en Mauges, Abbaye de Bellefontaine, 1984, 3-20: 12-13.

    43 Cfr. A. VEILLEUX, Monacltisme et gHose, Collectanea Cisterciensia>> 46 (1984) 239-258 e 47 (1985) 129-151.

    44 L'importanza dello studio delle Lettere appare sempre pi evi-dente per la conoscenza della personalit di Antonio. Samuel Rubenson

    26

    nuova attenzione nei confronti del movimento asce-tico della Tarda Antichit 45. L'interesse attuale per l'ascesi inoltre attestato da varie iniziative, tra le quali merita di essere segnalata, per la sua importanza, la costituzione- intorno al1980 -di un gruppo di professori e di ricercatori, all'interno dell'American Academy of Religion, con lo scopo di studiare l'ascesi in tutte le sue varie sfaccettature, tra le quali trova posto anche il monachesimo cristiano. Ad essi si deve l'organizzazione di una conferenza in-ternazionale, svoltasi a New York nel 1993, sul tema: "La dimensione ascetica nella vita religiosa e nella cul-tura", i cui contributi sono confluiti in un imponente volume, pubblicato nel1995 con il titolo Asceticism 46. Da tutti questi studi, risulta ormai chiaro che il mona-chesimo cristiano fa parte di un fenomeno molto pi ampio, che quello dell'ascesi cristiana, e che questa-a sua volta - non pu essere studiata senza essere

    ha dimostrato che Antonio e i suoi discepoli non erano- come a lungo si pensato- degli illetterati, ma avevano profondamente assimilato l'in-segnamento filosofico e teologico della Chiesa alessandrina e dei suoi didaskaloi; emerge tuttavia una figura non alternativa a quella della bio-grafia atanasiana, che anzi viene confermata in molti tratti (cfr. S. Ru-BENSON, Tlte Letters of St. Antony. Origenist Theology, Monastic Tradition and t/te Makillg of a Saint [Bibliotheca Historico-Ecclesiatica Lundensis 24], Lund, Lund University Press, 1990, 141-144).

    " Cfr. A. VEILLEUX, Les origines du nwltachisme cltrtien, cit., 22. 46 V. L. WrMBUSH- R. VALANTASIS (a cura di), Asceticism, New York,

    Oxford University Press, 1995. Il contenuto del volume organizzato intorno a quattro temi maggiori che percorrono le varie tradizioni reli-giose: l. le origini e il significato dell'ascetismo, esplora le motivazioni e gli impulsi che sono all'origine dei comportamenti ascetici; 2. l'erme-neutica dell'ascetismo, si sofferma su testi e retoriche e ne valuta i pre-supposti; 3.l'estetica dell'ascetismo, documenta le risposte e le pratiche date agli impulsi ascetici, come anche l'arte delle pratiche ascetiche; 4. infine, la politica dell'ascetismo, analizza le dinamiche di potere messe in atto dall'ascetismo.

    27

  • collocata nel contesto pi generale dell'ascesi umana e delle numerose manifestazioni che essa an da t a as-sumendo nei primi secoli della nostra era. Affron-tando la lettura di queste pagine, bisogna per essere consapevoli che, mentre alcuni studiosi si accostano al tema con una profonda comprensione del monache-simo cristiano, altri sembrano invece attratti dalla semplice analisi del fenomeno ascetico, indipendente-mente dalle motivazioni che potevano animare coloro che vi si dedicavano. Dunque, pur trattandosi di studi seri e condotti con rigore scientifico impeccabile, non si pu ignorare che essi talvolta trascurano esplicita-mente e deliberatamente la dimensione propriamente spirituale di quei monaci di cui si occupano 47 Alcuni autori sembrano inoltre ampiamente influenzati, nella loro interpretazione dell'ascesi, dalle teorie di Michel Foucault, alle quali, fin dall'inizio, abbiamo voluto accennare.

    1.3. Lo sviluppo del monachesimo primitivo

    Con l'atteggiamento critico che sgorga da questa con-sapevolezza, possiamo ora accostarci al fenomeno monastico, che ha caratterizzato la Chiesa dei primi secoli e del cui sorgere gli storici non sembrano ancora in grado di offrire le ragioni 48 Forse possibile spie-

    " Lo ha notato Columba Stewart, un ottimo conoscitore delmona-chesimo antico e, in particolare, di Cassiano, in uno studio del 1996: C. STEWART, Ascetcsm and Spirituality in Late Antiquity. New Vision. Impasse or Hiatus?, Christian Spirituality Bulletin 4 (1996) 11-15.

    48 Cfr. J.-C. GuY, Introduction, in Les Apophlegmes d es Pres. Collection Sistematique (SC 387), Paris, Ceri, 1993, 13-18. Nella descrizione delle origini del monachesimo ci serviremo della sintesi di A. VEtLLEUX, La tlzologie de l'ablmtiat c11ol1itique et ses implications lilurgiques, Supple-ment de la Vie Spirituelle 86 (1968) 351-393.

    28

    gare i fattori che sono intervenuti per favorire e orien-tare il suo sviluppo, ma effettivamente pi difficile fornire le spiegazioni circa le origini di questo nuovo modo di vivere. Si pu solo constatare il fenomeno che si impone allo sguardo attento dell'osservatore. Certamente, il cristiano pu affermare che questa no-vit, che ha caratterizzato la Chiesa alla fine del III secolo, non pu essere frutto del caso: se infatti alcuni uomini hanno lasciato le loro citt per dimorare nel deserto - cio in un luogo che, per le sue caratteristi-che, risulta inabitabile -, non certamente per cedere a non si sa quale "pulsione malsana" come preten-deva ancora nel V secolo il poeta pagano Rutilio Na-manziano49 -,ma perch lo Spirito li spingeva a farlo e, con questa decisione, essi inauguravano un modo nuovo e complementare di vivere il Vangelo. questa la sola lettura capace di cogliere il fenomeno in tutta la sua senza limitarsi a percepirne la sem-plice forma esteriore. Sebbene, fin dal IV secolo, l'ascesi cristiana sia stata strettamente collegata al movimento monastico, non si pu ignorare che alcune forme di ascetismo esiste-vano gi prima delmonachesimo. Fin dai primi secoli, infatti, l'ascesi cristiana si manifestata, nelle varie Chiese, secondo modalit talvolta piuttosto radicali. Ges stesso, del resto, vivendo con i suoi discepoli, aveva inaugurato una forma di vita comunitaria che aveva qualcosa in comune con la prassi dei rabbini del suo tempo, ma che proponeva esigenze radicali ai suoi seguaci. Quando poi, dopo la morte di Ges, alcuni cristiani vollero mettersi alla sua sequela, adottando

    RUTILIO NAMANZlANO, De redt!l suo, l, 439-452 e 515-526.

    29

  • in modo permanente le esigenze radicali proposte dal Maestro, in realt essi tenevano sotto lo sguardo non solo l'esempio di Ges, ma anche le forme di ascesi che caratterizzavano diversi ambienti - e tra questi senz' altro le scuole filosofiche - del loro tempo 50 noto che alcune forme radicali di ascesi si sono svi-luppate abbastanza presto nel cristianesimo antico, soprattutto nelle Chiese giudeo-cristiane, maggior-mente sensibili al radicalismo evangelico lucano e paolino 51 In queste comunit, si praticavano infatti non solo la povert e il digiuno, ma anche forme di continenza assoluta, che - almeno per un certo pe-riodo- venivano richieste come condizione per essere ammessi a ricevere il battesimo 52 Pi tardi, si si tue-

    50 ].D.M. DERRET, Primitive Christianity as an Ascetic Movement, in V.L. WIMBUSH- R. VALANTASIS (a cura di), Asceticism, cit., 88-118.

    " Cfr. A. GurLLAUMONT, Perspectives actuel/es sur [es origiues du mo-naclzisme, in A11x origines du Monaclzisme Clzrtien. Pour Ulle fenomrwlogie du monaclzisme (Spiritualit Orientale 30), Bellefontaine, Abbaye de Bel-lefontaine, 1979, 216-227; Io., Monachisme et tlzique judo clzrtienne, Re-cherches de Sciences Religieuses 60 (1972) 199-218. In questo articolo l'autore mostra come il monachesimo si sia costituito a partire dall'i-deale paolina del celibato per Dio. Da qui deriva anche il suo pro-gramma di unificazione spirituale espresso nei termini scritturistici di "semplicit".

    52 Alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, Arthur Vi:ii:ibus ha segnalato l'esistenza di tali comunit a Edessa e a Osroene intorno all'anno 100 (A. V bonus, History of ascetism in the Syriau Orient. A con-trilmtion to the History of Culture in t/IC Near East [Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium 184, 197, 500. Subsidia; 14, 17, 81], Lovanii, E. Peeters, 1958-1988). Qualche anno dopo, Jean Gribomont dimostrava il carattere ortodosso di queste primitive correnti encratite, anteriori alle eresie che prenderanno poi questo nome. In Siria, infatti, i figli del patto costituivano gruppi ascetici che vivevano in seno alla comu-nit ecclesiale, come tutti gli altri cristiani, sotto la giurisdizione ordi-naria e immediata della gerarchia locale (J. GRIBOMONT, Le monaclzisme au sein de l'Eglise en Syrie et en Cappadoce, cit., 3-20; O. HENDRIKS, L'acti-vit apostolique des premiers moiues syriens, Proche Orient Chrtien 8 [1958] 3-25).

    30

    ranno all'interno di una corrente analoga- sebbene in modo meno ingenuo- non solo l'ascetismo di Eusta-zio e quello di Basilio in Cappadocia 53, ma fnche il monachesimo pacomiano dell'Alto Egitto 54, e ci non sorprende se si pensa alla diffusione che ebbe in que-sti secoli la letteratura apocrifa di tratto encratita. Se-condo Jean Gribomont, il contributo pi positivo delle cristianit orientali alla preistoria monastica dovrebbe essere infatti ricercato proprio nel contesto delle co-munit encratite, pi che nei comportamenti eccen-trici dei mangia tori d'erba, degli anacoreti senza tetto, degli stiliti o degli altri prodigi di austerit 55 Quando poi nel IV secolo, i cristiani incominciano a ritirarsi nel deserto o si raggruppano in fraternit per vivere la vita monastica, diventa sempre pi chiaro che la mo-tivazione della loro ascesi la sequela di Cristo e lo scopo di sottoporsi all'azione dello Spirito. O, al-meno, questa la motivazione che si ricava dalla let-teratura del deserto, se non ci si limita all'aspetto esteriore di certi comportamenti, certamente condi-zionati dal contesto religioso e socio-culturale nel quali sono inseriti 56

    53 Cfr. J. GRIBOMONT, Le monaclzisme ai sein de l'Eglise en Syrie et en Cappadoce, cit., 18-24. Si possono vedere a questo proposito le interes-santi note di M. Aubineau, in GRGOIRE DE NYssE, Trait de la Virginit, cit., 534-541.

    54 A. VEILLEUX, La liturgie dans le cnobitisme pachomien au IV' sicle (Studia Anselmiana 57), Roma, Pont. Ateneo Sant'Anselmo, 1968.

    55 J. GRIBOMONT, Le monachisme au sein de l'glise en Syrie et en Cap-padoce, cit., 17.

    56 Cfr. A. VEILLEUX, Les origines du monachisme chrtien, cit., 22.

    31

  • 2. UN MODELLO DI VITA ASCETICA CRISTIANA: LA VITA ANTONII

    Sebbene alcune forme di ascetismo - come abbiamo visto - esistessero gi prima del monachesimo, diffi-cilmente l'ascesi cristiana potrebbe essere studiata se-paratamente dal monachesimo, poich stato proprio nella tradizione monastica dell'Egitto del IV secolo, che le forme e i concetti relativi alla pratica e alle teorie dell'ascesi cristiana sono state formulate per la volta 57 L'ascesi praticata nel deserto egiziano era caratteriz-zata anzitutto dall' anakoresis, una prassi che gi fa-ceva delle "tecniche del s" proposte dalla filo-sofia antica 58, ma che resta continuamente esposta a una lettura ambigua e al pericolo di una solitudine narcisistica. Spesso, infatti, l'aspetto dominante sem-bra essere quello della negazione del mondo. Quando, ad esempio, abba Arsenio chiede a Dio come potr salvarsi, gli vene detto: Fuggi dalle creature umane e sarai salvo. La motivazione che spinge Arsenio verso l' anacores sembra essere esclusivamente la propria salvezza e, per raggiungere questo scopo, gli viene detto di evitare ogni contatto con amici o altre creature umane. Addirittura, sembra che Arsenio non

    57 Cfr. S. RuBENSON, Christian Asceticism and the Emergence of the Monastic Tradition, cit., 49.

    ss Gi Platone, ad esempio, nel Pedone, parla della pratica dell' ana-kiirsis, finalizzata al raccoglimento e alla concentrazione dell'anima in se stessa (PLATONE, Pedone 83a); Marco Aurelo dedica una lunga pagina al tema dell'anakorsis eis heauton, cio al ritirarsi in se stessi (MARCO AuRELIO, Pensieri IV,3); infine, tra i cinici, si pu ricordare Diane di Prusa, il quale ha dedicato diversi discorsi al tema dell'ascesi e del ritiro in se stessi, come ad esempio il discorso 20 peri auakiirseiis (cfr. M. FoucAULT, t'ermeneutica del soggetto, cit., 41.44.81).

    32

    si ponga neppure il problema riguardo alla necessit di aiutare il prossimo. Quando, infatti, una nobile si-gnora romana viene a visitarlo e gli chiede di ricor-darla nelle sue preghiere, Arsenio risponde: Pre-gher Dio perch liberi dalla memoria di te il mio cuore. Anche abba Macario l'Egiziano, a questo ri-guardo inesorabile:

  • nel deserto di Nitria. A da questo sfondo, si comprende allora che quando Arsenio sembra "fug-gire", in realt, agli occhi di molti dei suoi contempo-ranei egli sta compiendo qualcosa di estremamente importante. Se, infatti, si inoltra nel deserto, solo per incontrare Dio e realizzare l'unione con lui attra-verso ~a preghiera e questo il suo modo d aiutare gli altri. E dunque estremamente significativo che Arse-nio, il Padre del Deserto che rappresenta il modello dell' anacoresi nella sua forma pi intransigente, venga abitualmente presentato negli Apoftegmi anzi-tutto come un uomo d preghiera. Queste precsazioni possono ora aiutarci a cogliere il senso pi genuinamente cristiano dell'ascesi o, al-meno, a evidenziare quella irriducibile tensione che caratterizza, su questo tema, le fonti antiche.

    2.1. Un monachesimo essenzialmente ascetico

    Tra le fonti del monachesimo antico, una testimo-nianza particolare rappresentata dalla Vita Antonii, scritta dal vescovo di Alessandria Atanasio, verso il 356-357, cio poco dopo la morte del santo 59 tanza di quest'opera, per il nostro tema, data non solo dal suo carattere esemplare e dall'influsso note-vole che ha esercitato sulla tradizione successiva, ma anche dal fatto che proprio con la Vita Antonii il ter-mine askesis entra con forza e a pieno titolo nella let-teratura cristiana 60

    " Edizione critica del testo greco in ATHANASE o' ALEXANDRIE, Vie d'Autoine (SC 400), a cura di G.J.M. BARTELINK, Paris, Cerf, 1994.

    60 Basta scorrere l'Index des mots grecs nell'edizione di Bartelink (SC 400, 395-396) per rendersi conto della centralit del concetto di dsksis in quest'opera di Atanasio: il verbo, nelle sue varie forme, ricorre infatti sei volte ed il sostantivo trenta nove volte. Ci giustifica l'affermazione

    34

    Accostandosi alla Vita Antonii, non si pu ignorare il problema della sua storicit, messa in dubbio gi alla fine del XIX secolo da Helmut Weingarten 61 Qggi, la Vita viene abitualmente concepita come una composi-zione letteraria il cui scopo d delineare un ideale monastico, presentato sotto l'aspetto di un personag-gio storico 62 pertanto inevitabile che, attraverso le sue pagine, traspaiano anzitutto le idee di Atanasio e che, di conseguenza, sia praticamente impossibile se-parare i fatti dalle idee 63 Per quanto riguarda il nostro tema, possiamo notare che il vocabolo asksis fin dalle prime righe del prologo, con il quale Atanasio risponde alle richie-ste dei monaci occidentali, offrendo informazioni sul genere di vita del beato Antonio: come inizi la vita ascetica, chi era prima di dedicarsi all'ascesi, quale fu la fine della sua vita e le cose che s dicono di lui per poter emulare il suo zelo 64 Sebbene il vescovo di

    di Adalbert de Vogu, secondo la quale agli occhi di Atanasio il mona-chesimo essenzialmente ascetico (A DE Vocu, Histoire littrnire du mouvement monastique dans I' Antiquit, t. I, cit., 32; cfr. G. CouiLLEAU, La libert d'Antoine, in Commandame11ts du Seigneur et libration vangeli-que, Roma, Pont. Ateneo S. Anselmo, 1977, 29, nota 52).

    " Cfr. H. WEINGARTEN, Urspnmg des Miinchtums im nachostantini-schen Zeitalter, Gotha, Perthes, 1877.

    62 Cfr. S. RuBENSON, Christia11 Asceticism and the Emergwce of the Monastic Tradition, cit., 50. Del resto, gi Gregorio di Nazianzo, aveva intuito che la Vita di Antonio non altro che una monastica scritta sotto forma di racconto: Atanasio compose [ ... ] vita del divino An-tonio per dare regole alla vita monastica in forma di narrazione>> (GRE-GORIO DI NAZIANZO, Orazio1ze 21,5, in Io., Tutte le Orazioni, a cura di C. MORESCHINI, Milano, Bompiani, 20022, 511).

    61 Cfr. G.J.M. BARTELINK, Inlroductioll, in ATHANASE D' ALEXANDRIE, Vie d' Antoine, cit., 42.

    '' Cfr. Vita Antonii, Pro!. 2., 106. Sulla nozione di ascesi nella Vita Antortii, cfr. A. DE Vocu, Hisloire littraire du mouvelltelll monastique, t. I, cit., 26-35.

    35

  • Alessandria non offra alcuna definizione dell'ascesi, attraverso queste pagine appare ormai chiaramente che con questo termine viene indicata la condotta di vita dei monaci d'Egitto. Ci che per sembra pi in-teressante lo stretto rapporto che Atanasio istituisce, solo poche pagine pi avanti, tra ascesi ed Evangelo. infatti dalla parola evangelica ascoltata nella "casa del Signore" Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto quello che possiedi e dallo ai poveri; poi vieni eseguimi e avrai un tesoro nei cieli (Mt 19,21)- che scaturisce la vita ascetica di Antonio 65 : una vita con-dotta ai margini del proprio villaggio, com'era ancora abitudine in quel tempo.

    Si dedic all'ascesi (nskesis) davanti a casa sua, vigilando su di s (prosochu) e sottoponendosi a una dura disci-plina. Allora, infatti, non c'erano ancora in Egitto tante dimore di solitari e il monaco non conosceva ancora il grande deserto. Chi voleva vigilare (prosecheill) su se stesso si dedicava all'ascesi (asksis) in soltudine, non lon-tano dal proprio

    In queste righe si trovano di nuovo associati - in modo certamente non casuale, dato il precedente ori-geniano che gi abbiamo notato nel Contro Celso - i termini prosoclze e askesis (impegno/attenzione ed esercizio), che ora vengono a caratterizzare la vita monastica di Antonio 67 Subito dopo, descrivendo gli elementi che caratteriz-zano l'ascesi iniziale del giovane monaco, Atanasio

    65 Vita Antonii 2,3, 111. Da allora il testo di Ml19,21 diventato un lopos ricorrente nei racconti di vocazione monastica.

    66 Vita Anto1Iii 3,2, 113. 67 Cfr. M. SHERIDAN, l/ mondo spirituale e intellettuale del primo moHa-

    c/zesimo egiziano, cit., 193-197.

    36

    elenca anzitutto il lavoro, la preghiera e la lettura delle Scritture 68 Quindi aggiunge ci che Antonio im-para mettendosi alla scuola,dei s~litar~ c:1e :o aye~~n,o preceduto nello zelo e nell asces1, e cwe: l amab1llt~, l'assiduit nella preghiera, la mitezza, l'amore per 11 prossimo, le veglie, la lettura delle Scritture 69, la per-severanza, i digiuni, l'abitudine di dormire sulla nuda terra, la dolcezza, la magnanimit, la fede in Cristo 70 e l'amore vicendevole 71 Ci che per pi conta, per Atanasio, che Antonio destinato a diventare

  • suo, Antonio parte per un nuovo luogo di ritiro. Dopo un viaggio di tre giorni e tre notti, egli giunge nella parte pi orientale del deserto arabico, a circa 30 km dal mar Rosso. Antonio am quel luogo e vi si stabil, vivendo da solo, nella parte interna della montagna (to es oros). Questo nuovo ritiro viene definito da Atanasio "il deserto interiore" (49,4) o "la montagna interiore" (49-51). Giocando sull'ambiguit del termine greco es - che. significa "interno", ma anche "interiore"-, Atanasio tratteggia il percorso di Antonio come un cammino che, attraverso la ricerca della solitudine, lo porta a inoltrarsi nella parte "pi interna del deserto", fino a scoprire il "deserto interiore" (eis th1 esteran eremon). In questo modo, le indicazioni geografiche che scan-discono i quattro momenti della Vita Antonii, rivelano anche le tappe del suo cammino spirituale, che un cammino di interiorizzazione dell'esperienza del de-serto.

    2.2. "Fuga mundi" o carit fraterna? Vorrei toccare ora alcuni punti critici dell'ascesi di Antonio. Il primo quello che riguarda il rapporto fra ascesi e carit fraterna. Sono realmente elementi inconciliabili? Mi sembra di poter individuare una risposta nella narrazione della quarta tappa della Vita di Antonio, un momento essenziale nel quale il protagonista sco-pre "il deserto interiore". Pur vivendo gi in una lo-calit deserta, il monastero del monte Pispir, Antonio vuole passare ad una solitudine ancor pi completa.

    38

    In questo passo decisivo, il Signore interviene in modo manifesto per dirigere il suo cammino:

    Quando vide che molti lo molestavano e che non poteva nascondersi come voleva, Antonio, temendo di insuper-birsi per le cose che il Signore faceva per mezzo suo, e che gli altri lo stimassero pi del giusto, pens e subito volle andare nella Tebaide superiore, presso gente che non lo conosceva. Prese del pane dai fratelli e si sedette sulla riva del fiume, guardando se per caso passasse una nave su cui imbarcarsi. Mentre era immerso in questi pensieri, gli giunse una voce dall'alto: Antonio, dove vai? E perch te ne vai?. Non ne rimase turbato ma, quasi fosse abituato a essere chiamato in quel modo, l'ascolt e rispose: Perch le folle non mi permettono di vivere in pace (erem.ein), voglio andarmene nella Tebaide superiore; qui ho molti fastidi e soprattutto mi vengono chieste cose che oltrepassano le mie forze. La voce allora gli disse: Anche se salirai nella Tebaide, anche se, come pensi di fare, te ne andrai verso le Bucolie - una regione acquitrinosa nel delta del Nilo -, dovrai soppor-tare una fatica maggiore, due volte pi grande. Ma se vuoi veramente vivere in pace (eremei11), va' verso il deserto interiore (eis es8teran erem8n). [ ... ] Dopo aver camminato tre giorni e tre notti, raggiunse una montagna molto alta ai cui piedi scorreva dell'acqua lim-pida, dolce e freschissima. Intorno vi era una radura e poche palme selvatiche (49,1-5). Antonio, ispirato da Dio, am quel luogo; [ ... ] rest solo sul monte e nessuno stava con lui. [ ... ] Ormai considerava quel luogo come la sua casa (50,1).

    In questo modo, la vocazione eremitica viene appro-vata e confermata da Dio stesso e cos, Antonio prende possesso non solo dell'alta montagna, ma an-che del "deserto interiore". In questo modo, infatti, viene interpretato questo episodio dalla versione la-tina della Vita, nella quale le parole della voce celeste vengono tradotte: Si auten1 vere secedere vis, et in si-

    39

  • lentio esse, vade mmc in desertum interiorem. Ci che viene proposto ad Antonio, dunque, non tanto un deserto geografico, bens il deserto interiore del cuore, dove possibile in silentio esse, nonostante la presenza di altri. Se, di nuovo, la solitudine di Antonio destinata a diventare relativa, la presenza dei fratelli, per, non costituisce pi un ostacolo e neppure gli impedisce di essere l'uomo del deserto, perch Antonio ha ormai conquistato quel "deserto interiore" che nessuno gli pu pi strappare. Un nuovo tratto si aggiunge cos alla vita di questo monaco esemplare: l'ospitalit.

    Vedendo che molti salivano da lui, si mise a coltivare an-che alcuni ortaggi, perch chi veniva a trovarlo ricevesse qualche conforto dopo la fatica di quel difficile cammino (50,7). [ ... ]Da allora, [i monaci] andavano da lui; e osavano venire sul monte anche altri fratelli afflitti da malattie. A tutti i monaci che venivano a trovarlo raccomandava co-stantemente di aver fede nel Signore, di amarlo, di tenersi lontani dai piaceri impuri e dai piaceri della carne [. .. ] di fuggire la vanagloria, di pregare incessantemente, di reci-tare i salmi prima e dopo il sonno, di imprimere nel loro cuore i precetti delle Scritture (55,1-2).

    Anche il ritratto che ci offrono gli Apoftegmi presenta Antonio come un uomo che avverte una profonda compassione per gli altri e un senso diretto della re-sponsabilit: Dal prossimo - egli insegna - ci ven-gono la vita e la morte. Perch se guadagniamo il fra-tello guadagniamo Dio, ma se scandalizziamo il fra-tello pecchiamo contro Cristo 73 Questa visione inoltre confermata dall'insegnamento sulla carit fra-terna trasmesso dalle lettere:

    73 Antonio 9, 226.

    40

    [Il Padre] ci ha radunato da tutte le nazioni per far risor-gere i nostri cuori dalla terra e per insegnarci che noi tu t ti facciamo parte di un'unica natura e siamo membra gli uni degli altri. Per questo dobbiamo amarci profondam~nte gli uni gli altri perch chi ama il suo prossimo ama Dio e chi a1na Dio ama se stesso 74

    2.3. Rinnegamento o trasfigurazione del corpo? Un ulteriore problema legato al concetto cristiano di ascesi, riguarda la concezione del corpo. Peter Brown, nel suo volume Il corpo e la societ, notava il disagio che anche oggi colpisce il lettore, di fronte alla greve e insistente fisicit dei racconti riguardanti gli asceti, racconti che hanno indotto gli studiosi odierni a ve-dere nel "disprezzo della condizione umana" e nel-l'"odio per il corpo" i moventi primari delle priva-zioni fisiche volontariamente subite dai monaci 75 innegabile che anche l'ascesi rifletta l'antropologia professata e, quindi, risenta della cultura platonica dominante nell'ambiente alessandrino dei primi se-coli, la quale si prestava ad affermare un dualismo a favore dell'anima, schiava di un corpo difficile da do-mare e destinato alla morte. Non si pu per ignorare l'insistenza con cui il cristianesimo delle prime gene-razioni- proprio perch doveva tracciare una propria strada all'interno di un ambiente culturale fortemente impregnato di platonismo- si continuamente richia-mato al pensiero biblico, che imponeva rispetto per il corpo, realt buona, creata da Dio. Lo dimostra, ad

    74 ANTONlO, Lettera 4,9, 266. 75 P. BROWN, Il carpo e la societ, cit., 201. Nel testo che abbiamo

    citato, Brown si riferisce a E.R. Dooos, Pngan and Christian in an Age of Anxiety, Cambridge, Cambridge University Press, 1965, 35.

    41

  • -esempio, il fatto che, quando gli asceti del deserto -considerati gli atleti di Cristo - sono stati proposti come ideale per tutti i cristiani, i migliori maestri non hanno cessato di raccomandare la moderazione e di denunciare gli eccessi evidenti di alcune pratiche ascetiche 76 Agostino, ad esempio, nel trattato De moribus Ecclesiae catholicae, composto a Roma all'inizio del 388, contro l'insolenza dei manichei che si gloriavano per la pu-rezza di costumi dei loro eletti, dedica alcune pagine alla vita monastica, per mostrare sia il valore dell'a-scesi cristiana, sia la santit di vita degli anacoreti:

    Non dir niente uomini che ho ricordato poco fa, i quali, ritiratisi in assoluta solitudine lontano da ogni sguardo umano, contenti del solo pane che viene portato loro a determinate ore e dell'acqua, abitano le terre pi deserte, godendo del colloquio con Dio, a cui si sono uniti con le menti pure e felicissimi di contemplare quella sua bellezza, che pu essere percepita solo dall'intelletto dei santi. Di come dico, non parler, poich ad alcuni sembra che abbiano abbandonate le cose umane pi di quanto non convenga, senza capire quanto a noi siano di giovamento lo spirito impegnato nella preghiera e la vita dedita di coloro dei quali non ci consentito

    Certamente Agostino era stato affascinato dall'ideale monastico del deserto, come attesta ad esempio l'im-portanza che le Confessioni attribuiscono alla Vita An-

    76 Cfr. M. DESI'LAND, Le corps et I'Occfdeul. U11 survol,

  • smo" di Gregorio di N issa 79 Il platonismo1 infattC nei primi secoli dell/era cristiana/ va inteso non tanto come una dottrina, quanto invece come un patrmonio culturale indistinto/ una sorta di koin platonica/ che si esprime con delle immaginC un vocabolarib e una mentalit comune che, negli autori cristiant si fonde con la cultura biblica 80 Tornando ora alla Vita Antonii1 mi sembra di poter dire che generalmente in questo testo si pu notare un at-teggiamento positivo nei confronti del corpo, sebbene non manchino alcune pagine pi imbarazzanti a que-sto riguardo. Atanasio ci informa, ad esempio/ che Antonio si vergognava di alcune funzioni del corpo:

    Al momento d mangiare, di dormire o di soddisfare le altre necessit del corpo, si vergognava, pensando alla natura spirituale dell'anima. Pii:t volte1 poi, quando stava per mangiare con molti altri monaci, ricordandosi del nu-trimento spirituale (cfr. 1Cor 10,3), rifiutava l cibo e si allontanava, ritenendo vergognoso che altri lo vedessero mangiare. Diceva che occorre prestare ogni cura all'anima piuttosto che al corpo, concedere poco tempo al corpo per i suoi bisogni e dedicarsi, invece, interamente all'anima e cercare ci che le utile, affinch non sia trascinata dai piaceri del corpo; il corpo che deve diventare schiavo dell'anima"

    I sentimenti di disprezzo o di vergogna nei confronti del corpo, sembrano essere di chiara matrice neopla-tonica. In realt, si possono scorgere anche in queste righe chiare allusioni bibliche come lCor 9,27, a cuL

    M. AUBINEAU, nota 4, in GRGOJRE DE NYSSE, Trai/ de la virgnit (SC 119), Paris, Cerf, 1966, 521.

    50 Cfr. M. AUBINEAU, flltroduclioll, in GRGOIRE DE NYSSE, Tmit de la virgi11it; cit., 99.

    " Vita Antonii 45,2-3, 166.

    44

    subito dopo, Atanasio aggiunge alcune citazioni esplicite della Scrittura:

    Questo, infatti, ha detto il Signore: "Non dateyi pensiero per la vostra vita1 di quello che mangiatei n per il vostro corpo, come lo vestirete" (Le 12,29-31). "Non cercate che cosa mangerete o che cosa berrete e non affannatevii tutte queste cose le cerca la gente del mondo, ma il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno. Cerca te piuttosto il suo Regno tutto il resto vi sar dato in aggiunta" (Mt 6,31-33) 82

    Secondo il vescovo di Alessandria, l'ascesi condotta dal grande monaco del deserto non risulta dannosa per il suo corpo. Lo si pu constatare/ ad esempio, al capitolo 14, quando gli amici e i parenti del santo pongono fine a una lunga reclusione, durata ven-t'anni, forzando la porta del fortino nel quale egli si trovava e costringendolo a mostrarsi:

    Antonio usc come un iniziato ai misteri (memustagogme-nos) nel segreto del santuario (adutall) e come ispirato dal soffio divino (theop/wroumenus) 83

    Gli studiosi hanno notato che il ritratto di Antonio, tracciato in questa pagina, presenta tratti comuni con quello di Pitagora tracciato da Porfiro 84 L'inten-zione va probabilmente colta nel desiderio di contrap-porre al filosofo il santo cristiano 85 . Mi sembra per importante insistere anche sull'importanza della me-tafora atanasiana della penetrazione nel santuario

    sz Vira A11tonii 45,7, 167. " Vita A11tollii 14,2, 131. " Cfr. PORFJRIO, Vita di Pitngom 34-35. "' Cfr. A. DE VoGU, Histoire lttmire drr nwuvement monnstique dans

    l' nntiquit, t. L, cit., 45-47.

    45

  • (aduton), che opera nel monaco una vera "mistago-' come suggerisce il testo greco, nel quale tutta

    la frase riecheggia le idee ellenistiche dell'iniziazione misterca 86 Questo fatto interessante, soprattutto se collocato nel contesto alessandrino del IV secolo, quando le religioni misteriche stavano arrivando al-l' esaurimento del loro ciclo vitale e il termine "mista-gogia" andava assumendo un'importanza particolare in ambito patristico, legato ai riti dell'iniziazione cri-stiana. In questa pagina, Atanasio sembra dirci che il silenzio di quei lunghi anni di solitudine era stato per Antonio una vera "mistagogia" che non solo lo aveva iniziato, ma lo aveva condotto a penetrare in profondit nel Mistero di Cristo. Anche il corpo dell'asceta usciva trasfigurato da quell'esperienza, come se in lui la creazione avesse potuto ritrovare i suoi tratti primor-diali e la sua conformit al disegno del Creatore. An-tonio, uscendo, ormai capace di trasmettere agli altri quell'esperienza che l'ha trasformato.

    [Gli amici che avevano abbattuto la porta], quando lo vi-dero, rimasero meravigliati osservando che il suo corpo aveva l'aspetto abituale e non era n per man-canza di esercizio fisico, n dimagrito a causa dei e della lotta contro i demoni. Era tale e quale l'avevano co-nosciuto prima che si ritirasse in solitudine. E anche il suo

    86 Luciano di Samosata, nei Philopseudes 34, ci informa di un certo Pancrates, uomo mirabile per il sapere e versato in tutta la dottrina degli Egiziani, il quale era rimasto ventitr anni nei santuari (adutois) sott~r-rane, in cui Isde l'aveva iniziato ai misteri della (cfr. V. DESPREZ, Le monachisme primilif. Des origiues jusq'au concile [Spiritualit orientale 71]. Bgrolles en Mauges, Abbaye de Bellefontaine, 1998, 188, nota 92; B. McGtNN, Storia della Mistica cristiano in Occidente. Le origini {I-V secolo], Genova, Marietti, 1997, 181, nota 15).

    46

    spirito era puro; non appariva triste, n svigorito dal pia-cere, n dominato dal riso o dall'afflizione 87

    La Vita si conclude con la descrizione di un ,ultimo ritratto di Antonio, l'uomo di Dio che mantenne identico zelo nell'ascesi dalla giovinezza alla vec-chiaia:

    Non si lasci vincere nemmeno durante la vecchiaia dal desiderio di cibi raffinati, n si lasci indurre dalla debo-lezza del corpo a cambiare il modo di vestire o di lavarsi anche solo i piedi. Tuttavia si conserv in ottima salute. Aveva occhi sanissimi e ci vedeva bene, non era caduto nessun dente[ ... ]. Ma'ni e piedi erano sani e appariva sem-pre pi vivace e forte di quanti si nutrono di cibi svariati e usano lavarsi e indossare vesti diverse".

    Johannes Roldanus, commentando questa della Vita Antonii, si diceva propenso a credere che la vitalit del vecchio monaco dovesse essere conside-rata come un segno dell' aphtarsia (incorruttibilit) fu-tura 89 . Questo ci sembra verosimile, dal momento

    '7 Vita Antoni 14,3, 131. " Vita A11tonii 93,2, 217. In realt, questo ritratto che ci ha lasciato

    Atanasio, viene contraddetto dal racconto trasmesso dalle Vite di Paco-mio, secondo il quale il corpo di Antonio, nel 347, era gi debilitato. Si legge infatti che quando Pacomio, il fondatore cenobi-tismo egiziano, mor era i19 maggio 347-, una delegazione guidata dal suo discepolo Teodoro si rec ad annunciarne la morte al vescovo Ata-nasio. Passando da Pispir, sapendo che Antonio s trovava l, andarono a salutarlo. Egli, essendo malato, stava abitualmente coricato, ma in quell'occasione si alz per salutare i suoi visitatori. Antonio aveva al-lora 95 anni (cfr. V. DESPREZ, Le monaclzisme primtif, ciL, 167 e nota 83; 184).

    89 Cfr. Sap 2,23-24: Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilit (aph-tharsia), l'ha fatto a immagine d ci che gli proprio. In questo testo l'autore riprende in modo originale il tema dell'uomo creato a immagine di Dio (Gen 1,26) servendosi di un'espressione ricercata: aphtllarsia (= incorruttibilit o eternit), che sembra insistere sulla eternit divina. L'imago Dei, che il Creatore ha impresso nell'uomo, sembra dunque

    47

  • che Atanasio ripete spesso che vede fin d'ora agire nell'uomo le energie della divinizzazione, grazie al-l'incarnazione di Cristo. L'esplicita menzione della buona salute di Antonio sarebbe allora una prova ul-teriore dell'affermazione di Atanasio, secondo la quale il corpo coinvolto nella salvezza e che il suo ideale ascetico non si fonda sul dualismo spirito-ma-teria 90

    CoNCLUSIONI

    Che cosa fate pi di noi?. Concludendo queste ri-flessioni, possiamo ora cercare di rispondere a questa domanda, indicando alcuni elementi che nell' Anti-chit hanno caratterizzato l'ascesi cristiana, distin-guendola dagli "esercizi spirituali" proposti dalla coeva cultura profana. La complessit dell'ambiente culturale dei primi se-coli e le letture parziali o tendenziose, che alcuni autori propongono oggi di quel contesto, rendono piuttosto cauti nell'accogliere le loro teorie che, attra-verso l'enfatizzazione dei classici greci, pongono in atto una critica pi o meno velata dell'ascesi cristiana. Se, infatti, da un lato risulta innegabile che l'ascesi cristiana antica affonda le sue radici nella prassi asce-

    consistere nell'incorruttibilit o eternit- e non solo dell'anima -, es-sendo l'eternit ci che proprio di Dio.

    90 J. RoLDANUS, Le Christ et 1'/wmme dans la thologie d'At/zanase d'A-lexandrie, Leiden, Brill, 1968, 320 (abbiamo ripreso la traduzione di que-sto testo riportata in ATANASIO DI ALESSANDRIA, Vita di Antonio, a cura di L. CREMASCHI, cit., 218, nota 196,). Anche Peter Brown sembra con-fermare questa lettura, quando osserva che i Padri del deserto

  • Scritture e solo in esse trova il suo fondamento e le sue motivazioni (VA 46,6) 91 Toccando poi alcuni punti critici della politeia del deserto egiziano, ci siamo sof-fermati dapprima sul rapporto fra ascesi e carit fra-terna e, successivamente, su quello fra ascesi e corpo, due aspetti emblematici di un disagio oggi diffuso riguardo al tema ascetico. Dalla Vita e dall'insegna-mento di Antonio risulta evidente che l'ascesi non pu contrapporsi al precetto evangelico della carit fraterna, come del resto il corpo- realt buona creata da Dio- non pu essere nemico dell'anima; l'ascesi ha invece il compito di trasformarlo, rinnovarlo e sotto-metterlo alla potenza dello Spirito, perch un corpo interamente purificato ha gi ricevuto in parte quel corpo spirituale che riceveremo alla risurrezione dei giusti 92 Alcune pagine pi imbarazzanti della Vita Antonii- che non abbiamo voluto ignorare- attestano non solo la tensione che caratterizza la riflessione ata-nasiana sul nostro tema, ma anche la difficolt di of-frire una soluzione adeguata al problema dell'incon-tro tra Evangelo e cultura profana e, in particolare, con il "platonismo" che, pur offrendo uno strumento alla riflessione cristiana, risulta ancora talvolta di dif-ficile armonizzazione con il pensiero biblico. La con-sapevolezza di questo fatto permette ad Atanasio di affermare con chiarezza alcuni dati irrinunciabili del pensiero cristiano, come ad esempio la realt della

    91 evidente che Atanasio vede nell'ascesi di Antonio una disci-plina che proviene dalla Scrittura e da essa sola. [. .. ] Derivata dalle Scritture, _l'ascesi antoniana un'illustrazione di e la prova che

    es~e non Impongono nulla di (A. DE Histoire litt-ralre du mouvement nw1lastique, I, cit., 32-33).

    92 ANTONIO, Lettera 1,4, cit., 242-244.

    so

    carne assunta dal Figlio di Dio, posta come principio rinnovatore della nostra umanit, che esclude ogni dualismo nocivo. Ci conferma che il vescovo, pur utilizzando gli strumenti della cultura alessandrina

    e, quindi, risentendo di un'inevitabile impronta pla-tonico-origeniana -, non ne subisce ingenuamente l'influsso, ma se ne serve come di un patrimonio espressivo, consapevolmente ed evangelicamente ri-letto. L'atteggiamento verso il corpo, nonostante le inevitabili tensioni a cui ho accennato, risulta per-tanto fondamentalmente positivo: l'ascesi ha lo scopo di ripristinarlo nel suo stato naturale, cio nella sua vera condizione, voluta da Dio. Concludendo qui il percorso che, in queste pagine, ci ha permesso di tracciare un segmento di storia della spiritualit, sono consapevole che questa rilettura de-gli autori antichi non dar immediatamente le rispo-ste ai nostri problemi e neppure ci esimer dalla fatica di ripensare oggi il tema dell'ascesi. Lo scopo che d siamo proposti in queste pagine, infatti, non voleva essere quello di ricercare "l'attualit" di una dottrina antica, quanto invece il tentativo di comprenderla in profondit, per poter intuire, anche nella cultura odierna, un adeguato cammino d fede.

    51

  • Giuseppe Angelini

    Gli n ideali ascetici''"' Pertinenza e limiti

    della lettura ascetica del cristianesimo

    l. PRIMA ISTRUZIONE DELLA QUESTIONE

    I l titolo scelto per la presente riflessione, gli "ideali ascetici", intende suggerire un proposito ambi-zioso, fin troppo ambizioso per un contributo mode-sto e assai preliminare come il presente. E tuttavia un proposito inevitabile, con il quale la riflessione teolo-gica deve in un modo o nell'altro cimentarsi; soprat-tutto quando essa si proponga di produrre un chiari-mento dell'idea di ascesi. L'espressione "ideali ascetici" di Nietzsche, come a tutti noto; a tale espressione egli ha affidato il compito di esprimere in maniera sintetica la sua comprensione del cristianesimo, e insieme la critica di esso. La ridu-zione del cristianesimo agli "ideali ascetici" comporta infatti certo anche una critica; ma non solo una critica; essa raccomanda insieme anche un positivo apprezza-mento del cristianesimo. Gli "ideali ascetici" avreb-bero infatti consentito al cristianesimo di realizzare il primo esperimento, e fino ad oggi addirittura l'u-nico esperimento riuscito, di realizzare un obiettivo arduo, e insieme inevitabile: quello di rendere l'uomo interessante per se stesso, di renderlo dunque capace addirittura di volere.

    53

  • La comprensione del cristianesimo quale ideale asce-tico di vita appare certo impertinente, quando riferita al vangelo stesso di Ges. Prima ancora, essa appare imprecisa; l'uso stesso del generico plurale, "ideali ascetici", intende discretamente suggerire tale va-ghezza del concetto. E tuttavia quella comprensione ha indubbie ragioni di pertinenza, quando sia riferita alle concrete forme assunte dalla tradizione storica del cristianesimo. Mi riferisco qui in particolare alle forme pratiche nelle quali stato proposto l'ideale cristiano di vita, come anche e soprattutto alle dot-trine, e alle dottrine intorno alla morale in particolare. Appunto delle dottrine, soltanto di quelle, intendo qui occuparmi. La lettura del cristianesimo, che Nietzsche propone, rimanda ad un compito che appare inevitabile per la teologia, e anche di grande rilievo: quello appunto di precisare il senso e il rilievo che l'impegno ascetico assume nell'economia della vita cristiana. Che l'impe-gno pratico del cristiano comporti in ogni caso anche un momento ascetico, appare indubbio. Per momento ascetico intendiamo, in primissima battuta, il mo-mento del sospetto nei confronti della spontaneit dei desideri, e della stessa spontaneit dell'agire. Tale sospetto si traduce in fretta nell'impegno a sosti-tuire la conoscenza oggettiva, e dunque la legge, alla vaghezza degli impulsi. Una tale sostituzione esercizio, e dunque ascesi 1 Che l'impegno pratico

    1 Il termine greco ascesi significa alla lettera esercizio; il suo primo uso si riferisce agli esercizi del corpo, siano essi quelli propri dell'atleta o quell propri del soldato; la trasposizione esercizi mirati al rag-

    della virt abbastanza (cfr. EPITTETO in spe-Ill, 3, 16; Euc/1. 47); il termine non appartiene per al vocabo-

    54

    del cristiano possa per essere inteso nel suo insieme come impegno ascetico, parrebbe da escludere. Di fatto sembra invece che le dottrine morali della tradi-zione cristiana abbiano in molti modi raccom1andato la comprensione del momento pratico in termini asce-tici. Rimane per altro da precisare che cosa voglia dire impegno ascetico: da intendere come impegno che ha la figura dell'esercizio, secondo il significato letterale del termine 2? Oppure da intendere come impegno alla rinuncia, secondo l'accezione del ter-

    lario del N uovo Testamento; una volta sola ricorre il verbo corrispon-dente (askein) in Al 24,16 (Per questo mi sforzo di conservare iH og11i llto-mCHto una coscie1tzn irreprellsibilc davn11li a Dio e davn11ti agli llomini), in contesto che suggerisce con efficacia il nesso tra momento dell'esercizio ascetico e momento dell'impegno morale della vita tutta; all'origine prossima dell'uso di ascesi nella tradizione cristiana sta probabilmente Filone di Alessandria; egli distingue nell'educazione tre momenti, noti alla sofistica (istruzione, natura e ascesi) e li riferisce tre patriarchi, Abramo, !sacco e Giacobbe; modello dell'atleta/asceta il terzo, che lotta con Dio; gi in Filone l'ascesi associata all'enkrtcin (padronanza di s), un termine che, nella tradizione stoica in !are, indica il senso sintetico della virt; in tal senso, la virt intesa come attitudine al dominio delle passioni, e dunque come libert dalle

    pat'~'""'" Il termine enkrteia, gi presente nel Nuovo Testamento, sar grande impiego nella tradizione ascetica cristiana, dunque nella let-

    teratura monastica; documentazione sintetica per queste indicazioni si trovano nell'articolo askeo, di H. WINDISCH, in Grmtde Lessico del Nuovo Testame11to, vol. L Brescia, Paideia, 1965. 1313-1318.

    Il contributo di A. Montanari, in stesso volume, opportu-namente ricorda la distinzione tra (nskesis) e rinuncia (apol11xis), riferendosi in particolare a testi di Basilio (cfr. n. 19); ricorda ancora la distinzione tra prosocl1 e tiskesis, attenzione ed esercizio, che iusieme caratterizzano la vita monastica del deserto (vedi 14, n. 17); ricorda poi che l'esercizio (skesis) dell'astinenza esige il riconosci-mento della misura che all'astinenza deve essere imposta (citazione del de Virgi11itate di Gregorio di Nissa, alla n. 78); tutti questi luoghi attestano come l'ascesi della tradizione cristiana antica non possa essere ridotta alla figura della rinuncia; rimane altro operante anche in tutte queste distinzioni la prospettiva secondo la quale ci si accosta a Il' ascesi; e in ogni caso il senso che il termine ascesi/ ascetico assume nella storia del cristianesimo moderno non pu spiegarsi per

    55

  • mine divenuta prevalente, e registrata dalla stessa espressione di Nietzsche? L'esercizio mira a realizzare l'obiettivo della padronanza di s; la rinuncia mira invece alla cancellazione di s. Il nostro obiettivo appunto quello di precisare la denuncia, e quindi le ragioni di parzialit che la prospettiva ascetica mostra in ordine ad una pi adeguata del senso e del valore del-l' agire cristiano. La lettura del cristianesimo in termini ascetici oggi generalmente respinta dai addirittura con indignazione; appare infatti come una mortificazione insopportabile dell'immagine che assume la vita sca-ttuente dalla fede nel vangelo. E tuttavia insieme riconosciuta con certa facilit la pertinenza della de-nuncia per riferimento alle forme storiche del cristia-nesimo; le im