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Grant, L'analisi strategica per le decisioni aziendali, il Mulino, 2011 Capitolo XVII. Applicare la strategia di gruppo: la gestione delle imprese diversificate 1 APPLICARE LA STRATEGIA DI GRUPPO: LA GESTIONE DELLE IMPRESE DIVERSIFICATE

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APPLICARE LA STRATEGIA DI GRUPPO: LA GESTIONE DELLE IMPRESE DIVERSIFICATE

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Le imprese diversificate o multibusiness si trovano ad affrontare due questioni fondamentali:

1. com’è possibile creare valore attraverso la relazione

tra business che operano in diverse attività o diversi mercati?

2. come deve essere strutturata e gestita un’impresa per sfruttare al meglio queste fonti di valore?

La caratteristica comune a queste imprese è la

multidivisionalità (= essere suddivise da un elevato numero di divisioni e filiali, a loro volta suddivise in aree d’affari distinte).

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La struttura dell’impresa diversificata

• Direzione → strategia di gruppo

• Management → strategia di business

Col tempo questa divisione dei compiti si è fatta meno netta.

Il processo decisionale e strategico è stato di fatto in parte delegato alle divisioni.

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La teoria dell’impresa M-Form

Alfred Chandler ha documentato l’origine e la diffusione della forma multidivisionale.

Oliver Williamson ha identificato le 4 caratteristiche della M-Form:

1. adattamento alla razionalità limitata;

2. allocazione del processo decisionale;

3. minimizzazione dei costi di coordinamento;

4. Evitare il conflitto tra obiettivi.

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La teoria dell’impresa M-Form L’impresa multidivisionale offre possibili soluzioni a due

problemi fondamentali, tipici delle grandi imprese in cui il controllo è esercitato dai manager:

• allocazione delle risorse (evitando problemi di

politicizzazione, tipici dei sistemi gerarchici) • soluzione dei problemi di agenzia (per i manager che

tendono a privilegiare gli obiettivi personali, a discapito del valore per gli azionisti)

N.B. Il minor coinvolgimento emotivo dei dirigenti non implica sempre un maggior controllo dei problemi di agenzia.

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La struttura divisionale nella pratica

Henry Mintzberg sottolinea 2 notevoli rigidità proprie della struttura divisionale:

1.limiti al decentramento: la singola divisione è spesso caratterizzata da un potere fortemente accentrato;

2.standardizzazione della gestione a livello divisionale: notevole spinta alla standardizzazione.

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Il ruolo dei vertici di gruppo

Il ruolo della direzione, a livello di gruppo, dovrebbe essere quello di un “tutorato di corporate”.

La creazione del valore dell’impresa può verificarsi in:

• gestione del portafoglio;

• funzione di guida e di controllo;

• gestione delle interdipendenze.

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Le decisioni di portafoglio

Il processo di allocazione delle risorse si divide in:

• capital budgeting

• modelli di pianificazione di portafoglio

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Tecniche di pianificazione strategica Negli anni ’60 General Electric, con alcune delle più

importanti società di consulenza, ha sviluppato: • i modelli di pianificazione del portafoglio

(bidimensionale);

• l’area strategica d’affari (Asa), la più piccola unità organizzativa per la quale ha senso formulare una strategia competitiva specifica;

• il database Pims: database dettagliato di tutte le

attività aziendali, per la formulazione strategica.

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A partire dagli anni ’80, i sistemi di pianificazione strategica delle grandi imprese sono stati sommersi da critiche, soprattutto per 2 motivi: 1) perché in realtà non costituiscono una strategia vera e propria; 2) perché l’esecuzione della strategia è “fiacca”.

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La matrice GE-McKinsey

Il modello grafico è utilizzabile in 4 campi di applicazione:

1. allocazione delle risorse;

2. la formulazione della strategia di business;

3. l’analisi del bilanciamento del portafoglio: • Flusso di cassa;

• Crescita;

4. La definizione degli obiettivi di performance.

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La matrice GE-McKinsey

L’attrattività del settore è data da: • dimensione del mercato • tasso di crescita del mercato • redditività del settore • ciclicità • reattività all’inflazione • importanza dei mercati esteri

La posizione competitiva viene calcolata in base a: • posizione di mercato • posizione competitiva • redditività delle vendite (ROS)

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MIETERE

CRESCERE

MANTENERE

alta

alta

media

media bassa

bassa

Att

ratt

ività d

el sett

ore

Vantaggio competitivo dell’area d’affari

La matrice GE-McKinsey

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La matrice crescita/quota del Boston Consulting Group

• Tasso di crescita del settore = attrattività del settore • Quota di mercato relativa = posizione competitiva • Divisione in quattro settori:

– star (investire) – question mark (enigma da valutare) – cash cow (mungere) – dog (disinvestire)

• Matrice veloce, versatile e di facile interpretazione • Non richiede la raccolta di molti dati

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alto

basso

alta bassa

QUOTA DI MERCATO RELATIVA

TASSO

AN

NU

ALE R

EALE D

I

CRESCIT

A D

EL M

ERCATO

%

STAR (o stella) Utili: elevati, in stabile crescita Flussi di cassa: neutri Strategia: investire nella crescita

QUESTION MARK (o enigmi) Utili: bassi, instabili in crescita Flussi di cassa: negativi Strategia: analizzare il sistema per determinate se l’attività si tramuterà in dog o star

DOG (o cane) Utili: bassi, instabili Flussi di cassa: neutri o negativi Strategia: disinvestire

CASH COW (o vacche da mungere) Utili: alti stabili Flussi di cassa: alti, stabili Strategia: mungere

La matrice crescita/quota del Boston Consulting Group

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PORTAFOGLIO DI ASHRIDGE

(SI BASA SULLA TEORIA DEL “VANTAGGIO DI CAPOGRUPPO”)

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Critiche all’uso delle matrici

• Si sviluppano dagli anni ’80.

• I valori sono delle grossolane semplificazioni.

• Il posizionamento nella matrice è soggetto a forti limiti di misurazione.

• L’approccio presuppone che ogni attività sia completamente indipendente dalle altre.

• Non vengono considerati gli investimenti strategici a basso profitto o in perdita.

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La creazione del valore attraverso la ristrutturazione aziendale

• Anni ’90: applicazione dell’analisi del valore per gli azionisti alle decisioni strategiche aziendali.

• McKinsey propone un modello sistematico per l’incremento del valore di mercato dell’impresa diversificata, attraverso la ristrutturazione: il modello del Pentagono.

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Il modello del Pentagono di McKinsey Il modello è costituito di 5 fasi, che

interessano rispettivamente: 1. il valore di mercato corrente dell’impresa; 2. il valore dell’impresa così com’è; 3. il valore potenziale dell’impresa in seguito

a miglioramenti interni; 4. il valore potenziale dell’impresa in seguito

a miglioramenti esterni; 5. il valore ideale dell’impresa dopo la

ristrutturazione.

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VALORE DI MERCATO ATTUALE

VALOREI IDEALE DOPO LA RISTRUTTURAZIONE

VALORE POTENZIALE CON MIGLIORAMENTI

ESTERNI

VALORE POTENZIALE CON MIGLIORAMENTI

INTERNI

VALORE DELL’IMPRESA COSI’ COM’E’

1

5 2

4 3

Massimo valore potenziale per uno scalatore

Opportunità totali per la società

Opportunità di cessione/acquisizione

Opportunità strategiche e operative

Divergenze di percezione

Il modello del Pentagono di McKinsey

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L’influenza delle singole aree d’affari • Le maggiori opportunità di creazione del valore sono

rappresentate dall’influenza individuale (stand alone influence).

• Essa si concretizza nella capacità di gestione manageriale del vertice dell’impresa.

• Questo avviene attraverso il trade-off del controllo: – degli input (i processi) – degli output (la prestazione)

• Maggiore controllo degli input → minor responsabilizzazione dei

manager sui risultati. • Maggiore controllo degli output → libertà dei manager nella

gestione delle scelte strategiche.

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Formulazione della strategia di business

• In genere viene delegata ai manager

• La direzione centrale effettua un controllo e una valutazione delle scelte dei manager

• Il processo in genere è più bottom-up che top-down

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Il controllo sui risultati e il processo di budgeting • Pianificazione strategica: risultati di medio e lungo

periodo • Pianificazione finanziaria: risultati di breve periodo Il primo anno di piano strategico contiene in genere: • pianificazione finanziaria per l’anno entrante

– Budget operativo – Budget degli investimenti

• obiettivi strategici – Quota di mercato – Livelli di output – Livelli di occupazione

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Il controllo sui risultati e il processo di budgeting

• La maggior parte delle imprese fissa obiettivi biennali o quinquennali.

• Vi sono dei bonus e dei premi (tangibili e intangibili) per il raggiungimento degli obiettivi.

• Per conciliare obiettivi di breve, medio e lungo periodo, le imprese fanno ricorso a: – balanced scorecard (specie per settori ad alto

contenuto tecnologico); – milestones (pietre miliari per la gestione del tempo

nei progetti).

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Stili di direzione strategica Sono stati classificati da Goold e Campbell

• Pianificazione strategica:

– coinvolgimento del vertice nella pianificazione delle singole unità di business – ottica del lungo periodo – limitata indipendenza dei manager di divisione – ridotto senso di appartenenza – tipico di aziende con numero limitato di attività altamente tecnologiche od

operanti in mercati internazionali

• Controllo finanziario: – scarso coinvolgimento del vertice nella pianificazione delle singole unità di

business – ottica del breve periodo – indipendenza dei manager di divisione – alto senso di appartenenza dei manager e ambiente stimolante – tipico di aziende diversificate, con bassa intensità tecnologica, che operano in

mercati con bassa competitività internazionale

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L’analisi Pims (Profit Impact of Market Strategies)

Sviluppata a partire dal database interno di GE con lo

Strategic Planning Institute I dati Pims vengono utilizzati in tre aree di gestione

aziendale: 1. definizione degli obiettivi e delle aree d’affari

(calcolo del Par ROI); 2. formulazione delle strategie delle unità di business 3. allocazione delle risorse tra le aree d’affari (esame

strategico dell’attrattività).

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La ricerca delle interdipendenze

La creazione di valore nelle imprese diversificate passa principalmente per:

• la condivisione di risorse;

• il trasferimento di competenze.

• Questo si realizza in un accentramento in strutture che erogano servizi di interesse generale – Spesso la direzione generale viene divisa in due sezioni:

1. unità di gestione a livello di gruppo (pianificazione strategica, finanziaria e legale);

2. organizzazione di servizi (ricerca e sviluppo, progettazione, formazione del personale, sistemi informativi).

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Le interdipendenze tra le attività e le strategie di gruppo secondo Porter

Michael Porter indica 4 tipi di strategia di

gruppo: 1. gestione del portafoglio (tradizionale holding

finanziaria); 2. ristrutturazione (gli specialisti del leveraged

buyout); 3. trasferimento di competenze; 4. condivisione delle attività.

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Il ruolo della direzione nella gestione delle interdipendenze

• Lo sfruttamento delle economie di scopo e il trasferimento delle competenze richiedono un coordinamento operativo, oltre al consueto coordinamento strategico.

• Spesso si creano complessi problemi organizzativi all’interno delle strutture a matrice dell’impresa divisionale.

• Una buona soluzione può essere rappresentata dai gruppi di lavoro interdivisionale.

• Porter sostiene che il valore aumenta nel passaggio progressivo da una strategia di “libera gestione di portafoglio” a una strategia di “interrelazione tra le attività”.

• Per ottenere il successo è necessario che le attività siano sufficientemente simili tra loro a livello strategico per permettere al management di utilizzare una logica dominante comune.

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Tendenze recenti nella gestione delle imprese diversificate (dagli anni ’90)

• Considerare la direzione generale come una struttura a supporto, e non il vertice di una gerarchia;

• Favorire rapporti informali e interazioni interpersonali;

• Decentrare a livello divisionale il processo decisionale, in ambito sia strategico che operativo;

• Diffondere la visione della direzione (specie dell’amministratore delegato) come catalizzatore trainante del cambiamento.

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I vertici di gruppo come generatori di cambiamenti organizzativi

Direzione → promozione di cambiamenti organizzativi di

vasta scala (sull’esempio del work-out di GE) Punti di flesso strategici = situazioni in cui i cambiamenti

repentini dell’ambiente concorrenziale dell’impresa richiedono una riformulazione radicale della strategia.

Top management: • fornisce una leadership; • definisce una missione; • diffonde dei valori che rappresentano la cultura

dell’impresa;

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I vertici di gruppo come generatori di cambiamenti organizzativi

Bartlett e Ghoshal individuano i 3 processi gestionali

principali all’interno dell’impresa: 1. processo imprenditoriale (sfruttamento e allocazione

delle risorse) → Top management

2. processo di integrazione (percorso seguito per la creazione e lo sviluppo delle competenze organizzative) → Middle management

3. processo di rinnovamento (individuazione delle necessità di cambiamento e attuazione delle modifiche desiderate) → Management in prima linea