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Giuseppe Falivene A.S. 2010-11 pag 1/18
Istituto di Istruzione Superiore
ITC “Crescenzi” - ITG “Pacinotti” , Bologna
Classe 3 CAT Docente: Giuseppe Falivene
ECOLOGIA DEL PAESAGGIO A.S. 2015/16
APPUNTI E RIFLESSIONI DI STORIA DEI GIARDINI
La città nasce come creazione di uno spazio antropico e completamente staccato dalla natura:
“Evoluzione di quella “radura” che l‟uomo primitivo apre nella foresta (abbattendo alberi,
alzando recinti, costruendo capanne) quando decide di separarsi dalla natura e di creare un
ordine da lui fondato, caratterizzato non da leggi naturali ma da costruzioni mentali tipiche
dell‟homo sapiens quali la logica, la geometria ed il ritmo” (Heidegger, 1988).
La città, luogo per eccellenza dell‟uomo, è strutturata non solo da architetture e da spazi
urbani, ma soprattutto da “fruitori” di spazio, con una determinata cultura, ciascuno
caratterizzato da precise capacità percettive e modi diversi di interagire con l‟intorno.
Il livello di qualità di percezione che i fruitori hanno in un determinato spazio alimenta in
maniera determinante il “benessere” che gli stessi provano. Il livello di benessere alimenta a
sua volta la qualità della città così come viene vissuta dai cittadini.
Il termine qualità è qui inteso come l‟insieme di tutti quei fattori, quegli artefatti e quelle
caratteristiche che aumentano la soddisfazione percettiva di un determinato spazio urbano:
una migliore percezione dello spazio urbano porta ad un attaccamento fra l‟individuo e il luogo
in cui abita, si viene a determinare quella identità personale dell‟individuo in relazione
all‟ambiente fisico in cui vive e si forma.
I temi e gli sviluppi della qualità urbana sono molto vari e richiedono un approccio
multidisciplinare che comprende saperi diversi.
Un elemento importante della qualità della città è l‟infrastruttura verde urbana che associa agli
aspetti ecosistemici quelli delle attività ricreative, della mobilità, fino agli aspetti più
propriamente paesaggistici. Progettare una infrastruttura verde deve significare pensare in
termini di una rete verde interna alla città, fatta di fasce di rispetto, di verde stradale (viali
alberati, aiuole spartitraffico o di ornamento a monumenti o piazze), di verde sportivo,
scolastico, sanitario, di giardini privati e urbani.
Per poter affrontare correttamente il tema dei giardini, sia essi privati che pubblici, occorre
prestare attenzione all‟evoluzione del giardino nel tempo, che è poi l‟evoluzione delle idee, dei
sogni e delle memorie degli uomini.
Queste che seguono sono alcune linee essenziali di un percorso per lo studio e la comprensione
dei giardini storici, relativamente ad un periodo di tempo piuttosto lungo che è compreso tra le
origini e il giardino moderno. In quest‟arco di tempo il giardino ha attraversato periodi di
imitazione e innovazione con momenti di massimo fervore e splendore artistico che trova il suo
culmine nel Rinascimento italiano gettando le basi per l'arte dei giardini nella storia futura.
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In primo luogo occorre soffermarsi brevemente sul significato di giardino, sulla sua
composizione e costruzione. E‟ importante sottolineare come creare un giardino non è solo
dare vita ad una euritmica composizione territoriale, un semplice raggruppamento e
armonizzazione delle differenti specie vegetali (alberi, arbusti, erbacee), disposizione degli
elementi architettonici nell‟insieme dello spazio occupato, ma è qualcosa di ben più complesso.
In riferimento anche ad alcuni aspetti dello studio del paesaggio che abbiamo già affrontato
possiamo utilizzare una definizione di giardino di Sante Graciotti: “Il giardino è un
condensato di valenze semantiche, un serbatoio di significati e di simboli, tanto ricco
di forme quante sono le arti che hanno concorso a crearlo, e insieme tanto
stratificato di sensi quanto lo è l’anima di cui l’ homo faber lo ha fatto allegoria”.
O ancora un‟altra definizione, questa volta di Duccio Demetrio: <<Il giardino è un
“sistema” che è più della somma delle sue parti: più degli alberi, dei fiori, dei
sentieri, delle fonti, che abitano la sua dimora. Quel più è costituito da quanto
conferisce al giardino il suo “clima” – arcano, tenebroso, solare, ecc. – il quale altro
non è se non l’incontro, in continua variazione ed evoluzione, tra le dimensioni
visibili note e la sensibilità interiore del giardino e del visitatore>>.
Il giardino è, come abbiamo sottolineato, un sistema, un climax culturale, che presenta
un proprio equilibrio dinamico, frutto di relazioni fra le diverse componenti. Componenti che
qui sono tenute insieme dalla forza omeostatica che é la cultura del tempo, l‟idea.
Il sogno del giardino nasce certamente dai bisogni nutrizionali dell'uomo e condiziona il suo
agire e il suo pensiero. L'idea primigenia risale ai tempi preistorici, probabilmente al Neolitico,
allorché nacquero i primi giardini per rispondere a un'esigenza di agricoltura "addomesticata".
La coltura delle piante rappresenta la relazione uomo-natura nella sua essenza e nella sua
continuità nel tempo, accompagnando nella sua gradualità la civilizzazione dei vari popoli
scandita dai millenni.
Allorché l'uomo non era occupato nella lotta per la sopravvivenza cercava come sua intima
aspirazione qualcosa di più elevato che soddisfacesse anche il suo spirito e il suo senso
estetico.
Sante Graciotti nella sua prefazione al libro di Lichacev "La poesia dei giardini" afferma: << il
giardino è un frammento dell'universo dove l'intervento dell'uomo tende a creare un mondo
non tanto artificiale quanto artistico, nel quale dar forma a un proprio ideale di perfezione e di
bellezza. Potremmo dire in poche parole che il giardino è un tipico luogo utopico, nel quale
l'uomo si sforza di far emergere il mondo tendenziale dei suoi sogni. Il giardino è dunque il
terreno su cui l'uomo deposita, creando una struttura a se stante, la sua relazione con la
natura>>.
La complessità di un giardino con il suo ampio spettro semantico richiede una attenta lettura e
non si può ridurre la sua arte ad una semplificazione classificatoria in due categorie
compositive opposte:
- costruzione geometrica (giardini formali)
- assenza di regolarità (giardini informali).
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La storia della nostra cultura affonda le sue
radici e trova le sue origini nella
Mesopotamia meridionale (attuale Iraq). In
tale terra, dove già tremila anni prima di Cristo,
tra il Tigri e l'Eufrate, viveva, in città
autosufficienti, un popolo estremamente
civilizzato. Qui era ubicato l'Eden, mitico luogo di
delizie che si identifica con un giardino sede
della creazione. Qui i popoli mesopotamici sono
riusciti ad acclimatare le palme (come anche
oggi accade nelle oasi sahariane ed egiziane), a
proteggere le altre piante che crescono alla loro ombra, a rallentare l'essiccazione del terreno
sottostante, a favorire la condensazione notturna e rendere quindi coltivabile la terra del
delta.
I giardini di Mesopotamia conservarono per lungo
tempo un carattere religioso e a poco a poco, con
l'espandersi del mondo babilonese verso nord, i
giardini acquistarono una
maggiore importanza.
Verso il VII sec. circa Nabucodonosor II costruiva
a Babilonia i celebri Giardini Pensili attribuiti più
tardi alla regina Semiramide. Innalzò i suoi giardini
lungo i contrafforti della città. Secondo una
ricostruzione si vede che erano costituiti da terrazze
sovrapposte, dolcemente inclinate su cui scorreva
l'acqua di irrigazione. Ciascuna terrazza sporgeva
leggermente creando delle piazze con sale e gallerie
per il refrigerio. Una larga scala sull'asse fungeva
da collegamento.
I giardini di Babilonia, a dispetto della loro fama
non sembrano aver esercitato un'influenza diretta
sui giardini del mondo mediterraneo. Rimangono
soprattutto nei riguardi dei greci e dei romani una
sorta di sfida, ammirata più per le difficoltà
superate che per la loro bellezza.
L'influenza dei giardini egiziani fu più diretta. Nacquero in condizioni climatiche abbastanza
analoghe a quelle del mondo assiro-babilonese. L'apogeo del giardino egiziano data la XVIII
dinastia, XIV sec. a.C. Le testimonianze sui primi giardini mostrano un'evoluzione di tutti gli
elementi. Solitamente lo specchio d'acqua aveva una
forma regolare. Lungo i canali, utilizzati per
l'irrigazione, venivano piantati alberi che col tempo
acquisirono significato formale: nacque il viale
alberato, primo elemento paesaggistico
convenzionale.
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Il bacino serviva come serbatoio d'acqua e occupava
una posizione centrale, contribuiva a rinfrescare l'aria,
era gradevole a vedersi e definiva la forma
simmetrica dell'insieme. Il giardino egiziano ha
rappresentato uno dei modelli diretti dei giardini
occidentali (per lo sviluppo dei canali e la presenza
quasi ossessiva dell'acqua): giardino piatto, giardino
chiuso da mura.
Allo stesso modo anche i paradisi persiani, descritti
da Senofonte – storico greco, (430–355 a.C.) amico di
Platone e di Socrate - eserciteranno una grande
influenza sulla futura storia dei giardini. I giardini,
estremamente simmetrici, erano divisi in quattro parti
da due assi ortogonali sottolineati sia da un viale che da una linea d'acqua e all'intersezione
degli assi si elevava un palazzo, un padiglione o una fontana.
Al giardino greco, fino all'epoca classica, non gli si chiedeva di essere bello, i greci cercavano
la bellezza altrove. Il giardino greco era legato da una parte alla sacralità del luogo – giardino
consacrato agli dèi, il genius loci, il bosco sacro (il giardino di Calipso descritto da Omero) - e
dall‟altra alla fecondità del terreno – giardino orto frutteto, giardino utile (i giardini di Alcinoo
descritto sempre da Omero). Poco a poco nelle città elleniche il ginnasio esce fuori dalla
palestra primitiva per essere completato da boschetti e passeggiate. La scuola dei filosofi di
Platone era nel ginnasio alberato dell‟Accademia, grande importanza si diede ai giardini degli
edifici pubblici come luogo di incontro, di discussione e di rapporti sociali: nascono i “giardini
pubblici moderni”.
Nella creazione dei giardini romani l'influenza greca fu predominante imponendo l'estetica
che impregnava la poesia, la scultura, la pittura ellenica. La grande novità consistette nella
composizione dei paesaggi. Non ci si contenta di disporre simmetricamente gli alberi, si chiede
alle piante , ai bacini di prestarsi a ricerche plastiche. Il giardiniere è "topiarius" cioè
paesaggista. La sua arte è l'ars topiaria. Quest'arte nacque grazie alla pittura greca che le
impose la sua estetica e i dettagli dei suoi temi. I muri delle piazze pubbliche e dei ginnasi
offrivano vaste superfici disponibile per la decorazione.
Per lungo tempo i pittori vi avevano raffigurato
scene mitologiche. Poi a poco a poco i
personaggi perdettero la posizione di preminenza
e gli artisti si interessano più allo scenario che
all'aneddoto. L'invenzione dei giardinieri romani
consistette semplicemente nello staccare il
paesaggio dipinto e trasportarlo all'aperto.
Il giardino romano all‟inizio era legato alla casa
per la produzione di ortaggi, successivamente
nasce il concetto di villa di tipo ellenistico in cui
la casa dispone di un grande giardino ricco di
elementi decorativi.
I parchi romani si popolarono di statue e di gruppi scultorei in cui gli artisti mettevano in scena
le leggende della poesia. Non tutti però disponevano di statue e i giardinieri pensarono di
scolpire gli stessi alberi e di chiedere ai giardini non soltanto di essere lo scenario, ma la
materia stessa delle loro rappresentazioni.
E' così che nacque la "potatura plastica". Il giardino anche se dominato da evocazioni
leggendarie poetiche, è sottomesso all'architettura. Sempre i motivi pittoreschi sono presenti
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in relazione ad un elemento architettonico: prospettive che partono da un padiglione, viale per
le passeggiate, ecc..
Poco a poco la casa si trasforma per accogliere meglio il proprio giardino, il vecchio atrio si
adorna di piante disposte attorno alla vasca centrale, così come testimoniato dalle case
pompeiane.
Al fine di completare l'illusione si dipingevano i muri con piante acquatiche, così come nelle
stanze che non si aprivano sul giardino se ne suggeriva lo scenario attraverso "trompe-l'oeil".
I resti archeologici di una città come Pompei e di Ercolano testimoniano tracce di un gusto
medio-orientale, egiziano, e greco-alessandrino.
Nelle abitazioni di queste due città superato l'atrium, che era dotato di un'apertura nel soffitto
e di un impluvium per la raccolta dell'acqua piovana, tramite un corridoio si passava nel
peristilio simile ad un
grande cortile
generalmente circondato
da ambulacri colonnati, e
con la parte interna
destinata ad hortus.
Vasche e fontane ne
facevano un viridarium
con le aiuole coperte di
fiori e recinte di bosso ed
edera. Talvolta il peristilio
si estendeva nello xystus,
un giardino all'estremità
dell'abitazione costruito
con regole geometriche e
sistemato con alberi pian-
tati a quincunx ovvero a quinconce. Spesso vi si trovavano sculture in marmo o bronzo,
pergolati di uve, e canali. Alcune case erano anche dotate di un solarium, un piccolo giardino
pensile situato in margine alla copertura con cespugli e piante coltivate in vasi. Sulle pareti dei
peristili spesso erano dipinte vedute di giardini e di architetture.
Ben più notevoli per l'estensione, che per la presenza di manufatti artistici, furono i giardini delle
ville, ad iniziare da quelle imperiali.
La Domus Aurea di Nerone era formata da
un vasto complesso di ambienti e di templi
con giardini, vigne, boschetti per la caccia, e
un grande lago artificiale al posto del quale,
tra il 72 e l'80 d.C., Vespasiano costruì
l'Anfiteatro Flavio detto anche Colosseo.
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Particolarmente interessanti i resti di Villa Adriana a Tivoli fatta costruire dall'imperatore
Adriano con architetture che gli ricordavano i monumenti visitati nei suoi viaggi in tutte le
province dell'impero.
Canopo
Pecìle
L'anfiteatro greco, il Pecile, il Canopo,
furono solo alcuni edifici di un più vasto
aggregato di portici, sale, bagni, colonnati, e
terrazze che formavano la villa imperiale. I
suoi giardini mostravano un impianto
sofisticato fatto da vasche e fontane, ninfei,
sculture raffiguranti deità e animali, piantate
regolari di alberi, e arbusti tagliati a scopo
ornamentale secondo i principi dell'ars
topiaria. Insomma una grande
sistemazione paesaggistica che
coniugava il rigore geometrico dei giar-
dini con le bellezze naturali della vallata
di Tivoli.
IL MEDIOEVO E L'ECLISSI DELL'IDEA DI
GIARDINO
Al contrario di ciò che si verifica in Oriente,
dove i giardini di delizie non furono in
sostanza mai abbandonati, in Occidente
quest'arte conosce una lunga eclissi che
inizia alla fine del mondo antico. Il giardino
in Oriente rimane parte integrante di una concezione religiosa del mondo. In Occidente, la
dottrina cristiana non concede molto spazio per il lusso mondano. Privato di tutti i suoi
significati religiosi il giardino non poté perciò conservare il suo ruolo importante nell'ambito
Il Pecìle è un quadriportico con una grande
piscina rettangolare centrale, ispirato al
celebre portico dipinto di Atene. Il luogo
veniva utilizzato per il passeggio
pomeridiano, che si svolgeva lungo il lato
nord nel periodo estivo e in quello meridionale durante l'inverno.
Canopo, città dell‟antico Egitto, nei pressi di
Alessandria, celebre nell'antichità per la sua
sfarzosa vita mondana ma più direttamente
e tristemente associato alla morte
dell'amante di Adriano, il giovane Antinoo,
che vi annegò. Il richiamo al Canopo
egiziano è una sorta di citazione della
memoria. Suggestivo bacino d'acqua, su cui
si specchiavano architetture fantasiose e una
serie di splendide statue, copie di antichi
maestri greci o egizi, il Canopo culminava
sul fondo con un ninfeo semicircolare,
adibito a triclinio estivo (sala da pranzo),
concepito come una sorta di grotta a conchiglia.
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della cultura occidentale che, dopo la dissoluzione del mondo romano aveva prodotto un
ripiegamento della vita medievale su se stessa entro le cerchia delle mura delle città, ridotte in
ambiti ristretti fra torri e bastioni merlati.
Infatti l'Europa dal IV sec., ed almeno fino al IX sec. d.C., non poté che evidenziare un quadro
desolante delle proprie strutture. Si ridussero gradualmente e si immiserirono i commerci. Si
spopolarono le città, la vita cittadina si accentrò intorno alla Cattedrale dove il Vescovo finì per
assumere anche funzioni civili e amministrative. In tali condizioni la cultura si andò
progressivamente isterilendo e venne meno quasi ogni forma di vita culturale. L'analfabetismo
dilagò sia tra il popolo che tra i nobili e persino tra i chierici. Distrutti così gli ideali, la cultura si
concentrò e si conservò tuttavia nei monasteri. I benedettini, fedeli alla loro Regola dell' "ora
et labora", si dedicavano alla trascrizione dei codici e al lavoro della terra nei piccoli
appezzamenti claustrali, dove il giardino aveva assunto una valenza e un'organizzazione
particolare, piccola oasi al riparo dall‟imbarbarimento in una spirale involutiva senza
precedenti. L'incessante succedersi delle ondate barbariche portò a rapida rovina i monumenti
e i giardini di tutto l'Impero. Le campagne vennero progressivamente abbandonate e gran
parte dei contadini si raggruppò in nuclei crescenti intorno al castello feudale. Fino al 1200 i
giardini romani, come espressione d'arte, vivranno solo come ricordo nelle brevi aree dei
chiostri e dei conventi e dei monasteri e nel piccolo
spazio all'interno delle cinte dei castelli, delimitati da
spesse mura e da alti recinti.
Il giardino era impostato nell'aggregato religioso su
vialetti ed aiuole attorno al pozzo centrale dove si
innalzavano spesso solenni cipressi o fontane, mentre
tutto intorno erano i portici che si riallacciavano alla
concezione lontana degli antichi peristili.
Il chiostro medievale ha avuto un ruolo importante
nella trasmissione del giardino antico.
Nel giardino monastico del monastero di San Gallo (Svizzera) risalente al primo Medioevo
potevamo assistere ad un' "azienda" monastica obbediente alla regola della completa
autosufficienza, in una sorta di microcittà cinta da mura nella quale convivevano i luoghi di
preghiera e di lavoro, con gli ambienti dei monaci, il palazzo per il re e la sua corte, un
ospedale, la farmacia e le foresterie per i poveri. La planimetria del giardino documenta come
fosse organizzata e scompartita l'area del grande chiostro accanto alla chiesa comprendente
quattro giardini distinti fra di loro.
Il primo, l'hortus, con fini pratici è quello che riguarda
le necessità alimentari. Il secondo complesso coltivato,
situato presso l'infermeria, è l' " herbularius", che
riguarda le erbe medicamentose per il sollievo dei malati, ed è uno degli esempi documentati
(2) aiuole con fiori;
(3) prato con fontana e padiglioni;
(4) labirinto;
(5) padiglione del bagno;
(6) aiuole con erbe;
Le altre aree del giardino sono destinate ai
(Pr) pomari
(V) verzieri, luogo di produzione delle erbe
medicinali e di quelle necessarie alla cucina e alla
profumeria;
(Vr) viridario per gli alberi sempreverdi; (Ps) peschiera.
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di un "giardino dei semplici" medievale. Il terzo nucleo si esprime attraverso un frutteto, il
"pomarium", le cui piante si estendono su tredici aree che affiancano le quattordici cimiteriali
destinate alla sepoltura dei monaci. Tale cimitero pomario ha un notevole significato allegorico:
in esso gli alberi da frutto simboleggiano le virtù della vita ma anche la rigenerazione, legata
all'idea della morte come momento di passaggio e quindi di rinascita. Il quarto rappresenta
un giardino claustrale che è un esplicito manifesto della simbologia cristologica, sottolineata
dall'albero che campeggia al centro, protetto da un'aiuola quadrata e dall'enfatizzazione della
forma geometrica si evince il pregnante valore simbolico del "quattro": i quattro fiumi del
Paradiso (Tigri, Eufrate, Pison e Ghihon), le quattro virtù cardinali, i quattro evangelisti, i
quattro Profeti, i quattro Padri della Chiesa. E' in questo senso un chiaro riferimento al giardino
paradisiaco, luogo dei beati. La tipologia dei giardini del convento di San Gallo è testimonianza
diretta di una cultura simbolica e materiale che nella società occidentale monastica e laica dal
primo Medioevo in poi assurge a modello di comportamento.
E' solo a poco a poco che il giardino di delizia conquisterà il suo posto nella vita monastica.
Il carattere e l'aspetto del giardino medievale con tutti i suoi significati simbolici sono
riscontrabili nei testi mistici e poetici, nelle pitture, negli arazzi, nelle miniature dei codici dei
sec. XIV e XV: alte recinzioni in muratura, siepi con giunchi intrecciati, prati fioriti, alberi
sempreverdi raggruppati a boschetto, alberi da frutto, pergolati, fontane di marmo, peschiere,
canali per l'irrigazione, sedili di pietra.
Una trasposizione letteraria si ha nel Decamerone di Boccaccio, seconda metà del '300. Il
novelliere fiorentino, nel proemio della terza giornata
ci introduce nel giardino trecentesco rifugio dalla
peste:
(...) fattosi aprire un giardino che di costa era al
palagio, in quello, che tutto era dattorno murato,
se ne entrarono; e parendo loro nella prima entrata
di maravigliosa bellezze tutto insieme, più
attentamente Ie parti di quello cominciarono a
riguardare. (...) Nel mezzo del quale (...) era un
prato dl minutissima erba, e verde tanto che quasi
nera parea, dipinto tutto forse di mille varietà di fiori,
chiuso dintorno di verdissimi e vivi aranci e di cedri, li
quali, avendo i vecchi frutti e i nuovi et i fiori ancora,
non solamente piacevole ombra agli occhi, ma ancora
all'odorato, fàcevan piacere. Nel mezzo del qual
prato era una fonte di marmo bianchissimo e con
maravigliosi intagli. (---) Il veder questo
giardino, il suo bello ordine, le piante e la fontana co' ruscelletti procedenti da quella,
tanto piacque a ciascuna donna et a' tre giovani, che tutti cominciarono ad affèrmare
che, se Paradiso si potesse in terra fare, non sapevano conoscere che altra forma,
che quella di quel giardino, gli si potesse dare, né pensare, oltre a questo, qual
bellezza gli si potesse aggiungere(...)
Il giardino tutt'attorno era murato, ma anche le vie interne al giardino sono quasi "chiuse" dai
roseti e dai gelsomini, così come lo spazio centrale è "chiuso d'intorno" da aranci e cedri.
Quasi un gioco di scatole cinesi dove la chiusura sotto forma di muro o di piante, assurge a
difesa dal disordine, dai mali del mondo, dalla peste.
E' solo verso la fine del sec. XIII o i primi del XIV che si tende ad uscire dalle cinte murarie per
proiettarsi verso l'esterno.
IDEA DEL GIARDINO IN EPOCA UMANISTICA E RINASCIMENTALE
Se il giardino medievale si caratterizza prima per una scissione netta dal paesaggio e poi
nell'ultimo Medioevo diviene più ricco, più gentile, pur conservando nella sua impostazione lo
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spirito del chiostro, nel '400 tale carattere naturalistico va via via cedendo ad una nuova
concezione architettonica. Il seme del rinnovamento dell'arte dei giardini e la ripresa di un'idea
nuova aveva però iniziato a manifestarsi già nel sec. XIV, grazie alle capacità creative
dell'Umanesimo e all'attento e rinnovato amore per lo studio del mondo classico e delle sue
fonti. Gli ideali religiosi dell'età precedente sono caduti, l'uomo ha ritrovato convinzione,
determinazione e fiducia nei propri mezzi.
IL PASSAGGIO DAL GIARDINO GOTICO a quello umanistico è lento, graduale, e nel '400 si
manifestano più delle tendenze che organiche e compiute realizzazioni. Si diffonde il concetto
della villa suburbana del De re aedificatoria dell'Alberti, secondo il quale “il giardino sistemato
in una posizione panoramica e felice, dovrà avvalersi dell'anfiteatro davanti alla villa, essere
ornato da statue, avere grotte adorne di pomici e conchiglie, i bossi tagliati a forme di lettere e
di figure e le piante disposte secondo disegni geometrici ben precisi”.
Nel trattato albertiano (diffuso nel 1452) il giardino è considerato una componente essenziale
dell'abitazione, ha una sua specifica connotazione e si basa su alcuni presupposti: impianto
simmetrico e coordinato, integrato con l'edificio che dal suo centro intimo si apre verso
l'esterno; devono essere presenti movimenti d'acqua e non devono mancare le scalinate, le
grotte e i ninfei, nonché l'uso dei sempreverdi per conservare al giardino la sua
immutabilità rispetto al mutare delle stagioni.
L‟ideale albertiano di villa si realizza, su un pendio
scosceso e audacemente terrazzato, nella forma
più pura a Villa Medici di Fiesole (1457), opera
del Michelozzo. In posizione elevata, dove si può
godere del bel panorama verso la cupola del
Brunelleschi e le valli dell‟Arno, la residenza, nel
suo dominio sul paesaggio, si raccorda alla
geometria del giardino terrazzato circostante. La
geniale intuizione dei terrazzamenti, la
compenetrazione tra architettura e giardino e, tra
giardino e paesaggio, si svolge in un dialogo diretto con l‟ambiente circostante, senza alcuna
delimitazione, quasi a preannunciare la fioritura delle ville laziali del Cinquecento.
Si modifica la concezione del giardino, visto non più come successione episodica di cose utili e
belle, ma come l'oggetto di una composizione volta a fini estetici, la cui cura è affidata sempre
più all'architetto. L'arte dei giardini viene inquadrata alla luce dei principi architettonici e i
giardini si legano agli edifici ed estendono gli spazi nel verde con un percorso inscindibile.
Un'opera che appare alla fine del secolo (1499) la
Hypnerotomachia Poliphili di F. Colonna, riassume i
precetti frammentari e sparsi della trattatistica del primo
Rinascimento, le tendenze e le espressioni dell'arte del
giardino di quell'epoca, attraverso la descrizione di un
giardino ideale, condotto con forte astrazione e con
grande rigore teorico. L'opera è importante anche per la
duplice valenza descrittiva ed iconografica che ci offre a
documentazione del tema che gli elementi naturali
debbano servire ad un piano attuato nel rispetto delle
regole architettoniche che li organizzano.
Le scene allegoriche e le rappresentazioni antropomorfe
create nel verde dall'arte dell'uomo che adopera le piante
quale materia architettonica tendono a trasformare il
giardino in un'opera d'arte.
L'arte topiaria in campo pittorico è rilevabile nel fondale
di architettura verde della "Madonna della Vittoria" di A.
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Mantegna il quale riprende il tema nel 1502 nel "Trionfo della virtù" dove Minerva scaccia
Venere e i vizi dal giardino della virtù, rappresentata prigioniera di un olivo. E' presente in
questa tela il riferimento culturale dell'Hypnerotomachia Poliphili e, nell'architettura verde che
delimita l'ambiente, è chiaramente leggibile il segno del nuovo giardino della cultura
rinascimentale.
Importante intervento paesaggistico nella Roma papale è da riferire all‟anno 1503,
allorché Papa Giulio II commissiona a Donato Bramante la progettazione del Cortile del
Belvedere in Vaticano che riordina le residenze vaticane collegando, con un grande giardino
ornamentale, la Basilica, i Palazzi Vaticani con la vecchia villa del Belvedere, separati da
un declivio di oltre 300 metri, con un dislivello di 20.
Il Bramante elabora, con un audace intervento paesaggistico, un progetto che "dettò le leggi
del giardino europeo per più di due secoli". Egli
sfrutta la pendenza del giardino incorporandovi un
grande asse centrale prospetticamente attraversato
da una serie di terrazzi, collegando tra loro i tre
diversi piani che si susseguono geometricamente per
mezzo di scalinate. L'opera, realizzata dal 1503 al
1514, è stata annullata quasi totalmente tra il 1587 e
1589 con la costruzione del braccio della biblioteca.
In pochi anni le idee si precisano, si caratterizzano e,
aderendo alla nuova realtà riconoscono la piena
capacità dell'uomo di essere arbitro dei propri destini
e capace di ogni miracolo. Il giardino rinascimentale è concepito anche come nutrimento della
mente e dello spirito e, a questo scopo, infarcito di allusioni dotte che derivano dalle scene
della mitologia antica e da figure pastorali, da satiri e da ninfe rappresentati nelle statue.
Assistiamo nel '500 ad un vero fiorire di iniziative: villa Medicea di Castello, iniziata
nel1538 da Cosimo dei Medici su progetto del Tribolo, famosa per l'adozione di elementi che
avranno fortuna applicativa, quali grotte e figure mistiche, un isolotto in un bacino, un viale
con piccoli canali laterali. A Firenze il giardino cinquecentesco nasce come giardino
dell'intelligenza, coniugando l'idea di "utilitas", di orto, di campagna, con l'idea di svago, di
riposo dalle cure quotidiane, di "otium" intellettuale.
Altro importante giardino è quello di Boboli, la cui collina viene sistemata come un grandioso
anfiteatro e vedrà via via interventi successivi fino alla sistemazione settecentesca.
A Roma i colli offrono quella posizione privilegiata che li aveva fatti divenire i "luoghi di
delizie" dell'antica Roma. L'interesse degli artisti fu più concentrato sulla sistemazione
scenografica del giardino che sull'architettura della villa. E' in queste ville, nei dintorni di Roma,
che il giardino italiano assume quella forma definitiva e compiuta che faranno una delle
creazioni più brillanti della Rinascenza.
Jacopo Barozzi detto il Vignola, vero arch. paesaggista dell'epoca, fu il massimo creatore dei
giardini del '500 e autore di alcune dei più bei giardini di quel periodo e di tutti i tempi. Egli nel
1559 inizia i lavori per il cardinale Farnese del "giardino grande" di Caprarola. I giardini
pensili sono stati concepiti in modo da essere una naturale prosecuzione all'aperto della casa.
Ai giardini, progettati secondo il rapporto modulare basato sul quadrato, si accede attraverso
due ponti alle cui estremità sono collocate due statue per parte rappresentanti le 4 stagioni.
Una pittoresca "catena d'acqua", che scaturisce da una grande fontana detta "dei fiumi",
conduce al giardino segreto.
Lo stesso Vignola nel 1566, mentre è ancora impegnato nella realizzazione della villa di
Caprarola, inizia la realizzazione a giardino, per il Cardinale Giovanni Francesco Gambara, di
una parte del parco rustico della vicina Bagnaia, ottenendo un complesso che è tra i più bei
giardini del Rinascimento. Al Vignola appartengono anche le correzioni e il rifacimento del
borgo integrando il palazzo vescovile alla dimensioni del giardino quadrato della villa.
Giuseppe Falivene A.S. 2010-11 pag 11/18
La chiarezza e la rigidità modulare architettonica
basata su una serie di quadrati, la successione
prospettica delle terrazze del giardino collegate da un
calibrato gioco di pendii, scale, fontane, riflettono il
razionalismo dell'epoca che afferma il dominio
dell'uomo sulla natura. A un siffatto giardino si
contrappone l'impianto del barco con i grandi lecci
sempreverdi e la fontana del Pegaso con i busti delle
Muse. Elemento protagonista è l'acqua associata ad
elementi plastici ed architettonici.
A VILLA D’ESTE, forse più che altrove, si celebra il dominio dell‟uomo sulla natura per
magnificare il potere e il fasto del proprietario. Il napoletano Pirro Ligorio realizza per il
Cardinale Ippolito d'Este, nominato governatore di Tivoli, la sublime espressione paesistica
del '500: Villa d'Este a Tivoli. L'opera, realizzata
dal 1550 al 1569, sfrutta tutte le risorse
dell'ambiente naturale "educandole" secondo i
principi rinascimentali. Livella i pendii secondo
due direttrici principali, utilizza il patrimonio idrico
nelle sue infinite possibilità, struttura la ricca
vegetazione compensando spazi aperti e chiusi,
viali, prospettive, fondali. La vegetazione, le
pietre, i marmi, sono visti tutti in funzione
dell'acqua che sgorga in mille forme. Villa d'Este,
esemplare completo e perfetto del giardino
cinquecentesco, nel suo legare l'architettura al giardino e il giardino con il paesaggio, e che
utilizza l'acqua come elemento decorativo non meno importante del verde, diviene la
insuperata meraviglia del tempo. Afferma il Ligorio:" si vuole che i giardini di Villa d'Este
abbiano...forme fantastiche et come è in sogni fatte per recare stupore e meraviglia". Si
anticipano così i sentimenti controversi che, nella seconda metà del '500, allorché la serena
fiducia nel potere assoluto dell'uomo sulla natura comincia a venir meno, animeranno i giardini
manieristi, dove la natura verrà intesa e rappresentata come un universo magico e segreto che
suscita paura e sorpresa, che affascina e intimorisce. La prospettiva lineare del giardino
progressivamente si inizierà a deformare, il bosco si farà sempre più vicino, la statua classica
diverrà un mascherone mostruoso e si entrerà nel giardino con il sentimento di
avvicinarsi ad un mistero che la fantasia vuole contemplare e la ragione capire.
Il GIARDINO BAROCCO
Gli orizzonti dischiusi dalla scienza, con le teorie copernicane e galileane, vanno a costituire il
terreno fertile da cui prenderà origine una nuova visione spaziale, quella barocca dell‟infinito.
La sensazione dell‟ignoto si tramuta nella meraviglia della scoperta della realtà e i giardini, che
si realizzano in questo arco temporale, evidenziano lo sforzo compiuto dagli artisti nel
concepire e sperimentare nuove forme di
spazialità. Così il giardino diventa via-via
sempre più grande e travalica i confini
formali dell‟impianto geometrico per
identificarsi con il paesaggio circostante.
Lo sviluppo della scienza prospettica
favorisce la ricerca di nuovi effetti
Giuseppe Falivene A.S. 2010-11 pag 12/18
scenografici e illusionistici per dare agli spazi l'afferenza di dimensioni maggiori del reale in
pittura, in architettura e nei giardini. La prospettiva lineare cede il passo agli artifici
scenografici, zone di ombra e di luce perdono i loro contorni precisi e si fondono in un vago
effetto chiaroscurale. Osservando il rapporto tra il naturale, il bosco, e l‟artificiale, il giardino,
vediamo una compenetrazione fra le parti, i contorni si fanno meno netti e il bosco
sembra avvolgerci conferendo un’atmosfera di mistero che affascina.
Gli artisti hanno sempre maggiori occasioni di realizzare vaste sistemazioni paesistiche di
ville-parco, offerte loro dalla committenza delle classi depositarie del potere, per cui le ville con
giardini avranno un eccezionale rilievo quantitativo e una notevole rilevanza artistica.
Se l'arte del giardino nel Rinascimento regolava la natura e ne investigava i misteri, nel '600
l'attenzione per i fenomeni naturali non è più sottesa dalla volontà di conoscere, ma dal puro
desiderio di esibire teatralmente e
grandiosamente i prodigi e gli incanti della
natura, che viene intesa come fonte di continue
meraviglie che l'arte non deve ordinare, ma
esaltare. E' alla luce di questo modo di pensare
che la natura diviene arte e l'arte diventa
spettacolo naturale. Il giardino non è più il
luogo di chiare simmetrie dove l'architettura
domina le piante, ma teatro di effetti prodigiosi,
nel quale non si cerca tanto la quiete e il riposo,
ma l'esaltazione dell'immaginazione e dei sensi. Alla ragione geometrica subentra la ricerca
dell'effetto scenografico. Si affacciano elementi nuovi, come gli
spettacolari teatri d'acqua sostitutivi dei ninfei cinquecenteschi o i
teatri di verzura.
Lo spirito barocco non concepisce la natura come entità immobile,
ma al contrario, ne esalta la mobilità che percepisce attraverso
l'energia nascosta che trasforma materia e forma. Gian Lorenzo
Bernini (architetto e scultore) affermava di aver superato ogni
difficoltà rendendo il marmo morbido come cera, e di essere riuscito a
trovare un notevole grado di coesione fra scultura e pittura. Nell'arte
dei giardini si ritrova la stessa tendenza a vincere la materia: si
danno alle piante forme plastiche e architettoniche, si creano
effetti ornamentali. Il giardino si avvicina all'architettura e alla pittura,
la vegetazione serve come cornice decorativa.
Con il Barocco la passione per i giardini tocca per la prima volta livelli straordinari e le somme
spese nell'allestire lo spazio verde sono quasi paragonabili a quelle investite nella costruzione
del palazzo.
L'epoca barocca fu, per Roma e per il Papato, un periodo di grande fervore artistico.
Mentre il mecenatismo pontificio era impegnato a cambiare il volto della Città Eterna con
grandiose sistemazioni urbanistiche, nella campagna romana il potere dei prelati si esprimeva
nella costruzione e abbellimento di fastose dimore.
Tra le diverse località privilegiate dai papi, cardinali e dalle loro famiglie, Frascati
continuava ad essere la preferita.
Già luogo di villeggiatura in epoca romana, Cicerone, Lucullo e Cesare possedevano ville con
ampi parchi, la collina del Tuscolo è stata riscoperta dopo il 1550 e visse il suo momento di
maggior fulgore nei primi due decenni del XVII sec.. Una serie di ville con giardino ne
sorsero: Villa Mondragone, Villa Ludovisi oggi Torlonia con i bellissimi giardini e il
meraviglioso teatro d'acqua di Carlo Maderno, (distrutti nella II guerra mondiale).
In questo sistema, villa Aldobrandini rappresenta sicuramente la più importante e influente
per i tempi a venire. La grandiosa struttura dell'edificio combinandosi al raffinato impianto dei
Giuseppe Falivene A.S. 2010-11 pag 13/18
giardini che si sviluppano sul retro addossati al colle, crea un organismo unitario di grande
impatto paesaggistico.
Un’altro esempio di giardino barocco italiano, tra l‟altro ben conservato, è il giardino di
Isola Bella. Il giardino, che si identifica con quasi tutta l‟isola, venne ideato come
rappresentazione della potenza borromaica.
In Toscana in particolare sono da segnalare il parco della villa reale di Marlia e il giardino
Garzoni a Collodi. (vedi foto pag. 12) La ripida scarpata su cui è costruito il giardino permette
di abbracciare scenograficamente, con un solo colpo d‟occhio l‟intero percorso che conduce dal
basso della valle fino al sommo del colle che con la sua struttura di verde, d‟acqua, di rocce, di
scalinate, ne fa un giardino-teatro.
L’arte dei giardini in FRANCIA
L'arte dei giardini in Francia fu fortemente
influenzata dalla conoscenza del livello artistico
raggiunto in Italia. Con i giardini di
Luxembourg a Parigi, la Francia comincia ad
assumere caratteristiche proprie e uno stile
che nella costruzione dei parterre e dei grandi
specchi d'acqua acquista la sua indipendenza
dai giardini d'oltralpe. Accanto ai maestri
italiani si evidenziarono dinastie di maestri
giardinieri francesi impiegati nelle proprietà
reali.
Andrè Le Notre, massimo esponente
dell'arte giardiniera francese del XVII sec.,
apprende il mestiere di giardiniere ai giardini
delle Tuileries sotto la guida di Claude Mollet,
uno delle personalità più notevoli in quel
momento. Le Notre raggiunge la massima
espressività progettuale a Vaux le
Vicomte. Qui egli lavora, su incarico del
ministro delle finanze Fouquet, con l'architetto
Le Vau e al pittore Le Brun.
Dal centro della terrazza retrostante, ci si
trova di fronte una prospettiva perfetta che
propone l'illusione di percepire interamente le
sequenze dei giardini allineati lungo un
imponente asse centrale, al termine del quale,
dopo una successione di tappeti erbosi, parterres
ricamati di bosso, fontane, vasche chiude la
prospettiva un punto di fuga posto all'infinito.
Sono qui tutti esposti e compiutamente
svolti i temi caratteristici dello stile di Le Notre.
Lo spazio occupato dal giardino viene
disegnato e organizzato mediante artifici
architettonici che trovano nella matematica,
nella geometria e nell'ottica i loro fondamenti
teorici a sostegno di una forte volontà
pianificatrice. L'inaugurazione del giardino di Vaux, avvenuta il 17 agosto del 1661,
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rappresentò una tappa importante per la storia del giardino, al quale mai, sino ad ora, era
stato attribuito il compito di rappresentanza sociale in modo così fastoso. Con Vaux si diede
inizio a un periodo votato al culto sconfinato della bellezza.
Dopo la morte di Mazzarino (1661) si accentuò la centralizzazione del potere e il giovane
Luigi XIV controllò ogni aspetto della vita sociale, compresa l'arte. I principi compositivi messi
in atto a Vaux furono fortemente innovativi e il re ne comprese la forza rappresentativa e la
possibilità di affidargli l'espressione della sua volontà dominatrice dello spazio e della
manifestazione di una nuova dinamica di stato. Nelle accademie si celebreranno il suo potere e
la sua gloria, tutte le arti dovranno magnificare la persona del re e il giardino sarà un punto
di forza essenziale ed eloquente quando, al trasferimento della corte a Versailles nel
1682, diventerà la scena per la rappresentazione della volontà assoluta del monarca.
Il re vede in Le Notre il genio creativo al quale affidare la costruzione del suo immenso
giardino perché diventi anche il simbolo di una grandezza che non può essere riconosciuta e
temuta senza correre il rischio di lesa maestà.
Con la più rigorosa delle simmetrie la
composizione del giardino di Versailles si
organizza attorno ad un asse centrale che si
allunga nel giardino per più di tre chilometri e
poi quasi dieci nel paesaggio e con numerosi
assi secondari e paralleli. Le Notre distende una
smisurata successione di terrazzamenti sui quali
verranno sistemati bacini, fontane, cascate,
boschetti, ai quali unisce una ricchissima
decorazione architettonica, scultorea e vegetale.
I giardini di Versailles sono suddivisi in tre
parti che, partendo dal castello, sviluppano una
varietà di sistemazioni con diversa complessità formale, comprese tra il parterre e la foresta.
Nei giardini di Versailles si evidenzia la complessità del ruolo di Le Notre che spazia tra le
competenze dell'architetto, ordinatore degli spazi, a quelle del giardiniere, decoratore dei
medesimi. Se le composizioni barocche dei boschetti attestano la sapiente capacità del
giardiniere, il grande asse della prospettiva centrale dei giardini di Versailles è certamente la
maggiore esemplificazione della componente geometrica e classica dello stile di Le Notre.
Le Notre ha realizzato altre importanti opere: Chantilly (Il giardino degli specchi) del principe
di Condé (Luigi II di Borbone cugino di Luigi XIV), Marly, (realizzata tra gli anni 1677-1686
con dodici padiglioni in rappresentanza dei mesi e dei segni zodiacali); Sceaux di proprietà del
ministro delle finanze di Luigi XIV; S. Cloud di Filippo d’Orleans, fratello di Luigi XIV.
Con la morte di Le Notre si chiude il grande secolo dell'arte giardiniera francese.
IL GIARDINO IN INGHILTERRA
Nel XVIII sec. lo sviluppo storico dell'arte dei giardini fu rivoluzionato da nuove tendenze
naturalistiche, da una rinnovata poetica del paesaggio. All' ideologia rinascimentale
antinaturalistica dell' uomo dominatore sulla natura si opponeva la nuova concezione culturale
che intendeva la natura come pura, perfetta, artisticamente compiuta.
Con le esplorazioni del XVII sec. si scoprì l'Oriente e si diede vita ad un'abbondante
letteratura che aprì, o almeno dischiuse al pubblico occidentale un mondo fino ad allora
sconosciuto.
Il giardino non fu più geometrico e definito, si dilatò in tutte le direzioni annullando il recinto e
fondendosi insensibilmente con la campagna. Non fu semplicemente una moda, ma una
filosofia che cercava di ricreare l'equilibrio tra l'intelletto umano e l'ambiente e si
tramutò nella ricerca di una possibile coesistenza tra scienza e natura.
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Lo scrittore Addison nel 1712 esprime l'idea che è possibile comporre dei giardini con
elementi improntati direttamente alla natura vera.
Gli inglesi più sensibili al fascino dei “paesaggi”, più abituati, anche alla vita rustica e
meno alla vita di corte si volsero del tutto naturalmente ad applicare le "arti della natura".
<<L'arte è sublime quando pare opera della natura, e la natura è fortunata quando l'arte la
esalta senza che se ne abbia sentore>> scriveva Addison.
Una nuova filosofia prende corpo, la natura ora predomina sull‟arte per la sua capacità di
stimolare l‟immaginazione e per la varietà delle sue opere.
Le opere dei letterati di questo periodo porteranno ad un diverso modo di concepire il
mondo e costituiranno una delle fonti di ispirazione per l‟arte dei giardini inglesi; si
diffonderanno successivamente, attraversando la Francia, nello spirito tedesco.
La politica dei Wighs trova nella campagna
l‟espressione delle proprie ideologie, influenzando
il pensiero estetico del giardino-paesaggio. Lo
spazio natura acquista valenza politica e il
parco paesaggistico diventa il giardino del
movimento liberale inglese. Scrive Pevsner: “La
crescita libera degli alberi era un simbolo esplicito
della crescita libera dell’individuo, i sentieri
serpeggianti e i ruscelli rappresentavano la libertà
del pensiero inglese, sia nelle convinzioni, sia
nell’azione, e la fedeltà alla natura del luogo era
fedeltà alla natura nella sfera morale e in quella politica”. Si riscontra, in questo nuovo
atteggiamento, un rapporto armonico con l‟Universo che esprime la libertà dalla tirannia,
dall‟oppressione e quindi dall‟oscuro mondo dell‟ignoranza.
La natura, alterata dall‟estetica barocca, necessita di un rimedio. L‟uomo sente il desiderio di
recuperare il paradiso perduto e il riferimento al passato, agli antichi, è doveroso per il
rapporto che questi avevano con il giardino, luogo da rispettare e da conservare. Una natura
capita, da osservare con meraviglia, da contemplare.
Nei giardini paesaggistici la combinazione di
volontà umana e libertà della natura si attuava
in primo luogo su basi pittoriche. Già nel XVII
sec. numerosi pittori avevano dato un notevole
contributo allo sviluppo di una nuova "poetica di
natura" con le loro rappresentazioni di ambienti
naturali "selvaggi", composizioni simboliche e
spesso immaginarie. La pittura paesaggistica era
l'esempio da seguire per i giardinieri.
Come si entusiasmarono per la pittura di Nicolas
Poussin e per quella di Claude Lorrain, così i
giardinieri inglesi scoprirono cha la campagna
"vera", con i suoi campi, le praterie in fiore, era
suscettibile di entrare nelle composizioni
paesaggiste e poteva legittimamente fornire temi per
il giardino.
La rivoluzione della progettazione dei giardini fu
iniziata da Charles Bridgeman, (1738) a Stowe,
(Buckingham, a nord-ovest di Londra) ove creò una
magnifica prospettiva centrale circondata da una gran
Giuseppe Falivene A.S. 2010-11 pag 16/18
quantità di alberi, con un impianto fondamentalmente regolare. William Kent (1685-1748),
uno dei primi teorici e maestri del giardinaggio paesaggistico, di cui Horace Walpole ha detto
"egli seppe fare il grande balzo e capì che tutta la natura era un giardino." introdusse, a partire
dal 1730, nuove composizioni all'interno dell'impianto originario di Bridgeman. Kent
organizzò la composizione come una sequenza di scenari naturali tipici: rilievo del suolo,
acqua, vegetazione e inserimenti di elementi architettonici. Il grande merito di Kent non è
tanto quello di aver popolato le sue creazioni di "costruzioni" impreviste, quanto quello di aver
presentato ciascuna di esse in un ambito pittoresco.
Un altro impianto importante da ricordare è quello di Castle Howard (poco distante dalla città
di York, nel North Yorkshire) risalente al 1713.
Lancelot Brown (1715-1783) sostenitore delle idee di Kent, divenne una figura centrale
del movimento paesistico. Diversamente da Kent, Brown fece a meno di qualsiasi
forma architettonica e costruì le sue composizioni solo con elementi del paesaggio
naturale. Egli si esprimeva essenzialmente accostando il fascino di superfici d'acqua dalle
linee sinuose a prati d'erba ondeggiante, sui quali macchie e gruppi d'alberi venivano
sistemati nei luoghi più adatti a disegnare piacevoli quadri. Con il suo stile compositivo,
estremamente semplice, può essere definito il più grande purista della storia
dell'architettura di paesaggio. Brown non fu solo un artefice capace di conferire ai giardini
forme nuove, ma anche un grande distruttore di molti pregevoli giardini formali.
Un'intensa voglia di sistemare i propri giardini avvinse i ricchi
proprietari terrieri. Stourhead (nei pressi di Salisbury, a sud-
ovest di Londra) (1744), voluto dal banchiere Henry Hoare, è
un paesaggio arcadico ideale, organizzato intorno ad un
lago, con una serie di elementi deliberatamente di derivazione
classica, scelti e collocati con grande abilità. La sistemazione
ricalca gli impianti cinesi e giapponesi centrati sul lago.
Sembra di contemplare uno paesaggi eroici di Claude Lorraine
(vedi foto più sopra).
Le idee paesaggistiche, formatesi in Inghilterra, trovano
via via timide aperture anche nella Francia di Luigi XV, - Petit-Trianon e ridisegno della
scena dei Bains d’Apollon (Versailles) - ove gli elementi pittoreschi si inseriscono tra le
maglie della geometria tradizionale.
Il nuovo pensiero si appresta ad evolversi verso il sentimento romantico di cui J.J. Rousseau,
in Julie ou la Nouvelle Héloïse, ne precorre la tradizione. Il parco di Ermenonville, nei pressi
di Senlis (nel nord della Francia), specchio del pensiero filosofico rousseauniano, é
espressione dell‟idea romantica di abbellimento della natura attraverso l‟arte della disposizione
degli elementi della natura stessa e soddisfa la vista e lo spirito.
Il giardino romantico ha diversi e distinti significati. Il luogo, e, di conseguenza, il termine,
non indica affatto una forma specifica, ma un’interiore, peculiare sensibilità. Romantico
si associa così con magico, suggestivo, nostalgico e soprattutto con parole esprimenti stati
d‟animo ineffabili.
L‟espressione più idonea è giardino dei
Romantici, che salva la particolarità di ciascun
luogo e con esso l‟esistenza di uno spazio che
altrimenti non potrebbe sussistere, in quanto il
giardino romantico non può esistere come
modello in sé e per sé. Romantico è quindi
ogni giardino al di là del proprio stile, oltre il
Giuseppe Falivene A.S. 2010-11 pag 17/18
giardinaggio artistico. Possiamo parlare di desiderio profuso in un giardino o in un progetto, nel
suo significato pregnante di ideazione, idea, proposito più o meno definito riguardo a qualcosa
che si ha intenzione di fare o di intraprendere come fatto soggettivo, spirituale di rivelazione
del luogo. Romantico non è progetto di maniera, è quindi desiderio e non stile. Il progetto
appartiene al mondo oggettivo con categorie che non sono più dello spirito, ma dell‟arte e della
sua classificazione tassonomica.
Anche in Germania, come era accaduto già in Inghilterra qualche anno prima, il
giardino paesaggistico assume significati a volte politici e, contrapposto al rigido
schematismo e all‟artificiosità del giardino formale francese, si pone come negazione del
dispotismo.
Fra le tante realizzazioni ispirate a questa idea abbiamo il parco di Wörlitz del principe Leopold
Friedrich Franz von Anhalt-Dessau. Realizzato a partire dagli anni „60 del XVIII secolo e più
volte ampliato fra il 1790 e il 1798, rappresenta uno dei più preziosi giardini della Germania
che fu ammirato da pittori, filosofi e poeti tra cui Goethe.
Il giardino di villa Sorra, posto nel territorio di Castelfranco Emilia, rappresenta un
caso emblematico nella storia del giardino italiano. Costruito nel Settecento assecondando gli
schemi formali dell‟epoca, nella prima metà dell‟Ottocento viene ristrutturato secondo le nuove
regole compositive del giardino all‟inglese che si andavano diffondendo in quegli anni. Il
risultato finale è l’esempio più rappresentativo di giardino “romantico” dell‟Ottocento
estense, e uno dei più importanti, se non il più importante, dei giardini informali tuttora
presenti in Emilia Romagna.
Nel XIX secolo l‟impeto creativo si attenua e le nuove sistemazioni acquistano un carattere
eclettico, combinando aspetti formali con schemi più semplici “vicini alla natura”. Alcuni
importanti giardini di inizio secolo scorso presentano questa doppia composizione: Hidcote
Manor, Sissinghurst.
A Sissinghurst, nella foresta del Kent, nei pressi
di Cranbrook, Harold Nicolson e Vita Sackville-
West realizzano un giardino del sogno, l’idea di
un luogo ricostruzione del paradiso,
perennemente fertile, ove i fiori e i profumi
profondono in ogni periodo dell‟anno. Un‟idea che
viene da lontano, dal giardino di Alcino ove, nello
spazio chiuso, cintato da mura, crescono alberi alti
e rigogliosi i cui frutti sono perenni; perché uno
Zefiro continuo spira, che mentre fa nascere gli uni
gli altri matura (Omero, Odissea).
Il giardino è organizzato in una serie di ambienti con un proprio carattere e forma. La
vegetazione è inserita tenendo conto dei colori e dei profumi secondo il ritmo delle stagioni e
della ciclicità giornaliera.
In questa cornice, dove trovano posto il giardino di Primavera, quello d’Estate, il giardino
Bianco e quello delle Rose, secondo un esuberante disordine, sbocciano una moltitudine di
fiori.
Con il giardino inglese di fine „800 chiudiamo questo breve percorso di storia dei giardini, ed è
doveroso sottolineare come essi hanno occupato e occupano un ruolo fondamentale per tutti
noi. Ogni civiltà al mondo ha avuto e ha i suoi, dalla Mesopotamia a Roma, dall‟Europa alla
Cina.
Afferma F. Bacone (1561-1626) in un suo scritto: